Skip to main content
Racconti Erotici Etero

In vino veritas

By 25 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

A volte mi chiedo come sarebbe il mondo senza alcool. Credo che tanti uomini e tante donne debbano ringraziare questo potente mezzo che spesso fa cadere muri, timori, paure e, spesso, mutande.
Quello che vi sto per raccontare non sarebbe successo senza il suo ausilio e sono sicuro che senza di lui non avrei mai avuto il coraggio di dire e fare certe cose.

Tutto nacque una domenica sera in cui, a fine campionato, veniamo invitati a casa del nostro presidente per festeggiare la promozione con una bella cena.
Il nostro presidente &egrave un personaggio: 50 anni, ricco, adora i giovani e la bella vita. Si &egrave sposato e separato 3 volte prima di rendersi conto che il matrimonio non fa per lui. Dopo questi 3 fallimenti ha pensato bene di non ufficializzare più niente e limitarsi a semplici convivenze che spesso si esauriscono in capo a pochi mesi. Da buon intenditore quale &egrave le sue donne sono sempre molto belle. &egrave passato da argentine, a russe, da donne di colore a cinesi, insomma, credo manchino poche etnie nel suo palmares. Al tempo della cena stava con Camelia, una rumena di 28 anni che aveva conosciuto chissà dove. A differenza delle precedenti donne Camelia non era appariscente, aveva un seno piccolo, un viso pulito, una altezza media e sorrideva poco. Era comunque una bella ragazza, mora con occhi azzurri, corpo esile ma sodo e con due bellissime mani.
La sera della cena le finii vicino, più per sorte che per volontà. Per quanto fosse piacente non era la donna che avrei taccheggiato ma soprattutto era la moglie del presidente, ovvero una parte di mondo vietata.
Durante la cena ebbi modo di scambiare qualche battuta con lei che era stranamente più loquace rispetto al suo solito. Notai subito che in fatto di vino non si risparmiava e, strada facendo, iniziammo a riempirci il bicchiere a vicenda, quasi a voler i sfidare l’un l’altra. Tanto bevevo io &egrave tanto beveva lei, e viceversa.
Questo gioco di bicchieri creo una sorta di simpatia reciproca tanto che prendemmo a parlare ed a ridere come se ci conoscessimo da tempo. Scoprii una donna sveglia, determinata ma soprattutto maliziosa. Non perdeva occasione per creare dei doppi sensi a sfondo sessuale e quando le ribattevo colpo su colpo mi apostrofava sempre con un “mmm…..interessante”.
Fatto sta che dopo 2 ore la tavolata era ubriaca, ed io &egrave Camelia non da meno.
Ad una prima conta sul tavolo c’erano almeno 20 bottiglie vuote bevute in circa 15 partecipanti. Le scorte che il presidente aveva preventivamente portato in cucina erano finite e divenne presto necessario andare nella sua fornitissima cantina per racimolare altro vino.
Essendo quella casa molto conosciuta a tutti noi ( le feste erano state diverse negli ultimi anni) mi offrii di andare in cantina a prendere ancora del vino ed il presidente mi disse “vai con Dio”. Scesi le scale che portavano alla cantina, la aprii ed una volta dentro i misi a guardare i suoi pregiatissimi vini.
Mentre cercavo quello che avevamo bevuto a cena sentii dei passi che per me erano di qualche compagno di squadra o, al massimo, del presidente.
Invece dalla porta sbucò Camelia che aveva portato con se il cestino portabottiglie.
La guardai e le dissi che aveva avuto una ottima idea visto che così ne avrei potute portare di più. Lei mi guardo e con il suo solito fare malizioso mi disse “&egrave una buona idea solo per quello?”. Le sorrisi ed avendo capito il suo gioco non risposi a parole. Fu a quel punto che lei si avvicino e con una fare quasi violento mi bacio. ” &egrave da quando ti sei seduto vicino a me che volevo farlo” mi disse, mentre la sua lingua impastata si intrecciava alla mia.
Rimasi quasi scioccato. Per un attimo ci fu un blackout sensoriale e mi rituffai su quella bocca che diceva tanto del fuoco che Camelia aveva dentro.
Furono due minuti in cui cercammo di scoprire il più possibile l’uno dell’altro. Le sue mani finirono sul mio cazzo ormai duro dopo pochissimo tempo così come io misi la timidezza da parte quando le feci scivolare una mano nei jeans alla ricerca del suo culo. Pochi minuti furono sufficienti ad accendere la miccia. Risalimmo le scale baciandoci e ci staccammo solo quando fare un passo in più significava baciarsi in pubblico.
Ci risedemmo a tavola e la serata proseguì normalmente anche se, di tanto in tanto, la sia mano mi sfiorava i pantaloni alla ricerca di un cazzo che ormai non ero più in grado di abbassare.
Mangiammo &egrave bevemmo fino alle 2 di notte quando, uno dopo l’altro, c’&egrave n’&egrave andammo tutti profondamente ubriachi.
Quella sera non ebbi più modo di toccare Camelia che però volle il mio numero di telefono prima di andare. Me lo chiese sussurrandomi la richiesta nell’orecchio e digitando i numeri sotto il tavolo per non farsi vedere.
Così, mentre rincasavo con non poche difficoltà, ricevetti un sms in cui Camelia mi mandava una sua foto in intimo dicendomi “domani mattina, se passi, mi troverai così”.
Quella foto metteva in risalto un corpo che nemmeno lontanamente si poteva immaginare. Una vita stretta, addominali leggeri, piercing all’ombelico ed due belle stelle tatuate ad altezza ovaie. Uno spettacolo.
Mi fermai, e le risposi chiedendole come avremmo potuto farlo con il presidente in zona. Mi rispose che sarebbe partito alle 8 per una 3 giorni in fiera e che ci sarebbe stato tutto il tempo e la sicurezza che volevamo. Chiuse il messaggio con un “ti aspetto qui alle 10, non farmi aspettare”
E così feci. Mi svegliai ancora sotto l’effetto dell’alcool, mi feci una doccia ed andai da lei. La casa era una villa singola per cui il timore di occhi indiscreti era nullo. Mi fece tuttavia parcheggiare l’auto dentro dandomi istruzioni via messaggio poi, una volta in garage, la vidi.
Era scesa a recuperarmi in garage vestita con un intimo decisamente più aggressivo di quello della foto precedente, e la vestaglia semitrasparente che la copriva non faceva altro che amplificare tutto il resto. Mi vide, mi bacio e mi disse subito “sono ancora ubriaca, approfittane!”.
Salimmo le scale tra un bacio e l’altro ed, una volta in salotto, iniziarono le danze.
La mia polo ed i miei jeans finirono da qualche parte, scaraventati via da lei che pareva indemoniata. Mi sedette sul divano e si mise a cavalcioni su di me strusciando il suo intimo nero e sottile contro il mio cazzo che ormai sbucava dai boxer. Si tolse la vestaglia con un movimento rabbioso e pochi attimi dopo si tolse anche il reggiseno. La sua seconda era bella, soda, disegnata benissimo. Era un seno giusto per quel corpo da ape.
Non appena l’assenza della vestaglia le consentì libertà di movimento prese a baciarmi sul collo per poi scendere rapidamente verso la mia cappella ormai scoperta e pulsante. Mi abbassò i boxer quel tanto che serve per vederlo tutto, lo prese in mano ed inizio a menarlo, pur non essendocene bisogno. Mentre la sua mano andava mi guardava negli occhi e capivo che quei 23 cm le piacevano proprio tanto. Scese quindi da me, si mise in ginocchio sul tappeto mentre io seduto sul divano guardavo il mio cazzo scomparire nella sua bocca. Non mi staccava gli occhi di dosso e quei due pezzi di blu nei miei occhi erano un eccitante unico.
Succhio per un bel po’ continuando ad elogiare il mio cazzo che definiva una meraviglia mentre io, annebbiato, le chiedevo di continuare e di non parlare. Succhiava talmente bene che dovetti staccarla dopo pochi minuti per non correre il rischio di inzupparle la bocca e finire tutto li.
Una volta finito di succhiare si alzò in piedi davanti a me, lasciò cadere le sue mutandine e si rimise a cavalcioni su di me. Prese e baciarmi con forza mentre la sua mano cercava il mio cazzo. Lo afferrò, lo mise in posizione verticale e senza tanti complimenti ci si sedette sopra. Entrai come un coltello arroventato entra nel burro. Si prese quella ventina di centimetri in qualche secondo, alla faccia di chi, in tempi diversi, aveva bisogno di abituarsi alla misura. Vederla li sopra impalata mi fece, semmai fosse possibile, indurire il cazzo ulteriormente tanto che anche lei se ne accorse e, dicendomelo, mise le mani all’indietro sulle mie ginocchia per gustarselo tutto. Faceva movimenti così forti che potevo vedere il suo ombelico muoversi, quasi fosse la mia punta a spingerlo fuori.
Tutti i miei propositi sul preservativo andarono a farsi friggere. Una volta dentro quel cazzo non fu più mio. Allargò bene le gambe e da cavallerizza consumata mi scopo come poche avevano fatto prima. Sentivo la mia punta toccare qualcosa di indefinito mentre il suo viso era un misto di dolore e piacere. Non andava su e giù, il suo bacino andava solo avanti ed indietro. Non si &egrave mai risparmiata un centimetro del mio cazzo.
Mi cavalcò per almeno venti minuti durante i quali, come sono solito fare quando mi ritrovo una donna a cavalcioni, il mio dito medio della mano destra le aveva rovistato nel suo culetto stretto. I suoi liquidi vaginali, ormai copiosi, furono un ottimo lubrificante per il mio ditino che voleva prepara la strada a qualcosa di più grande.
Camelia si lasciò fare ma quando le chiesi di cambiare posizione e mettersi a pecorina, in realtà con il desiderio primo di scoparla in figa, mi guardo con l’aria di chi vorrebbe dire no ma sa che non può farlo. Lei era convinta volessi scoparle subito il culo, cosa che avrei voluto fare dopo, ma siccome avevo capito il malinteso le dissi “stai tranquilla, non ha mai uccisa nessuna”.
Mi sorrise dicendomi che un cazzo così da quella parte non ci era mai passato, allora, con fare rassicurante le appoggiai la testa al cuscino, allargai bene le sue gambe e mi misi a leccarla alternando figa e culo. Delirante da alcool le chiesi prima di allargarsi bene le natiche e poi di sgrillettarsi mentre la mia lingua indugiava nel suo buchino più segreto. Vederla col culo all’aria mentre le sue dita giravano vorticosamente sul suo clitoride fu una visione idilliaca ed i suoi mugugni di contorno erano la giusta colonna sonora. Dopo qualche minuto, con fare insofferente mi disse “entrami dentro”. Allora, senza tanta compassione, riaffondai il mio cazzo in quella fighetta liscia mentre le mie mani le bloccavano i fianchi per dare ancora più profondità. Mi sentivo un cane, la posizione era quella e lei era li, bloccata, con un cazzo piantato dentro.
Un paio di volte affondai troppo e alcune fitte la costrinsero a bloccarsi. Però io ormai ero andato e l’alcool aveva tolto ogni freno.
Estrassi il mio cazzo da la dentro ed inizia a passarlo tra le sue chiappe sode e divaricate. L’obiettivo era visibile senza grosse difficoltà ed iniziai ad avvicinare la mia punta sempre di più fintanto che fu lei stessa a dirmi di spingere nel momento in cui le due parti furono perfettamente allineate.
Prendersi quel culo, una volta che la punta fu dentro e vittima del risucchio naturale fu facile e Camelia seppe gestirlo molto bene. Dopo una partenza lenta prese coraggio e, come per la sua figa, non cedette un centimetro. Era evidente che le piaceva essere riempita. Inculcare una donna che non ha una passione dichiarata per il sesso anale &egrave per me una cosa bellissima in quanto capisci che l’hai piegata e che ti stai prendendo la sua anima.
Il suo culo fu mio per almeno venti minuti durante i quali la foga mi spinse a prenderla per i capelli ed a incularla con più veemenza quando il suo buchino si era abituato. Durante quella inculata capii molto di lei, del suo desiderio di essere portata quasi al dolore per godere. Non disse mai una parola, nemmeno quando, quasi di proposito, spinsi forte nel suo culo. Le sua mani e le sue unghie strette sul divano dicevano tutto di lei ma non la sua bocca. In quel momento stavo castigando una mogliettina in calore piuttosto che scoparmi una trovatella. Quando vidi che sopportava la base abbastanza tozza del mio cazzo capii che ormai anche il suo bel di dietro era stavo usato a dovere. Se a questo aggiungiamo la mia naturale propensione alle donne impegnate ed al portarle al loro limite allora potete solo immaginarvi con che forza le mie anche sbattessero su quel culo. Credo che sia abbastanza comune per un uomo, quando una donna si concede così, cercare il limite ed io lo cercai sia nel ritmo, nella profondità e nella tipologia di penetrazione che variava dal tutto dentro al fuori e dentro veloce.
Mi fermai solo perché percepivo che iniziava ad essere provata e temevo chiudesse i giochi li. Allora estrassi il mio piccolo amico, andai in bagno per dargli una pulita e ritornai da lei per l’assalto finale.
Finimmo al contrario di come avevamo iniziato: stavolta era lei seduta a gambe aperte sul divano ed io sopra.
Ci distendemmo in posizione classica, uno sopra l’altro e mentre lei si teneva le gambe aperte tenendosi le mani sotto le ginocchia, io affondavo a più non posso colpi di cazzo in quella figa che ormai percepivo come deforme. Ormai non sentivo niente di lato, sentivo solo che urtavo qualcosa con la punta, soprattutto quando, alla ricerca della massima profondità, le presi le gambe e le portai le ginocchia all’altezza del seno.
Furono dieci minuti più da violenza sessuale che da scopata. C’era ormai un sottile desiderio di castigare e sfondare piuttosto che cercare una semplice venuta. La cosa bella era che a Camelia piaceva così e quando iniziai a sentire lo stimolo di venire, il mio cazzo si ingrosso ancora tanto che, venendo insieme, Camelia dovette nuovamente fermarsi per delle fitte.
A quel punto però la frittata era fatta. Le avevo svuotato le palle dentro.
Ci volle almeno mezz’ora prima che uno dei due riuscisse a proferir parola. Eravamo sfiniti.
Passammo l’ora successiva a parlare e mi disse che aveva già deciso di troncare col presidente per ritornare nel suo paese natale dove la sua famiglia benestante le avrebbe aperto un ristorante per gestirlo col fratello.
Mi disse anche che si era scopata o aveva semplicemente spompinato in tempi diversi, altri ragazzi della squadra ma che con nessuno aveva fatto sesso anale. Mi raccontò di qualche sua peripezia adolescenziale, dell’orgia cui aveva partecipato a 18 anni e del suo desiderio di provare, un giorno, un cazzo nero. Il mio presidente si era trovato una troia con i fiocchi insomma, anche se con lui ammise di fare il minimo sindacale.
Me ne andai dopo una doccia che facemmo insieme e che lavò via i segni di qualche ora di follia. Da quel giorno sono passati ormai 7 anni ed ancora adesso, quando mi moglie non &egrave nei paraggi, le scrivo degli sms ai quali spesso mi risponde con foto in intimo.

Leave a Reply