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Racconti Erotici EteroTrio

In sala prove

By 18 Agosto 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

1.
Era un fiacco martedì sera di dicembre, e faceva discretamente freddo per essere in Sicilia. Mentre preparavo qualcosa per cena, mi resi conto che avrei fatto tardi all’appuntamento in sala prove. Mandai un sms a Massimo, avvisandolo che avrei raggiunto lui e Laura un po’ più tardi. In fin dei conti avevo già registrato le mie parti da qualche settimana, e ci andavo più per condividere l’onere della supervisione con Massimo che per effettiva necessità. Il programma della serata prevedeva le registrazioni delle tracce di basso di Laura, che alla buon’ora era riuscita a trovare un po’ di tempo da dedicare alla band.
Con Massimo ci eravamo conosciuti ai tempi delle medie, ed eravamo rimasti amici per i seguenti vent’anni circa, cementando la nostra amicizia grazie alla musica, mettendo su diversi gruppi e divertendoci, anche se col passare degli anni gli impegni legati alla quotidianità avevano finito per erodere la porzione di tempo da poter dedicare alla nostra passione, che nonostante tutto però manteneva ancora la priorità pressoché assoluta.
Quando ci siamo resi conto di essere praticamente gli unici disposti a mettere la musica sempre al primo posto, abbiamo deciso di occuparci in prima persona di tutti gli aspetti che riguardavano la vita delle nostre bands, il che includeva – oltre allo scrivere le canzoni, organizzare le prove, contattare i proprietari dei locali in cui esibirci e quant’altro – supervisionare le sessioni di registrazione degli altri membri. Personalmente la funzione di leader non mi è mai calzata a pennello, e preferisco definirmi e agire come gregario, ruolo in cui mi trovo molto più a mio agio; per dirla tutta però, il nostro essere a capo dei gruppi in cui suoniamo, ha finito per limitare le nostre interazioni con gli altri membri, con cui c’è sicuramente un buon rapporto, che però non va oltre le pareti insonorizzate della nostra sala prove. Forse è più il mio modo di vivere la cosa, perché Massimo mi sembra sempre più comunicativo e a suo agio, ma sta di fatto che pur conoscendo i ragazzi e le ragazze della band da anni, la nostra conoscenza è rimasta in qualche modo superficiale. So che suona paradossale, ma è così, almeno per me. Laura, tanto per fare un esempio, è l’esatta rappresentazione di quello che sto dicendo: suoniamo insieme ormai da quattro, cinque anni, eppure è come se non ci conoscessimo affatto. Sarà anche la differenza di età che ci tiene un po’ lontani – undici anni di differenza non sono pochi – ma della sua vita sappiamo quel poco di cui si riesce a parlare durante le pause tra un brano e l’altro: studentessa di ingegneria, ex pugile amatoriale e appassionata di gatti, fidanzatissima. Di quello che pensa, della sua opinione sulle piccole e grandi cose del mondo, nemmeno la minima idea. E viceversa da parte sua nei nostri confronti. Insomma, conoscenza a livelli di buon vicinato o poco più.
Questo non mi ha impedito, di tanto in tanto, di fantasticare su di lei, magari soffermandomi ad osservare di sottecchi le sue forme, celate sotto i jeans larghi e le felpone che Laura indossa regolarmente. Non di rado chiacchierando con Massimo abbiamo scherzato sulla possibilità che a Laura, pur essendo fidanzata, piacessero le donne e che nemmeno lei ne fosse consapevole. In effetti all’apparenza ci sarebbe ben poco da fantasticare: un corpo solido, irrobustito dall’attività fisica; capelli di un bel castano un po’ sotto le spalle ma quasi sempre raccolti in un’anonima coda di cavallo; occhiali dalla montatura un po’ vecchiotta e mai un filo di trucco. L’unico dettaglio che è impossibile celare sotto gli abiti larghi e l’atteggiamento dimesso, la rotonda formosità di un seno generoso e rigoglioso da ventiduenne.
Le mie fantasie dunque, soffocate da un lato dalla mia proverbiale sfiducia in me stesso e dall’altro dal mio altrettanto proverbiale codice morale, si sono limitate a patetiche sbirciatine da adolescente, ma in fondo mi dico che va bene così. Rimugino su queste riflessioni mentre percorro in auto i pochi chilometri che dividono casa mia dalla sala prove e parcheggio nel primo posto disponibile. Scendo lungo la scivola immersa nel buio che porta al nostro garage/sala prove, guidato dalla sottile lama di luce che filtra dal portoncino semichiuso, e trovo Massimo e Laura all’opera: pc acceso, cavetti collegati, dita sul basso. Saluto, prendo posto sul seggiolino della batteria e le registrazioni proseguono. Per fortuna stasera è previsto un solo brano, non ci dovrebbe volere molto, e difatti con un paio d’ore di lavoro Laura termina le sue parti e rimette a posto le sue cose per andarsene.
“Scusate se vado via di corsa, ma sono raffreddata e ho lasciato mia mamma sola a casa”, dice a mo’ di scusa.
“Tranquilla, non c’è problema”, rispondiamo quasi all’unisono io e Massimo.
Laura indossa il cappotto, si mette il basso in spalla ed esce dalla sala, lasciando socchiusa la doppia porta che dà sull’anticamera che collega all’uscita.
Io e Massimo mettiamo via cavetti e pc, chiacchierando del più e del meno, io indosso il giubbotto prendendo bonariamente in giro Massimo, che per qualche motivo a me oscuro si rifiuta di indossare indumenti pesanti in inverno, e ci prepariamo a uscire e chiudere tutto. Non appena chiudiamo la doppia porta della sala, che si apre verso l’esterno e quindi nasconde parte dell’anticamera, vediamo qualcosa che ci lascia entrambi sconvolti, immobili e incapaci di dire una parola. Sul divanetto che usiamo per rilassarci durante le pause tra una prova e l’altra c’è distesa Laura, completamente nuda. I suoi vestiti sono poggiati sulla custodia del basso, in un angolo; si è sciolta i capelli, che le ricadono dolcemente sulle spalle, e una ciocca le ricade sugli occhiali che ha tenuto indosso, nascondendo parzialmente uno sguardo che non le avevo mai visto prima d’ora: è malizioso e audace, sicuro e leggermente sfottente. Né io né Massimo riusciamo a pronunciare una sola parola, si tratta di un avvenimento troppo inaspettato, troppo inverosimile e troppo spiazzante. Io non riesco ad evitare di spostare lo sguardo sulle sue tette: sono bianchissime, due globi perfetti sormontati da areole di un rosa pallido attorno a capezzoli che lentamente si inturgidiscono. Deglutisco lentamente mentre sento un calore diffondersi nel mio corpo, e non riesco a fare altro se non continuare a guardare il corpo nudo di Laura, i suoi fianchi, le sue cosce muscolose e le caviglie robuste, da atleta, magari non il massimo della femminilità, eppure la sua pelle così bianca mi fa andare il sangue al cervello… e non solo; per finire due piedini ben fatti affusolati e dalle dita morbide come giunchi.
“Allora, non dite niente?” ci chiese Laura. La sua voce era così diversa dal solito: bassa, roca, sexy, trasudava lussuria da ogni sillaba. Si umettò le labbra non truccate, lasciandole leggermente lucide; sentii una specie di scossa elettrica attraversarmi l’addome. Non fui capace di articolare parola, e nemmeno Massimo, così Laura fu costretta a tenere in qualche modo viva la conversazione.
“Non vorrete lasciarmi così, vero? Non dovrei prendere freddo, sapete?”
Aveva il naso leggermente arrossato, ma questo dettaglio la rendeva ancora più attraente ai miei occhi, le conferiva un che di virginale che mi faceva andare fuori di testa.
“Su, che vogliamo fare?”
Mentre stavo per raccogliere il coraggio di fare la prima mossa, sentii Massimo muoversi accanto a me, uscendo finalmente dal blocco in cui ci aveva catapultati la vista di Laura nuda.
“No Laura, scusa eh, ma io non ho intenzione di fare proprio nulla!”
“Proprio nulla, nulla?” chiese lei, mettendo il broncio come una bambina.
“Nulla”, rispose Massimo, laconico.

2.
“Che hai, qualcosa che non va? Preferisci i maschietti forse? Volevi rimanere da solo col tuo amichetto?” chiese lei, ammiccando verso di me. Massimo non rispose. Io sapevo che in realtà stava pensando a Vittoria, la sua ragazza; e in più, Massimo è sempre stato un tipo piuttosto integerrimo dal punto di vista della morale. Mi ricordo il suo sguardo metà di compatimento e metà di sfottò ogni volta che mi capitava di parlare di film porno, attrici hard, video chat e cose simili. Insomma, se c’era al mondo una persona insensibile alle tentazioni dello spettacolo conturbante che avevamo davanti a noi, quella era sicuramente Massimo. Cominciai a dire addio alle aspettative che mi ribollivano in mente, come il sangue che mi ribolliva nelle vene, e cercai di rassegnarmi all’idea di lasciarmi sfuggire un’occasione come quella che il destino mi aveva mandato, e che ero certo non si sarebbe ripetuta mai più.
“Guarda il tuo amico Carlo, invece”, disse Laura con un sorrisetto, “se non la smette di fissarmi le tette gli esploderanno i jeans!” Mi accorsi che la mia erezione era diventata decisamente evidente, e mi sentii parecchio in imbarazzo. Massimo continuava a tacere, invece Laura proseguì:
“Carlo, sei sfortunato: ti avrei anche scopato, ma stasera ho voglia di tutti e due, e non mi va di cambiare idea. Sai, io ottengo sempre quello che voglio…” Ormai ero del tutto preda dei miei sensi, e completamente soggiogato dal fascino inaspettato di Laura: le ciglia che si abbassavano sui suoi occhi castano-verdi ogni volta che sorrideva, il suono della sua voce, i capelli che le ricadevano sul seno mi offuscavano la ragione. In me era rimasto soltanto l’istinto primario di possedere quella ragazza, che ci osservava languidamente, consapevole della provocazione suscitata dal suo corpo nudo.
“Dunque ragazzi, o tutti e due o niente! Questa è la mia condizione” disse Laura. Quasi senza rendermene conto mi girai verso Massimo, in una silenziosa ma accorata preghiera di mettere da parte per una volta le sue riserve, e vidi che anche lui mi stava guardando, come se stesse valutando quanto fossi disperato, e se fosse il caso di fare un’eccezione alla regola in nome della nostra amicizia. Nel frattempo Laura cambiò posizione sul divano: si sollevò dal fianco destro sul quale era stata sdraiata fino a quel momento, e si mise seduta. Poi allargò le cosce e ripiegò le gambe, appoggiandosi sul bordo del divano e spingendo il bacino verso di noi: un sottile velo di peluria scura le ricopriva il monte di Venere, e scendeva giù fino alla parte superiore delle grandi labbra, che erano carnose e di un rosa carico. Si riusciva a intravedere il clitoride che faceva capolino tra di esse. La sua mano destra scese verso le grandi labbra, e con l’indice e il medio le allargò sporgendo ancora un po’ il bacino e guardandoci per assicurarsi che nessuno di noi si perdesse il minimo dettaglio.
Ero sicuro che se avessi osservato ancora quella visione avrei finito per sbavare come un idiota, quindi mi girai nuovamente verso Massimo: aveva lo sguardo vitreo, fisso verso Laura, mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo la fronte. Dal suo cipiglio si sarebbe potuto pensare che fosse arrabbiato, e parecchio, ma in un secondo momento realizzai che dentro di lui si stava svolgendo un’aspra battaglia, e che la sua morale veniva sottoposta a una dura prova. Contro ogni mia aspettativa, lo vidi accennare un passo in direzione di Laura che, capito di avere finalmente vinto ogni resistenza, si alzò dal divano, prese uno dei cuscini e lo gettò a terra, inginocchiandovisi sopra e facendo cenno anche a me di avvicinarmi.
L’ondata di emozione che mi travolse all’idea di quello che mi attendeva si spense quasi subito sotto la secchiata d’acqua gelida di un pensiero: non mi era mai successo di fare sesso a tre prima d’ora, men che meno con qualcuno ‘ingessato’ come Massimo; anzi, a dirla tutta erano passati quattro anni dall’ultima volta che avevo fatto sesso con chicchessia. Inoltre non ho un fisico da fotomodello, e in perfetta aderenza a certi stereotipi sugli uomini, sono convinto di avere l’uccello piccolo. Per questi motivi mi avvicinai a Laura con una certa riluttanza, e parte dei miei pensieri dovette trasparire dalla mia espressione, perché lei mi guardò e mi prese in giro dicendo:
“Che c’è Carlo, ti è passata la voglia?”
Sul momento non seppi cosa rispondere, sentivo che la mia opportunità di quella sera era appesa a un filo, e temevo il confronto fisico con Massimo. Quindi fu con una certa ansia che vidi Laura tirarlo a sé dalla vita dei jeans e cominciare a sbottonarglieli. Però, mi dissi, se c’era un momento sbagliato per cedere alle idiosincrasie sul mio aspetto fisico era proprio quello, per cui mi feci coraggio e feci un altro passo verso di lei, inginocchiata in mezzo a noi, che tirava giù gli slip a Massimo. Il suo cazzo non era in piena erezione, ma capii subito che era più lungo del mio, e questo accentuò la mia ansia; però il mio, oltre a essere già da un pezzo duro come il marmo, era decisamente più tozzo e spesso, e Laura quando mi tirò giù i boxer lo contemplò con uno sguardo soddisfatto, e disse: “Questo sì che è un presentat’arm!”
Nessun accenno di presa in giro né per il mio corpaccione da orso, né soprattutto per le mie dimensioni, che a quanto pare non sembrava lasciassero molto a desiderare, in fin dei conti. Risposi un po’ incerto al sorriso di Laura e sentii la mia mente rilassarsi: fino a quel momento non mi ero reso conto di quanto l’ansia mi avesse oppresso, impedendomi di godermi quella situazione fuori da ogni schema. Lei afferrò i nostri uccelli con le mani, e si concesse qualche secondo per contemplarli, segandoli piano, poi disse:
“Ragazzi, i vostri cazzi vi assomigliano proprio!” e ridacchiò. In effetti Massimo è più alto e più magro di me, e il suo uccello è più lungo e un po’ più sottile, mentre io sono di qualche centimetro più basso di lui e sono tarchiatello, e il mio uccello è corto e largo. Ridacchiai anche io.
“Chissà se anche il vostro sapore vi assomiglia”, continuò Laura, e io sentii il mio cuore accelerare ancora i battiti al pensiero di un imminente pompino fatto a regola d’arte. “Però prima mi serve…” disse lei, e si voltò per frugare in una delle tasche del cappotto, offrendoci la vista di un culo rotondo come una pesca, reso sodo dagli allenamenti, con al centro, seminascosto, un piccolo bocciolo di rosa pronto a fiorire. Dalla tasca tirò fuori uno stick di burro di cacao, e cominciò a passarselo sulle labbra con voluttà, applicandone una quantità parecchie volte superiore a quella necessaria. “Adesso sono pronta!” disse, e tornò in ginocchio sul cuscino buttato a terra, afferrò i nostri cazzi e cominciò a succhiarli. Si dedicava di più a Massimo, ma la cosa non mi disturbava affatto: avevo il cazzo in tiro già da un po’, ed ero eccitato al massimo, quindi temevo di venire subito. Massimo invece non aveva raggiunto subito l’erezione, e così potei osservare con tutta calma le labbra e la lingua di Laura operare il miracolo sul suo cazzo, che raggiunse la piena erezione. Mentre guardavo, mi venne spontaneo prendere con tutta la mano un seno di Laura e cominciare a massaggiarlo, spostandomi di tanto in tanto sul capezzolo, per poi sussurrarle: “Sei bravissima!”
A queste mie parole Laura si spostò dal cazzo di Massimo al mio. L’impatto con le sue labbra e la sua bocca fu intensissimo: era carnosa e lei sapeva esattamente come muovere la lingua. In più, tutto quel burro cacao che aveva messo, insieme alla saliva e agli umori che cominciarono a colare dal mio uccello, formarono una specie di schiuma cremosa che sembrava quasi sborra, e che ebbe l’effetto di aumentare ancora di più la mia eccitazione, che non toccava apici di questo genere da un sacco di tempo. La mano di Laura mi stringeva il cazzo alla base, e la toccava con le labbra ogni volta che scendeva giù. Era bellissimo vederle formare una O quasi perfetta quando circondavano il mio cazzo, ma ancora più bello fu vederle togliere la mano dalla base dell’asta e prenderlo tutto in gola. Essendo più corto, il mio uccello si prestava a meraviglia, e fu in quel momento che cominciai a capire di essere stato stupido a preoccuparmi tanto per le mie dimensioni, quando potevo sfruttare certi punti a mio vantaggio.

3.
Mi stavo godendo la bocca di Laura, tenevo gli occhi chiusi e respiravo sbuffando come un mantice. Il cazzo mi pulsava talmente forte che riuscivo quasi a sentire il sangue che faceva le montagne russe attraverso le mie vene. Sapevo di non poter resistere ancora per molto prima di venire, e anche Laura sembrò accorgersene, perché interruppe il pompino, si mise in piedi e tornò sul divano, tenendo me e Massimo per l’uccello, come se ci stesse tenendo per mano. Poi si sdraiò poggiando il bacino su uno dei braccioli, in modo da tenerlo sollevato, e allargando le cosce scese di nuovo verso le grandi labbra con l’indice e il medio della mano destra, schiudendo del tutto lo scrigno della sua passera, puntata dritta verso di me.
“Questa è per te, mio timido puledrino!”, disse Laura ridacchiando. Aveva un modo buffissimo di scherzare, che non mi sarei mai aspettato da una tipa apparentemente riservata come lei: un ottimo motivo in più per non credere alle apparenze.
“Laura, guarda che tra poco vengo, non riesco più a trattenermi!”, dissi io senza guardarla negli occhi, imbarazzato per la figuraccia.
“Ma di che ti preoccupi, l’importante è che dopo ricominci!” rise lei. “Dai, un paio di colpi alla fichetta, si possono avere?” mi chiese con una vocina sottile e un tono di desiderio, come una bambina che tenti di blandire un adulto per farsi regalare un giocattolo. Non riuscivo a capacitarmi di come Laura sembrasse sapere esattamente come stuzzicarmi per farmi perdere completamente il controllo, ma in quel momento non avevo voglia di trovare davvero risposta a quella domanda. Vedendomi prendere posizione davanti alla sua passera, lei mi fece l’occhiolino, e poi rivolse il viso verso Massimo, che era rimasto esattamente dove lei lo aveva lasciato, col cazzo in tiro e che pulsava, ma per il resto completamente immobile. “Vieni qui, tu”, lo chiamò lei, e lui avanzò come un automa per permetterle di afferrargli l’uccello e riprendere il pompino da dove lo aveva interrotto. Puntai la cappella sulle grandi labbra e spinsi, facendomi strada dentro di lei, e provando una sensazione che mi sembrò di non avere mai provato prima: la fica di Laura era calda e umida, e il mio uccello bagnato da un miscuglio di saliva e umori scivolò in quell’abbraccio di carne. Vidi come, man mano che entravo, le labbra si dilatavano, e questa visione mi diede particolare piacere; arrivai fin troppo presto a fine corsa, appoggiandomi con le palle al perineo di Laura, che fece un mugolio soddisfatto e ruotò leggermente il bacino, come a consolidare la presa sul mio uccello. Io iniziai un andirivieni piuttosto lento, uscendo quasi completamente da lei per poi rientrare, godendomi il lembo di pelle che mi scopriva e ricopriva il glande. Cercavo di contrarre gli addominali e i muscoli pelvici nel tentativo di ritardare l’eiaculazione, ma sentivo che era una battaglia persa in partenza, considerato anche che avevo davanti agli occhi Laura che stava dando il meglio di se stessa leccando il cazzo di Massimo con totale dedizione, facendo scorrere rivoli di saliva su tutta l’asta, gorgogliando come una fontanella e schioccando le labbra sulla sua cappella. Riuscii a spingermi dentro di lei quattro, cinque volte, poi mi sentii montare dentro la sborra come lava bollente, e feci appena in tempo a tirarmi fuori da Laura, prima di venire: quattro schizzi che sentii partire dal più profondo dei miei lombi, da una parte del mio corpo talmente profonda da essere fusa con il mio animo. Il primo, più forte, le arrivò alla parte inferiore dei seni, i restanti la colpirono sullo stomaco, e infine il mio uccello si ammosciò, una goccia di sperma che colava lentamente dalla punta, e che mi sembrò una lacrima, anche se non saprei dire perché.
Sentendosi colpire dai fiotti di liquido, Laura interruppe nuovamente con voluttuosa dolcezza il pompino che stava facendo a Massimo e mi disse, sempre con quel suo buffo modo di apostrofarmi: “Beh, forse non sei poi così timido. E non sei nemmeno un puledrino”. Poi si sporse verso di me, avvicinandosi al mio uccello moscio e posandomi un bacio sulla cappella, schioccando le labbra come un sommelier che degusti un buon vino. Laura torna a sdraiarsi sul divano, si stropiccia un seno con la mano destra, mentre con la sinistra percorre il proprio corpo, intingendo le dita nel mio seme e disegnandosi addosso lucidi arabeschi. Questo spettacolo sembra far scattare una molla in Massimo, che si avvicina a Laura, le prende la mano mettendosela attorno all’uccello; poi mette la propria mano su quella di Laura e comincia a segarsi. Passano uno, due minuti, dopodiché Massimo rantola di piacere reclinando la testa all’indietro, fiottando sborra sulle tette di Laura, che adesso sembrano due grossi bignè ricoperti di glassa.
“Mi hai rovinato tutto il disegno!” esclama lei, ridendo con un candore impensabile in quel contesto. Mi unisco volentieri alle sue risate, sentendomi il cuore e la testa leggeri come non mi accadeva da tanto tempo, e nonostante la vocina remotissima nel mio cervello che ripete che quello che stiamo facendo non è corretto. Perfino le labbra di Massimo si increspano in un ghigno malcelato, e io sento l’euforia farsi strada dentro di me, inarrestabile. Laura non può saperlo, ma mi ha fatto un regalo enorme: mi sa che sono uscito dal tunnel. Io e Massimo ci lasciamo cadere sul divano mentre Laura si rimette a cercare nei meandri delle tasche del cappotto, stavolta tirandone fuori un piccolo pacchetto di salviettine con cui si ripulisce alla meno peggio.
Dopo qualche minuto in cui il silenzio è riempito dal ritmo intrecciato dei nostri respiri, volto il viso verso di lei, totalmente illanguidito, cercando il suo sguardo: “È stato pazzesco. E tu sei uno spettacolo”.
“Non penserai che abbiamo finito, vero puledrino?” mi schernisce Laura. La guardo con aria trasognata mentre si mette in piedi, flessuosa come lo stelo di un fiore, mi afferra per le spalle e mi fa sdraiare al suo posto, al centro del divano. Mi fa scivolare col bacino fino al bordo dei sedili del divano, in una posizione semisdraiata, poi si piazza su di me, le ginocchia poggiate accanto a ciascuna delle mie gambe, una mano poggiata sulla mia spalla. Erge il busto e prende per mano Massimo, facendolo alzare dal suo posto e posizionare dietro di lei. Ho le sue tette da sogno a pochi centimetri dalla faccia, e muoio dalla voglia di leccarle, ma Laura si appoggia con entrambe le mani sulle mie spalle e comincia lentamente ad abbassare il busto fino a quando il suo viso è alla stessa altezza del mio. Vedo il suo viso che si avvicina al mio sempre più, e lei sorride, sorride in una maniera tale da farmi venire voglia di dannarmi l’anima pur di rivederla sorridere così. Poi, con l’aria più maliziosa di questa mondo, inizia a strusciare il naso contro il mio, coccolandomi come farebbe un’adolescente alle prime esperienze. Non posso fare a meno di stupirmi di nuovo per la sua capacità di essere così come ho sempre immaginato la donna dei miei sogni: estremamente disinibita e porcella, ma estremamente dolce, e a cui non dispiace prendere l’iniziativa. Dopo un paio di secondi Laura allontana il volto, e reagendo d’istinto allungo il collo per mantenere il contatto. Mi rendo conto che è esattamente quello che vuole: indietreggiando mi sfiora il corpo con i capezzoli e mi solletica la cappella con la peluria sottile del pube. Massimo sobbalza impercettibilmente quando lei fa in modo che il suo uccello le si incunei in mezzo alle natiche, ma dopo qualche istante appoggia le mani sulla parte bassa della schiena di Laura. Non appena lei sente le mani di Massimo su di sé torna ad avvicinarsi al mio viso, e ricomincia a strusciare il naso contro il mio, per retrocedere nuovamente dopo un mezzo minuto o poco più, sfiorandomi con il suo corpo, e stuzzicando la verga di Massimo con l’ondeggiare sinuoso del suo culo.

4.
Questa specie di altalena durò finché i nostri cazzi non tornarono a inturgidirsi, vale a dire una manciata di minuti. Ad un tratto Laura interruppe il suo andirivieni, mi tolse la mano sinistra dalla spalla e iniziò a leccarne il dorso, tenendo il palmo di fronte a me, e lanciandomi un’occhiata sorniona e divertita. Iniziai a leccarle il palmo della mano, e per un attimo immaginai che io e lei fossimo una coppia di gatti intenti a lappare una qualche leccornia. Quando la mano di Laura fu lucida di saliva, lei la portò tra le natiche e prese a strusciarsela sul buchetto, lubrificandolo.
Continuavo a sentire la peluria del suo pube sfiorarmi la cappella, e mi sentivo morire dal desiderio di entrare di nuovo dentro di lei. Sbirciando il viso di Massimo da sopra la spalla di Laura, lo vidi osservarla con lo sguardo famelico di un lupo, godendosi lo spettacolo delle dita di lei che, intrise di saliva, lubrificavano lo sfintere.
“Massimo, potresti darmi una mano?” chiese lei, lanciandogli un occhiolino dei suoi. Vidi Massimo irrigidirsi impercettibilmente: potevo quasi leggergli nel pensiero il disappunto per essersi lasciato trascinare in quel ménage à trois; ma ormai il dado era tratto, e non si poteva tornare indietro. Mi sembrò di vedere tale consapevolezza disegnarglisi sul viso, poi lo vidi inginocchiarsi dietro di Laura, poggiarle le mani sulle natiche burrose, e allargargliele leggermente per poter arrivare più facilmente all’ano con la lingua. Alle prime pennellate di Massimo, Laura si stiracchiò come un gatto, e questo mi fece pensare che non fosse la prima volta che il mio amico facesse una cosa del genere. Mi permisi alcuni secondi di divagazione, immaginandolo con Vittoria, la sua ragazza… poi sentii la bocca di Laura sul mio collo, e tornai al presente, che mi stava riservando momenti di voluttuosità unica. Cedendo alla mia voglia mi afferrai l’uccello alla base e lo guidai dentro di lei, sprofondando di nuovo nella stretta calda e umida della sua carne. Sentii i suoi denti affondare con più intensità nel mio collo, ma durò solo un attimo, dopodiché le sue cosce si divaricarono un po’ di più per accogliermi più a fondo dentro di sé.
“Adesso tocca a te”, disse lei rivolgendosi a Massimo, che nel frattempo aveva sostituito le dita alla lingua, continuando a lavorarsi il culo di Laura. Massimo non sembrava aspettare altro se non un’esplicita richiesta: anche lui afferrò l’asta dirigendola verso quell’ano perfetto, attorniato da due chiappe sode e burrose, altrettanto perfette. Sentii anche io il cazzo di Massimo farsi strada dentro Laura: i nostri uccelli erano separati da un sottile strato di pelle che veniva massaggiato vigorosamente dall’andirivieni delle nostre verghe. Avevamo preso ad alternarci in perfetta sincronia, e quando io ero quasi del tutto fuori dalla sua passera, Massimo era dentro il culo di Laura fino alle palle, e viceversa. Lei mugolava come una gatta e assecondava i nostri movimenti con una flessuosità davvero felina; in più ci teneva entrambi coinvolti e avvinti continuando a mordermi sul collo, a baciarmi e a ergere e ruotare il busto per dispensare lo stesso trattamento anche a Massimo, dietro di lei. Andammo avanti così per diversi minuti, spingendo la nostra carne dentro la sua senza fermarci mai, entrambi fiduciosi di poter andare avanti ancora per un pezzo, dato che eravamo già venuti; Laura ci faceva da contrappunto con i suoi mugolii, spingendo il suo corpo contro i nostri cazzi e sommergendoci di tanto in tanto con ondate di sconcezze, che personalmente mi facevano l’effetto di fomentarmi sempre di più.
“Adesso smettetela di alternarvi, e riempitemi tutta per bene!” ci chiese lei a un tratto. Senza farcelo ripetere, io e Massimo ubbidimmo. Era una sensazione davvero totale, quella di sentire la passera di Laura stringersi attorno al mio cazzo in tiro, e pensare che quella sensazione fosse provocata dal fatto che lei avesse un altro cazzo a stantuffarle il culo rendeva tutto ancora più elettrizzante. Il fatto che l’altro cazzo in questione fosse quello del mio austero – ma non troppo, è doveroso dirlo – amico, era assolutamente secondaria.
A ogni nostra spinta Laura sobbalzava, trasudando goduria allo stato puro, e le sue tette ondeggiavano seguendo i movimenti del suo corpo, e io che ce le avevo davanti mi godevo lo spettacolo.
“Non riesci proprio a smettere di guardarle, eh?” mi chiese Laura, ansimando tra una parola e l’altra. Io sentii un nuovo orgasmo montarmi dentro e, senza rispondere, reclinai la testa, concentrandomi il più possibile per mantenermi in bilico, trattenendo l’orgasmo e assaporandone il suo crescere e pervadermi in ogni centimetro quadrato del mio corpo.
Sentivo la passera di Laura pulsare e contrarsi, segno che anche lei stava per raggiungere l’orgasmo, e mi preparai al sopraggiungere di quel momento.
“Voglio che veniamo tutti e tre assieme, e voglio che vi svuotiate le palle dentro di me!” disse Laura, con lo sguardo infiammato dalla foia pura e semplice. Vidi Massimo aumentare il ritmo, e sentii il suo cazzo percorrere sempre più freneticamente quel tunnel di lussuria il cui ingresso era l’ano di Laura; anche io aumentai la velocità delle mie spinte e di nuovo mi resi conto che non sarei riuscito a trattenermi per molto. Laura ci coordinò, e per un’infinitesimale frazione di secondo la immaginai come un direttore d’orchestra arrivato al momento clou dell’esecuzione di una sinfonia, e immaginai me e Massimo come due strumenti musicali. “Dai, dai, dai, non vi fermate! Ancora, ancora… sì, sì, venite adesso!” ci incitava lei, e la sua voce schioccava come la frusta di un fantino. Riuscii a dare ancora una spinta o due prima di lasciare che l’ondata di sborra che mi tenevo dentro dilagasse dentro Laura. Stordito dall’intensità dell’orgasmo percepii a stento che Massimo aveva fatto lo stesso più o meno nello stesso istante, e fui vagamente cosciente del corpo di Laura scosso da sussulti, strascichi dell’orgasmo che l’aveva squassata, che si era adagiato su di me, ancora pieno dei nostri cazzi, che lentamente si rilassavano dentro di lei. Eravamo sudati e stanchi, stravolti ma elettrizzati, e sembrava che nessuno avesse voglia di spezzare l’incantesimo che si era venuto a creare.
Lentamente, come di controvoglia, sciogliemmo l’amplesso e ci sedemmo nuovamente sul divano, come prima. Di nuovo il silenzio ci avvolse come una coperta, accompagnato dai nostri respiri che tornavano piano regolari.
“C’è una cosa ancora che vorrei provare con voi due…” iniziò a dire Laura. Vidi lo sguardo di Massimo puntarsi su di lei: c’era ancora un’ombra di rigidità nel modo in cui la guardava, ma era perfettamente evidente che avrebbe fatto praticamente qualsiasi cosa lei gli avrebbe chiesto. Io, dal canto mio, seppur provato da quella ripresa delle attività tanto inaspettata quanto intensa, le rivolsi immediatamente la mia totale attenzione: inutile dirlo, ma non avevo la minima voglia che il sogno finisse.
“Adesso che, grazie a Massimo”, e gli fece l’occhiolino, “il mio culo è dilatato come si deve, vorrei avere i vostri due cazzi insieme a sfondarlo”. Sia io che Massimo rimanemmo in silenzio, senza particolari reazioni. Ero eccitatissimo all’idea di una doppia penetrazione anale, cosa che peraltro non avevo mai fatto prima, ma a dirla tutta l’idea di sfrega il cazzo su quello del mio più caro amico non mi entusiasmava granché. Certo, una parte del mio cervello mi urlava contro, chiedendomi se fosse quello il momento di fare lo schizzinoso, quando mi trovavo in compagnia di una ragazza eccitata che, per di più, aveva avanzato lei la richiesta, ma nonostante questo, avevo qualche piccola riserva. E se interpretavo bene il silenzio e l’atteggiamento di Massimo, anche lui condivideva quella mia particolare perplessità.

5.
Laura, dotata come tutte le donne di quell’intuito che più di ogni altra cosa le contraddistingue, sembrava avere capito cosa fosse a frenarci, ma non disse niente, e fedele alla sua personalità più disinibita e audace che avevamo scoperto quella sera, preferì agire. Si alzò dal divano, gettò a terra uno dei cuscini e vi si inginocchiò come prima.
“Venite qui, voi due” comandò, e a noi non passò per la testa altro pensiero se non quello di obbedire, soggiogati come eravamo dal potere della sua sensualità. Fianco a fianco, quasi sfiorandoci, io e Massimo offrimmo le nostre verghe a Laura, che iniziò a lambirle con la lingua in mille andirivieni, disegnando infinite linee che si allacciavano tra loro, costruendo un labirinto inestricabile di umida lussuria e desiderio. Sapeva come si fa del buon sesso orale, Laura, sapeva portarci all’apice del godimento, trasformando un normale pompino in qualcosa che era inutile, e svilente, cercare di spiegare a parole. La sua lingua accarezzava le nostre cappelle, percorreva per intero l’asta dei nostri cazzi, soffermandosi rapidamente sulle palle per poi guizzare di nuovo su e ricominciare da capo quei movimenti che speravo non finissero mai. Le sue labbra non finivano mai di schioccare baci sui nostri glandi, che tornarono velocemente a inturgidirsi, né di stillare saliva, che luccicava come cristallo quando colava addosso a noi, facendomi uscire dalla realtà e introducendomi in una dimensione fatta unicamente di sensazioni tattili, visive e olfattive, e dove i sensi di colpa e la morale occupavano un cantuccio infinitesimale, posto ai suoi estremi confini.
Né io né Massimo siamo circoncisi, e notai che Laura sembrava divertirsi a coprirci e scoprirci la cappella, come se stesse giocando. Ad un tratto poggiò la lingua sulla parte superiore della mia cappella che, violacea, pulsava all’inverosimile, e dopodiché lasciò che la pelle ricoprisse sia il glande che la sua lingua. A quella vista sentii un nuovo, gigantesco brivido percorrermi la schiena, ma quando sentii la lingua di lei rotearmi attorno, circondata dalla mia cappella e dalla pelle che la ricopriva, allora mi trasformai in un essere il cui unico scopo era quello di restituire a quella donna la stessa quantità di piacere che ci stava dando. Non so se durò un minuto, cinque, o solo alcuni secondi, ma quando tirò fuori la lingua per rifare lo stesso lavoretto a Massimo, seppi solo che Laura aveva svegliato dentro di me qualcosa, una fame, una sete, un bisogno inestinguibile. Lei non diceva nulla mentre si lavorava i nostri uccelli, ma si limitava a occhiate che avrebbero incendiato la pietra, e mugolii che rivelavano una libidine che montava come la marea. Quasi non mi accorsi quando Laura iniziò a strusciare i nostri uccelli l’uno contro l’altro, senza smettere di inzupparli di saliva. Anche in questo caso il dado era tratto, e per quanto strana, stranissima, e del tutto inedita, la sensazione di starmi strusciando sull’uccello di un altro uomo faceva in qualche modo parte del gioco. Era troppo tardi per fare rimostranze e non restava altro che lasciarle condurre le danze. Sperai con tutto me stesso che a Massimo non venissero scrupoli di nessun tipo, che inevitabilmente avrebbero rovinato quel momento, ma per fortuna anche lui sembrava essere giunto alla mia stessa conclusione. La lasciammo smanacciarci i cazzi come voleva, impiastricciandoli con la sua saliva, che andava mischiandosi con gli umori che producevamo, creando un liquido viscoso in cui Laura sguazzava con quel visino all’apparenza innocente da universitaria sprovveduta.
“Va meglio adesso, ragazzi? Passata la vergogna? Vi sentite sempre maschi?” ci prese in giro Laura, ritrovando la propria verve. Rispondemmo a grugniti, ormai preda di istinti totalmente primordiali, la mente avvolta da fiamme che lei stessa aveva così ben alimentato. Lei si alzò in piedi, lentamente si voltò e lentamente inclinò il busto, sporgendo il suo culo perfetto verso di noi. Lo accarezzai, e non riuscii a trattenermi dal sondarle l’ano con le dita: reagì, elastico al mio tocco, facendomi pensare agli anemoni di mare che si ritraggono non appena li si sfiora. Laura ci fece mettere uno alla sua destra e uno alla sua sinistra, tutti e tre vicinissimi, poi cinse il collo di entrambi con le braccia, sollevando le gambe da terra. Istintivamente io e Massimo la sostenemmo per le cosce.
“Bravi, così. Adesso entratemi dentro”. Non fu affatto facile, in realtà: un po’ perché era la prima volta, un po’ perché la posizione era effettivamente scomoda, un po’ perché non appena sentivamo l’uno la mano e l’uccello dell’altro, io e Massimo ci ritraevamo, ci vollero un dieci minuti buoni prima di espugnare definitivamente il culo di Laura. Ma la sensazione di totale lascivia che mi pervase in quel momento superò ogni aspettativa, ogni realtà, ogni sensazione precedente. Lei emise un gemito acuto e prolungato, che mi fece pensare all’ululato di una lupa, poi roteò impercettibilmente il bacino e ci chiese di rimanere immobili. “Bravi, bravi i miei puledrini!” sussurrava, mordicchiandosi un labbro. Notai la sua passera stillare umori, e iniziai a strusciarle le dita contro il clitoride, facendo aumentare di voltaggio l’intensità dei suoi gemiti. Avevamo entrambi i cazzi impietosamente incastrati nel suo culo, e Laura ci si impalava sopra, lentamente ma senza fermarsi e senza smettere di stillare umori dalla passera e un profluvio di oscenità dalla bocca. Io ero concentrato unicamente sull’allargarle più che potevo quel culo da dea, e sulla sensazione di godimento estremo che ne derivava. Il contatto col cazzo di Massimo, impegnato ad assolvere gli stessi compiti, non mi provocava piacere, ma nemmeno fastidio: avevamo un obiettivo comune e lavoravamo in sinergia per raggiungerlo.
“Sfondatemi ragazzi, dai! È bellissimo avere due cazzi in culo, non smettete di scoparmi!” ci incitava Laura, con una voce bassa e roca, intrisa di lussuria. Infoiato come non mai, cercavo di succhiarle un capezzolo, cosa non facile dato il suo su e giù continuo; lei afferrò una delle sue tette da sogno e la guidò esattamente verso la mia bocca, e la mia estasi fu pressoché totale.
Non vedevo l’ora di venire, e così aumentai il ritmo delle mie spinte, ma Laura ci bloccò entrambi, chiedendoci di cambiare posizione. Tornammo a sdraiarci sul divano e Laura stava sempre in mezzo a noi, ma stavolta era sdraiata su Massimo, mentre io ero in piedi alle sue spalle. In questa posizione potevo pomparla cambiando ritmo e intensità a mio piacimento, e mi trastullai nel pensiero che Laura l’aveva fatto apposta a chiedere di spostarci, per permettermi di sfondarla con tutta la lussuria di cui ero capace, e pervaso in quel momento. Alimentato da questo carburante continuai con rinnovato impeto a penetrare il culo di Laura, il cui sfintere, ormai rilassato, lo aveva reso facile preda per gli assalti del mio cazzo famelico. Per l’ennesima volta sentii l’orgasmo nascermi dentro, e l’ondata di sborra guadagnare terreno partendo dal fondo dei miei testicoli. Mugolavo come un animale, e il mio mugolio saliva di tono, annunciando il sopraggiungere del mio piacere come un araldo. Massimo capì che sarei venuto dentro il culo di Laura e tirò fuori l’uccello giusto in tempo; Laura invece iniziò a spingere le sue chiappe sode contro il mio bacino con una foga che mi lusingò e mi fomentò allo stesso tempo. Eruttai dentro di lei, anche se non quanto avrei desiderato, ma dato che era la terza volta che venivo, non potevo pretendere più di tanto dal mio corpo fuori allenamento. Laura, senza scostarsi da me, prese a muoversi lentissimamente avanti e indietro, facendo scivolare il mio cazzo, che poco a poco si sgonfiava, nel suo culo, provato da quella serata. Massimo nel frattempo sgattaiolò sotto di lei, mettendosi al mio fianco e segandosi vigorosamente per – mi venne il sospetto – venire in fretta e farla finita. Dopo alcuni istanti anche lui si liberò, schizzando a fiotti sulle chiappe e sulla schiena di Laura, che rideva di gola, con un suono basso e melodioso.
In quel preciso istante udimmo lo squillo di un cellulare: quello di Laura. Lei si allungò e cercò di nuovo nelle tasche del cappotto.
“Pronto? Sì, mamma, sono ancora qua. Abbiamo perso un po’ più tempo del previsto, ma tra venti minuti sarò a casa”. Si alzò, si diede una rinfrescata, si rivestì, e mettendosi il basso in spalla ci salutò: “È stato davvero pazzesco stasera, mi sono proprio divertita! Ci vediamo presto, puledrini. Fatemi sapere quando sarà la prossima sessione di registrazioni…”

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