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Racconti Erotici Etero

I peccati della mano sinistra

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La pianista tornò senza esitazione al pianoforte, alzò leggermente gli occhi in direzione del direttore d’orchestra e tenne alti sulla mano sinistra pollice, indice e medio: tre. Avrebbe rieseguito il terzo movimento del concerto appena concluso, il più gradito al pubblico, che ora, numerosissimo, trepidava nell’attesa di quel generoso bis.

Nell’assoluto silenzio che accompagnò i secondi successivi, un malcelato subbuglio parve impadronirsi dell’orchestra: si udì distintamente lo svolazzare dei leggii che ciascuno degli orchestrali riportò velocemente alla pagina giusta, il primo violino sussurrò qualcosa in fretta al suo secondo, ma soprattutto dalla sezione fiati, a cui sarebbe toccato l’impegno maggiore, si levò un deciso brusìo. Poi, d’un tratto non si udì più nulla, l’orchestra si ricompose immobile e solo allora, quasi furtivamente, la pianista fece scivolare le sue grandi mani sopra la tastiera.

Ancora una volta Mozart. Ancora una volta il concerto per pianoforte e orchestra n. 26, K537, il concerto detto “dell’Incoronazione”.Tale denominazione quel concerto la doveva al fatto d’essere stato scritto da Mozart proprio in occasione di una celebre incoronazione, quella di Leopoldo II a imperatore del Sacro Romano Impero, nel 1790. Ma la sua fama imperitura era legata ad un dilemma che, nei secoli, aveva attanagliato tutti i pianisti che si erano avventurati nella sua esecuzione: si trattava delle celebre battute mancanti della “mano sinistra”.

Pare che Rudolf Serkin, divenuto poi uno dei più quotati pianisti del XX secolo, da giovane avesse chiesto una volta consiglio a Sir Donald Francis Tovey su come ricostruire appunto quelle battute. “I tuoi peccati commettili da solo”, sarebbe stata però in quell’occasione la risposta lapidaria del grande pianista Tovey. E Serkin, suo malgrado, in quell’occasione sarebbe stato costretto ad arrangiarsi, rimanendo da solo con i “suoi” peccati. . .

Quando aveva saputo che in cartellone c’era proprio il concerto dell’Incoronazione, lui aveva fatto di tutto per procurarsi due biglietti in anfiteatro. Più d’una volta aveva raccontato a lei il problema delle battute mancanti e, finalmente, si era presentata la possibilità di assistere dal vivo proprio all’esecuzione di quel concerto.

La pianista si accingeva, dunque, ad eseguire per la seconda volta il terzo movimento del concerto dell’Incoronazione, ma a quel punto il gioco dell’uomo e della donna seduti in prima fila in anfiteatro era già iniziato da un pezzo, e raggiungeva ora superbo il suo epilogo.

“Mettiti qualcosa di selvaggio addosso”, le aveva detto lui per telefono prima di passarla a prendere, e lei aveva fatto il possibile per accontentarlo. Per l’occasione, aveva deciso di indossare una mini gonna in tessuto scozzese con una minuscola cerniera sul davanti e, sotto, delle calze velatissime di seta nera.

Nella parte superiore portava un pullover di lana amaranto piuttosto aderente, scelto appunto per l’occasione. Le piaceva sentirsi dominata da quell’uomo che sapeva essere dolce e selvaggio al tempo stesso. Le piaceva quanto riusciva ad inventare di nuovo ogni volta pur di strapparle quei gemiti di piacere che lui amava tanto ascoltare.

Quella volta lei capì che si sarebbe superato già dal momento in cui passò a prenderla col suo motore. Non appena la vide, l’attirò a sé prendendola per la nuca e la baciò senza neppure dire una parola. Il suo odore di maschio, unitamente a quel gesto repentino, la fecero fremere di piacere. Subito le tornarono alla mente tutte le volte che, vedendola, lui l’aveva in un attimo spinta in ginocchio davanti a sé e, tirato fuori il suo sesso duro e venoso, le aveva riempito la bocca senza che lei potesse ribellarsi. Era ciò che desiderava, d’altra parte, e lei era consapevole che non si sarebbe mai ribellata. Poi lui le aveva dato un casco ed entrambi erano saliti a bordo della sua Honda GBR600 volando verso il teatro.

Durante il tragitto lei era riuscìta a venire un paio di volte. Il vento le portava irresistibile il profumo di lui e lui, conoscendola ormai a fondo, l’aveva subito costretta a portare le mani sul suo sesso pulsante. Era proprio così: nei suoi comportamenti, lui si fingeva fortemente autoritario, ma anche quello faceva parte del loro gioco. In realtà, lui non avrebbe mai fatto nulla che lei non avesse gradito. Succedeva così anche quando lei, per stuzzicarlo, decideva di disubbidirgli su qualcosa di molto importante. Lui la guardava allora negli occhi carico di desiderio e, non appena capiva che lei era ormai fradicia di voglia, la prendeva con forza e cominciava ad incularla chiamandola amore’

Su quel motore, lanciati verso il teatro, lei aveva sentito il calore della schiena di lui sopra il suo seno e, senza neppure farci caso, si era trovata a strofinare lentamente la fica lungo la sella. Aveva sentito il sesso di lui crescere tra le sue mani e si era disperata per non poterlo prendere subito al suo interno.

Finalmente erano giunti in teatro. Una volta all’interno, lui aveva fatto in modo che lei occupasse il posto alla sua destra e lei, conoscendolo bene e sicura che non se ne sarebbe poi pentita, aveva ubbidito senza fare discussioni. Il concerto aveva avuto inizio e lui aveva cominciato a spiegarle il problema delle battute mancanti della mano sinistra. Ma lei sapeva che era solo una scusa per invitarla a fare qualcos’altro. E non si sbagliava.

“A questo punto puoi improvvisare tu le battute mancanti della mano sinistra”, le aveva detto molto serio, “devi solo pensare che la tua fica sia la tastiera di quel pianoforte”. E afferratale appunto la mano sinistra, l’aveva esortata a toccarsi tra le gambe solo per lui. Il suo stupore per quella richiesta era durato appena un attimo. Sapeva quanto lui le volesse bene e non poteva non accontentarlo.

Così, mentre più in basso la pianista faceva volare le sue mani chirurgiche sopra l’avorio dello Steinway a coda, lassù, avvolta nella semioscurità della galleria, la donna aveva insinuato la sua mano sinistra nella cerniera della piccola gonna ed aveva iniziato a suonare il suo strumento più prezioso. “Non perdere mai di vista le mani della pianista, devi sforzarti di andare a tempo. Brava, continua così. Sei bellissima”.

La donna aveva continuato per tutta la durata del primo movimento, mentre l’uomo aveva controllato che lei seguisse con attenzione ogni nota. Presto, i gemiti della donna avevano cominciato a levarsi alti e vibranti, e nei pochi secondi di silenzio che avevano preceduto l’attacco del secondo e del terzo movimento, lui aveva addirittura dovuto tapparle la bocca col suo pollice, in modo che in platea nessuno udisse il “canto” di piacere della sua donna. “Adesso libera la fica all’aria, così. Fammi vedere come strofini bene il tuo pelo di velluto, coraggio”.

La donna aveva eseguito con estremo zelo gli ordini dell’uomo e la sua eccitazione, nel corso del concerto, era cresciuta a dismisura. Ad un certo momento, mentre con la mano sinistra aveva iniziato a penetrarsi sempre a tempo di musica, con la destra aveva preso a strofinarsi il ventre ed il seno, nella speranza che lui, ormai pago di vederla in quello stato di indecente eccitazione, cominciasse a sbatterla a dovere. Ma lui si era limitato a guardarla e a controllare che i movimenti di lei fossero in perfetta sincronia con quelli della pianista.

Gli applausi alla fine del concerto erano stati per lei una salvezza liberatoria. Aveva potuto intensificare il ritmo della sua mano ed urlare alla fine il suo piacere senza che nessuno la sentisse.

“Sei stata proprio brava”, le disse lui non appena la pianista torno a sedersi per il bis tanto atteso. “Penso che la mia piccola si sia meritata un bel premio”.

Quelle parole furono per lei come una scossa elettrica. Sentiva già nell’aria l’odore pungente del sesso di lui e sapeva che adesso lui l’avrebbe saziata.

Nella grande sala fu di nuovo silenzio. Poi, per la seconda volta dopo pochi minuti, nella grande sala si levarono leggere le prime note del terzo movimento del concerto dell'”Incoronazione”.

“Adesso puoi cominciare a suonare il mio strumento, avanti, fammi sentire la tua mano sinistra”.

Era quanto lei sperava di sentire. La donna poggiò la sua mano sinistra sulla patta dei pantaloni di lui, deformata dall’erezione, e si soffermò qualche istante per meglio coglierne il calore che emanava. Amava sentire la potenza di lui sulla sua mano. Quindi, lentamente, cominciò a sbottonare uno per uno i bottoni di metallo.

I boxer elasticizzati trattenevano a stento il sesso dell’uomo puntato verso l’alto. Con tocchi esperti lei riuscì a liberarlo e, in quel preciso istante, si sorprese ad annusare con forza l’aria circostante, che all’improvviso aveva cominciato ad odorare della potenza di lui. “Prendilo in mano e segui attentamente la musica”, furono le sue uniche parole, e lei ubbidì felice di ubbidire. La sua mano stringeva, strizzava, si spostava dal basso in alto e dall’alto in basso, raccogliendo, filanti, le prime gocce di miele che l’eccitazione di lui aveva deposto sulla punta. Poi scendeva molto più giù, al sacco tesissimo e privo di peluria ‘ perché lì, per accontentare lei, lui amava depilarsi – che raccoglieva le sue splendide palle. Le teneva tra le dita, le spingeva ora più in basso ora più in alto, oppure le stringeva e basta.

Il terzo movimento si avviava alla fine, senza possibilità di altri bis, quando lui decise di fermarla prima che fosse troppo tardi.

“Adesso basta, piccola. Porta qui la tua splendida fica”.

Lei non ebbe il tempo di osservare i suoi occhi verdi, carichi di desiderio, che sentì le mani di lui, le ossa delle sue lunghe dita afferrarle i fianchi e trasportarla di peso sulle sue gambe. Lui si era seduto sulla punta della poltrona e, abbassando leggermente le ginocchia, aveva fatto in modo che lei si trovasse adesso incastrata tra la sue gambe e la ringhiera di protezione. Fu dentro di lei in un attimo. Con una mano prese a strizzarle il seno mentre, con l’altra, le strofinava con passione il pelo reso fradicio dalle tante attenzioni di quella sera. I movimenti erano limitati, ma il sesso di lui, il contatto intimo dei loro corpi e la musica che riempiva lo spazio bastarono ad innescare sensazioni travolgenti. L’uomo le alzò sopra le spalle il pullover e prese a leccarla fin dove poteva. Le stringeva le ascelle, il seno, poi di nuovo selvaggiamente la fica.

Quando capì che mancavano pochissime battute al termine del movimento, con la mano sinistra lui tirò all’indietro i capelli di lei e lei, in tutta risposta, inarcò la schiena con uno scatto felino. Gli occhi della donna videro la cupola maestosa del teatro. Il suo ventre sentì invece, copioso, il caldo seme di lui spandersi dappertutto.

Quando gli applausi esplosero invadendo la grande sala più in basso, un uomo che sedeva in platea, in una delle prime file, ebbe la sensazione di udire tra quegli applausi dei forti sospiri, quasi delle grida di piacere. Conosceva bene l’aneddotto di Rudolf Serkin sui peccati della mano sinistra e per un attimo credette che qualcuno, da qualche parte all’interno del teatro, si stesse’ “immedesimando” a suo modo nella parte!

“Non è possibile”, pensò l’uomo sorridendo, e si avviò verso l’uscita.

Non sapeva che quanto lui aveva pensato si era in effetti verificato appena più in alto, in una poltrona numerata della prima fila dell’anfiteatro.

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