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Racconti Erotici Etero

Il mio professore

By 4 Maggio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Bussai.. “Permesso?”
“Avanti” rispose l’uomo oltre la porta.
Entrai, era alle prese con i fogli dell’esame, non alzò nemmeno lo sguardo.
“Buongiorno professore, sono ******, le ho mandato una email stamane, vorrei visionare il mio compito se fosse possibile..”
Finalmente alzò la testa, e, quasi sorpreso, mi sorrise..
“Ah, è lei..”
“Ehm, si..” Risposi, riflettendo sul significato di quel “ah, è lei..”, sono io chi? cosa?
Sono io l’alunna che ha fatto quel brillante compito, sono io l’alunna che è riuscita a sbagliare tutto… sono io quella *****, a cui spesso esclusivamente finisce per spiegare a lezione?
“Aspetti un attimo che prendo il suo compito, si accomodi nel frattempo se vuole” disse, invitandomi a sedere.

Era un uomo affascinante, aveva già passato la cinquantina, un ottimo insegnante, mai noioso, divertente, interessante. A lezione lo ascoltavo sempre affascinata, spesso, anche a causa della disattenzione dei miei colleghi, finiva per spiegare solo rivolto verso di me, sorridendo. Io dal canto mio, lo ascoltavo, e lo guardavo con ammirazione. Ogni tanto mi scoprivo pensante a lui, non come mio professore, ma come amante. Non lo immaginavo accanto la scrivania, col puntatore laser, lo immaginavo su di me, sudato, ansimante.

“Eccolo qui, 28, peccato, ha sbagliato solo la domanda sulla cross reattività”
“Eh, lo so, l’argomento non mi era chiarisismo, e non ero perfettamente in forma il giorno dell’esame”
“Non si preoccupi, può comunque migliorare con l’orale, la prossima settimana. Venga, si sieda accanto a me, le spiego meglio questo argomento”
Ci sedemmo dallo stesso lato della scrivania, poco distanti. Il prof. aprì il libro, e mi disse sorridendo “Si avvicini, non la mangio mica”.
Risposi con un “pardon” imbarazzato.
La spiegazione non fu la solita: ci fissavamo, tentando di reggere uno lo sguardo dell’altro. Vedevo i suoi occhi indugiare più volte sulla mia mano sinistra, incastrata tra le due gambe accavallate, inpudicamente vicina al pube, o sulla destra che giocherellava con la penna, nella pausa tra un appunto ed un altro. Da parte mia, il mio sguardo cadde involontariamente, ma instintivamente, sul cavallo dei suoi pantaloni, notando una inequivocabile turgidità al di sotto della stoffa. Probabilmente se ne accorse, smise infatti per un attimo di parlare, guardandomi negli occhi. Imbarazzata abbassai lo sguardo, appuntando qualche parola senza senso sul quaderno, tentando di recuperare la situazione.
Questa invece si ripetè più volte. Più volte gli occhi cadevano dove non avrebbero dovuto, e più volte tentavamo uno di spiegare lucidamente, l’altra di capire qualcosa di quella insolita spiegazione.
Poi finalmente il tormento terminò.
“Tutto chiaro?” disse con voce roca..
“mh-mh” Annuì, deglutendo… cominciando a posare il quaderno nello zaino.
Girò la sedia verso di me, pose la sua mano destra sul mio ginocchio, fissandomi come se aspettasse la mia risposta.. Poteva continuare?
Da parte mia rimasi immobile, con lo sguardo fisso al suo. Il suo respiro si fece più pesante, il mio battito accelerava, cominciai a sudare freddo. Per quanto avessi avuto diversi uomini molto più grandi di me, quello era comunque il mio professore, ed era l’uomo che avevo desiderato per lungo tempo, l’uomo che immaginavo mi stesse scopando quando spiegava a lezione, o quando facevo l’amore col mio ragazzo. Nella mente mi frullavano mille pensieri.. cosa fare? Rimanere, appagare finalmente la mia voglia? Scappare?
Si sa.. Le voglie possono essere insistenti, forti, martellanti.. si arriva a desiderare a tal punto una persona, che anche solo il suono della sua voce, scatena una reazione fisica ed emotiva consistente… Ma la realtà è un’altra. Quando si arriva realmente a ciò che si desidera per lungo tempo, non sempre quello che si prova è un puro e forte eccitamento, diventa piuttosto autentica paura.
Istintivamente, conscia che me ne sarei pentita, mi alzai, presi lo zaino, ed imbarazzata dissi “Le chiedo scusa professore, ma non posso trattenermi oltre, la ringrazio”. Mi voltai e mi diressi verso la porta.
“Eva!” mi chiamò il prof.
Mi bloccai..
“Spogliati”
Sentivo nitidamente il battito cardiaco nelle tempie, ero bollente, la salivazione praticamente assente. Restai così qualche secondo, confusa ed eccitata..
Lasciai cadere lo zaino per terra, tolsi la giacca, sempre dandogli le spalle, la lasciai cadere per terra. Sfilai la maglietta, sbottonai i pantaloni, lasciandoli scivolare verso il basso con un leggero movimento delle gambe. Li tolsi del tutto, aiutandomi con i piedi, una volta giunti sul pavimento.
Mi aspettavo qualcosa.. che si avvicinasse, che mi parlasse. Ma non accadde nulla di tutto questo. Mi voltai, era ancora seduto sulla sedia, mi fissava, cominciando a sbottonarsi la camicia. “Vieni qui” disse. Sorrisi, portai le mani dietro la schiena, slacciai il reggiseno, e lo tolsi. Mi incamminai verso di lui. Mi fermai solo quando il mio ginocchio toccava il suo, piegato. Allungò le mani, le portò sul bacino, con il pollice seguì la forma delle ossa iliache sporgenti, salì verso l’alto, ma non sfiorò neanche il seno. Si portò sugli avambracci, scendendo lentamente verso le mani. Le strinse, e le portò alla bocca, baciandole dolcemente. Lo lasciai fare, mi avvicinai ancora… e mi sedetti a cavalcioni sulle sue cosce. Scostai le mani, che si posarono sulle sue spalle, e lo baciai, con dolcezza, con passione, con voglia. Le nostre lingue si cercavano, le labbra carezzavano il labbro altrui. Il respiro di entrambi si fece veloce, pesante, quasi rumoroso. Mentre con le mani mi accarezzava la schiena, le spalle, scendendo verso il sedere, e mi stringeva a lui, facendo si che il mio seno toccasse il suo petto villoso, che i miei capezzoli si inturgidissero. Continuando a baciarlo, portai la mia mano destra verso il cavallo dei suoi pantaloni, sentendo il suo membro già potentemente gonfio e turgido. Slacciai la cintura, sbottonai i pantaloni, infilai la mia mano oltre i suoi boxer, cominciando a massaggiare il suo pene. Lo sentivo pulsare, lo sentivo diventare sempre più caldo, e sentivo la mia fighetta inumidirsi sempre di più. Mi alzai, mi misi in ginocchio, ai suoi piedi. Slacciai le scarpe e con il suo aiuto sfilai i pantaloni ed i boxer, da cui svettò un membro imponente. Mi avvicinai ad esso con le labbra, cominciai con piccoli baci sul glande, baci che divennero sempre più umidi. Proseguì con la lingua, stimolando il piccolo buchino in cima e tutto intorno la base del glande, soffermandomi sul frenulo.
Sospirò, e mi carezzò i capelli. “Continua Eva ti prego..”.
Non me lo feci ripetere, lo infilai tutto in bocca, stringendolo alla base con le labbra, e risalendo su tutto il corpo del pene.
“Mmmmmmh” fu la sua risposta.
Iniziai un appassionato bocchino: con le labbra lo stringevo, lo succhiavo e con la lingua stimolavo la punta, la giravo tutto intorno, e scendevo di nuovo con le labbra; mentre la mia mano destra segava quella meravigliosa verga, e la sinistra, saliva in alto, cercando la sua bocca. L’afferrò con la sua, la portò alle labbra, cominciò a baciarmi le sottili dita, e cominciò a fare loro quello che io stavo facendo al suo pene. Succhiavamo, leccavamo, baciavamo la carne che era nelle nostre bocche.
“Basta… non voglio venire adesso..”
Mi fermai, mi alzai, sfilai gli slip, e mi rimisi nella posizione precedente. Aiutandomi con la mano, portai il suo membro sull’entrata della mia stretta e bagnata fighetta, e lentamente lo lasciai scivolare dentro. Sospirammo entrambi, mugolammo entrambi, fin quando non entrò completamente, sentendolo sbattere contro il collo dell’utero.
Cominciai una lenta cavalcata, su, giù, avanti ed indietro. Ci guardavamo, i miei occhi, lucidi per il piacere fissavano i suoi, neri, profondi. Il piacere saliva man mano che il ritmo aumentava. Mi appoggiai con le mani sullo schienale della sedia, affinchè la cavalcata diventasse più profonda e veloce, offrendo il collo alla sua avida bocca. La leccò, la carezzò con le labbra, sentivo il suo respiro sul mio collo umido, sentivo la sua bocca afferrare la pelle, mordicchiarla e succhiarla.
Godevamo, testimoni i nostri respiri, i nostri mugolii i nostri ansimi. Cercava le mie labbra, abbassai la testa e ci baciammo, ora con dolcezza, ora con passione, soffocando i gemiti di piacere che le nostre bocche emettevano.
Sentivo l’orgasmo sempre più prossimo, avvertivo il mio ventre che cominciava a contrarsi, aumentai ulteriormente il ritmo, fin quando non arrivò, potente: un ondata di piacere che partì dal basso, espandendosi fino alla testa, fino alle dita dei piedi. Inarcai la schiena, reclinai il capo, tentando di trattenere l’urlo di piacere, digrignai i denti, serrai le labbra, chiusi gli occhi. Mi fermai, le mie gambe ed il mio bacino erano stremati, il mio respiro ancora irregolare. Sopraggiunse anche la pelle d’oca quando sfiorò la mia schiena sudata con la punta delle dita. Tornai alla sua bocca, lo baciai e gli sussurrai “Ancora, ti prego, ancora…”.
Mi alzò, con le mie gambe incrociate dietro la sua schiena, mi portò sulla scrivania, e li mi poggiò. Lui, in piedi, alzò le mie gambe, sulle sue spalle, e cominciò a muoversi. Non incontrò attrito alcuno, il mio orgasmo aveva reso un lago la mia fighetta. Sentivo i miei umori scendere, verso il culetto, mentre il suo membro mi penetrava poco più in alto. Lo sentivo muoversi dentro di me, in profondità, aiutato da quella favorevole posizione, riusciva a scoparmi affondando tutto il suo membro dentro le mie carni. Con le dita carezzò le mie labbra, entrò in bocca, e giocò con la mia lingua. Succhiavo il suo indice, lo leccavo, lo baciavo, lo riempivo di saliva..
Lo sfilò dalla bocca, e lo portò sul mio culetto. Lo guardai vogliosa, ansiosa di sentirlo dentro. Aiutato anch dai miei umori, il dito entrò senza alcuna difficoltà, e prese a muoversi, lentamente, accompagnando la penetrazione. Godevo, godevo, come non avevo mai goduto prima. Portai le braccia in alto, strigendo le mani lungo il bordo della scrivania; tenevo fermo il mio corpo, così da rendere più piacevole di quando già non fosse quella meravigliosa scopata. E nel frattempo il secondo orgasmo si avvicinava sempre di più. Ma sentivo anche lui, ormai prossimo all’apice del piacere: mi guardo, chiedendomi “posso?”. Sorrisi annuendo.
Abbassò le gambe, si portò su di me, appoggiando il suo petto al mio, ed accelerò il ritmo.
“Vieni amore, vieni…vieni insieme a me” sussurrò.
Bastarono altri due affondi per portarmi all’orgasmo per la seconda volta, questa volta accompagnato da un fiotto di seme caldo che sentì riempirmi la figa.
“Mmmmmmmmh” gememmo all’unisono. Strinsi le gambe intorno alla schiena, mentre i suoi lombi contratti, spingevano in fondo a me il suo pene. Poi si rilassò, poggiando la sua testa sul mio seno. Rimanemmo così per un paio di minuti, tempo che il respiro tornava normale, ed il battito cardiaco rallentava. Sciolsi le mie gambe da dietro la sua schiena, poggiando i talloni sul bordo della scrivania. Alzò il capo, cercò la mia bocca, mi baciò, mi strinse a se e disse: “Meravigliosa…. mia!”

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