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Racconti Erotici Etero

il ritorno di Vera

By 13 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Eccomi qui, son tornata. Sono io, Vera. La solita sfacciata, vogliosa, bollente Vera, con i suoi capelli neri e ricci, e i suoi peli pubici ancora più neri, ancora più ricci’.e non dite che non vi ricordate di me, tanto non ci credo. Io sono indimenticabile’.
Eccomi qui, vi dicevo, son tornata. Dopo 3 anni, di nuovo a casa, a Roma, in Italia. Sono stata fuori per lavoro: quasi 3 anni a Parigi. Esperienza splendida, città splendida, paesaggi splendidi. E scopate splendide, che non vedo l’ora di raccontarvi.
Ma prima di cominciare, devo spiegarvi perché ero sparita così all’improvviso, cosa mi era successo e perché ho dovuto andar via da Roma quasi fuggendo.
Dunque’eravamo in estate, ricordate? Era estate piena, e mi stavo godendo il sole, e il mare, e un giorno’.
Un giorno d’agosto, come sempre, mi stavo preparando per andare al mare con i miei cugini. Quel giorno ero più carina che mai: il pomeriggio precedente, il mio parrucchiere, Tony, mi aveva fatto un nuovo taglio di capelli. Un taglio nuovo, sbarazzino: una sorta di caschetto, ma bello gonfio: mi sfiorava le spalle, e i riccioli erano stati asciugati con una spazzola tonda piuttosto grossa, che mi rendeva i capelli ondulati. Avete presente la ragazza dello spot del colluttorio, quella della ‘famiglia Boccasana’? Ecco, proprio quel taglio lì’che è bellissimo, e che sui capelli neri sembra ancora più particolare.
Ero quasi pronta, con un nuovo bikini: reggiseno a balconcino, rosso a piccoli pois bianchi e decorazioni in sangallo, mutandina a vita bassa, sempre col bordo in sangallo. Sembrava un completino di lingerie anni Settanta. Cercai un prendisole che potesse adattarsi, perché il sangallo sul seno creava un rigonfiamento un po’ deforme, sotto il prendisole di jersey bianco che avevo scelto. Così, optai per una canotta bianca, che però aveva i bottoncini sul davanti, che lasciai aperti. Sotto, indossai una minigonna jeans. Ai piedi, zoccoletti con una fascetta rossa. Pronta. ‘DRIIIN!’ puntualissimi, i cugini. ‘Scendo’, gridai nel citofono, ma una voce maschile replicò. ‘Perché scendi? Salgo io’. ‘Ma chi è?’, domandai. ‘Sono l’avvocato Edoardi’. Era il socio di mio padre. Probabilmente, prima di passare in tribunale doveva lasciare dei documenti a casa mia. Lo faceva spesso, per evitare di arrivare in centro, dov’era il loro studio legale.
Tipo simpatico, Daniele Edoardi. Era un po’ più vecchio di papà, credo si aggirasse sui sessantasette, sessantotto anni, ma era un tipo molto giovanile. Sia nell’aspetto, perché era alto ed atletico, sia nei modi, poiché sempre pronto alla battuta, allegro. Era uno scapolone, che, a detta di mio padre, da giovane aveva parecchio corso la cavallina. Ora, visto la veneranda età, si era calmato, ma sapevo che non disdegnava la compagnia delle belle donne. E di donne affascinanti e di mezza età, lui, ottimo avvocato, ne conosceva un bel po’. Senza neppure pensare a com’ero vestita (anzi, svestita), aspettai il tonfo dell’ascensore che arrivava al piano, e aprii la porta. Se Edoardi rimase in qualche modo turbato alla vista di me che, lo ammetto, ero un pochino troppo sexy, non lo diede a vedere. Entrò con un faldone tra le braccia e mi rivolse uno sguardo distratto. ‘Buongiorno, avvocato’, gli dissi. ‘Ciao Vera, che fai? Vai al mare?’. Risposi di sì, e lo invitai a darmi il faldone.
‘Troppo pesante- disse lui, entrando in casa -. Poggiamolo sulla scrivania di papà’. Lo seguii, mentre si avviava verso il piccolo studio che mio padre si è ricavato tra la mia stanza e la saletta della televisione: una stanzetta quadrata, di 3 metri per 3, ma sufficiente per sistemare un piccolo archivio e una scrivania, cosicchè quando si porta il lavoro a casa, ha il suo posticino per occuparsene.
Entrammo nello studiolo e l’avvocato, anziché poggiare il faldone, si girò verso di me e me lo porse. Lo presi, e mentre lui me lo depositava tra le braccia, mi sfiorò il seno con le dita. Mi accorsi subito che non lo aveva fatto inavvertitamente, e un rossore improvviso mi scaldò il viso. Intendiamoci, che non sia una santa lo sappiamo tutti’ma l’approccio di Edoardi mi sconvolse. Era pur sempre il socio di mio padre, pur se con un bel fisico atletico e una fascinosissima testa di capelli sale e pepe. Rimasi perciò immobile sotto il tocco delle sue dita, così, lui mi lasciò il faldone. Mentre mi piegavo leggermente in avanti per poggiarlo sulla scrivania, notai che mi stava guardando il culo. Arrossii di nuovo e stavolta di piacere, ma mai, mai gli avrei fatto capire che ero disponibile. Mi avviai così verso la porta dello studiolo, e lui mi fermò dicendo: ‘Senti Vera, devo cercare ancora della carte. Resta qui con me’.
Ubbidii, sedendo come una scolaretta sulla sedia degli ospiti, quella di pelle rossa, mentre lui cercava dei documenti tra le carte disordinatamente sparse sulla scrivania.
Mentre me ne stavo lì, come una bimbetta scema, a fissarmi le unghie dei piedi, lui mi guardò dritta negli occhi e disse: ‘Sei diventata una donna, Vera. Com’è che non me ne sono mai accorto?’.
Il mio ego femminile fu subito solleticato da questa domanda, anche perché quando l’avvocato, davanti alla porta, aveva finto di non aver notato il mio abbigliamento, ci ero rimasta un po’ male. Sorrisi dolcemente e risposi: ‘Forse perché non mi ha mai guardato con attenzione’. ‘Siamo maliziose, vero?’, disse lui ridendo. E poi riprese: ‘Sai, non è mia abitudine guardare le bambine’. ‘Veramente ho 24 anni’, risposi piccata.
‘Allora ‘ replicò lui, e poi deglutì ‘ forse non è pericoloso per me chiederti di toglierti questa magliettina e farmi vedere come ti sta quel bel costumino che intravedo sotto’.
Io ubbidii. Sentii che già il desiderio si stava impadronendo di me. Edoardi mi piaceva, e farmela con un uomo così affascinante, un clone un po’ invecchiato di George Clooney, che vestiva solo Armani ed aveva un profumo intenso e un po’ ambrato’bè, era un’idea che mi attirava parecchio.
Mi sfilai la canotta e lo sentii deglutire di nuovo. Era in piedi, vicino alla scrivania, e non potevo vedere se aveva un’erezione. Subito dopo mi chiese di togliere anche la gonna, e lo accontentai.
Rimasi così, in piedi, col costume nuovo, e mentre pensavo che non era affatto una buona idea, poiché quello era il socio di papà, lui senza dire una parola si inginocchiò davanti a me, e mi mise la testa davanti al bacino, prendendomi i glutei con le mani. Inspirò forte. ‘Mmmhhhmm’che profumo’, sussurrò. Io sentii un calore improvviso invadermi il ventre, che si acuì quando l’avvocato mi passò la lingua sul sesso. Ne sentii il calore umido attraverso la lycra del costume. Una sensazione fantastica, che mi fece bagnare subito. Edoardi poi sollevò le braccia su di me e insinuò le dita nel reggiseno, stringendomi i capezzoli, già eretti. Io sospirai. Lui soffocò una risatina, poi cominciò un giochetto: mi leccava il monte di venere sullo slip, e poi ci si allontavana, per stuzzicarmi i capezzoli con i polpastrelli. Questo gioco durò 3, 4 minuti, e io sentivo già la fica grondante. Gli presi una mano e gliela infilai nello slip. Un invito chiarissimo, che lui colse al volo. ‘Sei già calda?’, chiese, e poi si insinuò nella mutandina e cercò le mie grandi labbra. Io ero tesa come una corda, percepivo tutti i suoi movimenti. Con le dita, mi scostò le labbra, aprendole, poi mi infilò dentro il medio. Mi sentì scivolosa, fradicia, ma non mi penetrò subito: cercò il clitoride, che era già bello gonfio. Lo sfiorò, mentre io ansimavo, ci giocò con dolcezza, poi prese a strofinarlo in modo più deciso. Io mi muovevo a ritmo con il suo dito, ma quando, vogliosa di aver di più, cercai di liberarmi dalla mutandina, lui mi fermò. ‘No, tienila su ‘ mormorò -. Mi piace, è eccitante’. Poi, mi penetrò con il dito, lasciando perdere il mio clitoride smanioso di piacere, e rivolgendosi alla vagina: su giù, su giù. Ero caldissima, bagnatissima. Lo volevo in tutti i modi. Ad un certo punto, lui tirò fuori la mano e si guardò il dito medio: era lucido, umidissimo. Lo annusò e poi se lo portò alla bocca, succhiandolo avidamente. ‘Hai un sapore spettacolare, Vera’, disse, e poi tornò a masturbarmi. Il suo dito si muoveva dentro di me, sempre più in fretta, e io volavo verso l’orgasmo con un’urgenza bollente. Sospiravo e mugolavo, e muovevo i fianchi sporgendomi verso le sue dita’e quando lui capì che ero pronta, mi prese un seno tra le mani e mi strinse il capezzolo, mentre con l’altra mano spingeva, spingeva’il suo medio mi penetrava mentre, con il palmo della mano, mi strofinava il clitoride e premeva sul monte di venere. Venni gridando, un orgasmo squassante, fortissimo, clitoride e vagina e tutto il mio essere, che mi lasciò esausta tra le sue braccia.
Poi, lui mi leccò il sudore sulla spalla, mentre io ancora ero poggiata a lui, e respiravo il suo profumo ambrato, da professionista, da uomo, e ricominciavo a sentirmi eccitata, non solo per quello che avevo provato, ma per tutta la situazione, così proibita, così terribilmente erotica.
L’avvocato sembrava leggere i miei pensieri, mi chiese se ero ancora eccitata, perché lui voleva ancora darmi piacere, voleva annusarmi, assaporarmi. ‘Facciamo tutto con calma’, mi disse, e poi mi cinse la schiena con le braccia e abilmente mi slacciò il reggiseno del costume, e poi si chinò su di me e mi tolse gli slip. Poi, mi sollevò tra le braccia e mi fece sedere sulla scrivania di papà. ‘Come va?’, domandò. Io risposi che andava alla grande, e lui rise: ‘Alla grande ‘ commentò ‘alla grande’Dio, quanto sei giovane”, e poi mi guardò, tutta. Il viso, il seno, la pancia, le gambe. Mi rimirava estatico. Poi mi fece stendere e disse: ‘La tua bella fichetta’l’ho annusata, ora devo sentirne il sapore. Lasciamela leccare’. Mi piaceva, il suo modo di parlare. Era franco, diretto, ma non volgare. E la sua voce’mamma mia, com’era sexy. Un timbro basso, impostato, e un tono autorevole’mi stesi e allargai le gambe. Lui mi guardò il sesso e commentò: ‘Sei molto pelosa, quaggiù. Non lo avrei mai detto’. Avrei voluto rispondere, ma non sapevo cosa dire, così preferii abbandonarmi alle sensazioni. Lui mi toccò con dolcezza, e mi sentì un po’ asciutta. ‘Non sei pronta ‘ disse -, devo farti due coccole’. Così dicendo, mi infilò un dito nel sesso e lo piegò appena appena, muovendolo leggermente. Io avvertii un piccolissimo fastidio, poiché avevo appena concluso l’orgasmo di prima, ma allargai di più le cosce. Edoardi riprese a massaggiarmi e mi chiese se andasse meglio. ‘Ti stai bagnando, Vera? Ti piace se ti tocco così? La fichetta si inumidisce?’ di nuovo quel modo di parlare così diretto, ma affatto da porco. Di nuovo quella voce bassa, modulata. Sentii che il piacere dentro di me si stava risvegliando. Non risposi alle sue domande, ma gemetti, e inarcai il bacino verso di lui. L’avvocato ridacchiò soddisfatto e disse: ‘Mi sa di sì’va bene, continuo a toccartela così, e quando è bella bagnata, te la lecco’. Solo a sentire queste parole, mi sentii super eccitata. Mi contorsi intorno al suo dito, e in un attimo ero pronta ad accogliere la sua lingua. Lui si piegò sul mio ventre e mi guardò per un attimo il sesso, poi si avvicinò con la lingua tesa, e me la infilò dentro, subito spingendola tra le pareti della vagina. Io non trattenni un gridolino di piacere. Ci sapeva fare, eccome’si sentiva che aveva una grande esperienza con le donne. Mi abbandonai a quella lingua esperta, e lui giocò con il mio sesso, prima penetrandolo con la lingua dritta, poi dedicandosi solo al clitoride, che stuzzicava con grande dolcezza, dandogli dei piccoli colpetti con la punta della lingua. Io ero impazzita di piacere, spasimavo per l’orgasmo, ma nello stesso tempo non volevo interrompere la leccata ‘doppia’, e me ne stavo lì, a farmi lappare la fica dall’avvocato Edoardi, quando’.slash. Sentii la porta di casa che si chiudeva, e poi la voce di mio padre nel corridoio, e né io né il mio partner riuscimmo a muoverci. Mio padre entrò nello studio, e non voglio nemmeno ricordare il suo viso, la sua smorfia di disgusto quando vide la scena: la sua amata figlia ventiquattrenne, a cosce aperte sulla sua scrivania, mentre il suo socio, quasi settantenne, le leccava la fica. Credo che non dimenticherò mai più quello sguardo, quella smorfia, quel movimento brusco delle spalle, mentre si girava all’improvviso. ‘Vattene, Daniele ‘ intimò, con voce ferma -. Esci subito da casa mia, e tu, Vera, rivestiti’. Mi sembrò che, mentre si allontanava, le sue spalle fossero piegate all’ingiù, come incurvate sotto il peso di qualcosa di insopportabilmente pesante. Lo sentimmo uscire, ci rivestimmo senza una parola, e l’avvocato Edoardi se ne andò.
Quel giorno non andai al mare’e fu un brutto giorno. Fino a sera, mio padre non rientrò a casa, ma quando mia madre tornò, a mezza mattina, già sapeva. Mi fissò in modo indecifrabile, poi scoppiò a piangere. Piansi anche io, e anche papà, la sera. Ma dal giorno dopo, né lui né lei mi rivolsero la parola. Passò una settimana, poi due, poi un mese’e l’atmosfera in casa mia era sempre la stessa,tesa, pesante, e io non ce la facevo più. Mio padre aveva rotto la società con il suo vecchio collega, e aveva aperto uno studio per conto suo, ma molti dei precedenti clienti gli avevano preferito Edoardi, per un senso di ‘fedeltà’ al loro primo avvocato, e questa era un’altra cosa che lo faceva stare nervoso.
Insomma, la vita a casa mia si era fatta veramente brutta, così decisi di allontanarmi per un po’. Non sapevo dove,,,,ma proprio in quei giorni, mi telefonò Andreina, mia cugina, figlia della sorella di mamma: laureata in Scienze politiche con un master prestigioso in diplomazia estera, aveva vinto una borsa di studio nell’ambasciata italiana a Parigi. Un incarico importnate, certo’ma era preoccupata, poiché non si era mai allontanata da casa ed aveva un carattere fragile. Voleva qualcuno che le stesse vicino, per quei 6 mesi nella capitale francese, e aveva pensato a me, sapendo che stavo attraversando un periodo particolare.
Non indugiai a chiederle come lo sapeva, perché ero perfettamente conscia del fatto che mia madre si confidava sempre con la sua sorella minore. Mi limitai a dire che ci avrei pensato, e le avrei fatto sapere presto.
La chiamai il giorno dopo, non senza averne parlato con i miei. Nessuno dei due disse una parola: entrambi annuirono mentre spiegavo loro la proposta di Andreina, e quando dissi che avevo intenzione di seguirla, mio padre alzò le spalle, e commentò: ‘Fai come vuoi, lo fai sempre’, poi uscì dalla mia stanza.
Mamma mi guardò, mi prese le mani e disse a mezza voce: ‘Vai. Vedrai che quando tornerai, gli sarà passata’. Poi mi abbracciò e seguì suo marito.
Io e Andreina salimmo sul diretto Roma-Parigi tre giorni dopo, cariche di aspettative ed un po’ emozionate. Ci aspettava la Francia, con i suoi ponti, i suoi bistrot, il suo fascino’.e le sue mille avventure sessuali. Ma di questo vi parlerò la prossima volta.

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