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Racconti Erotici Etero

Imbronciata

By 8 Ottobre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Uf”.
Stizzita, Martina fece sgusciare fuori dal suo sesso il membro turgido di Bruno, protendendosi verso il comodino alla sua sinistra, per afferrare il cellulare del suo compagno.
Non guardò neanche il display, ma quasi glielo scagliò addosso per passarglielo.
Il ragazzo rispose, indispettito a sua volta dall’atteggiamento di lei.
‘Pronto? Si”.
Nel frattempo, la ragazza coprì le sue prorompenti nudità infilando una lunga maglietta di cotone che aveva lanciato poco prima ai piedi del letto, in procinto di iniziare una furiosa cavalcata interrotta dopo qualche minuto, troppo poco tempo per dar vita ad un amplesso soddisfacente.
‘Capisco. Ma avete provato a ripristinare il backup di questa mattina?’.
Martina si alzò in piedi, inforcò le pantofole e, una volta davanti allo specchio, si riavviò rapidamente i lunghi capelli scuri, prima di uscire dalla stanza da letto a passo spedito e nervoso, ascoltando le parole successive rivolte da Bruno al suo interlocutore.
‘Era ipotizzabile che non andasse tutto liscio, la procedura è alquanto rischiosa”.
Passarono poco meno di dieci minuti prima che la ragazza, dalla cucina, avvertisse i passi del suo fidanzato lungo il corridoio. Dopo qualche secondo, lo vide comparire davanti a sé, vestito e pronto per uscire.
‘Scusami, ma era una telefonata urgente dal lavoro. Hanno fatto un po’ di casino con”.
‘Non mi interessa’.
‘Dai, perché fai così? Non è colpa mia se”.
‘Mi sono rotta le palle dei loro abusi, va bene? Sei appena rientrato da una giornata di lavoro, avrai diritto di rilassarti, o pensano di poter comandare la tua vita sempre e comunque?’.
‘E’ solo che c’è fibrillazione per dei nuovi test che potrebbero portare davvero una svolta in azienda, e io sono il più preparato lì dentro, lo sai. Sono l’unico in grado di far fronte ad eventuali difficoltà’.
‘E le mie difficoltà? I miei bisogni?’, incalzò Martina, alzando oltre misura il volume della voce, ‘A me non ci pensi?’.
‘Ma è per te, per noi che faccio questi sacrifici, non lo capisci? Per raggiungere la posizione e il trattamento economico che merito lì dentro. Presto sarò un dirigente e tutto andrà molto meglio, vedrai’.
La ragazza, con aria imbronciata e senza guardare in viso il suo uomo, mandò giù l’ultimo sorso di una tisana che si era preparata, poi si diresse verso il divano, passando davanti a Bruno.
Lui le accarezzò i capelli mentre lo superava.
‘Sei bellissima’, le disse, ‘E mi fai impazzire. Il tuo profumo, il tuo corpo’ tutto di te mi manda fuori di testa’.
Non ebbe, però, nessuna risposta. Allora, decise di continuare: ‘Non starò via molto, al massimo tra un paio d’ore sarò di nuovo qui per continuare il discorso che abbiamo interrotto. E nessuno ci disturberà più’.
Lei lo guardò con aria di sufficienza e un sorriso sarcastico. ‘Non funziona così. Non puoi accendermi e spegnermi come un abat-jour. Io non”.
Stavolta fu lui a bloccarla. La spinse violentemente contro la parete alle sue spalle e, in una frazione di secondo, le fu addosso, tenendole una mano attorno al collo.
‘Ora mi hai stufato, puttana viziata’, le disse in un sussurro.
Lei lo guardò con gli occhi sgranati, sorpresa da quell’iniziativa così inaspettata. Intanto, Bruno, con la mano libera sbottonò i jeans e li fece scivolare per terra, liberando il suo membro ancora in piena erezione.
‘Hai ragione’, continuò il ragazzo, ‘Tu non puoi essere accesa e spenta a comando’.
Le risalì lungo le gambe, forzandola ad allargare le cosce, che sprigionarono immediatamente un intenso calore. Con le dita andò a stimolarle la grandi labbra, percorrendole per le loro lunghezza sino ad incontrare il clitoride. Lo premette, e mosse in circolo il dito indice, fino ad avvertire il respiro della sua donna farsi più pesante. Allora, di colpo, inserì due dita nel suo sesso già umido, penetrandola con violenza. Martina lanciò un piccolo grido, che si infranse, assieme al suo alito, sul volto di Bruno.
Lui la guardò negli occhi, smettendo di masturbarla e portando le dita lucide di umori alla bocca della ragazza. ‘Non puoi perché sei sempre accesa’. Le disegnò il contorno delle labbra, prima di insinuarsi tra di esse, facendo in modo che la lingua di lei leccasse via i suoi stessi succhi.
Con ancora le dita a forzare i denti di Martina, Bruno la penetrò in un sol colpo, riempiendola completamente del suo membro teso. Lei quasi morse le falangi dell’uomo, che non tardò a sgombrare la sua bocca, permettendole, così, di iniziare a gemere rumorosamente.
‘Hai sempre voglia di cazzo, vero puttana?’, le chiese, prendendo da subito a stantuffare rapidamente e in profondità il suo sesso ormai aperto e già ridotto a un lago di umori. In risposta ricevette solo lunghi sospiri, intervallati da gemiti secchi ogni volta che affondava in lei.
Dopo qualche spinta, Martina non riuscì a fare a meno di sollevare da terra le sue gambe e cingere stretta la vita del ragazzo, offrendosi così a lui ancora più aperta. Bruno, intuite quelle intenzioni, spinse ancor più in profondità il suo grosso pene, a una velocità tale da far violentemente sbattere il suo scroto contro le labbra zuppe della donna ogni volta che la penetrava completamente con la sua asta dura.
Andò poi a cercare la bocca di Martina, prendendone possesso con foga e quasi stritolando la sua lingua. A ogni affondo, lei gli urlava letteralmente in gola il suo piacere, mentre lui non si staccava da quel bacio furioso e continuava incessante a riempire un sesso dal quale i succhi sgorgavano ormai copiosi.
Non ci volle molto prima che la ragazza raggiungesse un orgasmo devastante, stringendosi al suo uomo, mentre continuava a ricevere il suo membro violentemente dentro di sé. Nello stesso istante, anche Bruno raggiunse il culmine del piacere. Piantò il più in profondità possibile la sua lunga asta finché non la sentì pulsare, inondando di numerosi fiotti di denso sperma il sesso fradicio di Martina.
Qualche secondo più tardi, la ragazza, ormai senza forze, liberò l’uomo dalla sua morsa. Lui la lasciò andare a sua volta e, quando le ginocchia di lei cedettero, la accompagnò finché non fu seduta per terra a cosce larghe, con rivoli di seme che fuoriuscivano dal suo sesso ancora spalancato. Martina, con aria stralunata, portò le sue dita a raccogliere quel nettare per poi berlo sino all’ultima goccia, sotto gli occhi compiaciuti di Bruno che, intanto, si stava rivestendo.
‘Ti amo’, gli disse, mentre ripuliva le sue dita con voluttuosi movimenti della lingua.
‘Ti amo anch’io’, gli rispose lui, dirigendosi verso la porta d’ingresso, ‘Ma non credere che questo basti ad imbonirmi o addolcirmi’.
Lei lo guardò sorridente, affannata e ancora paonazza, aspettando in silenzio il seguito.
‘Perché, al mio rientro, riprenderò a darti la lezione che meriti, puttana insolente’.

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