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Il Piccolo Principe e la volpe di Giada

By 3 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Daniele era perso nei suoi pensieri, tant’è che il suo collega dovette scuoterlo per farlo tornare in sé.

 

“Terra chiama Daniele, rispondi”

 

“Scusami Alessandro, mi ero distratto”.

 

“Me ne sono accorto! Erano cinque minuti buoni che parlavo da solo! Ti stavo dicendo che il cliente….”

 

Questa per Daniele stava diventando una spiacevole abitudine. Sempre più spesso si trovava slegato dalla realtà, a pensare a quell’incredibile storia, cominciata per caso e che ora non sapeva dove e come sarebbe proseguita. Tutto era cominciato qualche mese fa….

 

 

 

Per Daniele erano giornate concitate. Una nuova città, una nuova sede di lavoro, una nuova mansione, dei nuovi colleghi. Si sentiva in balia degli eventi. L’adattamento a tutte queste nuove abitudini e la lontananza da casa, dalla famiglia e dagli amici gli stavano procurando più difficoltà di quanto pensasse.

 

Quel giorno verso le 10 si fece accompagnare da un collega a prendere un caffè e fu quella la prima occasione in cui la vide. Giada. Così l’aveva chiamata il barista salutandola. Una splendida ragazza, un fiore nel deserto, un raggio di luce in una giornata grigia, una boccata d’ossigeno quando stai per affogare.

 

Giada è alta 1,51 (non 1,50 né 1,52 ed è orgogliosa di quel centimetro), ha i capelli castani non particolarmente lunghi, la sua acconciatura varia spesso quasi seguisse i suoi stati d’animo. Gli occhi sono verdi, ma non un verde smeraldo bensì un verde cangiante con la luce, il tempo e le emozioni. Occhi nei quali ci si può perdere come in un buco nero. Il trucco è leggero e fa risaltare ancora di più la sua bellezza acqua e sapone. Le mani sono piccole, proporzionate all’altezza, ben curate e le unghie ornate da uno smalto verde scuro. Fisicamente ben proporzionata, non è né troppo magra né troppo grassa. E’ perfetta, con quel tocco di carne nei punti giusti da risultare sexy. Di seno porta una terza.

 

Quel giorno indossava un abitino mi maglina nero lungo fino a metà coscia che fasciava il suo corpo risaltandone le forme senza essere volgare. Stava prendendo il caffè con una sua collega e la sua voce ebbe su Daniele lo stesso effetto del canto di una sirena.

 

Quel primo casuale incontro, quel primo sguardo fortuito e il mondo cambiò per sempre.

 

Ritornato in ufficio Daniele non riusciva a togliersi dalla mente quell’immagine, quel viso, quella voce.

 

Lui, solitamente così razionale, colpito dal fatidico colpo di fulmine.

 

 

 

Il giorno seguente tornò nello stesso posto alla stessa ora per rivederla, per capire se davvero era stata solo la chimica di quel giorno, la descrizione di un attimo o se invece era qualcosa di più.

 

Sfortunatamente però di Giada non c’era traccia. La stessa cosa anche nei due giorni successivi.

 

Solo il quarto giorno, quando ormai Daniele stava cominciando a perdere le speranze finalmente la vide entrare. Ancora in compagnia di quell’amica/collega, stavolta vestita con un paio di jeans e un maglioncino. Il fatto che anche nella normalità di quell’abbigliamento il suo cuore perse un battito nel vederla gli fece capire di essere perduto.

 

Quel giorno però sentendola parlare col barista scoprì alcune cose interessanti. La prima, che non era riuscito a rivederla nei giorni precedenti in quanto lei solitamente andava a fare colazione verso le 10,30 e non alle 10 come Daniele, la seconda che anche a pranzo Giada era solita andare in quel bar.

 

Daniele decise quindi di modificare le sue abitudini, troppa era la voglia di rivedere Giada. Cominciò ad uscire per la colazione più tardi e soprattutto con la scusa di stare leggero, abbandonò il pranzo al ristorante coi colleghi per un’insalata proprio in quel bar.

 

Col passare delle giornate gli universi di Daniele e Giada cominciarono ad avvicinarsi.

 

Le occhiate divennero sguardi, gli sguardi sorrisi, i sorrisi brevi cenni di saluto, i cenni di saluto scambi di battute.

 

Ormai la pausa caffè era diventata un rito al quale entrambi non potevano rinunciare e col passare dei giorni, all’aumentare della conoscenza, Daniele si rese conto che di Giada amava tutto.

 

Il suo modo di pensare, di vestire, di agire, di parlare, il modo in cui abbassava lo sguardo per timidezza ma al contempo la luce e la forza che emanava parlando delle cose che le stavano a cuore.

 

Daniele era rapito, preso. Si stavano creando dei legami così profondi che non credeva possibile.

 

Ormai Daniele e Giada avevano creato un mondo tutto loro e durante i loro incontri sembrava che si creasse una sorta di barriera che li isolava e preservava dal mondo.

 

L’evoluzione naturale della relazione sembrava scritta nel destino. Ormai tutti i loro discorsi erano incentrati sul NOI.

 

Scambi di messaggi quotidiani, dal buongiorno alla buonanotte passando per un semplice saluto durante l’orario di lavoro.

 

Daniele si sentiva pronto a far evolvere definitivamente il rapporto e a dargli una parvenza di ufficialità.

 

Così decise di fissare un appuntamento con Giada per il fine settimana per dichiararsi ufficialmente.

 

Giada sembrava entusiasta dell’appuntamento per quel sabato sera. Era veramente ansiosa di poter vivere quel momento al di fuori dei loro spazi canonici.

 

 

 

Quella sera Daniele non stava più nella pelle, si sentiva come un adolescente al primo appuntamento. Dedicò particolare cura nel prepararsi, scegliendo con cura l’abbigliamento.

 

In uno spunto di romanticismo decise anche di comprarle una rosa rossa e sul biglietto scrisse semplicemente una citazione del Piccolo Principe sapendo che era uno dei suoi libri preferiti “E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.

 

Avevano deciso di trovarsi direttamente al ristorante per le 20. Daniele alle 19,30 era già arrivato. Rimase a passeggiare davanti al ristorante fumandosi una sigaretta dietro l’altra per stemperare la tensione nell’attesa di Giada.

 

Quando alle 20,15 di Giada non c’era traccia, Daniele cominciò ad agitarsi ma si convinse di stare calmo anche se Giada non tardava mai perché magari aveva trovato traffico o avuto un piccolo contrattempo. Alle 20,30 non seppe resistere e provò a chiamarla. Il cellulare squillava a vuoto. Riprovò più volte per la successiva mezz’ora alternando telefonate a sms sempre più preoccupato che fosse successo qualcosa. In preda alla disperazione e allo sconforto vagò senza meta per la città per concludere la sera ubriacandosi in lacrime a casa sua.

 

 

 

La mattina seguente risvegliandosi con un mal di testa tipico del post sbronza trovo un semplice messaggio di Giada che recitava “Perdonami Daniele ma non posso farlo. Il mio Signore è tornato”.

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