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Racconti di Dominazione

la scoperta di Monica

By 7 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Chissà perché, nel tornare a casa, aveva deciso di passare per la villa comunale.
A volte lo faceva in primavera, ma ora, in un afoso pomeriggio di ferragosto, non ci sarebbe stato un motivo valido per fare quella deviazione.
Monica camminava veloce lungo il vialetto di ghiaia, con il sole che le faceva sentire i suoi raggi sulla pelle, attraverso il vestito nero, di cotone leggero.
Si fermò un attimo, appoggiandosi ad un albero, per togliere un sassolino che le si era infilato in un sandalo, e li vide.
Erano in tre, di corporatura robusta, vestiti di blu, pantaloni con bretelle ed una maglietta a maniche corte. Probabilmente erano operai di qualche ditta.
Certo, la villa, a quell’ora, d’estate, era deserta, perché i rari frequentatori, per lo più anziani possessori di cani, si fermavano all’inizio, ma quei tre avevano un’aria normalissima, tranquilla Monica, non hanno nessuna intenzione di molestare una signora quarantenne che passeggia da sola.
Quando la incrociarono non la degnarono di uno sguardo e lei dovette ammettere che quasi ci rimase male, perché si sentiva ancora una donna attraente, con il fisico snello, messo in evidenza dal vestito corto ed aderente, e qualche occhiata da parte degli uomini le faceva sempre piacere
Accadde tutto all’improvviso: si sentì prendere da dietro e trascinare sul prato, fuori dal vialetto.
Prima d’ora, non aveva mai subito un’aggressione, aveva sempre pensato che avrebbe opposto resistenza, gridato per richiamare l’attenzione, invece niente, rimase come paralizzata.
Si era fatta trascinare docilmente in un punto dove sicuramente non sarebbe passato nessuno, per di più schermato da una fitta siepe, che li avrebbe nascosti alla vista di un eventuale passante.
Ma tu guarda, ho girato mezzo mondo, sono scampata indenne a situazioni pericolose, ed ora sto per essere violentata di giorno, nella villa comunale, ad un chilometro da casa.
Perché questi mi violenteranno, ne sono sicura.
Il rumore secco della lampo del suo vestito che veniva tirata giù, nel silenzio rotto solo dal canto lontano di qualche cicala, la colpì come una frustata e le tolse ogni residuo dubbio sulla sorte che le sarebbe toccata.
Ora il suo vestito era ammucchiato vicino a lei, posato sull’erba giallastra, arrostita del sole estivo.
Uno dei tre le teneva da dietro le braccia, mentre gli altri due osservavano attentamente la preda appena catturata.
Monica sentiva il calore del sole sulle sue spalle nude, ma i loro sguardi, puntati sul completo, slip e reggiseno, dello stesso colore del vestito, le sembrarono ancora più roventi.
Le tolsero quei due ultimi pezzetti di stoffa che proteggevano il suo corpo e lei rimase nuda, con i piedi poggiati sull’erba calda, perché nel breve tragitto aveva perso i sandali.
Cercò di coprirsi con le braccia i seni ed il sesso, anche se ci sarebbe voluto ben altro per salvarla.
Che faccio, oppongo resistenza, oppure li lascio fare?
Da sola, contro tre uomini robusti, posso fare poco, magari una mia reazione può eccitarli maggiormente o, peggio, potrebbero picchiarmi.
Ecco, ora si aprono i pantaloni, lo tirano fuori e ‘
invece la trascinarono in un punto più in basso, dove erano stati piantati da poco degli alberelli.
Non riusciva a capire le loro intenzioni ma quando la costrinsero ad allargare le braccia e le passarono una corda intorno ai polsi, le sue preoccupazioni aumentarono di colpo.
Qualcosa le diceva che non avevano intenzione di violentarla, o almeno non solo, poi vide la frusta.
Il più robusto dei tre la teneva in mano e si avvicinò a lei per mostrargliela.
Era fatta di pelle nera intrecciata e più o meno era lunga un metro e mezzo, con il manico duro e spesso, e la parte terminale sottile.
‘Bella signora, ora facciamo un bel gioco, sono sicuro che ti piacerà.’
Monica provò a dire qualcosa, ma si accorse di avere la bocca completamente impastata, come se fosse piena di segatura.
Uno di loro raccolse a terra il suo slip e glie lo ficcò in bocca.
‘Tante volte si mettesse a gridare’, aggiunse.
Non vedeva più l’uomo con la frusta, doveva essere dietro di lei.
Si sentì togliere dolcemente i lunghi capelli biondi dalla schiena, abbassò lo sguardo e vide che le sue lunghe chiome ora le ricadevano sui seni.
‘Stai tranquilla, ti farò male ma non troppo, anzi, ad alcune donne non dispiace.’
La prima frustata le arrivò proprio in mezzo alla schiena, avvertì come una specie di carezza calda, poi, lentamente, arrivò il bruciore, forte e fastidioso.
La seconda le sembrò più forte e la striscia di cuoio si attorcigliò intorno al busto di Monica.
Lei aveva chiuso gli occhi e quando li riaprì vide una striscia violacea in rilievo che le solcava il lato esterno del suo seno destro.
Al terzo colpo gridò, o meglio le uscì dalla bocca, ostruita dalle mutandine, un mugolio sordo e strozzato, mentre le sue gambe nude si muovevano disperatamente a destra e a sinistra.
I colpi continuavano, lenti ed inesorabili, la sua schiena era in fiamme e dove la frusta aveva colpito la pelle, le sembrava che il sole bruciasse cento volte di più.
Ma la cosa che più la angosciava erano state le ultime parole di quell’uomo: possibile? Lei era forse una di quelle donne a cui piaceva un simile trattamento.
Intanto gli altri due le giravano intorno armati, l’uno di macchina fotografica e l’altro di videocamera e documentavano ogni istante del suo tormento.
I colpi ora arrivavano più in basso, all’incirca alla vita, poi cessarono.
Le tolsero le mutandine dalla bocca e Monica respirò profondamente.
è stata dura ma tutto sommato ho superato la prova, pensò Monica.
‘Allora, ti è piaciuto, vero?’, le disse il tizio della frusta, carezzandole la vagina con lo scudiscio arrotolato.
‘Non dire di no, hai la fichetta tutta bagnata. Penso che possiamo continuare anche senza tapparti la bocca.’
Monica abbassò lo sguardo e si accorse che lui aveva ragione: il suo sesso, aperto al punto che si vedeva il rosso dentro, era completamente inzuppato.
Fu presa da un senso di vergogna, se non avesse avuto le mani legate, si sarebbe coperta.
Lui le spiegò che avrebbe continuato con il sedere, aggiungendo che lei aveva un gran bel culo e che sarebbe stato un piacere frustarlo fino a farlo diventare gonfio e viola.
Monica provò a supplicarlo, gli disse che se la lasciavano andare senza frustarla ancora gli avrebbe dato dei soldi, e quello si mise a ridere.
‘Soldi? Non hai idea di quanto possano fruttare foto e filmati di una donna carina come te, che si fa frustare davvero, non quelle cazzate con le strisciate di rossetto sul culo che si vede lontano un miglio che sono finte.’
Così Monica si rassegnò e lui indirizzò la frusta sulle sue chiappe.
La frusta, azionata su una parte più carnosa, faceva un rumore diverso, ma il dolore era altrettanto forte e lei, ad ogni colpo, si dimenava ed oscillava appesa alle corde con grande gioia degli altri due intenti a riprendere ogni momento di quella che chiamavano la punizione.
Naturalmente non si poteva vedere dietro, ma i colpi delle volte arrivavano fino a fianchi e Monica poteva osservare la fine di alcune strisciate violacee ed in rilievo.
Era stanca, dolorante, ed il sole di agosto scottava sulla sua pelle scorticata ma, allo stesso tempo, sentiva una strana eccitazione farsi sempre più forte dentro di lei.
Si sorprese a pensare che, se avesse avuto le mani libere, si sarebbe masturbata, le venne anche in mente di chiedere loro di essere scopata, alla fine del trattamento, ma forse lo avrebbero fatto comunque. Insomma le stava montando dentro una voglia irrefrenabile di stemperare la sofferenza della fustigazione con il piacere del sesso.
Ricomparve il tizio con la frusta, la teneva arrotolata e a Monica sembrò di vederci sopra qualche traccia di sangue.
‘Tutto bene?’
Lei fece cenno di sì con la testa.
Si avvicinò e le tolse i capelli dal petto, lasciandoli ricadere dietro.
A Monica, il peso impalpabile dei capelli, a contatto con la pelle scorticata della schiena sembrò un macigno.
Lui le strofinò leggermente la frusta sui capezzoli e lei capì che non era finita.
‘No, lì no, per favore’, le uscì con un filo di voce, ma l’uomo ignorò la sua debole protesta e fece un passo indietro.
La frusta, maneggiata abilmente, descrisse un ampio arco nell’aria, accompagnato da un lieve sibilo e la colpì sulla pancia, all’altezza dell’ombelico.
Monica tirò un sospiro di sollievo, mentre osservava la sua pelle diventare sempre più viola, nel punto in cui era stata colpita.
La frustò a lungo sulla pancia, sembrava che fosse in grado di colpire esattamente dove voleva con la massima precisione.
Le frustate a volte arrivavano in basso, sfiorando i peli pubici, oppure in alto, colpendo le costole, proprio sotto i seni e, in entrambi i casi, lei era terrorizzata dalla possibilità che le frustate arrivassero su parti così delicate, però, allo stesso tempo, la possibilità di essere colpita proprio , le metteva addosso un’eccitazione incontenibile.
Alla fine lui decise di fare sul serio, Monica lo capì perché le misero di nuovo le mutandine in bocca.
Non la colpì forte, ma la frustata fu come uno schiaffo rovente che le scosse i seni.
Gridò disperatamente dentro le mutandine appallottolate mentre compariva un solco rosso che le attraversava entrambi i seni proprio sopra i capezzoli.
Lo vide prendere la mira ed il secondo colpo arrivò poco sotto, lasciando un solco identico al primo.
Era terrorizzata, non avrebbe potuto sopportare delle frustate sui capezzoli, di questo era sicura, ma doveva solo sperare che lui avesse pietà di lei.
L’uomo continuò per un po’, i suoi seni erano una ragnatela di segni violacei che,nel punto in cui si intersecavano, lasciavano colare qualche goccia di sangue.
Quando finalmente lasciò cadere la frusta a terra, Monica sentì caldo in mezzo alle gambe e fece appena in tempo ad allargare le cosce.
Se l’era fatta sotto, forse era stata la tensione, forse la paura unita al dolore, ora lei, completamente nuda, stava orinando davanti a tre sconosciuti, molto interessati all’inaspettato fuori programma.
Rimase a guardare la pozza che si allargava in mezzo ai suoi piedi mentre quello con la videocamera faceva dei primi piani della sua vagina gocciolante, entusiasta di quello che definì un pissing favoloso.
Le tolsero di nuovo le mutandine dalla bocca.
‘Tranquilla, finiamo con la tua bella fichetta e ti rimandiamo a casa’, le disse mentre le passava dolcemente la frusta nella fessura aperta e bagnata.
Monica, che ormai si era rilassata e pensava di aver finito, fu presa dal panico e cominciò ad agitarsi.
Temendo di essere frustata ancora, alzò la gamba destra e l’accavallò nel disperato tentativo di proteggersi, ma uno di loro, pronto, le allontanò la gamba dal corpo, sollevandola.
Pochi secondi e Monica si trovò in equilibrio sulla gamba sinistra, con la destra sollevata, aperta e legata allo stesso albero a cui avevano fissato il polso destro.
Ora era completamente esposta e prima che si mettesse a gridare, le tapparono nuovamente la bocca.
L’uomo prese di nuovo in mano la frusta.
Monica era dolorante e terrorizzata, la sua vagina era così sensibilizzata che era sicura che sarebbe bastato sfiorarla per farla impazzire e poi si sentiva il clitoride così duro e gonfio ‘ non osava immaginare l’effetto della frusta in quelle condizioni.
Lui alzò in aria la frusta e la donna chiuse gli occhi.
Inaspettatamente sentì un forte bruciore sulla gamba destra, poco sopra il ginocchio.
Si divertì a frustarle l’interno delle cosce, fermandosi proprio all’inguine.
Alla fine si avvicinò a lei senza frusta e cominciò a toccarla.
Monica gemeva disperatamente e lui le avvicinò la bocca all’orecchio.
‘Muori dalla voglia di essere scopata, vero?
Spiacente ma non rientra nel servizio.
Ora mi diverto ancora un po’ con la tua bella fichetta, e chiudiamo in bellezza con l’orgasmo di una troia masochista ed un po’ stagionata.
Sta tranquilla, non ti colpirò lì con la frusta, sarebbe un peccato sciuparla.’
Monica sentì le sue dita che la toccavano in profondità ed ebbe uno scatto quando trovò il clitoride gonfio e duro.
‘Ma senti che bella pisellina che hai, dura dura, di la verità, non ce la fai più, vero?
Tranquilla, ora prima la spupazzo un po’, poi vedrai che basterà qualche colpetto per farti raggiungere il paradiso.
Monica gemeva sempre più forte, mentre lui continuava a toccarla, ed i suoi lamenti ora riuscivano a superare la barriera di stoffa delle mutandine.
Con un gesto agile e veloce sollevò il cappuccio di pelle che lo proteggeva, lei abbassò gli occhi e rimase stupita, non le era mai capitato di averlo così gonfio e così grande.
Intanto lui si era messo di lato ed impugnava un corto frustino.
Cominciò a colpirla, con dei colpetti secchi e leggeri, prima sulle labbra, scure ad aperte, poi in mezzo.
Quando la punta del frustino le toccò il clitoride, Monica fu presa quasi da una scossa elettrica.
Il ventre della donna si contraeva e si rilasciava mentre i colpi si facevano più frequenti e più precisi, poi accadde tutto in un attimo.
La donna riuscì a sputare le mutandine, emettendo un gemito fortissimo, mentre uno zampillo usciva dalla sua vagina.
Ora era veramente finita.
Monica si sentì sciogliere i polsi e la caviglia ed adagiare delicatamente a terra.
Quando riuscì a rimettersi in piedi, i tre uomini erano spariti.
Raccolse da terra il vestito nero e rimase a lungo con slip e reggiseno tra le mani, ma si rese conto che non era in grado di sopportarne il contatto, fu già discretamente complicato infilarsi il vestito.
Dopo aver ficcato la biancheria nella borsetta si incamminò scalza sul prato in direzione del vialetto e strada facendo recuperò i sandali.
Ora il sole era più basso ma la sua pelle bruciava come se fosse stata tutto il giorno al mare senza mettere creme.
Per strada dovette camminare piano e con molta attenzione, per evitare che la stoffa sfregasse sulla pelle irritata.
Una volta a casa, dopo essersi fatta una doccia tiepida, con molta cautela, si mise a letto.
Era stanca e frastornata: era arrivata a quarant’anni per scoprire di sé una cosa che mai si sarebbe aspettata.
Mentre si rigirava nel letto, cercando di trovare invano una posizione in cui non sentisse dolore, la mente le tornò a qualche ora prima, quando era legata, in balia di quei tre sconosciuti.
Le sembrò di sentire il bruciore di nuove frustate, mischiato al dolore sordo di quelle vecchie, allora la sua mano scivolò lentamente sul ventre.
Con i polpastrelli sentiva i segni in rilievo delle frustate, proseguì fino ad incontrare il ciuffetto di peli pubici, e infine le dita trovarono la vagina, irritata dal frustino ma ancora eccitata.
Si guidò lentamente all’orgasmo, felice di avere finalmente la bocca libera per poter gemere e gridare liberamente, e si addormentò.

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