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Racconti Erotici EteroTrio

incontro di lavoro…con sorpresa

By 1 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi sveglio con una strana sensazione. Sono felice, perché trascorrerò una giornata con Jean: dobbiamo andare fuori Parigi, per incontrare un fornitore particolarmente importante. Però mi sento un po’ in ansia, come se dovesse capitarmi qualcosa di spiacevole. Ma’cosa mai potrà esserci di spiacevole, in un’intera giornata da passare con Jean?
Probabilmente quel che mi mette questa inquietudine addosso è il fatto che Jean sia così sfuggente, quasi misterioso. Da quando l’ho conosciuto, ne sono affascinata. Mi piace tutto di lui: la corporatura robusta ma asciutta, prima di tutto: è un uomo massiccio, dalla spalle larghe e il torace ampio, e quando facciamo l’amore mi sento avvolta dal suo corpo, quasi protetta. Ha cinquantanove anni, ma nel vigore fisico sembra un quarantenne, anche per come scopa, con energia, generosamente, senza mai stancarsi. Adoro i suoi capelli sale e pepe, i baffi grigi, ben curati, le rughe sottili che ha intorno agli occhi. Adoro il suo sguardo pieno di malizia, saettante, il suo sorriso aperto, cordiale, e la sua voce sexy’. Adoro le sue mani, così esperte, e il suo pene stupendo, di cui amo particolarmente il sapore, salato, quasi piccante, specie sulla punta. Mi piace tutto di Jean, e soprattutto mi pare di conoscerlo da sempre’ma in realtà, sono solo tre mesi che è entrato nella mia vita, e in questi tre mesi ci siamo visti solo undici volte. Undici volte nelle quali abbiamo sempre fatto del sesso, undici volte nelle quali lui mi ha fatta godere e io ho fatto godere lui’e basta. Rifletto su questo, mentre mi preparo. Io mi sento molto coinvolta da Jean, ho spesso l’impressione di essermi innamorata di lui’però praticamente non lo conosco. Non so nulla di lui, nemmeno dove viva, e con chi. Ogni volta che ci siamo visti, abbiamo scopato con passione, conosciamo i nostri sapori e i nostri odori, ma se io dovessi dire qualcosa del suo carattere, non saprei che dire. Io un po’ di me gli ho parlato’una volta gli avevo detto perché mi trovavo a Parigi, senza nascondergli il mio passato così vivace. Ricordo che lui aveva riso moltissimo, mi aveva chiesto di raccontargli qualche particolare, e mentre gli dicevo della mia avventura con l’idraulico, si era eccitato al punto tale che mi aveva chiesto di fargli un pompino, lì, in macchina, mentre stavamo parlando sotto casa. Anche il mio incontro saffico con la modella mulatta lo aveva fatto impazzire’spesso, mentre scopavamo, mi chiedeva di parlargli di lei, della sua pelle color caffelatte, della sua fica bronzata, del suo culo di marmo. Mi scopava con più energia, in quei momenti, come se sapere che stavo pensando ad una donna nel momento in cui facevo l’amore con lui mi rendesse più porca.
Però lui mai mi ha raccontato nulla di sé. Non so chi frequenta, non conosco il suo passato sentimentale, non mi parla mai delle sue avventure, anche se spesso mi accenna al fatto di averne avute tantissime’insomma, è un vero mistero. Forse per questo è così eccitante stare con lui. Ogni volta è una scoperta, un’avventura nuova. E forse per questo, ora, sono così agitata.
Con una strana fitta allo stomaco, sento il mio cellulare squillare. Un segnale: Jean è giù. Mi do un’ultima controllata nello specchio d’ingresso: i capelli sono sciolti, ricadono in boccoli morbidi sulla camicia di seta color crema. La vita è strizzata da una cintura alta, su un pantalone di crépe grigio ferro, a sigaretta. Tacchi neri modello chanel e un golfino grigio chiaro posato sul braccio completano l’insieme, dandomi un’aria molto raffinata: sembro una francese doc, pronta ad un appuntamento di lavoro. Perfetta. Prendo la mia Vouitton ed esco di casa.
Jean mi aspetta in piedi vicino al portone, fumando un sigaro. Gli vado incontro gioiosa, sorridente. Mi stringo a lui e lo bacio, incurante del forte odore di sigaro che la sua bocca emana. Lui mi infila la lingua in bocca trasmettendomi un sentore amaro, di fumo forte, ma ugualmente il rimescolio che il suo bacio mi provoca mi lascia di stucco. E’ incredibile’mi sto veramente innamorando perdutamente di lui.
Entriamo in auto. Lui si complimenta per come sono vestita, mi accarezza i capelli, poi partiamo. E’ mattino molto presto, e la città è sgombra: in pochi minuti usciamo da Parigi e ci troviamo su una strada molto larga. Io non so nemmeno il nome della località dove siamo diretti. Mi basta essere con Jean, guardare il suo elegante profilo mentre guida, il naso affilato, la mascella squadrata, appena un po’ cadente ai lati, vedere le sue belle mani sulla leva del cambio, aspirare il suo profumo così chic, con quell’aroma speziato e pungente, per sentirmi felice. Parliamo molto durante il viaggio’in realtà, io parlo molto. Lui mi chiede della mia vita a Roma, dell’università, della mia famiglia, delle mie amicizie. Mi chiede cosa provo ad aver lasciato tutto, e se mi fa male l’idea che mio padre mi abbia visto con il suo amico, e che sia ancora arrabbiato con me.
Il viaggio è piacevole, e così quando, superata una curva con l’auto, entriamo in un largo viale alberato,mi sorprendo vedendo che l’orologio sul cruscotto segna le 9. Possibile che abbiamo viaggiato per due ore? Non me n’ero accorta. Eppure è così: due ore per giungere lì, e io ero così presa da Jean, così concentrata nel raccontargli tutto di me, da non aver sentito il tempo che passava. Attraversiamo il viale, splendido, con una serie di alberi enormi che ci fanno da corridoio. Il sole filtra leggermente tra i rami, facendo risaltare maggiormente il verde del fitto fogliame. Ad un certo punto, Jean rallenta, e svolta a destra, in un viale più stretto, che non avevo visto poiché la vegetazione è molto folta. Qui gli alti alberi sono sostituiti da bassi cespugli di bosso, regolari, come se qualcuno li avesse potati di recente. E’ una giornata bellissima, quel posto è splendido, e io mi sento molto serena. Dopo circa mezzo chilometro, ci fermiamo davanti ad una cancellata altissima di ferro battuto. In lontananza, intravedo una casa bassa, bianca, una sorta di elegante masseria. Il cancello si apre, e la BMW varca l’ingresso, altri trecento metri, e ci fermiamo. Dalla casa esce un uomo, è più giovane di Jean, avrà sì e no cinquant’anni, ma non è bello come lui: piuttosto basso, robusto, con una massa di capelli biondo/rossicci striati di bianco, occhiali da vista. Indossa un elegante abito grigio, ci viene incontro sorridendo. Stringe la mano e Jean, poi si rivolge a me. ‘Je suis heureux de vous rencontrer, chers ‘, mi dice, in perfetto francese. ‘ Sono felice di conoscerla, cara ‘. ‘ Bertrand Moliere non parla una parola di italiano ‘, mi spiega Jean. Io saluto cordialmente nel mio francese un po’ strano, e lui sorride, mi mette una mano sul braccio e mi guida verso la casa.
‘ Asseyez-vous, s’il vous pla’t ‘. Ci sta invitando ad accomodarci. Entriamo. Avevo ragione, la casa è una masseria ristrutturata elegantemente. A terra c’è del cotto, probabilmente ancora quello originale. Le pareti imbiancate sono di intonaco grezzo, a grana grossa. Archi e spazi aperti dappertutto, tappeti colorati, e tanti mobili di arte povera, perfettamente conservati. Mi piace, è una casa bellissima, dalle ampie finestre che mostrano una campagna piena, ridondante di colori, fiori, piante. Sorrido. ‘ Miss Vera, vous aimez le point de vue? ‘, mi chiede Bertrand, e io rispondo che sì, la vista mi piace molto, e mi complimento con lui per la bella casa.
Bertrand ci fa accomodare su un salottino rustico, in un patio chiuso da vetrate, si allontana e torna con un vassoio. Ci offre del tè e dei pasticcini fragranti, e comincia a parlare con Jean. E’ un francese stretto il suo, parla molto velocemente ed altrettanto velocemente Jean gli risponde, dopo un po’ fatico a seguire la conversazione e mi rilasso sulla poltrona in midollino sulla quale sono seduta.
Poi, Bertrand si allontana. Jean ne approfitta per alzarsi e venirmi a dare un bacio. E’ un bacio morbido, profondo, la sua lingua si insinua tra le mie labbra e si intreccia alla mia, è una danza molto eccitante che mi crea subito un rimescolìo al basso ventre. Anche Jean è già eccitato, mi insinua due dita tra i bottoncini della camicia e cerca il mio seno. Con l’altra mano si insinua tra i miei capelli, mi accarezza i riccioli, poi scende, mi prende il seno in mano, lo palpa. La sua lingua mi fa impazzire, me la passa sul collo mentre con le dita mi tocca il capezzolo, che sente già turgido sotto il tessuto leggero.
Rientra Bertrand, ce ne accorgiamo da un imbarazzato ‘ ehm ‘, ci stacchiamo subito, con un sorrisetto da ragazzini colti in fallo. Lui si avvicina e posa sul tavolino centrale alcune custodie di velluto nero. Le apre, e quel che ci mostra è così bello che per un attimo mi mozza il fiato: sono gioielli fatti a mano, ci spiega, da una giovane donna che vive in Provenza. Pezzi unici, di oro rosa o bianco, con pietre preziose di piccole dimensioni a formare fiori coloratissimi. C’è un paio di orecchini che sembrano glicini appesi, con minuscole ametiste di colore tra il viola e l’azzurro, e poi un ciondolo che sembra una margherita, fatto con diamanti ed ambra. E poi anelli, bracciali con pendenti, altri orecchini. Tutto è delicato e romantico, una collezione bellissima ed assolutamente insolita.
Bertrand, che è un grosso produttore di gioielli, tra i più quotati in Europa, ci spiega di aver trovato questa artista per caso, e di aver deciso di lanciare la sua collezione, ‘Jardins de Provence’. Un’operazione ben riuscita, ci spiega, perché soprattutto l’Italia e i paesi scandinavi hanno apprezzato molto. Ora vuole metterla sul mercato anche in Francia, e per farlo ha scelto noi, il gruppo Gradaux.
Discutiamo a lungo di prezzi e produzioni. In realtà, sono più Jean e Bertrand, io ascolto ma ogni tanto intervengo, e mi compiaccio nel vedere che le mie osservazioni sono tenute in considerazione. Il tempo passa veloce, è già ora di pranzo. Bertrand ha fatto preparare una colazione fredda, ce la serve lui stesso in un giardino d’inverno, posando vassoi di tartine, pollo in gelatina, bocconcini di formaggio ed altre prelibatezze su un tavolo basso e lungo. Scegliamo da soli cosa prendere, poi mangiamo seduti vicini su un piccolo tavolino in ferro battuto coperto da una bella tovaglia di lino candida. Durante il pranzo, spesso Jean mi mette una mano sul gionocchio, me lo massaggia, mi tocca la coscia. Ad un certo punto sale su, verso l’inguine, sento la sua mano calda che si posa sul mio sesso e lo massaggia. Un calore speciale mi invade, il tocco di Jean mi fa impazzire anche attraverso il crépe del pantalone e il raso degli slip. Conversa amabilmente con Bertrand e mi palpa il sesso, disegnandone i contorni con le dita. Io chiudo gli occhi, abbandonandomi contro la spalliera della sedia per qualche secondo. Quando li riapro, Bertrand mi fissa, è uno sguardo pieno di malizia, che mi fa rabbrividire’come se avesse visto la mano di Bertrand, come se sapesse. Ma è impossibile, così mi alzo e mi dirigo verso il buffet. Guardo attentamente le pietanze, poi mi piego un po’, per prendere delle palline di formaggio francese avvolte da semi di sesamo. Mentre lo faccio, noto che sia Jean che Bertrand mi stanno guardando il culo. E’ modellato perfettamente da questo pantalone, e la sua forma è ben visibile anche grazie alla stretta ed alta cintura che ho in vita. Mi fa piacere essere ammirata, così mi soffermo davanti al buffet un po’ di più del necessario, e quando mi volto, noto negli occhi dei due uomini una malizia consapevole, del tipo ‘tu vuoi stuzzicarci e noi ce ne siamo accorti, e ci lasciamo stuzzicare da te’. O forse sono io che sono visionaria, chissà’
Dopo pranzo, Bertrand si allontana, spiegandoci che ha bisogno di riposare. Ci indica una stanza, in fondo al corridoio, nella quale, se vogliamo, possiamo appoggiarci, ma noi gli rispondiamo che preferiamo restare ancora un po’ lì a chiacchierare, e che andremo a stenderci un po’ solo tra poco. Lui si allontana, e Jean mi si avvicina subito. ‘Temevo non se ne andasse più, che noia”, mi sussurra, e mi sbottona subito la camicetta. La mia pelle bianca lo sorprende, non trattiene un ‘oh, mon dieu’ di meraviglia, e mi mette le mani sul pizzo chiaro del reggiseno. Il suo tocco caldo mi eccita subito, riverso il capo all’indietro e lui mi bacia il collo. Poi con le mani si insinua dietro la mia schiena e mi slaccia il reggiseno. I miei seni spuntano fuori all’improvviso, Jean li prende con entrambe le mani e comincia a palparli. Un calore improvviso mi prende i reni, il bacino, lo stomaco. Sono già eccitata e glie lo dico, lui ride sotto i baffi e inizia a stuzzicarmi i capezzoli. Lo fa delicatamente, prendendoli tra due dita, strofinandomeli, leccandoli un po’ per inumidirli. Si concentra solo sulla parte superiore del mio corpo, ignorando deliberamente il sesso. Io sono bollente, sento che il mio perizoma di pizzo è già umido, ma Jean continua a stuzzicarmi i capezzoli, palparmi il seno, leccarmi il collo e baciarmi. Per tre volte gli prendo la mano e me la porto alla fica, e per tre volte lui me la massaggia solo esternamente, sul pantalone, mi scalda ancora di più e poi però mi lascia, e torna sul seno. Impazzisco, ora, muovo i fianchi e li sollevo verso Jean, che troneggia su di me. Io sono ancora seduta sulla sedia di ferro, lui è in piedi accanto a me, gioca con il mio corpo. Vedo la sua erezione, e poggio le labbra sulla patta dei suoi pantaloni. Lui si apre la cerniera, tira fuori il pene e mi chiede di succhiarglielo. Lo faccio, glie lo prendo in bocca e lo afferro alla base, mentre con l’altra mano gli accarezzo le palle. Sento una sensazione strana, mentre spompino il mio amante, come se qualcuno mi stesse osservando’sollevo appena lo sguardo e lo vedo. E’ Bertrand, ci spia, è fuori dalla vetrata, seminascosto da un cespuglio, e ci guarda. I suoi occhi sono puntati sulla mia bocca aperta, mentre faccio un pompino a Jean. La cosa non mi scandalizza affatto, anzi mi eccita. Decido quindi di offrirgli uno spettacolo speciale. Sempre con il cazzo di Jean in bocca, mi spoglio: tolgo la camicia e il reggiseno, che era già slacciato, poi mi libero della cintura, dei pantaloni, resto solo con il perizoma, e mi sollevo un po’ per mostrare il culo a Bertrand. Intanto, succhio il cazzo a Jean, vado su e giù, con le dita abbasso la cappella e con la lingua accarezzo dolcemente il frenulo, e poi di nuovo lo spompino, sempre più veloce, e Jean mi ferma ad un certo punto, per non venire subito, mi spiega. Mi fa sedere a cosce aperte sulla sedia e finalmente si prende cura della mia fica. ‘La mia passera pelosa’, mormora, mentre insinua le dita sotto il pizzo bagnato. Mi infila dentro un dito, poi due, e li ruota, per allargarmi la fessura. Tra le ciglia abbassate, vedo che Bertrand è sempre lì. Dal movimento del cespuglio è chiaro che si sta facendo una sega, e i suoi occhi sono fissi sul mio sesso, che è un ammasso peloso e nero che lui intravvede confusamente, tra le dita di Jean e il pizzo color crema. Ed è allora che Jean mi dice: ‘Togliamo lo slip, così il mio amico Bertrand può vedere tutto’. ‘Te n’eri accorto?’, gli chiedo, sorpresa. Non sapevo che anche lui lo avesse visto. E lui mi risponde, con una faccia di corno incredibile: ‘Ma per forza. Glie l’ho proposto io, cosa credi?’. Mi irrito subito, e nell’immediatezza mi si asciuga la vulva. Cerco di rityrarmi, ‘Sei un porco, uno schifoso’, dico a Jean, arrabbiatissima. Lui ride, mi dà un buffetto sulla guancia. ‘Dai ‘ mi fa ‘ lo so che ti eccitano queste cose, tu sei una porca, una vacalla selvaggia, dov’è finito il tuo gusto per il gioco, per il divertimento? Che cavalla porca sei?’. Io vorrei andarmene, Jean però mi fa eccitare quando parla così’e poi, mi sta già togliendo il perizoma, e mi fa sedere di nuovo sulla sedia, a cosce spalancate. Lui si mette dietro di me, mi poggia il cazzo sulla spalla, e mi chiede di toccarglielo. Io ubbidisco, mentre Jean si piega un po’ su di me e mi raggiunge la fica con le dita. Mi penetra, e riprende il suo movimento di prima, ampi cerchi che mi allargano la vagina, finchè sento chiaramente che il buco è aperto, un antro scuro e bagnato, che Bertrand può vedere benissimo. Quando sono così, aperta e fradicia, Jean mi chiede di continuare a spompinarlo. Lo faccio, sempre tenendo le cosce spalancate sotto lo sguardo osceno di Bertrand, che, vedo, si sta masturbando senza ritegno. Lo ammetto, la situazione mi intriga, e così mi do da fare con la bocca, per far godere il mio uomo. Mi viene in gola con una sborrata calda e profumatissima, tirandomi i capelli e chiamandomi cavalla porca. Poi, quando ancora il suo pene non è del tutto moscio, mi fa alzare in piedi, si appoggia al tavolino e mi chiede di cavalcarlo. Lo accontento subito, perché ho la fica bollente e vogliosa di cazzo. Quello di Jean è un po’ ammosciato, e non fa il suo dovere. Ma io ho voglia di essere sbattuta per bene, e Jean lo sa, e mentre io formulo un pensiero incredibile, il mio amante lo rende subito reale. ‘Bertrand, vieni ad aiutarci’, chiama. Il suo amico viene fuori dal cespuglio: ha ancora indosso lo camicia, ma sotto è completamente nudo. Ha gambette corte e tozze, ma un bel pene rigido, e mentre pregusto di averlo dentro, apre la porta a vetri ed entra nella stanza. Mi sorride, mi dice in francese qualcosa che non capisco, poi mi prende per la vita e mi fa stendere sul buffet che aveva liberato poco prima. Si prende il cazzo in mano, si schiaccia leggermente la cappella, per diminuire un po’ l’erezione, poi si piega su di me e mi penetra. E’ un cazzo diverso da quello di Jean, più sottile, lo sento ballare un po’ nella mia fica grondante, ma sa muoverlo bene. Già comincio a godere, è una sensazione stupenda perché mentre lui mi scopa Jean è venuto dietro di noi e mi ha preso i seni tra le mani. Li palpa, mi mormora parole di incoraggiamento, e mi sorride, mentre Bertrand mi tromba con foga.
Mi eccito moltissimo, e vengo, un orgasmo liberatorio, trattenuto troppo a lungo. Grido e mi attacco alle spalle di Bertrand, lo spingo dentro di me, e lui mi ride in faccia mentre mi spinge dentro il cazzo e mi dice putain, putain, puttana. E spinge e spinge, ma non viene. Io godo come una maiala, poi quando ha finito di soddisfarmi, mi chiede di fare ciò che ho già fatto prima a Jean, porgendomi il cazzo gonfio. Glie lo prendo in bocca, e comincio a fargli un bocchino spasmodico. Mi fa schifo, è un cazzo estraneo, una cosa è esserne scopata, e mi è piaciuto’ma succhiarglielo, non è bello. Così, lo spompino velocemente, stuzzicandogli la cappella con la lingua, e dopo pochissimo lui comincia ad ansimare e spingere di più, e poi all’improvviso lo tira fuori e mi sborra in faccia. Il suo sperma puzza di candeggina, e lui me lo spruzza sui capelli, sulla fronte, sugli occhi, e mi guarda, sempre chiamandomi putain, mentre il mio uomo, seduto sulla sedia, si sta masturbando. ‘Sei un porco’, lo insulto. Spero che tutto sia finito, ma non lo è. Bertrand mi fa alzare e mi conduce verso Jean, che mi sta aspettando seduto, con il cazzo teso, e mentre mi porta verso di lui, mi infila un dito nel culo. Io gli faccio capire che non sono pronta, e lui raccoglie un po’ del suo sperma che mi si è fermato sull’incavo della clavicola, e mi umetta l’ano. Poi mi insinua un dito nel sesso e mi stuzzica un po’, prendendo i miei umori e mettendomeli nel buchetto. Mi allarga con un dito, e sento dolore ma anche un po’ di piacere, così, quando mi fa girare verso di lui e mi spinge su cazzo di Jean, teso verso l’alto, non sono più così contraria. Mi siedo, e il pene del mio amante mi penetra nel culo, mentre Bertrand si inginocchia davanti a noi e mi infila la lingua nella passera. Sensazione bellissima: ho il mio uomo che mi incula, massaggiandomi i seni, mentre un altro uomo mi sta leccando la fica. Comincio a godere dopo pochissimo, un orgasmo intenso, molto da porca, a cosce spalancate, con le dita di Bertrand che mi tormentano il clitoride e la sua lingua che mi scopa, mentre Jean mi dà lunghi colpi ritmati nel culo. Godo senza freni, urlando, e dopo il mio orgasmo, Jean mi chiede di succhiarglielo di nuovo, perché gli fanno male le palle e non riesce a godere. Mi piego su di lui, e sono alla pecorina davanti a Bertrand, che subito approfitta, infilandomi il cazzo nel culo. Io spompino il mio uomo mentre lui mi scopa da dietro, e io succhio, succhio con tutto l’amore che ho dentro, e sento Jean che mi dice: ‘Sei la mia cavalla, vedi come sei porca e selvaggia, cavalla mia, ma vedi come ti sto domando, ormai fai tutto quel che voglio io, brava la mia cavalla, brava, succhiamelo, di più, più veloce, succhialo, cavalla ia, fammi venire, dai..succhiami ancora, senti il mio cazzo com’è caldo nella tua bocca? Senti il cazzo del mio amico nel tuo culo aperto? Sei una cavalla, la mia cavalla selvaggia, succhiamelo, su, succhia, succhiami il cazzo, dai ancora sì, oooohhhh sìììì ohhhhooooohh ecco che vengo, succhialo oh sì, vengo, vengo, aaaaaaaaaahhh’, e mi sborra in bocca, e così Bertrand, eccitato da queste parole, viene pure lui, sento il fiotto caldo di sborra che mi riempie il culo, e poi cade su di me, molliccio e sudato, e poi tutti e due si allontanano da me lasciandomi sulla sedia, esausta, sporca di sperma, con il culo dolorante.
Si ricompongono, i due maiali, e poi si danno gran pacche sulla schiena e ridono, e io d’improvviso mi rendo conto dello schifo, sono lì, piena di sborra di un estraneo nei capelli e nel culo, con l’ano mezzo rotto, e i seni arrossati, e l’orgoglio un bel po’ ammaccato.
Mi comincio a rivestire silenziosamente, i due uomini continuano a ridere, Bertrand si avvicina a me e mi dà una strizzata ad un seno, mentre il mio uomo mi prende a pacche sul sedere. Ridono, una risata grassa, volgare. Lui, quel porco del mio amante, indica il mio sesso al suo amico. ‘Visto che passera pelosa? Te lo avevo detto che sarebbe stato divertente’, e giù a ridere e a complimentarsi l’uno con l’altro. Io taccio, fingo di sorridere ma ho già in mente di vendicarmi, non so ancora come’ma lo farò. Questa, al caro Jean, gliela faccio pagare cara.

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