Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

Il baule

By 30 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho sempre amato la città di notte. Le insegne dei locali, i lampioni lungo i viali, le strade intasate dal lento traffico; un tuffo in un festival di luci e colori.
Tutto era pronto. La settimana era appena volta al termine. Mi trovavo sul sedile del passeggero della vettura, Cecilia era accanto a me, il mondo poteva smettere di girare e sarei stato comunque in paradiso. Era tutto perfetto. Erano appena trascorsi giorni strani, avevo iniziato un gioco perverso per arrivare a questa sera, con l’incertezza che tutto potesse concludersi prima ancora di cominciare.
Ammettendo che tutto questo non è avvenuto senza dolore e paura, ma, prima o poi doveva accadere.
La macchina davanti, le luci che sfilavano intorno a noi. Riscoprire ogni volta con grande piacere gli scenari che ha da offrire una città di notte.
Cecilia, questi giorni senza di lei mi erano sembrati interminabili, non ho mai amato nessun’altra come lei. Ma oggi, dopo questa settimana, fatta di attesa, rivelazione e scoperta, dopo il grande cambiamento, non so se potevo dire lo stesso, magari avevo messo in dubbio anche i miei sentimenti. Potevo dire di amarla ancora? Forse anche lei aveva messo in dubbio la nostra relazione. Fino a quel momento non c’avevo pensato, non mi aveva mai sfiorato il pensiero potesse finire, ed ora d’un tratto mi ritrovavo a metterlo in conto.

Prologo

Mi chiamo Sandro, ho trentasette anni, sono sempre stato di indole tranquilla, il classico ragazzo con la testa a posto, alto, fisico asciutto, poco muscoloso.
Conobbi Cecilia all’università, avevo 23 anni lei 19, sembrava un angelo sceso dal cielo, un colpo di fulmine, invece per lei, credo, sia stato un pò più graduale. Ci misi tre mesi per chiederle un appuntamento, mi insinuai delicatamente nella sua vita e col tempo riuscii a far breccia nel suo cuore.
All’inizio ci limitavamo solo a flirtrare, volevo fosse realmente pronta e sicura nel concedersi, non avevo fretta, col tempo i baci si fecero sempre più bollenti, per passare dagli strofinamenti al sesso orale.

Ricordo ancora la nostra prima volta, in un certo senso lo fu anche per me, volevo che per lei fosse speciale ed indimenticabile, devo ammettere però che fu un completo disastro, non andò per niente come avrei voluto, forse per la forte tensione, forse per il caso o per dirla tutta, per via degli ormoni in subbuglio, si sa, a quell’età si è meno razionali e lucidi in certi casi.
Ricordo tutto ancora oggi a distanza di tutto questo tempo.
Eravamo a casa sua per studiare (le davo ripetizioni di matematica) faceva caldo e lei indossava una larga t-shirt su dei pantaloncini, girovagava per casa a piedi scalzi, così sinuosi ed eleganti.
I lunghi capelli ramati, il volto cosparso di lentiggini, le sue movenze, il corpo sinuoso, le lunghe gambe, riuscivo a malapena a concentrarmi, tutto cominciò quando scostandosi i capelli e giocherellando con la matita mi si avvicinò chiedendomi una delucidazione su qualcosa che ora nemmeno ricordo più, ma non ha molta importanza, ci fu un bacio e poi un altro e un altro ancora, fu tutto così, veloce, come salire su una giostra, le mie mani scivolarono sotto la maglietta, sfiorai la schiena coi polpastrelli, i baci nel frattempo cominciarono a farsi più intensi, lei mi sfiorava le guance, le orecchie, la nuca. Le mie mani arrivarono ai seni nudi e turgidi, gemette appena, strinsi i capezzoli, pulsavo di irrefrenabile voglia, quando una mano scivolò fra le cosce, sentii che era pronta, mi portai le dita alla bocca e gustai i suoi umori, la strinsi forte a me, prendendola in braccio, lei avvinghiò le gambe al mio corpo, la sollevai per le natiche e la poggiai sul tavolo da studio, poteva sentire il mio sesso pulsante e voglioso contro il suo, si strofinò leggermente a me, un’ondata di calore mi attraversò, ci guardammo intensamente per qualche istante e lei fece un lieve cenno di approvazione con la testa continuando a tenere i suoi occhi, color nocciola dal taglio vagamente orientale, fissi su di me. La baciai con foga, mentre mi sfilavo la maglia, poi tolsi la sua, la strinsi, pelle contro pelle, i suoi seni morbidi, il suo respiro nel mio orecchio.
Le slacciai i pantaloncini e li lasciai cadere, insieme alle mutandine, la toccai, ansim’. Chinando i pantaloni mi trovai con la faccia sul suo sesso che cominciai a baciare e leccare con foga.
Mi prese i capelli e mi tir’ su delicatamente, le afferrai i fianchi, ci baciammo ed entrai piano, sussult’. Mi strinse forte, mi muovevo poco, avvertivo che provava dolore, continuammo a baciarci e diedi qualche forte spinta, si irrigidì di colpo e cerc’ di soffocare un gemito. Mi fermai, continuava a stringermi, uscii. Restammo così per un po’ di tempo. Era paonazza e per un attimo mi attravers’ il pensiero che magari aveva immaginato diversamente la sua prima volta, con candele, petali di rosa su un letto dalle fresche lenzuola durante un weekend romantico in una baita o in un altro posto qualunque, ma non su quel tavolo, non in quel modo goffo e quasi incerto, pensai che dopo quella volta non avrebbe più voluto vedermi, non fu così, col tempo imparammo a conoscerci meglio sotto le lenzuola ed il sesso con lei è stato sempre grandioso, ma, purtroppo, dopo qualche tempo avvertii qualcosa dentro di me, dei desideri particolari e forse poco convenzionali, desideri di cui non avevo ancor perfettamente chiaro il disegno, avevo provato a parlarne a Cecilia, ma per un motivo o un altro non riuscivo a spiegarmi per paura di essere giudicato. Col tempo pensai che questi strani desideri potessero scemare e scomparire completamente, quanto mi sbagliavo.

Per un periodo Cecilia ed io abbiamo preso strade diverse e fu in quel periodo che riuscii a trovare davvero me stesso, ma senza di lei, tutto mi sembrava aver poco senso.

Quando ci riavvicinammo, sembravamo due adolescenti innamorati e da allora il nostro rapporto è diventato più solido; anche se ora, non potevo dirlo con completa certezza, riuscii a spiegarle chi sono davvero e cosa mi affascina, tutto questo, prima che partissi per una trasferta di lavoro, una settimana fa, in realtà, è stato grazie ad un baule, un vecchio baule, di legno pesante e cinghie in cuoio, con una grossa chiusura in ferro, un anello, chiuso da un lucchetto pesante e nero, a forma di cuore, ma dal taglio più netto, meno romantico, un richiamo, una riproduzione dal sapore antico, solo io ne custodisco la chiave e la conoscenza del contenuto. Viviamo insieme da cinque anni circa e quel baule fino a poco tempo prima si trovava ancora nel garage della mia vecchia casa, fino a quando, qualche mese fa, decisi di portarlo con me. Cecilia inizialmente sembrava avere una curiosità mista a timore per ciò che poteva contenere, dal mio canto, alimentavo il mistero, una volta le dissi che custodiva ricordi, un’altra che poteva essere la porta per un nuovo mondo, poteva esserci tutto o niente per lei, ma per me era tutto, tutto quello che ero sempre stato e che sempre avrei voluto essere e sarebbe stato bello esserlo insieme a lei. Per mesi non ne parlammo, fino a quando la sera prima della mia partenza decisi di lasciare la chiave del lucchetto in bella vista sul tavolo in camera da pranzo, con una busta contenente istruzioni per Cecilia. La mattina dopo, prima di partire la lasciai che dormiva, le diedi un bacio, e prima di andar via mi resi conto che la lettera non c’era più e la chiave era nella serratura del lucchetto aperto, appeso al baule. Senza farmi troppe domande andai via. Per tutto il periodo fuori, durante le nostre telefonate non accennammo mai alla lettera o al baule.
Avevamo appena lasciato l’auto in garage, di lì a breve avrei conosciuto la sua decisione; o tutto o niente , solo lei, per ora, custodiva la chiave della verità; in ascensore, Cecilia mi rivolse la parola per la prima volta dopo il mio arrivo
‘Sembri pensieroso… mi sei mancato’
Gli occhi dall’aria malinconica si posarono sul mio riflesso nel grande specchio, la spalla si appoggiò alla propria rifrazione, in quel momento ebbi l’impressione di avvertire nella sua voce, una leggera apprensione, quasi più vicina al disagio, ma forse, quella sensazione era sbagliata, forse, ero solo io a trovarmi in quella condizione e volevo in certo senso, accollarla a lei.
‘è stata una settimana piena e massacrante, ora, vorrei solo rilassarmi un poco.’
Sfiorandole la mano, mi accostai al suo orecchio, bisbigliai
‘Anche tu, mi sei mancata, tanto’
L’abbracciai portando il mento sulla spalla, inspirai riempendomi del suo profumo.

Una volta a casa, lasciai la valigia accanto all’uscio e notai che il baule era sparito, mi accasciai sul divano deluso e turbato, il suo posto era davanti al divano, nel tempo era diventato una sorta di tavolino e all’occorrenza poggia piedi. Mi portai una mano al volto, stavo già pensando a cosa avrebbe potuto dire Cecilia di lì a poco
‘è finita’ pensai sgranando gli occhi.
Era in piedi a fissarmi, ancora avvolta dal suo lungo cappotto di lana scura.
‘Sei stanco, perché non ti cambi e ti rilassi?’
Guardai la valigia, poi con uno slancio mi diressi frettolosamente in camera, un senso di vertigine, brandelli di pensieri confusi e sconclusionati mi assalirono, poi, quasi trasalii quando trovai il baule ai piedi del letto, inghiottii il groppo in gola placando il turbamento, Cecilia mi aveva raggiunto in silenzio, restai fermo e non avevo ancor ben in chiaro i suoi desideri.
‘Penso che qui stia meglio’ esordì
‘Lo penso anch’io’ bisbigliai
Mi accarezz’ il braccio
‘Era molto pesante, prima di portarlo qui, l’ho svuotato’
‘Ah, quindi ora è vuoto?’ Domandai perplesso
Mi abbracciò, con sguardo chino e voce sommessa
‘ si l’ho svuotato…’
Le afferrai le spalle ed indietreggiando di poco la testa, cercai di guardare nei suoi occhi che continuava a tenere bassi.
Un’onda di calore mi investì, alzai gli occhi al cielo, pensando alla fine tragica di tutti quegli attrezzi, accumulati con cura nel tempo; forse mi stavo solo sbagliando, facendomi assalire inutilmente dal panico, forse stavo affrettando i pensieri, ma ero davvero stanco e la tensione, il gioco che stava alimentando Cecilia cominciava quasi ad infastidirmi.
‘…Ho guardato ogni oggetto, ogni singola cosa che conteneva, una volta alleggerito, l’ho portato qui, alcune cose erano davvero pesanti’ continuò, e scostandosi slacciò un paio di bottoni del cappotto e lì notai la chiave, appesa al suo collo. Portò le mani alla nuca afferrando la collana, prima che la sganciasse, la fermai.
‘Questa è tua, Cecilia’
Presi la mia chiave dalla tasca dei pantaloni e mi chinai per aprirlo. Cecilia rimase in piedi.

Sganciai le cinghie ai lati, infilai la chiave nel lucchetto e lo feci scattare, poggiandolo a terra, mi assalì l’incertezza, come se stesse per mancarmi il coraggio, alla fine mi decisi e sollevai il coperchio lentamente, notai che tutto era al suo posto, nonostante questo continuavo a sentirmi strano, per la prima volta non ero solo a contemplarne il contenuto, Cecilia si inginocchiò al mio fianco e rimase in silenzio. Respirai.
‘Sai ci ho messo qualche anno a riempirlo’ dissi con un lieve tremitìo in gola
‘Perché non me ne hai mai parlato?’ Domand’ sommessa, avvertii una carezza alla nuca, mi voltai
‘Aspettavo’ e in quel momento, non appena pronunciai quella parola, mi sentii sollevato
‘Cosa?’
‘Di essere pronto, credo… pronto a condividerlo con te, che lo fossi anche tu, ma non ne sono mai stato certo, nemmeno ora… non so se lo sei, forse è stato solo un impulso azzardato o forse… non saprei Cecilia, ci sono alcune cose di cui non si è mai certi fino a quando non le provi’
Cecilia mi osservava in silenzio continuando a giocare con i miei capelli, poi lasci’ la presa
‘Quindi, la chiave, la lettera… sono stati un azzardo?’ Con aria corrucciata
‘Un salto nel vuoto, sì. Al mio ritorno potevano succedere una miriade di cose: potevi andar via, o restare… accettare oppure no, conoscere, condividere o meno, anche adesso che siamo qui seduti, non posso saperlo con estrema certezza, potresti dirmi che vuoi provare, ed una volta successo, scoprire che non ti piace… e cosa accadrebbe dopo? Torniamo a vivere la nostra vita facendo finta che questo baule non esista? Per me sarebbe difficile, lo capisci Cecilia?’
Cecilia sembrava cercar qualcosa fra i pensieri, gli occhi si muovevano frenetici.
‘Magari, fin’ora non ci avevi pensato, vero? L’avevi presa con leggerezza? Devi capire che per me è molto importante. C’è il rischio di perderci, mia cara’
Mi afferr’ la mano e la sigill’ fra le sue
‘Posso dirti solo questo Sandro, se sono ancora qui è perché ti amo e voglio continuare a farlo, completamente. Vedendo tutti questi oggetti, studiandoli in questa settimana, cercando di capire, posso dire che ne sono attratta in qualche modo e posso provare tutto questo, solo con te’ Al suono di quelle parole vibrai di piacere, ero felice
‘Bene’
Mi alzai
‘Allora da questo momento dovrai fare tutto quello che ti dico, ti fidi di me?’
Cecilia sollevò il capo, sorrise
‘Sì, mi fido’
‘Allora, in quella lettera se non sbaglio, ti avevo scritto come sono arrivato fin qui e cosa mi ha spinto a condividerlo con te, in questa settimana dovevi studiare i vari articoli e infine potevi sceglierne tre, se avessi voluto cominciare questo gioco, hai scelto Cecilia?’
‘Sì’ il viso le si illuminò
‘Prendili e mettili sul letto’
Cecilia senza esitare prese il gatto a nove code: interamente in cuoio nero, il manico era abilmente intrecciato diramandosi in nove laccetti più sottili, sempre intrecciati, fermati all’estremità da un nodo; col tempo il cuoio avrebbe leggermente ceduto per l’usura, perdendo quell’eccessiva rigidità, che ora ne faceva da padrone. Poi scelse un paio di costrittori: l’interno era caratterizzato da un leggera imbottitura contenuta dal soffice e sensuale velluto nero, per dar massimo piacere e comfort agli arti imprigionati, esternamente erano in cuoio nero, meno sofisticati, se non fosse per una striscia di piccoli cuoricini rossi, leggermente in rilievo, a percorrerne la parte centrale, una cinghia per regolare la chiusura alla fibbia ed un anello in acciaio per poterli agganciare ovunque si potesse desiderare, sempre nel rispetto del codice per la sicurezza dell’individuo. A quel punto chiuse il coperchio del baule.
‘Cecilia i costrittori, valgono per uno, scegli l’ultimo oggetto’
Stavo per riaprire il baule quando finì di sbottonare il cappotto lasciandolo scivolare dalle spalle, scorrere lungo le braccia ed infine adagiarsi sul pavimento, con mia grande meraviglia notai che indossava solo un paio di autoreggenti velate sui tacchi a spillo,poi, era completamente nuda; per tutto il tempo non mi ero accorto di nulla; ora mi svelava il suo bel corpo slanciato: i suoi capezzoli di un rosa pallido; due vette stupende che non attendevano altro che essere scalate; l’incarnato diafano, il sesso completamente depilato, sleg’ i capelli e con un lieve movimento della testa li fece oscillare sul viso, mi persi nel suo sguardo intenso, in quel momento avrei voluto baciare ogni singola lentiggine del suo viso, era meravigliosa, così meravigliosa che il mio sesso diede forti segnali di vita, ammirai la sua pelle di porcellana; in alcuni punti sembrava farsi trasparente, si potevano intravedere le vene smeraldo, uno di questi punti era poco sotto l’ombellico, più vicino all’inguine se vogliamo esser precisi; sorrise maliziosamente
‘Forse, il terzo oggetto, l’ho già scelto’ avvicinandosi con aria conturbante, dovetti far presto mente locale, quella vista estasiante mi aveva azzerato i pensieri.
Le afferrai il polso , facendola volteggiare da porgermi le spalle, le cinsi la vita ed accostando le labbra al suo orecchio mormorai
‘Sono convinto di sapere dove possa trovarsi il terzo oggetto’ calcai con forza il bacino contro il suo, sobbalzò, presa alla sprovvista, non seppe trattenere un gemito di piacere, la mia mano già teneva saldamente la sua, l’indirizzai al pube, sussurrai ansante
‘Allora, abbiamo provato il plug? è comodo? Quanto ti piace Cecilia? Ti piace, lo so’
‘Sì’ mugugn’
Pressai ancora di più fra le sue natiche, ne avvertii la presenza
‘Allora… raccontami… quando lo hai messo? Prima di venire a prendermi? …toccati Cecilia…’
Iniziai a muovere le dita, sollecitando la sua mano fra le cosce, quando cominciò ad accompagnare il mio gesto, allentai la presa ed iniziai a sfiorarle le braccia ed il collo; percepii attraverso i polpastrelli la pelle chiara e liscia aggricciarsi, profumava di rose selvatiche, Cecilia, tentava di soffocare i gemiti di piacere mordendosi il labbro, tir’ la testa indietro poggiandosi al mio sterno, le carezzai la fronte ricoperta da un leggero velo umido, proseguiva a masturbarsi in piedi, poi issò lievemente un ginocchio, ed infine, in preda lievi spasmi tentò di rannicchiarsi, la trattenni
‘Non fermarti Cecilia’
A quel punto inarcò la schiena, sbuffando di piacere, strinsi i suoi seni fra le mani per pizzicarne i capezzoli, sussult’; quando le morsi il collo, grugnì tentando di divincolarsi.
‘No, no, non sfuggirmi, non fermarti’ Mormorai eccitato.
Feci scivolare la mano fra le cosce, il suo sesso caldo e vischioso grondava di piacere, portai le dita alla sua bocca
‘Pulisci, da brava troietta’ Le dissi con aria provocante
Cecilia non indugiò; dapprima lambì le dita poi le fece insinuare in bocca succhiando alternandolo al vorticoso roteare della lingua.
Le agguantai i capelli e con il braccio a cingerle la vita, la invitai a prostrarsi. Accondiscese.
‘Ora, fermati, poggia le mani a terra e solleva le chiappe’
Ubbidì.

La mano percorreva le vertebre della schiena quando arriv’ in fondo, le poggiai tutt’e due sui glutei e graffiai allargandoli, potei ammirare il Plug incastonato, sogghignai, mi eccitava da matti vederla in quello stato, le lasciai riprendere fiato solo per qualche attimo, poi, schiaffeggiai una natica, un suono netto, distinto, forte e cristallino, sobbalzò annaspando, la bloccai posando la mano sulla schiena, fissai il movimento ritmico e leggero del suo respiro attraverso la pelle, le sfiorai le costole e mi sorrise.

Le sorrisi a mia volta, poi mi feci serio
‘Ora cominciamo Cecilia, ci siamo solo riscaldati un p’ Cecilia mi guardò sottecchi, mi accomodai sul baule sfiorando i costrittori sul letto
‘Restando in ginocchio devi darmi i polsi’ replicai il suo sguardo, ubbidì allungandomi le braccia, sollevandosi appena per poggiare le natiche sui talloni, notai lo sguardo fisso su quegli arnesi; quando li afferrai e le cinsi i polsi, Cecilia osserv’ i miei gesti in silenzio, la testa era leggermente di lato, e sbuffò su una ciocca liscia e ramata finita davanti agli occhi, che irrimediabilmente finiva sempre lì, allungai la mano e gliela portai dietro l’orecchio, abbassò lo sguardo, sorrise e mi sembrò di vederla arrossire, le sfiorai la guancia ed arrivai a solleticarle il mento, si morse il labbro trattenendo un risolino, lasciai i costrittori, le sfiorarti la punta delle dita e poi, restai ad ammirarla mentre contemplava quegli strani bracciali, iniziò roteando le mani, poi alzò e abbassò i polsi adagio, forse, per abituarsi a quella nuova condizione.
‘Non pensarci, presto non li avvertirai più’ dissi.
Presi il lucchetto del baule, in realtà avrei potuto prenderne un altro più leggero e meno ingombrante, ma in quel momento non avevo la minima intenzione di dover mettermi a cercare lì dentro, conoscevo il mio ordine, non abbastanza quello di Cecilia in questo caso.
Mi esaminava in silenzio, io intanto giocherellavo con lo scatto del lucchetto e la chiave, pensando dove avrei potuto imprigionare la mia dolce Cecilia.
‘Avvicinati ai piedi del letto’
L’incatenai lì a quel vecchio letto in ottone, non potei che modificare il mio pensiero su quel mobile che avevo sempre detestato, così antico, pesante, in alcuni casi fin troppo rumoroso; ora, invece, cominciava quasi a piacermi.
Prostrata ai piedi del letto, le dita intrecciate abbracciavano la fredda gamba in ottone, la testa poggiata ai gomiti, socchiuse gli occhi in attesa, di un mio gesto o di una mia parola. Portai la chiave alla tasca dei pantaloni. Il gatto a nove code sembrava chiamarmi, lo afferrai e le accarezzai la schiena con i lacci, fino a scivolare sulle natiche in gran bella mostra, diedi un paio di colpetti leggeri e poi partii diretto a frustarle la fica aperta, sobbalzò sbarrando gli occhi ed al contempo non si trattenne dal lanciare un urlo di piacere.
Presi la rincorsa e diedi un colpo forte sui glutei, sussultò ma questa volta restò in silenzio, nemmeno un gemito, uno sbuffo, niente.
Continuai, col fine di colpire sempre lo stesso punto per ottenere presto ciò che desideravo, ad ogni frustata mi fermavo, respiravo e colpivo ‘brucia, troietta?’ Annuì e ben preso i glutei si arrossarono rigonfi. Quando fui abbastanza soddisfatto, mi sedetti sul baule e ammirai il mio lavoro, Cecilia, sembrava aver ripreso a respirare, mi guardava quasi in cagnesco, ancora con le dita avvinghiate alla gamba d’ottone.
‘Vuoi fermarti?’ Domandai, scosse la testa continuando a tenere quello sguardo
‘Allora, perché mi guardi così?’ Chiesi
‘Non me lo aspettavo…’ Replic’ mordendosi le labbra
‘Cosa? Cosa non ti aspettavi?’ L’interrogai
‘Tu, così… così… non pensavo potessi essere così perverso… e mi piace…’
Cecilia stava rendendo possibili i miei desideri, in quel momento sentii che era davvero al mio fianco.
‘Pensa che questo è niente, abbiamo appena cominciato’

Leave a Reply