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Racconti Erotici Etero

Il Guardiano del Faro

By 5 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

LETTERA

Mademoiselle,

vi do del Voi in questa missiva, per rispetto ai vostri begli occhi, che sfavillarono come diamanti l’ultima volta che vi vidi. So che amate le storie, e quella che vado narrandovi ha commosso anche me, che per primo la ho vissuta.

‘Non mi dimenticherò mai quella barba bianca, quel berretto blu cupo che sembrava coprire per caso una fronte ampia e rugosa, e quegli occhi, pieni di mare.

Oh, fumava la pipa, sapete?

E amava tanto ascoltare il rumore delle onde, quando si infrangevano con forza contro gli scogli, in cima ai quali sorgeva il suo vecchio faro.

Lui conosceva i gabbiani, li guardava, mentre volavano nel cielo, e pareva li chiamasse, uno ad uno, con il loro vero nome.

Ricordo che gli piaceva stare con i ragazzi.

Oh, mi sembra di rivederlo, lì, sulla spiaggia, sulla sabbia bianca, mentre giocava con loro’

In quei momenti, un sorriso triste gli spuntava sulle labbra’

Oh, sì, davvero, il povero guardiano era sempre pensoso e triste, forse, perché era vecchio, forse perché aveva già conosciuto tutte le malinconie della vita.

Le sue mani rugose si divertivano a scarmigliare i capelli dei più discoli.

Poi, li prendeva per mano, uno ad uno, per raccontare loro le sue storie di sirene e di pirati.

Oh, sì, narrava di vascelli pieni d’oro, che solcavano il mare, di combattimenti all’arma bianca, pam, pam! di uomini dagli occhi bendati e dagli uncini che sostituivano le mani e le braccia perdute in combattimento.

Narrava altresì di sirene dagli occhi di topazio, che soltanto lui aveva conosciuto.

Sì, proprio così!

Tutti lo ascoltavano a bocca aperta.

Egli faceva davvero tanta impressione, perché la voce sua tradiva i muggiti del mare in tempesta, il mormorio delle onde sul bagnasciuga, il sussurro triste delle conchiglie parlanti.

A volte, lui se ne andava.

Oh, pareva che partisse! Poi, però, tornava, sempre, sempre, sempre.

A volte capitava di vederlo camminare sugli scogli bianchi, mentre fumava la pipa, nei giorni in cui il mare era tanto arrabbiato e crudele.

In quegli istanti, pareva che gli abissi feroci lo odiassero, e volessero portarselo via.

Questo, però, non succedeva mai.

Oh, io non lo so se ricordo bene, oppure no, eppure, in quegli attimi di sogno, pareva che il vecchio si fermasse, lassù, sulle rocce bianche come il destino, semplicemente per gettare un grido’

Chi, chi mai chiamava? A chi parlava in mezzo alla tempesta? I muggiti del mare soffocavano la voce sua, il mistero circondava il guardiano solitario, e la schiuma dei marosi bagnava le sue membra.

Allora, era come se il ricordo di qualcuno, che abitava nell’oceano, volesse portarlo via con sé.

Oh, e quei suoi occhi! Quante cose avevano visto, quanti naufragi, quante sventure, quante donne in pianto, no, non voglio neppure parlarne!

Mi sembra ancora di riascoltare le sue parole. E’ come se lo sentissi ancora, mentre racconta, sepolto dentro di me.

– Sapete, ragazzi, il grande pirata con la barba nera, e una benda color carbone sull’occhio sinistro’ Quello con la sciabola tutta arrugginita, rotta in punta, che faceva paura!

– Davvero? ‘ gli rispondevano.

– Sì’ Pam, pam, pam’ La sua sciabola era imbattibile e conquistava tutti i galeoni!

Queste voci si spengono, dentro di me.

Oh, sì, succede così, proprio come un giorno capitò che anche il povero vecchio si spegnesse.

Malinconie!

E io mi ricordo di una notte di tempesta, di tempesta, in cui il vento soffiava forte, tanto forte, e sembrava ululasse fra gli scogli.

Mi ricordo di un mare burrascoso, che muggiva, muggiva, muggiva, pieno di collera.

Il faro brillava nella notte, con tutta la forza della sua luce’ C’erano delle navi in alto mare, che faticavano ad entrare in porto, o anche soltanto a ripararsi nella baia.

A tratti, un lampo squarciava l’oscurità, e mostrava le stelle della tempesta.

Cielo!

E il guardiano del faro era là, gridando sfidava le onde, portava indosso il suo gabbano grigio grigio, e non temeva la morte!

Ah, la morte!

Pareva di vederla, con la sua falce nera in mano, vagava sul mare, alla ricerca delle sue vittime’ La luce dei lampi mostrava il suo volto, ma quel vecchio cuore di marinaio non aveva paura, così come non ne aveva avuta mai, in vita sua.

Mai!

Avreste dovuto vedere come lottava, con tutta la forza delle sue braccia, e del suo animo di fiera. Io lo guardavo’ E pensare che i giorni suoi sarebbero dovuti finire così’ Oh, non fatemelo ricordare, ve ne prego.

E gli occhi suoi, una volta, avevano visto anche uno squalo, sì, tutto bigio, mentre divorava un povero pescatore caduto nelle acque fredde.

L’aveva sbranato e fatto a pezzi, per poi divorarselo. Il pescatore aveva gridato e pianto, aveva lottato con tutte le sue forze, ma l’animale aveva prevalso.

Sì, proprio così!

Ma il buon guardiano del faro rideva sempre e aveva spesso sulle labbra quel buon sorriso da lupo di mare, che a volte tradiva la malinconia.

Lui non piangeva mai.

Eppure, pensava sovente al giorno più triste della sua vita, che come un sogno pieno di grigiore e di topazi gli passava davanti, senza mai fermarsi. A poco a poco, tutto arrivava e svaniva.

Oh, che parole sconsolate il buon guardiano diceva ai suoi amici!

Me le ricordo ancora.

– Forse, un giorno, voi non potrete più abbracciare il vostro buon vecchio, che vi racconta le storie di pirati e di sirene’

– Oh, e perché? ‘ tutti chiedevano stupiti.

– Perché lui deve partire per un lungo viaggio, un viaggio lungo e senza ritorno’

– E allora per favore, portaci con te!

– Questo non &egrave possibile, sapete? Ma quando quel giorno arriverà, ascolterete il mormorio del mare, che si spegne lungo la spiaggia, e le sirene delle navi lontane’ Forse, quelle saranno le ultime parole del vostro amico.

E diceva loro che sentiva vicina un’altra tempesta, la tempesta’

Questa volta doveva essere tanto, tanto forte, troppo più forte di lui, perché potesse vincerla: veniva per portarlo via con sé.

Già gli sembrava di vedere le nuvole nere, sentiva i tuoni, dentro di sé, forieri del presagio.

Scoppiavano i lampi, il mare si faceva cattivo, perfido, disperato.

Ma questa volta, la tempesta si scatenava dentro di lui, dietro quegli occhi pieni d’immensità marina, in quell’anima stanca di vivere. Lo si vedeva vagabondare come un fantasma senza pace lungo la spiaggia, poi, svaniva, nelle nuvole di sabbia sollevate dal vento freddo.

Egli pareva schiavo di un incantesimo triste, sì!

Ed era inverno.

Il faro si vedeva, lontano lontano, come uno spettro bianco, immerso nella nebbia’ All’improvviso, un bastimento spuntava all’orizzonte, riempiva il cielo immenso di fumo bigio, per poi scomparire.

Erano apparizioni!

Un brivido misterioso mi scuote, mentre narro di tutte queste cose, e mi sembra di contemplare la morte stessa, che si mostra ai miei sguardi.
Rivedo quegli eventi, come avvolti in una nube bianca.

Odo le voci degli amici, che piangevano, e chiamavano il loro caro perduto’

– Amico, dove vai? Torna qui, torna insieme a noi, vieni ad abbracciare i tuoi compagni! Non lasciarci, per andare a morire, non andartene!

Erano voci di fantasmi, sì.

E poi’

Poi, tutto accadde!

Era un brutto giorno, il buon guardiano del faro, dopo aver salutato i suoi amici, venne visto salire sulla sua barca a remi, fatta di legno. Voleva partire, per andare lontano.

Il mare era pieno di nebbia, non c’era una nave nel porto’

I gabbiani volavano nel cielo e cantavano con i loro versi tristi.

Si sentiva sempre il rumore triste dei remi, che affondavano nell’acqua, per poi riemergere e rituffarsi in quel suo blu, ecco, come un’anima smarrita il buon vecchio se ne andava, per non ritornare mai più.

Aveva salutato tutti, aveva salutato tutti, tutti, tutti’

E fu così che partì, sulla sua barca, che divenne la sua bara. Sì, perché nessuno lo rivide più, da quel giorno! Nessuno, nessuno, nessuno rivide mai il buon guardiano del faro ritornare.

Io non so che ne sia stato di lui.

Io non lo so, no.

Il mare &egrave l’amico più fedele della terra, che abbraccia e accoglie tanti corpi, addormentati dalla morte, il suo blu &egrave una culla dorata.

Oh, forse, il mare vuole bene ai suoi defunti, e sembra che li abbracci, come amici di una volta!

E così, forse, aveva fatto anche nel ricevere il buon guardiano, che gli era tanto affezionato.

Il faro bianco continua sempre a brillare nella notte, sapete? E’ una vecchia stella, che non si spegne più. Non si spegne più, non si spegne proprio più.’

Mentre vi narro quest’ avventura, che &egrave rimasta sepolta nel mio cuore, amica cara, non posso non rammentare gli istanti più felici trascorsi insieme a voi.

Perdonate, forse sarò un po’ volgare, ma la passione mi rapisce, mentre vi scrivo, &egrave come se vi parlassi. Ricordate? Avevate messo il vostro abito turchino, per venire a quel convegno.

Le vostre forme bianche erano agghindate d’oro e smeraldi, i pizzi lasciavano intravedere i seni grandi e sodi, sui quali si posavano le mie mani irsute, il vostro primo bacio m’inebriò.

Un nastro smarrito vi scivolò tra le mani’ L’avevate messo alla caviglia, quella venusta caviglia bianca, che appena mi mostraste, sollevando la gonna di velluto.

Voleste donarmelo per affetto’ Ancora oggi lo conservo, possiede ancora il vostro profumo, lo stesso di quella notte.

Il letto ci attendeva, morbido e caldo. Vi volli nuda tra le mie braccia, vestita soltanto dei vostri lunghi capelli rossi, il fuoco della passione vi eccitava alquanto, più della fiamma che ardeva le candele, stelle del nostro incontro.

Eravate nuda, seduta sulla seggiola dorata, con indosso soltanto il vostro busto nero e le scarpette, le gambe in alto, rivolte al cielo. Le tenevo fra le mani, e le mie labbra virili vollero baciare e succhiare dolcemente i vostri tacchi a spillo, rossi come il fuoco.

La vostra mano intanto dava alle fiamme il vostro sesso. E le labbra vostre lo annunziavano, tra i sospiri.

L’uscio era chiuso a chiave, nessuno poteva scoprirci. E non fu sul fiabesco letto a baldacchino, ma sulla seggiola dorata, e poi, sul tappeto d’Oriente, che foste mia.

La testa abbandonata all’indietro, per gridare, i capelli di fuoco divorati dal fuoco, scarmigliati come fiamme, nuda, imploravate di non smettere, stringendomi la mano, qualcuno bussò all’uscio, forse rimase ad ascoltare’ Ricordate?

Durò tutta la notte.

Serbo ancora le vostre belle scarpe per ricordo. Ora che vi ho donato una storia per sognare, una storia di lupi di mare, lasciate che le mie ciglia si socchiudano, di nuovo, e regalatemi voi stessa, il più bel sogno.

Il vostro affezionato ***.

Marsiglia, 24 settembre 1952.

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