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Il mio segreto ha il colore dei tuoi occhi

By 1 Agosto 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Shamu, ho ventitré anni e sono un’illustratrice.
Il che equivale essenzialmente a dire che sono disoccupata.
Sto con un ragazzo, Davide, da due anni. Lui &egrave un musicista. Alto, moro, con dei dolcissimi occhi color nocciola. &egrave un ragazzo distratto, con la testa perennemente tra le nuvole. Entra nel panico facilmente, si perde d’animo ancor più facilmente. Per molti versi &egrave come me: inizia mille progetti, non ne finisce mezzo.
Abbiamo molte cose in comune, però. Ad esempio l’amore per il sesso. A letto, diventiamo due persone totalmente diverse: piene d’iniziativa, bramosi e affamati l’una dell’altro.
Ma non &egrave del mio ragazzo che parlerò in questo racconto, sebbene la sua presenza sia fondamentale e abbia dato inizio a tutta questa storia.
Tre mesi fa ero con Davide alla mostra di un suo amico, illustratore anche lui. Una mostra di una noia mortale, durante la quale era d’obbligo ostentare sorrisi palesemente falsi e felicità per il raggiungimento di una gioia per me – almeno per ora – inarrivabile. Gente noiosa, gente che odio, gente che mi &egrave totalmente indifferente e io in mezzo a loro a far finta che tutto questo non m’innervosisca.
Dopo un paio d’ore di quei tedio infinito, afferro la giacca e vado fuori per fumare una sigaretta e liberarmi almeno temporaneamente della mostra e dei noiosissimi amici di Davide.
Esco, faccio qualche passo fuori e inizia a piovere. Mi sfilo la giacca e la uso per coprirmi la testa mentre continuo a passeggiare nei dintorni.
Uno degli aspetti più seccanti del girovagare in centro, &egrave la presenza quasi ad ogni isolato di ragazzi armati di pettorine e volantini recanti il logo di associazioni varie che ti avvistano a isolati di distanza per chiederti soldi per questa o quell’altra causa. Volontariato, ricerca sul cancro, animalisti, ambientalisti, e chi più ne ha più ne metta. Detesto essere fermata per strada, soprattutto quando piove, soprattutto quando non ho soldi e devo fare la parte della pezzente perché al ‘non ho nulla, mi dispiace’ non credono mai. Ma sul serio, fossi ricca, facessi mostre come quello smidollato dell’amico di Davide, avessi anche un ambìto posto da friggitrice di patatine al Mc Donald’s allora sì, donerei anche all’Associazione Amanti del Fungo Cardoncello.
Come da copione, intravedo uno di questi ragazzi – pettorina rossa e volantini alla mano – sul lato opposto della strada. Mi avvista e mi piomba addosso come un falchetto sulla sua preda.
“Ciao, sono Luca. Conosci la nostra associazione?” mi dice, sorridendo.
Ha una faccia simpatica: capelli biondi scompigliati, barbetta incolta e due occhi sull’azzurro-grigio talmente intensi da lasciarmi per un attimo senza parole.
Di solito evito questi ragazzi come la peste, ma come potevo sfuggire a quegli occhi così sorridenti? Mi fermo a parlare con lui. &egrave simpatico, spigliato, si vede che crede in quello che fa. In due parole m’illustra il progetto, mi parla dell’associazione di cui fa parte e sin da subito &egrave palese il suo interesse nei miei confronti. Lo sorprendo diverse volte a guardare la mia quarta di seno, coperta da una maglietta nera aderente ormai zuppa di pioggia e resa ancor più appetibile dai capezzoli inturgiditi per il freddo.
Dopo qualche minuto scandito dai suoi sguardi sul mio seno, si ferma un attimo, si gira verso i suoi colleghi e fa loro un cenno; poi i suoi occhi tornano su di me e mi chiede “Ti andrebbe un caff&egrave? Non sono della zona, magari puoi consigliarmi un buon bar”. Subito gli dico di sì e insieme ci allontaniamo dal centro per avviarci verso una zona decisamente più tranquilla.
Arriviamo al mio bar preferito: situato ad angolo, con un’ampia sala interna e soprattutto sempre semideserto. Prendiamo posto a un tavolino, più isolato rispetto agli altri. Io ordino un caff&egrave amaro, lui un cappuccino. Parliamo del più e del meno per qualche minuto, fino a quando non arrivano le nostre ordinazioni. Sempre mantenendo lo sguardo fisso sui miei occhi, Luca si porta la tazzina alle labbra e con lentezza lecca via il primo strato di schiuma. Non riesco a trattenere un brivido d’eccitazione. La vista della sua lingua rosa che affonda piano nella schiuma lattea del cappuccino mi scatena una serie d’immagini e di sensazioni che provo a reprimere con tutte le mie forze e che, nonostante i miei tentativi, lo stesso traspariscono sul mio volto sottoforma di un leggero rossore sulle guance. Luca se ne accorge, lo capisco da come mi guarda, divertito ed eccitato allo stesso tempo. Sa che sono fidanzata, ne avevamo parlato poco prima, ma questo non lo ferma, anzi. Prende la cosa come una sfida: deve farmi sua ad ogni costo e ammetto che mi &egrave estremamente difficile opporre resistenza ai suoi assalti: gesti piccoli, studiati, irresistibili: la sua mano che mi sfiora delicatamente un braccio mentre parliamo delle nostre vite, i sorrisi, i contatti brevi ma continui che non fanno che attizzare quel fuoco che sempre più prepotentemente si stava facendo largo in me.
Dal mio canto, continuavo a stuzzicarlo e a notare con grande soddisfazione ogni segno della sua eccitazione. Mi bastava mordicchiarmi leggermente il labbro inferiore per farlo impazzire. Lo vedevo stringere i pugni e sorridere nervosamente, mentre teneva gli occhi puntati sulla mia bocca – che, in quel momento, lui desiderava più di ogni cosa -.
Mentre Luca mi parla, giro il mio caff&egrave col cucchiaino e lo avvicino alla bocca. Dischiudo piano le labbra e lecco il caff&egrave rimasto sul cucchiaino, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Lui segue ogni mio gesto con la massima attenzione e ognuno di essi provoca in lui reazioni inequivocabili.
Per quanto fossi realmente interessata a quello che stava dicendo, ero arrivata a un punto in cui non potevo ignorare la mia eccitazione. Non riuscivo a star ferma sulla sedia e lui questo l’aveva capito benissimo. Mi sorrideva maliziosamente e continuava a spostare lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
Mi alzo dicendo che dovevo andare un attimo in bagno a lavarmi le mani. In realtà avevo bisogno di una tregua da lui, dai suoi occhi che ora avevano un colore indefinito tra l’azzurro e il verde. Con la coda dell’occhio, vedo che Luca mi segue con lo sguardo, soffermandosi sul mio fondoschiena.
Entro in bagno, sono sola. Socchiudo la porta senza girare il chiavistello: in fondo, spero che Luca mi raggiunga.
Mi sfilo le mutandine, ormai bagnatissime dai miei umori. Rimango in gonna e maglietta. Resto un paio di minuti appoggiata al lavabo, mi guardo allo specchio. Ho il trucco un po’ sciolto e i capelli arricciati dalla pioggia. Dalla maglietta s’intravedono i miei capezzoli alti e ancora turgidi. Sono eccitata e in preda ai sensi di colpa: ormai &egrave più di un’ora che ho lasciato Davide alla mostra. Controllo il cellulare, per vedere se mi ha scritto. Niente. Gli scrivo che sono tornata a casa, che non mi sentivo bene. Torno a guardarmi allo specchio e quasi senza accorgermene, mi passo l’indice della mano destra sulle labbra. Lo inumidisco con la saliva e lo faccio scivolare giù, sul mio sesso. Lo santo pulsare. Sposto piano le grandi labbra con le dita e passo l’indice sulle piccole labbra, accompagnando ogni movimento con un gemito sommesso. Sono sempre più bagnata. Spingo il dito tra le piccole labbra, facendolo impregnare dei miei umori e lo sposto sul clitoride. Non faccio in tempo a iniziare a masturbarmi, che sento bussare alla porta.
“Tutto bene?” &egrave Luca.
Subito mi ricompongo, nascondo le mutandine nella borsa e faccio scorrere l’acqua.
“Sì, tutto bene, non preoccuparti” dico, frettolosa.
“Posso entrare?” mi chiede lui e mille pensieri mi annebbiano la mente, impedendomi di essere totalmente lucida quando gli dico che sì, poteva entrare.
Apre piano la porta e subito incrocio i suoi occhi. Quasi istintivamente, abbasso lo sguardo e noto l’erezione che sta esplodendo nei suoi pantaloni. Questo era troppo, non potevo resistere a tanto.
Chiudo gli occhi, sperando che lui sparisca una volta che li avrò riaperti e invece no, li riapro e lui &egrave ancora lì, ancora più vicino di prima. Con una mano mi accarezza il viso e avvicina la mia testa alla sua. Ci baciamo.
Ha le labbra morbide, calde. Mi piace il contatto con le sue labbra.
Non faccio in tempo ad abituarmici che senza nemmeno farci caso inizio a mordicchiargliele.
Lui mi lascia fare e accompagna i miei movimenti.
Sa quel che fa, sicuramente non &egrave la prima volta che rimorchia una ragazza così e questo pensiero mi eccita ancora di più.
Aumenta l’intensità dei baci, le nostre lingue s’intrecciano e i nostri corpi chiedono di più.
Lui mi accarezza il collo e si sposta sui miei seni, liberandoli dalla morsa del reggiseno e affidandoli a quella delle sue mani sempre più frementi. Stringe i miei capezzoli tra le dita e si tuffa nella mia scollatura, alternando baci umidi e morsi.
Sento la sua erezione strusciarsi sul mio corpo e con una mano gli slaccio i pantaloni. Lui mi asseconda e si abbassa i boxer.
Osservo il suo pene, lungo e spesso, e immediatamente inizio a masturbarlo. Luca continua a baciarmi e a mordermi le labbra, mentre io continuo a toccare il suo sesso, sempre più vogliosa di lui.
A un certo punto, Luca mi solleva e mi fa sedere sul ripiano del lavabo. Mi afferra le ginocchia con le mani e mi apre le gambe. Lo guardo, ha gli occhi fissi sui miei e uno sguardo vorace. Per un attimo sembra sorpreso dall’assenza di mutandine, ma un secondo dopo la sorpresa si trasforma nella più animalesca eccitazione. S’inginocchia e affonda tra le mie cosce. Inizia baciandomi il Monte di Venere, facendomi sentire la pressione delle sue labbra di più ad ogni bacio. Con la lingua, sposta le mie grandi labbra e inizia a leccarle delicatamente. Metto una mano dietro la sua testa e la spingo ancora più a fondo. Questo gesto lo eccita ancora di più.
Sposta la lingua sul clitoride e inizia a girarci attorno, alternando questo movimento a piccoli risucchi. Inizio a sentire scosse in tutto il corpo. &egrave dannatamente bravo. Sa farsi attendere, sa farmi desiderare il tocco della sua lingua. Mi ha totalmente in suo potere e lo sa. Continua a leccarmi, muove la lingua su e giù, alterna movimenti lenti a movimenti più veloci e decisi.
Sono in estasi, sono totalmente abbandonata a quel piacere così intenso e così proibito.
Lui solleva la testa per un momento, mi guarda negli occhi e mi sussurra “Come sei dolce qui sotto.”.
Torna a leccarmi, sempre più avido, sempre più famelico e continua fino a quando non si accorge che sto per venire. Si ferma, inibendomi l’orgasmo.
Si alza e con lo sguardo mi indica il suo pene.
M’inginocchio davanti a lui guardandolo negli occhi e gli accarezzo piano l’interno delle cosce, spostando gradualmente la mia mano verso il suo membro. Con movimenti leggeri ne percepisco la lunghezza e la circonferenza. Lui freme dalla voglia di provare la mia bocca.
Inizio a leccarlo piano. Prima tutta l’asta, inumidendola con la mia saliva. Poi scendo piano sui testicoli. Ne prendo uno in bocca e lo succhio delicatamente, facendolo tremare dal piacere.
Torno sull’asta, leccandone tutta la lunghezza e finalmente mi concentro sulla punta, già umida e turgida. L’avvolgo con la mia lingua, quasi coccolandola. Mi soffermo sul frenulo. Premo le labbra sulla cappella. Sento un brivido percorrere il corpo di Luca, che con una mano mi afferra i capelli e mi spinge il suo sesso in gola. Lo sento pulsare. Dapprima assecondo i suoi movimenti, poi prendo io il comando. Il suo piacere dipende da me e questo mi fa sentire potente.
Continuo a succhiare, coi gemiti di Luca come sottofondo. Sono eccitata: con una mano accompagno i movimenti della mia bocca, con l’altra inizio a toccarmi.
Stiamo entrambi per venire.
Mi stacco, mi alzo e mi piego in avanti, poggiandomi sul lavandino. Luca mi afferra i glutei e sento il suo pene farsi largo nella mia vagina e spingere. Dapprima colpi lenti ma decisi, poi sempre più ritmati, accompagnati dal respiro sempre più affannoso di Luca e dai miei gemiti.
Davanti a me c’&egrave lo specchio e nello specchio mi osservo godere e guardo lui dietro di me.
Sento il corpo sempre più leggero, pervaso da scosse di piacere che non riesco a controllare.
Arriva l’orgasmo. Inarrestabile, come il fiume in piena che mi scorre tra le gambe. Reclino la testa all’indietro, in preda al più sconvolgente dei piaceri. Mi giro verso Luca. Lo guardo.
&egrave davanti a me, con la fronte madida di sudore. Con una mano mi abbassa la maglietta e mi scopre i seni, con l’altra si masturba. Sento il suo seme caldo sul mio petto e osservo le goccioline bianche scivolarmi sul seno. Con un dito raccolgo una goccia di sperma che era caduta sul mio capezzolo e l’assaggio.
Ci guardiamo negli occhi.
Si riveste, mi ricompongo.
“Non rimetterti le mutandine” mi dice, sorridendomi malizioso.

Usciamo dal bagno del bar. Io lo precedo, con lo sguardo basso. Entrambi portiamo i segni di una battaglia che avremmo voluto perdere.
Lui si avvicina alla cassa e paga il conto.

“Grazie.” gli dico, e in un attimo tutta la spavalderia che avevo dimostrato poco prima svanisce sotto il peso della vergogna.
Luca mi guarda, mi sorride e mi bacia ancora. Un bacio tenero, morbido, con un accenno di lingua.

Ha smesso di piovere. Mi squilla il cellulare.
&egrave Davide.

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