High Utility
Episodio 40
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Flavia chiuse il libro di matematica e spense il tablet, ormai troppo stanca per continuare a studiare: le nozioni si accavallavano una addosso sull’altra, e aveva bisogno di mangiare qualcosa di dolce, come sempre quando i pensieri tristi iniziavano a prendere possesso della sua attenzione. E poi, a quell’ora, Sam doveva aver finito il suo streaming sul sito erotico per il suo pubblico di segaioli, e lei poteva tornare a casa ad aiutarla a preparare la cena.
Uscì dalla biblioteca pubblica di Caregan con il sole che scaldava piacevolmente il tardo pomeriggio, qualche pollice sopra le cime delle montagne ad ovest. Gli alberi avevano ormai le prime foglie sui rami ed entro breve avrebbero fatto la loro comparsa anche i primi fiori: la ragazza adorava quel periodo dell’anno, ma non poteva negare di sentirsi ugualmente… forse non a terra, ma ben lontana dal settimo cielo, come poteva esserlo stata qualche settimana prima.
Le sue labbra si corrucciarono in un’espressione di malinconia, mentre il suo sguardo si abbassava sul selciato della strada. Non voleva pensarci, ma lasciare Luca era stata una cosa davvero stupida. Beh, peggio che stupida, un’azione spinta da un senso di vuoto che non aveva compreso e che, adesso, riempiva con qualcosa che riusciva solo a distrarla per qualche momento e basta, ma non risolveva comunque la situazione.
Quando, i suoi piedi guidati dall’abitudine, si trovò davanti al bar in cui si fermava spesso a comprare qualche porcheria come premio per un pomeriggio da studentessa produttiva, scoprì che era chiuso, come annunciava il cartello scritto a mano con un pennarello in cui comparivano due date e quello che doveva essere, nell’intenzione del pittore in erba, un’isoletta con una palma incurvata, sulla falsariga di quelle dove finivano i naufraghi nelle vignette della “Settimana enigmistica”.
– Ah, buone ferie! – esclamò, leggendo che per le successive due settimane la saracinesca sarebbe rimasta abbassata. – E adesso come metto a repentaglio la mia figurina da modella dei poveri con cioccolato che sa di plastica e bibite che vanno bene per sturare i lavandini?
Sbuffò, più per il fatto di dover fare qualcosa che non era nelle sue abitudini che per una reale difficoltà. Non aveva idea di quanti bar fossero presenti nel paese di Caregan, ma era certa che non fosse difficile incappare in uno facendo più di duecento metri in qualsiasi direzione. Nella via accanto, ad esempio, doveva essercene uno, ne era certa.
Per quanto sapesse che non avrebbe potuto lavorare in passato come esploratrice per la sua scarsa capacità di orientamento, e anche con Google Maps non era certa di arrivare a destinazione, trovò comunque il bar senza troppi problemi in meno di dieci minuti. Per quanto le desse fastidio l’idea di non trovare i cioccolatini che amava e probabilmente non avevano la Monster, infilò ugualmente la mano destra nella tasca per prendere la badilata di monete che aveva abitualmente con sé.
Rughe fecero la loro comparsa sulla sua fronte quando le dita non trovarono nulla di metallico nella tasca destra; un’imprecazione sfuggì dalle sue labbra quando anche quella sinistra si dimostrò vuota, a parte il telefonino e le chiavi di casa. Solo in quel momento si ricordò che, quella mattina, prima di andare a scuola, su pressione di Sam, che a suo dire la figlia usciva di casa con abiti lerci che non avrebbero fatto bella figura (e, dopo un paio di giri nel capannone, polveroso e pieno di ragnatele, davano solo ragione alla donna), aveva preso la giacchetta nell’armadio e, nella fretta di travasare il contenuto dalle tasche di una in quelle dell’altra, le quattro monete che componevano il suo solito capitale con cui si assicurava la sopravvivenza nel mondo selvaggio di Caregan dovevano essere rimaste sul fondo di quelle della giacca sporca
– Porca troia… – sussurrò, irata con sé stessa e sua madre. Soprattutto con sé stessa, visto che non era la prima volta che le capitava. Doveva proprio controllare se il suo Alcatel avesse quel chip per poter pagare come i bancomat e installare una app apposita.
– Ehi, Flavia… – la chiamò una voce maschile, – hai perso qualcosa?
Sorpresa e appena un po’ imbarazzata, diresse lo sguardo verso la fonte di quelle parole, tra i tavolini davanti al bar.
– Alessio? – esclamò, e improvvisamente sentì un sorriso comparirle sulle labbra e il problema delle monete dissolversi alla vista del ragazzo. – Cosa ci fai qui? – Si fermò in tempo, appena prima di aggiungere “da solo” alla domanda. Sapeva perché era lì da solo, e un dolore al petto le ricordò che la serie di eventi che avevano portato alla rottura dell’amicizia tra lui e Luca era stata causata da lei.
Lui sembrò rispondere con un’alzata di spalle. Non era qualcosa di cui aveva voglia di discutere, sembrava dire. La ragazza accettò la sua tacita richiesta. – Non avevo nulla da fare – sostenne, poi indicò con un movimento del capo una sedia del tavolino a cui era sistemato, con una bibita gialla che sembrava cedrata. – Posso offrirti qualcosa, così mi fai un attimo compagnia?
In realtà, Flavia scoprì che gli avrebbe fatto volentieri compagnia anche se non le avesse offerto nulla, o fosse stata lei a pagare. – Volentieri, ma solo un attimo – concesse, mentendo ad entrambi. Spostò la sedia di fronte al ragazzo e si sedette. Non era una di quelle più comode, ma probabilmente su una strada non lasciavano le più costose, e il tavolino era qualcosa di indecente, un coso di ferro pitturato di bianco che avrebbe fatto una brutta figura anche in un giardino trasandato con l’erba alta.
Un cameriere arrivò, chiedendo se lei volesse ordinare qualcosa. Flavia, a differenza di tante sue amiche, Alena per prima, si sarebbe sentita in imbarazzo ad approfittare di un ragazzo che le offriva qualcosa, quindi si limitò ad un bicchiere di acqua.
– Ah, ma per favore! – esclamò Alessio, quasi prossimo a ridere, poi si rivolse al ragazzo: – portale una cioccolata bianca bella densa, come piace a lei, e… – mosse lo sguardo verso la ragazza di fronte a lui, cercando di ricordare, – una brioche al… al pistacchio, giusto?
Flavia si sentì colmare di gioia nello scoprire che Alessio aveva tutta questa memoria riguardo alle sue preferenze. L’aveva vista forse due volte prendere qualcosa al bar quando uscivano tutti e quattro, lei, Luca, Alessio e Giada, ma sembrava avesse prestato molta attenzione a lei. In realtà, ben più di quanto sembrava fare con la sua ragazza di allora. – No, solo la cioccolata, grazie – rispose, incapace di trattenere un sorriso radioso.
Quando il cameriere se ne andò, lei chiese ad Alessio come stava.
Lui sollevò di nuovo le spalle, ma era palese che non provava affatto quell’indifferenza che voleva dimostrare.
Il senso di colpa si fece di nuovo strada nell’anima della ragazza. – Mi spiace che la vostra amicizia sia finita – ammise.
Lui sospirò, e in quel gesto lei poté leggere tutto il dolore che Alessio stava provando. Ma, a differenza di quanto lei si sarebbe aspettata, lui si aprì e iniziò a parlare. – Ho fatto una cazzata, Flavia. Una vera cazzata. Io… io non avrei dovuto cedere alle tentazioni di Sofia e… merda, sono stato una testa di cazzo.
Flavia si trattenne appena dal chiedergli come avesse potuto tradire la sua fidanzata con quell’altra. Per quanto detestasse Giada, non poteva evitare di riconoscere che era una ragazza bellissima, con una figura da sogno: corpo tonico, seno grosso, sedere muscoloso, capelli biondi. Il sogno erotico maschile fattosi petulante. Ecco, forse di viso non era il massimo, e gli occhi non erano azzurri, come voleva il modello di donna dalla chioma bionda, ma probabilmente lo stesso Alessio non aveva mai alzato lo sguardo dalle tette della ragazza. Il carattere di Giada era qualcosa di detestabile, ma una volta che se la ritrovava nuda, che la cavalcava, il cazzo in un suo buco bagnato e caldo, un uomo ci avrebbe sorvolato senza troppi sforzi. Sofia, invece… beh, Sofia probabilmente non era nemmeno della stessa specie di Giada, qualcosa che derivava da un ramo dell’evoluzione che si era staccato milioni di anni fa e che, per qualche motivo, aveva assunto una forma simile ma non troppo a quella che poteva vantare la bionda. E, incredibilmente, con il suo carattere, Sofia riusciva a stare sui coglioni a Flavia ancora più di Giada.
Alla rossa sembrò davvero una cosa idiota tradire una dea simile per un roditore come l’altra, ma il ricordo che lei aveva abbandonato Luca per quei quattro stronzi che la scopavano durante le orge le causò un nuovo dolore al petto.
Alessio non aveva idea di quali pensieri girassero nella mente della ragazza, continuando a parlare, togliendosi evidentemente un peso dallo stomaco. Non avendo più un amico a cui confidarsi, sembrava avesse trovato in Flavia qualcuno con cui potersi finalmente confessare.
– Stavo con Giada solo per farmi vedere. Tutti mi guardavano e pensavano che fossi un gran figo per stare con una come lei. Alcune ragazze ci avevano anche provato con me per questo motivo – spiegò, sospirando. – Ma, in realtà, dopo un primo periodo in cui ero innamorato di lei, o, per essere precisi, del suo corpo, ho iniziato a non sopportarla più: era possessiva, noiosa, pesante. Tutto quello che facevo non le andava mai bene, non voleva che vedessi amici oltre a Luca, andava contro ogni mia idea o progetto. Merda, almeno fosse una puttana a letto… — esclamò, poi guardò Flavia, chiedendole perdono.
Fu la volta di lei sollevare le spalle. – Figurati. Io lo sono, e non capisco come una donna possa trattenersi a letto. Dove sarebbe il divertimento, se no?
Alessio annuì. – Giada, invece, a letto è… è come se avesse disgusto del sesso, e lo facesse come una concessione, ma al minimo sindacale. – Al sollevarsi delle sopracciglia della sua ospite, lui confesso, quasi imbarazzato: – In tre mesi che siamo stati insieme, non me l’ha mai succhiato. E non mi ha mai dato il culo. Ero insoddisfatto. Davvero insoddisfatto. E quando sua grazia mi dava il permesso di fare uso della sua passera, sembrava si stesse staccando un braccio – aggiunse, quasi infervorandosi. – A quel punto, perché avrei dovuto impegnarmi? Io le pagavo il bar e i suoi vizi, e lei me la dava quasi fosse la clausola di un contratto. Un giorno mi ha pure accusato di non saperla leccare come si deve, sostenendo che Luca invece era bravo…
Flavia pensò che definire Luca “bravo” sarebbe stato molto riduttivo, e al ricordo degli orgasmi che si divertiva a darle con lingua e dita dovette trattenere l’impulso di scoppiare in un pianto a dirotto.
– …probabilmente pensando di farmi arrabbiare. Per farle una ripicca, ho chiesto a lui di spiegarmi come fare, e…beh, eravamo grandi amici, e lui ha passato i venti minuti successivi a spiegarmi ogni minimo particolare – aggiunse, abbassando la voce in un tono di amarezza. – Quando poi, la volta successiva che sua maestà ha deciso di concedermi la grazia di darmela, non ho nemmeno pensato che si meritasse quanto avevo imparato e mi sono limitato a due leccate veloci.
Vennero interrotti dall’arrivo del cameriere che appoggiò la tazza piena di un liquido bianco profumato e invitante sul tavolino. Flavia ringraziò di cuore Alessio e assaggiò: il sapore di cioccolato fu come un sollievo per quanto stava provando, un balsamo per la sua anima.
Di nuovo soli, il ragazzo continuò. – Quando siamo andati alla festa, Flavia è scomparsa subito, e io credevo avesse visto qualche sua amica del gruppo che frequenta a scuola e non me ne sono preoccupato. Anzi, pur di non averla tra i piedi, se fosse anche andata a farsi sbattere contro un muro pur di lasciare in pace me e Luca, la cosa mi sarebbe andata benissimo. Se poi fosse tornata indietro a dire che mi lasciava con un altro, sarei andato a cercarlo e gli avrei stretto la mano, ringraziandolo.
“Ma poi è arrivata Sofia, ha detto a Luca che qualcuno lo cercava e lui se n’è andato, lasciandomi solo. E a quel punto, Sofia ha iniziato a provarci con me e io, beh, ho ceduto senza troppi pensieri.
Alla vista dello sbalordimento di Flavia, lui spiegò: – Sì, non ho mai sopportato Sofia, e so che nemmeno Giada la può vedere. Ha un carattere di merda, e spesso la mia ex strisciava da me piagnucolando perché quella cattivona di Sofia la trattava male. Ovviamente non lo diceva, ma l’avevo capito. Trovarmela davanti, che ci provava con me, facendo allusioni sessuali molto pesanti, che sembrava prossima a togliermi i pantaloni e mettersi in ginocchio davanti a me…
La cosa divenne chiara a Flavia. – Fare sesso con la tipa che la tua ragazza odiava ti sembrava una specie di vendetta caduta dal cielo.
– Non avrei saputo dirlo meglio. Io ho ceduto e, finalmente, una scopata come si doveva. Ci siamo nascosti in un gazebo e… beh, la cosa è stata lunga e piacevole, almeno finché non siamo stati scoperti.
Curiosamente, più Alessio ne parlava, più domande cominciavano a prendere forma nella mente della rossa. In particolare, due: “non potevano trovare un nascondiglio migliore?” e “quanto ci vuole per far sesso con un uomo, ben sapendo che potrebbero essere scoperti?”. Ma il problema non erano le cose che non tornavano, quanto il fatto che tutto questo le ricordava una sua esperienza passata, prima anche solo immaginasse che le orge avrebbero fatto parte della sua vita e, in realtà, era ancora considerata una ragazza per bene.
Effettivamente, la sua nomea di pervertita e affamata di sesso non derivava dalle voci, vere, sul lavoro di sua madre, o dalla sua frequentazione del capannone abbandonato in compagnia di quattro uomini, ma da qualcosa che aveva fatto un anno prima. Una sua cara amica… ora ex amica, in realtà, Antonietta, voleva lasciare il suo ragazzo, Mario. Mario la amava, e avrebbe cercato di rimettersi con lei in ogni modo, anche poco piacevoli, quindi le serviva un sistema perché si creasse un divario tale tra di loro che fosse impossibile colmare, così che lei potesse fidanzarsi tranquillamente con un altro, su cui aveva messo gli occhi già da tempo. A Flavia, in realtà, Mario non dispiaceva, con i suoi tatuaggi e il suo sguardo da duro, quindi ebbe un’idea, che dodici mesi dopo lei stessa avrebbe definito stupida: sedurre e scoparsi Mario, per poi essere scoperti e causare la rottura del rapporto tra lui e Antonietta.
Una domenica pomeriggio, per la quale lei e l’amica si erano messe d’accordo, Flavia aveva “accidentalmente” incontrato Mario che si stava dirigendo a casa di Antonietta. Non era un segreto che, a quei tempi, molti provassero, ed ammettessero davanti ai propri amici, una forte attrazione per la rossa, trovandola uno schianto, sebbene non potesse vantare un corpo perfetto come Giada e altre ragazze della scuola ormai sbocciate. Possedere i capelli rossi per natura, sebbene più tendenti al color carota, ed una propensione per il sesso, aveva dato ai tempi a Flavia una certa spinta per piazzarsi nei primi posti di un’immaginaria classifica delle partner più desiderabili. Mario, poi, aveva scoperto, ne era segretamente ossessionato e non era stato complicato per lei farsi accompagnare in un luogo appartato e trovarsi a cavalcarlo, per la soddisfazione di entrambi, o almeno così si era ingannata Flavia. In realtà, il ragazzo era un amante pessimo, lasciando comprendere alla ragazza uno dei motivi per cui Antonietta voleva lasciarlo, poco propenso al piacere della partner e, sebbene vantasse un fisico meraviglioso, durava con il suo cazzo dentro una ragazza probabilmente meno di quanto riuscisse a sollevare un manubrio in palestra.
Solo il fin troppo celere arrivo di Antonietta, con la scusa che il ritardo del fidanzato le aveva fatto temere che gli fosse capitato qualcosa di brutto lungo il percorso, le aveva permesso di scovarli prima che avessero finito e ognuno se ne fosse andato per la propria strada, uno soddisfatto e l’altra delusa.
Le conseguenze che erano derivate dalla “scoperta” del tradimento di lui avevano portato alla rottura del suo fidanzamento con Antonietta e, cosa che nessuna delle due si era aspettata, aveva fatto insorgere le altre ignare ragazze, attratte dal fisico scolpito e dall’aria strafottente, che avevano il desiderio di ritrovarsi Mario dentro di loro, prendendosela con Flavia perché le aveva precedute. Un paio di loro, poi, avevano scoperto il piano architettato per spingere il ragazzo al tradimento, e avevano deciso di vendicarsi diffondendo la voce che la rossa fosse un poco di buono, una squallida ninfomane. Alla fine, nessuno ci aveva guadagnato nulla, forse a parte la vittima stessa che, trovandosi di nuovo single, aveva visto diverse ragazze provarci con lui: Flavia era stata segnata come una puttana, schifata da tutti tranne che da quel folle di Luca che ne era innamorato pazzo, mentre Antonietta aveva assunto il titolo di falsa che non meritava rispetto, allontanata sia dal suo ex che da quello che doveva il suo futuro fidanzato; l’amicizia tra le due ragazze si era spezzata, incolpando inconsciamente ognuna l’altra del fallimento del loro piano e del loro nuovo status sociale infimo, e da quel momento nessuna delle due aveva più rivolto la parola all’altra.
L’ipotesi che fosse accaduto qualcosa di simile, il sabato precedente, si era insinuata nella mente di Flavia come un chiodo in un’asse di legno che non fosse più possibile estrarre. In realtà, la cosa che avevano fatto Giada e Sofia era un filo più complessa di quanto avevano progettato lei e Antonietta, con l’aggiunta della seduzione di Luca e la scopata per ghermirne l’anima e poi usarne le capacità sessuali per creare un abisso ancora maggiore tra ciò che la bionda meritava, o credeva di meritare, e quanto il suo ragazzo traditore non si era mai nemmeno preso la briga di darle.
Sì, si disse la ragazza: un piano rischioso ma perfetto, un’opera d’arte nell’inganno e l’ingegno femminile. Qualcosa, se non fosse stato da tenere nascosto per sempre per non mandare tutto all’aria, da studiare a scuola e che meritava degli applausi.
Purtroppo, nonostante un simile, infame piano stuzzicasse la fantasia di Flavia, quasi fosse stata lei la precorritrice di un metodo abbozzato e pericoloso che Giada e Sofia avessero migliorato e reso perfetto, rendendola orgogliosa per i propri sforzi, c’era un particolare che non poteva che distruggere tutto il suo ragionamento: Sofia era, come lo stesso Alessio le aveva dimostrato, considerata a furor di popolo, una stronza, che non avrebbe aiutato nessuno, men che meno Giada, che a sua volta odiava oltre ogni modo.
– E quando Giada mi ha scoperto mentre facevo sesso con Sofia, – proseguiva Alessio, desolato, inconsapevole di cosa stesse pensando la sua ascoltatrice, – lei mi ha confessato di aver fatto la stessa cosa con Luca. – Il ragazzo si lasciò sfuggire un altro sospiro di delusione.
Flavia guardò per un istante la sua cioccolata, che aveva ormai smesso di fumare e che, probabilmente, stava iniziando a raffreddarsi fino a condensarsi ulteriormente. Un vero peccato, ma la situazione emotiva di Alessio, scoprì, le era molto più a cuore. – Mi spiace. È colpa mia.
– E perché mai? – domandò lui.
La ragazza fece una smorfia, come se questo le desse finalmente il coraggio di esprimere quanto le bruciava nella sua coscienza. – Sono stata un’idiota a lasciare Luca. È ovvio che Giada era innamorata anche di lui, – disse, aggiungendo quell’”anche” sebbene fosse sicura che la bionda non aveva alcun interesse per Alessio se non avere la possibilità di entrare nella cerchia delle amicizie di Luca e insinuarlo senza dare sospetti, – e ha continuato ha offendermi e denigrarmi perché glielo avevo portato via. Lui è sempre stato innamorato di me…
Alessio annuì. – Innamorato pazzo, dì piuttosto.
– …e quando me ne sono andata lui si è sentito come se non valesse più nulla; Giada ha approfittato di quello stato di depressione… beh, nel modo più vile possibile. A lui piaceva Giada, ma aveva troppo rispetto verso di te, Alessio, anche solo per rivolgerle la parola quando non eri presente, ma in quel momento… Sai come si dice: “la mente è più forte della carne”, ma a volte la carne, soprattutto quando la mente non è al massimo della sua forma, se ne sbatte le balle e… e le balle le usa per quello per cui sono state inventate.
Il ragazzo finì la sua cedrata. – Ma il problema non è che Luca si è fatto la mia ragazza. Voglio dire, te l’ho detto anche prima: se qualcuno se la fosse portata via mi sarei perso un bel paio di tette da strizzare quando faccio sesso, ma pure una rompipalle – spiegò, sollevando le mani come se stesse lanciando una Giada immaginaria lontano da sé. – Ho smesso di trattarla con il rispetto che avevo per lei all’inizio quando lei ha cominciato a pretendere di organizzare ogni cosa, ogni giorno della mia vita, sperando che mi lasciasse, ma continuava a rimanere. A quel punto me ne sono fregato e ho cercato di approfittarne il più possibile, che con Giada è meno del minimo sindacale, diciamolo.
“Magari Luca avrebbe potuto metterla in riga, magari loro due hanno un qualche allineamento di personalità particolare, o lei avrebbe ceduto alla sua bellezza, o dopo un paio di quelle scopate che facevate voi che, lo ammetto, invidiavo maledettamente, si sarebbe smussata un po’ gli angoli del suo comportamento. E, invece, mi perdo la mia partner sessuale, ma soprattutto l’amicizia del mio migliore amico! Vada a cagare Giada: a me mancano le chiacchierate, gli scherzi e i progetti con Luca!
Flavia abbassò di nuovo lo sguardo sul tavolino, ma questa volta, invece della tazza, rivide sé stessa, abbracciata a Luca, nel suo letto, dopo una scopata fantastica. Lei gli aveva appena confessato che invidiava il rapporto di amicizia tra lui e Alessio, aggiungendo però che quando una donna si mette tra due uomini, nonostante il loro affiatamento, spesso si allontanavano fino a spezzare ogni legame. Allora temeva potesse essere lei a provocare una disgrazia simile, intromettendosi tra loro due, sentendosi colpevole per distrarre Luca per il suo bisogno di essere amata e provare piacere sessuale, ma era evidente che aveva peccato di superbia.
Posò una mano su quella di Alessio. – Non preoccuparti, – gli disse, usando la frase di cui si faceva sempre abuso in quei momenti, nonostante tutti sapessero che era una totale sciocchezza, – si sistemerà tutto quanto.
Poi prese la tazza e bevve la cioccolata fredda, che le scivolò lungo la gola con la stessa consistenza del catrame. Oltre il bordo di ceramica bianca, poté osservare il sorriso malinconico e lo sguardo abbattuto di Alessio, e le si strinse il cuore.
Continua…
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Spero di pubblicare presto la prosecuzione di questa storia...
Hai pubblicato anche altri racconti? Se sì, mi farebbe piacere leggerli.
Grazie!
Grazie! Questo genere di relazione è vietato dal codice deontologico... Sono contenta che ti piaccia.
Complimenti, gran bel racconto!