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Racconti Erotici Etero

Irina e l’orso

By 18 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

L’orso in questione è un mio collega d’ufficio, anzi, per la precisione, da sei mesi, è il mio compagno di stanza.
Un omone grande e grosso, un po’ rozzo, non poteva avere un soprannome più azzeccato.
Intendiamoci, è un brav’uomo, ormai vicino alla pensione, tutto sommato educato ma con un unico grosso problema: gli piacciono le donne.
Beh, direte voi, è una cosa normale, oppure nel tuo ufficio sono tutti gay?
Il guaio è che è morbosamente attirato da qualsiasi femmina del genere umano, dai quindici anni in su, senza nessuna distinzione, anche se manifesta una certa preferenza per le donne vistose, tipo quelle raffigurate sui calendari per camionisti.
A suo dire, lo ficcherebbe volentieri in tutti i buchi di ogni donna che incontra per strada e, spesso, tenta approcci grevi e volgari con signore sconosciute, suscitando le loro proteste sdegnate.
Sembra convinto che tutte le donne che ci sono sulla faccia della terra amino a tal punto il cazzo, anzi, il suo cazzo, da desiderare follemente di impalarvisi, avanti e dietro.
Io ho sempre nutrito forti dubbi sulla possibilità che donne giovani e carine possano desiderare ardentemente di accoppiarsi con me, un tranquillo signore di mezz’età, perché sono realista e mi sono sempre guardato con onestà nello specchio, ma la possibilità che possano scegliere, solo per desiderio, un orso sessantenne, spelacchiato ed un po’ sovrappeso, mi lascia ancora più perplesso.
Le mie colleghe, comunque, conoscendolo bene, cercano di girargli alla larga, evitando di dargli troppa confidenza.
L’orso ha una sua teoria: ritiene le donne dell’est le più indicate, per una serie di motivi.
In quei paesi ci sono un sacco di belle femmine bionde, che a lui piacciono particolarmente.
I passati regimi comunisti hanno fatto piazza pulita di certe remore religiose, che affliggerebbero molte donne italiane.
Essendo povere, si accontentano di qualche piccolo regalino tipico della nostra società consumistica.
Insomma, per dirla breve, la danno volentieri e per poco.
Dopo aver scartato alcune strane repubbliche asiatiche (hanno delle facce troppo da mongole), la sua attenzione si è concentrata sull’Ucraina.
E qui è intervenuto internet, da lui recentemente scoperto.
Ci sono molti siti che pubblicano annunci di donne, interessate a relazioni con uomini italiani.
Sono dei veri e propri cataloghi, con le schede di decine di donne, di ogni età, anche se per la maggior parte si tratta di attempate matrone.
Le giovani sono spesso bruttine, o con un paio di figli a carico, o entrambe le cose.
Ma lui, insistendo, ha pescato la perla.
Si chiama Irina, ha ventotto anni, divorziata senza figli, ingegnere chimico, 1,75 per 65 chili, occhi azzurri ed un visino delizioso, almeno a giudicare dalla foto, che la ritrae a mezzo busto.
Lui dice che è perfetta, perché con un matrimonio alle spalle, ha sicuramente esperienza di cazzo (si esprime sempre in questi termini, l’orso), ma forse anche nostalgia, visto che ora è divorziata.
Il peso e l’altezza fanno intuire che dovrebbe essere ben fornita di tette e culo, il viso poi ‘ uno spettacolo.
Io gli manifesto subito tutte le mie perplessità, visto che mi sembra strano che una donna giovane e bella, debba accontentarsi di un sessantenne un po’ stropicciato.
E poi i dati potrebbero essere falsi. Potrebbe aver avuto 28 anni molti anni fa, potrebbe aver inviato la foto della cugina carina e magari la vera Irina ha i denti storti ed è 1,50 per 90 chili.
Ma lui non vuole sentire ragioni e decide di iniziare una corrispondenza con lei, in inglese.
Piccolo problema. L’orso non sa l’inglese.
Io cerco di spiegargli invano che non può utilizzare uno di quei traduttori gratuiti su internet, che prendono la frase italiana parola per parola e la ripropongono nell’altra lingua, con risultati imprevedibili e, a volte, esilaranti.
I primi tentativi sono un mezzo disastro, i due non riescono a comunicare, anche perché la ragazza, sembra cavarsela appena meglio del mio collega, con l’inglese.
A questo punto mi chiede aiuto ed io vengo completamente coinvolto nella loro love story a distanza.
Mi faccio consegnare i suoi messaggi per intero e li riadatto, cercando di migliorarli, aggiungendoci qualcosa di mio, cosa che non mi riesce difficile, perché la bella Irina mi ispira decisamente.
Insomma, non mi limito a fare lo scrivano che traduce alla lettera, ma cucio per le sue rozze frasi un vestito molto più raffinato e, sempre più spesso, andando avanti, scrivo esattamente quello che scriverei io stesso ad una bella ventottenne, per conquistarla.
Lui non se ne accorge, anche perché gli ho spiegato che la costruzione del periodo nelle due lingue è differente, e poi ci sono le frasi idiomatiche, intraducibili.
Anche se non la conosco, mi piace questa Irina e mi sto affezionando a lei, messaggio dopo messaggio.
Nel frattempo sono arrivate altre foto a figura intera. A parte gli abiti di colori e gusto improponibili, che mi ricordano la moda italiana dei primi anni sessanta, sembra avere un corpo splendido, specie guardando l’immagine, ripresa probabilmente sul balcone di casa, in cui indossa un costume da bagno.
Se in Ucraina non hanno Photoshop, con cui taroccare le foto, Irina è una delle più belle donne che io abbia mai visto.
La sua idea è di farla venire in Italia un po’ di giorni in modo che si possano conoscere.
Il disegno dell’orso è molto preciso: la piazzo una settimana in albergo, gli faccio assaggiare il mio cazzo in tutte le salse, poi la rispedisco a casa sua, mica me la devo sposare (frase sua, riportata più o meno alla lettera).
Naturalmente Irina non ha i soldi per l’aereo e vorrebbe che lui li spedisse.
L’orso ribatte che al massimo le può inviare il biglietto andata e ritorno, nominativo, perché non si fida.
La trattativa si fa serrata e, negli ultimi giorni, ho l’impressione che l’inglese della ragazza sia miracolosamente migliorato.
Chissà, forse ha trovato un aiutante ed ora i due stanno comunicando tramite due intermediari.
Alla fine la situazione si sblocca ed il mio collega compra i biglietti e li spedisce ad Irina.
Arriverà di sabato e lui mi chiede l’ultimo favore: vorrebbe che l’accompagnassi all’aeroporto, in modo da sfruttare la mia conoscenza dell’inglese, almeno per il primo incontro.
Devo dire che sono curioso di vedere dal vivo questa ragazza con cui ho scambiato, per mesi, una fitta corrispondenza, ed accetto volentieri.
Siamo davanti alle porte scorrevoli, da dove escono i passeggeri in arrivo, io con in mano un foglio con su scritto IRINA con il pennarello blu, e lui con un mazzo di rose rosse.
Le porte si aprono e si chiudono di continuo vomitando, a tratti, passeggeri di ogni età e di ogni nazione.
Dall’aspetto si riesce spesso a stabilire la provenienza dei voli, mentre intorno a noi assistiamo a saluti ed abbracci, di gente che si incontra, magari dopo tanto tempo.
L’orso mi dice che deve allontanarsi cinque minuti e mi lascia da solo.
Si riaprono le porte ed esce un’altra fiumana di persone, che io guardo distrattamente, perché ormai sono stanco di veder sfilare centinaia di visi sconosciuti, che non assomigliano minimamente ad Irina.
‘You ‘ no Oreste?’
Oreste è il nome del mio collega.
Alzo lo sguardo e mi trovo davanti Irina.
è veramente bionda, ha veramente gli occhi azzurri, ed è probabilmente alta 1,75, anzi, è molto di più: nel senso che pesa almeno quaranta chili più della ragazza della scheda su internet e gli anni sono parecchi, ma proprio parecchi di più.
Vedo il mio collega che sta tornando indietro con il mazzo di fiori in mano e sto per fargli cenno.
Anche lui ha notato la donna di fronte a me e mi fa cenno di no, disperatamente, mentre cerca di defilarsi dietro una colonna.
Poco dopo squilla il mio cellulare. è lui.
‘Ti prego, salvami, trova una scusa, puoi dire che ho avuto un impegno improrogabile, pensaci tu a portarla in albergo. Non ho nessuna intenzione di incontrare quell’ex campionessa di sollevamento pesi. Io me ne vado, lunedì in ufficio ti ridò i soldi per il taxi.’
Il donnone di fronte a me ripete: ‘You, no Oreste?’
Rispondo meccanicamente: ‘sono un amico. I’m a friend.’
La guardo meglio. Indossa un vestito turchese che le tira da tutte le parti, mettendo in evidenza un culone e due grandi tette. Avrà più o meno l’età dell’orso, e sarebbe la compagna perfetta per lui, se non fosse convinto di avere un fascino irresistibile nei confronti delle donne giovani e carine.
Ecco, la mia curiosità è stata punita ed ora dovrò passare un po’ di tempo a conversare con questa balena stagionata, che non parla italiano, ma solo qualche parola di un improbabile inglese.
E mo’ che le dico a questa qui?
Riesco a dire soltanto balbettando: ‘Irina?’
In quel momento compare al suo fianco l’altra.
‘No Irina sono io, questa è mia mamma, Galina.’
E’ lei, ancora più bella di come l’avevo vista nelle foto. Indossa un vestito nero, corto e semplice, che mette in evidenza delle curve favolose.
Ha la pelle chiara e liscia ed i suoi lunghi capelli, di un biondo caldo, quasi ramato, le scendono, morbidi e mossi, sul seno e sulle spalle.
Penso al mio collega che è scappato e si è perso l’incontro con questa dea, poi le tolgo dalle mani la valigia, sdrucita ed antiquata, e le dico di seguirmi.
La mamma ha una valigia identica, molto più grande e la tiene per il manico come se pesasse solo pochi grammi.
Decido che la mammina è in grado di portare da se il proprio bagaglio e così ci dirigiamo verso l’uscita, io davanti, dietro di me Irina che, libera dall’impaccio della valigia, può camminare, ancheggiando leggermente, in modo da mettere in movimento tutte le meraviglie di cui è dotata, mentre Galina chiude il corteo.
Penso che se non fosse per il taglio terribilmente demodé dell’abito della ragazza, lei potrebbe passare per una star dello cinema, io per l’autista e la sua dolce mammina per la guardia del corpo.
Nel taxi parlo un po’ con Irina, che, sorprendentemente, padroneggia molte bene la mia lingua.
Mi dice che ha studiato per due anni l’italiano, perché voleva venire a lavorare da noi.
Ma allora perché la corrispondenza in inglese.
Esce fuori l’inghippo. Ha fatto tutto Galina, sua madre. All’insaputa della figlia ha messo l’annuncio ed è stato sempre con lei che mi sono scambiato messaggi.
Solo alla fine Irina ha scoperto il trucco, si è arrabbiata tantissimo con la madre, ma ormai la faccenda era messa in moto ed ha dovuto continuare.
Questo spiega perché gli ultimi messaggi arrivati dall’Ucraina erano scritti in un inglese molto migliore: la bella Irina parla benissimo l’inglese, il francese ed il russo, oltre all’italiano.
Conversiamo in italiano in modo che la madre non possa capire nulla.
Mi dice che quando ha visto le foto dell’uomo che doveva incontrare in Italia, è andata su tutte le furie, perché non voleva aver nulla a che fare con quel vecchio orso, sì, curiosamente, ha usato lo stesso soprannome con cui lo chiamiamo in ufficio, anche se scriveva delle lettere molto carine.
A questo punto le dico che sono io l’autore di tutta la loro corrispondenza e mi regala un gran sorriso, seguito da un bacio su una guancia. Le lascio in albergo, con la promessa di rivederci nel pomeriggio e me ne torno a casa con l’autobus.
A pranzo mi telefona il collega. è mortificato per avermi piantato in aeroporto con quella che lui crede essere Irina. Sono tentato di dirgli la verità, ma ho intenzione di divertirmi un po’ con lui e mi sto zitto, sapendo benissimo che girerà alla larga dall’hotel dove alloggiano le due donne e non scoprirà la verità.
Quando torno in albergo la trovo che mi aspetta nella hall. Si è cambiata ed ora indossa un vestito blu, corto e scollato. Si è data una rassettata ed anche una sistemata al trucco.
Nella grande sala dell’albergo regna un silenzio irreale e tutti gli uomini presenti, sono come ipnotizzati dal fascino di Irina, che siede su una poltrona, con le gambe accavallate, mostrando delle scarpe dal tacco vertiginoso.
Vengo rapito da un’idea che si affaccia nella mia mente da un po’, e che ora sta prendendo il sopravvento: un desiderio irrefrenabile di metterle le mani addosso, di spogliarla, di carezzarle le gambe lunghissime e formose, di palpeggiare quelle tette favolose che sembrano voler saltar fuori dalla scollatura del vestito, una voglia matta di farle allargare le cosce e infilarglielo dentro fino a sbattere le palle contro il suo ventre rotondo e, per finire, di girarla e piantarglielo in mezzo a quelle chiappe che quasi non mi sembrano vere, per quanto sono rotonde e perfette.
Sto diventando come l’orso?
Beh, no, qui la mia follia è giustificata dalla bellezza di Irina.
Non so se mi ha tradito lo sguardo, l’espressione del mio volto, oppure il rigonfiamento inequivocabile tra le mie gambe, che i jeans attillati non riescono proprio a nascondere, ma la ragazza deve aver capito tutto, perché mi guarda e sorride maliziosa.
Le propongo una passeggiata in centro, per farle conoscere la città, così spero di allentare un po’ la tensione che c’è in me e lei accetta entusiasta.
Mentre camminiamo mi dice che la mamma non alloggerà in albergo, perché altrimenti le farebbero pagare il supplemento, visto che la stanza era prenotata per una sola persona.
Aveva già un accordo per andare a fare la badante ad una coppia di vecchietti e dormirà a casa loro.
Mi dice anche che non hanno alcuna intenzione di tornare in Ucraina e che il biglietto di ritorno per Irina è stato scambiato, con una piccola penale, per quello di andata della mamma.
Ora lei sta cercando lavoro ed alloggio in fretta, perché la settimana d’albergo pagata dal mio collega finirà presto.
Quando rientriamo in albergo, mi prende per mano e mi trascina in ascensore.
Sorride di nuovo, in maniera maliziosa, almeno mi sembra.
Nell’ascensore mi pianta addosso i suoi splendidi occhi azzurri.
Non riesco a respirare e dopo qualche secondo distolgo lo sguardo abbassando gli occhi.
Peggio, mi trovo davanti la profonda scollatura del suo vestito blu con tutto il suo contenuto, e sento un sommovimento in mezzo alle gambe che preannuncia un’ulteriore alzabandiera.
Irina praticamente mi trascina nella sua camera.
Con un movimento rapido, che sembra quasi mimare un calcio dato nell’aria, si libera di una scarpa, poi dell’altra, mentre io la osservo, impalato, davanti alla porta, che ho appena chiuso delicatamente.
Indietreggia, voltandomi le spalle, e si ferma a pochi centimetri da me.
Ora che è scesa dai suoi tacchi è alta più o meno come me. Rimango come ipnotizzato, dovrei prendere l’iniziativa, ma i miei occhi sono rimasti incollati sulle sue chiappe, strettamente fasciate dal vestito blu.
Irina sposta le sue mani dietro la schiena e comincia ad armeggiare con il vestito.
Che stupido che sono!
La lampo. Stava aspettando che io ‘
Zzzzzz…
Prendo il gancio e tiro delicatamente verso il basso.
Il vestito si apre completamente fino all’inizio del suo sedere e, prima chi io mi sia ripreso, lei, aiutandosi con le mani lo fa scendere giù, fino a coprirle i piedi.
Irina si libera del vestito, sollevando prima un piede e poi l’altro, quindi ruota su se stessa e mi pianta nuovamente i suoi occhioni blu addosso.
Uno spettacolo bellissimo solo parzialmente rovinato da un piccolo dettaglio.
Lingerie socialista.
Il suo completo, reggiseno e mutandine, di rozzo cotone grigiastro, senza nessuna guarnizione, non rende certo giustizia al corpo di Irina.
Penso che dovrò accompagnarla a comprare qualcosa di meglio, intanto ‘
‘ intanto sta provvedendo lei.
Si è tolta il reggiseno e le sue tette non hanno fatto una piega.
Sono rimaste al loro posto, al massimo saranno scese di un centimetro, tonde, perfette, con i capezzoli grandi e rosei, appena sporgenti.
Con grazia ed agilità si sfila le mutandine e mi toglie un dubbio che non sono mai riuscito a dissipare.
Le bionde, ce l’hanno biondi?
Non sono mai stato con una donna bionda (vera) ed ora saprò la verità.
Ce l’ha biondi, un po’ più scuri dei capelli, ma sono biondi.
Un ciuffetto delicato, posto subito sopra la sua fica, grande e rosea, che sembra sussurrarmi: entra, che aspetti?
Mi spoglio rapidamente e mi butto letteralmente addosso ad Irina.
Finiamo di schianto sul letto, lei sotto ed io sopra.
Comincio a carezzarla, baciarla, toccarla.
Le mani mi finiscono sui seni, parzialmente coperti dai lunghi capelli biondi.
I capezzoli sono cresciuti e si sono induriti. Quando li tocco lei grida e mi stringe forte, piantandomi le unghie nella schiena.
Sono in piena erezione e devo rallentare un po’ se non voglio venire subito, sulla sua pancia, facendo la figura del ragazzino imbranato del ginnasio.
Mi tiro su, poggiando il sedere sulle sue ginocchia e lei me lo prende in mano, si avvicina e lo bacia, proprio in punta.
Allunga un braccio ed apre il cassetto del comodino.
Ora ha in mano una scatolina di cartone grigiastro, con delle scritte in cirillico.
Il colore mi fa pensare ad una certa attinenza con le mutandine che si è appena tolta.
Ne estrae un profilattico, preservativo socialista, penso io, maneggiandolo con molta attenzione.
Provvede lei ad infilarmelo, poi si tocca un po’.
Vedo la sua fica allargarsi prontamente, stimolata dalle sue lunghe dita, che evidentemente sanno dove e come toccare, poi mi piazza entrambe le mani sul sedere e comincia a tirarmi verso di se.
Le entro dentro facilmente e vedo i miei peli neri fondersi con il suo ciuffetto biondo.
Se l’orso sapesse cosa si è lasciato scappare!
Lei mi accarezza i peli del petto mentre io le stropiccio i capezzoli, diventati durissimi.
Irina grida, di gioia, mentre il letto sbatacchia e cigola.
Stiamo facendo un casino della madonna.
Qualcuno, dalla stanza accanto, bussa spazientito sul muro, ma non ho alcuna intenzione di fermarmi.
Sto realizzando quel desiderio che mi sembrava impossibile, quando l’ho vista seduta nella hall dell’albergo.
Sento che sto per venire, forse dovrei rallentare, per prolungare all’infinito la scopata più clamorosa della mia vita, ma non ci riesco.
Anche Irina se n’è accorta e mi piazza le mani sul culo, costringendomi ad aumentare il ritmo.
Le vengo dentro, con un ultimo sbatacchiamento del letto, più forte, più rumoroso, e il tizio che ha ripreso a bussare sul muro, mi sembra lontano mille chilometri.
Irina non mi molla, vuole prendersi anche lei la sua razione di piacere, e continua a farmi muovere finché non viene anche lei, gridando.
Quello della stanza di fronte ha smesso di bussare, forse si è stancato.
Siamo rimasti una decina di minuti, sdraiati l’uno sull’altra, poi lei mi scansa e si mette carponi.
Lo ha fatto apposta. La vista del suo culo meraviglioso lo ha risvegliato, così mi giro e mi avvicino a lei di dietro, dopo aver buttato in terra il preservativo.
Mi sta agitando le chiappe davanti al naso, come farebbe un torero con la muleta, per attirare il toro.
Le accarezzo il culo finché non ritorna abbastanza duro, poi le allargo un po’ le chiappe e lo infilo dentro.
Lo sperma rimasto prigioniero del preservativo, fa da lubrificante, e poi Irina sembra pratica ed abituata a queste faccende.
Emette solo un piccolo grido quando lo spingo dentro con forza, mentre vedo, nell’immagine riflessa dallo specchio del comò, una piccola smorfia di dolore, poi fila tutto liscio.
Le prendo tra le mani le tette mentre faccio avanti e indietro nel suo culo e lei riprende a gridare, mentre il letto si mette a cigolare, ma in maniera diversa da prima.
Aspetto di sentire il tizio che bussa, ma inutilmente. Si deve essere rassegnato.
Irina ora si sta toccando in mezzo alle gambe mentre io lo affondo sempre più in profondità.
Viene prima di me questa volta, e rimane paziente ad aspettare che io finisca, assecondando il mio movimento con i suoi fianchi.
Tocca a me, lo sento arrivare da dentro, in profondità e le scarico tutto il mio sperma nel culo, senza più la barriera del preservativo, a fermarne il flusso.
Irina si sfila e si sdraia sul letto. è stanca, ma io non lo sono meno. Mi ronza la testa e barcollo, quando mi alzo per rivestirmi.
Prima di lasciarla la bacio, poi esco chiudendo piano la porta.
Nel corridoio incontro un tizio piccolo e calvo, sembra un rappresentante di commercio.
Ho l’impressione che mi guardi male. Chissà, forse è lui il bussatore.
Il lunedì successivo in ufficio, mi sono dovuto sorbire le scuse del mio collega.
Era veramente contrito per la sola che mi aveva rifilato.
Ho faticato molto per non ridergli in faccia.
Dopo mesi di lavoro, dopo averle pagato aereo ed albergo, alla fine la bella Irina me l’ero scopata io. Conoscendomi, forse neanche mi avrebbe creduto, se gli avessi confessato tutto.
Uscito dall’ufficio, sono passato in un negozio del centro ed ho comprato due completi, mutandine e reggiseno, entrambi neri.
La commessa, una quarantenne con nasone ed occhiali spessi, era alta più o meno come Irina, ma con le tette più piccole.
Aveva il culo più largo e decisamente piatto, per cui ho dedotto che quello che le mancava in profondità, poteva essere recuperato in larghezza, quindi sotto andava bene la sua misura, per la mia bionda. Naturalmente non l’ho portata a conoscenza del mio ragionamento, per non offenderla.
Per il sopra la faccenda è stata più complicata. Per essere sicuro, avrei dovuto tastare le tette della commessa, per provare a stabilire quanto fossero più grandi quelle di Irina, ma non mi sembrava ben disposta da questo punto di vista, così sono andato un po’ a braccio, facendo l’acquisto solo quando lei mi ha garantito l’eventuale sostituzione della merce.
Irina ha apprezzato molto il mio regalo ed ha voluto provare subito entrambi i completi.
La misura è giusta e l’effetto, rispetto all’intimo socialista di cotone grigiastro, è stato a dir poco dirompente, cosi l’ho convinta a togliersi subito il mio regalo ed abbiamo ricominciato.
Questa volta nessuno ha bussato, chissà, forse il rappresentante calvo è partito.
Per ringraziarmi del regalino, alla fine, ha voluto fare la doccia insieme a me e, mentre stavamo tutti e due nudi, sotto il getto di acqua bollente, mi ha fatto anche un pompino favoloso.
Quando sono uscito da quella stanza, quasi quasi neanche più ricordavo il mio nome.

Sono passati due mesi dall’arrivo di Irina e di sua madre.
Irina ha lasciato l’albergo e vive in un piccolo appartamento con due studentesse universitarie.
Con il fisico che si ritrova e tutte le lingue che parla, ha trovato facilmente lavoro in un negozio di abbigliamento del centro.
Qualche volta ci vediamo, in media una volta a settimana, a casa sua, quando le studentesse sono fuori.
L’orso per sdebitarsi della scocciatura che è convinto di avermi rifilato, mi ha lasciato una cena pagata per me e mia moglie, nel miglior ristorante di pesce della città.
Oggi a pranzo ho detto a mia moglie: ‘questa sera cara, non ci sarò, mi vedo con dei vecchi amici, che non incontravo da anni. Ci facciamo una pizza e poi un bel pokerino, come ai vecchi tempi. Non mi aspettare alzata, perché farò molto tardi.’
Beh, adesso devo andare. Una cena da favola, nel miglior ristorante della città, con Irina e poi ‘ il dopocena.
Alla faccia dell’orso, naturalmente.

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