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Racconti Erotici Etero

Il Blog

By 21 Settembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Il blog ha questo fascino primordiale di incontro basato sulla curiosità reciproca.

Tu blogger ti chiedi chi saranno i tuoi lettori. E tu lettore ti chiedi come sarà il blogger.

 

 

Se sei blogger controlli se ti hanno lasciato commenti sugli ultimi post.

Se sei follower controlli se il blogger ha risposto al tuo commento.

 

Ma non tutti i blogger sono uguali.

E non tutti i lettori sono uguali.

 

 

Poi arriva una mail.

 

E così non resisti. Scrivi. Aspetti, chiedi, sei discreto, stai attento.

E così finisce che ti ritrovi a pensare, immaginare, a chiederti come sarà l’altro.

A fare congetture, a chiederti che tipo di persona è…

Magari se senti una certa affinità mentale inizi anche a chiederti se fisicamente… chissà…

Così butti lì un “Dai, descriviti…” e aspetti.

Ma poi. Chi di noi si descriverebbe onestamente, delineando effettivamente tutti i suoi difetti e i suoi punti deboli? Al contrario piuttosto, si nasconde deliberatamente quel lato di noi che non vogliamo far conoscere.

Così si evidenziano i punti di forza, ho la pelle ambrata, i muscoli scolpiti, i capelli ricci, tacendo magari che il viso è rovinato dalle troppe lampade, che c’è la pancetta, che si portano gli occhiali spessi come fondi di bottiglia…

Così ci si fa un’immagine dell’altro. Ma un’immagine sbagliata, idealizzata.

Sì, è vero, è difficile descrivere un viso, quindi in realtà non si può mai sapere chi si nasconde dall’altra parte del monitor, ma tutto sta nell’uso delle parole.

 

Così è stato che mi sono descritta. Sono una persona onesta, trasparente, almeno entri certi limiti, così ho fatto una buona descrizione di me, non mi piace che le persone restino deluse. Ma chissà perché dimentico sempre di dire che porto gli occhiali. Mah.

Lui (perché ovviamente è un uomo che mi ha chiesto la descrizione) si è descritto. Interessante. Un tipo. Siamo tutti tipi. Poi bisogna vedere il tipo di chi, ma tant’è. Io sono dell’idea che nessuno è brutto tout court. Non perché “ogni scarrafone è bello a mamma soja” ma perché c’è qualcosa di interessante in ciascuno di noi. Là dove uno è manchevole di aspetto, magari c’è una perla nel carattere, nella mente… E a volte succede l’opposto… uno che toglie il fiato è in realtà la persona più brutta del pianeta, dentro.

Insomma, io credo nella bellezza interiore (e non vuol dire che sono un cesso…).

Così… mi balla un’immagine stuzzicante nel cervello…

E mi ritrovo a vagare, ad aspettare la prossima mail, ad aver voglia di sapere di più. Il lavoro resta indietro. Il telefono squilla e viene ignorato. La postazione al pc non viene lasciata che non sia mai che arrivi una mail e non ci sono…

 

Chat…

“Sono curiosa di conoscerti”

“Anch’io ci stavo pensando, onestamente”

“Come possiamo fare?”

“Sono in trasferta dalle tue parti la prossima settimana….”

“Me lo dici così??? da quanto lo sai?”

“Non ero sicuro se dirtelo o no…”

“E non sei curioso?”

“Da morire, ma non sapevo se tu lo eri anche”

“Stai scherzando?!?!?! Allora ci vediamo la prossima settimana!”

 

Sono tesa come una corda di violino. La curiosità ha dei livelli altissimi.

Ho le mani fredde e sono emozionata. Le guance sono leggermente rosate, il cuore batte veloce.

E se di persona non siamo simpatici, affabili e in sintonia come via mail?

Potrebbe essere il pranzo più tremendo della mia vita, come il più divertente e stuzzicante…

 

Appuntamento fuori dal locale. Abbiamo un paio d’ore, che lui nel pomeriggio ha appuntamenti. Io ho preso alcune ore di permesso al lavoro. Ma ci basteranno un paio d’ore?

 

“Ciao…” oddio… ho un nodo in gola…

“Ciao!” sorride…

Ok, l’impatto visivo è buono, anzi ottimo. Certo me l’ero immaginato diverso…

“A dire il vero sei diverso da come ti avevo immaginato…” confesso stringendogli la mano con un mezzo sorriso.

“A dire il vero anche tu… sei meglio!” dice. Avvampo. “Ma sei delusa?”

“Oh, no, tutt’altro!”

 

Entriamo nel locale, scegliamo un tavolo. Un momento di imbarazzo, non so cosa dire per una frazione di secondo. Poi, come mio solito parto come un fiume in piena. Parlo, racconto di me, parlo dei blog, parlo del tempo. Ti intrattengo e mi rispondi, mi segui nei miei pensieri e dai le tue opinioni. La conversazione è piacevole, scorre veloce e facile. Piccoli segnali del corpo ogni tanto si fanno vivi e lanciano una scossa, veloci presagi di qualcosa ancora non definito e di sicuro non programmato.

Poi mi guardi serio e all’improvviso sorridi.

Mi fermo. A bocca socchiusa. Cosa è successo?

L’aria si è fermata. Il tempo si è fermato. Siamo sospesi. Occhi negli occhi. Il respiro silenzioso. Ci siamo solo noi. L’elettricità è palpabile.

Apro la bocca come per dire qualcosa. Nulla esce. Mi lecco le labbra, il movimento attira il suo sguardo.

Incollato sulla mia bocca. Poi la chiudo. Torna ai miei occhi. “Non farlo più per favore…”

“Scusa”

“Non scusarti… le tue labbra, la tua lingua… sono ipnotiche…”

Di nuovo resto senza parole. Ma tanto ormai non servono più.

Ti alzi in piedi mi allunghi una mano. Andiamo alla cassa, paghi, usciamo.

Mi cingi il fianco. Mi stringi a te. Le tue dita alzano leggermente la mia maglietta e si infilano tra i jeans e la pelle. E restano lì.

Mi accompagni alla mia macchina. In silenzio.

Mi lasci e ci guardiamo.

“Tornerò” dici. E ti avvicini per baciarmi sulle guance. Ma non è un casto bacio di commiato. Le tue braccia mi circondano. Le dita si infilano di nuovo a toccare la mia pelle curiose e bramose di portarsi via una sensazione. La tua guancia si strofina sulla mia per poi girarsi e la bocca catturare la bocca.

Un bacio, lento, profondo, intenso. I corpi stretti. Il mio seno sul tuo petto. Il tuo inguine sulla mia pancia.

Preludio e promessa.

“Tornerò”

 

 

Che strana cosa l’affinità d’anime… com’è che si diceva? Affinità elettive.
Le sensazioni restano appiccicate addosso come l’umidità nei giorni bigi.
Il tempo ha un valore relativo mentre il pensiero torna ai momenti trascorsi insieme. Insieme a lui. All’amico di penna.
Che strana cosa l’affinità d’anime…
I primi giorni sono quasi di silenzio: la mente ha bisogno di sedimentare e allineare, non vuole lasciare che l’istinto o la pancia decidano come archiviare l’accaduto, che lo mettano tra i ricordi speciali da guardare con nostalgia o con rimpianto. E’ sicuramente un bel ricordo, ma va assimilato con distacco, va digerito, va archiviato. E’ una cosa speciale, un momento magico. Ma è necessario dargli la giusta dimensione, non ingigantirlo, non idealizzarlo, non sognarlo languidamente.

Le settimane scorrono. Le mail affluiscono, le chat continuano. Ogni tanto qualche allusione…
“Ho letto l’ultimo post… e io lo so che tu sei veramente così… :)”
L’amicizia è ormai un’amicizia. Serena, calda, intensa, consolatoria e complice.
E’ inevitabile. Il web dà questo meraviglioso beneficio di anonimato e distanza. E’ facile aprirsi, rivelarsi, lasciarsi andare.

Chat
“Devo dirti una cosa…”
“Dimmi”
“… vengo di nuovo in trasferta…”
“EVVAI!!! riusciamo a vederci?”
“Speravo dicessi così…  :D”

Questa volta, grazie ad una maggiore organizzazione e complicità il tempo a disposizione è maggiore: un pomeriggio. Un intero pomeriggio in compagnia del mio amico.
E non so che genere di pomeriggio sarà. Non so cosa voglio da questo pomeriggio. Non so cosa vuole lui. La confidenza ormai è cresciuta ancora di più, ci raccontiamo cose intime, private, i nostri problemi e i nostri pensieri. Sono mesi che ci scriviamo, che chattiamo, che ci telefoniamo…
Con la confidenza è cresciuta l’amicizia. Ma c’è sul fondo il ricordo di quel bacio… fugace, improvviso, inatteso, non pianificato…
E quel pensiero fa venire strane congetture, illazioni, voglie, prospettive… anticipazioni su questo prossimo incontro.
Sono indecisa su come organizzare il pomeriggio, se organizzarlo, se prevedere una visita alla città, un museo o una merenda pic-nic in un parco cittadino… o se farlo venire a casa mia, e in questo caso indecisa se preparare un pomeriggio tranquillo a fare chiacchiere sul divano o se aspettarmi altro… Difficile, difficile, difficile…

Tesa, eccitata, nervosa… così mi sento al pensiero che sta per arrivare.

“Pronto?”
“Sono uscito ora dall’autostrada… dove ti vengo a prendere per andare a casa tua?”
oddio… ha deciso lui… casa mia… respira…
“Troviamoci in piazza XY, dovresti arrivarci tra circa 40 minuti… Sarò lì”
“Ok… mi verrebbe da chiederti come ti riconosco… ma io so già come sei fatta… ah ah ah ah … sai… a dire il vero sono emozionato quanto l’altra volta….”
“Anch’io… te l’assicuro… Non vedo l’ora di vederti”
“Già… pure io… a dopo!”
“A dopo”

Non sto nella pelle, sono così emozionata che mi gira la testa.
Mi organizzo e mi incammino. All’orario stabilito sono in piazza e aspetto. E lui arriva.
Dietro al parabrezza della macchina vedo un sorriso luminoso e due occhi lucenti. E’ contento.
Si ferma a fianco a me. Salgo. Gli lancio un sorriso e sbaciucchio le guance.
“Vai dritto. Poi gira la terza a sinistra.”
Né ciao, né altro. Non serve.
Ho il cuore che batte all’impazzata. Sto stringendo i pugni e cerco di resistere e mantenere un contegno. L’unico suono nell’abitacolo è la mia voce che scandisce le indicazioni.
Arriviamo, parcheggia, scendiamo, apro il portone, chiamo l’ascensore.
Silenzio.
Entriamo. Premo il sesto piano. Le porte si chiudono. Gli occhi negli occhi. Ardenti. Bramosi.
In un attimo le bocche si incontrano, le mani esplorano i corpi, avide, curiose, mani curiose e audaci, mani calde, mani piccole, mani inevitabili, mani insaziabili. La voglia che cresce e si amplifica, il calore nell’ascensore che aumenta, la frenesia che attanaglia e muove.
Si aprono le porte, i corpi sono un groviglio. La chiave compare, apre. La porta si spalanca e si richiude. La borsa cade. Le scarpe spariscono. I bottoni si slacciano. La cintura si allenta.
I vestiti cadono, uno a uno, si sfilano, si strappano, volano.
Corpi premuti, schiacciati, spremuti, esplorati, assaggiati.
La frenesia si è ormai impossessata di noi e non riusciamo a resistere, a contenerci.
I baci voraci ci distruggono e non ci saziano. Le bocche vogliono di più. Le lingue vogliono di più. I corpi vogliono di più.
Ti stacchi un attimo, guardi in giro, guardi me.
Ansimo e faccio un cenno con la testa.
“La camera è là” è questo che significa il mio cenno. Ed è quello che volevi sapere.
Mi lasci e mi prendi per mano, mi trascini… La camera è là…. La camera è là…
La camera……. Siamo in camera…

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