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Racconti Erotici EteroTrio

Il viaggio di Nadia

By 3 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Qualche anno fa, proprio in concomitanza con la prenotazione delle vacanze, chiamò una mia vecchia amica, Rebecca: aveva un problema. Si era appena trasferita a Funchal e doveva traslocare tutta la sua roba sull’isola, così mi chiese se, in cambio di ospitalità gliela potessimo portare noi, era la grande occasione per ritrovarsi dopo tantissimi anni.
Valerio, il mio ragazzo, saputa la cosa insistette perché ne cogliessimo l’occasione, tuttavia io, pur contenta di rivedere Rebecca, sentivo una strana sensazione.
Dovete sapere che io e Rebecca siamo cresciute insieme in un piccolo paesino, lei, più grande di un paio di anni, &egrave sempre stata una sorella per me, mi ha aperto al mondo e mi ha difeso, ma in un certo senso mi ha anche oscurata, mantenendomi in uno stato di perenne fanciullezza. All’epoca la veneravo, eppure quando ci separammo, mi sentì rinascere.
Accettammo l’invito, erano molti anni che non la vedevo e in fondo mi mancava parecchio: all’aeroporto ci raggiunse il suo fidanzato, l’esatto contrario di ciò che mi aspettavo, era poco più di un ragazzo, molto timido, carino ma decisamente poco provocante, non il classico tipo che avrebbe attratto Rebecca, che non fosse cambiata?
Arrivati sull’isola ero impaziente di vederla, dovevo affrontare le mie paure, farle capire che ora ero anche io bella, seducente e matura, e che avevo pure un ragazzo niente male. In un certo senso affrontavo me stessa. Mentre Valerio andava a prendere i bagagli, Riccardo, questo il nome del ragazzo, mi rivolse la parola.
‘Rebecca mi ha parlato molto di te’ disse
‘anzi, in realtà sono settimane che ne parla, ma non se la sentiva di invitarti fino a quando non l’ho convinta’.
‘Anche io sono ansiosa di vederla, sai siamo state migliori amiche, come si dice..’ aggiunsi
‘Spero che vi troviate bene, ecco’ era veramente timidissimo, il classico genere che poteva piacere un tempo a me, ma di certo non alla femme fatale Rebecca.
Ed eccola li, alla fine arrivò.
‘Nadia’, urlò, abbracciandomi.
Era, veramente, diversa. Vestita da ufficio, capelli lunghi raccolti, nemmeno un filo di trucco, le sue forme nascoste da un abito formale: poteva essere un’altra persona. Durante il tragitto che ci portò a casa non smettemmo di parlare un secondo, nemmeno mi accorsi che era notte fonda, ci salutammo e andammo a dormire, senza disfare nemmeno i bagagli.
La mattina ci svegliammo con calma, Rebecca ci aveva detto di andare in spiaggia e che ci avrebbe raggiunto lei di pomeriggio e così facemmo. Sarà stato il sole, il clima, l’oceano o più probabilmente il fatto di essere finalmente libera dalla figura di Rebecca, ma ero elettrizzata, ho passato la vita a cercare di imitarla e ora, forse, sono me stessa.
Dopo una mattinata passata sulla calda sabbia, la spiaggia si affollò improvvisamente, probabilmente per la pausa di mezzogiorno dei lavoratori o per l’arrivo dei turisti. Decidemmo di fare un tuffo, o meglio Valerio mi portò a forza nel mare.
Era tutto talmente fantastico che mi lasciai trasportare dalle sue voglie: succedeva spesso, infatti, che Valerio mi stuzzicasse in luoghi pubblici ma protetti, come in questo caso, tra le onde dell’oceano. Lo baciai serenamente, insistendo sempre di più, fino a quando eccitato, non mi palpeggiò con voglia. Continuai ad assecondarlo, volevo vedere fino a dove si sarebbe spinto, normalmente non oltre il lecito, la spiaggia pullulava di gente e il mare, pur ondoso, non poteva sottrarci alle occhiate altrui. Mi lasciai abbracciare e, appoggiandomi di schiena a lui, appoggiai il suo membro lungo le mie natiche: lo incastrai per bene e ondeggiai con tutti l’intento di farlo impazzire. Lui in tutta risposta mi passò una mano sotto il top, palpandomi il seno, scendemmo nell’oceano, così che potesse continuare, mentre con la mano mi infilai sotto ai suoi boxer. Mi baciò ardentemente e mi sciolse il costume.
‘Ragazzi!!’ sentimmo una voce in lontananza, erano loro.
Mi allontanai di istinto, ma emersi tutta scompigliata, era evidente quello che stavamo facendo, un forte imbarazzo mi colpì: improvvisamente mi vergognavo.
‘allora, come vi trovate’ chiese Rebecca sorridendomi.
‘molto bene, &egrave un paradiso’ rispose Valerio, io non dissi nulla, mi sentivo come se mia madre mi avesse appena scoperto con la prima sigaretta, e io avessi 12 anni.
Uscimmo lentamente e ci appollaiammo sugli asciugamani, Valerio, ancora evidentemente eccitato appoggiò una mano sul mio ventre, ma io la cacciai. Improvvisamente ero di pessimo umore. Chiusi gli occhi e tentai di dormire.
Quando gli riaprì doveva essere passato molto tempo, i due ragazzi erano in riva al mare e Rebecca era sdraiata affianco a me, ma ancora tutta vestita.
‘Ciao’ le dissi.
‘Non hai caldo, sei ancora vestita’ chiesi.
‘Oh, la verità e che sono venuta direttamente qui dal lavoro e non ho il costume quindi, per quanto spiaggia libera, non volevo mettervi in imbarazzo, insomma, non ci conosciamo quasi più’. Scherzò con una punta di astuzia.
‘Ma figurati’ replicai, ma il mio tono si riferiva a ben altro.
‘E poi Riccardo &egrave un po’ geloso, ma tu mi fai tornare bambina, no?’
I due ci raggiunsero e Rebecca seguì Riccardo verso il bar dicendo che avrebbero preso da bere.
Gli guardai allontanarsi mentre la mia mano sfilava la cordina del top, lasciandolo scivolare lungo la pelle.
Il mio ragazzo mi guardò con curiosità mentre con la massima nonchalance lo riposi nella borsa. In realtà, dentro di me, stavo gridando. Mi sdraiai.
‘Nadia hai un corpo mozzafiato, se fossi un uomo non resisterei un secondo, ti salterei addosso’ stuzzicò Rebecca appena tornata.
Dopo un attimo di esitazione mi issai e raccolsi il cocktail che ci avevano portato.
‘Ma va’, ricordo a chi ‘volevano saltare addosso’ i maschietti quando eravamo giovani..’ Confessai io
‘Le cose cambiano’ rincarò lei.
Non volevo tradire la mia falsa sicurezza e così dialogai un po’ con Valerio, che invece in imbarazzo lo era visibilmente, diciamo che non lo ho certo abituato a colpi di questo genere, già prima in acqua ero andata nettamente oltre le mie caratteristiche, ma ero elettrizzata dalla situazione.
Lasciai in vista il piccolo seno arrotondato, praticamente dipinto sul mio delicato corpo nudo, riscaldato dal sole e dall’ardore della mia nuova e insolita personalità.
Improvvisamente però, dal nulla ricomparve la Nadia consueta e come un colpo di spugna i miei entusiasmi si spensero. Ma cosa stavo facendo, pensai. Senza guardarmi in giro mi voltai sulla pancia e riflettei.
Improvvisamente però, dal nulla ricomparve la Nadia consueta e come un colpo di spugna i miei entusiasmi si spensero. Ma cosa stavo facendo, pensai. Senza guardarmi in giro mi voltai sulla pancia e riflettei.
L’improvviso disagio aveva riportato alla mente vecchi ricordi, momenti passati con Rebecca, ricordo intensamente ogni attimo di quegli anni nei quali divenni donna.
Eravamo delle giovani ragazze, cresciute insieme ma divise da un anno di differenza, che tuttavia divenne importante quando lei andò all’università e io rimasi un anno intero a terminare le superiori da sola. Quando la raggiunsi era diversa, amata dagli amici, prediletta dai professori, idolatrata dai suoi amanti, io invece ero la più banale delle ragazze di provincia, completamente fuori luogo, ma costretta ad abitare con la mia antitesi. Tuttavia chi la idolatrava più di tutti ero io, ma non lo davo a vedere, era la mia migliore amica e modello: arrivai al punto di imitarne i comportamenti di nascosto e, una sera, mentre era fuori con il suo ragazzo, decisi di trafugare il suo armadio e vestirmi come lei.
Ricordo la confusione dalla quale estrassi magliette attillate, gonnelline, rossetto, perizomi, cappelli, occhiali e infine eccomi li, vestita come una star, come Rebecca. Ma chi ero io?
Che stupida, potevo camuffarmi, imitarla, simulare, ma non avevo la forza di essere come lei: ero solo una contraffazione. Mi vergognai e andai a letto.
Rebecca tornò presto quella sera, senza badare a me si intrufolò con un ragazzo nella sua stanza velocemente. Era un classico, normalmente mi sarei rivolta dalla parte opposta e avrei proseguito a dormire, ma non quella sera.
La spiai, si la spiai mentre aveva un rapporto con quel ragazzo.
Arrotolati nelle coperte si baciavano sfrenatamente, dovevano essere ancora pressoché vestiti perché sentivo la cintura di lui battere sul ciglio del letto mentre goffamente tentavano di rimuoverli. Rebecca si divincolò dalla presa maschia e lo allontanò. Lui di tutta risposta la afferrò per le braccia e immobilizzandola emerse dalle coperte. Si tolse la fine maglietta che ne conteneva il possente corpo e la schiaffeggiò con notevole forza. Alche io sobbalzai.
Si erse in piedi e rimosse finalmente i pantaloni e i boxer rimanendo tutto nudo sul letto. Ne osservai l’erculeo corpo sudato, illuminato dalla luce della strada mentre Rebecca, ora libera dalla presa si sollevò sulla vita e avvicinandosi al membro si posizionò in ginocchio. La osservai senza vergogna mentre impugnava quel pene enorme e ne tastava i testicoli, schiacciandoli e calcandone le forme. Lui, ora calmo e rilassato, lasciava fare. Con uno scatto improvviso, la ragazza prese tutta quella carne in bocca e con notevole velocità iniziò a lavorarlo, mentre con le mani ne palpeggiava le marmoree cosce.
Il ragazzo le prese i capelli e ne diresse l’opera con crescente prepotenza, potevo vedere la bava di Rebecca scorrere sul suo mento e poi giù lungo il corpo, ancora coperto dai vestiti.
La situazione era talmente sporca che di istinto decisi di andarmene: non immaginavo che lei fosse così succube del maschio, l’avevo sempre immaginata come femme fatale, si aggressiva ma in positivo e verso se stessa. Tornai a letto.
Ricordo che più chiudevo gli occhi più vedevo quelle scene, finì per immaginarne il proseguo e di conseguenza ad eccitarmi. Non avevo mai assistito al sesso altrui e ricordando il mio, non ero certo abituata alla veemenza, anzi, non la consideravo neppure. Però ero eccitata, molto eccitata.
Seguitai in questa perversione per diverse notti senza farmi scoprire e una sera iniziai anche a toccarmi, immedesimandomi in lei, nelle sue curve perfette, nel suo seno abbondante, nei suoi neri capelli ricci che libravano nell’aria, nel suo corpo sudato e montato, nel suo viso che spesso si involgeva tra i cuscini, celando i gemiti di piacere.
Gli osservavo con voglia crescente quando, una sera, la mia eccitazione fu tale che non mi accorsi che il ragazzo mi aveva vista, così fuggì in bagno a nascondermi. Rimasi li a tormentarmi nella doccia: mi aveva vista davvero? Lo avrà detto a Rebecca? fino a quando lui diversi minuti dopo non entrò. Dalla tendina della doccia potevo vedere che era completamente nudo; si stava guardando allo specchio, poi si appoggiò al lavandino e si ripulì degli umori, risciacquandosi per bene. Fu a quel punto che si voltò e puntò diritto verso di me, aprì la tendina ed entrò come niente fosse.
‘non ti disturbo vero?’ sospirò sarcastico e accese il getto.
Feci per uscire quando mi bloccò con forza e mi cinse a lui, conducendomi sotto l’acqua tiepida, mentre la mia veste si inzuppava tentai invano di dileguarmi, ma le sue braccia, forti e vigorose, mi strinsero ancora più forte. Con irruenza mi baciò sul collo e scostò le spalline della mia tunica, che scivolarono in basso lungo il mio corpo fradicio, mentre sotto un corpo enorme si elevava lungo le mie natiche. Inserì due dita nella mia bocca e mi strappò le vesti, poi mi ruotò di schiena e mi perforò: io rimasi immobile, comunicando il mio piacere solo mordendoli le dita. Mi schiacciò sul freddo vetro e, allargandomi per bene, mi penetrò con meno foga, ma più profondità, avrei voluto urlare. Rebecca poteva sentirci, Rebecca poteva entrare da un momento all’altro, Rebecca, Rebecca.. ero io Rebecca.
Mi voltai e lo fissai, lo baciai con voglia, lui mi issò sul suo busto e continuò nella sua opera, facendomi salterellare come un fuscello. Mentre io ne palpavo ogni lembo di pelle, la sua mano scivolò lungo le mie natiche e si arrestò all’apertura dell’ano, massaggiandolo.
Appoggiai la mia bocca al suo orecchio e scongiurai ‘inculami’, ero fuori di me. Non se lo fece ripetere.
Mentre da una parte sentivo il suo membro dilatarsi e solcare dentro di me, dall’altra il suo dito procedeva adagio ma inflessibile, probabilmente venni più volte ma continuammo ancora e ancora. E per diverse notti.
Non so se Rebecca se ne accorse mai, ma io non mi sentì in colpa fino a quando non ci separammo: in pratica oggi ci rivediamo per la prima volta da allora, sono passati più di dieci anni, e ora mi sento in colpa per un topless.
Nel frattempo la giornata era passata e ci demmo appuntamento in un localino sulla spiaggia per il dopocena, un luogo veramente suggestivo: luci soffuse, musica coinvolgente, stuzzichini e vino a volontà racchiusi in una piccola locanda sul mare. In breve tempo venimmo tutti conquistati dall’atmosfera giovale e dal vino sconsiderato.
Prendemmo un tavolo sulla terrazza, la vista era splendida, potevamo osservare l’oceano notturno, leggermente illuminato dalle lontane luci delle navi e dalle stelle. Ricordo bene come mi vestii in quanto ero stimolata un po’ dai ricordi e un po’ dall’atmosfera, ma c’era dell’altro, che ancora non riuscivo a decifrare. Fu così che scelsi una lunga tunica bianca che dalle spalle scendeva alle ginocchia, aderendo lungo i fianchi e poi si riallargava lasciandomi libera più in basso, il risultato erano le continue attenzioni di Riccardo e non solo: notai in particolare un ragazzo che più di una volta tentò di avvicinarmi mentre mi servivo al buffet.
Proseguimmo nella piacevole serata tra ricordi e risate, ma il lait motiv era quel ragazzo che continuava a fissarmi, forse portato a ciò dalla mia noncuranza nel ricambiare imprudentemente.
Generalmente era Riccardo quello che attirava gli sguardi altrui, tant’&egrave che ogni tanto avevamo giocato al far finta di non essere fidanzati e vedere quello che succedeva, sempre senza superare alcun limite, solo sguardi, nient’altro. Il risultato era straordinario a letto. Notai che il mio ragazzo lo aveva visto, ma non ne sembrava preoccupato, ogni tanto mi sorrideva di soppiatto e mi pizzicava le gambe in segno di sintonia.
Mi piaceva e mi piaceva parecchio che lui mi sfiorasse mentre ero spogliata con gli occhi, mi dava un senso di potere e dissolutezza, sentivo di poter fare ciò che volevo: in quel preciso attimo possedevo più uomini.
Sentì nuovamente una piede sfiorarmi la gamba, però questa volta si comportò più dissolutamente e puntò verso l’alto, superò senza fatica il ginocchio e poi, rallentando scivolò sotto la veste: il buio e il caos giocavano a nostro favore e lasciai fare.
Osservai il mondo che ci circondava e mi sentivo libera e nascosta, una sensazione nuova ed eccitante, irresistibile, portai la mia mano sul malizioso piede che ora era giunto a destinazione e lo accarezzai. Con grande sorpresa non vi fu alcun accenno da parte del mio uomo, ma un sussulto. Un sussulto da parte di Rebecca. Tastai con attenzione le dita, non potevano che essere femminili, ora ero io a scuotermi, la fissai con attenzione, ma lei non fece alcun gesto, se non il continuare a muovere le dita, sempre più vicine alla mia vulva.
‘Ciao, scusa mi concedi un ballo?’ Sbucò improvvisamente il ragazzo.
Valerio lo guardò severamente, non se lo aspettava nemmeno lui.
‘Riportacela sana e salva però’, disse ridacchiando una Rebecca piuttosto brilla.
Il ragazzo non sapeva che ero accompagnata, tuttavia scrutò i miei amici alla ricerca di consenso, Valerio mi sorrise, ma io ero enormemente distratta da quello che stava accadendo sotto il tavolo: le dita di Rebecca, sostenute dalla mia mano, penetrarono sotto le mie mutandine: intingendosi.
La guardai diritta negli occhi ma non rispose, in quel momento il ragazzo si porse verso di me e con un cenno di timidezza prese la mia mano, io mi alzai e non so come lo seguì al centro del locale, dove altre persone stavano ballando da un po’.
‘Sei molto bella’ esordì dopo aver posato le mani sui miei fianchi.
‘Grazie, ma sono fidanzata’ risposi molto impacciata, ero troppo scossa da tutti gli eventi accorsi nel giro di pochi secondi.
‘Rilassati’ sospirò muovendomi piano.
Mi sentivo osservata e maldestra e così, cercando di fare l’indifferente, finì per esserlo veramente.
Mentre prendevo il ritmo lanciai qualche occhiata a Valerio, per valutarne la reazione, ma la mia attenzione ricadeva sempre su Rebecca, che sembrava molto briosa questa sera. Non volevo deluderli, così mi lasciai andare.
Mossi il corpo sensualmente, danzando e strusciandomi con sempre maggiore convinzione, superai anche la sua sicurezza, quasi lo misi in difficoltà.
A intervalli regolari sentivo Rebecca scoppiare in risata, probabilmente ridevano di me pensai, sembravano proprio tutti molto divertiti, ma certo la quantità di vino che scorreva quella sera aveva aiutato.
Il palco si popolò, mi raggiunse anche Rebecca, che con disinvoltura mi sottrasse il mio amante sorridendomi. Era una specie di dispetto. Il ragazzo, onorato, ballò insieme a noi, ma io non ci stetti e feci segno ai due di raggiungerci.
Con poca voglia lo fecero, ma erano visibilmente inebriati, così gli accompagnai un po’ io nel ritmo, abbracciandoli entrambi senza sottrarmi a movenze piuttosto sensuali. A nessuno pareva importare, la folla era sempre maggiore e l’alcol sommato a quel moto mi stava decisamente dando alla testa: mi strusciavo, ma non sapevo più su chi.
Avvertì una mano ballerina che vagava sul mio corpo, in particolare sui glutei: osservai Riccardo sorridendo. Sentivo la gonna alzarsi, ma in mezzo a quella folla e con quelle luci intermittenti nessuno se ne accorse. E lasciai fare
Alzai le braccia a ritmo, come se volessi che mi togliessero le vesti, nel frattempo quelle mani continuavano a sfiorarmi il corpo, su e giù lungo le cosce e poi sotto al vestito.
Forse era troppo, mi allontanai con compostezza, ma finì per portarmi tra le braccia del ragazzo di prima: lo fissai negli occhi, non credo fossero state sue le mani, ma lui mi osservò come se ci conoscessimo da tempo e mi sorrise. Senza dire una parola si avvicinò a me mi baciò di sfuggita. Rimasi impietrita e feci un passo indietro. Lui invece continuava ad osservarmi.
Con la coda dell’occhio notai Rebecca che, ballando allegramente, mi stava osservando, era lei che mi aveva spinto, erano sue le mani, erano suoi quei piedi. A che gioco stava giocando?
Mi dissociai dalla folla puntando al nostro tavolo e mi sedetti.
Improvvisamente avevo voglia di tornare a casa, mi sentivo stordita, la musica era forte e l’alcol aveva probabilmente raggiunto il limite consentito dal mio corpo. Fu a quel punto però che si sedette vicino a me Valerio.
‘Che serata’ disse
‘Qui il clima &egrave pazzesco, hai visto questa gente? Di colpo da serata elegante a locale notturno’
‘Siamo tutti ubriachi no?’ disse lui allegramente
‘Usciamo un attimo’ gli chiesi, acconsentì.
Mi appoggiai alla ringhiera che dava sulla spiaggia: in lontananza, tra le urla festose alle nostre spalle, sentivo le onde del mare
Valerio mi abbracciò e mi baciò dolcemente sul collo
‘Torniamo?’ lo invitai con un cenno passionale
‘Assolutamente no’
‘Sei la regina della festa, ti guardano tutti’ Sorrisi, sapevo che stava esagerando, mi stava adulando, ma non capivo il motivo. Gli avevo fatto capire che volevo tornare e il motivo era evidente.
‘Ho visto che ti ha baciata’ disse tutt’a un tratto
‘Come?’ cincischiai io, ma non ero affatto credibile, arrossì immediatamente.
Valerio silenzioso si avvicinò nuovamente a me
‘Sto impazzendo, voglio che continui a darli corda’
‘Vuoi che accada adesso, qui?’
‘Non vedo momento migliore’
‘Ma ci sono gli altri, se capissero quello che facciamo’
‘Non farti beccare’ disse dandomi una spinta sul sedere.
Ero stupefatta, non che il pensiero non mi avesse sfiorata, non che non ci giocassimo con la fantasia, ma proprio ora.. l’idea mi gelava il sangue, fino a che punto spingersi, fino a che punto volevo spingermi?
Bumm!
Un botto mi fece balzare. Era un tuono. Alzai gli occhi verso l’oscurità del cielo, non feci in tempo a mettere a fuoco che una copiosa massa d’acqua mi colse senza lasciarmi scampo. Corsi verso il locale, che si trovava a pochi metri di distanza, ma venni inzuppata dalla forza dell’acqua.
Una volta rientrata mi resi conto che non era poi così grave, ero solo un po’ bagnata, dovevo solo risistemarmi: decisi di cercare il bagno e proseguì in mezzo alla folla. Con la coda dell’occhio cercai quel ragazzo, ma dentro di me ero combattuta. Avanzai.
Mi ritrovai in un ambiente oscuro, due lampadine poste agli angoli illuminavano poco nulla l’ambiente, per fortuna lo specchio era sufficientemente luminoso, mi specchiai con calma quando da dietro sentì sbattere la porta. Poi un giro di chiave.
Mi voltai con preoccupata. Chi poteva essere? Valerio, quel ragazzo?
Doveva essere lui. Dentro di me sentì ardere la voglia, ma esternamente ansimai, improvvisamente non ero pronta. Non era il momento giusto, e non avevo deciso io.
Rimasi immobile, senza dire una parola. Cercai con la coda dell’occhio l’ospite segreto: ma non lo trovai.
Man mano che gli attimi passavano sentivo sempre più la sua presenza dietro a me, potevo immaginare le sue mani correre sul mio corpo, toccarmi le gambe e, come prima, risalire lungo le cosce. Potevo sentire le sue labbra che mi baciavano fervidamente, il mio collo ruotare, le mie mani sul suo corpo nudo, snello e scuro.
Potevo vagheggiare nell’amplesso che ci avrebbe colto in quel bagno chiuso, con Valerio all’esterno, che poteva solo immaginarmi così, bagnata e penetrata, a pochi metri da lui.
Poi improvvisamente una voce ruppe il silenzio che avevamo creato.
‘Ciao’ era Rebecca.
I miei pensieri si sciolsero nella più ampia confusione
La ragazza si avvicinò al banco in modo sgraziato.
‘Hey, grazie della serata, &egrave veramente fantastica’ vagheggiai io cercando di riprendermi.
Non risponde, ma si avvicina piano.
‘Nadia’ sussurrò.
‘Che c’&egrave?’ la guardai attraverso lo specchio
Rebecca scoppiò in un pianto fragoroso.
Di scatto mi voltai, non capivo cosa stesse succedendo.
Mi avvicino a lei e la abbraccio, le chiedo cosa succede, ma non risponde, si cinge sempre più a me. Poi con un filo di voce.
‘Io non riesco più a tenermi Riccardo’.
‘Come?’
‘Beata te che riesci a tenere testa a due uomini, io non riesco più a tenermi neppure Riccardo’.
‘Non capisco cosa vuoi dire, Rebecca..’
‘Lo sai benissimo invece, quello che non sai &egrave che tutto finisce’
Rialza la testa e mi fissa.
‘Tu sai chi sono, tu sai cosa ero, vero?’ ripete visibilmente scossa.
‘Rebecca io credo che tu abbia bevuto troppo, come d’altronde ho fatto io, se ho fatto qualcosa che ti ha offeso ti chiedo scusa’.
‘Non faccio l’amore da mesi’ confessa.
‘Rebecca..’
‘Zitta, e poi arrivi tu e ti scopi Riccardo’
‘No guarda.. Rebecca’ non riesco a far altro che ripetere il suo nome
Man mano che parla, anziché deprimermi o offendermi mi rinforzo, sento un’energia straordinaria che cresce dentro di me.
Rebecca nel frattempo si &egrave risollevata
La abbraccio, ma mi caccia
Posso avvertire la sua impotenza di fronte a me. Mi guarda ora con aria di sfida.
La agguanto con forza e, senza alcun perché la bacio, forse per calmarla.
‘Ti chiedo scusa’ afferma Rebecca ancora tra le mie labbra
‘No non devi, sei la mia migliore amica, lo sai’
‘Tu sei così bella, così giovane’
Io sono te, pensavo in quel momento: le presi il viso tra le mani e la baciai nuovamente, ma questa volta con tutta la passione e la carica erotica che lei mi aveva trasmesso in tutti quegli anni, nei quali ero io la marionetta che le girava attorno. Sentivo di avere vinto, di aver raggiunto il mio mito e ora di averla superata. La possedevo, godevo del pieno potere su di lei, che non rispondeva neppure al bacio tanto era tesa. Qualcosa dentro a me diceva che non avevo finito, che potevo avere di più.
‘Torniamo a casa amore’ le sussurrai teneramente.
Mi avvicinai alla porta e schiusi la serratura.
‘Andiamo’ le dissi nuovamente.
Rientrata nel locale mi raggiunse Valerio che mi osservava con attenta curiosità.
‘Io e Rebecca torniamo da sole, raggiungeteci tra un po” gli dissi svincolandomi velocemente
Puntai l’uscita, ma prima feci una leggera deviazione: mi avvicinai al ragazzo bruno e senza farmi notare bisbigliai ‘se vuoi scoparmi vieni con me adesso’.
Uscì dal locale seguita da Rebecca.
‘Aspettami in macchina e di ai ragazzi che vogliamo stare un po’ sole, di raggiungerci più tardi’ le dissi frettolosamente accarezzandole il viso. Mi voltai e proseguì sotto la pioggerellina verso la macchina, dietro a me quel ragazzo.
Non mi voltai più, sapevo di essere seguita, aumentai il passo, ma i tacchi non me lo permettevano, continuavo a sprofondare nella sabbia, i passi di lui erano sempre più vicini. Aprì il cancelletto che delimitava il parcheggio adiacente, una sorta di campo fatto di lunghe spighe di cereali e sabbioso terriccio dove le macchine erano poste qua e la senza ordine. Superai anche la nostra macchina e mi inoltrai nell’oscurità. Alle mie spalle la musica e le grida facevano da trama all’immenso buio nel quale mi stavo dirigendo. Una mano mi si porse sulla spalla, la cacciai. Proseguì sculettando vistosamente, quasi persi l’equilibrio da quanto oscillavo. Di nuovo quella mano, poi ancora. Poi mi fermai.
Rimanendo di spalle lasciai che le sue mani si posassero ora su di me: lentamente mi sfiorarono la vita e poi i seni. Il ragazzo mi si accostò piano, ma subito tentò di sciogliermi le spalline, lo fermai all’istante e mi voltai.
‘No, tu’ gli ordinai.
Fece un passo indietro e con classe si slacciò i bottoni della camicia, aprendola. Io abbassai gli occhi e gli indicai cos’altro volevo rimuovesse. Senza indugio il ragazzo lasciò cadere a terra i pantaloni di semplice stoffa e con agile mossa se ne svincolò, poi, mantenendo le mani sul membro, lo liberò dagli stretti boxer scuri, che a loro volta scivolarono via.
Rimase nudo di fronte a me con il pene in continua evoluzione, feci un passo avanti accostandomici e avvicinai la bocca al suo orecchio.
‘Hai il preservativo?’ gli chiesi con severità, il ragazzo annuì e cercò nuovamente di baciarmi, ma non lo permisi.
Mi voltai e feci qualche passo in avanti raggiungendo l’estremità opposta del parcheggio. Allungai le braccia sul recinto di metallo e inclinai la vita, offrendoli il sedere. Alzai la gonna piano e alla stessa velocità rimossi le mutandine che lasciai scivolare fino alle ginocchia, poi le bloccai allagando le gambe.
Udì lo strappo della confezione e il lattice dislocarsi lungo il pene: contai i secondi uno ad uno. Stavo per essere scopata da un altro uomo. Un uomo che avevo conquistato con la forza. Un uomo sconosciuto ma allo stesso tempo voluto da me e dal mio ragazzo da chissà quanto tempo. Un uomo sottratto a Rebecca.
Sentì improvvisamente la punta del suo pene sfiorare la mia vulva, irrigidì la testa in attesa, ma lui si soffermò sulle mie forme, mi accarezzò piano, circumnavigando interamente le natiche, poi mi palpò con forza e, infine, si accostò nuovamente a me.
Strinse i miei fianchi prima di farlo, io ormai impaziente, ampliai la spaccata.
Abbassai la testa e lo guardai aprirmi piano con le dita e prontamente far seguire a ciò il suo pene.
‘Ooo!’ bisbigliai alla prima penetrazione, che si arrestò dentro di me.
Il ragazzo rimase fermo, voleva farmi sentire le pulsazioni del suo membro, glielo concessi e lo apprezzai, poi mi inclinai nuovamente e lasciai che il ritmo prendesse consistenza.
Chiusi gli occhi e sognai: sognavo di essere osservata da Valerio, sognavo che la cosa lo facesse impazzire e ne ero certa con tutte le volte che lo abbiamo simulato.
Alzai una gamba e la posi sul muretto così che la mia vagina fosse ancora più perforabile e lo lasciai continuare. Godevo, godevo da impazzire e non lo nascosi, i miei gemiti crescevano con quelli del ragazzo.
La mia mente continuava a vagheggiare ma, pur ubriaca, pur eccitata, qualcosa ancora mi manteneva presente.
Senza interrompere per un secondo, il suo braccio destro mi abbrancò per il busto e mi drizzò verso di lui, ero ora completamente alla sua portata e lui ne approfittò. Mi palpò il seno con foga e poi si spostò verso il basso, dove le mie mani già stavano solleticando per bene, mi feci volentieri sostituire dalle sue forti dita maschie e mi dedicai al suo corpo.
Non mi voltai, non volevo guardarlo: dentro me lo consideravo un mezzo, un favoloso gioco che ora stavo usufruendo, ma mancava ancora qualcosa. Rebecca, Rebecca, volevo che lei fosse li, che mi osservasse, improvvisamente non riuscivo a pensare ad altro.
‘Vai giù’ gli indicai
Il ragazzo si sdraiò a terra e io su di lui, con lo sguardo cercai la ragazza: doveva essere li da qualche parte.
Sistemai le mani sul suo petto inumidito dalla leggera pioggerellina e seguì il ritmo che le sue mani, posizionate sulle mie cosce, mi imposero.
Ondeggiai, librando nell’aria mischiata alla pioggia, in quel campo di sabbia e polvere. Il suono del mare in lontananza, i nostri gemiti, le voci del locale poco lontane, il raschiare dei corpi sulla terra e, alla fine, quei passi.
Ci fermammo un istante, entrambi cercammo sagome nell’scurità, ma niente. Rimanemmo in silenzio ancora un istante poi mi alzai.
Senza difficoltà ricomposi il vestito. Silenzio.
‘Appoggiati alla rete, continuiamo’ Imposi.
Il ragazzo ubbidì mentre io mi inginocchiai a terra di fronte a lui. Alzai le mani sul suo corpo, ne tastai gli addominali; il suo membro era a un centimetro dal mio viso, gonfio da scoppiare. Apri la bocca e lo lasciai scivolare dentro finché non toccò il palato; poi serrai le labbra e, muovendo la testa, incominciai a lavorarlo: lentamente ma con decisione.
Sentì il suo corpo contrarsi ma continuai. Abbassai le mani e gli palpai le cosce e poi le gambe, mi staccai e gli strinsi le palle con voglia. Lui non mi osservava. Inclinai il capo e iniziai a leccarli l’asta sempre più velocemente, su e giù, in continuazione. Il ragazzo mi strinse la testa e ne aumentò il ritmo poi mi fermò. Lo osservai, forse stava venendo, ma io non avevo affatto finito.
Rimase fermo e sorrise, mi voltai.
Ci misi un po’ a mettere a fuoco, ma poi capì: in una macchina poco lontana c’era una piccola luce, sottile, ma si notava che qualcuno era la e ci stava guardando. Quella macchina era la nostra.
Rebecca, doveva essere lei, la reazione del ragazzo era chiara, l’aveva riconosciuta altrimenti si sarebbe in qualche modo riparato.
Sentì che ora la mia passione poteva scatenarsi: forse aveva visto tutto, forse era li da poco, non mi importava, avevo solo una grande voglia di farmi sbattere di fronte a lei.
Tornai all’opera e cinsi tra le mani quel grosso membro scuro: leccai con voglia l’asta verso il basso fino a giungere sotto di lui. Vidi che la cosa gli piaceva e continuai. Mentre lo masturbavo, leccai vigorosamente quella pelle tesa fino al suo buco, poi tornai indietro e mi ripetei, il ragazzo ora godeva apertamente e mi lasciai trascinare. Mi sdraiai a terra e mi abbandonai ai suoi istinti. Questa volta l’abito mi venne sottratto, rimasi completamente nuda a rotolare nella terra, mentre venivo sbattuta in tutti i modi: urlavo di piacere.
Strinsi la terra fra le mani con forza, tanto venivo montata.
Purtroppo il tempo passava e sapevo di dovermi fermare, così gli feci capire che era venuto il momento di godere. Lo guardai fisso negli occhi mentre da sdraiata mi issava la vita e lasciava il busto a terra perforandomi in diagonale. Spalancai la bocca in attesa che venisse, lo volevo addosso e lo volevo subito. Così fu: il ragazzo uscì da me e si masturbò, nel giro di pochi secondi venni inondata di sperma, sulla bocca, sul mento, sul seno. Mi rotolai a terra e infine mi rialzai camminando lentamente verso la macchina.
Man mano che avanzavo sentivo il ragazzo allontanarsi e gli occhi di Rebecca divenire più limpidi, aprì lo sportello posteriore e mi lasciai cadere, completamente nuda, totalmente bagnata, impunemente sporca, sul sedile. La macchina partì.

La macchina partì. Mantenni gli occhi chiusi, all’esterno udivo la musica del locale, il rumore delle ruote sulla terra bagnata, il temporale che aumentava, i tuoni e le macchine che piano piano incrociavamo. Ma dentro il mezzo governava il silenzio. Rimasi li: ferma, nuda, fradicia e tutta sporca con gli occhi chiusi, abbandonata ai sobbalzi della strada. Il viaggio non doveva essere lungo, in poco più di dieci minuti saremo arrivate a casa.
Ancora silenzio, subivo le curve che come scosse mi sbalzavano qua e la sul sedile. Improvvisamente mi sentivo malissimo. Era questo che doveva accadere? Era questo che tanto avevo desiderato? Ora che finalmente sentivo di aver superato Rebecca, mi mancava tutto, non ero più ne eccitata ne adrenalinica. Avevo soddisfatto la sfida della mia lei e la perversione del mio lui.
Silenzio.
Piansi, in brevissimo tempo piansi da bagnare tutto il viso, che ora doveva proprio dipingermi per quello che ero. Sporca e malinconica. Quel silenzio mi faceva impazzire.
La macchina rallentò adagio e infine si fermò: dovevamo essere arrivate, ma non riuscivo minimamente a muovermi.
Rebecca aprì lo sportello, sentì l’ombrello stendersi e la ragazza uscire.
Pochi secondi dopo toccò alla mia portiera, un telo piombò all’improvviso sul mio nudo corpo.
‘Andiamo’ mi ordinò la sua voce severa.
L’aria fresca che giungeva dal mare e il calore dell’asciugamano mi coccolarono a sufficienza, decisi di muovermi e mi alzai, raggiungendo Rebecca sotto all’ombrello.
Non eravamo a casa ma in una zona a me sconosciuta, doveva trattarsi di una spiaggia, ma non vi erano ne luci, ne banchine, ne strutture. Deserto.
Tenendo ben stretto il mio telo seguì Rebecca in silenzio come se stessi andando al patibolo fino alla riva, poi ci fermammo.
La ragazza allungò il braccio verso di me e mi porse l’ombrello: lo presi incuriosita.
Osservando il mare in tempesta Rebecca iniziò a svestirsi, prima la disciplinata giacchetta grigia, che lasciò cadere a terra, poi i bottoni della camicetta, anch’essa abbandonata al vento. Seguì il corposo reggiseno che non so come riusciva a trattenere quegli abbondanti seni e addirittura a nasconderli (tanto che durante quel ballo sfrenato non si riusciva a percepirli). Chinandosi poi verso il basso si slacciò la cintura e i tesi lunghi pantaloni, che in un colpo si trascinarono a terra insieme agli slip, lasciandola completamente nuda tra me e l’oceano. Senza guardarmi afferrò il mio telo e lo abbandonò alla gravità.
La osservai, era ancora splendida, forse di più. Curve larghe sui fianchi che si allungavano su una vita slanciata fino a quegli enormi seni coperti dai nerissimi ricci scuri che scendevano, sempre più bagnati, sulle spalle. Fece un paio di passi avanti, affondando i piedi nell’acqua. Non avevo mai compreso come mai gli uomini preferissero quei formosi glutei al mio culetto da modella: con questa luce fine capì. Era assolutamente perfetta nella sua nudità, gli anni anzi, l’avevano ridisegnata, più che una donna una dea classica.
‘Andiamo’, ripete avvicinandosi alle onde. Piantai l’ombrello nella sabbia e senza dire una parola la seguì. Camminammo tranquillamente fino a farci sommergere dalle acque, io, decisamente più freddolosa, mi lasciai prima colpire dalle onde, approfittandone per sciacquarmi dalla sabbia che ricopriva buona parte del corpo.
Rebecca si immerse completamente, emergendo pochi secondi dopo, pareva una sirena. Si rivolse a me e mi invitò ad avvicinarmi, obbedì.
Mise le sue mani sulle mie spalle, mi guardò dritta negli occhi e mi spinse verso il basso. Mi lasciai immergere in profondità e attesi nel silenzio dell’oceano per una decina di secondi. Finalmente sorrisi. Quando riemersi ero come guarita.
‘Ti amo’ dichiarai all’improvviso.
‘Ti amo anch’io’ rispose d’impeto.
Mi abbracciò dolcemente e mi baciò. Mi sentì coccolata, ero ritornata bambina e lei la mia sorella maggiore: non esisteva competizione, non esisteva invidia, sentivo solo di amarla, di amarla follemente.
Continuammo a baciarci dolcemente, il suo corpo nudo e morbido che una volta mi eccitava, ora lo percepivo come fraterno. L’enorme sorriso che si stampò sui nostri visi rese impossibile aumentare la passione, così, visibilmente felici e appagate, uscimmo dall’acqua, riacciuffammo gli abiti e tornammo a casa.

Arrivammo prima dei ragazzi, ero esausta: l’alcol, il ballo, il sesso, il mare e soprattutto l’adrenalina, mi avevano stremata. Mi sciacquai il viso e salutai Rebecca con l’ennesimo bacio profondo, lei mi accarezzò con cura, assicurandomi che avrebbe atteso i ragazzi alzata, di non preoccuparmi.
Sprofondai seminuda tra le lenzuola, abbandonandomi al sonno, tuttavia, in lontananza sento rientrare gli altri. Sono troppo stanca però per combattere contro le mie pesanti palpebre. Dormì.
Mi risvegliai tra le palpitazioni, sentivo il cuore picchiare sul petto, non sapevo quanto fosse passato da quando mi ero addormentata. Sentivo sulle labbra il gusto del sale marino ed ero tutta sudata, forse con la dovuta cautela avrei potuto farmi una doccia senza svegliare nessuno, pensai. Guardai l’ora: le una e mezza, era passato poco tempo. Mi issai senza fatica, ero adrenalinica.
Abbandonai piano il letto e camminai nell’oscurità fino al corridoio: avevo sete.
Continuai sulla sinistra fino a raggiungere il piccolo soggiorno che dava su varie direzioni, l’uscita, il balcone, la stanza di Rebecca e Riccardo e appunto, la cucina. Non feci caso alla timida luce che fuoriusciva dalla loro stanza e giunsi a destinazione.
Mentre l’acqua fresca discendeva il mio corpo bollente pensai agli avvenimenti della giornata. Incredibile quello che avevo fatto con quel ragazzo, incredibile che a spingermi fosse stato Valerio, incredibile la nuotata di mezzanotte con lei, incredibile che non riuscissi a togliermelo dalla testa per nemmeno un secondo. Incredibile quello che stavo per scoprire.
Lascia la cucina per tornare in stanza quando con la coda dell’occhio notai del movimento nella stanza dei ragazzi. Probabilmente stavano facendo l’amore, era chiaro, con tutta quell’eccitazione che aveva addosso Rebecca stanotte.. Mi dissi.
Con stuzzicante indiscrezione decisi di dare una fugace occhiata.
Non credevo ai miei occhi.
Rebecca, in vestaglia bianca, era ai piedi del letto, inginocchiata lungo le gambe di Riccardo. E quelle di Valerio.
Aveva le mani posizionate sui loro membri che, nudi ed eretti, stava masturbando.
I due ragazzi erano sdraiati a faccia in su, non potevano vedermi, Rebecca invece mi dava la schiena e alternava bocca a mani nel suo appassionato impegno.
Rimasi in disparte e la osservai mentre leccava il mio ragazzo tra i loro tenui gemiti e i singhiozzi di saliva di lei. Mentre affondava lungo l’asta di uno, masturbava l’altro e viceversa, il ritmo era piuttosto deciso, cosi come i suoi movimenti, dovevano essere tutti molto eccitati. Valerio si sollevò sulle braccia per guardarla meglio, lei lo fissò con voglia, poi aprì le labbra e tornò al lavoro mentre il ragazzo innalzava la testa in segno di piacere. Riccardo invece manteneva gli occhi chiusi.
Ad un certo punto Rebecca prese entrambi i membri e, accostandoli, se gli infilò in bocca, ai due parve piacere parecchio tanto che aumentarono decisamente i mugugni.
Mi sembrava di vivere un déjà-vu, tuttavia la carica erotica che stavo subendo era ancora maggiore rispetto al passato: ora capivo cosa voleva vedere Riccardo in me, voleva vedermi godere dall’esterno, voleva compiacersi del mio corpo offerto all’altrui, voleva stupirsi della mia audacia. Voleva anche partecipare? Questo non lo so, ma io lo desideravo eccome, ma per ora attesi.
Avevo risvegliato Rebecca e di questo ero fiera, non mi importava come si sarebbe evoluta la situazione, volevo solo vederli godere: Riccardo, Valerio e lei.
La ragazza si staccò dai membri e si portò sul letto, i due non persero occasione per palparla e portarsela addosso. Si posizionò tra i due corpi e riprese a masturbarli, il vestito le venne sollevato, notai che non portava le mutandine. Questa troia.. evidentemente si era preparata.. pensai con un cenno di sorriso.
Mentre Riccardo la baciava intensamente, Valerio si svincolò dalla presa e si portò sotto di lei: la spostò in diagonale per stare più comodo e poi sistemò il viso tra le sue cosce. Instaurò subito un ottimo rapporto con le sue labbra e, leccandola come solo lui sa fare, la portò a gioire mentre lei, con grande partecipazione, mosse la vita a ritmo e ricominciò a leccare il suo ragazzo. Era una scena di un erotismo spaventoso, meglio di qualunque film pornografico.
Le gambe della ragazza strinsero la testa di Valerio in una morsa, schiacciandolo sulla sua vulva con forza, stava godendo come una pazza, i suoi gemiti si avvertivano anche se aveva tutta la bocca occupata sul membro di Riccardo.
Decisi che era il momento di palesarmi e con decisione entrai nella stanza: il primo a vedermi fu Riccardo, ma io puntai diritto su Valerio. Gli palpai il sedere e mi sdraiai affianco a lui, il gruppo si interruppe.
‘No, tu no.’ Affermò senza remore Rebecca.
‘Tu puoi solo guardare, siediti li’ mi ordinò indicandomi una piccola sedia poco distante dal letto. Obbedì senza problemi, ero molto più attratta da loro che dall’idea di partecipare. Per ora.
Valerio si prese un secondo per osservarmi con passione, sapeva tutto, forse glielo aveva raccontato lei, forse ci aveva osservati, comunque sia il suo sguardo me lo diceva, era enormemente eccitato e si sentiva incolpevole.
Rebecca alzò le coperte e le portò su di lei coprendo anche i suoi amanti e sottraendo il tutto alla mia vista. La ragazza si sistemò tra i due e, piegandosi su un fianco pose le spalle a Riccardo e le succulente labbra a Valerio, che subito la baciò con desiderio.
Dalla mia posizione potevo vedere solo i loro visi mutare in base alla goduria e all’erotismo, in particolare Rebecca, che probabilmente perforata dal suo ragazzo, si stava sbaciucchiando affannosamente con il mio.
I movimenti sotto quel voluminoso piumone si fecero sempre più dinamici, i tre finirono per essere totalmente coperti, così che io non potei esser più nella condizione di sapere chi fa cosa a chi, ma non mi importava, l’eccitazione mi stava letteralmente smarrendo.
Mi spogliai completamente e mi sedetti sull’angolo basso del letto, in breve tempo mi avvicinai a loro e lentamente alzai le lenzuola, scoprendo di attimo in attimo un lembo di pelle nuda e ardente: i ragazzi stanno sudando sotto quell’ammasso di piume e con l’afa data dalla temperatura e dalla pioggia tropicale.
Continuai nella mia opera di svelamento: un piede, poi una gamba, risalgo con voglia, sono quelli di Valerio, giungo fino al sedere, che scopro in deciso muovendo, ne osservo le muscolose natiche mentre si distendono avanti e indietro, in profondità: la sta scopando, lo so dal fatto che più in alto scopro anche le gambe di Rebecca, attorcigliate al corpo del mio lui.
Gli accarezzo entrambi e mi sdraio dietro a loro, baciando sempre più aggressivamente Valerio sul collo. Senza staccarsi i due cambiano posizione, Valerio scivola all’indietro trascinando su di lui Rebecca, che ora in posizione dominante &egrave allo scoperto. Comincia subito a cavalcare: il suo voluminoso corpo si sposa pienamente con quello del mio ragazzo, che però non apprezza la sua non completa nudità, che ancora veste la bianca tunica da notte. Rebecca decide di accontentarlo un po’ e sfilando le spalline lascia fuoriuscire quella quarta abbonante di seno, che ora &egrave libera di ondeggiare nell’aria.
Nello sfondo noto che Riccardo come me &egrave occupato ad osservarli, nel frattempo però lui si sta lentamente masturbando. Mi eccita da impazzire l’uomo che si masturba, ne colgo qualcosa di decisamente sporco, e in questa atmosfera calza a pennello.
‘Vuoi che ti aiuti?’ gli sussurro.
‘No, tu resti qui’ ordina Rebecca nel pieno della passione.
‘Toccatevi, toccatevi per me’ impone.
Io non sono mai stata brava, ma ubbidisco senza problemi. Mi posiziono ai piedi del letto e mi siedo di fronte a lei, che ora ondeggia piano, impalata da Riccardo. Spalanco le gambe ponendo in bella vista la mia vagina depilata. Con il massimo dell’erotismo scendo lungo il mio corpo fino alle labbra già degnamente bagnate e inizio a toccarmi, enfatizzando la goduria. Dalla parte opposta Riccardo fa lo stesso. Rebecca pare impazzire alla visione e ricomincia a darci dentro.
Apro la bocca e godo seguendo i suoi sospiri, mi mostro a lei mentre le mie dita si agitano lungo la vulva fradicia, sogno di essere penetrata come lei in quel momento, ma allo stesso modo vorrei sprofondare tra quelle gigantesche tette rosse e sentire la sua lingua su di me. Inizio a godere veramente e mi lascio rapidamente andare.
‘Che troia che sei’ urla Rebecca fermandosi.
‘Dovevate vederla prima, come si &egrave fatta scopare da quello sconosciuto’
‘Dai facci vedere’ mi ordina. Mi alzo e mi porto lungo il bordo della stanza, poi mi fermo, mi volto guardando Valerio e allargo le gambe, mimando la situazione di poche ore prima. Appoggio le braccia distese al bordo della finestra e mi inclino a novanta, attendendo.
Sento il letto flettersi, qualcuno sta scendendo, io rimango immobile e aspetto l’inevitabile.
Delle mani si posizionano sulla mia vita, poi risalgono sulla pelle, avvicinando il corpo estraneo al mio. Sento della pressione sulle natiche, era il momento. Invece no.
Avvertì lo strusciare dei peli pubici sul mio sedere, e poi le sue mani posarsi sulla mia vagina: era Rebecca quella dietro a me.
‘Ahh, sii’ mi sussurrò nell’orecchio mentre le sue dita si insinuavano in me.
‘Ti piace che il tuo ragazzo mi stia scopando?’ chiese, facendomi sentire che qualcuno più indietro la stava montando.
‘Rispondi’ urlò ora.
‘SI’ dissi
‘Dimmelo Nadia, dimmelo’ strillò senza remore.
‘Si, si, lo adoro e voglio che continui’ confessai
Le sue dita erano sempre più dentro di me e mi scatenavano a tal punto che le gambe mi abbandonarono facendomi piegare sulle ginocchia, mentre Rebecca ora sopra di me urlava dal piacere e veniva tra i fremiti del suo corpo.
Mi rialzai e baciandola la riportai a letto.
‘Ora tocca a me’ dissi
Mi distesi lungo il piumone giungendo fino a Riccardo, che si era goduto tutta la scena. Gli sottrassi il pene dalle mani e me lo infilai in gola mentre il mio culetto da modella se ne stava li pronto a essere ceduto a quel meraviglioso pene del mio ragazzo.
Masturbai Riccardo mentre dietro sentì le labbra spalancarsi dalle dita di Valerio, ho sempre avuto una vagina sottile e il doverla aprire mi ha sempre eccitato da morire. Il bollente membro entrò in me senza fatica e mi percorse fino in fondo, Valerio sapeva come farmi godere: portò le mani sotto di me innalzandomi leggermente il ventre, in quella inclinazione il suo membro poteva arrivare fino in fondo e le sue dita accarezzarmi le labbra.
Rebecca si accomodò su di me schiacciandomi, sulla schiena potevo sentire ora i suoi umori scivolare sulla pelle, credo che si stesse occupando del mio ragazzo, perché il ritmo calò e non ne sentivo più i sospiri.
‘Dai vieni’ gli disse estraendoli il pene e masturbandolo tra le mie natiche. Valerio ci mise pochi secondi, era allo stremo, avvertì i suoi schizzi piombare qua e la sulla mia pelle e su quella di Rebecca. In contemporanea capitolò anche l’altro ragazzo, che riempì la mia bocca, volutamente serrata, di sperma.
Rimanemmo li per qualche minuto, sdraiati nella notte più folle della nostra vita. Amici e amanti, puttane e coniugi. Un amalgama di personalità e di sensazioni. Tutto era cambiato, la mia nuova vita poteva avere inizio.

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