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Racconti Erotici Etero

Il triduo

By 31 Marzo 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando il suo ‘vice’ si ammalò e si previde che l’assenza sarebbe stata abbastanza lunga, mi telefonò, e con la sua cortesia formale, mi ‘pregò’ di andarlo ad aiutare. Non dimenticò, logicamente, di ricordarmi che ero ‘sotto promozione’ e che un suo rapporto, in merito al lavoro che avrei svolto presso di lui, poteva essere ‘determinante’.
Lo chiamavamo Granca’, Gran Capo, (ma per qualcuno il ca’ aveva un altro significato) ed avevo già lungamente collaborato con lui, al Ministero, con reciproca soddisfazione.
Che fare? Nicchiare? Tentare di sottrarmi? Non dovevo farmi incantare da quel suo affettato modo di ‘pregare’. Io sapevo bene che era un vendicativo e che ogni rifiuto mi sarebbe costato ben caro.
Quindi accettai, e ostentai perfino un certo entusiasmo. Mi disse che mi attendeva per il lunedì (eravamo al venerdì) e che mi avrebbe mandato l’auto all’aeroporto Cristoforo Colombo. Da lì c’erano meno di cinquanta chilometri.
E così, adesso sono seduto di fronte alla scrivania del Granca’, che mi ha accolto cordialmente, e mi ha subito dato il ‘tu’, perché, dice, fra qualche giorno sarò suo collega (anche se, per me, con qualche ritardo!).
Mi ha fatto sistemare in una buona pensione, in Via Paleocapa, meno di quattrocento metri da Piazza Saffi, dov’&egrave il ‘luogo di lavoro’. Facile a raggiungersi a piedi, ma, se lo desidero, c’&egrave sempre l’auto di servizio.
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La pensione di Via Paleocapa &egrave accogliente, dignitosa, anche con una certa pretesa di eleganza. Non sono molti gli ospiti. La direttrice mi dice che li conoscerò a pranzo. Le spiego che nei giorni feriali consumerò solo la cena, e non sempre, e solo sabato e domenica rimarrei a pranzo, salvo che non riesca a fare una capatina nella mia città.
La direttrice, Elda, mi sorride cordialmente e mi ricorda che la sua casa &egrave al servizio dell’ospite.
La camera &egrave ampia, con un angolo studio molto confortevole. Il bagno &egrave ben attrezzato. Tutto molto pulito.
La signora Elda &egrave orgogliosa che la sua casa sia anche un centro culturale, dove spesso si tengono conferenze per un ristretto ed elitario numero di partecipanti.
Finalmente, riesco a restare solo, in camera. Una rinfrescatina e scendo al portone dove mi attende l’auto. Veramente il percorso &egrave brevissimo. Credo che lo farò sempre a piedi, anche per muovermi un po’.
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Il lavoro non manca.
Granca’ mi dimostra tutta a sua gratitudine scaricando su me il più possibile. A sentir lui mi fa un favore, perché mi consente di sentirmi del tutto autonomo in un compito che fra non molto dovrei assumere in altra sede. (Per la verità, spero che a sospirata promozione ottenuta mi consentano di restare al Ministero, sia pure in altra posizione.)
Lui, intanto, trova mille ragioni ‘ufficiali’ per andare in giro e, curando la ‘rappresentanza’, per portarsi appresso la sua sofisticata e altezzosa consorte. In fondo, a me non dispiace. Visto che devo stare qui, meglio lavorare. La sera, però, preferisco non accettare inviti, e rimanermene per conto mio. In pensione si cena molto bene, i commensali sono abbastanza piacevoli. Poi, si fanno quattro chiacchiere, o si guarda la TV in salone (anche se in ogni camera ce ne &egrave una). Qualcuno esce, va al caffé, al cine’
Ieri sera sono andato a sedere in un angolo del salotto, col giornale. Dopo un po’ &egrave venuta ad occupare la poltrona accanto, Magda Mari, così si &egrave presentata quando ci siamo conosciuti. Una piacevole signora, molto simpatica, che deve avere sui cinquanta anni, ma se li porta benissimo. Veste con buon gusto e sobria eleganza.
Com’era prevedibile, abbiamo ‘attaccato’ a chiacchierare. Lei era in vena di parlare. Soprattutto si sé.
Stanno riordinando il suo appartamento, profittando che il marito, come al solito, &egrave imbarcato (comanda un mercantile) e che il figlio &egrave negli ‘Stati’ per un master in ingegneria navale. Così lei ha preferito la quiete, la comodità, l’autonomia e la discrezione della pensione. Non sa quanto tempo si tratterrà, ma i lavori non saranno di poco conto. Comunque, dato l’avvicinarsi della Pasqua, meglio qui che non ospite di qualche noioso parente.
Vuole sapere qualcosa di me.
Le dico poco o niente, e invento qualche cosa.
E’ una amabile conversatrice.
Mi chiede se mi piace il teatro, e io colgo l’occasione per dirle che ho dei biglietti per il Teatro Chiabrera, rappresentano ‘Cosi &egrave se vi pare’, di Pirandello. E’ per sabato sera.
Magda dice che conosce bene quella commedia, le pare che si svolga in casa del Consigliere Agazzi. Io non posso risponderle perché no l’ho né vista né letta. Le dico che se vorrà farmi compagnia’
Accetta con entusiasmo, a condizione che possa pagare la sua quota.
‘Signora, sono biglietti di invito, non so se le piace l’ubicazione dei posti. Si tratta di un palco di proscenio’
‘Ottimo, per la prosa, si vede e si sente bene. Pare quasi di partecipare.’
‘Allora accetta?’
‘Ma con entusiasmo’ sabato, ha detto?’
‘Si, sabato alle 20,30’ se non ha nulla in contrario potremmo cenare dopo il teatro”
‘Preghiamo la signora di tenere in caldo”
‘No, intendevo andare in un ristorante, possibilmente caratteristico.’
‘L’idea &egrave ottima’ scusi, sa, ma vorrei sapere se lei privilegia l’esteriorità del posto o gradirebbe un localetto, semisconosciuto, verso il porto, dove ci vanno i buongustai. Il servizio forse non &egrave raffinato, ma il pesce &egrave ottimo. Io conosco il proprietario, già cuoco a bordo di una nave da crociera comandata da mio marito, e so che sta aperto fino alle ore piccole.’
‘E’ possibile prenotare per dopo-teatro?’
‘Ci penso io’ sabato sera, vero?’
‘Si, sabato sera.’
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Magda era molto elegante, ma sempre in modo semplice, ed aveva anche dei bei gioielli. Era, in effetti, una gran bella donna, con un personale attraente, e se non indossava, sotto l’abito un ‘modellatore’, che alcune chiamano guepi&egravere, perché dovrebbe stringere in vita e renderla piccola, appunto come quelle delle gu&egravepe, cio&egrave delle vespe, si doveva dire che le sue floride curve dovevano essere ben sode, per stare su in tal modo.
Io indossavo l’abito scuro col quale ero stato in ufficio, e non avevo avuto tempo per cambiarmi.
Le feci i complimenti, mi scusai per non essere all’altezza della sua eleganza, ma, sorridendo, mi rispose che io ‘stavo sempre benissimo’. La ringraziai, e scendemmo al portone, dove attendeva il taxi.
Ingresso sfolgorante di luci, signore di tutte le età, e qualcuna si pavoneggiava, ostentando costose tolette, spesso inadatte al loro personale.
Non conoscevo nessuno, ero da pochissimo in quella città.
Quando presentai i biglietti, si fece avanti una ‘maschera’ e con molta gentilezza ci accompagnò al palco. Proscenio, di quelli che si chiamano anche ‘barcacce’. Con tanti posti, ma era riservato a noi.
Magda tolse il leggero soprabito, lo appesi all’attacapanni, attesi che si sedesse. L’accompagnatore ci chiese se desiderassimo qualcosa e non volle assolutamente accettare la mancia che gli porgevo.
Quando mi accomodai nella poltrona accanto alla sua, Magda mi guardò con un incantevole sorriso.
‘Non sapevo che lei, Piero, fosse contornato da tanto rispetto. Mi ha detto che il suo ufficio &egrave in piazza Saffi, ma non mi ha specificato di quale ufficio si tratta.’
‘Un ufficio statale come tanti altri, e per un certo periodo io sostituisco quello che, in qualche, &egrave il ‘numero due’ della struttura, il ‘vicario’.’
Il suo sguardo era enigmatico, non credo che considerasse esauriente la risposta. Cercai di parlare del teatro, in generale.
Si spense la luce, si aprì il sipario.
Sono sincero, quando dico che mi avvicinai a lei per avere una migliore visione della scena, e che quel contatto di ginocchia fu del tutto casuale. Lei, comunque, non si scostò.
Sul programma era scritto: Atto primo, salotto del consigliere Agazzi.
Sulla scena un attore passeggiava nervosamente, senza fermarsi pronunciò la prima frase della commedia: Ah, dunque &egrave andato a ricorrere al Prefetto?
Oddio, anche qui si parlava di prefettura! Una specie di persecuzione.
Comunque seguivo lo svolgersi dell’azione, cercando, soprattutto, di comprendere il modo di essere di ogni personaggio, sapendo che Pirandello induce sempre a riflessioni sul carattere dei suoi protagonisti.
Il contatto con la gamba di Magda durò quasi tutto l’atto. E fu decisamente piacevole.
Intervallo.
Andammo nel foyer, al bar, prendemmo due coppe di spumante ghiacciato.
Magda riscuoteva l’ammirazione di molti uomini, e qualcuno accennava anche un saluto, a me, pur essendo io sicuro di non averlo mai incontrato.
Cominciai a guardare Magda come donna. Era una gran bella donna, ed era disinvolta, simpatica, ottima compagna.
In fondo, avevamo più o meno le stessa età, non giovanissimi, certo, ma nemmeno da buttar via. Specie lei. E la solitudine, la lontananza da certe consuetudini’ ti spinge a fare certi pensieri. I più naturali che un uomo faccia di fronte a una bella donna. E viceversa.
Il campanello ci sollecitò a tornare ai nostri posti.
Questa volta fu lei a muovere la poltrona, avvicinandola alla mia, proprio a fianco, vicinissima.
Luce spenta. Lieve movimento di Magda, e la sua coscia toccava decisamente la mia, ne sentivo il tepore. Dopo un po’, mentre un attore, che se non ricordo male era proprio Agazzi, il padrone di casa, diceva: Va bene, va bene; vedremo chi riderà meglio alla fine. Non perdiamo tempo! Appoggiai il braccio sulla spalliera della poltrona di Magda. E sarebbe più corretto dire sulle sue spalle. Non si mosse, o, se lo fece, mi sembrò che fosse per farlo scendere un po’ più giù.
Intervallo, foyer, altra coppa, fine della commedia, recitata benissimo e con molti applausi.
Trovammo subito un taxi e Magda gli dette un indirizzo.
Localetto modesto, accolti con cordialità dal proprietario che ci aveva riservato un tavolino in un angolo tranquillo. Era abbastanza affollato, ma quieto. Toni, il proprietario, venne con un cestino nel quale erano tre bottiglie.
‘Ora vi preparo l’aperitivo della casa, un mix di tre distillati fatti da me. Come sapete, tre &egrave il numero della perfezione.’
In effetti era un miscuglio gradevolissimo, e quando si allontanò, dicendo che ci avrebbe servito le tre specialità della cucina, Magda mise la sua mano sulla mia.
‘Ha ragione lui, vero Piero? Omne trinum est perfectum. Quasi tutte le commedie si svolgono in tre atti; tre, acqua, terra, cielo, sono le componenti del nostro mondo; padre, figlio, spirito santo, le persone del cristianesimo, e tutta questa religione fonda su fede, speranza, carità; e i triunvirati sono stati essenziali nella storia di Roma. Tre’ sempre tre”
Annuii.
‘Certo, e in genere si sceglie un candidato su una ‘terna’ proposta, Il tre &egrave presente dovunque. Ho visto che in pensione c’&egrave un avviso. Un noto teologo terrà nel salone delle riunioni, della pensione in cui siamo, il ‘Triduo Pasquale’. E dopo tre giorni, il figlio dell’uomo risorge. Tre.’
‘Si, Padre Agostino &egrave un bravissimo e colto oratore; non si dilunga in prediche enfatiche, soprattutto stimola la riflessione e la ricerca. Perché non vieni anche tu ad ascoltarlo? Le riunioni sono la sera, dopo cena, giovedì, venerdì e sabato, ‘tre giorni’. Scusi’ mi sono accorta che ho detto ‘perché non vieni’, col ‘tu’.’
‘E se decidessimo di abbattere le formalità? Non sta a me, logicamente proporlo, ma”
‘Per me sta benissimo. Salve Piero.’
Ci stringemmo la mano.
Deliziose e leggere le ‘tre’ portate di Toni. E gradevolissimo il bianco, leggermente frizzante, che ci consentì di annullare definitivamente la distanza che il manieroso ‘lei’ in un certo senso impone.
Ci raccontammo anche delle barzellette, in allegro crescendo di confidenza, e sempre meno castigate.
Quando pregammo Toni di chiamare un taxi, eravamo su di giri.
Da molto che non trascorrevo una serata così piacevole. La mia vita da ‘single’ non era mondana.
Mentre attendevamo il taxi, sulla strada, io tenevo Magda per la vita. Era morbida e calda, e mi eccitava.
Presto fummo in pensione. Facemmo attenzione a non far rumore. Dinanzi alla sua camera ci salutammo. Mi ringraziò per la bella serata e mi dette un bacio, sulla guancia. Le presi la nuca e la baciai sulla bocca. Non sembrò dispiaciuta.
‘Ciao.’
‘Ciao.’
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Ero riuscito a convincere Granca’ a farmi assentare per un paio di giorni. Giusto una puntatine a Roma.
Me lo fece cadere dall’alto, e, sia pure gentilmente, e inventando mille pretesti, mi disse che, però, dovevo partire ‘solo’ domenica mattina, e tornare entro lunedì sera. Grande concessione: il giorno di Pasqua e il lunedì dell’angelo. In compenso era un ‘viaggio per servizio’. Mi sarebbe stato rimborsato l’aereo, e sarei stato accompagnato e ripreso all’aeroporto.
Feci prenotare i biglietti.
Informai Magda, con la quale c’era un certo feeling, di quella veloce scappatella e riuscii perfino a convincerla che era per servizio (le feci vedere l’ordine in base al quale avrei avuto il rimborso delle spese). Alzò le spalle ma non comprendeva cosa mai si potesse fare a Roma in un Ministero, il giorno di Pasqua e quello successivo. Le spiegai che certe cose ‘riservate’ si facevano proprio nei giorni più strani. Altra alzata di spalle.
Decidemmo di andare al cine, la sera, ma si fece promettere che giovedì, venerdì e sabato, le avrei fatto compagnia durante le conferenze sul ‘Triduo’.
Al cine, come adolescenti inesperti, pomiciammo cercando di non dare nell’occhio. Poi la convinsi a un giretto in auto (ero riuscito ad avere un auto in uso) e sul sedile posteriore fu tutto un maneggiare che non portava a nulla. Le feci intendere che volentieri sarei andato nella sua camera.
Rimase silenziosa, sussurrò che non lo aveva fatto mai’ come si sarebbe ripresentata a suo marito, al Comandante, al suo rientro?
‘Scusa, come si presenta lui, a te, dopo un mese di crociera, con croceriste assatanate e disponibili?’
Non mi rispose.
E giunsero i giorni del Triduo.
Dopo la prima dotta e interessante disquisizione di P.Agostino, lasciando la sala, Magda ed io stavamo chiosando quanto il religioso aveva detto dell’amore, motore del mondo’
Io, facendo prevalere il mio spirito laico, cercai di prenderla scherzosamente e dissi che in effetti, senza amore non ci sarebbero gli uomini’
Magda si fermò un istante, mi guardò.
‘Ma &egrave una cosa seria, Piero, si parla dell’amore nel senso più elevato della parola, amore anche come affetto, tenerezza, calore, vicinanza..’
‘Certo, cara, ma anche come attrazione, desiderio, passione”
Eravamo fermi nella hall.
Cercai di cogliere l’occasione per invitarla a fare quattro chiacchiere, proprio in merito a quel tema, magari’ in una delle nostre camere’ e con una coppa di spumante’ al bar avevano le demi, le mezze bottiglie che ‘le dissi- non ci avrebbero fatto ubriacare.
Rimase per un attimo titubante, poi disse che nella sua camera c’era, in un angolo, un comodo salottino.
Andai io stesso al bar, mi feci dare la bottiglia e due coppe. La raggiunsi, prendemmo l’ascensore, salimmo, entrammo nella sua camera.
Profumava di buono. Di lei.
C’era, nell’angolo, come aveva detto, un basso tavolino, un divano, una poltrona.
Sedemmo sul divano e mi accinsi ad aprire la bottiglia.
‘Mi permetti di togliere la giacca?’
‘Certo.’
Tolsi la giacca la misi sulla poltrona, sturai la bottiglia, riempii le coppe.
‘A te, Magda, alla tua grazia!’
‘Diciamo a noi!’
Bevemmo.
Eravamo seduti vicinissimi’ le misi il braccio sulla spalla’ come al teatro, ma le carezzavo dolcemente.
‘Sicché, tu, Piero, privilegi quello che si chiama l’amore profano”
‘Questo non significa irreligioso, ma solo terreno’come dire’ concreto. Senza nulla togliere all’amore meramente spirituale, mistico, immateriale’ Vedi, ad esempio, non mi sento incorporeo in questo momento e non lo sei neanche tu”
Per avvalorare l’affermazione la strinsi a me e la mano le afferrò la tetta.
Veramente pregevole, considerando anche l’età, ed ero certo che, nuda, non sarebbe stata quella che si chiama una ‘tetta appesa’.
Magda mi guardò un po’, ma non si allontanò. Questo mi fece pensare che potevo tentare di proseguire. L’abbracciai e la baciai sulla bocca, appassionatamente, cercando di introdurvi la mia lingua, cosa che mi facilitò e ricambiò con fervore. Era logico che mi eccitassi, e così credevo che capitasse anche a lei, perché mi aveva cinto il collo con le sue mani e tratteneva le mie labbra sulle sue, mentre le cincischiavo le tette’. M’infilai nel suo vestito, nel reggiseno’ erano belle e sode, e anche prosperose, e doveva certamente non essere insensibile a quel palpeggiamento perché i capezzoli erano lunghi e duri. Quando si allontanò un po’ da me, colsi l’occasione per abbassare la testa e succhiarle uno di quei bei capezzoloni. L’altra mano sul suo grembo, e sentii che sussultava. Forse era il momento’ Per farla infiammare ancor più, presi la sua mano e la portai sulla mia patta’ non la ritirò’ dapprima rimase inerte, poi afferrò il ‘. contenuto e lo strinse. Di colpo si mosse, si alzò, rassettò il vestito. Mi guardò.
‘Non &egrave possibile, Piero’ non &egrave possibile’ non devo”
Le presi la mano e avrei voluto riportarla al posto di prima.
‘Come, non ti interessa’.l’argomento?’
‘Ti prego, va via’ lasciami sola’.’
Si avviò alla porta, l’aprì.
Ripresi la giacca, la infilai, mi avviai per uscire, ma prima le detti una lieve carezza, sul volto, e le sfiorai la bocca con un bacio.
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L’indomani sera non andai al Triduo, le telefonai e dissi che improvvisi e inderogabili impegni mi impedivano di lasciare l’ufficio, avrei mangiato un panino e non sapevo a che ora sarei tornato.
Mi feci portare con l’auto ‘Da Nicola’, cenai solo del pesce in bianco e insalata; frutta e un ottimo drink. Mi avviai al Cinema Diana, entrai, ma il film non mi attraeva troppo. Alle undici ero di ritorno in pensione, a piedi. Dal cine distava meno di trecento metri. Salutai i pochi ospiti che erano nei pressi dell’ingresso, presi la chiave della mia camera e mi avviai all’ascensore. Magda mi raggiunse ed entrò anche lei.
‘Stanco, Piero?’
‘Non molto’ e tu?’
‘Stanchissima. Tu parti domenica mattino, vero?’
‘Si, perché?’
‘Semplice curiosità’ domenica pomeriggio attracca a Genova mio marito’ mi raggiungerà qui’ solo per una sera’ lunedì salpa per Napoli. E’ li che finisce la crociera.’
‘Ah!’
Eravamo giunti al piano, uscimmo.
Dinanzi alla porta della sua camera mi fece un dolce sorriso e mi sfiorò la guancia.
‘Buonanotte, Piero.’
‘Buonanotte.’
Mise la chiave nella toppa, si fermò un momento, si voltò.
‘Verrai domani sera al Triduo? Ti aspetto?’
‘Mi aspetti?’
‘Si!’
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Padre Agostino era un uomo eccezionale, sapeva attrarre l’uditorio ed aveva argomenti logici e convincenti. Lo ammettevo, lo riconoscevo, ma per me avevano il punto debole era la mancanza di concretezza, il vago. Mi sembrava che nella sala fosse stato immesso qualcosa di oppiaceo, che stordiva, sembrava volare nell’irreale.
Quando tutto fu terminato, tra moltissimi applausi e congratulazioni, Magda, che era particolarmente elegante ed attraente, mi disse che mi aveva prevenuto. Sul tavolino del suo salotto c’era un secchiello con ghiaccio e una ‘demi’.
La guardai, mi sorrise, incantevole.
‘Non avevamo un’ argomento in sospeso? Non vuoi approfondirlo?’
Non sapevo se mi prendesse in giro o meno.
Comunque non potevo sottrarmi a quell’invito, anche se poteva nascondere una presa in giro.
Salimmo in ascensore. Appena vi entrammo, mi carezzò il volto e mi baciò sulla bocca.
O era un perfido giuoco, o’.
Quando fummo nella sua camera, mi invitò a togliere la giacca’ ed anche la cravatta’ dovevo sentirmi a mio agio.
Andò nel bagno e dopo poco apparve in vestaglia, coi capelli sciolti.
Io sapevo i suoi anni, ma mi sembrò giovanissima, bellissima, affascinante. Forse era la castità durata troppo giorni. Comunque mi eccitai subito.
Venne a sedere sul divano.
‘Vogliamo brindare, Piero?’
Via il tappo, spumante nelle coppe, brindisi.
Magda fece un lungo sorso del biondo frizzante e si sporse verso me, poggiò le sue labbra sulle mie e quando io le dischiusi sentii fluire in me lo spumante che aveva trattenuto nella sua bocca.
La baciai freneticamente’ l’abbracciai’ cercai di frugarla’ dappertutto’
Sotto la vestaglia solo un evanescente sottoveste.
Avevo ragione io, il seno era abbastanza sostenuto, le natiche, tonde, erano sode, ma quello che mi colpì fu il folto del suo bosco pubico che denunciava l’assenza di ogni pratica depilatoria’
Vi tuffai il volto, la frugai con la lingua, assaporai il salato della sua linfa che stillava copiosa dal suo sesso.
Si alzò, mi dette la mano.
Quando fui in piedi, mi sbottonò la camicia, abbassò la zip dei pantaloni, mi aiutò a sfilarli, a togliere tutto, a restare nudo con tanto di ‘lancia in resta’.
‘Lo’ afferrò delicatamente, e mentre con l’altra mano andava liberandosi di vestaglia e sottoveste, si avviò al letto. Si sdraiò, di traverso.
Spettacolo incantevole, provocante’
Non ero in condizioni di’ attendere troppo’ posi le sue gambe sulle mie spalle e avvicinai il rubizzo del mio glande a quella meravigliosa foresta nera, nella quale s’apriva il rosa del suo sesso, e s’intravedeva il vibrare del suo piccolo clito. Mi ricevette con deliziose contrazioni, con l’ondeggiare voluttuoso del suo grembo.
Non eravamo due inesperti alle prime armi, anche se giurava che ‘solo col marito’, ma ci sapeva fare, con inebriante esperienza, e sapeva trarre da ciò il massimo godimento.
Il piacere incalzava e stimolava sempre più, aveva socchiuso gli occhi e dalle labbra usciva un lungo gemito, insistente, ripetuto, lungo, che cresceva, diveniva roco, frenetico, come l’interno della sua vagina. Fu sconvolta da movimenti sempre più impetuosi, smaniosi’ e non riuscì a soffocare il grido che le sfuggì quando l’orgasmo la travolse. Stava quasi acquietandosi, la sua smania, ma l’irrompere del mio seme, violento, in lei, le fece di nuovo raggiungere le vette del piacere.
Era stato bellissimo.
La mia età non era di quelle che consentono la permanenza di un certo stato di eccitazione subito dopo il naturale scarico del liquido seminale.
Sgusciai lentamente.
Si mise supina, nel letto. La raggiunsi.
Si voltò, raggomitolata, con le belle natiche sulle mie cosce. Allungò la mano, ‘lo’ prese e lo posizionò al caldo, tra le gambe, all’ingresso dello splendido scrigno della foresta nera. Il mio scettro era li.
Ci assopimmo.
Non so che ora fosse, quando mi destai e mi accorsi che il tempo aveva ridato vitalità al mio sesso, e soprattutto desiderio di tornare in quel tiepido palpitare’ che infatti pulsava, si agitava’ così com’era si avvicinò ancora’ le sue dita lo afferrarono con delicatezza e lo condussero là dove il caldo era umido e maggiore. Entrai, lentamente, deliziosamente’ afferrai una tetta con la mano e con l’altra scesi a titillare il piccolo clito’ forse il glande, entrando e uscendo, aveva incontrato il punto più erogeno di lei, il punto ‘G’, perché sembrava impazzita, incontenibile, e dovette mettere una mano sulla bocca per non urlare, più di prima, il raggiungimento della sua incontenibile voluttà.
Non nascondo, che mi compiacqui con me stesso.
Alla mia età, due assalti di quel genere non li avevo previsti.
Guardai l’orologio.
Le tre di notte.
L’auto per l’aeroporto veniva a prendermi prima delle sei.
Dovevo andare nella mia camera, fare la doccia, vestirmi’
Ma era così bello stringerla a me, sentirmi ancora in lei’
E quell’incanto ci fece tornare lentamente nel regno di Morfeo.
Le quattro e mezzo.
Forse dovevo cominciare ad alzarmi.
Mi voltai un po’ mi misi supino.
La sua mano mi carezzò, mi cercò’ lo cercò’ la carezzo dolcemente, con maestria’ e ‘lui’ non rimase insensibile a tanta attenzione’
Quando tornò ad essere gagliardo e svettante, lei si mise a cavallo di me, sulle sue ginocchia’
La sua voce era bassa, sensuale, inebriante’
‘Lo so che devi partire, ma dimentichi il completamento”omne trinum est perfectum’, non vorrai lasciare incompiuto il Triduo.’
Si impalò su di lui e cavalcò fino a raggiungere ancora una volta il traguardo. Vittoriosamente, col seno balzante e i capelli sparsi e sudati, il capo rovesciato, gli occhi semichiusi dai quali trasparivano bagliori di lascivia’
Si lasciò cadere su me, dopo, ansante e estasiata.
‘Ti aspetto lunedì”
Cercai di scherzare.
‘Ma’ il Triduo’ &egrave compiuto..’
‘Ci attende la novena!’
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