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Il primo anniversario di Alice

By 1 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Alice era stata molto nervosa per tutto il giorno. Quella serata se la sarebbe ricordata a lungo, ne era certa. Provò a rilassarsi con un lungo bagno caldo, ma non servì a molto. Poi, si preparò. Avrebbe dovuto radersi il pube, come tante volte lui le aveva chiesto. Ma era una cosa che proprio non sopportava: la lametta sulla pelle di una parte così delicata, la paura di farsi male, la ricrescita, i pruriti. Quindi decise di farsi la ceretta, tanto che c’era, anche sui bordi più esterni del pube.  Poi si sedette sul bidet e si limitò a sfoltire giusto un pò con delle forbicine. Sapeva che lui sarebbe rimasto deluso, ma la delusione sarebbe durata poco, aveva qualcosa di molto speciale in serbo per lui. Per i vesiti, lui aveva richiesto espressamente delle autoreggenti ed una gonna al ginocchio. Per il resto, scegliesse lei. E lei optò semplicemente per un vestitino nero, che arrivava giusto sopra al ginocchio. Poi, decise di lasciarsi andare. In fondo, era una serata speciale. Niente reggiseno, tanga nero trasparente, autoreggenti nere e scarpe con un tacco leggero. Non le piaceva truccarsi pesante, così optò per  un pò di smalto rosso alle mani e ai piedi, un traccia di mascara sulle bellissime ciglia e un’ombra di rossetto. I capelli raccolti dietro la nuca, che lasciavano scoperto il collo, come piaceva a lui. Si guardò allo specchio e vide i suoi occhi neri brillare come quelli di una gatta. I capezzoli ora si intravedevano appena sotto il vestitino attillato, ma una volta turgidi sarebbero risaltati chiaramente.  Si chiese cosa lui avesse in serbo per lei. Era il loro primo anniversario e avevano deciso di farsi un regalo molto speciale: realizzare ognuno una fantasia erotica dell’altro, e lei non sapeva proprio cosa aspettarsi dal suo lui. Di certo, conoscendolo, l’avrebbe di sicuro sopresa.

Mezz’ora dopo era in macchina, con lui al volante. Nel tragitto non si parlarono molto, ma l’atmosfera era densa di una carica erotica notevole. Lui fermò la macchina in un parcheggio solitario, e abbastanza buio, nonostante fosse proprio dietro il cinema del paese.

“E quale sarebbe il regalo?” Chiese Alice.

“Ti offro il cinema” ghignò lui. Si avvinghiarono in un bacio voluttuoso. Le lingue sul viso, sulle labbra, sul collo. La mano di lui risalì la coscia, superò il bordo delle autoreggenti, arrivò all’inguine, da qui al pube gia umido. Lui scoprì un seno e prese a succhiarlo nello stesso istante in cui le sue dita decise toccarano il clitoride. Il gemito di lei lo ricompensò. Il dito medio entrò con facilità e comincio a roteare lentamente. Per poi uscire all’improvviso.

“Tira avanti il bacino, mettilo sul bordo del sedile, e apri le gambe. Sono contento che non sei rasata, non mi sarei accontentato di questo. Non stasera”. La sua voce era calma e decisa. Alice invece fremeva.

“E quale sarebbe il regalo?” chiese ancora, questa volta con voce affannata.

“Vedi dietro il sedile. C’è un pacco. Aprilo. Non è questo il regalo, ma è lo strumento che te lo consegnerà” Alice lo aprì e si ritrovò tra le mani una sorta di ovulo, rosa, ed un telecomando.

“Stasera verrai, e se ti conosco verrai anche più volte. Ma decido io quando, e con quale intensità. Il mio regalo è donarti degli orgasmi, in pubblico”

Alice era allo stesso tempo affascinata e atterrita. Si, era vero. Uno dei suoi sogni erotici più forti era quello di venire in pubblico, mentre gli altri, ignari, continuavano ad avere la propria vita. Glielo aveva confessato una volta sola, la prima volta che lui l’aveva fatta godere con la bocca. Non avrebbe mai pensato di realizzare questo sogno. Per di piu con un dildo vibrante di 7cm per 3, comandato a distanza da quell’aguzzino del suo amore.

“Dai tutto a me. Rilassati, andrà tutto bene” La sua lingua ritornò sul suo collo mentre le sue dita infilavano l’oggetto tra le labbra umide del suo sesso. “Eccoti pronta. Andiamo, sta per cominciare il film” La strada da fare non era molta, per fortuna.

“Fai te i biglietti” Mentre pagava, sentì una scossa partirle dal fondo della spina dorsale e arrivarle direttamente al cervello. Il coso nel suo sesso aveva cominciato a vibrare. Trattenne a stento un gemito, ritirò i biglietti con le mani tremanti. La vibrazione smise. Alice lo guardò con gli occhi luccicanti, un misto di senso di impotenza ed eccitazione. Scelsero una delle ultime file, per fortuna di gente non ce ne stava molta. Il film cominciò quasi subito, ed anche la vibrazione. Questa volta molto piu intensa.

“Sono 5 livelli di intensità. Questo è il secondo. Ti piace?” Le sussurrò lui leccandole l’orecchio.

“S..si” Alice sentiva la sua carne vibrare tutta, cominciò a muovere il bacino e spostò meccanicamente una mano verso il sesso. Se solo avesse potuto sfiorarsi il clitoride, avrebbe avuto un orgasmo esplosivo. Lui però la fermò.

“Giu le mani. Decido io quando vieni. “ L’intensità aumentò e Alice sentì l’orgasmo montare. Lo guardò con gli occhi appannati, il respiro rotto. Lui bloccò la vibrazione.

“Noo…ti .. ti prego” Sibilò Alice con un filo di voce. Lui allungò la mano destra. Aveva l’intimo umido, il sesso di lei stava producendo una quantità di umori enormi. La accarrezzò un poco sulle grandi labbra bagnate. Riaccese la vibrazione, salendo rapidamente di livello. Alice buttò la testa all’indietro, l’orgasmo stava montando ancora, rapido, impetuoso, incontrollabile. Lui le strinse il clitoride tra le dita e la guardò. E lei venne. Tremava tutta, scossa dall’orgasmo. Gli occhi chiusi, la bocca chiusa, i denti stretti a mordersi le labbra per non urlare. “Ti amo”, disse ad Alice, ed aumentò la vibrazione al massimo, continuando a massaggiarle il clitoride con un movimento rotatorio, lento e costante. Le persone intorno parevano non accorgersi di nulla. Lo spazio siderale riempiva i pochi metri che le separavano dall’orgasmo più lungo e potente che Alice avesse mai avuto. Ed incredibilmente, accadde. Pochi istanti dopo il primo orgasmo ne arrivò un altro, e poi un’altro ancora. Alice, nei tempi seguenti, non riuscì mai a capire se erano davvero orgasmi ripetuti od uno unico, grande e profondo come l’oceano. Dopo qualche minuto riuscì a riemergere dallo stato di semi-incoscenza nel quale era sprofondata e a dire:

“B..Basta..ora tocca a me” Daniele bloccò la vibrazione. La sua mano destra era colma di umori, come una coppa piena di miele, che portò alla bocca di Alice.

“Vieni con me” Alice lo prese per mano e si alzò, le gambe molli la reggevano a stento, ancora un pò tremante. Lo condusse in bagno, chiuse la porta a chiave. Lo baciò sulle labbra, con le sue labbra rosse e calde. Gli sbottonò i pantaloni, gli tirò fuori il pene, il glande gia scoperto, l’erezione gia ben avviata. Si girò, si appoggiò al bordo di marmo dei lavelli e si piegò a novanta. Si tirò su il vestito, scoprendo il tanga fradicio.  Con un po di fatica riusci ad abbassarselo a mezza coscia.

“Il mio regalo è questo. Ti dono tutta me stessa. Ti dono il mio piacere nell’essere completamente posseduta da te. Inculami! Buon anniversario amore”

Lui rimase estasiato da quella visione spettacolare. La cosa che aveva desiderato di più, che gli aveva chiesto di più per tutto l’anno passato insieme e sempre precluso, era li, offerto a lui, pronto ad essere violato. Sfiorò con un dito il buchino. Era bagnato degli umori colati dal sesso di Alice, come se una lingua ci fosse passata sopra, più e più volte. Cominciò un movimento rotatorio con l’indice e il medio, lentamente. L’ano di Alice cominciò a rilassarsi. Lui inclinò leggermente l’indice verso l’alto e comincio a spingere dolcemente. La lubrificazione naturale funzionava, la Alice contrasse i muscoli, forse involontariamente. “Rilassati”. I muscoli mollarono un pò la presa e lui ricominciò a spingere. Ad un certo punto,  non ci fu quasi più resistenza e il dito scivolò dentro tutto. La sensazione che lui sentiva intorno al dito era calda e avvolgente, sentiva la carne intorno pulsare, quasi a rifiutare quella penetrazione estranea. Lui ritrasse il dito, velocemente, ed Alice sobbalzò, mentre un gemito roco le uscì dalle labbra socchiuse. Dopo l’indice toccò al medio, preventivamente inzuppato nei suoi succhi. Nell’inserimento, lento ma inesorabile, i muscoli si contrassero per tre volte, e per tre volte lui si bloccò, per poi ricominciare non appena lo sfintere mollava la presa. Era caldo, la dentro, ma diverso dalla vagina. Era una sensazione quasi cremosa, densa. Poi lo ritrasse, di scatto, ed Alice sobbalzò bruscamente.
“Fai piano quando lo sfili, cosi fa male cazzo”
si lametò Alice con voce stridula. Quasi stessa storia per l’anulare. Vagina e ano. Questa volta la penetrazione fu piu facile. Poi, via di scatto. Alice lo guardò quasi con irritazione. Lui rispose con un sorriso:
“Dai che adesso tocca al mignolo, è piccolo e non c’è neanche bisogno che lo inzuppo”.
L’attrito si fece sentire tutto, Alice si lamentò ancora e si dibbattè anche, sculettando e piegando istintivamente una gamba. Una alla volta, tutte le sue dita, le sue lunghe dita da pianista, stavano scomparendo nel culo di Alice, come se il suo buchino fosse una bocca che volesse leccare le dita del suo uomo ed apprezzare il sapore del nettare che lei stessa aveva prodotto con le sue voglie.  Sfilò via pure il mignolo, ma parve che Alice acusasse meno questa volta. Poi, il pollice. Fece molta più fatica delle altre dita, ma alla fine entrò tutto. Alice piegò in basso la testa, si girò di lato. Era totalmente rossa in faccia, le labbra infuocate. Lui cominciò a roteare il pollice lentamente. Lei chiuse gli occhi e strinse i denti. Poi, fuori il pollice, discatto, mentre sentiva la carne pulsante stringersi mano a mano che lo sfilava. “Ooohhhh” mugolò Alice. Lui aveva un’erezione terrificante, ma il regalo era troppo importante, il piatto troppo ghiotto per essere sprecato in uno squallido cesso di un cinema. Molto meglio rimandare il piacere per poi rompere quel tabù e prendersi quella verginità. Certo la tentazione era tanta. Poggiò la cappella sul buchino.

“Hai paura?”.

“Col pollice mi hai fatto male. E ce l’hai molto più grande del poll… oooohhh”

La vibrazione era ricominciata, lenta, costante, inesorabile. Lui prese Alice e la fece tirare su. Ora lui era dietro di lei, i pantaloni abbassati, l’erezione che le premeva sulla schiena. I due sguardi si incrociarono nello specchio davanti a loro. Alice aveva gli occhi socchiusi, umidi e luccicanti. Lo sguardo di lui deciso, rapace. Le leccò il collo, poi infilò la lingua nell’orecchio.

“Pensi di cavartela così? Una sveltina in un cesso?”

La girò, ora si fronteggiavano. Aumentò la vibrazione, le strinse il clitoride tra le dita, forse un po’ troppo forte perché Alice spalancò un attimo gli occhi. Quegli occhi verdi traboccanti di desiderio e piacere nei quali lui avrebbe voluto annegare.  Ma la tenerezza non ebbe il sopravvento.

“Con io che ho il cazzo duro da ore e durerei 5 secondi? No bellezza. Non finisce così….”

Le rimise a posto il tanga, alzò la vibrazione e la spinse in basso. Alice scese sui talloni, la sua erezione davanti agli occhi, a pochi centimetri dalla bocca. Lui le carezzò dolcemente i capelli, mentre lei lo prendeva in mano e cominciava a massaggiarlo lentamente, stimolando col pollice la base del prepuzio. Poi lui la spinse verso il suo cazzo.

“… prima devi svuotarmi i coglioni.” I due sguardi si intrecciarono ancora. Il suo, quasi beffardo, si posò sul suo cazzo, ad invitare Alice. Prima lo leccò per tutta la lunghezza dell’asta, stringendo con una mano i testicoli, per poi passare alla cappella, roteandoci intorno la lingua; poi se lo infilò in bocca di netto. Il contatto del cazzo congestionato dall’erezione prolungata con le mucose calde e umide della bocca di Alice lo fecero sussultare. Poggiò la schiena al lavandino e si gustò il pompino. Alice, in genere, ci sapeva fare. E anche sta volta se la stava cavando, anche se sentiva le vibrazioni salirle nella pancia e il suo sesso liquefarsi. Il pollice e l’indice della mano destra stretti intorno alla cappella tenevano saldamente il cazzo, anzi sembravano strozzarlo, mentre la cappella spariva ingoiata dalla sua bocca, per poi uscire di nuovo e poi rientrare ancora. Alice teneva le labbra molto strette, di modo che il cazzo, per entrare nella bocca, avesse dovuto leggermente forzare, e quel piccolo attrito proprio li, sotto la cappella, nel punto più sensibile, mandava davvero in estasi il suo lui. Dopo qualche minuto di questo trattamento, Alice rilassò la mascella e aprì le labbra. Con il cazzo ancora piantato nella bocca, cominciò a mugolare, il ritmo del respiro sempre più irregolare.

“Stai venendo ancora Alice, si, è possibile, se è questo che ti stai chiedendo. Cos’è? Il quarto ? Il quinto?”

“Non… non lo so” disse lei a fatica.

“Puoi toccarti, se vuoi. Qua ti aiuto io” Alice non se lo fece ripetere due volte e portò la mano sul suo sesso. Aveva il tanga completamente zuppo, gli umori continuavano a colare copiosi, aiutati anche dalla posizione assunta. Se non avesse avuto il tanga avrebbe probabilmente fatto un piccolo laghetto a terra. Si mise le mani nelle mutandine, sfiorò il clitoride e sentì i muscoli contrarsi automaticamente. Istintivamente lasciò andare il cazzo, che nel frattempo aveva continuato a succhiare rumorosamente. Lui si prese il cazzo in mano e cominciò a segarsi lentamente, guardando l’orgasmo montare in lei. Poi, il muro di silenzio che Alice aveva imposto al suo piacere cedette. Sentì distintamente l’orgasmo espandersi nel suo corpo. Le esplose nella vagina, le rientrò nell’ano e le salì lungo la schiena. Alla base del collo si moltiplicò, raggiunse le labbra, i seni, le orecchie e poi il cervello. Alice urlò, di gola e di gusto. Le gambe le cedettero e finì in ginocchio. Proprio in quel momento il primo schizzo di sborra uscì dal cazzo e le finì sopra l’occhio sinistro. Le sue dita continuavano a sfiorare sapienti il suo clitoride in fiamme, a suonarsi il suo sesso come fosse un’arpa. E la sua faccia si stava coprendo dei fiotti di sperma del suo uomo, in fronte, sulle guancie, sulle labbra, sul naso. Non le era mai venuta in faccia, prima d’ora. Alice alzò la testa e lo cercò con lo sguardo. L’occhio sinistro era chiuso, la palpebra completamente coperta di sperma. L’occhio destro invece si era salvato, solo le ciglia erano un po’ impiastricciate. Le prese la testa e la avvicinò dolcemente al suo cazzo, che si stava ancora maneggiando lentamente, semieretto. La bocca di Alice questa volta si schiuse delicata, sapeva benissimo quello che doveva fare. Prese a passare la lingua intorno alla cappella sensibilissima, a ripulirla dei residui della sborrata appena avvenuta. Ingoiò un paio di volte tutto il cazzo nella sua lunghezza e poi lasciò tra le labbra soltanto la sua cappella. E cominciò a succhiare. Era questo uno dei momenti che lui apprezzava di più, e lei lo sapeva. Gli dava un piacere quasi doloroso, molto diverso da un orgasmo, farsi succhiare la cappella all’inizio del periodo refrattario. Poi, la scansò, e mentre il pene gli si ammosciava glielo strofinò in faccia, raccogliendo sperma che poi portava alla sua bocca.

“Ingoia”

Lei obbedì.

“Pulisciti. Togli il plug e lavalo. La serata è appena cominciata.”

 

La serata è appena cominciata. Queste parole riecheggiavano nella testa di Alice mentre lui si svuotava la vescica nel water neanche mezzo metro dietro di lei. Alice era ancora in ginocchio, la mano ancora infilata nel tanga, ferma all’altezza del clitoride che aveva appena finito di martoriarsi per raggiungere l’ennesimo orgasmo della serata.

“Vieni a sgrullarmelo”

Alice si ridestò dallo stato catatonico in cui si trovava, si rimise in piedi con un po’ di fatica e lo raggiunse vicino al water.  Gli prese il pene tra l’indice e il pollice, tirando delicatamente indietro la pelle. Lo guardò. Non era più lo scettro svettante che aveva avuto in bocca fino a poco fa, ma anche se aveva perso lo smalto dell’erezione rimaneva pur sempre un “signor Cazzo”, come a volte lo chiamava maliziosa nell’intimità.  Attese qualche istante che il getto di urina finisse e poi lo sgrullò con dolcezza, muovendolo dall’alto verso il basso. Un paio di gocce calde le finirono sulle dita. Poi staccò un pezzo di carta igienica, e glielo pulì. Lo guardò negli occhi, gli sorrise e sentì qualcosa colarle sulle labbra. Si ricordò che doveva ancora essere coperta di sperma, la sborrata era stata davvero copiosa e non poteva avere ingoiato tutto usando “signor Cazzo” come cucchiaio, imboccata dal suo uomo. Il quale se lo rimise nei pantaloni, si chiuse la patta e si avviò all’uscita.

“Ti aspetto fuori”

Alice si girò e si guardò allo specchio. Era davvero una maschera!  Gli schizzi la avevano colpita soprattutto nella parte sinistra del viso e sulla fronte. Lo sperma stava colando ai lati del viso, sul naso e le stava finendo sulle labbra e sul mento. Il trucco si era sciolto e le colava sul viso insieme allo sperma. Si pulì prima con un fazzolettino. Poi si lavò il viso e il collo. La parte più difficile furono le sue lunghe ciglia, tutte impiastricciate e biancastre. Dei residui le erano anche finiti sui capelli, ma era poca cosa, avrebbe rimediato a casa. Poi, il plug. Si toccò il sesso alla ricerca della cordicella ma non la trovò. Evidentemente lui aveva fatto qualche danno quando si era bagnato le dita in lei prima di mettergliele nel buchino. E ora? Non aveva idea di come si toglieva quel coso. Seguì l’istinto, si abbassò le mutandine e si sedette sui talloni, come aveva fatto poco prima aveva prendendo il pene del suo uomo in bocca. Si mise la mano sotto il sesso,  e cominciò a spingere con i muscoletti. Se avesse avuto uno specchio, avrebbe visto il suo buchino contrarsi, aprirsi e richiudersi ripetutamente.. il suo culetto tanto ambito e sempre negato, che tra poco sarebbe stato violato irreparabilmente. Alla terza spinta sentì qualcosa muoversi dentro di lei, fare attrito con i suoi muscoletti resi sensibili dagli orgasmi. Avvertì una leggera sensazione di fastidio. Un’altra contrazione, un’altra e un’altra e finalmente.. l’ovetto uscì, si depositò sulla sua mano, lasciando Alice con una vaga sensazione di svuotamento e di sollievo. Sorrise ripensando ad un film che aveva visto molti anni prima, ambientato nella Tokyo degli anni 30. Si sentì proprio come la protagonista, che in una famosa scena depone come una gallina l’uovo sodo che il suo uomo le aveva infilato nel sesso. Il plug era bagnatissimo, viscoso, le sue secrezioni biancastre risaltavano sul rosa acceso del plug. Si alzò in piedi e si rimise a posto il tanga. Era fradicio, si attaccava quasi ai bordi rasati del pube. Pensò di toglierselo, ma l’idea di rimanere completamente nuda non le piacque e decise di rimanere così. E poi sapeva bene quanto piaceva a lui vedere lei che se lo toglieva, magari piegata a novanta. Lavò il plug, lo rimise nella borsetta insieme al telecomando e uscì.

Nella strada dal bagno all’uscita incontrò solo l’uomo del botteghino, che la squadrò dall’alto al basso e le sorrise, malizioso. Evidentemente l’urlo di piacere era stato forte e inequivocabile.  Lei ricambiò lo sguardo con sicurezza, inarcando il sopracciglio e stringendo le labbra, sensuale. Uscendo, sentì il suo sguardo materializzarsi sulle sue chiappe. Aprì la porta e sculettando un po’ più del normale usci. Il suo lui era li fuori, la aspettava in macchina.

“Vuoi qualcosa da bere, prima…?”

Quel “prima” le fece contrarre i muscoli dello stomaco per qualche secondo. Sentì di nuovo le dita scavarle dietro, come poco prima.

“No. Andiamo a casa… il regalo in fondo lo hai solo scartato..”

Si guardarono e si sorrisero con gli occhi. Rispetto a poche ore prima, le cose erano cambiate sottilmente. Lei piegata a novanta davanti alla sua erezione, per la prima volta disponibile, aveva fatto emergere in lui la consapevolezza della voglia di dominarla completamente. Prendersi il suo culo non era più soltanto accettare un dono, come se lui dovesse esserle riconoscente. Voleva prendersi in un colpo solo la sua verginità e la sua persona, dominandola totalmente. E naturalmente, voleva che Alice godesse di questo. Il piacere, come la felicità, è tale solo se condiviso.  Arrivarono a casa velocemente.  Entrarono, Alice appoggiò le chiavi sulla mensola. Lui la prese da dietro, la teneva ferma con le mani sicure sui fianchi. Con il viso le scansò i capelli verso destra, appoggiò le labbra alla base del collo e le dischiuse in un bacio. Poi passò il naso, leggero, su tutta la lunghezza del collo. Arrivò all’orecchio e ne disegnò i contorni con la lingua.

“Spogliati”.  Le sussurrò.

Il vestitino nero venne via in un istante. Alice lo prese dal basso e se lo sfilò come una magliettina, rimanendo in tanga ed autoreggenti. Quel topless improvviso, quei capezzoli già turgidi, ridestarono il membro di lui. Alice aprì la borsetta, prese plug e telecomando e si diresse in cucina, ancheggiando. Aprì il frigo, prese un panetto di burro. Come era cinematografica, quella sera! Gli sorrise, chiuse il frigo, gli mise in mano il burro….

“Fanne buon uso..”

…e si diresse in camera. Poggiò il plug sul letto e dandogli ancora le spalle si tolse il tanga ancora bagnato (finalmente!) .

“Come mi vuoi?”

“A pecora”

Lei ubbidì. Sentì il rumore della zip che si abbassa, il fruscio dei suoi vestiti sulla pelle. Si girò e lo vide, nudo, il pene semieretto. Era bellissimo, il suo uomo. Gli occhi accesi, le guance un poco rosse.  Il fisico asciutto, i pettorali disegnati. Le gambe lunghe, dritte e muscolose. Le spalle larghe. Le braccia forti che tante volte la avevano stretta in abbracci consolatori e caldi, un porto sicuro in cui si era rifugiata tante volte. Lui prese del burro con l’indice e il medio della mano destra e cominciò un movimento rotatorio sul suo fiorellino. Poi ancora burro, questa volta a lubrificare le pareti interne, inserendo soltanto la prima falange dell’indice. Chiuse gli occhi. Per ora assomigliava quasi ad un massaggio. Altro burro, un’altra falange. A poco a poco, tutto l’indice era entrato.

“Ti prego amore… esci piano”

Questa volta fu lui ad obbedire. Voleva che Alice si rilassasse totalmente e si lasciasse andare, altrimenti non sarebbe mai riuscito a sodomizzarla. Altro burro, altro movimento rotatorio. Questa volta furono le prime falangi dell’indice e del medio a fare capolino all’interno. Alice sospirò rumorosamente. Con l’altra mano, lui le cercò il sesso. Ero ancora umido, bagnaticcio. Altro burro, e le falangi dentro erano quattro, due per dito. L’erezione era tornata in tutto il suo splendore. Si prese il pene con la mano libera e lo strusciò sulle labbra del sesso di Alice. Poi spinse, piano ma deciso. La resistenza del sesso di Alice fu quasi nulla. In pochi secondi era tutto dentro, avvolto dalla carne tenera e calda della sua donna.  Cominciò un lento movimento avanti e indietro, a lubrificare il proprio pene. Poi ancora burro, e lentamente entrambe le dita trovarono posto in Alice, rispettando le sue contrazioni, aspettando i suoi rilassamenti.

“Sei pronta amore?”

Alice non rispose, non con la voce. Un lieve cenno di assenso con la testa. Lui sfilò le dita, lentamente, molto lentamente. Il buchino di Alice si richiuse prontamente, a ricacciare via quella presenza estranea. Altro burro. Sfilò il pene dalla vagina e portò l’erezione pochi centimetri più su. Puntò la cappella. Cominciò a spingere. Lentissimamente. Il burro e le secrezioni del sesso di Alice facevano il loro dovere, eliminando gran parte dell’attrito. Nel giro di qualche minuto, la cappella era dentro.  Lui si meravigliò di quanta pazienza riuscisse ad avere. Se non avesse avuto un orgasmo pochi minuti prima, probabilmente, preso dalla sua foga di maschio, avrebbe forzato, tentando di sfondare la porta e rovinando tutto. O forse era la consapevolezza, che si strava facendo strada in lui, che il suo obiettivo non era soltanto inculare Alice. Era, come aveva realizzato in macchina, prenderla nel profondo, nella testa. Questo percorso era iniziato dal lato del piacere, avendole donato degli orgasmi clamorosi e realizzando una sua fantasia, quella di godere in pubblico. Ora doveva farle vedere l’altra faccia della medaglia, quella oscura, the dark side of the moon insomma. E per riuscirci doveva avere pazienza, non doveva forzare subito. Era ancora presto. Per rilassarla ancora le cercò il clitoride. Lei sobbalzò a quel tocco inaspettato e la cappella indietreggiò un po’, perse qualcuno dei centimetri guadagnati.

“Calma amore…rilassati”

Altro burro, intorno al suo buchino. Poi, aiutandosi con le dita fece scendere un po’ di saliva a bagnare la parte della cappella che era fuoriuscita. Riprese a spingere, molto delicatamente, mentre con la mano sinistra le titillava il clitoride turgido e sensibile. Alice era preda di emozioni contrastanti. Da un lato era molto agitata, presa dalla paura dell’ultimo momento. Aveva avuto quasi voglia di fuggire quando aveva sentito l’erezione premerle tra le chiappe. Poi però le sue mani, la sua calma, la stavano rilassando. Si stava dando a lui completamente, e questo le piaceva molto, la prendeva nel profondo.  E poi, non stava sentendo tanto dolore quanto si aspettava, e questo la rincuorava. Certo, signor Cazzo era un cazzo di tutto rispetto e non sarebbe stato facile ospitarlo tutto… ma se avesse continuato con questa calma…rispettando le sue contrazioni ed i suoi tempi, forse…

La penetrazione continuava, lenta ma inesorabile. Millimetro dopo millimetro, centimetro dopo centimetro, la carne di Alice cedeva spazio a quella presenza estranea ed ingombrante, i suoi tessuti si allargavano con fatica…Alice si sentiva allo stesso tempo aprire e riempire.

“Piano… fai piano…”

Lui avanzò un altro poco.

“E’ dentro qausi tutto…”

Le annunciò accarezzandole una chiappa e riprendendo ad accarezzarle il clitoride. Alice guardò la sveglia sul comodino. Ci aveva messo un quarto d’ora ad entrare in lei. Le venne da fare un calcolo.

“Più di un centimetro al minuto” pensò.

Lui rimase fermo per lunghi istanti, per fare abituare le sue carni alla sua presenza. Quando senti che la presa intorno al suo cazzo non era più così stringente, le disse:

“Ti sta piacendo?”

“In un certo senso…si…”

Certo, se avesse potuto aiutarsi con il plug… Allungò una mano per prenderlo. Ma lui la fermò. Le prese le mani e gliele incrociò sopra il coccige, tenendole ferme con la mano sinistra. Alice perse l’equilibrio e cadde avanti, la faccia sul letto. Lui seguì il suo movimento, spostandosi rapidamente in avanti, poggiando con le ginocchia ai bordi del letto, inarcando in avanti la schiena e spingendo col bacino. Ora si che era dentro tutto… Alice gridò, più per la sorpresa che per il dolore, anche se quest’ultimo non tardò ad arrivare.

“Cosa … cosa fai? Perché fai così?” Il suo tono era più che spaventato..

In risposta, lui estrasse quasi completamente il suo membro, per poi inserirlo nuovamente fino in fondo, non di botto ma molto più velocemente di prima.

“No..no così no.. ti prego no…”

Ancora una volta, dentro e fuori. E ancora dentro e fuori. L’urlo di Alice fu quasi animalesco. Non c’era nessun piacere, ma solo dolore, dolore allo stato puro. Lui le lasciò le mani, la prese saldamente per i fianchi e la tirò verso l’alto, rimettendosi in piedi, le gambe larghe, il pene saldamente conficcato in lei. Cominciò ad incularla con movimenti lenti e profondi, estraendo e reinserendo quasi totalmente il pene.

“Smettila…smettila ti imploro… mi spacchi… mi stai rompendo…perché mi fai questo..”

“Vuoi sapere il perché…e io te lo dico”

Altra penetrazione, questa volta molto più decisa e veloce delle altre. Le mani di Alice tiravano il lenzuolo, le nocche biancastre per la presa.

“Perché… – la voce era roca, il fiato grosso –prima ti ho fatto godere, ti ho donato il piacere…ma sono io che ho deciso di donartelo…e come ti dono il piacere, ti dono anche il dolore, che è soltanto l’altra faccia della medaglia. Perché prenderti davvero… renderti davvero mia… non è soltanto prendermi la tua verginità anale…”

I colpi  si stavano facendo sempre più veloci e potenti, il culo di Alice stava cedendo e i suoi occhi riempendosi di lacrime.

“…renderti davvero mia… implica il tuo totale arrenderti a me… come sprofondare in un mare immenso…e profondo…”

E lei capì. Pur nelle fitte di dolore che stava provando, sentì uno strano senso di piacere invadere il suo corpo. Un piacere diverso, mai provato prima. Non fisico, totalmente mentale. Aveva perfettamente colto il senso delle sue parole. Ed aveva ragione. Stava godendo abbandonandosi a lui. Era sua. Non era stata lei a donargli il piacere, ma lui ad averglielo concesso a lei. Stessa cosa per il dolore. La penetrazione anale era soltanto uno strumento. Questa consapevolezza la sconvolse. Lui si ritrasse da lei. Alcune contrazioni involontarie fecero defluire lo sperma fuori,  rigandole le cosce, fino al bordo delle autoreggenti. Allo stesso tempo, lacrime calde cominciarono a rigarle il volto.  Riuscì soltanto a sussurrare:

“Ti amo…”

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