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Racconti Erotici Etero

Il gioco dei sensi

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Non Nobis Domine, non Nobis, sed Nomini tuo da gloriam’

Nei pressi della Cattedrale di Notre Dame de Chartres, Eure et-Loire (Francia),

notte tra il 12 ed il 13 di ottobre dell’anno del Signore 1307

Minuscole gocce di sudore gli imperlavano la fronte.

Aveva proceduto al galoppo sin dalla tarda sera precedente, senza mai fermarsi, diretto verso la meta e pronto a sacrificare la propria vita. E nel freddo di quella notte autunnale aveva pensato’

Con la mente aveva ripercorso velocemente la storia gloriosa dell’ordine cavalleresco a cui apparteneva. Era la storia che, al momento dell’investitura, gli avevano raccontato i cavalieri più anziani, la stessa storia che costoro avevano a loro volta ascoltato prima di lui e così pure tutti coloro i quali erano venuti ancora prima.

Adesso, però, nessuno avrebbe più raccontato quella storia nei termini in cui realmente si era svolta. Nessuno avrebbe più conosciuto come ‘gloriosi’ i nomi dei cavalieri Hugh de Payns e Geoffroy de Saint-Omer, i quali, al comando dei ‘nove’ intrepidi e valorosi, nell’anno del Signore 1118 avevano reso sicuro il cammino dei pellegrini verso la Terra Santa. E non ci sarebbero più state, per tutti gli anni a venire, cerimonie solenni nel giorno di Sant’Ilario, il 14 del mese di gennaio, anniversario di quel ‘Concilio di Troyes’ che San Bernardo di Chiaravalle, nell’anno del Signore 1128, aveva magistralmente ‘orchestrato’ per stabilire ufficialmente gli ordini di coloro che in principio avevano preso il semplice nome di ‘Poveri Cavalieri di Cristo’.

Tutto ciò perché, già al sorgere del nuovo sole, ‘qualcuno’ avrebbe riscritto quella storia macchiandola d’infamia.

Eppure, in cuor suo quel giovane cavaliere a galoppo nella foresta carnuta sperava che la notizia giunta qualche giorno prima al maestro dell’ordine, Jacques de Molay, e proveniente direttamente dalla bocca di un fidatissimo informatore di stanza all’interno del palazzo reale, non rispondesse a verità.

Le sue speranze svanirono non appena raggiunse il luogo convenuto.

Illuminati dal chiarore della luna, due scudi rosso crociati spiccavano vicino al petto di altrettanti cavalieri dalla barba folta, ma curata, ed in frenetica attesa. I loro volti, tesi e cupi, non facevano che confermare la veridicità della macabra soffiata.

Olivier, il più anziano dei due cavalieri, si rivolse subito al nuovo arrivato.

_ ‘André, la notizia pervenuta in gran segreto al nostro maestro De Molay risponde purtroppo a verità. Già a partire dalle prime luci dell’alba, il nostro ordine sarà perseguitato e nulla più ci apparterrà. Sappi che l’unica possibilità di riscatto per l’Ordine dipende dalla riuscita della missione che noi tre dovremo portare a compimento questa notte. Per l’occasione, siamo stati apposta esonerati dai doveri che la Regola dell’Ordine ci impone.

Il giovane guardò il cavaliere col volto carico d’orgoglio. Stava già mettendo a fuoco la gravità della situazione. Fece un cenno di ‘sì’ col capo e l’altro continuò.

_ ‘Grandi cose i tuoi occhi vedranno questa notte e grandi cose ascolteranno le tue orecchie. Parte della forza e dell’orgoglio del nostro ordine saranno riposte anche nelle tue mani’.

A quel punto, l’anziano cavaliere si fece un attimo indietro e lasciò la parola al suo compagno, Gilbert, appena di qualche anno più giovane di lui.

_ ‘Come ti è già stato narrato al momento dell’investitura, il fondatore del nostro ordine, Hugh de Payns, raggiunta nell’anno del Signore 1118 la Terra Santa al comando dei ‘nove’, trovò asilo nell’ala orientale del palazzo del re Baldovino II. Era quello il luogo in cui, anticamente, sorgeva il grande Tempio di Gerusalemme, dimora di Salomone. Ma c’è un’altra cosa che non ti è mai stata detta’

I nove sapevano, perché così raccontavano le storie degli antichi, che proprio in quel luogo, più di mille anni prima, i sacerdoti di Gerusalemme avevano celato le reliquie più preziose della cristianità per sottrarle all’imminente invasione dei romani. Essi scavarono, dunque, tra le antiche rovine di quell’ala del palazzo di Baldovino, fino a che non riuscirono a penetrare all’interno del cosiddetto ‘Sancta Sanctorum’, il luogo che custodiva appunto tali preziose reliquie.

Ti basti sapere, André, che tra quei tesori c’erano: una scatola di legno di cedro, finemente lavorata a mano, contenente la Sacra Sindone che avvolse il corpo del Cristo nel Santo Sepolcro; l’Arca dell’Alleanza, ovvero il prezioso cofanetto di legno di Acacia, interamente rivestito d’oro e impreziosito da due cherubini, anch’essi d’oro, fissati ad ali spiegate sul Propiziatorio, commissionato a Mosé dall’Onnipotente perché vi conservasse le Tavole della legge; la Menorah, cioè il candeliere a sette braccia, completamente in oro, simbolo di riferimento della religione ebraica; il Graal, vale a dire la coppa dove Gesù bevve durante l’Ultima Cena e dove Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue del Cristo morente; e, infine, la Vera Croce, lo strumento di morte a cui fu affisso, appunto, Gesù Cristo.

L’Arca dell’Alleanza, in particolare, al momento del suo ritrovamento non custodiva più le Tavole della Legge, poiché Mosé, come noto, le distrusse al suo ritorno dal monte Sinai, lanciandole contro il Vitello d’oro idolatrato dagli ebrei che avevano perduto la fede nella terra promessa. Ma, in compenso, al posto di quelle Tavole i nove intrepidi e valorosi trovarono custoditi nell’Arca il ‘Numero’, la ‘Misura’ ed il ‘Peso’, vale a dire la chiave misteriosa per edificare le costruzioni più maestose.

Quei nove cavalieri, André, avrebbero voluto portare con loro tutti quei tesori al loro rientro in Francia, ma non era ancora giunto il tempo perché questo si verificasse. L’impresa fu realizzata, infatti, solo un secolo e mezzo dopo, da Bertrand de Blanchefort, l’allora maestro dell’Ordine, il quale, nell’anno del Signore 1160, portò da Gerusalemme a Parigi tutte quelle reliquie ad eccezione della Vera Croce del Cristo. In particolare, la scoperta del ‘Numero’, del ‘Peso’ e della ‘Misura’ spiega come mai, nel relativamente breve periodo di due secoli, poterono essere edificate, in terra di Francia, ben undici cattedrali gotiche, tutte disposte in modo da riprodurre sulla terra il grafo della costellazione della Vergine.

è da allora, André, che il nostro Ordine protegge a Parigi tali reliquie. Adesso anche tu sai qual è da sempre la vera missione dei Cavalieri dell’Ordine’.

Il giovane cavaliere aveva seguito con attenzione e devozione il racconto dell’altro. Sapeva che nella sede del Tempio a Parigi erano conservate delle reliquie assolutamente uniche, ma mai avrebbe potuto immaginare che si trattasse di oggetti talmente preziosi. Quanto aveva appena appreso, lo riempiva di ulteriore orgoglio.

L’anziano cavaliere continuò il suo discorso’

_ ‘C’è ancora dell’altro che devi sapere, giovane André.

Venuti a conoscenza delle infauste notizie provenienti in gran segreto dal palazzo reale, il maestro De Molay e gli anziani dell’Ordine, riuniti in consiglio, hanno deciso di trasportare altrove le sacre reliquie. Così, alcune notti or sono, tre colonne di cavalieri si sono mosse da Parigi per scortare i tesori verso destinazioni segretissime. Che Iddio li protegga in queste ore’

Due sole di tali reliquie sono rimaste a Parigi. Esse sono adesso nella sacca che ha con sé Olivier, e costituiscono l’oggetto della nostra missione’.

A quel punto, l’altro cavaliere si fece nuovamente avanti per terminare lui il discorso. Reggeva tra le mani una grande sacca’

_ ‘André, ascoltami bene. Il nostro maestro in persona ha voluto che due di quei tesori rimanessero occultati in terra di Francia. Egli ha incaricato noi tre di svolgere tale delicato compito.

André’ in questa sacca si trovano il prezioso Graal ed alcune importantissime pergamene. De Molay ha deciso che sarai proprio tu ad occultare, nell’inviolabile cripta di Notre dame de Chartres, il prezioso Calice; delle pergamene ci occuperemo, invece, io e Gilbert. Assecondando il volere del maestro De Molay, dovremo nasconderle in un luogo segretissimo nei pressi del villaggio di Rennes.

Ecco a te, giovane Cavaliere, il Sacro Graal, ove bevve per l’ultima volta il Figlio del Verbo prima di essere crocifisso” ‘ e, pronunciando quelle parole, l’anziano cavaliere Olivier pose nelle mani del giovane il prezioso calice.

Un brivido percorse in quell’istante André da capo a piedi. Lui, il più giovane cavaliere dell’Ordine, avrebbe dovuto ottemperare ad un così arduo compito’.

Tuttavia, ripose con estremo rispetto la sacra reliquia in una piccola sacca di pelle di montone che legò stretta attorno al suo petto, e giurò che avrebbe portato a termine con successo quella delicata missione.

Nei pochi minuti che rimasero ancora insieme al giovane André, i due cavalieri più anziani gli spiegarono esattamente quali piani dovessero seguire; gli svelarono, inoltre, qual era il contenuto delle pergamene che loro avevano il compito di nascondere a Rennes.

In una di esse erano criptate le indicazioni utili al ritrovamento dell’Arca dell’Alleanza, al cui nascondimento avrebbero provveduto alcuni dei cavalieri di scorta ad uno dei tre convogli partiti qualche giorno prima da Parigi. Delle altre pergamene, invece, gli anziani Olivier e Gilbert dissero solamente che in esse era ”criptato un segreto talmente grande che, se rivelato, avrebbe minato alle fondamenta il concetto stesso di fede cristiana”

I tre cavalieri non si rividero mai più.

Alle prime luci dell’alba di venerdì 13 ottobre dell’anno del Signore 1307, Filippo il Bello, re di Francia, con la complicità del suo diabolico primo ministro Guglielmo di Nogaret e la benedizione del debole Pontefice Clemente V, avrebbe scagliato la più infame delle persecuzioni contro l’eccellentissimo ordine dei ‘Cavalieri Templari.

Nel buio di quella notte, mentre i tre coraggiosi cavalieri si allontanavano velocemente a cavallo prima che l’alba nascente li sorprendesse, nell’aria risuonò a lungo l’eco delle loro nobili ed ultime parole: ‘Non Nobis Domine, non Nobis, sed Nomini tuo da gloriam’ ‘ ‘Concedici la gloria, o Signore, non per noi, ma per il Nome tuo’.

‘Terribilis est locus iste’

Villaggio di Rennes-le-Chateau, sul fronte francese dei Pirenei,

notte tra il 21 ed il 22 di gennaio dell’anno del Signore 1917

Quello stato di improvvisa lucidità non sarebbe durato a lungo, lo sentiva.

L’ictus, giunto senza preavviso il 17 di quello stesso mese, lo aveva tenuto in uno stato comatoso fino a quel momento, compromettendo irrimediabilmente le sue principali funzioni cerebrali. Adesso, svegliatosi d’un tratto nel cuore della notte, ricordava ogni cosa, eppure sentiva che quel miracoloso stato di lucidità poteva significare una sola cosa: il buon Dio gli dava un’ultima opportunità di pentirsi prima di chiamarlo ad altra vita.

Dopo sessantaquattro anni, la metà dei quali dedicati alla cura della chiesa del piccolo villaggio di Rennes-le-Chateau, il curato Béranger Saunière vedeva quasi come una liberazione la sua imminente dipartita.

Era stato trasferito nella parrocchia intitolata a S. Maria Maddalena molti anni prima, nel giugno del 1885, e subito si era dato da fare per trovare le risorse necessarie alla ristrutturazione della piccola e cadente chiesa. Solo alcuni anni dopo, tuttavia, egli aveva potuto dare inizio ai primi lavori di restauro, cominciando direttamente dalla rimozione della grande pietra che costituiva l’altare, una pietra sorretta sul davanti da una piccola colonna di origine visigotica scolpita.

Adesso, in quei preziosi attimi di ritrovata lucidità, Saunière ricordava con gioia ed inquietudine l’emozione che lo aveva colto proprio allora, quando, guardando all’interno di quella colonna, vi aveva scoperto, ingegnosamente occultato, un tubo di legno contenente quattro pergamene con delle strane iscrizioni. Quella scoperta, a cui era seguito il suo successivo ed enigmatico viaggio a Parigi, aveva cambiato radicalmente la sua vita’

Ad un tratto, la porta della camera da letto fu aperta e sull’uscio comparve la sua perpetua di sempre, Marie Denardaud.

_ ‘Monsieur Bérengar, il giovane Rivière, il parroco di Esperaza è appena arrivato’ Si è subito precipitato qui non appena ha saputo che volevate parlargli”

_ ‘Grazie Marie, fatelo entrare. Voi siete l’unica di cui mi sia sempre fidato’.

La donna fece segno di ‘sì’ col capo, ostentando un’aria di assoluta complicità, quindi si ritirò nell’altra stanza. Dopo qualche istante, il curato del vicino villaggio di Esperaza, Jean Rivière, comparve ai piedi del vecchio Saunière.

_ ‘Entra pure figliolo. Non aver timore di un povero servo di Dio che oramai sta per raggiungere l’accogliente casa di nostro Signore” ‘ ‘forse’, pensò ancora tra sé il vecchio’

_ ‘Grazie, ho fatto prima che ho potuto’ Ma vi prego, monsieur Saunière, non affaticatevi”

_ ‘Siedi pure, figliolo, e ascolta. Non posso andarmene prima d’aver confidato a qualcuno questo terribile segreto col quale ho convissuto per ben cinque lustri”

_ ‘Ehm’ Dio conosce tutti i nostri segreti, padre. Confidatevi a lui col pensiero: chi altri, meglio di lui, potrà ascoltarvi?’

Saunière osservò per un attimo negli occhi quel giovane curato. Gli ricordava quasi se stesso, quando ancora non aveva conosciuto le tentazioni prodotte dalla ricchezza e si sentiva pervaso dal fuoco rigeneratore dello Spirito Santo’ Gli pareva addirittura di scorgere, attraverso gli occhi di Rivière, quella fede incrollabile che egli stesso possedeva prima che venisse a conoscenza di ciò che riteneva un ‘ ‘terribile segreto’.

Per un attimo, il vecchio provò un profondo e sincero sentimento di tenerezza. Ma si riprese subito, volse lo sguardo in direzione del soffitto e, con uno strano sorriso sul volto, riprese nuovamente il discorso che aveva appena interrotto’

_ ‘Figliolo, ti invito a prenderti cura di una chiesa che io stesso, quando fui nominato parroco a Rennes, provvidi a ristrutturare con queste mie mani. Ma fai attenzione a leggere opportunamente tutti i segni in essa contenuti’

Le cinque statue dei santi disposte in senso antiorario: Germana, Rocco, Antonio Abate, Antonio l’Eremita, Luca’ i loro nomi’ le iniziali’ Ho scelto e disposto ogni cosa secondo un preciso disegno’

E poi, sull’ingresso, il demone Asmodeus di guardia che regge l’acquasantiera, ed i quattro Angeli più sopra, ciascuno intento ad eseguire uno dei quattro gesti che costituiscono il segno della Croce’

E medita, poi, su quella scritta, Rivière: ‘Par ce signe tu le vaincras’ – ‘Con questo segno lo vincerai’ -, mentre la statua di nostro Signore Gesù Cristo osserva il tutto dall’alto’

Il vecchio fece una breve pausa, come per dar tempo al suo ascoltatore di ‘digerire’ quelle parole. Poi riprese il suo farneticante discorso, con un sorriso amaro sulle labbra ed una luce ancor più strana negli occhi’

_ ‘Asmodeus e Gesù Cristo’ Vedi, quei due nella chiesa non fanno altro che giocare un’eterna partita senza fine, una partita a scacchi sulla scacchiera del pavimento a riquadri bianchi e neri’

Tutto è stato scritto, Rivière, nulla ho lasciato al caso”

Il parroco di Esperaza ascoltava perplesso le parole del moribondo.

Lo aveva da sempre incuriosito quella bizzarra disposizione di figure ed iscrizioni all’interno della chiesa, e non poco lo aveva inquietato il conseguente, palese rovesciamento dell’iconografia classica, rappresentato, ad esempio, proprio da quella statua del demone Asmodeus reggente l’acquasantiera e scolpito nell’atto di rialzarsi piuttosto che in quello, certamente più consono in quel luogo, di essere schiacciato! Rivière, tuttavia, non aveva mai osato chiedere il perché di tutto ciò’

D’altra parte, alle orecchie del curato di Esperaza era pure giunta voce di quegli strani lavori condotti di notte, tra il 1891 ed il 1897, dal parroco all’interno del cimitero del villaggio, delle molte lapidi da lui spostate o divelte, ma, soprattutto, di quegli strani scavi effettuati da Saunière nella tomba della marchesa di Blanchefort e dell’inusuale ed improvviso tenore di vita condotto dal parroco negli anni a venire. Sulle discutibili abitudini di Saunière, gli abitanti di Rennes non avevano dubbi: in quegli anni il loro parroco aveva stretto un patto col maligno e si era arricchito scoprendo un qualche tesoro meraviglioso!

Jean Rivière non aveva mai dato troppo peso a quelle voci, considerandole nient’altro che dicerie di villani. Tuttavia, sapeva che nel 1911 il Vaticano aveva rimosso ‘a divinis’ Saunière dal suo incarico per questioni non mai completamente chiarite, e che l’allora nunzio pontificio Roncalli ‘ colui che, più tardi, sarebbe divenuto Papa col nome di Giovanni XXIII -, giunto di persona a Rennes proprio in quegli anni, per discutere in privato col curato, era poi rientrato a Roma ‘profondamente scosso”

Ad un certo punto, Saunière diventò serissimo, si alzò a mezzo letto e cercò con lo sguardo gli occhi terrorizzati del giovane Rivière’

_ ‘Dimmi, figliolo, quanto è grande e incrollabile la tua fede in Cristo? E poi, hai mai sentito parlare di mappe misteriose che, se opportunamente decifrate, conducono alla scoperta di tesori meravigliosi ma anche ‘ad un eterno tormento senza fine?

Il giovane curato di Esperaza rimase per il resto della notte al capezzale del morente Saunière, il quale, più che un racconto, gli fornì alla fine un’autentica confessione.

Alle prime luci dell’alba, il cuore dell’anziano parroco smise di battere per sempre, ma pare che Saunière, in quegli ultimi minuti, non ebbe a ricevere l’assoluzione dal suo giovane confessore.

D’altra parte, quando uscì dalla stanza, dopo più di tre ore di attento ascoltare, Jean Rivière aveva il viso bianco come la cera.

Non lo inquietava ciò che aveva appreso per bocca del parroco nel corso di quella notte, ma piuttosto l’aver intuito, per la prima volta, il vero significato delle parole che lo stesso Saunière aveva voluto fossero iscritte, dopo la ristrutturazione, sulla pietra angolare dell’arco della porta d’ingresso della sua piccola chiesa: ‘Terribilis est locus iste’ ‘ ‘Questo è un luogo terrificante’.

(‘) All’origine della cattedrale vi è il luogo, che è un dono della terra.

Poi vennero tre uomini. Il primo è l’ispirato da Dio. Egli proferisce la dedica

che in lingua sacra, cabalistica, è come il riflesso del Verbo in questo luogo.

Il secondo è un saggio.Egli risolve in Numeri, che sono dei rapporti, le lettere

e le parole della consacrazione. Egli dà il Numero di questo luogo

che è il rapporto tra il luogo e il mondo, e che è la misura.

Il terzo è il maestro di bottega. Per mezzo suo i Numeri diventano rette e curve di

materia, figure e proporzioni di pietra; pesi e slanci di ogive.

Ai saggi: il Verbo; ai sapienti: il Numero; agli operai, l’Armonia risolta in materia.

Per chi è dotto rimane l’analisi; l’ipotesi, il gioco di spirito’ Le domande.

Senza dubbio non si può più interpellare il maestro di bottega, ma egli ha lasciato

le risposte inscritte nell’armonia delle pietre. Basta fare le giuste domande,

la cathédrale répond.

da Louis Charpentier, Les mystères de la cathédrale de Chartres

‘Una candela accesa nella Sedes Sapientiae’

Cattedrale di Notre Dame de Chartres, Eure et-Loire (Francia), pomeriggio del 14 di ottobre dell’anno del Signore 2002

Cera e incenso: Chartres.

Piegato in avanti per il peso dei tanti anni che di sicuro porta sopra le sue spalle, un vecchio ha appena acceso una piccola candela all’interno della maestosa cattedrale, forse in segno di ringraziamento per una grazia ricevuta.

Ha appena abbandonato l’inginocchiatoio alla mia sinistra, dal quale contemplava assorto la statua della Vergine nera detta di Notre Dame du Pilier, per occuparsi esclusivamente della candela, e non sa quale fiume di ricordi abbia liberato nella mia mente con quel suo candido gesto.

”Avanti, facciamo un gioco”

Risento improvvisamente la tua voce, le tue parole, rivedo i tuoi occhi simili a due piccoli pezzi di cielo mentre, immobili e luccicanti, quella notte mi fissavano nella luce soffusa della stanza.

”Il gioco di cui mi avevi parlato, avanti. Sono pronta per questo gioco, lo sento”

‘Che strano!’- penso, che quelle immagini e quelle parole ripassino nella mia mente proprio adesso, mentre mi trovo in preghiera all’interno di questo luogo sacro. Ma forse è normale. Credo sia stato un insieme di circostanze – la visione della fiamma della candela, l’aroma vagamente dolciastro della cera fusa mescolato a quello forte e pungente dell’incenso, l’atmosfera ‘gotica’ di questa superba cattedrale – a riportarmi d’un tratto con la mente, e col corpo, a quel gioco malizioso iniziato insieme a te quella notte’ – un gioco non ancora finito, è vero, lasciato incompleto di comune accordo perché io potessi intraprendere il mio ‘cammino di conoscenza’ all’interno di questa ‘Sedes Sapientiae.

Cosa saremmo, del resto, senza un ‘cammino di conoscenza’?

Ed eccomi, dunque, all’interno della più bella cattedrale gotica mai costruita.

La passione per l’archeologia, per gli enigmi irrisolti della storia, il desiderio di trovare una ‘risposta’ mi hanno condotto ad indagare le iscrizioni, le raffigurazioni, in una sola parola i ‘segni’ ancora tutti da decifrare di questo capolavoro medievale che rappresenta l’unico reale motivo di orgoglio per una cittadina francese altrimenti quasi sconosciuta.

Pietra e vetro: Chartres.

Adesso il vecchio ha raggiunto l’ingresso occidentale di Notre dame de Chartres, il cosiddetto ‘Portale dei Re’, lo stesso dal quale, il 25 febbraio del 1594, Enrico IV ‘il Grande’ entrò calvinista nella cattedrale e, incoronato re di Francia sull’altare maggiore dal vescovo Nicolas de Thou, ne uscì cattolico per raggiungere in trionfo Parigi.

Si ferma un istante, abbozza con le mani tremolanti un frammentario segno della croce, accenna ad un improbabile inchino e poi esce. All’improvviso, mi viene voglia di rincorrerlo, di fermarlo, di parlargli ed esprimergli tutta la mia più sincera gratitudine, perché proprio quella candela, che lui poco prima ha acceso non lontano da me, e che subito ha cominciato a brillare nell’aria assai carica di molecole d’incenso, mi ha ridato per un attimo la vita. Ma non rincorro nessuno, tanto il vecchio non capirebbe, e non soltanto a causa del mio pessimo francese’

Rimango, invece, in silenzio ad ammirare ogni piccolo particolare di questo immenso ‘libro di pietra’: ho la sensazione che sia proprio questo il luogo migliore per ritornare al ricordo di te e di quella nostra notte di passione.

Mi sposto, allora, a piccoli passi all’interno della cattedrale, mi lascio cullare dall’odore della cera fusa e dell’incenso, voglio che mi stordisca l’accecante bellezza del rosso scarlatto e del blu intenso di tutte le 176 vetrate che rendono unico al mondo il claristorio’ Infine, torno a fissare come rapito la fiamma che consuma lentamente quella candela, fino a che la sua immagine non comincia a sfocare ed un bruciore intenso non s’impossessa dei miei occhi’

Un battito di palpebre: il buio per un istante e poi di nuovo la luce. Non più quella della candela, ma quella dei tuoi occhi, di te che all’improvviso rivedo dinanzi a me mentre mi fissi all’interno di quella stanza. Di te che mi porgi un piccolo ‘cofanetto’ con la stessa devozione di chi tenga tra le mani qualcosa di unico e prezioso’ – così prezioso come può esserlo soltanto, per un archeologo, il ‘Sacro Graal.

“Aroma di Sandalo e …Inchiostro”

Sicilia, in un luogo non lontano dal mare’

Sera del 14 di ottobre dell’anno del Signore 2002

è sera.

Fuori la pioggia non ha ancora smesso di cadere copiosa e di tempestare con insistenza i vetri freddi della finestra.

Potrei mettermi a letto, ma i pensieri non mi darebbero pace e non riuscirei a prendere sonno. Voglio scrivere. Voglio fissare su carta i miei ricordi, così da intrappolare le sensazioni di quella notte e svuotare per sempre la mia mente.

Abbasso le luci della stanza, accendo una candela e avvicino alla sua fiamma un bastoncino all’essenza di legno di sandalo’ Subito l’odore mi raggiunge e mi stordisce’

Ho quasi paura di cominciare a scrivere. Temo che, d’un tratto, il foglio possa rigettare le mie parole. Poi chiudo gli occhi ed inspiro profondamente, li riapro e mi accorgo che la mia mano già fa scorrere con sicurezza la stilografica sopra la superficie ruvida della pagina lanosa’

‘Avanti, giochiamo”

Le parole mi escono dalle labbra morbide e sensuali, leggere come una preghiera. Voglio giocare con te, con i tuoi pensieri, le tue sensazioni’ Sono pronta ora.

Indietreggio solo di un passo ed in silenzio ti mostro di nuovo il mio invito.

‘Avanti, vieni…’

Il calore del fuoco e i profumi degli incensi vibrano insieme ai miei respiri.

Tutto è ovattato e avvolto nella penombra, solo la luce del camino e quella di piccoli ceri bianchi e accesi sul pavimento rischiara e ammorbidisce sensualmente ogni contorno.

Il tempo è rimasto fuori.

Scivolo con piedi nudi sulle vecchie travi del pavimento e non smetto di guardarti.

I tuoi occhi hanno già ritrovato la loro naturale sicurezza.

Il fruscio del pigiama di seta accompagna morbidamente ogni mio passo e attutisce lo scricchiolio del pavimento che ogni mio movimento produce. Adoro questa vecchia casa.

Mi piace pensarla custode di sconosciuti segreti. Adoro il suo odore, i suoi soffitti, le sue finestre, i suoi pavimenti, le sue porte cigolanti.

è qui che giocheremo. Davanti al fuoco.

Questo è il posto che ho scelto.

Sento sotto i piedi il calore morbido del tappeto e fermo i miei passi.

Stringo il cofanetto tra le dita e piano m’inginocchio lasciandomi sedere sui talloni.

Osservo attentamente le venature scure del legno e lentamente lo inclino.

Cerco con gli occhi la tua complicità e lascio che il suo contenuto scivoli morbidamente sopra il tappeto. Uno sguardo malizioso, un gesto morbido e t’invito a farti più vicino.

Ora tutto è davvero pronto e il nostro gioco può finalmente iniziare’

‘Castelli di carte’

All’interno della Cattedrale’

La passione per i misteri insoluti mi ha portato fin qui. Ma forse sei solamente tu l’unico grande ed insoluto mistero della mia vita.

Dicono che ci sia un punto all’interno di questa cattedrale gotica, come del resto all’interno di ogni cattedrale gotica, spostando il quale la struttura crolla, afflosciandosi su se stessa esattamente come un enorme ‘castello di carte”

Per la prima volta, a distanza di centinaia di chilometri da te e dal tuo calore, capisco che qualche cosa, dentro di me, comincia a somigliare sempre di più a questa splendida cattedrale, e che tu sei la sola che sia riuscita a scoprire quel punto perfetto e misterioso, in fondo alla mia anima, da cui ogni energia si diparte al mio interno e colpendo il quale crollerei anche peggio di qualunque altro castello di carte!

I tuoi occhi, il tuo odore, i tuoi silenzi mi tengono ormai legato a te. Perché tu sai essere melliflua e simile alla roccia, innocente e peccaminosa, dolce e tagliente nello stesso tempo.

Di nuovo mi travolge il ricordo di quella notte’

C’eravamo dati appuntamento al solito posto, nella solita casa su quel promontorio a strapiombo sul mare. Ma tu sei arrivata prima, per preparare perfettamente ogni cosa. Sono entrato, nessuna luce, solo quella delle candele e del fuoco ardente del camino, che avevi acceso per me, per noi, all’interno della stanza. E mentre sentivo crescere follemente dentro di me la voglia di averti e di possederti, all’improvviso mi sei comparsa avvolta nella seta e ti sei inginocchiata ai miei piedi.

Ti ho guardata semplicemente negli occhi, quasi disorientato a causa della tua bellezza selvatica. Ma subito ho ripreso il controllo della situazione. Mi sono inginocchiato anch’io insieme a te, in terra davanti al camino su quel tappeto, ed ho guardato attentamente il ‘tesoro’ che hai liberato sulla morbida trama persiana non appena hai aperto, maliziosa, quel tuo scrigno prezioso.

Cinque piccoli bussolotti d’argento invecchiato ‘ simili a quegli inquietanti bussolotti all’interno dei quali, un tempo, sovrani e regine conservavano temibilissimi veleni -, sono scivolati verso di me sul tappeto e si sono fermati proprio in prossimità delle mie ginocchia.

In quel momento, sono rimasto senza parole, sorpreso dalla tua audacia senza limite. E ti avrei preso anche subito, selvaggiamente davanti al camino, se non fosse stato per la curiosità che anch’io avevo di portare a termine con te quel gioco.

Così ho raccolto ciascun bussolotto, lentamente, e l’ho riposto all’interno della scatola. Ero sicuro quale fosse il contenuto di ciascuno di essi’

Mi sono alzato, ho preso tra le mani la fascia di raso nero, che fino a poco prima sigillava con un nodo la piccola scatola, e mi sono spostato alle tue spalle.

‘Vedrai, questo gioco sarà bellissimo”

E mentre portavo le mie mani sul tuo volto, all’altezza degli occhi per bendarti, ricordo adesso d’aver sfiorato con le mie dita le tue labbra, e d’averle desiderate ardentemente’

‘Mi raccomando’ cerca di pescare il bussolotto ‘giusto”’ ‘ ed in quello stesso istante, un sorriso curioso si disegnava sul mio volto, sapendoti tutt’altro che passiva e facilmente irritabile da ogni forma di ‘raccomandazione’.

Sono tornato davanti a te, un’altra volta in ginocchio. Ho atteso un istante che ti abituassi al nero della benda’ Poi ho guidato con dolcezza e decisione le tue mani, tremanti per l’emozione, all’interno della scatola, perché tu scegliessi.

E tu hai scelto – come se lo vedessi, come se già sapessi ‘ quello tra i bussolotti da me più desiderato, il bussolotto contenente la minuscola strisciolina di pergamena con sopra scritto: ‘gusto’.

Per un attimo, ho creduto di toccare il cielo con un dito. Ma ciò che è accaduto dopo, è stato anche meglio di quello che credevo.

Mai avrei potuto immaginare con quale passione mi avresti ‘sorpreso!

‘Miele e saliva’

‘diario

Rigiro il bussolotto fra le dita e lo lascio cadere insieme alla piccola pergamena stropicciata. è il mio turno. Guardo le tue labbra e sorrido.

‘Avanti, vieni’ Lasciati conquistare’

Ti prendo per mano e ti accompagno facendoti sprofondare nell’immensa poltrona accanto al letto.

‘Sei comodo?’

Sono chinata su di te, le nostre labbra vicinissime quasi si toccano, ma lascio che ora sia soltanto il mio alito caldo a sfiorarti.

Un piccolo vassoio d’argento, pochi oggetti. Lo appoggio sul tavolino. In ginocchio davanti a te sorrido, sorrido ai tuoi pensieri, alla tua curiosità, alla tua attesa.

‘Avanti, iniziamo…’

Mi allungo cercando le tue labbra, voglio che il mio sia il primo sapore a scivolare nella tua bocca.

Ti bacio, giocando col mio labbro inferiore. Morbido, carnoso te lo offro, lo offro alle tue labbra e lentamente mi accomodo cavalcioni sopra di te.

‘Assaggiami avanti ”

Ecco la tua lingua, ora sarà lei a catturare il mio sapore.

Falla scivolare lungo le mie labbra, in bocca. Accarezza il mio palato, ruba il mio gusto, mangia il mio respiro. La seta sul mio corpo si scalda.

Mi stacco da te, ma porto con me la tua lingua. Ho un regalo per lei. Avanti dammela’

La succhio lentamente fino alla punta e lentamente faccio cadere la mia saliva. Ecco il mio sapore. Per te. Intimo, morbido, caldo’ Mangialo’ Chiudi gli occhi e assaporalo, cattura i miei pensieri.

Ti bacio di nuovo e sento le tue mani stringersi ai mie fianchi. Le allontano, non devi toccarmi. Afferro la piccola porcellana bianca dal vassoio, levo il coperchio e la rigiro facendola roteare tra le dita.

Un solo chicco liscio, perfetto, rotondo. Te lo offro. Ecco il mio secondo regalo.

Lo avvicino alla tua bocca, leggero, duro, profumato. Lo prendi tra i denti e affondi.

Un solo morso e arrivi alla polpa. Le mie labbra ti baciano, morbide, dense, succose, mentre tengo ancora fra le mani l’altra metà. Mi spetta.

La guardo golosa e maliziosa la ingoio, la faccio scivolare con la lingua sul palato e mordendola mi avvicino alle tue labbra, abbandonandomi al suo sapore. Sublime.

Seguo il tuo respiro muovendo appena il bacino e sento, sfiorandoti, la tua eccitazione. Ti piace.

è il momento del mio terzo regalo, piccolo calice prezioso.

Lo inclino appena e una piccola goccia leggera cade sulla tua lingua. Dolcissima.

Scivola sul tuo palato mentre le mie dita cercano il tuo sesso. Scendo morbidamente dalle tue ginocchia e prendo il tuo sesso fra le dita. Duro, caldo, eccitato.

Una sola carezza, lenta e stringo su di lui la mia mano, poi piano verso il piccolo calice, lasciando che sia il suo dolce contenuto a ricoprire la tua carne.

Mi avvicino lentamente e lentamente faccio scivolare la lingua. Lentamente e morbidamente risalgo.

Sento il miele scivolarmi fra le dita e fermo allora la sua corsa sulle mie labbra.

Mi piace la sua dolcezza e mi piace il tuo calore.

Gioco con te e con la tua eccitazione. Gioco con la tua punta, con i tuoi brividi, il tuo piacere.

Vedo le tue dita stringersi ai braccioli della poltrona e non smetto di mangiarti. Affondo le labbra e le lascio scivolare, lentamente, poi più veloce e di nuovo piano. Ti mangio golosamente, voracemente, le labbra addolcite dal miele.

Guardo il tuo viso e lo vedo ammorbidirsi e contrarsi unitamente al respiro. Ti guardo sorniona e gioco con la lingua. L’asta ancora e il glande di nuovo. Ti piace e a me piace il tuo gusto.

Affondo le labbra, le stringo, ti accarezzo e succhio come una bambina golosa. Sento la tua carne, il tuo calore e il dolcissimo sapore del miele. Lo sento sulla tua pelle, sulle mie labbra, per tutta la bocca.

Affondi con più forza le dita nella stoffa e lasci che il tuo corpo si tenda. Le mie labbra scivolano, carezza su carezza mentre tu ti prepari impaziente al tuo regalo. Niente andrà sprecato. Ed ecco, allora, il tuo sapore di getto scivolarmi in bocca e piano lungo la gola.

Lo sento caldo, amaro, forte, accarezzato appena dal miele. Mi sollevo verso di te, le labbra ancora umide e ti bacio. Un bacio appassionato, avido, affamato.

Non ti ritrai e prendi la mia bocca, le mie labbra, la mia lingua. Non ti ritrai e per un attimo catturi le tracce leggere del tuo stesso piacere’ Era questo l’ultimo dono che riservavo per te, l’ultimo regalo a sublimare il tuo gusto’

‘Sensazioni’

All’interno della Cattedrale’

Non riesco a distrarmi, neppure per un attimo.

Ormai il pensiero di te mi ha raggiunto all’interno di questo luogo sacro e non mi abbandona’

Ricordo il primo orgasmo che mi regalasti quella notte, quando il gioco era appena all’inizio e né io, né tu potevamo immaginare fin dove ci saremmo spinti.

Io immobile sulla poltrona’ tu che mi ‘nutrivi’ col calore del tuo corpo e della tua bocca. Una goccia della tua saliva, caldissima, una carezza della tua lingua ed hai innescato irrefrenabile in me la passione! Ricordo ancora perfettamente quanto ho desiderato prenderti in quell’istante, stringendoti con forza sopra al mio corpo! Ma non potevo, non in quel momento’

Poi ho sentito le tue mani sopra il mio sesso’ e dopo ancora la tua bocca, ed il miele ed il tuo alito ed il calore del tuo respiro mentre mi assaporavi e mi succhiavi senza esitazione. Ho sollevato appena il bacino per perdermi dentro di te, per unirmi a te con tutto me stesso, per confondere il mio odore al tuo, per avvinghiarti a me con le mie gambe ed offrirti, infine, quel miele dall’aroma vagamente speziato che bolle dentro di me tutte le volte che mi sei vicina.

Poi siamo rimasti immobili, senza dire una parola, abbracciati e confortati dal calore del camino. Ricordo che il mare, fuori, s’infrangeva prepotentemente sugli scogli ed il suo rumore accompagnava costantemente i nostri respiri. Ti ho accarezzata a lungo, ti ho osservata, ho tenuto tra le mie mani il tuo viso ed in silenzio ho giocato con i tuoi capelli scuri tagliati corti.

Quanto tempo siamo restati così?

Non riesco a quantificarlo, so che ci siamo abbracciati a lungo nel cuore della notte e non avevamo orologi’ Penso sia passato esattamente il tempo che occorreva per sentire ricrescere ancora una volta in noi il desiderio.

è stato allora che ho allungato una mano verso la fascia di seta nera e, porgendotela, ho rotto il silenzio: ‘Avanti. Adesso tocca a me ‘pescare’!’

Il tuo sguardo impaziente sopra la scatola con i quattro bussolotti è stata la tua unica risposta.

‘Sensazioni’

‘diario

Il cuore ha ritrovato il suo ritmo naturale. Seduta di nuovo su di te, mi godo il calore del tuo corpo e quello delle fiamme del camino che continuano a bruciare e riscaldare la stanza.

Adoro ascoltare il rumore del mare che giunge attutito attraverso le finestre, adoro immaginarne l’odore e pensare che lì fuori sia notte fonda.

Adoro questa sensazione di morbido torpore che si è impadronita mollemente del mio corpo e mi sento appagata, appagata del solo piacere che io stessa ti ho regalato.

è la tua voce a riportarmi nella stanza ed è la benda nera che le tue mani mi porgono a condurmi nuovamente nel gioco. Tocca a te scegliere, ora.

Affondo i piedi sul tappeto e giro alle tue spalle facendoti scivolare la benda sul volto e stringendola accuratamente sui tuoi occhi. è la regola del gioco.

Non resisto e accarezzo delicatamente le tue palpebre attraverso la stoffa, poi afferro la scatola e l’avvicino. è da qui che sceglierai.

Per un momento, ne segui incerto il contorno, poi deciso affondi.

Ti rubo il bussolotto dalle mani e lentamente srotolo la pergamena, sciolgo il nodo liberando i tuoi occhi e piano sussurro alle tue orecchie: ‘Avanti, toccami”

Ed il gioco ricomincia’

‘Magia di un labirinto’

All’interno della Cattedrale’

Un sacro carnevale di simboli magici, esoterici, alchemici. Questo e molto altro ancora è Notre Dame de Chartres!

Pare che sia proprio questo uno dei luoghi ove, con maggiore probabilità, si troverebbe la chiave per dipanare l’enigma del Sacro Graal’

Mi incuriosisce quel ‘Portale dei Re’, rivolto ad occidente e ricco di raffigurazioni ed iscrizioni incise nei tre ingressi di cui si compone, col ‘Giudice del Mondo’ che troneggia assiso nella lunetta mediana dell’ingresso principale ed i piedritti di sinistra e di destra che, ancor oggi, a distanza di molti secoli continuano a celare chissà quali messaggi indecifrabili; rimango stupito dalla bellezza delle colonne, alternativamente costituite da un corpo tondo sulla cui circonferenza sono distribuite piccole colonne di forma ottagonale, ovvero da un corpo ottagonale circondato, al contrario, da piccole colonne tondeggianti, ma in modo che, in entrambi i casi, le colonne più piccole stiano a quelle più grandi in proporzioni analoghe a quelle in cui stanno, rispetto al cerchio più grande che la delimita, i piccoli cerchi che caratterizzano l’antica croce celtica.

Mi ammaliano, all’interno della costruzione, questi giochi di luce e di ombre, incredibile opera del sole che, come ‘guidato’ da una forza arcana, filtra attraverso i quasi 3000 metri quadrati di superficie complessiva delle vetrate, dà ‘fuoco’ al claristorio, taglia superbo arcate, volte, colonne e matronei e veste infine di sacro splendore la navata centrale, l’abside col coro ed il doppio e solenne deambulatorio.

Mi inquieta, poi, questa cripta di San Fulberto, dalla forma di ferro di cavallo, che proprio il sapiente vescovo Fulberto, all’inizio del dodicesimo secolo, inserì nella costruzione della sua cattedrale romanica, antecedente a Notre dame de Chartres ed edificata, a sua volta, sulle rovine di una più antica costruzione carolingia. E attira la mia attenzione, ancora, questa cappella di S. Piat, che custodisce ciò che per i fedeli è senz’ombra di dubbio la vera Chemise de la Vierge, quel ‘Sacro Velo di Maria’ donato dall’imperatore Carlo ‘il Calvo’ alla prima cattedrale carolingia nell’A.D. 876, e che, nel 1194, scampò all’incendio della cattedrale romanica facendo gridare, così, al miracolo!

Ma, soprattutto, mi emoziona fortemente questo splendido altare, con la statua della Vergine Santa che, sorretta dagli angeli, tende capo e braccia in alto verso il cielo e, tuttavia, pare voglia comunicarmi qualcosa’

‘Monsieur, excuse-moi’ Sta iniziando la scopertura del labirinto”

La voce di una gentile guida mi riporta velocemente alla realtà.

Il labirinto, certo, forse la più grande attrazione di questa cattedrale, un’enigmatica disposizione di pietre scure che spiccano incastonate sulla pavimentazione, ma anche un supremo simbolo d’iniziazione le cui spire, fitte e tortuose, sono la nemesi del cammino purificatore dei fedeli verso Gerusalemme.

La guida spiega ai presenti che oggi siamo fortunati: il labirinto, di solito, viene liberato dai drappi che lo proteggono solo nel giorno del solstizio d’estate. Ma questa volta, per accontentare un ospite ‘particolare’, verrà fatta un’eccezione.

Mi chiedo, allora, chi possa essere tra i presenti questo ospite eccezionale, mi guardo in giro, cerco di capire. D’un tratto, vedo avvicinarsi all’area del labirinto quel vecchio che poco prima ha acceso la candela. Sorregge per le braccia una giovinetta, la accompagna proprio in corrispondenza dell’inizio delle prime spire e, scalzi entrambi, cominciano a seguirne le evoluzioni col volto inondato dalla gioia’

Poco distante, la guida invita i presenti a riflettere sull’unicità delle vetrate, dono delle corporazioni della città negli anni tra il 1210 ed il 1240. Sottolinea come abbiano superato indenni i vari incendi, le numerose guerre di religione e la ‘Rivoluzione’, ed aggiunge ancora che, probabilmente, non si sarebbero conservate perfette così come appaiono se, durante il secondo conflitto mondiale, non fossero state smontate e successivamente rimontate dai francesi una per una.

Poi, d’un tratto, la guida punta l’indice della sua mano destra in direzione della navata laterale ovest del transetto sud della cattedrale: vuole richiamare l’attenzione dell’uditorio su di un punto preciso di una delle 176 vetrate, esattamente la prima, quella cosiddetta di S. Apollinaire. Spiega che, proprio da quel punto – nient’altro che una minuscola areola non a caso lasciata priva di pittura – il 21 giugno di ogni anno, tra le 12,45 e le 13,00 dell’ora solare, un raggio di luce filtra e raggiunge un’unica pietra sul pavimento più chiara delle altre, fissata ad un pezzo di metallo interrato. In origine, il fenomeno si verificava a mezzogiorno in punto, oggi invece con circa un’ora di ritardo a causa del moto di precessione terrestre.

I presenti osservano incuriositi, fissano con gli occhi sui binocoli quel punto minuscolo al centro della vetrata di S. Apollinaire, ma questa volta da quel punto non filtrerà alcun raggio di luce, nessuna emozione giungerà loro ‘dal cielo’. In compenso, una forte emozione giunge loro proprio ‘dalla terra’, dall’area del labirinto ove ancora si trovano il vecchio e la giovinetta.

Il vecchio, infatti, ha appena aperto una piccola boccetta argentata contenente uno strano unguento, e con quello ha cominciato ad ungere la fronte, le braccia e i piedi della giovinetta’

Rimango attonito ad osservare la scena.

‘è davvero strano’, penso, ‘che anche questa volta si tratti di una semplice coincidenza”

Ancora una volta, con un umile gesto quel vecchio ha riportato alla mia mente l’immagine di te e di quella notte’

‘Tatto’, questo il senso che io, bendato, ho pescato dopo di te quella notte.

Ripenso, quindi, a quel momento del gioco in cui le mie mani, le mie membra non hanno smesso un istante di muoversi lentamente sopra il tuo corpo’

Ricordo che all’inizio ti ho osservata per un istante negli occhi, quasi cercassi conferme del tuo desiderarmi. Quindi ho avvicinato la mia bocca alle tue labbra e sono rimasto per un attimo in silenzio, giusto il tempo di fondermi a te con il mio respiro. è stato allora che ho poggiato il palmo della mia mano destra sulla tua guancia e con le labbra ho iniziato a risalire lentamente il tuo collo, sul quale la mia lingua disegnava veloce dei piccoli e umidi sentieri lucidi.

Una carezza dei miei denti, prima sul tuo collo, poi sul lobo del tuo piccolo orecchio’ Un morso reso umido dalla saliva e ti ho sussurrato di aspettare: ‘Aspettami! Un attimo, soltanto un attimo!’

Mi sono spostato per un solo istante nella stanza accanto, attento a non far rumore, a non accendere altre luci che di sicuro avrebbero rovinato quella magica atmosfera. Quando sono rientrato, tu eri ancora davanti al camino, accovacciata sul tappeto in mia impaziente attesa’

_ ‘Cos’è? Voglio sapere cosa contiene questo piccola anfora d’argento”

_ ‘Ssssttt! Questo è il mio piccolo segreto’ per rendere più dolci le mie carezze”

_ ‘Dai! Non fare il misterioso’ Sai una cosa? Sembri uno dei tre magi che portavano i doni’ Oro, Incenso o Mirra’?’

‘Mandorle’, ti ho sussurrato inginocchiandomi alle tue spalle. ‘Ma non è ancora giunto il momento di ricevere il mio dono” – ho aggiunto, baciandoti sul collo.

‘Sindrome di Stendhal’

All’interno della Cattedrale’

La cattedrale non esiste più.

All’improvviso avverto un intenso profumo di mandorle e ti risento tra le mie braccia!

Mi avvicino e con la benda copro ancora una volta l’azzurro cielo dei tuoi occhi. Un unico nodo, deciso, ma realizzato con grande amore. Quindi mi siedo sul tappeto e divarico leggermente le gambe per accoglierti davanti a me ‘ tu seduta al modo dei pellerossa e le tue spalle quasi a contatto con il mio torace.

Le mie mani si spostano inizialmente sopra i tuoi piccoli piedi nudi. Li tengo stretti per un po’ tra le mie dita, così che tu possa assorbire fino in fondo l’energia che ti trasmetto. La cosa ti sorprende, e mi rispondi con un lieve sussulto del tuo corpo.

Poi, però, comincio a risalire lentamente lungo le tue gambe, massaggiandoti la pelle attraverso la superficie serica del tuo pigiama, ed allora sento la tua tensione allentarsi e mi pare che il tuo cuore cominci a battere sincronizzato al mio.

Ti accarezzo senza fretta, seguendo le pieghe naturali che la seta del tuo pigiama disegna sul tuo corpo. Ti invito ad allungare in avanti le gambe ed indugio qualche istante sulle tue ginocchia, le stringo tra le mie mani, le mie dita giocano con la piccola rotula che ora è un po’ più in fuori in virtù della tua nuova posizione. Poi risalgo seguendo la parte inferiore delle tue cosce, raggiungo il tuo bacino, stringo lentamente le mie mani sulla tua vita e mi soffermo ad accarezzare la regione lombare. Appena qualche attimo e continuo la risalita lungo le tue spalle seguendo la linea sottilissima della spina dorsale.

Raggiungo la tua nuca, scosto i tuoi capelli, faccio attenzione a non slacciare la benda e subito riporto le mie mani alla base dei tuoi fianchi, il punto dal quale avevo cominciato. Questa volta, però, sposto le mie mani sul tuo ventre e le insinuo al di sotto della casacca del pigiama.

Soffri il solletico, lo so. Porti d’un tratto le tue mani sulle mie per bloccarmi, perché ti scuote profondamente i nervi il sentirtele addosso inattese. Ma in quello stesso istante ti fermi, conosci bene le regole del gioco’

Riprendo a far risalire, così, le mie mani lentamente lungo i tuoi fianchi, tenendole però ora direttamente a contatto con il tuo corpo. Raggiungo le tue ascelle, riconosco al tatto la presenza della tua corta e vellutata peluria ed il pensiero corre velocemente al tuo ‘sesso!, ma so bene che non è ancora il momento. Sposto, quindi, leggermente in avanti le mie mani e raccolgo nel loro palmo il seno tuo bianchissimo.

Rimango, così, dietro di te non so per quanto tempo, con le labbra poggiate contemporaneamente sul tuo collo. Quindi, d’un tratto, mi sposto davanti a te e ti spoglio.

Ti tolgo la sola casacca del pigiama, lentamente, col fuoco del camino che comincia a riflettersi meravigliosamente sulla tua pelle bianca.

La benda copre sempre i tuoi occhi: non puoi vedermi. Puoi solo avvertire la mia presenza davanti a te e non sai su quale punto del tuo corpo si sposteranno le mie mani. Ma, soprattutto, non puoi immaginare in che modo ho intenzione di ‘toccarti’.

Ad un certo punto, però, avverti fortissimo un inconfondibile aroma di mandorle.

_ ‘Cos’è questo profumo, da dove proviene?’

_ ‘è il profumo della mia passione per te. Adesso sì che sei pronta per ricevere il mio dono’.

Due cuscini di raso rosso sono già sul tappeto, così come due lunghe strisce di seta verde. La poltrona è invece alle tue spalle.

Ti adagio sui cuscini per la schiena e, con le strisce di seta, lego i tuoi polsi ai piedi della poltrona, facendo però attenzione a non stringere troppo. Quindi, reggendomi sulle ginocchia, mi sistemo a cavalcioni sulle tue gambe e ti osservo.

La tua selvatica bellezza è rischiarata adesso unicamente dai riflessi delle fiamme.

A questo punto, sollevo la piccola anfora d’argento, ancora molto calda per l’esposizione alle vicine fiamme del camino, e la tengo sospesa a pochi centimetri dal tuo torace, in corrispondenza della linea che separa le due rotondità del tuo seno.

Una frazione di secondo’ infinite molecole che si disperdono nell’aria riempiendola di un dolce-amaro profumo di mandorle’ un filo sottilissimo che viene risucchiato dalla gravità e la prima goccia d’olio, finalmente, che calda si deposita sulla tua pelle.

_ ‘Ecco il mio dono. Adesso potrò toccarti con la stessa sacralità riservata ad una dea splendente’.

Sposto con delicatezza l’anfora su ciascuno dei tuo capezzoli; osservo il filo sottile scivolare lungo la linea dello sterno fino a raggiungere il tuo piccolo ombellico; scorgo per un attimo un sorriso complice sulle tue labbra. Poi finalmente mi libero dell’ampolla e adagio le mie mani sopra il tuo corpo.

Le tengo ferme: voglio trasmetterti il mio calore e comunicarti il mio desiderio. Quindi, inizio a spalmare lentamente su di te l’olio di mandorle.

Comincio dall’ombellico e risalgo cercando il tuo seno.

Con movimenti lenti e circolari, faccio scivolare le mie mani verso l’alto e poi le riporto d’un tratto verso il basso. Salgo nuovamente verso il torace e questa volta accarezzo i tuoi capezzoli, li tengo stretti al limite della sopportazione tra le mie dita, li massaggio lentamente.

Stai cominciando ad ansimare, lo sento, e questo è per me il più grande dei piaceri. Ma siamo solo all’inizio di questa ‘manche’ del nostro gioco.

Sposto le mie mani lungo i tuoi fianchi fino a raggiungere i pantaloni del tuo pigiama. Mi soffermo sul bordo, aspetto, cerco di cogliere un tuo segnale. A quel punto, vedo i tuoi polsi muoversi e la seta verde tendersi a mezz’aria sollecitando la poltrona: vuoi che vada avanti, è il tuo segnale!

Allora mi sposto in ginocchio su di te a ‘marcia indietro’ e ti libero lentamente dei pantaloni del pigiama, fino a lasciarti, perfetta, con solo indosso questi slip blu porcellana di fine pizzo. Sei bellissima!

L’anfora d’argento è sempre nelle vicinanze. La prendo e verso il suo balsamico contenuto sopra i tuoi piedi, sulle tue gambe ed in prossimità dell’inguine, badando sempre, però, a non macchiare i tuoi slip di pizzo.

Ricomincio a toccarti, tocco i tuoi piedi, li accarezzo, ne massaggio la pianta e giocherello con le piccole dita. Mi soffermo soprattutto sul mignolo.

‘Deve essere vero’, penso, ‘che in una donna proprio il mignolo è direttamente collegato al clitoride’: me lo confermano i tuoi gemiti e i tuoi tremolii improvvisi!

Abbandono i piedi e comincio a risalire lungo le gambe. Le mie mani scivolano assistite dal dolce aroma dell’olio di mandorle. Guardo velocemente in direzione del tuo volto: tieni inarcata la nuca e la seta verde è sempre tesa nell’aria: sei eccitata, vuoi che vada avanti!

Le tue cosce sono adesso lucide e totalmente ricoperte d’olio. Spingo le mie mani al loro interno, per un istante ti agiti e qualche brivido ti coglie, poi, ti abitui al nuovo contatto. Ti osservo. Mancano solo le braccia, sempre tese verso la poltrona.

Mi alzo e rimango immobile. Silenzio.

Non sai dove sono e mi cerchi con la mente.

Mi sposto silenziosamente e mi inginocchio vicino alle tue braccia. Un sottile filo d’olio anche su quelle, la tua reazione di sorpresa, altri massaggi che finiscono di spalmare d’olio i tuoi arti superiori.

Quindi ritorno su di te a cavalcioni e faccio scivolare le mie mani sopra il tuo ventre in direzione del tuo sesso. Indugio con le dita sul bordo dell’elastico, osservo i tuoi denti serrarsi sulle labbra, sento il tuo bacino sollevarsi verso l’alto per rafforzare il contatto con le mie mani. Solo allora sfilo lentamente i tuoi slip e perdo il mio sguardo sulla tua splendida nudità.

Il tuo sesso è leggermente rasato ai bordi, ma una fitta e sottile peluria ricopre perfettamente la tua intimità.

La ‘battezzo’ versando altro olio di mandorle e sento che gemi per quel rinnovato piacere: la tua pelle è già schiusa’ – in alto, rosso, spicca gonfio il clitoride.

Riprendo a toccarti, ad accarezzarti lungo il ventre fino al seno; poi di nuovo sposto le mie mani verso il basso, fino al sesso’

La striscia di seta verde è lunga’

Ti rigiro per un attimo sul ventre e sistemo nuovamente sotto di te i cuscini. Non puoi vederle, eppure, le due strisce di seta verde tirano adesso in avanti le tue braccia e si incrociano, quasi fossero un’opera d’arte, proprio davanti ai tuoi occhi ciechi.

Subito ti rannicchi carponi e sollevi verso l’alto il tuo fondoschiena. Non perdo un solo istante: porto proprio in cima la piccola anfora e ne verso il contenuto sulla tua carne. In un attimo, l’olio si divide da entrambe le parti: corre veloce lungo la tua schiena verso la tua nuca, ma soprattutto si insinua meravigliosamente ‘nell’incavo tra i tuoi glutei.

Ti massaggio e ti accarezzo. Prima lentamente la schiena, giù fino al collo, poi torno indietro e scendo al di là delle tue curve, laddove l’olio, da poco, si è lentamente depositato. Le mie dita scivolano in quell’incavo caldo e misterioso e sfiorano appena il tuo prezioso orifizio, per un istante lo massaggiano, esercitano una deliziosa pressione e minacciosa: tu cominci ad ansimare’

Stringi leggermente i glutei e per un attimo ti sento sfuggire alla mia presa, ti distendi e tiri verso di te le due strisce di seta verde che ti legano alla poltrona. Ma sono stato più rapido e, malgrado tutto, non sei riuscita a liberarti della mia mano, che adesso tieni schiacciata sotto al pube contro i cuscini sui quali poggia il tuo ventre!

Le mie dita sono bloccate sotto al tuo peso, ma il pollice è rimasto fuori, ed ora continua ad accarezzarti lentamente. L’altra mia mano è sulla tua schiena, la massaggia, stringe delicatamente la tua nuca, giocherella con i tuoi capelli e poi ritorna indietro.

Con le dita della mano che tieni bloccata sotto di te, comincio a stuzzicarti il clitoride, brevi movimenti circolari alternati a leggere pressioni. Avvicino il mio volto verso il cuore della tua femminilità e lo bacio. Faccio scorrere lentamente la mia lingua’ Altri baci, poi stuzzico la tua pelle con i denti ed ecco che nuovamente ti rilassi, allenti la pressione del tuo corpo sulla mia mano, sollevi il ventre e la rendi libera, ti raggomitoli un’altra volta carponi e, con un filo di voce, questa volta mi comandi:

_ ‘Avanti prendimi’ non resisto”

Allora mi libero in fretta dei boxer, taglio le strisce di seta che ti bloccano i polsi e ti adagio supina sopra i cuscini. Ti libero della benda e ti attiro a me’

Ti abbraccio.

Immediatamente, la mia bocca si perde dentro la tua bocca, poi sul tuo seno, sui tuoi capezzoli, affamata sul tuo collo e di nuovo sulla tua bocca alla ricerca della tua lingua.

Sento le tue unghia affondare nella mia testa e le tue gambe allacciarsi sopra i miei glutei, proprio mentre le mie mani stringono forte i tuoi fianchi ed attirano il tuo pube contro il mio sesso.

Ti sento pronta, aperta, impaziente, abbasso il bacino contro di te ed affondo durissimo tra le labbra in mezzo al tuo pube. I tuoi muscoli si tendono e mi risucchiano, lentamente, centimetro dopo centimetro’ Mi fermo un istante e pompo sangue lungo l’asta: mi piace avvertire il contatto della mia carne che preme dentro e contro di te. Poi ricomincio a muovermi, avanti e indietro, aumentando il ritmo, mentre il tuo pelo sollecita il mio basso ventre e mi fa impazzire di godimento. Alcuni colpi rapidi, in successione, in sincronia col tuo ritmo, poi di nuovo più lenti, profondi, col mio sesso che spinge fino in fondo dentro di te, che si ferma e pulsa con forza, che fuoriesce e che poi nuovamente si spinge oltre la tua carne morbida e calda.

Mordicchio i tuoi capezzoli e ti invito a muoverti, a sprigionare la tua passione, a farmi sentire quanto sai essere passionale per il mio piacere. Tu rispondi ansimando e legandoti ancora di più a me, donandomi il tuo calore ed il tuo folle desiderio.

Lentamente il mio corpo si profuma dell’aroma di mandorle: lo prende da te, dalla tua pelle, mentre tu gridi il mio nome ed io grido il tuo ed i miei testicoli sbattono sul tuo pelo ed ancora tu, come una ‘gatta’, affondi le tue unghia dentro i miei glutei.

Veniamo all’unisono, tu con una successione di fremiti incontrollati, io portando fuori da te il mio sesso per arricchire col mio seme la patina d’olio che ancora ricopre il tuo corpo’

_ ”Ehm’ come scusi? Diceva? Rimanga, la prego, non vada via. E poi? Cos’è accaduto dopo?’

Il vecchio non risponde a questa mia impellente domanda, si allontana in fretta con la giovinetta e mi regala soltanto un enigmatico sorriso. Sento che non lo rivedrò mai più’

Totalmente immerso nel ricordo di quella notte, mi sono accorto troppo tardi di lui e troppo tardi ho prestato attenzione alle sue ultime parole’ Tuttavia, ho sentito abbastanza per rimanere esterrefatto, anzi, di sicuro sono sconvolto, a giudicare dal tono con il quale la guida mi si avvicina e mi rivolge la parola’

_ ‘Signore, mi scusi, si sente bene?’ Deve spostarsi, devono ricoprire un’altra volta il labirinto”

Sono sfinito. E incredulo.

Ascolto a stento le parole della guida, ma ormai non ho più voglia di rimanere dentro la cattedrale. Adesso so verso dove andare’

Con le poche forze che ancora mi rimangono, raggiungo il Portale dei Re e mi accingo ad uscire. Prima, però, alzo un’ultima volta gli occhi lentamente verso il cielo, come a cercarti tra gli angeli e i santi. Ma non ci sono angeli, e non ci sono neppure santi – come del resto non ci sono neppure crocifissi! – dentro questa cattedrale! Né tanto meno ci sei tu’

D’un tratto, il buio soltanto.

Ed ho come l’impressione che l’architettura gotica di Notre dame de Chartres – con la sua impressionante volta che ‘levita’ a quasi trentasette metri da terra, con i suoi spazi vuoti che trionfano miracolosamente su quelli pieni, con quella sua guglia del campanile vecchio che schizza senza peso verso il cielo come a cercare Dio’, con i suoi colori, le sue luci, le sue ombre, le sue pietre, i suoi misteri, i suoi Numeri, tutto armonicamente disposto e pensato per rendere omaggio alle molteplici rappresentazioni di Maria Vergine, ‘donna’ e ‘Grande madre’ a un tempo’, ma soprattutto ‘entità’ salvatrice del genere umano ‘ ho come l’impressione, dicevo, che quell’architettura cominci a risucchiare lentamente il mio corpo, ed i miei sensi, in un’altra dimensione’

‘Una damigella teneva un graal tra le sue mani (…)

Era fatto di oro puro, e c’erano nel graal molte preziose pietre,

le più belle e le più costose che ci siano per terra e per mare”

da Chretien de Troyes, Perceval le Gallois ou le Compte du Graal (1190 ca.)

‘Doccia ristoratrice’

Sicilia, in un luogo non lontano dal mare’

Sera del 14 di ottobre dell’anno del Signore 2002

‘diario

Calda e intorpidita resto distesa, immobile. Il respiro è ancora spezzato dal piacere e l’orgasmo è ancora nei miei pensieri. Chiudo gli occhi e per un momento mi dimentico di tutto, di te, dello scrigno, del gioco.

Faccio scivolare la mano sulla pelle calda del mio ventre e la massaggio lentamente. Sento sotto le dita l’olio di mandorle e le tracce leggere del tuo piacere, le accarezzo piano e piano lascio che si fondano insieme.

Piego le ginocchia e subito le lascio ricadere, non so dove tu sia, se nella stanza, alle mie spalle o semplicemente fuori, non me ne importa. Ora sento soltanto il mio corpo, le mie braccia, le mie gambe, mollemente sazia e appagata dalle tue mani, dalle tue carezze, dal mio piacere.

Nessun pensiero, avvolta soltanto dal calore del fuoco che brucia, mi lascio cullare da queste impalpabili sensazioni.

è la tua mano a riportarmi alla realtà. La tua mano fra i miei capelli.

Chiudo gli occhi e respiro profondamente allontanando l’istintivo fastidio per la tua intrusione.

Mi sollevo lentamente e, per un istante, la testa mi gira. Vedo i tuoi oggetti, complici e mi sento tacitamente compiaciuta. Annuso sulla pelle il morbido profumo di mandorle e silenziosamente cerco il tuo sguardo. Raccolgo con un gesto leggero il pigiama e mi alzo: ‘Aspettami’ Non abbiamo ancora finito’.

‘ Faccio scorrere l’acqua e lascio che il suo getto m’investa. Resto così immobile sotto la sua pioggia violenta, gli occhi chiusi, ascoltando la mia pelle come svegliarsi al tocco pungente di aghi invisibili.

Mi appoggio al muro, le braccia leggermente piegate e attendo, attendo che l’acqua scivoli sulla nuca e arrivi a rilassare ogni singola parte del mio corpo. Mi sollevo spostando i capelli all’indietro, inarco leggermente la schiena e di nuovo mi lascio accarezzare. Sento il mio seno farsi turgido, duro e irresistibilmente tocco i capezzoli, scivolo con la mano sul ventre e leggermente arrivo ai peli folti e ricciuti del pube. Respiro profondamente immergendomi ancora una volta, il viso all’insù, sotto il getto deciso della doccia, liberando tutti i pensieri.

Tampono leggermente la pelle asciugandola appena, ed eccomi, pronta a giocare di nuovo, questa volta vestita soltanto della seta grigia della casacca del mio pigiama’

‘Un dono’

Parigi, aeroporto Charles De Galle,

tarda sera del 14 di ottobre dell’anno del Signore 2002

Finalmente sono di nuovo solo con i miei pensieri.

Sono riuscito a convincere la giovane guida che il pericolo è passato, che ora è di nuovo tutto a posto e non potrà accadermi nulla in questi pochi minuti che ancora mi separano dall’imbarco sull’aereo per Palermo.

_ ‘Sa, monsieur, era la prima volta che mi capitava di vedere un turista svenire dopo la visita alla cattedrale!”

Non c’è dubbio, oggi pomeriggio ho dato proprio spettacolo!

‘Sindrome di Stendhal’, la chiamano, e lo ha confermato anche il piccolo medico dell’ospedale di Chartres, dove mi hanno portato per un controllo’

In realtà, però, sono state le poche parole di quel vecchio a turbarmi profondamente, al punto da farmi perdere i sensi’ Le sue poche parole unite a questa piccola pergamena, vergata in una lingua a me ignota, che egli ha riposto quale prezioso dono tra le mie mani prima di allontanarsi in tutta fretta’

_ ‘Leggine il segreto’ Tu puoi, perché sei puro di animo! E ascolta, torna presto ad ascoltare i suoi suoni’ I suoni di dentro’

‘Quale segreto? E di quali suoni ‘di dentro’ parlava il vecchio?’ mi domando adesso’ Si riferiva, forse, a questa piccola pergamena? E chi era ‘André’, l’uomo del quale mi pare abbia accennato mentre raccontava quella storia alla quale, distratto, non ho prestato attenzione se non alla fine?

Seduto immobile in attesa dell’aereo che mi riporterà da te, d’un tratto comincio a dare un senso alle ultime parole di quel vecchio: ”Torna ad ascoltare i suoi suoni”

Ed allora mi ritorni d’un tratto nella mente, questa volta vestita soltanto della casacca di seta grigia del tuo pigiama, mentre, bendata, mi porgi eccitata quel nuovo bussolotto che hai appena estratto dalla preziosa scatola’

Un bussolotto contenente una sottile strisciolina e ruvida con sopra scritto: ‘Udito’.

‘Suoni ‘meravigliosi’

‘diario

Sorrido e getto il pezzo di pergamena tra le fiamme, il tuo sguardo mi sembra divertito.

è con il tuo sentire che io dovrò giocare ed è dal tuo sentire che tu trarrai il tuo piacere.

Ti rubo dalle mani la fascia nera di seta, la stessa con cui hai appena avvolto i miei occhi, raccolgo da terra i due cuscini di raso rosso e li sistemo sul letto appoggiandoli alla pediera. So che i tuoi occhi curiosi mi stanno seguendo.

Appoggio la fascia a cavallo del legno e mi volto verso di te.

Ti metti seduto sul letto appoggiando la schiena ai cuscini, ti osservo attentamente in silenzio e giro alle tue spalle. Afferro la benda di seta e l’appoggio ai tuoi occhi, un nodo deciso e ti privo della vista.

Chiudo gli occhi assaporando la morbidezza delle lenzuola, piego leggermente le gambe e di nuovo le distendo, è il fruscio dei miei piedi sulla seta che arriva leggero alle tue orecchie. Sorrido all’idea che tu non possa vedermi.

Il silenzio nella stanza sembra irreale.

Slaccio gli ultimi due bottoni della giacca e massaggio morbidamente il mio ventre, lo massaggio e ti guardo, seduto e bendato di fronte a me. Un brivido eccitante attraversa i miei pensieri.

Continuo a guardarti e immagino i tuoi occhi sotto la seta, i tuoi pensieri. Continuo a guardarti e lentamente scivolo con le dita. Un brivido, un respiro.

Slaccio i bottoni di madreperla e libero il mio seno, chissà se immagini quello che sta accadendo.

Nuda di fronte a te, piego di nuovo le gambe e leggermente le apro. Ferma così, a gambe aperte, chiudo gli occhi e respiro lentamente, un respiro caldo, sensuale che scivola e ti raggiunge oltre il tatto, il gusto, la vista.

Gioco con il mio piacere e con i tuoi sensi. Gioco con te. Con le mie labbra, la mia voce, chiudo gli occhi e cerco l’eccitazione nei miei respiri.

Accarezzo i capezzoli e li sfioro stuzzicandoli, li sento turgidi e dritti e un brivido caldo scuote il mio corpo. Inarco leggermente la schiena e sento il mio piacere che cresce.

Un respiro lungo, prolungato, un alito caldo e sensuale che raggiunge i tuoi pensieri.

Una leggera contrazione e di nuovo un’altra, un sospiro ed un altro, ancora più forte. Congiungo le ginocchia e di nuovo le apro. Scivolo con le dita cercando il mio sesso e mi abbandono ad occhi chiusi fra le lenzuola.

Scendo con il medio fra le labbra e finalmente sento il mio piacere bagnato.

Accarezzo il clitoride, lentamente. Piccoli cerchi leggeri che divengono alito sottile sulle mie labbra.

Continuo a toccarmi, così, e il pensiero che tu sia cieco spettatore accresce la mia eccitazione.

Sento la mia carne bagnarsi, sento il mio desiderio crescere e con il medio incedo. Gioco attendendo un momento e poi decisa affondo, liberando dalle labbra un gemito ovattato.

Affondo il dito, deciso, veloce, poi lentamente lo sfilo e di nuovo ricomincio. Colpi su colpi, respiri su respiri.

Ti guardo ormai persa nella mia eccitazione e vedo le tue mani scivolare nervose sulle lenzuola. Stringo i miei seni fra le mani e sento le mie cosce bagnate.

Non resisto e scivolo verso di te, voglio il tuo contatto e lascio che i miei piedi trovino i tuoi.

Sdraiata di fronte a te, le gambe ancora aperte riprendo a toccarmi e a giocare con i miei respiri. Mi accarezzo a piena mano esercitando una leggera pressione. Mi fermo un momento e cerco con il piede il tuo sesso. Lo sento gonfio e duro sotto i pantaloni e una scarica di calore mi attraversa il cervello.

Mi abbandono sul letto per un momento, un respiro profondo, rilassato, compiaciuto, poi ricomincio.

Tocco il clitoride proprio come so e inevitabilmente sento crescere il mio piacere. Piego le gambe, aprendomi il più possibile e continuo a masturbarmi, persa e immersa nei miei sensi.

Sento le tue cosce sotto i miei piedi e voglio solo continuare. Le mie carezze, i miei respiri, il mio piacere.

Sento l’onda calda crescere e il mio corpo prepararsi all’orgasmo.

Non voglio, non ancora e libero un grido strozzato affondando le unghie nelle lenzuola.

Il respiro è irregolare, lo senti e gli ansimi impazienti divengono quasi sofferti. Mi chiudo raggomitolata, imprigionando gelosamente il mio piacere e cerco di ritrovare il controllo. Un attimo che sembra infinito.

‘Ti voglio’ sussurro accarezzando con il corpo le lenzuola e ricomincio a toccarmi lasciando correre libero il piacere e l’immaginazione. Immagino di sentirti sopra di me, dentro di me, il peso del tuo corpo sul mio. Non resisto e le mie carezze divengono respiri sempre più intensi.

Respiri caldi e bagnati.

Non resisto e le dita corrono frenetiche, impazzite, incontrollate. Scivolano sulla mia carne, stringono, spingono.

Ti sento dentro di me, ancora, affondare deciso, violento, affamato. Ti sento dentro di me e non smetto di gemere, di volerti, di desiderarti.

Una contrazione forte, prolungata, infinita e finalmente un grido che libera tutto il mio piacere, mentre il mio corpo si tende sotto gli spasmi dell’orgasmo. Resto così immobile, spossata, nuda e accaldata vicinissima a te. La mia mano è ancora sul sesso e la carne, le mie cosce sono ancora bagnate.

Lentamente ritrovo il controllo e mi avvicino, respiro sulle tue labbra abbracciandoti con il corpo.

Il mio sesso bagnato è sul tuo e lo sento duro e caldo sotto di me, mi stringo di più e libero i tuoi occhi – sul mio viso ancora i segni languidi del piacere’

‘Ora è te che voglio ‘vedere” ‘ ti sussurrò maliziosa all’orecchio’

‘Immagini riflesse e’

In volo da Parigi a Palermo,

notte tra il 14 ed il 15 di ottobre dell’anno del Signore 2002

Poche persone questa notte su questo aereo.

Da qualche minuto, fuori ha cominciato a piovere ed allora il pilota si è portato ad una quota più alta, per evitare il temporale. Ogni cosa, al di là dello spesso vetro del piccolo oblò, appare nera come l’inchiostro.

Chi era quel vecchio che mi ha tenuto d’occhio dentro la cattedrale senza che mai me ne accorgessi? Possibile che sapesse cosa stavo cercando? e che abbia voluto rivelarmi la chiave di un arcaico enigma?

La piccola pergamena è sigillata all’interno di una busta di plastica trasparente’ La guardo ancora, questa volta tenendola tra i miei occhi e la luce delle lampade nel corridoio, quasi cercassi un segno che mi dia la certezza della sua autenticità. Ed ecco che scopro qualcosa’

La pergamena non è solamente vergata in una strana lingua, ma presenta, incisa come in filigrana, una specie di mappa o di costellazione. Rabbrividisco: sì, c’è qualcosa di autentico in questa pergamena!

Non vedo l’ora di acquisirla con lo scanner ed analizzarla con il pc. A questo punto, ogni speranza è riposta in quel software potentissimo sulle lingue medievali che, se tutto andrà bene, in pochi secondi mi fornirà una corretta traduzione e, forse, anche ‘l’agognata risposta!

Ripongo accuratamente la preziosa reliquia all’interno della piccola valigetta che ho tenuto con me sull’aereo. Ho bisogno di rinfrescarmi. Mi alzo e vado alla toilette.

è vero, vorrei portare con me la valigetta, ma darei troppo nell’occhio! E poi, in questo settore dell’aereo c’è pochissima gente, pochi volti ed espressioni assolutamente rassicuranti. Lascio così la valigetta e vado.

Nello spazio angusto della toilette, mentre mi sto sciacquando le mani, d’un tratto scorgo l’immagine del mio torace riflessa sul vetro appeso sopra al lavabo. Mi soffermo e penso. Penso ancora una volta a quella notte, quando ti ho offerto in dono questa, ed altre immagini del mio corpo per il piacere dei tuoi occhi’

Ricordo che il nostro gioco era ormai sul finire, quando, variando per la prima volta la regola di estrarre il bussolotto dalla scatola, mi hai chiesto espressamente ciò che desideravi’

Allora ti ho abbracciata e ti ho sistemata sul letto, tra i cuscini morbidi ed avvolgenti, e mi sono spostato sulla poltrona, per obbedire alla tua richiesta’

‘meravigliose’

‘Perdo il mio sguardo dentro lo specchio della toilette: ne rimango quasi ipnotizzato, ed eccomi nuovamente sulla poltrona, le braccia comodamente distese sui braccioli.

Ad un passo da me, tu te ne stai languidamente accovacciata tra i cuscini sopra il letto.

Rimango fermo qualche istante ad osservarti, ad ascoltare lo scoppiettio della legna nel camino. So quello che desideri da me, so che adesso vuoi ‘vedermi’.

Divarico leggermente le gambe e mi lascio scivolare appena, lentamente sopra la poltrona. Quindi sollevo le braccia, porto le mie mani dietro la nuca ed inarco la schiena, come a voler tendere il più possibile le mie membra.

Mi rilasso e torno ad osservarti.

Le mie mani si spostano adesso sul mio collo, lo accarezzano, lo stringono morbidamente per regalargli un tenue massaggio tonificante. Poi si insinuano al di sotto della camicia di flanella, la destra verso sinistra e la sinistra verso destra, in modo da avvolgere in uno strano abbraccio il mio torace.

Non mi disturba sentire le mie stesse mani sul mio corpo, il fine è comunque nobile: procurare il piacere della tua vista! Socchiudo languidamente gli occhi e pizzico leggermente con le unghie i miei capezzoli. Sul palmo, sento immediatamente la muscolatura tendersi’ brividi di piacere scendono veloci lungo il mio corpo’

Riporto le mani verso l’alto e le soffermo un istante sopra i bottoni della camicia. Lentamente, sbottono uno ad uno soltanto i primi tre, giusto per offrirti appena la vista del mio torace glabro ed atletico. Ti guardo appena, di traverso per cogliere le tue sensazioni. Sembri incuriosita, ed eccitata dello spettacolo che hai di fronte!

Allora sbottono ancora qualche bottone, fino all’ultimo, quello in corrispondenza del quale la camicia sparisce misteriosa all’interno dei pantaloni’

Distendo le braccia verso l’esterno e porto in avanti il mio busto. Vedo i tuoi occhi seguire con attenzione ogni piccolo rilievo del mio torace: prima i capezzoli, piccoli e duri, poi la linea sottile che, partendo dal plesso solare, attraversa virilmente gli addominali. Il tuo sguardo si posa, quindi, sul mio ombellico’ Una peluria appena accennata lo circonda e si estende più folta ed invitante verso il basso, fino a sparire anch’essa, come la camicia, dietro la cintura di cuoio vecchio.

Respiro profondamente, voglio che osservi la discreta muscolatura del mio corpo tendersi e rilassarsi alternativamente. Poi stringo tra le mani la camicia agli angoli e, lentamente, comincio a sfilarla da dentro i pantaloni.

è un movimento che eseguo con calma, aiutandomi con lievi oscillazioni del bacino. Ciò mi porta a sollevarmi leggermente dalla poltrona e a sospingere in avanti la mia virilità. Ti piace vedermi far questo!

La camicia, finalmente, è tutta fuori dai pantaloni.

Mi rilasso di nuovo sulla poltrona e gioco con il mio corpo. Faccio scorrere le mani sulla discreta muscolatura dei pettorali, quindi sul mio ventre piatto. Poi le insinuo con calma nell’apertura delle maniche e mi libero completamente della camicia.

Comincio a sollevare un’altra volta il bacino. Il tuo sguardo si concentra adesso esclusivamente sul mio sesso.

Per tutto il tempo in cui sei rimasta a toccarti sul letto, è rimasto duro ed ha continuato a premere con forza al di sotto dei pantaloni. Adesso, disteso all’inverosimile nello spazio angusto dei boxer di cotone elastico, non è altro che una sagoma meravigliosa per i tuoi occhi.

Le mie mani sono ferme sul mio ventre, carezzano languidamente la cintura. D’un tratto, cominciano a sfibbiarla’

Ti guardo e non ti guardo’ il mio respiro diventa profondo ed il mio torace oscilla ritmicamente, su e giù’ Le mie mani sono adesso sull’unico bottone in alto nei pantaloni, laddove la lampo comincia la sua corsa. Prima di toglierlo dall’asola, sposto ancora una volta le mie mani sulla patta gonfissima: ecco, sto stringendo con forza il mio sesso, te ne mostro la sagoma terribilmente viva e misteriosa!

Sbottono i pantaloni’ con le mani allontano lentamente i due lembi di stoffa che ricoprono la parte alta delle mie gambe e subito ecco la lampo cominciare a scendere verso il basso. Ma, ad un certo punto – maledizione! -si blocca. La sua corsa è stata rallentata dalla protuberanza del mio sesso, che continua a premere verso l’esterno.

Rimango un attimo fermo così, col sesso che ora cerca di esplodere fuori e tu che ti diverti a guardarmi da sopra al grande letto.

Poi sblocco delicatamente la cerniera con la punta delle dita.

La sagoma del mio sesso adesso è perfettamente visibile attraverso i boxer tra le mie gambe. Tendo la muscolatura del basso ventre ed il mio sesso comincia a pulsare con insistenza.

Lascio che i pantaloni scivolino lentamente ai miei piedi e socchiudo ancora una volta gli occhi. Quindi, sposto le mie mani tra le mie gambe.

Per primo, stringo tra le dita solamente i testicoli e provo ad immaginare quali possano essere in questo istante i tuoi pensieri. Cerco conferme: allora apro gli occhi e scorgo le tue dita che penetrano con forza nel materasso. Ti piace! è così che vuoi vedermi!

Le mie mani risalgono allora verso l’alto, fino a raggiungere l’elastico dei boxer’ Le mie dita indugiano qualche istante, lo carezzano, poi le riporto sopra al mio sesso e comincio a percorrere l’asta attraverso il morbido tessuto’

Da qualche istante, il sorriso è sparito dal tuo volto.

Adesso stringi i denti e deglutisci con frequenza sempre maggiore. è un buon segnale: significa che la scena sta procurando il piacere dei tuoi occhi ed il tutto ha un senso!

Gioco ancora un poco col mio sesso che, duro, preme sotto ai boxer. Faccio scorrere con velocità crescente la mia mano sopra di esso’ Poi mi fermo e riporto le dita sul bordo dell’elastico. Ne seguo lentamente il contorno, quindi, quando meno te lo aspetti, le faccio sparire all’interno.

Il contatto con la pelle più fredda della mia mano mi strappa un gemito imprevisto. Mi fermo un attimo, poi spingo più in fondo la mia mano fino a raccogliere sul palmo entrambi i testicoli. Il sesso punta deciso verso l’esterno’ Sposto di nuovo la mano verso l’alto e, finalmente, lo libero davanti ai tuoi occhi.

Sdraiato come sono sulla poltrona, la sua punta rossa e gonfia va a sbattere direttamente contro l’ombellico. I testicoli appaiono sollevati verso l’alto per via della forte erezione, l’elastico dei boxer li blocca alla base e conferisce loro l’aspetto di una preziosa scultura.

Sto fermo.

Sono indeciso se continuare, se andare fino in fondo’ Ma la mia eccitazione è grande, ed anche la tua. In effetti, da quando ho iniziato non hai staccato un solo istante i tuoi occhi dal mio corpo!

Decido di continuare.

C’è ancora un po’ d’olio di mandorle nell’anfora vicino ai miei piedi. La prendo e ne verso il contenuto sul palmo delle mani e sopra il mio sesso, e comincio a spalmare delicatamente con le mani lo scroto: un massaggio molle, sensuale, plastico. Quindi risalgo lentamente lungo l’asta, tirando la pelle il più possibile verso l’alto e poi di nuovo verso il basso.

Sento le prime gocce mielose e trasparenti depositarsi sulla punta e, da lì, direttamente sopra il mio ventre. Mi abbandono alla vista di te, meravigliosa, che schiudi la bocca e ti inumidisci le labbra con la lingua. La mia mano sinistra si sposta verso il basso e stringe adesso con forza la scroto’ – la destra, invece, si chiude con più decisione sull’asta e comincia ad oscillare su e giù sempre più velocemente. Stringe il glande alla base, lo rende per un istante del colore del fuoco ma poi subito se ne allontana, lasciando così che la sola punta del sesso si levi imperiosa sopra la pelle.

Inarco la schiena, il mio corpo si contorce ed il mio sguardo si perde dentro l’azzurro dei tuoi occhi. Mi sollevo e mi avvicino’ Appena un passo, salgo in ginocchio sul letto dove sei rimasta muta e accovacciata e, scosso da violente pulsazioni, inondo di calda rugiada il tuo volto.

Crollo su di te.

Ti abbraccio e ti bacio.

Ho la sensazione che questa volta i tuoi occhi abbiano visto assai più di quanto volevano vedere’

‘Di nuovo insieme’

Sulla strada verso di lei,

alba del 15 di ottobre dell’anno del Signore 2002

L’aeroporto è sempre più lontano alle mie spalle, lo sento sparire mentre procedo in macchina verso il luogo convenuto.

Ho ricevuto il tuo sms una volta toccato terra, quando ho potuto riaccendere il mio cellulare. Poche parole, un’indicazione precisa: ‘Ultimo senso, l’olfatto. Stesso posto’.

Malgrado la spossatezza per le forti emozioni provate nella cattedrale, leggere il tuo messaggio mi ha ridato la carica: tra pochi minuti ti rivedrò e giocheremo assieme l’ultimo senso!

_ ”Fermiamoci qui. Lasciamo ancora un senso da giocare insieme, al tuo ritorno” .

è stato questo il tuo ultimo desiderio di quella notte. Sapevi che, giunto il mattino, ti avrei lasciata per soddisfare la mia sete di conoscenza e recarmi a Chartres’ Così, non hai voluto che terminassimo il gioco, come se ciò potesse rappresentare, da parte mia, una specie di ‘addio!

Da un po’ ha ripreso a piovere con insistenza. Anzi, direi che non ha proprio smesso un solo minuto.

Continuo a guidare sotto la pioggia, e di tanto in tanto lascio cadere lo sguardo sul piccolo tesoro che ho riposto accanto a me sul cruscotto. Oramai non sento più la stanchezza: voglio riaverti al più presto tra le mie braccia, voglio sentire il tuo odore ed il calore del tuo corpo. Manca davvero poco.

Imbocco finalmente la piccola stradina che mi condurrà al solito posto, nella vecchia casa sullo strapiombo sul mare. Il paesaggio muta di colpo: ora fuori è deserto, nessuna persona, nessun rumore che non sia quello, monotono ma rassicurante, dei tergicristalli che stridono sul parabrezza.

Poche centinaia di metri ancora, attendo con ansia di scorgere il tetto della casa, la tua automobile posteggiata nei pressi, ed invece’ All’improvviso scorgo te che mi compari sulla stradina vestita solamente di una lunga tunica di tela vecchia!

Non posso crederci.

Eppure, sei proprio tu: la tunica inzuppata d’acqua ed incollata sul tuo corpo, i capelli che aderiscono perfettamente al tuo viso. Ti vedo a pochi metri da me sulla stradina, arresto di colpo l’automobile, afferrò d’istinto il foglio che contiene la pergamena e scendo.

Rimango immobile ad osservarti tenendo la pergamena tra le mani.

Immersa nella pioggia, tu mi sorridi e, di rimando, mi tendi maliziosa ‘un ultimo bussolotto.

‘Ultimo senso ‘l’olfatto’

Luogo imprecisato della Sicilia’ Tutt’intorno, terra, cielo, mare’

Mattina presto del 15 di ottobre dell’anno del Signore 2002

Superato lo choc iniziale, ripongo in macchina la pergamena e corro ad abbracciarti.

Che strano: piove a dirotto eppure quasi non fa freddo!

Nessuna parola, nessuna spiegazione tra noi: i nostri corpi si intrecciano in un attimo e si cercano. Le mie labbra cercano avide la tua bocca.

Ti stringo forte e subito l’odore del tuo corpo mi travolge. Adesso capisco perché hai voluto che ci rivedessimo in questo luogo ed in questo modo: la pioggia che cade ha liberato nell’aria mille fragranze e, allo stesso modo, dal tuo corpo bagnato sublimano altrettanti profumi.

Mi fermo e ti guardo ancora una volta: il tuo sguardo non ha perduto il suo antico potere su di me, sei sempre bellissima! Poi, un cenno dei tuoi occhi e due sole sillabe: ‘Di là’.

Ti prendo in braccio e, senza pensarci neppure un attimo, sparisco con te tra gli alberi nella radura. Qui la pioggia filtra appena, un surreale silenzio ci avvolge. Sulla terra, in uno spiazzo riparato dalle fronde degli alberi, scorgo d’un tratto una coperta: hai pensato proprio a tutto, come ogni volta!

Ti adagio sulla coperta e mi inginocchio davanti a te.

Subito le tue mani si muovono nervose sul mio corpo – lo cercano, vogliono toccarlo, possederlo! Ti sollevi, mi liberi rapidamente degli indumenti e lasci scivolare la lunga tunica di lana ai tuoi piedi’

‘Sento il profumo della pioggia, intenso, penetrante, selvaggio. Sento l’odore della terra bagnata, della mia pelle. Sento le gocce cadere attutite dalle foglie e fredde le sento scivolare lentamente sul mio corpo. Nuda, spogliata davanti a te.

è il mio desiderio che sento, il nostro gioco, l’ultimo senso.

Indietreggio di un passo, l’erba bagnata sotto i miei piedi, un brivido freddo lungo il mio corpo. Mi piace come mi sento, mi piace quello che sento.

Chiudo gli occhi e respiro a fondo. Istinto naturale.

Avanti vieni.

Mi avvicino e mi attacco al tuo corpo. Bagnati, incollati, eccitati.

Rallento il respiro.

Intreccio le mie dita alle tue e stringo, stringo rubando il profumo della tua pelle, del tuo torace. Le mie guance lo accarezzano piano e piano scendono sfiorando il tuo ventre.

Voglio il tuo profumo’

‘Le tue dita tra le mie dita, il mio corpo pericolosamente incollato al tuo corpo’

Sento su di me le tue mani, scivolano piano ed assorbono minuscole gocce di pioggia direttamente dalla mia pelle. Percepisco il profumo del tuo alito, mi scalda il vapore che proviene dalla tua bocca. Sei calda, silvestre, sei simile ad un animale indomito splendidamente immerso nella natura, immobile tra le foglie e la terra, stordito dalla fragranza di mille profumi’

Mi eccita il tuo odore, che colgo mischiato a quello della natura circostante. C’è qualcosa di meraviglioso e violento in tutto questo. Avverto nel corpo una smania incontenibile’ Ti attiro a me e comincio a giocare con i tuoi capelli’

‘Le tue dita s’intrecciano fra i miei capelli e piano mi chino davanti a te, in ginocchio.

Resto così, ferma, immobile, in silenzio e cerco i tuoi occhi. Ti stringo e ti spingo contro di me. Ti voglio. Voglio il tuo odore su di me.

Respiro a fondo e rubo ogni attimo, respiro a fondo e calda ti regalo la mia eccitazione.

Un solo senso e tutti gli altri insieme. Il gioco, il tuo corpo, noi.

Respiro ancora, di nuovo e mi perdo nel vortice sconvolgente che tu mi hai regalato. Un solo istante, un attimo e perdo il controllo, il pensiero.

Istinto.

Affondo il mio viso contro il tuo corpo e le mie unghie nella tua carne. Il tuo corpo si tende, un gemito strozzato e stringo di più. Attimi’

‘Ti guardo mentre ti tengo stretta.

La mia bocca scivola caldissima sulla tua pelle, segue anche la più piccola linea del tuo collo. Lascio scivolare su di te la mia lingua’ cerco il tuo seno, i tuoi capezzoli’

Li trovo e li tengo in bocca alternativamente, li mordo piano, li succhio, li gusto: sanno di te e di acqua di cielo. Odorano di te e della natura intorno’

Sento sul mio viso i battiti crescenti del tuo cuore, sento dentro di te farsi pesante il respiro’

‘Ecco, di nuovo il mio respiro. Caldo, morbido sensuale.

Le mie braccia non stringono, ma semplicemente abbracciano. Le mie mani non affondano, ma semplicemente accarezzano. Mi risollevo lentamente e lentamente ritrovo i tuoi occhi.

Un brivido e per un momento il mio corpo si scuote, mentre le tue braccia mi cingono in un abbraccio accogliente, rassicurante, caldo. Sento la mia pelle aderire alla tua e i miei seni morbidi schiacciarsi contro di te. Mi abbandono al tuo abbraccio e mi perdo, inconfondibile, nel profumo del tuo profumo.

Voglio fare l’amore con te. Vieni avanti.

Sono i miei occhi a dirtelo, le mie labbra a sussurrartelo. Voglio le tue mani e la tua bocca, la tua pelle e i tuoi respiri. Di nuovo e ancora, gioco infinito.

Adesso’

‘Ascolto i tuoi sussurri, percepisco il tuo desiderio, sento crescere la tua passione.

La coperta è sotto di noi ed il grande albero nella radura ci protegge e non ci protegge dalla pioggia che cade. Allungo le gambe e mi dispongo seduto con le spalle contro l’albero’ le mie mani sul tuo corpo ti chiedono di sistemarti su di me a cavalcioni.

Mi abbracci e capisco che stai premendo le tue unghia sulla corteccia del grande tronco bagnato’

Di rimando, appoggio le mie mani sui tuoi fianchi e la tua pelle si arrende dolcemente alla pressione delle mie dita. Ti guido lentamente sul mio sesso durissimo.

Osservo i tuoi occhi semisocchiusi, il tuo sguardo di sfida, la tua espressione di intenso piacere. Ti osservo, e lentamente osservo affondare la mia carne nel tuo ventre.

Ti tengo stretta per i fianchi e continuo a guidarti, assaporo le oscillazioni del tuo corpo, perdo il mio viso nell’incavo del tuo seno.

è una danza misteriosa quella che conduci sopra di me. Una danza bagnata dai tuoi umori e dai miei umori, quasi un rito propiziatorio nel bel mezzo di un temporale d’autunno!

Stringi i denti rimanendo aggrappata al grande albero’ Stringo le mie mani sulla tua schiena e affondo con forza dentro di te.

La terra sa di antico’ Ci asseconda e ci protegge con i suoi odori primordiali.

Sei un batuffolo di passione tra le mie braccia, il tuo corpo ed il mio corpo si fondono battezzati dalle minuscole gocce che giungono dal cielo’

Poi le mie lacrime – calde, salate – che si perdono sulla tua pelle e scivolano sulla coperta sotto di noi.

Movimenti sincronizzati, del tuo bacino e del mio bacino, la mia schiena che improvvisamente si inarca e preme di scatto contro la ruvida corteccia dell’albero, una spinta tua più forte, un sospiro stentato che, sorprendentemente, si libera in un grido, il tuo corpo che crolla sopra il mio ed il mio seme che esplode in te copioso.

Piove ancora.

Ma adesso sento una nuova pace riempire lo spazio in cui siamo immersi’ – ed un unico, meraviglioso profumo attorno a me e sulla mia pelle: il Tuo.

‘Arcanum Virgo’

Sicilia, laboratorio informatico nei pressi di ******,

ultimo giorno dell’anno del Signore 2002

C’è poca luce questa sera al laboratorio. E c’è silenzio.

Fuori, in città, stanno per cominciare i festeggiamenti per il nuovo anno: la solita baldoria, i soliti stupidi botti, dai quali mi tengono lontano, per fortuna, le spesse pareti insonorizzate di questa stanza.

Sono solo, ma ho portato con me la piccola pergamena’

Non mi è stato possibile analizzarla prima: il sofisticato software di analisi delle lingue medievali ha richiesto un’accurata ricalibrazione alla lingua d’Oc, ma finalmente sono riuscito a risolvere il problema, così, tra qualche minuto, il pc mi rivelerà il suo enigmatico contenuto.

Prendo tra le mani la pergamena, la osservo, non sono neppure sicuro che si tratti di un originale, eppure, questo logoro foglio e giallastro ha il potere di incutermi quasi ‘un religioso rispetto. Avvio lo scanner ed il programma per l’acquisizione delle immagini, ma proprio un attimo prima di sistemare sull’apposito ripiano il foglio trasparente col suo prezioso contenuto, mi fermo a riflettere’: ‘Che diritto ho, io, di violare la verità che si cela dietro queste poche righe?’

Ma la curiosità appartiene ad ogni studioso, si sa, e con essa il piacere della sana conoscenza, che altro non è se non ‘libertà’.

Sistemo allora il foglio sul piano dello scanner, abbasso con delicatezza l’apposita lastra di copertura, la rialzo un istante come a voler controllare che il mio piccolo tesoro non sia sparito, quindi la riabbasso e mi siedo davanti al pc.

L’immagine appare tutto sommato nitida, effettuo una prima zoomata, poi una seconda e finalmente la piccola mappa, che già mi era sembrato di scorgere tra le righe, in controluce sull’aereo, compare perfetta davanti ai miei occhi. Spalanco la bocca e sento seccarsi la gola: proprio come sospettavo!

Sette minuscoli punti, collegati tra loro da una linea sottile come certe ‘piste cifrate’ che si trovano nei rotocalchi di enigmistica, formano un percorso chiuso che rimanda ad una specie di aquilone. La mia mente corre veloce verso il cielo, anche se so bene che non si tratta di un aquilone.

Ho sempre saputo che tutte le undici cattedrali francesi intitolate a ‘Notre Dame’ sono disposte in posizione tale da riprodurre, sulla terra, il grafo della costellazione della Vergine! Non mi stupirei più di tanto, quindi, davanti a questa immagine, se non fosse che essa richiama la mia attenzione ad un piccolo particolare assolutamente anomalo’

Bayeux, Rouen, Amiens, Laon, Reims, Paris, Eurex: tutti questi luoghi, ai quali corrispondono altrettante cattedrali, sono stati indicati da chi ha vergato la pergamena con un piccolo punto sul percorso chiuso. Ma c’è un ulteriore luogo che chiude il perimetro dell”aquilone’, e tale luogo non è stato segnato con un punto, bensì con una specie di ‘Y’ che rimanda a qualcosa di ben più preciso’

Malgrado il riscaldamento, che mantiene costante a 20′ C la temperatura nella stanza, sento fortissimi i brividi attraversarmi il corpo. Quello strano simbolo è segnato laddove sorge la più importante tra le cattedrali gotiche di Francia, ed il suo significato non può che essere uno solo: il Graal è realmente custodito a ‘Chartres!

Che il vecchio, dunque, abbia voluto allontanarmi strategicamente dalla cattedrale? E perché, allora, mi avrebbe poi donato questa pergamena rivelatrice, se in fondo la sua intenzione era proprio quella di depistarmi?

Riprendo tra le mani il trasparente che sigilla la pergamena. Devo conoscere al più presto il significato delle parole che in essa sono scritte.

L’immagine da poco scannerizzata è sempre al centro del monitor lcd’

Ancora per qualche istante, perdo il mio sguardo tra le sue righe sbiadite e misteriose. Poi, un preciso comando del mouse, una leggera pressione al suo tasto sinistro ed il programma sulle lingue medievali – perfetto ‘fagocita virtuale’ – ‘ingurgita’ l’immagine e comincia ad analizzarla’

‘L’enigma rivelato’

Sicilia, alba del primo giorno dell’anno del Signore 2003

‘Nella casa del ‘Gioco dei sensi’

Questa volta non ci sono candele accese nella stanza’

Anche il camino, che ti ha scaldata nel corso della notte, da un po’ di tempo ormai si è spento.

Ti osservo accovacciata sopra il letto, ancora vestita’ Dormi beata dopo essere rimasta in mia attesa fino a chissà quale ora. Ma sapevi che non sarei arrivato presto, sapevi che avevo una missione da compiere.

Mi avvicino silenziosamente al letto, ti osservo da vicino, mi chino su di te e ti bacio. Hai un lieve sussulto, ma subito ti svegli, capisci ed allunghi le tue braccia per cercare il mio collo.

_ ‘è tutto chiaro adesso’ vedrai tu stessa’

_ ‘Chiaro? Cos’è chiaro? Cosa c’è da vedere? Ah’ la piccola mappa”

Chiudo la tua bocca con la mia’ Un altro bacio, questa volta profondo e pieno di passione’

Poi non riesco a trattenere le lacrime, mentre ti auguro buon anno e ti porgo il foglio in cui ho stampato la traduzione che il pc mi ha fornito della piccola pergamena’

‘Sesto senso: la ‘dimensione onirica’

Chartres, A.D. 1307

è un sole infausto quello che sta sorgendo in questa fredda alba del 13 di ottobre, lo sento, anche se non posso vederlo dall’interno di questa cripta immersa nel profondo della cattedrale.

Gli sgherri del perfido sovrano Filippo hanno già invaso tutta la regione, non tarderanno a raggiungere anche questo luogo sacro e a condurmi chissà dove. Prima, però, voglio lasciar scritto in questa piccola pergamena quanto è accaduto nel corso di questa notte’

A me, André di Jean-Pierre, più giovane cavaliere dell’Ordine dei Templari, il maestro dell’ordine, De Molay, ha ordinato di occultare nel cuore di Notre dame de Chartres un tesoro incomparabile, il Sacro Calice dove bevve per l’ultima volta, prima di essere giustiziato, il Figlio dell’Onnipotente.

Stavo per riporre il Calice nel fondo del pozzo sacro di questa cripta, come spiegatomi dagli anziani cavalieri Olivier e Gilbert ‘ Iddio li protegga, in queste ore di terrore’ ‘ quando, improvvisamente, un profondo sonno mi ha vinto’

Mi vergognerei profondamente a descrivere l’esito della delicata missione affidatami, se non fosse che, una volta ridestatomi, ho avuto la certezza che quanto è accaduto è stato, in verità, un perfetto disegno del Divino.

Ancora adesso, stento a credere che di sogno si sia trattato, tali e tanti sono i segni che mi fanno pensare a qualcosa di reale.

Riaperti gli occhi in questa cripta avvolta nel silenzio, non ho trovato più traccia del Sacro Calice che avrei dovuto nascondere. C’era ancora, però, ed è ancora qui con me mentre scrivo, la sacca all’interno della quale l’avevo accuratamente riposto.

Nessuno poteva raggiungere la cripta, alla quale si accede dall’esterno della cattedrale attraverso un segretissimo passaggio noto soltanto ai Cavalieri dell’Ordine, e che io stesso avevo richiuso con le mie mani una volta all’interno’ Eppure, qualcuno ha portato via il Calice durante il mio sonno’

Alla luce di questi fatti, potrei pensare che il furto sia stato opera di qualche sgherro del sovrano Filippo, o addirittura di un qualche demone già nascosto nella cripta al mio arrivo. Ma ciò che di meraviglioso ho visto questa notte in sogno – o forse nella realtà? ‘ dà pace al mio cuore e mi fa lodare ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, l’Onnipotente.

‘Rivedo nella mia mente quella giovine vergine che mi veniva incontro’ Portava tra le mani un Calice identico al mio, fatto di oro puro e arricchito da molte pietre preziose’ Poi un’altra giovine mi veniva incontro, anch’ella portando tra le mani un Calice eguale agli altri due. E poi ancora altre giovini vergini, talmente numerose che non riuscivo più a contarle, belle, anzi più belle delle stelle nel cielo. Portavano tutte tra le loro mani lo stesso, prezioso Calice’

Poi ricordo comparire nella cripta una luce, e da quella luce ho visto d’un tratto emergere un ‘vecchio. Portava anche lui tra le mani una copia del prezioso Calice, mi sorrideva beato e mi chiamava per nome’

Ma quel che più ricordo, e che riempie di viva gioia il mio cuore in queste ore tragiche, sono soprattutto le sue dolcissime parole’:

‘Il Graal, André, è la parte più pura di ogni essere umano. è il suo inesausto ed eterno desiderio di conoscenza, il viaggio purificatore che, alla fine, lo ricongiunge al Divino. Non ha senso celarlo tra le mura di questa cripta, così come non ha senso tentare di impossessarsene: esso è dappertutto ed in nessun luogo – perché, André, sappi che il Graal appartiene, e apparterrà sempre e soltanto ai puri di animo’.

Questo è tutto.

Nel poco tempo che ancora mi rimane, prima che anch’io, come tutti gli altri cavalieri, venga catturato e finisca nelle segrete del palazzo del perfido Filippo, affido questa umile pergamena alle profondità di questo luogo sacro.

Sappia, chi dovesse ritrovarla, che sono assolutamente false le accuse ignobili rivolte all’eccellentissimo Ordine dei Cavalieri Templari, e che sarà il tempo a riportare verità e giustizia sopra ogni cosa.

Io, André di Jean Pierre, più giovane in forza nell’Ordine dei Cavalieri Templari, sono felice di aver portato a compimento la mia missione in questo giorno dell’anno del Signore 1307.

Ciò scritto, non mi resta che abbandonare questo luogo sacro ed attendere umilmente che sia fatta la volontà dell’Onnipotente’

‘Non Nobis Domine, non Nobis, sed Nomini tuo da gloriam’.

André di Jean Pierre,

umile Cavaliere Templare

Ringraziamenti

(‘e ‘Quanto non ho ancora detto!’ ‘ di Shining’)

Non sono poche le persone che, direttamente o indirettamente, hanno contribuito alla nascita di un racconto così articolato e complesso come ‘Il gioco dei sensi’ e che, pertanto, sento il dovere di ringraziare.

Innanzitutto, l’autrice Micia, per almeno due motivi.

Il primo: aver accettato di scrivere, senza pensarci su due volte, un racconto con il sottoscritto. Il secondo: aver reso sicuramente migliore, grazie appunto al suo notevole apporto, quello che, altrimenti, sarebbe stato un racconto di ‘routine’. Vorrei ancora sottolineare la bravura e la sensualità di cui trasudano i racconti di quest’autrice, ma è meglio che mi ferma: del resto, lodare le virtù erotico-letterarie di Micia, sarebbe un po’ come ”portar vasi a Samo’!

Ringrazio, poi, in ordine: il simpaticissimo Rupescissa, che come sempre ha dato prova della sua indiscussa abilità nel curare l’impostazione e la formattazione del racconto, arricchendolo tra l’altro con le foto della cattedrale; la mia amica Kercuordileone, per aver riletto attentamente ‘tutti’ i brani del racconto ed averlo impreziosito con i suoi puntuali suggerimenti; Flavia di Roma (la cui cultura definirei quasi ‘prazzesca’!), per una ricerca sul villaggio di Rennes-le-Chateau e ‘per le sue continue e impietose critiche ai miei scritti!; i librai antiquari della mia città, per aver assecondato, ancora una volta, tutti i miei capricci ed avermi procurato i volumi che mi erano necessari.

Ringrazio, poi, anticipatamente quei lettori che, essendo dei semplici appassionati oppure dei veri e propri studiosi di storia medievale, volessero segnalarmi eventuali sviste o imprecisioni che di sicuro non mancano nel testo.

Per le notizie sull’Ordine dei Templari, ho scelto come riferimento il testo della ECIG a cura di Jose Vincenzo Molle, il più puntuale, che io sappia, che sia mai stato pubblicato sull’argomento.

Ringrazio, infine, senza temere di ripetermi, Mozart: le sue note geniali, ma pur sempre straordinariamente ‘umane’, sono state il basso continuo che mi ha accompagnato nella stesura delle mie parti del ‘Gioco dei sensi’.

Terminati i ringraziamenti di rito, mi si permetta di esprimere una personale opinione circa i misteriosissimi eventi di Rennes-le-Chateau, dei quali si trova ampia descrizione in ogni libro di letteratura esoterica’

Chiunque può leggere, ed interpretare a suo modo, i ‘segni’ contenuti in più parti all’interno della piccola chiesa ristrutturata a suo tempo dal curato Béranger Saunière. Tuttavia, misteriosa ed inquietante rimane, ancor oggi, soprattutto quell’iscrizione posta all’ingresso della chiesa stessa:’Terribilis est locus iste’, presa certamente a prestito dal libro della Genesi, dove in realtà si legge, ma in un ben altro contesto: ‘Terribilis est Locus iste, hic Domus Dei est et Porta Coeli’ (28,17) ‘ ‘Questo è un luogo terrificante! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la Porta del Cielo’.

Personalmente, ho la sensazione che in quelle poche parole Saunière abbia voluto indicare, per sempre, come una perdita dell’innocenza, se proprio non vogliamo dire della sua ‘purezza interiore – chissà, magari proprio quella purezza interiore sulla quale fondano i valori di ogni buon cristiano, valori che si mantengono integri solamente finché c’è ‘fede”

Che Saunière, dunque, abbia potuto scoprire qualcosa di così sconvolgente da minare alla base la sua profonda fede cristiana? Forse davvero un ”terribile segreto’? E che magari sia divenuto, proprio a causa di ciò, un prezioso strumento nelle mani di una delle tante sette dedite all’occultismo e tanto diffuse in quegli a Parigi?

Nessuno di noi, probabilmente, potrà mai rispondere a questa domanda. Ma c’è un aneddoto che, a questo proposito, mi preme ancora raccontare.

Qualche anno fa, era il marzo del 1998, mentre stavo per lasciare Roma ‘ dove mi ero recato per acquistare, al solito negozio del centro, la mia marca di scarpe preferite! ‘, mi capitò di soffermai un istante davanti piazza San Pietro, per osservare ancora una volta il maestoso colonnato del Bernini’

Ricordo le parole pronunciate in quell’occasione, con un vago accento francese, da un bel giovane alto e dall’aspetto molto distinto, fermatosi un attimo nelle mie vicinanze:

”Il superbo colonnato di Gianlorenzo Bernini’ le braccia aperte alla cristianità’ Quasi due millenni di storia che fondano su di un falso colossale”

Terminata quella frase, l’uomo alzò in fretta i tacchi ed andò via, muovendosi in direzione della porta perennemente presidiata dalle guardie svizzere’

Oggi, probabilmente, non ricorderei più quelle parole, se non fosse stato che, un paio di mesi dopo quell’incontro, in una foto messa in onda nel telegiornale della notte del 4 maggio, riconobbi in quell’uomo il giovane Cédric Tornay, vicecaporale delle guardie svizzere, morto quel giorno insieme all’appena nominato comandante Alois Estermann, e alla di lui moglie, in una sparatoria la cui ‘vera’ dinamica, al di là di quanto ancora continui a raccontarne il Vaticano, rimane a tutt’oggi scandalosamente ‘avvolta nel buio”!

Ed infine ‘un’ultima considerazione.

Come in ogni racconto, anche ne’ ‘Il gioco dei sensi’, insieme a molta fantasia, c’è del ‘vero”

A questo proposito, rimarrò per sempre grato ad un umile ‘vecchio ed una giovinetta’, che per caso incontrai sulla mia strada, in un lontanissimo pomeriggio d’autunno, sotto il cielo di ‘Chartres.

è probabile che, anche senza quell’incontro, prima o poi la passione per l’arte gotica mi avrebbe condotto comunque a scrivere un racconto ambientato nel più bel Tempio gotico del mondo.

Ma di una cosa sono assolutamente certo: se quel giorno non avessi ascoltato le parole di quelle due persone – parole che mi hanno permesso di ‘vedere’ laddove prima per me era il buio -, ‘Il gioco dei sensi’, questo racconto che mi scoppiava dentro ormai da troppo tempo, sarebbe stato comunque un racconto ‘puramente fantastico.

Palermo, tarda sera del primo giorno

dell’anno del Signore 2003.

Bibliografia essenziale

(Avvertenza: ho segnato con un asterisco quei libri che sono certo essere ormai fuori catalogo. Per qualunque informazione, i lettori possono contattarmi all’indirizzo e-mail in calce)

_ AA.VV., Il gotico, K’nemann

_ Malcom Barber, Processo ai Templari ‘ Una questione politica, ECIG

_ M. Bizzarri – F. Scurria, Sulle tracce del Graal, Edizioni mediterranee

_ Levis-Godechot Nicole, La Bibbia di Chartres, Jaca Book

_ Levis-Godechot Nicole, La cattedrale di Chartres, Jaca Book (*)

_ Louis Charpentier, I misteri della cattedrale di Chartres, Arcana (*)

_ Louis Charpentier, I misteri dei Templari, Atanòr

_ Jean Favier, L’Univers de Chartres, Bordas-Paris (*)

_ Fulcanelli, Il mistero delle cattedrali, Edizioni mediterranee

_ J. Gimpel, I costruttori di cattedrali, Jaca Book (*)

_ John Markale, Il mistero dei druidi, Sperling & Kupfer

_ Jose V. Molle (a cura di), I Templari ‘ La regola e gli statuti dell’ordine, ECIG

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