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Racconti Erotici Etero

In bicicletta

By 29 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Lo seguo in silenzio, il respiro troppo affannato per proferire parola, pedalo e cerco di restare a ruota, malgrado mi senta allo stremo, mi alzo di nuovo sui pedali, cerco di mantenere il ritmo della sua pedalata, ma la distanza fra la mia ruota anteriore e la sua posteriore aumenta lentamente, ma inesorabilmente. Il cuore mi batte nel petto come un tamburo, il ritmo &egrave quello di una canzone metallara, troppo veloce, ma non mollo, conosco questa strada, l’ho percorsa in macchina qualche volta, la salita &egrave dura, ma so che siamo quasi arrivati a scollinare.
Ci siamo conosciuti qualche giorno prima, mi ha fermato con convinzione sulla battigia, mentre facevo la mia solita passeggiata in spiaggia, si &egrave messo davanti a me, mi ha bloccato senza darmi la possibilità di continuare ed ha cominciato a tempestarmi di domande, di chiacchiere, fin quando mi sono lasciata andare ed ho sorriso, accettando di interagire. I complimenti sul mio fisico si sono sprecati, ho risposto alle sue domande, raccontandogli le mie frequentazioni in palestra ed alla fine, visto che &egrave un ciclista semi professionista, &egrave nata una diatriba, ognuno a sostenere la propria disciplina, io lo spinning e lui la realtà della strada, a suo dire più dura. Alla fine mi ha sfidata, invitandomi a fare un giro con lui in bicicletta, quello che fa lui quando non ha molta voglia di allenarsi, sulle prime ho declinato, ma alla fine &egrave riuscito a convincermi, riproponendo la sfida ed io colpita nel vivo, ho accettato. Il motivo non &egrave stato solo dettato dal orgoglio, &egrave carino, fisicato, simpatico, una persona piacevole da frequentare e poi, un giro in bicicletta, &egrave un modo per discostarsi un po’ dalla solita routine.
La salita finalmente spiana ed i pedali della mountain bike cominciano a diventare più morbidi, siamo arrivati alla fine della salita, si gira a guardare se ci sono e mi sorride quando mi vede a poco più di tre metri di distanza. Ho ancora il cuore impazzito ed il fiatone, immagino di essere rossa come il fuoco in viso, ma la sua espressione mi gratifica, si vede che non si aspettava di trovarmi così vicina.
‘Cazzo! Sei in gamba… sei forte, sei riuscita a starmi a ruota e non sono andato piano… davvero, non sto scherzando!’, si complimenta, da quando l’ho conosciuto non fa altro.
‘G… Grazie… sono… stanca… però…’, ribatto, con il fiatone che non mi da molta possibilità per parlare.
‘Magari ti manca un po’ il fiato… vedi che &egrave diversa la strada dalla palestra?’, mi provoca.
‘Ok… avevi… ragione…’, &egrave la prima volta che gli do ragione, ma ero veramente convinta che il mio allenamento potesse avermi messo nella possibilità di reggere una salita in bicicletta, mi sbagliavo, pazienza, anche se comunque ho retto il ritmo e sono arrivata fino in cima. Sento che cambia rapporto, adesso siamo in un breve tratto pianeggiante ed il rapporto da salita fa pedalare a vuoto, lo imito, tanto fra un pochino comincerà la discesa.
‘Preparati, rifiata, facciamo un paio di centinaia di metri in discesa, poi ricominciamo a salire… &egrave un breve tratto, ma &egrave sterrato ed ancora più duro… te la senti?’, mi chiede, questa volta non mi sta sfidando.
‘Si… credo di farcela…’, rispondo, mentre il mio cuore sta tornando a battere ad una velocità accettabile ed io recupero velocemente il respiro regolare.
Lo seguo di nuovo a ruota, si lancia in discesa, ma quando accelera troppo io rallento e lo lascio allontanare, non mi piace correre, soprattutto non mi sento sicura a curvare troppo velocemente su ruote così strette. Rallenta anche lui e mi aspetta, quando lo raggiungo mi fa cenno con la mano verso destra, quindi cambia velocemente rapporto e si immette in una stradina sterrata, poco più di un sentiero fra gli ulivi. La salita diventa subito brusca, il primo tornante già mi taglia le gambe, ma stringo i denti e mi alzo sui pedali, si vede che va piano per farmi stare a ruota, al terzo tornante ho di nuovo il fiatone ed il cuore che batte all’impazzata. Sono si e no un centinaio di metri, ma mettono a dura prova il mio fisico e quando finalmente arriviamo alla sommità della salita, non c’&egrave la faccio più, se dovessi risalire ancora un po’, abbandonerei. Il posto in cui mi ha portato però &egrave splendido, siamo proprio sulla sommità del rilievo che &egrave un promontorio in mezzo al mare. C’&egrave una piana in erba fra gli olivi, a sinistra un pendio a gradoni &egrave coltivato a vigneto ed in basso si può ammirare il golfo che origina dal promontorio, a destra il pendio sembra più ripido, &egrave incolto, ma si ammira uno splendido panorama del litorale dove abito.
‘Sei uno spettacolo da vedere, meglio del panorama che si gode da quassù, con quelle gote arrossate…’, mi adula ancora.
‘Grazie… ma… se… continui… mi… metti… in… imbarazzo…’, ribatto con il mio solito fiatone.
‘Dai, se hai voglia, ci fermiamo cinque minuti a rifiatare e ad ammirare il panorama!’, propone, ma la sua non &egrave affatto una proposta, visto che &egrave già sceso dalla bici e la appoggia con cura per terra, sull’erba.
‘Ok…’, rispondo e lo imito.
‘Guarda che spettacolo… vengo spesso quassù ed ogni volta mi prendo un po’ di tempo per ammirare la bellezza del paesaggio…’, mi confida, ma in realtà sta guardando me, non il panorama.
‘E’ bellissimo… magari si vede anche casa mia da qua… ci vorrebbe un binocolo…’, ribatto, osservando verso il litorale, mentre mi metto all’ombra di un basso olivo. Rimaniamo in silenzio qualche istante a contemplare la bellezza della vista, sto recuperando in fretta, il cuore si calma di nuovo, assieme al respiro, anche se essere tornata a livelli normali, smettendo così bruscamente di pedalare, mi fa sudare in maniera incredibile. I pantaloncini da ciclista sono fradici, compreso il body corto ed aderente a spalline da palestra che ho indossato, adesso che sono scesa dalla bici poi, mi sto rendendo conto che il sellino &egrave diverso da quello della bike in palestra e mi fa male sotto, malgrado i pantaloncini siano quasi nuovi e l’imbottitura sia integra.
‘Vedo che hai già recuperato… come stai? Tutto ok?’, si preoccupa il mio accompagnatore.
‘Si tutto ok… soltanto il sellino &egrave diverso da quello della bike e… bh&egrave… mi fa male la patatina…’, gli rispondo sinceramente, con una espressione a metà fra l’ingenuo ed il malizioso, facendolo ridere.
‘Attenta… io sono anche fisioterapista e potrei proporti un massaggio…’, esclama con un espressione fintamente seriosa dipinta in faccia, mettendosi a ridere subito dopo.
‘Se &egrave una cosa seria… &egrave una parte del corpo anche quella del resto…’, lo punzecchio, intravedendo all’improvviso una possibilità che non avevo contemplato, ossia che la nostra passeggiata in bicicletta potesse prendere altri risvolti, anche se all’improvviso, mi rendo conto che il posto in cui mi ha portato, potrebbe far sorgere il sospetto che lui invece ci abbia pensato eccome.
‘Forse si… non lo so… sicuramente sarebbe più divertente che seria la cosa… non sono mica davvero un fisioterapista…’, arrossisce un po’ mentre lo dice, solo lievemente, ma capisco che &egrave più timido di quanto vuol far credere e sicuramente seguire il discorso, gli costa abbastanza, sa di essere entrato in un campo minato e non &egrave certo della mia reazione, secondo me ha paura che da un momento all’altro possa esplodere come una mina.
‘Ah… furbetto! Volevi approfittarti di una gentil donzella, eh?’, lo schernisco sorridente.
‘No… no… certo che no… scherzavo e seguivo il tuo discorso…’, si affretta a spiegare, adesso più imbarazzato.
‘Peccato, perché se tu fossi stato veramente un professionista… ne avrei avuto proprio bisogno…’, continuo a punzecchiarlo, mentre i pantaloncini da ciclista che indossa, sicuramente senza mutande come me, non riescono a celarne l’eccitazione che questi discorsi gli stanno causando.
‘Sulle spalle mi vengono bene i massaggi… ho imparato facendoli… basta provare e vedere se ottengono il giusto effetto…’, risponde in imbarazzo completo adesso, abbassa pure lo sguardo sul terreno.
‘Ma che discorsi che stiamo facendo…’, rido, ‘…siamo messi proprio male!’, rido di nuovo, cercando di sdrammatizzare, soprattutto di stemperare la tensione che si &egrave venuta a creare, si vede che avrebbe voglia di osare, ma &egrave troppo imbarazzato, &egrave proprio timido poverino.
‘Vero… siamo proprio fuori di testa!’, replica, cercando di darmi ragione, il suo modo &egrave un po’ forzato però, un po’ come chi cade in dirittura d’arrivo e cerca di darsi pace. Improvvisamente si gira di spalle e guarda verso gli alberi a destra, nel punto in cui sono un po’ più fitti, quindi si incammina verso quel punto.
‘Dove vai?’, gli chiedo curiosa, soprattutto spero di non averlo offeso.
‘Devo fare pipì… vado in bagno…’, risponde sorridente.
‘Ma quale bagno?’, replico altrettanto sorridente.
‘Bh&egrave… dietro quegli alberi… non vorrai che la faccia qui davanti a te?’, ribatte senza smettere di sorridere.
‘Non vorrai lasciarmi sola?’, replico fingendomi impaurita.
‘Che vuoi che ti succeda? Siamo in pieno giorno e non c’&egrave anima viva…’.
‘Non si sa mai… uscisse qualche mostro che vuole attentare alla mia virtù?’, continuo a punzecchiarlo.
‘Non c’&egrave nessuno che vuole attentare alla tua virtù…’, risponde sospirando, ‘Escluso i presenti!’, aggiunge quasi sottovoce.
‘Ok… ti aspetto qua… ma se urlo devi correre! Anche se non hai ancora finito!’, concludo, facendo finta di non aver sentito l’ultima parte, quella sottovoce, anche se quando l’ha detta, ho sottolineato con un sorrisetto le sue parole. Si allontana verso gli alberi ed io torno alla bici, stacco il marsupio dal manubrio e sotto al cellulare ed al portafogli, prendo il pacchetto di salviette umidificate, specifiche per l’igiene intima, non esco mai senza, se mi capita di fare pipì in bagni pubblici, non uso mai la carta igienica che usano tutti. Con le salviette in mano lo raggiungo, lui &egrave girato di spalle, ma sente i miei passi.
‘Che fai?’, mi chiede in apprensione.
‘Non ti preoccupare… non sbircio… ho pensato che magari ne avessi bisogno…’, rispondo girandomi di spalle a mia volta e porgendo all’indietro una salvietta.
‘Grazie… sei molto organizzata… ma adesso per favore allontanati, altrimenti non mi riesce, non sono uno di quelli che la fa in compagnia…’, mi rimprovera.
‘Ok! Mamma mia quanto sei puritano…’, esclamo mentre torno sotto all’olivo dove stavamo ammirando il panorama.
‘Così io sarei puritano… e tu non lo sei?’, chiede con tono scherzoso, appena mi raggiunge.
‘Non quanto te… ti sei pulito anche le mani, o ti serve un’altra salvietta?’, lo rimprovero, sapendo che spesso i maschietti non ne hanno l’abitudine.
‘Giusto… mi serve un’altra salvietta… e tu comunque non mi sembri tanto disinibita…’, cerca di punzecchiarmi lui adesso, mentre estrae nervosamente una salvietta dal pacchetto che gli sto porgendo.
‘Dici? Ma tu non mi conosci…’, replico maliziosa, mentre mi incammino verso il punto in cui era andato lui a fare pipì, fermandomi molto prima che incomincino gli alberi, al limite della piana in erba. Mi giro di nuovo verso di lui e gli sorrido, infilo i pollici nel elastico dei pantaloncini e li abbasso fino a metà coscia, mi piego sulle ginocchia e faccio pipì, osservando mentre mi guarda a bocca aperta, con un espressione alquanto ebete dipinta in faccia. Sembra paralizzato, lo sguardo puntato fisso sulla mia intimità glabra e sul getto dorato che ne fuoriesce, la mia espressione invece &egrave maliziosa e divertita allo stesso tempo, ma lui la vede solo quando finisco di urinare e torna a guardarmi in faccia.
‘Sono anni che non vedo una femmina fare pipì in quel modo… all’aperto… da quando ero bambino probabilmente… sei stupenda… non hai un pelo… mi hai riportato indietro di vent’anni!’, bofonchia abbastanza imbarazzato.
‘Non sono così puritana, vero?’, gli chiedo senza cancellarmi dalla faccia l’espressione maliziosa, estraggo una salvietta e mi pulisco, utilizzandone un’altra per le mani, mi rimetto in piedi e lo raggiungo, mantenendo i pantaloncini a metà coscia, mi siedo sull’erba proprio davanti a lui, abbasso i pantaloncini fino alle caviglie e mi appoggio sui gomiti, a gambe divaricate.
‘Merda!’, esclama ancora incredulo, osservando la fessura spalancata, i pantaloncini adesso mettono in evidenza perfettamente la forma del pene eretto, ma &egrave questione di pochi istanti, li abbassa e rivela di essere ben dotato, oltre ad essere preda di una furiosa erezione, visto che il pene rimane completamente dritto. Non ci pensa molto su, si inginocchia davanti ai miei piedi, appoggia le mani sull’erba all’altezza delle mie spalle, si trascina su di me e mi appoggia subito il glande fra le grandi labbra, cerca l’ingresso un paio di volte spingendo con i fianchi, ma senza successo, anche se mi preme il clitoride strusciandoci sopra ed &egrave piacevole. Al terzo tentativo fa centro, mi penetra infilzandomi a fondo, per la verità un po’ bruscamente, mi sfugge un sospiro di sollievo a cui fa eco uno suo, immediatamente dopo. Mi sbatte con calma, senza esagerare con la foga, non mi ero resa conto di quanto ne avessi voglia, fin quando non mi ha riempita, gemo senza distogliere lo sguardo dal suo, ci guardiamo negli occhi, io sono ancora appoggiata sui gomiti, lui si regge sulle mani, i nostri volti sono a pochi centimetri di distanza, ma non si avvicinano. Trovo tutto alquanto strano, fino a pochi minuti fa stavo faticando sulla bicicletta, il mio pensiero era totalmente concentrato sullo sforzo fisico, seguire il mio accompagnatore che mi aveva sfidata, lontano chissà quanto dalla possibilità che sarebbe finito sdraiato sopra di me, dentro di me, a godere ed a farmi godere. Di fatto si &egrave comportato in maniera poco ovvia, certo io sono stata sfacciata, ma mi aspettavo almeno qualche preliminare, invece mi ha presa subito, mi sta usando ed io sto usando lui, come se fossimo animali, che ad un certo punto hanno sentito l’istinto di accoppiarsi. I miei gemiti aumentano di frequenza e di tono, man mano che mi avvicino al acme, lui se ne accorge ed accelera, continuiamo a fissarci a vicenda, senza parlare, senza dire nulla e forse non c’&egrave nulla da dire, il suo respiro aumenta, mentre io inizio a venire, ad emettere qualche gridolino di piacere ed a contrarmi in preda all’orgasmo. Il mio corpo già accaldato e sudato si infiamma, mi sciolgo secernendo abbondanti umori, reclino la testa all’indietro e per la prima volta smetto di fissarlo, mi lascio andare e mi godo il momento di intenso piacere. Lui fa altrettanto, la sua bocca spalancata si appoggia alla base del mio collo, emette un paio di gemiti sommessi e poi si zittisce, si blocca spingendosi a fondo e mi eiacula in grembo, sento il suo fluido calore invadermi il ventre, ma non ci penso, sono partita per la tangente, preda del intenso orgasmo, amplificato dalla sensazione piacevole che i suoi caldi e copiosi fiotti di seme generano. Restiamo così qualche minuto, l’uno dentro l’altra a rifiatare, tengo gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro, mentre sento il suo vigore che scema ed abbandona il caldo fodero in cui era racchiuso, solo allora lui si alza, percorrendo in senso inverso il percorso che l’aveva portato sopra di me ed io torno a guardarlo. Continuiamo a rimanere in silenzio ed a guardarci negli occhi, un sorrisetto soddisfatto dipinto sui nostri volti, &egrave stata poco più di una sveltina, ma il piacere &egrave stato intenso, cercato e voluto da entrambi. Lo osservo mentre si pulisce il pene con l’ennesima salvietta, quindi mi porge il pacchetto, l’operazione per me &egrave più lunga, devo aspettare che il frutto del suo piacere scenda ed esca dalla vagina spalancata, qualche minuto e tre salviette, poi mi ricompongo come ha fatto lui, il resto finirà nell’imbottitura dei pantaloncini, fortuna che prendo la pillola. Riprendiamo posto sotto al olivo di prima, ancora un po’ di contemplazione del paesaggio in silenzio.
‘Andiamo? Adesso &egrave tutta discesa e poi pianura fino a casa…’, propone rompendo il silenzio, che stava quasi diventando imbarazzante.
‘Si, andiamo… si sta facendo tardi…’, lo assecondo, spostandomi verso la bici, nessun commento a quanto appena successo fra noi, l’unica prova di quanto successo &egrave il sacchettino di plastica dove abbiamo risposto le salviette che abbiamo usato e il suo sperma, che ha iniziato ad imbrattare l’imbottitura dei miei pantaloncini. Lo seguo a ruota in silenzio durante la discesa, quando torniamo sulla strada asfaltata, si ferma al primo bidone e getta il sacchetto con le prove, quelle visibili, di quelle invisibili sono consapevole soltanto io, ci scambiamo ancora un sorriso di intesa mentre solleva il coperchio e getta via il sacchetto, poi ripartiamo.
Pedaliamo affiancati in pianura, scambiandoci opinioni ed impressioni sul giro che stiamo completando, mi fa ancora complimenti per la mia bravura, dice che magari dovremmo rifarlo qualche volta, non so se parla davvero della bici, o se il suo &egrave un riferimento al rapporto sessuale, sembra così serio mentre lo dice. Sul litorale ci salutiamo, non voglio che veda dove abito.
‘Allora ci becchiamo in spiaggia?’, mi chiede.
‘Certo… io faccio sempre la mia passeggiata… allora ciao, a presto…’, gli rispondo.
‘Ciao… &egrave stato un vero piacere…’, conclude accelerando.

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