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Jenny non era per niente contenta della piega che stava prendendo la sua vita, e doveva assolutamente riprenderne il controllo. Desiderava essere libera, non vivere in quella gabbia nella quale era stata ficcata a forza. Figlia primogenita di un importante uomo d’affari, nella sua famiglia l’apparenza era sempre stata la parola d’ordine: bisogna apparire come persone perbene, bisogna sempre mostrarsi agli altri come essi si aspettano di vederci. Trasferitasi all’università aveva finalmente goduto di un po’ di libertà, lontana dai salotti mondani che frequentava la madre e dagli amici “importanti” che frequentava il padre. Si era data da fare, aveva vissuto le sue esperienze, avuto delle storie più o meno intense, e aveva evitato di ricorrere all’appoggio di papà per costruirsi un futuro, per quanto immaginasse che la lunga ombra del padre fosse arrivata anche, a sua insaputa, davanti ai suoi datori di lavoro. Ma poco importava, si sentiva libera di vivere a modo suo, e di portare in casa propria e nel proprio letto chi voleva e per quanto tempo voleva.

Ora però tutto questo era finito, e per quanto si fosse dedicata alacremente al lavoro per non pensarci, era già al limite. Aveva 29 anni, e da quasi un anno era sposata -o meglio, era stata costretta a sposarsi- con un uomo di 41. Suo marito Michael era il più giovane del club golfistico frequentato da Henry, il padre di Jenny, ed era tutto ciò che un buon dirigente finanziario dovrebbe essere: cinico, opportunista, sagace, aggressivo; peccato che anche nella routine quotidiana fosse come nel lavoro; il risultato: nessuna donna con un po’ di buonsenso poteva sopportare la sua presenza per più di un’ora. Eppure, quando voleva qualcosa non esitava a prenderla: per lui tutto, anche una donna, aveva un prezzo, o per dirla con il suo gergo “era suscettibile di valutazione economica”, perciò era sufficiente fare l’offerta giusta. Michael intendeva candidarsi al Congresso, e per migliorare la propria immagine aveva bisogno di una donna al suo fianco: doveva rappresentare il sogno americano, la famiglia perfetta, più perfetta degli stereotipi pubblicitari; ed Henry aveva fiutato l’affare: poteva sistemare la figlia, così da riaverla sotto il proprio controllo, ed in modo indiretto poteva estendere maggiormente la propria influenza nel mondo politico. Ovviamente, quando lo disse a sua figlia si ritrovò la porta sbattuta in faccia, ma riuscì a trovare degli argomenti molto convincenti: “o fai come dico io, o ti rovino: verrai diseredata, darò tutto a tuo fratello, e potrei anche farti cacciare dal tuo lavoro; non sfidare tuo padre, Jennifer”.

Non aveva avuto scelta: non poteva sopportare di regalare tutto il patrimonio di suo padre a quello spocchioso di John, che a differenza di lei aveva preferito baciare i piedi degli amici di papà per far strada, invece di lavorare duramente.

“nemmeno un anno, e già non ce la faccio più”, confessò ad alta voce a se stessa mentre guidava verso la villa in cui abitavano. Per tutto il giorno non pensava ad altro che alla sua vita coniugale; da quando si era sposata, aveva rinunciato alla valvola di sfogo data dai rapporti occasionali, addirittura molti dei suoi “amici” avevano deciso di lasciar perdere , per paura di far scoppiare grossi casini; nemmeno lei d’altronde poteva permetterselo, uno scandalo o peggio ancora un divorzio avrebbero sì rovinato Michael, -cosa che meritava in toto-, ma avrebbero fatto infuriare suo padre, con tutte le conseguenze del caso.

Ripensò alla sera precedente, quando suo marito tornò a mezzanotte, infuriato e un po’ alticcio; lei era distesa sul letto nella sua camicia da notte, a leggere qualcosa per rilassarsi; lui piombò in camera, bofonchiando qualcosa sulla sua terribile giornata che si era conclusa a tarda notte in un nulla di fatto, e spogliò, completamente, davanti a lei; oltre che caratterialmente, Michael non era attraente nemmeno a letto: ventre prominente e calvizie non facevano che accentuare la differenza d’età tra i due. Senza dir nulla, salì sul letto e cominciò a palpare Jenny, che ancora teneva il libro tra le mani, e non aveva alcuna voglia di essere sovrastata da una massa informe di lardo, pure mezzo ubriaco. “avanti bambolina, è ora di farmi rilassare un po’…” le disse prima di baciarla con la lingua. Jenny sbuffò, e per evitare inutili litigi, mise da parte il libro e decise di concedersi a lui, sentiva già il suo sesso duro sfiorarle le cosce. Michael apprezzò il gesto e cominciò ad armeggiare con i bottoni della camicia da notte semitrasparente, sotto la quale indossava solo il perizoma; un attimo dopo i rotondi seni di Jenny (portava una terza) erano liberi, esposti al petto di Michael che sfregava contro di lei mugolando; non contento, sollevò il lembo inferiore della camicia da notte fin sull’ombelico, ed afferrato il perizoma lo fece scorrere lungo le esili gambe di Jenny e lo gettò lontano, per terra. Le era entrato dentro senza nemmeno premurarsi di lubrificarla un po’, ed aveva iniziato a spingere come un ossesso, il tutto condito dai suoi versi animaleschi. Per cercare di trarre almeno un po’ di piacere, Jenny aveva cercato di pensare ad uno dei tanti uomini con cui aveva condiviso il letto in passato, ma questo fu appena sufficiente a darle un po’ di piacere, ben lontano dalle sensazioni che provava in passato. Gemendo e urlando come un ossesso, Michael venne dentro di lei, “chissà se stavolta ne vien fuori qualcosa”, disse con il respiro affannato, alludendo alla possibilità di metterla incinta: un bambino era l’altro tassello per costruire l’immagine della famiglia perfetta, idea condivisa da papà Henry, che non faceva che consigliare ginecologi diversi, licenziati non appena accennavano all’ipotesi sterilità; Jenny era effettivamente sterile, e lo sapeva già da parecchi anni, ma gli uomini di famiglia non si arrendevano nemmeno di fronte all’evidenza; congedandola con un bacio sulla guancia, Michael ancora nudo s’infilò sotto le coperte e si mise a dormire. Jenny invece andò a farsi una doccia: non aveva alcuna intenzione di sentire il suo odore addosso.

Schiacciò un pulsante sul telecomando, e il cancello automatico della villa si aprì, permettendole di attraversare l’ampio viale di casa. Parcheggiò e scese dall’auto, accompagnata dal rumore dei tacchi sulla ghiaia; diede una ravvivata ai lunghi capelli castani, rigorosamente lisci; aveva un gran mal di testa, ed era una fortuna che la riunione del pomeriggio fosse saltata, aveva un gran bisogno di rilassarsi, non vedeva l’ora di togliersi il tailleur e infilarsi nella vasca con idromassaggio. Entrata in casa, poggiò borsetta e chiavi all’ingresso, e una volta in salotto, sentì della musica provenire dal piano superiore; era un martedì, e a quell’ora la colf sarebbe dovuta essere in casa per le pulizie, ma non le risultava che accendesse la musica.

Si privò dell’impiccio dei tacchi, e con i piedi coperti da un paio di collant chiare, salì le scale, seguendo la musica, il cui volume, man mano che si avvicinava, sembrava parecchio alto, e proveniva dalla sua stanza da letto. La porta era socchiusa, si avvicinò per sbirciare, e ciò che vide non le piacque affatto.

La colf era carponi sul tappeto, indossava solo delle calze a rete, e suo marito Michael la stava scopando da dietro, schiaffeggiandole il sedere.

Fino a quel momento, aveva immaginato che suo marito la tradisse, e la cosa non gli importava particolarmente, dopotutto lei non lo amava. La cosa che la faceva ribollire di rabbia era che stava tradendo lei, una giovane donna dal seno sodo, vita stretta e gambe slanciate, con una vecchia sgualdrina di quasi 50 anni con le tette cascanti, il sedere flaccido e la cellulite alle gambe; non solo suo marito era un porco, ma non sapeva nemmeno apprezzare la bellezza, andando a tappare qualunque buco avesse davanti!

Se era in una situazione di crisi, quella scintilla fu sufficiente a far scatenare il suo animo ribelle che aveva a forza tenuto sopito; tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca, e tenendosi ben nascosta cominciò a riprendere la scena con un video, non mancando di inquadrare il volto di suo marito; pochi attimi dopo Michael uscì dalla vagina della colf, che intuendo il tacito messaggio si voltò, inginocchiandosi di fronte al membro dell’uomo, che eruttò sperma sul volto della donna.

“ho ripreso abbastanza”, disse tra sé Jenny, che dopo aver fatto di corsa le scale, prese le sue cose e uscì. Mentre guidava nel traffico, cominciò a pensare a come divertirsi, e per prima cosa pensò di andare a trovare un caro, vecchio amico.

 

Simon accolse la sua amica con una calorosa stretta di mano e due baci sulla guancia: “Jennifer! Che piacere! Non avrei mai pensato di incontrarti qui. Prego, accomodati, pure”, ed indicò i divanetti in pelle, mentre lui andò a sedersi alla sua poltrona dall’altro lato della scrivania.

Era il direttore di un’agenzia di investigazione privata, e aveva avuto alcuni rapporti con Jenny, quando la donna aveva bisogno di aiuto da parte sua. “allora…” disse con il suo solito sorriso affabile, “…sei passata solo per salutare un amico, o c’è qualcosa che posso fare per te?”

Jenny tolse gli occhiali da sole, appoggiandoli alla scrivania, e fissò con i suoi occhi marroni quelli azzurri di lui, “ho bisogno del tuo aiuto, Simon; ho il sospetto che mio marito mi tradisca”

L’altro emise un fischio “questa sarebbe una notizia che scotta, se hai bisogno, posso trovarti un paio di buoni avvocati per preparare la causa di divorzio, lo lasceremo in mutan…”, ma fu bruscamente interrotto da Jenny: “nessuna causa, non se ne deve sapere nulla; sono venuta da te perché mi fido”. Simon fece spallucce “come preferisci. Dunque cosa dobbiamo fare? pedinare e raccogliere prove?”; l’altra annuì, “esatto, e in più vorrei un’altra cosa”

“dimmi pure”

“non so se abbia un’amante fissa o diverse occasionali, ma voglio che raccogli informazioni su una qualsiasi delle donne: chi è, dove lavora, cose del genere”, evitò di menzionare che già molte informazioni su una già le possedeva

“mi sa tanto di vendetta privata”, Simon le strizzò l’occhio

“diciamo che non ho interesse che la cosa diventi di dominio pubblico. Allora, posso contare su di te?”

“certo! Fammi avere al più presto una scheda sommaria con gli spostamenti settimanali di tuo marito, e mi metterò all’opera”

“ti manderò un fax domattina dal mio ufficio…”, prima di proseguire Jenny guardò l’amico con aria più maliziosa “…per il pagamento, sempre la solita formula?”

“certo, se vuoi puoi lasciare un acconto ora” rispose osservandola con un sorriso ammaliatore; ricevuto cenno di assenso da Jenny, si alzò, andò a chiudere la porta a chiave e sedette sulla poltroncina accanto. La donna tolse la giacca, e sbottonando la camicia quanto bastava per far vedere la sua scollatura, s’inginocchiò davanti a Simon, accarezzandolo nella zona inguinale con entrambe le mani; quando sbottonò i pantaloni e lo tirò fuori, stava già iniziando ad indurirsi, e bastarono un paio di colpetti di lingua sul glande per fargli avere un’erezione; infilò una mano sotto la camicia e cominciò ad accarezzare il ventre piatto e scolpito: come lei ci teneva al proprio fisico, adorava gli uomini che curavano il corpo; le bastò immaginare al tatto le curve degli addominali per eccitarsi, e prese a succhiare il sesso di Simon con voglia, mentre lui osservava la sua splendida scollatura e le accarezzava la testa, portando indietro i capelli; Jenny prese a percorrere tutto il pene dalla punta alla base con la lingua, mentre l’altra mano tastava i testicoli gonfi; finalmente stava ricominciando a divertirsi, proprio quando aveva perso tutto il gusto del sesso; si soffermò sul glande violaceo, succhiando e leccando avidamente, finché Simon non le porse un fazzoletto: “tieni, non voglio sporcarti”, gentleman fino alla fine. Jenny sorrise, e allontanato il viso continuò a dar piacere con la mano, finché un gemito non le annunciò l’arrivo dell’orgasmo, e lei fu pronta a raccogliere lo sperma nel fazzoletto.

“ci sentiamo presto”, disse mentre abbottonava la camicia e infilava la giacca; “è sempre un piacere aiutarti, Jennifer” rispose mentre si salutavano con due baci sulle guance.

Inforcò gli occhiali da sole e uscì ancheggiando. Si sentiva rinata, il suo ego altezzoso e determinato era finalmente uscito allo scoperto, e già cominciava a programmare la sua prossima mossa.

Uscì dalla doccia sentendosi rinvigorita, nel corpo e nell’animo; anche il tempo, in quella soleggiata e calda giornata d’aprile, sembrava voler condividere con lei quel sentore di rinascita e ritorno allo splendore. Si cinse il corpo con un largo asciugamano, e sedette su uno sgabello di fronte allo specchio per dedicarsi ai suoi capelli, che tanto amava. Una volta asciutti e pettinati a dovere, con paio di ciabattine e il solo asciugamano a coprirla, passeggiò per la casa deserta; erano passati solo pochi giorni da quando aveva inviato il materiale al suo amico Simon, ma non vedeva l’ora di ricevere qualcosa, per proseguire con il suo piano.

Si avvicinò ad uno dei finestroni del primo piano che dava direttamente sul lato posteriore del giardino della villa, dove era presente anche una piscina. E fu là, intento a pulirla, che lo vide: Alex, figlio del loro vecchio giardiniere, che a causa di un problema alla schiena si era fatto sostituire a gennaio dal ragazzo. Schivo e discreto, Jenny non aveva mai avuto occasione per parlarci: lui svolgeva il suo lavoro con riservatezza, e poi se ne andava; del pagamento se n’era sempre occupato Michael, perciò lei non aveva mai badato a lui. Vederlo però a torso nudo faceva un effetto completamente diverso, che le provocò un formicolio; non sapeva quanti anni avesse, probabilmente tra i 20 e i 25, ed il suo fisico ben definito e già quasi abbronzato la stava lasciando estasiata. Lasciò cadere a terra l’asciugamano che copriva il suo corpo, e completamente nuda rimase ad osservarlo, certa che grazie al riverbero del sole, se anche avesse alzato la testa verso i finestroni, non sarebbe riuscito a vederla. Jenny cominciò ad accarezzarsi, immaginando che al posto delle sue candide mani ci fossero quelle di Alex: il collo, le spalle, l’incavo dei seni, il ventre, le cosce, senza distogliere lo sguardo dal diligente giovane, sul cui corpo gli effetti di luce e ombra risaltavano maggiormente il fisico non esagerato ma molto ben definito.

Risalì lungo il ventre fin sui seni, che prese a massaggiare freneticamente, stringendo i capezzoli tra pollice e indice; riceveva piacevoli scosse di piacere, ed in breve furono turgidi, mentre il suo intimo completamente depilato cominciava a secernere umori. Si sedette per terra, sull’asciugamano, tenendo le gambe ben divaricate; da quella posizione non riusciva a vedere Alex, ma ormai la sua immagine si era stampata nella sua mente, ed il suo corpo pulsava di desiderio. Sfiorò il proprio sesso, raccogliendo gli umori che cominciavano a colare, e portò le dita alla bocca, per assaporare il frutto del suo stesso piacere. Accarezzò ripetutamente il clitoride, mentre con l’altra mano non smetteva di tormentarsi i seni; cominciò a sentire il proprio piacere crescere, ed assieme a questo il desiderio. Si distese con la schiena per terra, e dopo aver raccolto altri umori che continuavano a fuoriuscire, infilò dapprima una, e poi due dita; chiuse gli occhi, lasciò correre la fantasia e si abbandonò al piacere del contatto con il suo stesso corpo, per un tempo che sembrava infinito; quando l’orgasmo la raggiunse, si lasciò sfuggire un gemito, e riavvolse l’asciugamano attorno a sé. Si alzò in piedi, Alex era dove l’aveva lasciato, ancora a lavorare sodo; lo guardò ancora una volta, con aria compiaciuta, mentre nella sua mente cominciavano a prendere forma altri progetti.

 

Matt, l’agente incaricato da Simon, conduceva la sua auto a velocità sostenuta lungo una extraurbana poco trafficata, complice anche l’orario. Erano le 3 di pomeriggio, e faceva insolitamente caldo per essere ancora ad aprile; “meno male che esiste l’aria condizionata”, borbottò mentre non perdeva di vista, a 80-90 metri più avanti, la macchina che stava seguendo. Erano entrati in azione con una velocità sorprendente rispetto alla routine degli altri casi: mercoledì Simon aveva analizzato il materiale, constatando come Michael fosse estremamente abitudinario nelle uscite e nei rientri a casa: il problema era sapere dove effettivamente passasse tutto il tempo; i pedinamenti erano iniziati già nel giovedì, concludendosi con un nulla di fatto; il giorno successivo però, Michael era uscito dai parcheggi intorno alle 2 e mezza, ed in macchina con lui c’era una biondina. La cosa più difficile era stata seguirlo nel traffico senza dare nell’occhio, ma se aveva deciso di uscire fuori città evidentemente non si era accorto di nulla, pensò Matt.

Avevano sorpassato già un paio di motel di serie Z, i classici posti in cui la gente che chiede soltanto un letto e tanta discrezione porta amanti e prostitute, che si sentisse spiato e cercasse di depistare l’inseguitore?

Ad un tratto svoltò a sinistra in una strada sterrata, “ma dove cazzo stai andando?” sbraitò Matt mentre tirava dritto per non destare sospetti; proseguì per un quarto di miglio, poi fece inversione e prese anch’egli la stradina. C’era dell’erba alta a destra e sinistra, ed anche sulla strada crescevano delle erbacce, segno che non veniva utilizzata spesso; quando poco più avanti vide che l’unica macchina parcheggiata era quella di Michael, capì che doveva trattarsi di un casolare abbandonato; “pure tirchio è!”, commentò mentre scendeva dall’auto portando con sé la videocamera: sperò che fosse anche poco prudente, così da evitare di ritornare per montare l’attrezzatura.

Fece un giro veloce del casolare: le porte erano chiuse, ed alcune finestre sbarrate con travi di legno, passò accanto ad una completamente aperta, e rasentando il muro, si acquattò di sotto, le voci che provenivano dall’interno della stanza segnalavano che i due amanti erano all’interno. Senza sporgersi, accese la videocamera e la sollevò con un’angolazione tale da riprendere la stanza senza far notare oggetti sporgenti. Restò immobile finché non sentì finire il rapporto, poi andò piano verso l’auto, sfruttando il tempo che avrebbero impiegato per vestirsi.

Sulla strada del ritorno, collegò la videocamera allo schermo portatile dell’auto, e si godette la scena che aveva filmato.

Erano in piedi, Michael baciava senza sosta la bionda, mentre si privava di giacca e cravatta; la donna aveva già tolto la propria ed indossava un abito rosso abbastanza scollato e lungo sopra le ginocchia, con la cerniera dietro la schiena; l’uomo mise le mani di lei sulla patta, e la donna slacciò la cintura e abbassò la cerniera, lasciandoli cadere per terra, seguiti dalle mutande; lui allora la afferrò per la testa e la costrinse ad inginocchiarsi, infilandole il proprio sesso in bocca; spingeva freneticamente mentre lei alternava la bocca alle mani, leccando l’asta per tutta la sua lunghezza. A causa dell’angolazione della telecamera non si riuscì a vedere se le fosse venuto dentro la bocca o avesse schizzato sul suo viso; mentre la bionda si rimetteva in piedi, le ordinò di togliersi le scarpe, appellandola con epiteti alquanto volgari, poi abbassò la cerniera dell’abito solo a metà, quanto bastava per far scivolare giù le spalline e scoprire un push-up bianco a dar volume alla sua prima di reggiseno, che fu subito strappato via da Michael, che si avventò sui piccoli seni, tra leccate e morsi; lei gemette e lo implorò di far piano, di non lasciare segni; in tutta risposta ricevette uno schiaffo sul viso; la fece girare di spalle, la schiena piegata e le mani posate sul bordo del letto, le divaricò le gambe e sollevò l’orlo dell’abito fin sulla schiena, scoprendo il sedere coperto da un paio di mutandine e le autoreggenti scure; la schiaffeggiò sulle natiche, commentando “brava, hai messo le autoreggenti, la prossima volta voglio il tanga, e non me fotte un cazzo se stai scomoda”; abbassò anche le mutandine, toccandole il sesso umido, e la fece salire con le ginocchia sul letto, mettendola di fatto carponi. Un attimo dopo il suo cazzo entrava e usciva dal corpo di lei, accompagnato dai mugolii dell’uomo, mentre lei era immobile, la testa affondata tra le braccia; la teneva per i fianchi e spingeva ritmicamente, il ventre che urtava contro le natiche di lei, arrossate dagli schiaffi che di tanto in tanto doveva subire; uscì poco prima di venire, prese le mutandine della donna e le riempì del suo sperma, ridacchiando “così ti ricordi di non metterle”.

Terminato il video, Matt, ormai vicino alla città, prese il telefono e compose un numero; “ho un video”, disse non appena iniziò la conversazione. “ottimo”, rispose la voce dall’altra parte, e chiuse la chiamata.

Jenny chiuse soddisfatta lo schermo del netbook sul quale aveva appena visto il filmato di suo marito, seduta alla poltroncina nello studio; “efficiente come al solito, Simon, sei un grande”

“per te è sempre un piacere fare qualcosa…”, rispose l’altro, porgendole una cartellina con dei documenti all’interno, “…la cosa più difficile è stata trovare informazioni sulla tipa, anche se una volta scoperto l’indirizzo è fatta. Qui dentro c’è tutto”

Jenny la prese e mise tutto da parte, assieme al pc portatile, “perfetto. Vuoi che ti paghi ora?”

Simon la guardò imbarazzato, come se cercasse le parole giuste: “a dire il vero c’è una complicazione. Ho dovuto richiedere l’aiuto di uno dei miei ragazzi; preferisci pagarlo in contanti o… a modo nostro? In tal caso non avresti di che preoccuparti, garantisco sulla sua discrezione”

La giovane donna sorrise di rimando con aria maliziosa, “lo pago prima o dopo di te? O magari insieme…”

Dallo sguardo di Simon comprese che l’uomo aveva accolto la provocazione; “torno subito”, disse uscendo dalla stanza, e vi ritornò poco dopo con Matt, che strinse la mano a Jenny, presentandosi.

Lo osservò da capo a piedi, e capì che era perfettamente tagliato per il lavoro che faceva: lineamenti del viso ordinari, taglio di capelli corto, semplice, e un fisico perfettamente ordinario: né alto né basso, né magro né grasso: il classico tipo dall’aspetto comune, troppo comune, per poter dare nell’occhio, per poter essere ricordato. Si complimentò con lui per l’ottimo lavoro svolto, e nel frattempo Simon chiudeva a chiave la porta ed abbassava le tendine della finestra, accendendo una luce soffusa e non fastidiosa.

Jenny tolse la giacca ed il foulard che aveva attorno al collo, e sedette alla poltrona, tenendo le gambe divaricate secondo quanto le permetteva la corta e stretta gonna; oltre a questa indossava una maglietta a maniche lunghe, con una discreta scollatura, delle leggere collant che a malapena si notavano, ed ai piedi delle scarpe decolté a punta con tacchi a spillo; si chinò in avanti, incrementando la visuale della scollatura, e mentre i due cominciavano a spogliarsi, si accarezzò le gambe partendo dalle caviglie e risalendo fin sotto l’orlo della gonna. I due erano a torso nudo, e la stavano mangiando con gli occhi; allora si alzò in piedi, afferrò con fare sensuale, ondeggiando il bacino, la maglietta, e molto lentamente, la sfilò, esibendo un reggiseno nero in pizzo che esaltava le sue splendide curve; diede loro le spalle, e sempre ondeggiando con il bacino, stacco i gancetti, e via anche il reggiseno.

Sedette nuovamente alla poltrona, e coprendo i seni con un braccio, con l’altro li invitò ad avvicinarsi: si inginocchiarono accanto a lei, e mentre il braccio lasciava liberi i seni rotondi, questi erano già tra le labbra dei due; Simon, su quello sinistro, succhiava e baciava avidamente, mentre Matt ci dava dentro con la lingua, tenendolo sollevato con una mano. Jenny si rilassò piacevolmente a quel contatto, accarezzando le loro teste per invitarli a proseguire, mentre le mani esploravano, percorrevano tutto il suo corpo, sentiva già umido alle parti intime.

Li invitò ad alzarsi e spogliarsi, e lei fece lo stesso: cominciò dalle scarpe, poi si alzò in piedi e sfilò la gonna, seguita dai collant, poi si godette lo spettacolo dei due uomini nudi. Simon era più alto e magro, aveva gli addominali ben definiti, e il suo sesso svettava orgoglioso esattamente come lo ricordava; ma nemmeno Matt era male: leggermente più massiccio e meno definito dell’altro, una folta peluria nera circondava il suo sesso, e risaliva in una striscia fino all’ombelico. Si avvicinò ai due, che le misero una mano a testa sulle natiche, mentre le sue mani andarono a stringere i membri eretti e desiderosi di possederla; Jenny si sentì ardere dal desiderio, non poteva aspettare ulteriormente; “chi vuole cominciare?” chiese con voce bassa, suadente, mentre andava a sedersi sulla scrivania, le gambe divaricate a esibire il suo sesso depilato e umido; si accarezzò i seni ancora ricoperti della saliva dei due, lanciando occhiate a entrambi. Simon si mosse per primo, le si avvicinò e lei avvinghiò le gambe attorno ai suoi fianchi, tirandolo a sé, mentre poggiava le mani sulle sue spalle. Un paio di spinte, ed era dentro di lei. “dopo tanto tempo finalmente scopiamo ancora, sei rimasta una gran gnocca”, le disse mentre la baciava sul collo, e lei rispose con dei gemiti più prolungati; cominciò a spingere freneticamente, tenendola per i fianchi e facendola ondeggiare, con i capezzoli di lei che sfioravano ad ogni colpo il petto; Matt nel frattempo si stava masturbando osservando la scena, e decise di intervenire, salendo in piedi sulla scrivania; Jenny voltò il capo in sua direzione, ed accolse il pene nella bocca, mugolando sempre più forte mentre Simon aumentava il ritmo e la velocità delle spinte; sentiva un lago in mezzo alle gambe, sensazione che aumentò quando avvertì dentro di sé l’eiaculazione di Simon. Allora si mise carponi sulla scrivania, offrendo a Matt la sua vagina che colava umori e sperma; “prendimi”, gli disse girando il capo verso di lui; pur non sapendo nulla della sterilità di Jenny, avendo appena visto Simon venirle dentro, non se lo lasciò ripetere: s’inginocchiò, ed indirizzò l’asta verso quella vagina bollente: spinse fino a farlo entrare, uscì quasi completamente e ritornò dentro di lei: spinte più lente ma decise e vigorose, che la facevano sussultare ad ogni colpo.

Jenny si sentì esplodere: Simon con entrambe le mani le stringeva i seni, e Matt spingeva come un forsennato dietro di lei; travolta dall’orgasmo, ondeggiò velocemente con il bacino fino a strusciare le natiche contro i peli pubici del giovane; un gemito sommesso le annunciò anche l’orgasmo di lui, e un attimo dopo si sentì riempire di altro liquido bollente.

Si ripulirono con delle salviettine umide, Matt dopo un veloce e formale saluto si rivestì ed uscì immediatamente, senza aspettare replica, Jenny impiegò più tempo a rimettersi in ordine, poi diede una sistemata al trucco, e prese le cose salutò Simon con i consueti baci sulle guance e se ne andò.

Si sentiva incredibilmente appagata da quanto accaduto, e non solo per aver ottenuto ciò che voleva ai fini del suo piano: Simon come in passato si era rivelato un crescendo di passione, e con Matt era stato un piacevole incontro; mentre raggiungeva la macchina, si chiese se poteva valere la pena incontrarlo qualche altra volta in privato; mise però da parte l’idea, prima c’era qualcun altro da incontrare privatamente, e soprattutto aveva un piano da portare avanti.

 

Alex cominciava a non poterne più di quel caldo fuori stagione; anche la settimana precedente, quando a sua insaputa era stato osservato, aveva dovuto lavorare sotto il sole cocente, che a distanza di una settimana non voleva saperne di farsi sostituire da un po’ di frescura. Si chiese come faceva suo padre a lavorare nel periodo estivo, considerando che l’enorme giardino aveva bisogno di almeno il triplo delle cure durante la stagione calda. Mentre immaginava le fatiche che l’avrebbero atteso nei mesi a venire, aveva appena finito di lavorare alle siepi e la sua maglietta era fradicia di sudore; riuscì a toglierla con non poca fatica, dato che era letteralmente appiccicata alla schiena, e utilizzando le poche zone rimaste ancora asciutte, si deterse il sudore dal petto e dal viso; prima di rimettersi al lavoro, vide giungere in sua direzione Jenny, con indosso solo un costume da bagno nero, composto da un reggiseno con coppe a triangolo e perizoma; rimase pietrificato ad osservarla: era una bella donna, e con quel costume attillato ogni centimetro del suo corpo sembrava ancora più invogliante, per non parlare della sensuale camminata.

“ciao!” esclamò cordialmente non appena gli fu vicina, “…tranquillo, non sono qui per controllarti, volevo…”, ed in quel momento alzò lo sguardo, mettendo le mani nei capelli, dietro la nuca, per smuoverli, movimento che accentuò ulteriormente le curve dei seni ed il ventre piatto, “…approfittare di questa bella giornata per un po’ di sole”; senza aspettare oltre, Alex si precipitò ad aprire e distendere una delle sdraio sistemate sul bordo piscina, “fa benissimo, e non si preoccupi: cercherò di fare meno rumore possibile, per non infastidirla”. Jenny si avvicinò alla sdraio, e vi salì sopra carponi, prima di stendersi prona, con molta lentezza: la posizione che aveva assunto la donna, aggiunta alla visione del sedere tondo e coperto da un misero perizoma, fecero aumentare la sensazione di calore provata da Alex: Jenny a provocare era davvero brava, realizzò il giovane. E non aveva ancora finito.

“a dire il vero…”, disse la donna, mentre portava le mani dietro di sé a slacciare il reggiseno sul collo e alla schiena, “…avrei bisogno di un favore”, e sollevando appena il busto, sfilò dal petto la parte superiore del costume e la poggiò sulla sdraio chiusa accanto. In quel frangente, Alex riuscì a intravedere parte del suo seno completamente libero, prima che sparisse a contatto con la sdraio, ed ebbe un’erezione; deglutì, sforzandosi di restare calmo, sebbene sentisse il desiderio di saltarle letteralmente addosso; “certo, mi dica”, e si chinò sulle ginocchia, per avere il volto pressappoco all’altezza del suo. “ultimamente sono un po’ stressata, saresti in grado di farmi un massaggio?”; avrebbe preferito toccarla in tutt’altro modo, ma accettò di buon grado, e prese a percorrerle le spalle con le proprie mani, mentre gli occhi erano fissi sui glutei morbidi e rotondi, coperti dal piccolo perizoma che non faceva che eccitarlo ulteriormente: gliel’avrebbe strappato a morsi. “mmmh, così, più piano”, disse Jenny con la sua voce suadente, calda, dandogli indicazioni che prontamente Alex seguì; dal collo scese sulle scapole, seguì la linea della colonna vertebrale, e sfiorando appena le curve dei glutei, passò a dedicarsi a gambe e polpacci; aveva una pelle splendidamente morbida e liscia, per non parlare del buon profumo; -non fare cazzate non fare cazzate-, s’impose mentalmente Alex, ma mentre risaliva dalle cosce verso l’alto non riuscì a resistere: posò le mani con decisione sulle natiche, massaggiandole in modo energico; prima di perdere ulteriormente il controllo però, ritornò alla schiena, per continuare il massaggio ‘classico’.

“basta così, grazie”, rispose dopo poco Jenny, e allungò la mano verso il reggiseno, portandolo nuovamente sotto di sé, a frapporsi fra il proprio petto e la sdraio. Alex a malincuore l’aiutò ad allacciarlo alla schiena ed al collo, lei nuovamente lo ringraziò e prese a camminare lungo il vialetto che conduceva in casa. Rimase immobile a fissarla, aveva una sensualità pazzesca, ed era solo qualche anno più grande di lui. Come aveva fatto a sposare quell’uomo? Per convenienza, risolse un attimo dopo; ma… era soddisfatta? –chissà quanti amanti ha-, pensò un attimo dopo. Poi, senza nemmeno un particolare motivo in testa, cominciò a seguirla. La porta dalla quale era appena entrata era aperta, e notò la sua sagoma in cima alle scale; attese rannicchiato qualche istante, più per cercare di autoconvincersi ad andarsene che per altro, ma ormai la ragione era stata annichilita dagli ormoni, che guidarono le sue gambe lungo le scale e per il corridoio adiacente. Si avvicinò ad una porta semiaperta, a differenza delle altre chiuse, sbirciò piano all’interno e… la vide.

Jenny era distesa supina sul letto, le gambe oscenamente divaricate , con le piante dei piedi posate sulla superficie del materasso; indossava ancora il bikini con cui l’aveva vista fino a poco prima, ma le coppe del reggiseno erano spostate in modo da lasciar esposti i rosei capezzoli, già turgidi sotto le carezze delle dita di una mano, mentre l’altra metteva di lato il perizoma, facendogli vedere il suo sesso. Alex era pietrificato, ma cercò di rimanere nascosto; la vide separare con due dita le grandi labbra, accarezzarsi il clitoride, gemere mentre tormentava i seni. Non riuscì a resistere: infilò una mano nei pantaloni elasticizzati, sotto le mutande, ed iniziò a toccarsi freneticamente, seguendo il ritmo delle dita di lei, che dopo aver lubrificato la vagina entravano e uscivano senza sosta. D’un tratto Jenny aprì gli occhi e si fermò; Alex s’irrigidì e si nascose maggiormente: doveva andarsene, allontanarsi prima possibile, probabilmente si era accorta della presenza di qualcuno, doveva muoversi! Ma non ci riusciva, la faccenda lo stava eccitando oltre l’inverosimile, e pur sapendo di rischiare tutto, rimase immobile, e sbirciò appena; Jenny si era alzata dal letto, ed era chinata a 90 gradi a prendere qualcosa da un cassetto in basso dell’armadio: le sue gambe dritte, che terminavano in un culetto piccolo e rotondo, i seni morbidi appesantiti dalla gravità che dondolavano appena ad ogni suo movimento, i capelli biondi che scivolavano sulle sue spalle; si sentì esplodere, avrebbe voluto entrare e prenderla in quel modo, ma rimase nuovamente paralizzato: Jenny ritornava sul letto, nuovamente nella stessa posizione, ed in mano aveva un dildo dritto e lucido, dal colore dorato. Si sfilò il perizoma, lasciandolo sul letto, infilò il dildo in bocca ed iniziò a leccarlo come fosse vero, per lubrificarlo, percorse con la punta il suo corpo, accarezzando i seni, fino ad arrivare alla vagina: lo appoggiò delicatamente, ed iniziò a muovere il bacino per introdurlo dentro di sé. Alex si sentì esplodere al vedere quella scena: lo tirò fuori dai pantaloni ed iniziò a toccarsi con foga, senza staccare gli occhi di dosso da Jenny, che continuava a muoversi e a gemere con il dildo dentro di sé.

Con un gemito che quasi gli sfuggì, Alex raggiunse l’orgasmo, ed un attimo prima di macchiare il pavimento, infilò il proprio sesso dentro pantaloni e mutande, distogliendo lo sguardo da Jenny; sentì il proprio sperma riversarsi sui tessuti degli abiti ed appiccicarglisi addosso, ma poco importava, aveva appena avuto una visione quasi irreale; accaldato per l’orgasmo appena avuto, sollevò lo sguardo, per tornare a osservare un’ultima volta, prima di allontanarsi, colei che gli aveva fatto provare quelle sensazioni. Jenny era in piedi, davanti a lui, e lo fissava con aria seria. E ora cosa si sarebbe inventato?

Jenny non era certa che il suo piano potesse funzionare così presto, credeva di doverselo ‘lavorare’ in diverse occasioni, a più riprese… ma poiché dopo aver sentito il magico tocco delle mani di Alex provò l’irrefrenabile desiderio di toccarsi, aveva deciso di rendergli le cose ‘più facili’, utilizzando volutamente poca discrezione;  ora doveva solo evitare di dargli l’idea che lei effettivamente volesse essere spiata: se finora tutto poteva sembrare una casualità, i suoi gesti e le sue parole dovevano confermarlo. Lo osservò minacciosa, furente, risistemò davanti a lui le coppe del reggiseno, coprendo i capezzoli ancora turgidi, e posò le mani sul basso ventre, a nascondere il suo sesso umido, dal quale gli umori avevano raggiunto il suo interno coscia.

Con un’espressione austera, abbassò lo sguardo verso i pantaloni di lui, sui quali cominciava a formarsi un alone di bagnato. “suppongo ci sia una spiegazione per questo…”, e sollevò lo sguardo, fissandolo negli occhi, “…o forse dovrei denunciarti per avermi spiata?”; quando lui non riuscì a guardarla in viso ed abbassò la testa, capì che il pesce aveva abboccato; le venne da sorridere, ma evitò di esternarlo, mantenendo un’espressione inflessibile.

“io…”, farfugliò lui, “…mi dispiace, non avrei dovuto, lo so. È che, ero entrato un attimo per cercarla, la porta era aperta e…”

“non ho il dovere di chiudermi a chiave in camera quando sono in casa mia!”, sbraitò lei, sforzandosi di assumere il tono più irritato che le venisse fuori.

“ha ragione…”, rispose sommesso e imbarazzato, “…per favore, non dica niente a suo marito, le posso garantire che la cosa non si ripeterà…”, poi, forse temendo un’altra reazione di lei, incalzò “…la prego, non dica niente e non mi licenzi, farò qualunque cosa”

Jenny quasi non riuscì a nascondere l’espressione soddisfatta che al meglio rappresentava il suo stato d’animo: nonostante tutto, l’indole timida e riservata di Alex si era confermata anche in quell’occasione; aveva rischiato a giocare col fuoco, e per un attimo, mentre si toccava sapendolo nascosto dietro la porta, aveva temuto che lui perdesse il controllo; quel pensiero l’aveva eccitata, anche se non solo non era successo, ma era riuscito a farlo passare dalla parte del ‘torto’: l’aveva reso consapevole di aver fatto una cosa sbagliata, ed ora lo stringeva in pugno, pendeva dalla sua decisione, avrebbe fatto qualunque cosa per lei, su questo non c’era da dubitarne.

“qualunque cosa…”, rispose Jenny rimarcando le ultime parole di lui, “…tanto per incominciare, non dovrai farne parola a nessuno; poi, dovrai fare tutto ciò che ti dico, altrimenti potrei arrabbiarmi…”, mentre diceva queste parole, si avvicinò a lui, fino a sfiorare il suo petto, ancora nudo, con i capezzoli ancora eretti, che deformavano il sottile tessuto del costume; “…e tu non vuoi che io mi arrabbi, vero?” gli sussurrò in un orecchio, sorridendogli. Godeva nel vederlo imbarazzato, nel leggere nei suoi occhi il desiderio di toccarla, ma la consapevolezza di non poterlo fare. Godeva nel sentirsi maliziosa e seduttrice, nel notare questo suo lato che oltre a venir fuori, si stava espandendo fino all’inverosimile. Con un pizzico di presunzione, decise di provocare ulteriormente, ormai certa di averlo in pugno.

Si voltò, dandogli le spalle, e sfregò il proprio sedere nudo contro il bacino di Alex; sentì l’umido dei suoi pantaloni accarezzarle la pelle morbida, ma ancora nessun movimento sotto di essi. Allontanandosi dal corpo di lui, ma ancora di spalle, voltò appena il capo, per guardarlo con la coda dell’occhio: non le staccava gli occhi dal sedere, e l’imbarazzo che gli costava restare immobile era così evidente che l’avrebbe visto anche un cieco. Non aveva reagito nemmeno alla provocazione, aveva resistito alla tentazione di toccarla, solo perché lei non gliel’aveva chiesto; avvertì un formicolio alle parti intime, e decise di continuare a giocare.

“allora, ti è piaciuto guardarmi, prima?”, gli chiese osservandolo con la coda dell’occhio, mentre si allontanava di due passi, nel corridoio.

“s-si, molto…”, biascicò lui, “…come si può notare dai miei pantaloni”, aggiunse, probabilmente per sdrammatizzare una situazione nella quale avrebbe preferito non esserci.

“allora, sempre se non mi fai arrabbiare, potremmo fare qualcosa che ti piacerà ancora di più”, mosse altri due passi, ancheggiando vistosamente.

“ok! Volevo dire… certo, non la farò arrabbiare, non si preoccupi”

“molto bene…”, si voltò e gli sorrise, “allora ti voglio adesso, nudo. Io vado a sistemarmi un po’, chiudo la porta per evitarti di spiarmi, ti dirò di aprirla quando sarò pronta”, e rientrò nella stanza, chiudendo dietro di sé la porta.

Levò la parte superiore del costume, gettandola per terra, e completamente nuda camminò per la stanza; nonostante facesse caldo, il pavimento era piuttosto freddo da percorrere a piedi nudi; aprì le ante dell’armadio, guardando all’interno; dato che Alex aveva ormai visto il suo corpo, voleva impressionarlo con qualcosa di sexy: prese un corpetto non rigido, allacciato dietro la schiena e con spalline, nero e semitrasparente, dal quale penzolavano i laccetti del reggicalze, che attaccò dopo aver infilato delle calze a rete e un leggero perizoma in pizzo, anch’esso semitrasparente. Si guardò allo specchio, le proprie curve esaltate dagli indumenti che aveva indosso, e decise che ancora mancava qualcosa a slanciare la propria figura: tacchi. Prese un paio di sandali con tacchi a spillo allacciati alla caviglia, si distese sul letto su un fianco, le gambe accavallate e il gomito poggiato contro il materasso, a tenere sollevata la testa.

“puoi entrare”, disse in tono sufficientemente forte perché potesse sentirla anche con la porta chiusa.

Un attimo dopo la porta si aprì, Alex entrò titubante, ma aveva indosso ancora pantaloni.

“avevo detto di volerti nudo”, lamentò Jenny contrariata, sentendo tuttavia su di sé lo sguardo indagatore di Alex, che se la stava mangiando con gli occhi. Ma non fu delusa, poiché subito dopo il giovane con un unico movimento abbassò pantaloni e mutande: il pene eretto dondolò un momento, per poi posizionarsi dritto proprio in direzione di Jenny, che si gustò il fisico di Alex: anche le gambe erano toniche e definite come il torace, anche se più pallide; il suo corpo era depilato tranne che per il ciuffo nero di peli che circondava il suo pene, eretto e umido, probabilmente a causa del precedente orgasmo.

 Gli fece cenno di avvicinarsi, l’altro salì sul letto in silenzio, ma senza toglierle gli occhi di dosso; lei ordinò “toccami”, indicando in direzione dei piedi; le mani di lui si posarono sulle sue caviglie, e da lì salirono accarezzando le gambe foderate dalle calze a rete; rispetto a quando aveva ricevuto il massaggio, il suo tocco ora era più caldo, c’era più coinvolgimento; lo sentì palparle i polpacci, risalire piano sulle ginocchia e soffermarsi poi sulle cosce, fino all’orlo delle calze. Jenny sollevò una gamba, arrivando a poggiare la punta del tacco contro il petto di Alex, e con una leggera spinta lo allontanò da sé. Sorrise mordicchiandosi il labbro inferiore, e scese dal letto, girando su se stessa, davanti agli occhi di Alex; “e ora, ti piace guardarmi?”, gli chiese quasi sussurrando avvicinandosi a lui, che rispose “si, è bellissima”, e cercò di baciarla all’orecchio. Jenny, quasi aspettandoselo, si ritrasse immediatamente “eh no, niente iniziative finché non te lo dico io…”, gli sorrise sorniona, e aggiunse “…cosa mi toglieresti per primo?”; la risposta fu quasi immediata, e molto decisa “il corpetto”; allora Jenny si voltò, dandogli le spalle, “toglilo” disse semplicemente. Sentì le mani di lui accarezzarle le cosce e staccare gli elastici fissati alle calze, e poi afferrare sulla schiena i laccetti e sciogliere i nodi; il corpetto fu a terra, e Jenny divaricando appena le gambe piegò il sedere all’indietro, fino a strusciarlo contro il sesso di Alex; cominciò a muovere il bacino, mentre tra le natiche avvertiva il pene inumidirle il sottile perizoma. Dopo poco si voltò, offrendo al giovane la vista dei suoi seni rotondi e completamente liberi, i capezzoli rosei non completamente turgidi ma che già cominciavano a farsi notare. Cinse con la mano sinistra la dura asta di Alex, e tenendola stretta mosse la mano verso il basso, scoprendo il glande, e risalì verso l’alto, lentamente, fissandolo negli occhi. Sorridendogli portò la mano sinistra alla bocca, leccando quanto aveva raccolto, e infilò la mano destra sotto il perizoma, aprendo la bocca in un silenzioso gemito che fece eccitare maggiormente il suo immobile osservatore; le dita ricoperte dei suoi umori furono per Alex: non appena gli porse la mano la leccò avidamente, sembrava inebriato dal suo sapore. Allora Jenny riprese in mano il pene di lui, e ricominciò a toccarlo lentamente, ruotando il polso; sentì ulteriori gocce uscire e posarsi sulla sua mano, ma evitò di fermarsi.

“toccami anche tu…”, gli sussurrò, precisando “…dove vuoi”. Una mano le afferrò delicatamente un seno, l’altra le palpò con maggiore impeto le natiche, per poi girare davanti ed esplorarla sotto il perizoma.

Quando Jenny sentì due dita in vagina gemette, e posando la mano libera sulla nuca di lui, lo tirò a sé e lo baciò, con foga, la lingua a cercare la sua, che si fece trovare senza attendere altri ordini; cominciò a muovere la mano con più velocità attorno alla verga bagnata, e avvertì le dita muoversi in lei allo stesso modo, mentre l’altra mano di lui alternava tra un seno e l’altro, non senza giocare coi capezzoli, ormai gonfissimi. Aumentarono ulteriormente la velocità, gli umori di Jenny avevano reso fradicio il perizoma, e colavano ormai fino alle calze; quando si strusciò contro di lui, muovendo il seno sul suo petto, senza smettere di toccarlo, Alex gemette, “non reggerò a lungo… sto per venire”

Jenny allora si fermò, ed allontanò la mano da lui, “prima devi far venire me”, gli sussurrò, e sfilatasi il perizoma, si distese supina sul letto, le gambe divaricate verso di lui; non appena Alex si inginocchiò, avvinghiò le gambe attorno al suo collo, premendo con i tacchi sulla nuca di lui, che cominciò a leccarla a partire dall’orlo delle calze, ripulendola degli umori colati; quando la lingua raggiunse la vagina, Jenny si sentì esplodere a causa delle scosse che dal basso ventre partivano a ogni sua pennellata; premette le cosce ulteriormente attorno ad Alex, come a stringerlo ulteriormente a sé, e con il bacino cominciò a spingere, mentre lui non smetteva di leccarla: con una mano teneva aperte le grandi labbra, con l’altra le tormentava il clitoride. Jenny reclinò la testa all’indietro e si lasciò travolgere dal piacere, mentre assecondava le contrazioni del suo ventre, ed i suoi umori uscivano a fiotti, subito raccolti dalla lingua di Alex.

Raggiunto l’orgasmo, Jenny sciolse le gambe dalla stretta attorno ad Alex, ma rimase distesa, osservandolo mentre si rialzava e riprendeva a mangiarla con gli occhi. “ora puoi venire anche tu… scegli dove bagnarmi”, gli disse, ma invece di una risposta Alex le cinse i fianchi e la fece girare, mettendola pancia in giù e con le gambe dritte. Dal rumore che fece il materasso capì che stava salendo sulle ginocchia e si mise a cavalcioni su di lei. Il pene umido si posò sul solco tra le natiche, tenute immediatamente strette dalle sue mani. Cominciò a sfregarlo freneticamente, sempre più veloce, finché non rallentò, le mani abbandonarono la forte presa sui glutei, e seguito da un gemito liberatorio Jenny sentì lo sperma caldo riversarsi sul suo sedere.

Una volta in piedi, si scambiarono un paio di baci sulle labbra; “scommetto che vorresti avermi, fare sesso con me…”, disse Jenny accarezzandogli maliziosamente il viso “…ma prima dovrai fare un’altra cosa per me”

“che cosa? Gliel’ho detto… per lei farò qualunque cosa, specialmente se è questo il premio”, rispose Alex mentre in trepidante attesa di una risposta la osservava spogliarsi completamente, darsi una ripulita con un vecchio asciugamano, e cingerlo attorno alla vita a coprirsi. “devi farti beccare da me mentre lo stai facendo con la mia colf”, rispose lei quando si fu risistemata

Alex sbiancò “ma… cosa? E perché?”

“perché in questo modo potrò ricattarla, mi serve la tua collaborazione”

“ma è impossibile!” obiettò Alex, “…ha 50 anni, potrebbe essere mia madre, non posso sedurla!”

“le darai un motivo molto, molto convincente: ti basterà dirle di averla beccata a scopare con mio marito; non potrà dirti di no, dato che è vero”

Vide Alex sbiancare ulteriormente, e notò totale confusione sul suo viso “ma… se l’ha già scoperta, che bisogno c’è che io mi metta in mezzo? Può già ricattarla”

Jenny scoppiò a ridere, “come sei ingenuo Alex…”, e tornando immediatamente seria aggiunse “…non posso espormi io così tranquillamente davanti a lei, perché se ha un minimo di cervello minaccerebbe di render noto tutto, e farebbe esplodere uno scandalo che inevitabilmente colpirebbe anche me; se invece la beccherò con te, senza farle capire che so tutto di mio marito, non potrà fare nulla, sarà in una situazione psicologicamente diversa, e sotto il mio controllo”

“cazzo! ha pensato proprio a tutto” constatò Alex in tono d’ammirazione

“e non hai ancora visto nulla…”, ammise Jenny con una punta di soddisfazione, “…non hai ancora visto nulla.”

Rimasta sola, ripercorse mentalmente la giornata, ed i piaceri dati dal servizievole Alex, che si stava rivelando molto più utile del previsto; inspirò profondamente: l’aria nella stanza sapeva di sesso, ma non per lei, quell’odore era soltanto un ulteriore assaggio del profumo della vittoria, ancora più vicina.

“scusa il ritardo, avevo un lavoro da finire prima della pausa!”, si scusò Jenny salutando con due baci sulle guance Matt, che dopo il loro primo incontro all’agenzia l’aveva contattata, invitandola a prendere qualcosa in un momento libero. “spero non sia stato troppo difficile per te venire qui, ma la mia pausa pranzo è strettissima”

“va benissimo, non preoccuparti, farò in fretta… Caffè? Non puoi rifiutare perché ne ho già chiesti due”, Matt sorrise e si accomodarono al tavolino del bar al piano terra dell’edificio nel quale lavorava Jenny.

Prima che Jenny potesse aggiungere altro, fu lo stesso Matt a rompere il ghiaccio: “sai, l’altra volta non ho avuto la possibilità, ma volevo dirti che se hai bisogno di qualunque cosa, per quanto riguarda la situazione con tuo marito, puoi tranquillamente contare su di me”

“grazie!”, Jenny versò una bustina di zucchero nel caffè che nel frattempo era arrivato, e cominciò a girarlo con il cucchiaino, “…effettivamente, c’è una cosa che pensavo di fare io tra qualche giorno, ma che potresti fare tu”, evitò di sbottonarsi ulteriormente, anche perché aveva bisogno che andasse in porto anche il compito affidato ad Alex.

“qualunque cosa sia, ci penserò io…”, rispose Matt con orgoglio, poi allungò la mano ad accarezzare quella di Jenny mentre posava il cucchiaio sul piattino; si avvicinò a lei, parlandole a voce leggermente più bassa “e poi… l’altra volta siamo stati frettolosi, e non ho potuto esprimermi al meglio; tuttavia mi sembri una donna passionale, ed io sono un uomo solo, con il quale ti potresti divertire ogni volta che lo desideri”; la sua voce era calda, suadente, aveva un buon profumo, e la sua proposta fece comparire un velo di rossore sulle gote di Jenny.

“interessante…”, Jenny rispose accarezzando la mano di Matt, le piccole unghie ricoperte da uno smalto blu notte che grattavano sul dorso, “…la tua compagnia non mi dispiacerebbe affatto; saresti discreto come lo sei sul lavoro?”

“per te, anche di più”, ritrasse la mano, probabilmente per non dare troppo nell’occhio, e cominciò a bere il suo caffè, seguito da Jenny. Ci fu un intenso gioco di sguardi tra gli occhi azzurri di lei e quelli nocciola di lui, il cielo e la terra, così distanti eppure così vicini da sembrare separati soltanto da una sottile linea; si specchiarono l’uno negli occhi dell’altra, quasi a carpire ogni singolo dettaglio sui pensieri e le voglie che al momento li accomunavano. Poggiarono le tazzine sui piattini all’unisono, senza distogliere lo sguardo.

Fu nuovamente Matt a prendere l’iniziativa “dimmi solo quando vuoi; casa mia per te è sempre libera”

Jenny accavallò una gamba sull’altra, indossava dei pantaloni beige con una giacca dello stesso colore, e una camicetta bianca finemente decorata, “preferirei fare le cose con calma e passare la notte intera con te. Che ne dici di domani? Dirò a mio marito che devo vedere un cliente fuori, e che alloggerò in albergo… così potrò portarmi anche dell’abbigliamento più adatto…”, e gli strizzò l’occhio, osservandolo maliziosamente, “…hai qualche preferenza?”

“va benissimo! Lascio a te libera scelta sugli abiti”

“ottimo, allora ci vediamo qui fuori appena finisco di lavorare; domani dovrò trattenermi un po’, facciamo intorno alle 6”; si salutarono con i soliti baci sulle guance e Jenny se ne andò per tornare a lavoro.

La sera, mentre sparecchiava, disse a suo marito che l’indomani avrebbe passato la giornata e la notte fuori per lavoro; Michael a sentir la notizia quasi sbottò: “e me lo dici adesso? Non ti sembrava il caso di avvertirmi prima? Ma guarda te se devo essere l’ultimo a sapere le cose”

“l’ho saputo nel pomeriggio, mi sembrava inutile chiamarti per dirtelo in diretta, non sono mica una bambina che deve avvisare papà per chiedere il permesso”, rispose sbarazzina mentre si chinava per infilare i piatti nella lavastoviglie. Due mani robuste la afferrarono per il bacino, tirandola all’indietro; fece appena in tempo ad avviare la lavastoviglie e si sentì sollevare la schiena, fino a farla aderire contro il ventre di Michael, che cominciò a leccarle l’orecchio, sussurrando “allora se domani dovrò passare la notte da solo, sarà meglio recuperare stasera”; sentì una mano salire sul ventre, passando sotto la magliettina che indossava, e l’altra afferrarle i pantaloni di tuta ed abbassarli, scoprendo un paio di mutandine color carne.

Jenny avrebbe voluto rifiutarsi, pensò di utilizzare la scusa delle mestruazioni, ma si bloccò immediatamente, temendo di insospettirlo. –goditela pure, perché potrebbe essere l’ultima volta che mi scopi-, pensò tra sé mentre restava immobile. Di certo non avrebbe preso alcuna iniziativa. Michael afferrò la maglietta di lei, che non oppose resistenza nel farsela sfilare, mentre i biondi capelli ricadevano morbidi sulla schiena nuda: in casa non portava quasi mai il reggiseno. Le palpeggiò il sedere, abbassando subito dopo le mutandine, e completamente nuda la fece voltare; la osservò con aria famelica mentre sbottonava la camicia ed armeggiava con i pantaloni; Jenny aspettò impassibile che tirasse fuori il pene, già eretto, e ugualmente rimase immobile quando le mani di lui furono sui suoi seni e sul suo sesso, la lingua ad assaporare il suo collo; chiuse gli occhi, e decisa a finire prima possibile gli disse “prendimi qui, da dietro”, e liberatasi da lui, gli diede le spalle e inarcò la schiena piegandosi in avanti, le mani poggiate al muro e le gambe leggermente divaricate, a concedergli oltre alla visione delle natiche, quella del suo sesso. Un attimo dopo sentì il membro duro di Michael sfiorarla e insinuarsi lentamente in lei, mentre le mani la toccavano, dai fianchi ai seni per poi scendere sul sedere. Dopo una serie di movimenti leggeri, lui prese a spingere più velocemente, lo faceva uscire fino al glande e lo reinseriva dentro con un unico colpo. Jenny ripensò all’energia di Matt quando la prese sulla scrivania, ma anche alla tranquillità di Alex nel fare qualunque cosa le potesse dare piacere; non riuscì a capire effettivamente chi dei due desiderava che in quel momento fosse dentro di lei al posto di suo marito, ma l’immaginazione di entrambi fu sufficiente a darle piacere, ed in modo quasi autonomo il bacino si mosse ad accogliere il membro di Michael; Jenny tuttavia preferì tenere la bocca chiusa, prima di tutto perché non si era mai presa il disturbo di fingere di godere con suo marito -e non era certo quello il momento per iniziare- e poi perché temeva che se si fosse lasciata andare troppo, avrebbe corso il rischio di nominare per sbaglio uno dei due, rovinandosi da sola.

I suoi movimenti del bacino furono comunque sufficienti ad aumentare l’eccitazione di Michael, che oltre ai gemiti  e agli ansimi, aumentò il ritmo delle spinte, venendo dopo breve tempo dentro di lei. Un attimo prima di tirarlo fuori, le diede due schiaffetti leggeri sulle natiche, commentando “e così ti piace di più farti scopare da dietro, buono a sapersi!”; Jenny non rispose, infilò soltanto la maglietta e le mutandine, si scambiarono un leggero bacio sulle labbra e andò in bagno.  Spogliatasi nuovamente, s’infilò in doccia, per pulirsi dai suoi umori che le impiastricciavano le gambe, e soprattutto per levare l’odore e quanto fosse uscito dal cazzo di quel porco. Il getto d’acqua fredda che la colpì improvvisamente stimolò ulteriormente i capezzoli, e mentre si massaggiava l’interno coscia non riuscì a resistere: fece scivolare la schiena lungo il muro della doccia, fino ad arrivare a sedersi per terra, divaricò le gambe e fece quanto suo marito non era capace di fare: dedicarsi al suo piacere. Infilò due dita dentro di se, muovendole all’unisono con il pollice che tormentava il clitoride, mentre l’acqua che cadeva proprio sul ventre ripuliva un attimo dopo gli umori che il suo sesso lasciava fuoriuscire. L’altra mano salì a palpare il seno, a stuzzicare i capezzoli con le unghie, mentre ancora una volta la mente faceva il resto; pensò ad Alex, al suo fisico statuario, ed immaginò le sue mani su di sé: si accarezzò lentamente, passando dai seni ai fianchi, per poi scendere sulle cosce e risalire poi sul viso, in modo delicato e servizievole; non appena sfiorò un capezzolo però, la sua mente fu rapita dal ricordo di Matt, e fantasticò che al posto delle sue dita ci fosse la lingua di lui a stuzzicarla; prese allora a masturbarsi più velocemente, con foga, aveva il respiro affannato e dalla bocca spalancata sembrava volessero uscire i suoi gemiti; quando fu all’apice del piacere, in preda alle contrazioni del bacino, avrebbe voluto urlare, e per trattenersi dovette mordersi il labbro inferiore, il barlume di lucidità che ancora era in lei difatti le aveva suggerito di non fare alcun rumore, per non farsi sentire da Michael: non aveva alcuna intenzione di sopportare un altro round di sesso con lui, e sentire la propria moglie che si masturba sotto la doccia sarebbe stato un più che esplicito invito.

Tirò fuori la mano, osservò gli umori di cui era impregnata perdersi sotto il getto dell’acqua, ed ancora con l’affanno, rannicchiò le ginocchia al petto, e rimase un po’ là, nuda e per terra sotto lo scrosciare dell’acqua; rimase a riflettere su Alex e Matt: il primo si era dimostrato riverente e servizievole, ma era solo per il ricatto, o effettivamente la desiderava al punto da far qualunque cosa per lei? E con il secondo, sarebbe finito tutto dopo la loro serata, o avrebbe voluto continuare a vederla? Si chiese, qualora avesse dovuto scegliere, quale dei due avrebbe preferito, ma capì che non era in grado di dare una risposta: non aveva intenzione di impegnarsi con qualcuno, e non le sarebbe dispiaciuto avere due persone con cui divertirsi non appena ne avesse avuto il bisogno. Si rialzò in piedi, ritornando al presente, che le ricordò un fondamentale passaggio: prima doveva sistemare Michael. 

 

Erano passate le 6 da appena qualche minuto, e nel momento in cui le porte dell’ascensore si aprirono, Jenny notò poco distante da lei Matt, che si guardava attorno per ingannare il tempo. L’uomo si offrì immediatamente di prendere la sua borsa, nonostante le obiezioni di lei, come “è leggera, non ce n’è bisogno”, che passarono totalmente inascoltate. Durante il tragitto, Jenny notò i fugaci sguardi che Matt le rivolgeva, osservando in ogni occhiata una parte diversa: dagli stivali neri lunghi al polpaccio con tacco a spillo, alle ginocchia coperte da sottili calze nere, fino a giacca e gonna bordeaux, senza disdegnare i biondi capelli perfettamente lisci ed il suo sguardo apparentemente perso nel vuoto. Preferì lasciare la giacca abbottonata, contenendo le sue forme, ed evitò di muovere o accavallare le gambe: farlo aspettare avrebbe incrementato il piacere di lui, ed anche il suo.

Cenarono in un ristorante fuori città, nel quale si lasciò ammirare la scollatura che la camicetta le permetteva di ostentare; anche mentre tornavano all’auto sentì gli occhi di Matt completamente su di sé, appiccicati sul sedere e sulla sensuale camminata esaltata dagli stivali. Prima di mettere in moto, l’uomo non riuscì a resistere: si avventò su di lei, la baciò con foga, cercando la sua lingua, mentre le mani accarezzavano i seni attraverso il tessuto della camicetta, tenuti fermi da un reggiseno a balconcino. Jenny ricambiò inizialmente il bacio, e poggiando una mano sulla patta notò la sua erezione premere contro i pantaloni. “dai, andiamo a casa”, gli sussurrò in un orecchio, e come un fulmine Matt si staccò da lei e si mise alla guida. Jenny sentì l’eccitazione crescere in sé, la scena rievocò le tante fughe in auto per raggiungere un luogo appartato in cui lasciarsi andare. Poggiò la testa contro lo schienale, e si mise ad osservare Matt, completamente assorto nella guida; probabilmente anche lui non vedeva l’ora di essere a casa, a giudicare dalla velocità alla quale conduceva l’auto.

Dopo un viaggio di pochi minuti, che tuttavia pareva interminabile, parcheggiarono in un viale tranquillo e silenzioso, davanti ad una serie di palazzi. “Eccoci”, disse trionfale Matt mentre le apriva la portiera. Si era fatto buio da un po’, ma la serata era appena cominciata.

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