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Il lampo

By 23 Marzo 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Il volo era stato abbastanza lungo da guadagnare ben due ore di sonno. Non gli capitava spesso. Spostarsi in aereo era sempre un’emozione che tra check-in, attesa, imbarco e decollo non gli dava tregua che a metà viaggio. Solo quando era sopra le catene montuose indiane riuscì a chiudere gli occhi. Risultato: l’arrivo alle nove ora locale ad HK era stato duro in aggiunta alle sei ore di fuso di differenza.

Il sole accecante del mattino asiatico, misto al viaggio appena concluso ed al clima locale di primavera, già umido e caldo come maggio inoltrato, fecero il resto. Appena arrivato in albergo era distrutto e la doccia servì solo ad allentare la tensione accumulata. Era lì per lavoro, ovviamente, ma i primi contatti fortunatamente per il secondo pomeriggio. Decise di andare a dormire dopo aver fatto colazione in hotel. Ristorato da tre ore di sonno e non poco scombussolato dal viaggio, intorno a mezzogiorno decise di andare a fare un po’ di moto in palestra. In un grande albergo di HK, alle dodici, ben poche persone si concedono il lusso di fare attività fisica in piena giornata lavorativa. A quell’ora le strade brulicano di persone che passano da un ufficio all’altro o pensano al pranzo, ma non sono in shorts e maglietta. Quindi l’ala fitness dell’albergo era deserta.

Svogliatamente si mise a fare un po’ di corsa al tapis roulant, ma era solo per darsi un contegno in una giornata scombussolata. Aveva portato con se l’immancabile telefono per controllare di quando in quando la posta. Dopo circa 20 minuti di corsa poco convinta decise di defatigare il proprio corpo entrando nella sauna. Era deserta anche quella. Una musichetta orientale con toni soffusi di corde, lo cullava nel sudore incipiente. Improvvisamente aprì gli occhi sentendo aprire la porta della sauna. Entrò lei. Alta, molto alta, capello a caschetto biondissimo, naso affilato. Lui era nudo, completamente nudo e grondante dopo oltre quindici minuti di sauna; lei, invece si era presentata completamente avvolta nel lungo accappatoio bianco dell’hotel che arrivava fino al polpaccio ed era ben chiuso in vita. Normale per lui sia per il luogo, che per quell’aspetto di lei che si sarebbe detto da tedesca, emettere un ‘morning, benché fosse da poco passato il mezzogiorno. Anche lei rispose con un gentile ‘morning senza dare motivo di proseguire la conversazione. Lui uscì poco dopo avendo raggiunto i venti canonici minuti. Passando verso l’uscita, non prima di essersi passato l’asciugamano intorno alla vita, sbirciò l’apertura dell’accappatoio, ora aperta sotto fino all’inguine per le gambe accavallate e sul seno fino a mostrare un generoso scollo. Lei, infastidita dalle attenzioni di lui, emise un see you, molto meno cordiale del precedente saluto. Lei accompagnò le due sillabe ad un gesto repentino di chiusura della visuale e spostamento della mano destra al proprio collo, quasi a cercare sicurezza nel contatto con un gioiello a catena fine alternata ad anelli più grandi e tondi. Quel gesto non meditato, frutto di un sentimento di autodifesa, fece accentuare lo sguardo di lui che ora, sebbene per un breve attimo, la fissava negli occhi con un sorriso ammiccante. Lei non raccolse ed abbassò lo sguardo.

Fatta la doccia si spostò alle bici ed iniziò un programma defatigante. Dopo circa venti minuti arrivò la donna tedesca, ora meglio collocabile sui quaranta anni molto ben portati. Fisico imponente, altissima e regale nell’incedere, aveva una tuta grigia lunga e sopra un body celeste che faceva intuire le forme di un seno abbondante. Anche lei salì su una bici e iniziò a pedalare con le cuffie alle orecchie. Improvvisamente cominciò a parlare, sempre in inglese. Lui tese, anche se non avrebbe dovuto, l’orecchio e colse che si trattava di una telefonata di lavoro. Aveva una qualche attinenza con una fornitura di macchine utensili che dovevano essere consegnate e che ancora non erano pronte per la spedizione. Era lì ad HK per tutta la settimana ed avrebbe aggiornato il cliente sullo stato di avanzamento della fornitura. La donna al termine della telefonata disse: You can call me back in a couple of days: I also give you my personal mobile: 39 for Italy then” Il cervello di lui si svegliò come da un lungo torpore. Realizzò che quell’accento non inglese potesse essere italiano e che le due forme curve e sode che ondeggiavano sul sellino della bici li’ davanti non appartenessero ad una fredda teutonica, ma più probabilmente ad una donna italiana. Mentalmente si ripeté il numero due volte e, sceso dalla bici, lo scrisse nell’agenda del suo telefono. Poi, guadagnata l’uscita della palestra che era proprio di fronte a lei, fissandola nuovamente, le rivolse un cenno di saluto con gli occhi accennando ad un nuovo sorriso.

Dopo un’ulteriore doccia, si vestì e, consumato un leggero pasto al ristorante, era pronto per l’appuntamento delle sedici con gli avvocati di HK. Mentre era in taxi e scendeva dalle colline verdi verso il quartiere finanziario posto sul golfo, scrisse questo messaggio: Buon pomeriggio, sono arrivato stamani, stasera avrò sicuramente difficoltà a prendere sonno. Potremmo cenare insieme al quartiere del mercato del pesce. I miei sguardi profondi ed impertinenti, che hanno animato la tua sessione di sauna mattutina, potrebbero proseguire se avessi un abito sufficientemente scollato. Mi accompagneresti a cena?Alberto Accompagnò il messaggio di wapp con una sua foto in completo da lavoro, irridente ed ammiccante.

Passarono le ore in una noiosissima ed intensa riunioni con i legali della controparte e perse di vista il telefono. Alle 19,45 improvvisamente una vibrazione che preludeva ad un messaggio di wapp.

Era lei.

Ciao, mi domando spesso che personaggi esportiamo dall’Italia’.. Cercare di rompere alle donne in sauna di mattina &egrave da vitelloni. Chi ti ha dato il mio cellu privato? Mi devo arrabbiare con i portieri? Hai una tale faccia tosta che devo dirti di si, ma solo per capire fino a che punto osi disturbare una dolce donzella in trasferta di lavoro’. Maniaco  Ok, io sono alla stanza 720. Scendo alle 21. Francesca.

Rapide le due dita sulla tastiera composero questa breve replica. Alberto proseguì nell’impertinenza più spudorata.

E’ essenziale un profondo scollo, per ispirarmi cose indicibili’ Sotto Sei LIBERA di indossare, o meno, quello che vuoi. Ma anche una leggerissima sciarpa di seta al collo, perché solo io devo poter vedere ciò che voglio. Ed anche per altro’.  Alberto
Era lì per lavoro e non per divertimento. In quella settimana avrebbe dovuto incontrare varie controparti tra cui gli esponenti di una società americana che distribuiva in Cina materiali elettrici utili al suo cliente nel nuovo stabilimento cinese. Aveva scambiato varie mail di dettaglio con la controparte prima del viaggio ed era lì per gli ultimi ritocchi alla bozza di contratto che il giorno seguente avrebbe discusso con i rappresentanti del distributore. Si salutò con gli avvocati locali solo dopo aver definito la strategia e la scaletta per la riunione del giorno seguente. Alle 10,30 si sarebbe tenuta la riunione tanto attesa.

Tornato in albergo fece appena in tempo a docciarsi per l’ennesima volta. HK &egrave invivibile già a fine maggio. Poi si presentò nella hall dell’albergo. Aveva un paio di pantaloni beige con risvolto, una leggerissima camicia di lino appena stirata che non avrebbe tardato, hailui, a prendere mille pieghe ed una giacca blu casual. Scarpe allacciate marroni scure.

Lei si presentò. Aveva i canonici 5 minuti di ritardo. Indossava un vestito verde smeraldo, di un tessuto molto morbido e leggero, , lungo fino ai piedi, che ad ogni movimento lasciava intravedere in totale trasparenza le sue gambe; accollato davanti e raccolto da una cintura stretta in vita di un gros grain verde più scuro; sulla schiena, uno scollo dirompente. Due brillanti ai lobi delle orecchie le illuminavano il viso, ora sorridente. Ai piedi un paio di decollet&egrave nere con tacco sottile ma basso, diciamo l’ideale per non dare nell’occhio, vista la sua statura.

Sembra ancora più alta di quanto ricordavo, forse &egrave teutonica veramente. Pensò lui.

Una pochette di midollino intrecciato in mano insieme ad una sciarpa di seta. Quasi una sfida la sua:
Il messaggio di Alberto era chiaro nel richiedere il profondo scollo e lei si era messa un abito accollato sul decolté’ ma, aveva con malizia accettato di portare una sciarpa di seta.

Francesca si avvicinò ad Alberto e lo baciò su una guancia bassa’sfiorandogli l’angolo delle labbra: ‘Mi presento ufficialmente, sono Francesca: le presentazioni tramite una fredda tastiera retro illuminata non mi fanno impazzire: dove andiamo?’

Alberto sorrise stringendole la mano la portò fuori dall’albergo ‘Vieni con me’ Salirono su un taxi che si immerse nel caotico traffico attraversando la parte vecchia del centro passando dal vivo e luminoso SoHo verso la parte più antica di stampo ancora inglese: strade dissestate ed un taxista molto allegro contribuirono a creare un clima disteso e più armonico; molto diverso dal primo approccio in palestra. Superato Elgin Street si trovarono in un alveare di strade in salita tra banchi di frutta esotica ed il trambusto del mercato della carne e del pesce. Francesca indicando con un braccio sinistro alzato un anziano che friggeva gamberetti freschi fece un movimento che permise ad Alberto di sentire chiaramente la pressione del suo seno.

‘Lo fa apposta’ Vuole farmi sentire quanto le ha sode. Perché le ha davvero sode, cavolo’e non porta il reggiseno’. Anche perché come lo nasconderebbe con quello scollo dietro?’ – Pensò subito Alberto.

‘Avevo inizialmente idea di andare al mercato del pesce, scegliere quello che volevamo mangiare da vivo nelle vasche e farselo portare nei ristorantini che sono in fondo al vicolo, affacciati sul mare. E’ divertentissimo scegliere e immaginarsi le pietanze cucinate. Però c’&egrave sempre tanto chiasso ‘ come sai &egrave molto da turisti ‘ ‘. e per questo incontro ho preferito un luogo meno dispersivo” Disse Alberto, accompagnando la parte finale della frase con un sorriso ed uno sguardo che molto diceva sugli sviluppi possibili della serata. Un brivido lungo e profondo percorse la schiena scoperta di Francesca, fino in basso ben oltre l’inizio dello scollo, fino a lambirle il sedere ed a poggiarvisi sopra rimanendo lì a danzare e punzecchiarlo.

‘Primo incontro’.. questo pensa di aver trovato la fidanzata? Ma lo sa che le mie relazioni durano come le calls? Massimo 2 ore’. Meno dispersivo’? Non ha usato romantico e lo capisco, condivido, ma cosa avrà in mente? Vorrà mangiare e conversare o vorrà fare del sano sesso a tavola?’ – La mente di Francesca mulinava confusa tra mille idee.

Il taxi li fece scendere nella vecchia città dove Alberto, dopo aver velocemente pagato, invitò Francesca ad entrare in un locale la cui porta di ingresso era costituita da due ante telescopiche lucide e nere. Era in effetti un ascensore. Lo sguardo di Francesca era incuriosito. Pensò: ‘Mi ha mandato una foto in giacca e cravatta oggi: camicia azzurra con colletto bianco e cravatta blu’fa molto USA Professional. Spero che indossi i boxer. Vediamo se mi stupisce o mi tocca la solita serata ascoltando un uomo che si vende per quello che non &egrave. Ha qualcosa questo uomo che mi ha colpito’.ma non ho ancora ben chiaro cosa sia’.

Quando l’ascensore arrivò a destinazione Francesca si accorse di essere entrata da un accesso secondario del ristorante Peak di HK, il ristorante più glamour e fashion della metropoli: un must. Il cameriere salutò calorosamente Alberto quasi lo conoscesse e lo portò attraverso la magnifica sala esattamente dal lato opposto dell’entrata.

‘Ecco il solito italiano medio arricchito che si gloria del suo vile denaro appena guadagnato e me lo sbatte in faccia; non sapendo cosa fare abborda la bionda con le tettone in albergo, resisto 5 minuti e lo lascio a bocca asciutta. Tanto devo rivedere quella bozza di accordo di fornitura ”. In fondo mi porto sempre dietro il mio Ebf (elecrtic boy friend) mica per caso’..’ – pensò Francesca.

Il cameriere oltrepassò la sala del ristorante da cui si godeva di uno skyline più unico che raro e, dopo aver aperto una serie di porte e attraversato due brevi corridoi, li accompagnò in un piccolo terrazzino a strapiombo sulla città, dove erano presenti pochi tavoli, non tutti occupati, illuminati da candele; una perla più unica che rara’ Alberto si girò e con un sorrisino disse: non mi piaceva il dentro del ristorantone, ti va un bicchiere qui e poi andiamo a cena in una trattoria sul mare? Una coppia in un tavolino chiacchierava’in sottofondo si sentivano le note di The Girl from Ipanema.

Si misero a sedere ed ordinarono: un americano per lui’un bicchiere di vino rosso per lei. Una brezza leggera muoveva il vestito di Francesca scoprendo parti del suo corpo. Lui non si fece trovare impreparato e le sue gambe finirono sotto la lente dei suoi occhi indagatori. Le percorse lentamente, con disinvolta impudenza, dalla punta delle scarpe fino a ben sopra il ginocchio lasciato ora scoperto dallo spacco del vestito color smeraldo. Quindi alzò lo sguardo verso gli occhi di lei ed indugiò come a voler fare il resoconto di quanto appena carpito con le pupille. Lei, ancora non completamente cosciente di essere in presenza di un soggetto privo di inibizioni, si sentì lusingata per l’attento sguardo ma anche in forte imbarazzo, seguito immediatamente da un secondo brivido, molto più profondo del precedente che le dette la sensazione di essere in cima alla salita delle montagne russe, quando il baricentro del corpo &egrave percepibile dentro lo stomaco ed in prossimità dell’inguine. Questo secondo brivido, più pungente e persistente del primo, andò a posarsi dentro di lei, proprio lì e cominciò a scavare le sue certezze.

‘Cavolo, non posso sentirmi così elettrica per uno sconosciuto e due messaggi di whatsapp’. Devo usare più spesso anche le palline cinesì che, come dice la Lu, sono così distensive . Rischio di abbassarmi sotto il tavolo prima di mangiare la seconda tartina. Francesca, un minimo di contegno’sei una Signora” – Pensò lei dissimulando l’imbarazzo che le montava.

‘Questa donna ha qualcosa di particolare ma ancora non capisco’ – pensò Alberto, titubante sul fatto di aver forse fatto un errore – ‘Una vodka al bar ed una giovane donna asiatica mi avrebbero regalato maggiori gioie? A parte che sono nanerottole a me proprio l’idea di andare per alberghi a trovare una disponibile per soldi proprio mi deprime. Vuoi mettere il divertimento di provarci dal vero e magari rimediare un ceffone? Meglio, così mi stampo in testa il peso della sua mano e se mi sego, penso a lei’ ‘.

Iniziarono a parlare’perché sei qui’quando riparti..che lavoro fai’ti piace HK’ed il tempo passava molto velocemente. Rimasero sul generico circa gli impegni della settimana, ognuno aveva in mente altro, a suo modo, ma altro. Ordinarono il bis. Alberto mentre Francesca parlava le guardava le mani; lunghe, affusolate con un anello con tre pietre che riproducevano la bandiera italiana ed emanava una luce molto intensa e pensò: Chissà come avvolgerebbero bene il mio cazzo.

Avvicinò la sedia a quella di Francesca e guardandola negli occhi le chiese infilandole una mano fra le cosce: ‘Io avrei voglia di qualcos’altro e tu?’ E mentre aspettava la sua risposta con l’indice le scostò gli slip e iniziò ad esplorarla nel suo intimo fissandola negli occhi. Lei, non mosse lo sguardo mai.

Gli occhi di lei esprimevano meraviglia per il gesto inatteso di lui, ma parlavano di ghiaccio che si scioglieva, molto più velocemente di quello dell’americano nel bicchiere di Alberto.

Francesca pensò: ‘Ora mi devi dire come fai a permettere ad un semi sconosciuto di frugarti fra le gambe sotto il tavolo’.?’ Non seppe trovare una risposta ma quando lui, con gesto indecente, tirò su la mano e le mostrò l’indice luccicante solo per un momento per poi tuffarlo rapidamente nell’americano e quindi rimetterselo in bocca, la risposta le fu chiara. Era un episodio di follia pura che mai avrebbe raccontato alle sue amiche. Quelle robe da Erasmus che si favoleggiano e non si sa bene se poi si sono fatte davvero. Quelle avventure da circoletto rosso sull’agenda della mente che sono al confine tra fantasia e rimpianto. ‘.. ‘Se quella sera avessi lasciato il freno”. Se gli avessi messo le mani addosso mentre mi riaccompagnava a casa dopo il cinema” Se al matrimonio della Cicci, quando avevo quel bel vestito panna, in bagno con lui, mi fossi chinata e gli avessi slacciato i pantaloni’..’

‘Ecco cosa mancava nel drink. Non li sanno fare qui. Mancava una punta acida, ma credo di aver trovato la fonte stasera’. Spero almeno’.’ ‘ disse Alberto con fare di sfida, guardandola negli occhi rapiti. La fica di Francesca ora non solo era molto liquida per l’intervento del suo indice, ma pulsava quasi da farle male. Un turbine di corpi lingue e gesti non calcolati le girava in testa, doveva fare qualcosa per riprendere il controllo.

‘Alberto scusa, mi sono dimenticata che devo spedire una mail importantissima, una rottura di lavoro. Faccio una telefonata rapida e poi scrivo, ok?’ Torno tra cinque minuti. Si alzo dal tavolo con le gambe molli e, nonostante un tacco di soli 5 centimetri, fece fatica ad articolare i primi passi senza troppo ondeggiare e perdere l’equilibrio. Si diresse verso l’interno del ristorante cercando il telefono nella pochette e quindi al bagno. Lui non poté sottrarsi dal guardarle il culo. Quel culo che stamani gli ondeggiava fiero e tonico sulla cyclette, adesso era ancheggiante e fasciato da un vestito che nulla lasciava all’immaginazione.

Francesca appena in bagno, fece pipì, si asciugò e vide quello che temeva ma sperava non fosse accaduto. I suoi slip era chiazzati dei suoi umori e la carta con la quale si asciugò disegnò un segmento di liquido lucente e denso, quasi della consistenza dello sciroppo di zucchero, che poi per gravità si trasformò in un arco per ricadere nello slip abbassato peggiorando solo la situazione. Non poté fare a meno di indugiare nel gesto, questa volta senza carta e con le sole dita, ma la cosa non le diede sollievo alcuno. Decise rapidamente di smettere ancora più eccitata e, con respiro affannoso, prese la decisione di sfilare gli slip ormai veramente bagnati. Non sarebbe stato carino quel diaframma di cotone, se lui avesse osato di nuovo esplorare. Meglio un contatto diretto.

Uscendo dal bagno, regolarizzato il respiro, digitò una rapida mail al suo capo dicendo che era tutto ok per l’appuntamento del giorno dopo, che aveva studiato la documentazione ed avrebbe portato a casa la fornitura.

Tornando al tavolo vide che Alberto si era permesso di ordinare del vino rosso per entrambi, servito in due bicchieri ed apprese che aveva anche ordinato insalata di medusa piccante e del pesce al forno. Il bberry di lui adesso lampeggiava rosso. Lui lo sfilò dal contenitore in cuoio, si scusò, lesse il messaggio ed escalmò: ‘Che palle sta gente.. Fino a ieri parli e ti azzanni con uno che sta a in Usa, ci parli venti volte e ti da appuntamento qui, tu vieni, poi all’ultimo secondo dell’ultimo minuto non può più e manda un altro’ Inaffidabili certe persone. E domani, magari, parlo con una nullità vestito Hugo Boss con le scarpe a punta finto coccodrillo, sai di quelli che non tolgono nemmeno l’etichetta cucita dalla manica delle giacca’?. Me lo vedo domani come se fosse davanti a me’.’. Sorseggiò, un po’ scocciato, l’ottimo rosso che nel frattempo si era ossigenato.

Lei riprese il controllo della conversazione accodandosi ‘ orribili le etichette sulla manica, ma devo contraddirti. In USA lo hanno capito. E’ qui in Asia che spopolano”.

La medusa marinata era piccantissima ed aiutò i due a riprendere una conversazione normale e più consona ad un’uscita a due. Il rosso faceva l’effetto di amplificare gli sguardi e gli ammiccamenti di entrambi. In attesa del pesce arrosto, lui tirò fuori un cofanetto piccolo ed allungato, che si sarebbe detto perfetto per un bracciale od un orologio. Lo allungò sul tavolo in direzione della mano affusolata di Francesca. Quindi riprese il bberry, digitò qualcosa rapidamente e fece invio. Lei ancora stava guardando la scatola di cuoio blu, pensando quanto fosse fuori luogo un regalo da parte di lui. Uno sconosciuto non fa regali al primo incontro ed anche se fosse, sarebbe inappropriato. La rabbia le stava montando in testa e stava producendo l’effetto di asciugarle la fica ancora gonfia, quando il suo telefono emise un bip bip da messaggino.

‘Mentre il pesce viene sfornato e fatto a porzioni, puoi, anzi devi, andare nuovamente in bagno ed indossare questo ritrovato della tecnica. Poi per un po’ comanderò io” ’. Era Alberto ora che, in tono beffardo, la stava guardando giocherellando con un piccolo rettangolo di plastica con qualche bottone, come i telecomandi dei cancelli.

Francesca abbassò lo sguardo tra l’intimidito ed il tono di sfida e, questa volta salda nelle gambe, con fare deciso ed andatura spedita, raccolse pochette e scatola dirigendosi nuovamente alla toilette. Mentre andava aveva solo una vaga idea del contenuto della scatola e pensò: ‘Se questo pensa che io mi metta un perizoma squallido coi lustrini da lap dancer si sbaglia di grosso’. Francesca, dammi, ti prego, una valida ragione per la quale ti sei alzata non per tornare in albergo ma per assecondare un ordine impartito da quello scemo’. ‘ Ma poi sentendo che tra le sue cosce cominciava a pulsare nuova linfa si dette la risposta da sola.

Bip bip, nuovo messaggio di lui: ‘Imperdonabile mancanza. Scusa avrei dovuto dirtelo ma mi sembrava quasi ovvio. Devi infilarlo dietro’.  e mandarmi una foto appena indossato’. Quel messaggio le arrivò quando, dentro al bagno, chiusa la porta alle proprie spalle, stava per aprire la scatolina. Quasi le mancarono le ginocchia al vederne il contenuto mentre leggeva il messaggio.

La scatolina conteneva un piccolo plug di forma elicoidale irregolare, quasi come la punta di certi coni gelato creati da commesse gelataie estrose. Una sorta di pirulo, non lungo ne grosso, ma irregolare. Il materiale di cui era fatto sembrava gomma semitrasparente di un profondo blu elettrico. All’interno era a malapena visibile una serie di cavetti elettrici ed un congegno meccanico. L’oggetto stava vibrando, in modo irregolare ma vibrava a tratti. Pause, vibrazioni, il tutto come animato da un invisibile topolino impertinente.

Francesca disse sottovoce, consapevole che in bagno a HK nessuno avrebbe captato il senso di quella frase: ‘Questo &egrave proprio un porco senza limiti. Eppure mi sta rigirando sulla punta delle ‘ sue dita’E io come una cretina sono qui che sto cercando come infilarmi nel culo questo coso senza farmi troppo male’.’. Incapace di resistere all’idea, rapita dalla novità e dalla stranezza del suo interlocutore, vide il dispenser di sapone, ne fece scivolare una goccia sull’indice e sul pollice della mano destra e, dopo averlo ben cosparso su quel ‘coso’, si alzo le ali del vestito guardandosi allo specchio. Il suo sedere svettava ora fuori e mentre con la mano sinistra si allargava un gluteo, con la destra lentamente forzò la sua apertura più delicata.

Era consapevole che stava facendo una porcata micidiale e che non l’avrebbe mai raccontato a nessuna delle sue amiche. L’aiutava solo l’idea che quell’uomo sarebbe uscito dalla sua vita dopo quella sera e che si trovava a nove ore di volo da casa. Eppure lo stava facendo, quasi rapita, come se in quel momento lui la stesse vedendo e le dettasse modi e tempi cui docilmente adeguarsi. La punta era stretta e non trovò resistenza facendola rilassare; la fronte le sudava per la posizione scomoda e per l’adrenalina prodotta, nonostante l’aria condizionata a palla. Una cantante jazz lanciava melodie languide e questo l’aiutò a superare l’imbarazzo della successiva intrusione della parte più larga ed irregolare di quell’aggeggio. Subito arrivò una scarica di movimento e le si accese un lampo nella testa. La sensazione era di piacevole intimità violata. Piacevole era il contatto del plug con le sue pareti interne, contigue alla fica. Ma pur sempre di violazione si trattava, soprattutto tenuto conto che non era lei a deciderne l’intensità la frequenza e la durata. L’oggetto che aveva una lunghezza totale di circa otto-nove centimetri era piacevolmente entrato nel suo culo. Piacevolmente; ma questo non lo avrebbe mai ammesso apertamente per pudore. Il finale del coso era più largo, aveva una sorta di due alette con le quali restava fuori ben ancorato ai bordi esterni del culo. ‘Intelligenti, questi maiali, però.. Le pensano tutte’ così almeno non rischio di ingoiarlo tutto se mi siedo o mi muovo per una salsa” ‘ pensò Francesca. Poi si ricordò che doveva dare prova documentale del tutto e, sporgendosi col culo all’insù verso lo specchio si scattò una foto dalla quale risultava inequivocabilmente un culo in bellissima mostra, una testa voltata con caschetto biondo ed un lampo in mezzo al campo. Era una finta pietra luccicante, posta a mo’ di gioiello, in fondo al coso. Il flash del telefono l’aveva illuminata ed era stato riflesso da quella pietra i cui raggi invadevano la scena in ogni direzione. Si sarebbe potuta definire una foto artistica ed originale, se solo non fosse stato il suo culo ad ospitare quel fascio di luce, pensò tra il rapito e l’irritato. Ma improvvisa e subdola una nuova scarica di moto interno le sconvolse la fica ed il culo. Non aveva mai fatto caso nelle sue rare auto-esplorazioni retrospettive, forse timide e mai veramente motivate da un sacro volere di apprendere, quanto fossero comunicanti le pareti del culo e della fica. Talmente lo erano che le vibrazioni del coso, partendo da dietro, si propagavano davanti e le salivano al cervello facendole perdere lucidità. Mai lo avrebbe ammesso, mai confessato, ma quella nuova prospettiva del piacere la stava davvero conquistando.

Attaccò la foto al messaggio di wapp, quindi scrisse in un momento di pausa delle vibrazioni: ‘Posso tornare a tavola o devo continuare a farmi selfies per tutta la sera? Sai, questa &egrave venuta anche benino, ma mi trema un po’ la mano”. ’. Passò una salvietta di stoffa sotto l’acqua gelida del lavandino, la fece scivolare sulle guance ‘ fortuna che non usava il fondotinta ‘ e fu pronta a tornare a tavola, sperando di trovare il pesce al forno e fortemente intenzionata a chiedere una regolazione delle vibrazioni più consona e moderata.

Lui la accolse con un sorriso impertinente ed il telecomando in mano. ‘Un’ultima scarichetta random e poi lo spengiamo, sennò il pesce si fredda”. L’ultima scarica, fortissima e lunga la colse impreparata mentre stava sistemando l’abito sotto il sedere nell’atto di poggiarsi sulla poltroncina del tavolo. Un ‘Bastardo” e due occhi liquidi accompagnarono il suo corpo verso quella tormentata seduta. Aveva appena avuto un orgasmo devastante in presenza di un semi sconosciuto, in un luogo pubblico e con un coso dietro….

Il pesce era ottimo, ben cotto e morbido. Una specie di cernia con carne bianca saporitissima e profumata. Il vino accompagnò il cibo e contribuì a distendere gli animi.

Alla fine del piatto, giocherellando come non si dovrebbe, con un pezzo di pane quasi a raccogliere l’intingolo di guarnizione del pesce, Francesca alzò lo sguardo e disse: ‘Abbiamo cenato, abbiamo parlato e ci siamo presentati un po” Quali sono i tuoi programmi per la serata? Hai intenzione di farmi tenere quel coso qua dietro fino a notte fonda?’ Implacabile arrivò una nuova vibrazione alternata che la fece sussultare. ‘Ok, scherzavo, ti prego non resisto. Posso convivere con la presenza ma non con le vibrazioni improvvise’ Mi rendono insicura ed incapace di conversar’. Argh ‘ ed interruppe la frase cercando di stringere la tovaglia con la lunga mano. ‘Insomma, penso di non poter resistere questo stillicidio’. Argh’. Le frasi erano sempre interrotte ogni volta che Alberto, con apparente noncuranza delle parole di lei, premeva i tasti del telecomando a suo piacimento. O forse era un disegno prestabilito, un gioco di ruoli che si andava delineando nel quale era lei a condurre, con la sua apparente debolezza, la mano di lui su quei meravigliosi tasti.

Ora Francesca aveva ambedue le mani affusolate sugli spigoli del tavolo e cercava di tenere così la schiena eretta per non cedere al languore che le proveniva dal culo e dalla fica, ambedue stimolati dal coso, come lei stessa lo aveva ribattezzato con brillante ironia.

Continuando a guardarla negli occhi, Alberto, infilò la mano sotto il tavolo fra le sue gambe e ricominciò a toccarle il clitoride. La sensazione di quel contatto, unita ad altre scariche e la consapevolezza di poter essere scoperta dagli altri clienti ai tavoli vicini, erano un mix esplosivo. Si sentiva completamente esposta, violata, a disagio per non poter esprimere completamente ciò che provava dentro, per paura di essere scoperta da quegli estranei’. Eppure le stava montando nuovamente un calore inconfondibile; sentiva le tette indurirsi e i capezzoli premere sul sottile abitino verde di tessuto leggero e fasciante.

‘A guardare i bottoncini del vestito, si direbbe che non sia così male’.’ ‘ Disse Alberto con fare di sfida.

‘Ti prego portami in albergo, ho voglia, ma qui mi imbarazzo troppo. Non posso resistere a lungo’. Argh’ Hai vinto questa partita, ma ora concedimi l’onore delle armi’. ‘ Disse Francesca con occhi languidi, abbassando lo sguardo. Lui accelerò il ritmo della stimolazione con le dita e lei, emettendo un ultimo sussulto camuffato con due colpi di tosse, venne per la seconda volta accasciando il viso sul lato del piatto. Incuriositi due vicini di tavolo si voltarono e pensarono si fosse sentita male improvvisamente. In realtà era in liquido delirio sotto quel vestito verde. Per la seconda volta, con gesto lento e studiato, lui portò quel dito alle proprie labbra e cominciò ad assaporarlo sorridendo. Aveva uno sguardo diabolicamente affascinante ed estremamente sensuale. Francesca lo avrebbe mangiato se solo ne avesse avuto le forze.

Si avvicinarono all’uscita, lui lasciò del denaro al maitre di sala e raggiunsero l’ascensore. Nei quindici piani di discesa Francesca si buttò su di lui, iniziò a baciarlo in modo profondo e sensuale come a voler trasmettere il calore che ancora le emanava dalla fica pulsante. Cercò anche, senza successo, di insinuare una mano nella tasca dei pantaloni di lui, non per cercargli l’uccello, che sentiva premerle davanti, ma piuttosto alla disperata ricerca del telecomando, fonte di quelle vibrazioni irresistibilmente deliziose. Uscendo dall’ascensore Francesca ebbe modo di lanciare un fugace sguardo allo specchio e vide il proprio volto sconvolto dall’eccitazione. Gli occhi erano molto più grandi del normale e le pupille dilatatissime e liquide. ‘Molto meglio del mio Ebf’, senza dubbio’.’, ebbe la lucidità di farfugliare dentro di se.

Durante il breve viaggio di ritorno in taxi Alberto fu gentile e comprensivo. Utilizzò il telecomando solo tre volte. Ogni volta le unghie della mano di Francesca affondavano nell’avambraccio di lui per trovare un appoggio, persa com’era in quel delirio di sensazioni. Non osò commentare l’atteggiamento di lui nel timore che frequenza od intensità venissero aumentate per ritorsione. Scesero dal taxi davanti all’albergo e lei, malferma nelle gambe, faticò a compiere i venti passi che la separavano dagli ascensori.

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