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Racconti Erotici Etero

Katja, la troietta del boss.

By 12 Dicembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Don Franco era il capo camorrista del mio quartiere. Ma non avevo mai avuto a che farci per fortuna, e non ne avevo voglia. I camorristi mi fanno abbastanza schifo, specialmente don franco, che per le persone era come una specie di divinità. Tutti gli portano rispetto, non pochi quando lo vedono aggirarsi nel mercato gli baciano le mani, come a un santo. Si tratta di una persona ignobile, aveva ucciso molti uomini, e aveva avviato molte ragazze sulle strade della prostituzione, e molti ragazzi nel giro dello spaccio di droga. Aveva organizzato un ampio commercio, insomma è uno degli uomini più ricchi di Napoli. Poteva permettersi ogni lusso e ogni donna, e spesso anche qualche ragazzina. Io ho sempre cercato di girare a largo da questo ambiente. Pare che don Franco volesse espandere il suo potere economico creando una casa di produzione di film porno. Anche la mia fidanzata è del mio quartiere, si chiama Katja, ed è molto bella, anche se un pò paffuta. Ma forse è proprio la sua carne che la fa essere così desiderata. Ha i capelli lisci, rossi, e gli occhi verdi. Le gambe e il culo tutto ben rotondo, tranne le tette, che sono piccole, ma non è importante. Quando passava per il mercato per fare compere, gli scagnozzi di don Franco la guardavano fino a trombarla con gli occhi. A volte facevano qualche apprezzamento.
– Che culo, te lo scoperei e ti inonderei di sborra.
Katja faceva finta di non aver sentito, e tirava dritta. Ma ultimamente, non si permettevano più, perchè a quanto pare don Franco li aveva severamente puniti, dicendo ai suoi ragazzi di portare rispetto a Katja. Questo me lo disse un amico, che era molto vicino al clan, Vincenzino, raccoglitore di scommesse clandestine. Mi incazzai per tutti quegli accorgimenti del boss nei confronti della mia ragazza, cosa voleva da lei? Vincenzino mi disse di non preoccuparmi, perchè girava voce che don Franco fosse diventato gay.
Qualche giorno dopo mi trovavo a casa della mia ragazza, Katja. eravamo soli, i suoi genitori erano via per alcuni giorni. Allora iniziammo la prima fase del pre-scopamento, cioè le effusioni. Eravamo nella cucina, in piedi, la mia lingua contro la sua. poi sentii la sua mano scorrere giù, verso la patta dei miei pantaloni. La abbassò e tirò fuori il mio arnese, già bello duro. Lo prese in una mano e iniziò a masturbarmi lentamente. Mentre continuavamo a baciarci a un certo punto suonò il campanello della porta. Ci fermammo, Katja andò ad aprire, e io rimisi immediatamente dentro il mio uccello. Katja aprì la porta, fuori c’erano gli uomini di don franco, erano due, alti e vestiti come se fossero appena usciti dal carcere. Uno di loro aveva qualcosa tra le mani, ma non riuscivo a capire cosa fosse.
– Stasera ci sarà una festa, tutta a spese di don Franco – disse uno dei due uomini. – Ci è stato incaricato di invitarla al banchetto, don Franco spera molto nella sua presenza. Io se fossi in lei, signorina, non lo deluderei. Inoltre ha detto che deve indossare questo.
Le diede il vestito che portava tra le mani, e poi sparirono. Katja chiuse la porta e venne verso di me, mi mostrò il vestito, era imbarazzante, era un vestito molto corto, in lattice nero.
– Non dirmi che vuoi presentarti davvero con questo vestito?
– Non mi sembra di avere alternative, Andrea.
Effettivamente meglio questa apparizione in tenuta da troieggio che magari essere uccisi, don Franco prendeva ogni rifiuto come un affronto. E gli affronti li aveva sempre puniti. Poi decise di provarlo, magari non era un vestito da troia come sembrava, e invece quando lo indossò era pure peggio, perchè le andava anche stretto. Sembrava una pornostar. Eravamo davanti allo specchio della camera da letto dei genitori, io ero dietro di lei, e notavo che il vestito copriva a malapena il suo bellissimo culo tondo. Le cosce robuste erano completamente nude. Il fatto che dovesse girare in quel modo per il quartiere mi infastidiva molto, specialmente sapendo che avrebbe dovuto partecipare al banchetto del boss.
– Ma guardati, sembri una puttana. Non puoi presentarti alla festa in questo modo.
– Andrea, non sai quanto mi vergogno di indossare questo vestito. Ma credi che don Franco accetterebbe il mio rifiuto?
– Allora ti accompagnerò io. Ci sarò io lì con te.
– Ma certo amore. Credevi che sarei andata da sola?
Quella sera uscimmo di casa, avvolsi Katja in un impermeabile lungo fin sotto alle ginocchia. Il banchetto era stato allestito nel palazzo seicentesco di don Franco. Molto spesso organizzava quei banchetti, almeno una volta all’anno. Ma erano in pochi eletti i partecipanti, ed erano per la maggior parte tutti pezzi grossi della criminalità. Il palazzo non era molto distante da quello di Katja, e aveva un portone altissimo. Era aperto, ma fuori c’erano gli uomini del boss che facevano entrare esclusivamente gli invitati. Ci fecero entrare senza chiederci chi fossimo, già ci conoscevano. Nel quartiere ci si conosce l’un l’altro. Dentro era già tutto preparato, ed erano già tutti seduti. Erano tutti uomini, e Katja sembrava molto imbarazzata. Io invece stavo iniziando a pensare che don Franco avesse organizzato un’orgia, con Katja come unica presenza femminile.
– Ah! – esclamò il boss, che era seduto a capotavola, – è arrivato il dolce. Venite avanti, vi ho riservato due posti.
Il boss era una persona viscida, robusto e con un melone al posto della pancia. Aveva i capelli crespi e dei grandi baffi neri. Tutti gli uomini si voltarono a guardarci, ma maggiormente guardavano lei, avvolta dal lungo impermeabile. Ci avvicinammo ai nostri posti, Katja avrebbe dovuto sedersi proprio di fianco al boss, io invece un pò più distante, tra due avanzi di galera in giacca e cravatta. Prima di sederci, due fedeli uomini del boss sbottonarono l’impermeabile di Katja e glielo sfilarono. Il suo corpo paffuto compresso in quel vestito in lattice venne messo in mostra davanti a tutti i presenti. Partirono commenti a non finire, da quei colleghi di delinquenza di don Franco, e Katja era molto imbarazzata, rimase di sasso, in piedi con tutti quegli occhi addosso, poi si mise a sedere.
– Guarda che puttanella – disse qualcuno.
– Sì, dev’essere una delle troie che si scopa.
– Ma no, non hai sentito che don Franco è diventato ricchione?
– E allora chi è? Perchè l’ha invitata?
– Forse perchè vuole farci un bel regalo, alla fine del banchetto. Magari ce la scopiamo a turno.
– Magari – rispose l’altro.
Tutto questo discorso fu fatto proprio da due uomini che stavano sulla mia destra. L’idea di vedere la mia Katja scopata da tuttu quegli uomini mi dava la nausea. Poi tutti e sessanta gli invitati, tutti uomini, iniziarono ad ingozzarsi al cospetto del boss, ma sempre lanciando a Katja qualche ammiccamento o qualche sbirciatina depravata, al suo corpo compresso nel vestito in lattice. Caviale, vino, aragoste, tutto fu consumato in quel cortile, parlando di affari e di appalti. io e Katja in quel contesto avevamo poca importanza, per il momento. Ma poi quando finirono di mangiare, don Franco si alzò dalla sedia e prese Katja per un braccio, ma delicatamente. Lei si alzò dal suo posto, il boss la prese per i fianchi con le mani. Gli uomini si gustarono la scena, Katja era molto provocante, il vestito di lattice si era alzato leggermente, adesso si vedeva chiaramente il suo tanga beige. Gli uomini fischiarono, come per complimentarsi con la provocante Katja. Il boss sempre con le mani sui fianchi della mia ragazza la fece girare, e poi la spinse con il busto sul tavolo. Adesso stava a 90 gradi, il boss con una mano teneva premuta la schiena di Katja, per non permetterle di rialzarsi, e con l’altra le tolse le mutandine, lentamente. Le scese giù per le cosce, e il movimento lento e erotico di quel gesto era seguito da schiamazzi dei colleghi criminali.
– Si è sparsa la voce che io sia omosessuale. Ma stasera voglio dimostrarvi che non è così.
Ci fu una risata generale, adesso finalmente avevano capito qual’era il ruolo di Katja. Doveva lasciarsi scopare dal boss.
– Vai Franco, ficcaglielo nel culo! – urlò qualcuno.
Le mutandine arrivarono ai piedi, Katja alzò uno ad uno i piedi per lasciar passare il tanga. Il boss lo annusò e lo lanciò tra i suoi colleghi, che lo presero come bestie affamate, per annusarlo e leccarlo, perchè l’odore della passera di Katja era un piacere assoluto. Don Franco iniziò a sbottonarsi i pantaloni, prima siflando la cinta, poi abbassando la patta, sotto non portava le mutande, e il pene già dritto e duro venne fuori. Era enorme, con una cappella rosa di dimensioni non indifferenti. Che avesse il cazzo più grosso del quartiere si era sempre detto, ma pareva fosse solo una leggenda. E invece quella sera capì che veramente il boss aveva il cazzo più duro e gonfio del quartiere, e tra un pò l’avrebbe usato per scoparsi la mia ragazza, Katja, davanti ai miei occhi. Stavo per intervenire, ma se l’avessi fatto, mi avrebbero linciato. Il boss indirizzò la punta del suo cazzo contro le labbra calde della passera di Katja, le accarezzò con la punta, salendo e scendendo con il glande, e aprendole delicatamente. Katja non poteva muoversi, perchè il boss la teneva ferma con una mano. Katja aveva il volto contro il tavolo, era ferma, e si sarebbe fatta fare ogni cosa. Il vestitino di lattice era salito fin dietro le spalle, e il suo culo al vento sembrava essere proprietà privata di don Franco, che senza troppi intoppi la penetrò, e il suo arnese le arrivò fino ai coglioni, e la iniziò a scopare con un ritmo che a Katja faceva molto male, tanto che iniziò a piagnucolare, ma non si opponeva al volere del boss del quartiere, perchè lì eravamo tutti suoi schiavi. E io dovevo starmene zitto mentre si scopava la mia ragazza, dinanzi a quei sessanta uomini che lo incoraggiavano e lo sostenevano in quella trombata da capogiro. La fotteva così forte che i suoi fianchi sbattevano contro le natiche di Katja, e quelle molleggiavano a causa dei forti urti.
– Guarda come se la scopa quella puttanella – disse un uomo ad un amico.
– E quello me lo chiami “scopare”? Se fossi al suo posto il cazzo glielo farei arrivare fino in bocca. E poi gli sfonderei quel bel culone che si ritrova.
– Credete ancora che io sia un omosessuale? – urlò don Franco. – Guardate come me la trombo questa troietta.
E continuava con lo stesso andamento violento, a penetrarla, quasi come se volesse umiliarla, e lui fare bella figura. La prese per i capelli, li strinse in un pugno, costringendola a tenere il viso sollevato, affinchè gli altri vedessero le sue espressioni di dolore e finto piacere, perchè notai che ad un certo punto aveva iniziato a cercare di fingere piacere per non far incazzare il boss. Ma ci riusciva male, la finzione non era il suo forte. Poi Katja gli chiese di non farle del male, con una voce innocente, che don Franco neanche ascoltò. Le afferra il mento con la mano libera e la obbliga a guardarlo in faccia. Un colpo secco, e la penetrò totalmente. Katja spalancò gli occhi e la bocca, lasciando uscire un urlo di dolore incontrollato.
– Aaaahhhhh’ Ahhh’ Dio, no’ Ahhh’Basta – urlava.
– Ma che basta, ho appena iniziato. Non la vuoi tutta dentro la mia sborra calda? – le chiese il boss.
– No, non mi sborrare dentro!
– Allora, dove la vuoi, in faccia? In bocca?
– Forza, scopatela per bene quella vacca – urlò qualcuno.
L’urlo di Katja era ormai continuo, mentre il boss continuava a sbatterla con colpi spaventosi nella passera. Il suo uccello non faceva che entrare e uscire in maniera frenetica dalla sua passera, e le palle sbattevano contro le labbra calde.
– Oooooh’! Oh’ mio’ dio’!
– Così, bella – disse il boss schiaffeggiando le sue natiche tonde.
Tutti gli spettatori ridevano e applaudivano. Katja era tutta sudata, il cuo culetto dopo i forti schiaffi era diventato tutto rosso. L’uccello del boss entrava e usciva dalla sua fica con un rumore di sciacquettio estremamente eccitante, dovuto forse al sudore che inondava le cosce e il culetto di Katja. Poi ad un certo punto don Franco con un urlo più forte del solito cacciò fuori dalla passera di Katja il suo uccellone, e tenendolo premuto nella mano destra fece schizzare il suo sperma, che venne fuori con getti violentissimi, che schizzarono fino dietro le spalle della mia Katja, poi altri più deboli finirono sul suo culetto. In qualche attimo le aveva inondato le natiche del suo sperma. Katja chiuse gli occhi, e restò lì, sul tavolo, sporca dello sperma di don Franco, umiliata davanti a tutti quegli uomini, che ridevano e la chiamavano “troietta” e “puttanella”. Il culetto sporco di sborra all’aria, e il cazzo di don Franco che ancora le accarezzava le labbra della passera, e le imbrattava con le ultime gocce di sperma.
– Che scopata – disse il boss. – Questa sì che è una vera porcella. Ho molti progetti per questa porcona, ma per adesso basta, la festa è finita – colpì con un altro schiaffo la chiappa destra del culo di Katja.
Gli uomini cominciarono ad andare via, Katja invece stava ancora lì sul tavolo, con il fiatone. Poi però don Franco la prese delicatamente per il braccio e l’aiuto ad alzarsi. Le disse che era una principessa bellissima, e le baciò una mano. Poi la portò con se, nella sua casa faraonica. E io non la vidi più, per almeno qualche giorno.

nynfetta@tiscali.it

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