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LA CAMORRISTA PARTE SECONDA. IL RITORNO.

By 10 Dicembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

CAPITOLO 16- SECONDA SERIE.

[Questo &egrave un racconto di pura fantasia, ogni riferimento a persone, luoghi o cose &egrave puramente casuale o usato a fine di creare un contesto realistico, ma non reale.]

Io e Stella vivevamo reclusi nella gabbia dorata sotto casa di DonnaRosa. Lei era la boss del quartiere, era la capa. Ormai il clan, il suo clan, era in mano alle donne. Lei comandava. Incy, Masolina e la Raffa erano le sue vassalle. Spadroneggiavano e facevano la bella vita. Soldi, vestiti, leefting, coca, champagne, donne, gigolò, uomini. Feste e potere. Soldi e violenza. Sotto la guida delle donne tutto però filava liscio, affari, mazzette, corruzione, appalti, droga. Comandavano tutti e tutto. DonnaRosa si infatuò di un ballerino spagnolo, ci perse la testa, lui era uno stronzo, un bel tipo, basso, ma atletico, sexy, scopavano, si baciavano in pubblico fra la gelosia di Stella e la mia indifferenza. Riis si chiamava lo spagnolo era un tipo brillante e faceva soffrire Rosetta, per quanto possibile, la teneva sulla corda, litigavano, si riappacificavano, ballavano, scopavano, lei lo copriva di soldi, gioielli e vestiti. Stella era gelose, litigate, bronci, Rosetta che la chiudeva sotto casa e lei urlava tutta la notte, furiosa, maledicendo Riis. Io me la godevo, non avevo impegni o cose da fare, avevo soldi in tasca(o comunque non pagavo quasi niente, mangiavo bene, ero sempre vestito nelle boutique dove si serviva DonnaRosa). Giocavo alla play in casa o quando Lei me lo concedeva uscivo con Geg&egrave. Andavamo al mare o a trovare Incy e Ricetto.
Una sera DonnaRosa piombò nel mio appartamento. Erano giorni che non la vedevo, passava sempre più tempo con Riis e con Stella. Si era fatta qualche altro ritocchino al volto ed era elegantissima: stivali di pelle D&G, vestito Valentino color crema, foulard Hermes da 2000 euro e una scia di profumo da togliere il fiato.
‘Come va, dolcezza?’ mi chiese.
‘Oh, bene Signora, direi…a cosa debbo l’onore della visita?’
‘Siediti. Ho novità per te.’
‘Oh, buone, Signora? Mi lascia tornare dai miei, alla mia vita?’
lei scosse la testa, aveva gli occhi duri, si accese una sigaretta e mi soffiò il fumo in faccia. Ero abbattuto, mi sentivo a pezzi. Cazzo, la mia libertà! La mia libertà quando l’avrei riacquistata?
‘Ho deciso che ti sposerai.’
‘Cosa? Con chi? Ma perché?…cosacazzo…’
lo schiaffò volò rapido e mi prese in piena faccia.
‘Zitto. Coglione! Questi sono ordini e tu non ci puoi fare un cazzo! Io sono la boss. Te ne sei forse dimenticato?’ e dalla borsetta estrasse una pistola. Piccola, ma una cazzo di pistola.
‘Qui io ordino e tu esegui. O sai cosa rischi.’ ed indicò la pistola.
Deglutii a vuoto. Mi venne da piangere. Lei mi fissava sprezzante. Mi gettai ai suoi piedi.
‘Signora! La prego, questo no! Cosa c’entro io?! Mi lascia andare sa benissimo che non parlerò mai, mica sono scemo? Se mi lascia libero avrà il mio silenzio eterno. Sarò una tomba! Lo giuro!’ dissi baciandole i piedi. Lei mi scalciò via come un cane:
‘No, non posso rischiare e poi mi sei più utile così! Ho deciso. Sposerai la figlia di DonPino. Stop, alzati!’
”.no, Rosetta’.cosa c’entro io? Ti prego…non farmi questo’.’ piagnucolai.
‘Starai bene, non preoccuparti. Qui non mi servi a niente ormai…invece quella ragazza ha bisogno di un marito come si deve, ho scelto te, l’alleanza con DonPino per me &egrave strategica. Tu sei una mia garanzia per l’accordo.’
‘No, Rosetta…ma io’.io…amo te!..’
Mi mollò uno schiaffo terribile e poi un altro. ‘Non fare lo stronzo con me, guagliò a spararti in bocca ci metto un attimo!’ e mi agitò la pistola di fronte alla faccia. Prese il cellulare e mi mandò un messaggio. ‘Quella nella foto &egrave Angeluccia, sarà lei la tua sposa. Domani ti darò tutte le indicazioni del caso. La porterai a cena, le farai la proposta di matrimonio, l’anello e tutto il resto, sei farai il bravo, vedrai che le cose ti andranno bene, se farai il coglione ti ritroverai morto con le tue palle in gola in qualche discarica!’ la sua minaccia non ammetteva repliche, ma lo stesso provai a baciarle i piedi e piagnucolai: ‘Non farmi questo Rosetta, non farmi questo’.ti prego’.no’.ti prego’..’ ma lei se ne andò lasciandomi di fronte al mio destino.
Quando mi fui ripreso un attimo dallo shock per la notizia, aprii la foto sul cellulare. Mi apparve il volto rotondetto e insignificante di questa Angeluccia. Era grassa, occhi scuri, sui ventanni, naso a patata, espressione da idiota. Mi venne da vomitare. Dovevo sposare questa donna?
*
Nei giorni seguenti ricevetti istruzioni sul mio destino. Geg&egrave mi spiegò che DonPino era un boss dei quartieri ad est della città, aveva un grosso giro di ristoranti e di forniture per locali e aveva 4 figlie femmine e 1 maschio. Le tre sorelle di Angeluccia erano già maritate, il fratello studiava già da boss e stava in galera e l’ultima figlia era usata come sigillo per l’accordo fra DonnaRosa e DonPino per spartirsi territorio ed affari. La ragazza mi aveva già visto in foto e le piacevo, ma dovevo fare il romantico con lei: corteggiarla, farle la proposta di fidanzamento-matrimonio e via. ‘Ma com’&egrave, Geg&egrave?’ gli chiesi. ‘Nu cesso, amico! ‘na cozza e merda, chiattona e pure un poco scema’.ma i soldi gli escono pure dal culo! Te la sposi, le fai fare i figli e te ne stai fuori casa tutto il tempo. Così si fa.’
‘…e se scappo, Geg&egrave?’
‘Se scappi sei fottuto. Uno sgarro del genere a DonnaRosa e DonPino non puoi farlo. Se ti beccano prima che raggiungi il Messico o il Brasile ti ammazzano. Se ce la fai sanno dove abitano i tuoi genitori e se la riprendono con loro. Mi spiace, guagliò, sposati ‘o cessoemmerda e non pensarci più!’
Quello che diceva Geg&egrave era vero. E poi il mio passaporto lo aveva DonnaRosa come potevo lasciare l’Europa? Così accettai. Rosetta mi regalò 5000 euro e un anello che ne valeva molti di più. Mandai dei soldi(ne avevo accumulati parecchi vivendo da Rosetta)ai miei genitori e l’anello, dicendo di usarlo per quello che ritenevano più giusto. Telefonai loro per spiegare che mi sarei sposato, ma che non potevo invitarli al matrimonio(mi vergognavo e non volevo che scoprissero in che guaio mi ero ficcato). Con Geg&egrave organizzammo un addio al celibato in un bordello austriaco. Rosetta mi concesse di andare assieme a Geg&egrave e ci pagò persino il viaggio. Il bordello era in una enorme casa di legno poco fuori la città di F. Appena entrammo ci dettero asciugamani e accappatoi bianchi e un braccialetto. Con quello avremmo pagato tutto, puttane comprese. Il posto era molto bello, accogliente, caldo a due piani. Al centro una piscina calda e un grosso bar, attorno luoghi dove appartarsi con tavolini, sdraio, ecc.di sopra le camere da letto. Le ragazze passavano nude e si fermavano a parlare con noi. Geg&egrave si fiondò subito su una bassina molto carina e se la portò di sopra, io rimasi lì a godermi la pacchia di tutte quelle fiche nude che si fermavano a mostrare la mercanzia. Parlai con 3 o 4 ragazze, quindi scelsi Milika, una ragazza slava sulla trentina dal corpo snello e pulito, portava delle trecce a capelli rossoarancio accesi, gli occhi erano verdi e aveva una bella bocca carnosa e sexy colorata di rossoarancio pure quella. ‘Vieni di sopra allora?’ mi chiese lei.
‘Perch&egrave no? Sei molto carina.’ ‘Grazie. Sono 150 euro per mezz’ora e 200 un’ora.’ ‘I soldi non sono un problema.’ Mi condusse di sopra in una stanza molto piccola ma carina, pulita, semplice, le luci erano basse ma diffuse. Mi spogliò e mi accarezzo. ‘Per 400 euro possiamo fare anche una cosa a 3 con una mia amica somala, molto bella e bravissima.’ l’idea mi eccitò subito. ‘Accetto!’ dissi di scatto. ‘la chiamo..’ telefonò dal cordless vicino al letto e dopo pochi minuti entrò una ragazza alta, nera, con lunghe treccine per capelli, un corpo flessuono e accattivante. Lunghe gambe, trucco leggere, bel seno. Ci sdraiammo sul letto e iniziammo a toccarci. Non volevano essere baciate, ma mi leccarono ovunque, capezzoli, spalle, gambe, scroto, uccello. Ogni tanto si baciavano fra loro, non era una messa in scena per il cliente, si capiva che si divertivano fra di loro. Era tutto molto eccitante e vedere quei corpi freschi, le fighe depilate tutte quelle zinne al vento mi ingrifò di brutto. Il cazzo era durissimo, così spinsi la somala sul letto, afferrai Milika e la voltai di schiena spingendo la sua faccia contro la figa della puttana. ‘Oh, vai bellomio! Mi piace la tua fantasia.::’ disse e prese a leccare la figa della nera. Ci dava sotto mentre io le sbattevo il mio cazzo sul culo. Mi gustai la scena delle due amanti, quindi infilai il mio cazzo nella figa di Milika ed iniziai a fotterla mentre lei succhiava l’amica. La cosa mi prese subito alla grande, iniziai a fottere allegro e rilassato mentre la slava leccava la passera della somala. Questa si godeva il lavoro dell’amica e mi mandava occhiate eccitate. Dopo che mi fui montato Milika, uscii da lei e mi gettai sulla somala, me la scopai mentre Milika si baciava con lei e si faceva leccare le tette. Quelle lingue che giocavano, le tette della nera, il mio cazzo eccitato mi mandarono in estasi. Stavo per venire, ma mi fermai di nuovo. Volevo sentire le loro bocche sul mio uccello. Mi distesi sul letto appoggiandomi alla testiera dove c’erano delle manette appese. ‘Succhiatemelo, bellezze!’ dissi e mi godetti un pompino magnifico, le due troie si passavano il cazzo fra di loro e sentivo entrambe le lingue e le bocche che mi facevano impazzire. Le due si baciavano fra loro e la somala giocava col mio buco del culo, muovendo un dito leggiadra dentro di esso. Cazzo era favoloso! Un pompino magnifico, le due che si baciavano, la brava somala che giocava con mio ano, alla fine venni con forza, travolto da un orgasmo liberatorio eccezionale.
*
Di sotto ritrovai Geg&egrave e ci ubriacammo di champagne in compagnia di 2 austriache che ballarono e si lasciarono toccare mentre ordinavamo bottiglie su bottiglie. Il conto alla fine fu di 3590 euro, ma eravamo stati da Re.
*
Il piano per farmi sposare Angeluccia era già partito. Lei era già convinta di sposarsi anche se mi aveva visto solo in foto. La madre e le sorelle avevano fatto opera di persuasione e l’avevano già messa nel mood-matrimonio-festa-ammmmmore, cosa per altro facile. Sbirciai il profilo facebook di Angeluccia: c’erano poche foto sue(una dozzina non di più), era grossotta, grassottella, un volto ovale e un grosso seno da matrona napoletana. Il resto del profilo era invaso da frasi da quindicenne sull’amore, da foto di divi del cinema, da gattini e fiori, link di canzoni neomelodiche. In pochi minuti mi era chiaro chi fosse Angeluccia: una chiattona stupida che credeva alla Famiglia, principe azzurro, l’Ammmmmore e stronzate del genere. Piena zeppa di soldi(dal profilo ciò era evidente, cene a Forte dei Marmi, giri in nave, elicotteri, gioielli, vestiti e borse firmate, anche se lei non sembrava così ossessionata dal denaro e gli oggetti, i suoi post erano tutti su principi azzurri, amore, figli, ancora amore e gattini. Ne rimasi nauseato. Con lei non avevo nulla a spartire, zero, neppure un’idea, un interesse. Ma cosa potevo fare? Mandare a monte il matrimonio era un azzardo terribilmente pericoloso. L’unica speranza era che non gli piacessi. Ma quando mi dettero il cellulare col quale potevo parlare solo con lei c’erano già dei messaggi mandati da altri a mio nome nel quale mi dichiaravo colpito dalla sua bellezza, dalla sua grazia, dai suoi occhi dolci. Lei rispondeva come una bambinuccia scema con frasi tenere, cuoricini e bacini. Dovetti chiamarla e Rosetta mi fece leggere una lettera nel quale mi dichiaravo come suo ‘spasimante’, mi veniva da ridere, solo che lei aveva una pistola in mano e mi minacciava. Alla fine della telefonata imbarazzata e stupida le chiesi se il sabato voleva venire a cena con me. Lei accettò prima che finissi di dirlo.
*
Prima della cena DonPino mi fece chiamare. Lo raggiunsi con Geg&egrave in una pizzeria in pieno centro. Era un uomo basso, grasso, quasi calvo con due baffi ridicoli, ma aveva due occhi di brace e parlava con un tono da boss, da figlio di puttana. Dopo le presentazioni e bevuto il caff&egrave, mi chiese dei miei genitori e mi fece delle domande su che lavori avessi fatto prima di venire a N. poi si alzò cacciò fuori una pistola enorme dal cassetto e mi ficcò gli occhi in faccia:
‘Guagliò, tieni una faccia di cazzo e si capisce che non vuoi stare qui. Ma non me ne fotte un cazzo. Angeluccia &egrave un pezzo del mio cuore. Se la fai stare male o fai lo stronzo con lei o se alzi una sola mano su di lei, la vedi sto ferro? Bene, te lo ficco in culo e ci sparo dentro sei colpi. Intesi?’
Cazzo ero impaurito e mi cacavo addosso. DonPino faceva paura. Annuii
‘Sì, Signore”..non farò mai del male a sua figlia.!’
‘Okkay. Sta buono così. Non ci torniamo sopra ‘ e ripose la pistolona ‘ do la mia benedizione al matrimonio. Vivete felici, fate tanti nipotini. Vattinne!’ e mi cacciò dalla pizzeria.
DonnaRosa mi preparò per la cena. Andammo in una boutique del centro a comprare il vestito: un gessato azzurro con camicia bianca e polsini grandi e gemelli con brillanti, scarpe a punta lucide di coccodrillo, cravatta che da sola costava 100 euro. Ero ridicolo conciato a quel modo, ma lei disse che Angeluccia avrebbe accettato. Mi disse come parlarle, quali cose dire e quali tacere, quindi mi fornì un’auto per andare a prenderla e mi dette l’indirizzo del ristorante e l’orario. ‘Guagliò, trattala come una reginetta, non deludermi e ricordati sempre che se sgarri finisci in una discarica!’ mi disse alla fine. La guardai in faccia, era decisa e inappellabile come sempre, io mi sentivo uno scemo e allo stesso tempo un condannato. Sospirai. Poi lei mi mise una mano sul pacco davanti alla commessa che si allontanò subito dal camerino dove eravamo e mi dette un bacio in bocca: ‘Tu sei mio! Guagliò. Sposerai Angeluccia, ma tu appartieni a me, ricordati anche questo!’ fece dopo avermi baciato, stringendomi il pacco in una morsa con la sua mano curata, ingioiellata.
*
Alle sette e mezza mi presentai a casa di DonPino. Angeluccia mi attendeva sulla porta con la madre e le sorelle. Indossava un abito bianco vaporoso, lungo oltre le ginocchia, grosso decolt&egrave, le tette erano grosse, sfatte nonostante la giovane età e luccicavano di brillanti, le gambe tozze con polpacci da terzino sopra scarpe coi tacchi. Il volto era quello di una ragazzona grassoccia, guance rosa, occhi scuri, capelli con un complesso arroccamento sopra. Era ridicola, bruttina e si vestiva come una principessa delle fiabe. ‘…sei un incanto..’ le dissi sentendomi un idiota nel mio vestito stretto azzurro. Le sorelle erano uguali a lei, la mamma pure, ma più vecchia. Baciai e salutai tutti. Salimmo sull’auto nuova e andammo al ristorante. In auto avevo messo la musica che piaceva e lei e le feci un sacco di complimenti per come era vestita e l’aspetto. Lei sorrideva e rispondeva con un vocina da sedicenne. Cazzo mi sentivo un fesso. Un condannato. Al ristorante parlammo e mangiammo. Cercai di bere un poco per farmi coraggio. Eravamo nel tavolo più bello al centro del locale e vi guardavano tutti. Dopo il dolce, chiesi ancora da bere e mi feci coraggio. Dalla tasca della giacca presi l’anello, mi inginocchiai davanti a lei e altre 15 persone sconosciute e con voce impostata dissi: ‘Angeluccia, non ci conosciamo ancora bene, ma sento di amarti da sempre. Sei dolce e bellissima. Vuoi sposarmi?’ (DonnaRosa mi aveva fatto imparare a memoria quel discorso stupido e falso) Lei scoppiò a piangere ed infilarle l’anello da inginocchiato fu complicato. La gente sorrideva, ma quando lei disse: ‘Sì, LO VOGLIO AMORE!’ scoppiarono tutti ad applaudire, un violinista arrivò all’improvviso e un cameriere si mise a cantare una canzone napoletana. Ci baciammo e lei mi abbracciò come fossi un pupazzo di pezza. Soffocandomi da quanto stringeva. Le chiesi se voleva uscire da lì quando il cameriere smise di cantare e lei accettò. La cena era costata oltre 300 euro fra arogosta e champagne, ma DonPino aveva già predisposto tutto. Il ristorante era suo.
La riportai per fortuna a casa dopo che avemmo parlato ancora in un caff&egrave. Mi sentivo ridicolo e fottuto. La guardavo in faccia e mi veniva da ridere e da piangere assieme. Ma mantemmi la mia parte e finsi di essere innamorato di lei. Dopo ripresi l’auto e andai verso la costa. Mi telefonò DonnaRosa : ‘Come &egrave andata, guaglio?’ le raccontai tutto. ‘Bravo guagliò, così si fa!’ mi fece promettere ancora di fare il bravo guaglione e poi mi salutò. Mi sentivo veramente fottuto, in trappola. Bevvi ancora dei cocktail in un bar sul mare riflettendo sui miei guai. Quindi andai via, ma su un lungo viale incontrai delle puttane. Feci qualche giro e alla fine scelsi una vecchia troia col volto da baldracca, rossetto da troione e senza un paio di denti. Aveva delle grosse tette sfatte e un bel culo. Ci appartammo in una stradina secondaria. Mi calò giù i pantaloni dopo che ebbi messo 30 euro nella sua mano destra. Stringendo i soldi in mano mi fece un pompino. L’abitacolo era saturo del suo profumo da baldraccona, di sudore e di sedili nuovi dell’auto. Con la bocca la troia ci sapeva fare, me lo succhiò a lungo facendomi alla fine rilassare e tirare. Mi succhiava la cappella e poi ingoiava, era abile ed esperta. Le venni in bocca e nel preservativo. Le detti altre 20 euro e lei mi ringraziò.
Tornando a casa mi venne la paranoia che mi avessero visto e che qualcuno parlasse. In fondo sia Rosetta che DonPino avevano occhi ovunque. Fanculo pensai, se devo carcerammi con quella scema di Angeluccia, che mi prendessi le mie libertà!
Ma nessuno seppe nulla.
*
Iniziarono i preparativi per il matrimonio. Ero convocato a casa di Angiuluccia con la madre e le sorelle. Preparativi, nomi, posti, orchestra, cibo, ecc. una palla incredibile. Io dicevo sì a tutto e mi annoiavo a morte. Angeluccia era al settimo cielo. Le ore in quella casa era terribili e assurde. Vidi la sua camera. Pareva quella di una bambina delle medie. Tutta rosa piena di foto, pupazzi, bambole, cuori, brillanti. Mi venne da riderle in faccia, ma lei era orgogliosa e innamorata di me. Io facevo il minimo necessario, le mandavo cioccolatini, messaggini, cuoricini. Ogni domenica qualcuno le mandava un mazzo di rose rosse a mio nome. Ero disperato. Rosetta diceva che le cose andavano bene e che stavo facendo il bravo guaglione come voleva lei. Ad un mese dal matrimonio organizzai una festicciola con Geg&egrave nel sottocasa della boss. Rosetta era via col suo boyfriend in Spagna, Stella era al mare con le amiche e così Geg&egrave portò da me tre puttane e un trans. Ci sfondammo di erba e vino bianco per le ragazze. giocammo con loro: leccate saffiche, baci, pompini, la trans che era una stangona bionda tatuata brasiliana me lo fece succhiare un poco, quindi Geg&egrave se la scopò sul letto mentre io scopavo con le ragazze. Il cazzo del trans mi era piaciuto in bocca, ma non volevo dirlo a Geg&egrave. Le due troie ci davano sotto, si baciavano fra loro, giocavano, capezzoli baciati e tirati, il mio uccello che passava di bocca in bocca. Geg&egrave intanto sfondava il culo alla trans che urlava di paicere. Mi inculai una puttana mentre l’altra mi leccava il petto e i capezzoli. Geg&egrave venne nel preservativo mentre la trans gli leccava le palle. Venni anche io nel culo della troia e poi Geg&egrave se ne andò a fare una doccia mentre io mi distesi nel mezzo alle ragazze nude e alla trans. Quella mi prese la mano e la mise sul suo cazzo. La troia prese l’altra mano e se la mise nella figa. Così iniziai a fare un lavoro di mano ad entrambi. Da una parte la figa della puttana, dall’altra il cazzo della trans che si ingrossava. Ero eccitato e ci davo sotto. Infilavo e smanettavo. La donna si eccitò e divenne calda e umida, la trans ingrossò il suo cazzo e io lo segavo. Vennero entrambe sotto i miei colpi, da una parte il caldo della figa umida della troia, dall’altro lo sperma caldo della trans. Quando andarono via mandia un messaggino di baci ad Angeluccia che mi rispose con una faccina sua piena di LOVE e cuori rosa. Fanculo, bambina viziata! Dissi a me stesso e a lei.
Venne il giorno del matrimonio. Fu pacchiano e assurdo. Giungemmo in chiesa in Ferrari ed entrammo alla festa in carrozza trinata, con 6 cavalli. C’erano centinaia di invitati. Sfarzo e camerieri ovunque. Nessun parente o mio amico. Ero tagliato fuori dal mondo. Imprigionato nel lusso di camorristi assassini. Il pranzo fu lunghissimo e la festa dopo orribile e cafona. Ballamo io e lei per primi e poi si scatenò la bolgia. Gente ubriaca, cori, canzoni, musica sparata e poi i giovani tirarono fuori pistole ad acqua gigantesche, le riempivano di champagne e si sparavano adosso. Per fortuna scappai via, convocato da Rosetta. Era dentro un grosso Hammer, seduta dietro da sola a fumare. Il sedile dietro era enorme, pelle nera lei era elegante ed asustera, semnpre più giovane dai lavori chirurgici. ‘Siediti, guagliò! &egrave il gran giorno, sei sposato. Bravo hai fatto ciò che ti chiedevo. Adesso mettila incinta e i tuoi problemi sono finiti. Fai il bravo marito. Padre e non rompermi il cazzo.’
‘Sì’.signora’.’
‘Bene. Adesso voglio che me la lecchi, come sai fare tu. Da bravo. Mettiti giù e fammi godere!’ mi ordinò. Io ero stupito, ma lei era la boss. Mi tolsi la giacca, mi misi sopra di lei che stava distesa, le tolsi le mutandine sotto la gonna corta e le leccai la figa.

(scrivete se vi va impressioni su serie a dorfett@alice.it) Così mi ritrovai a leccare la figa della boss in un Hummer il giorno del mio matrimonio mentre mia moglie ballava alla festa. Ero a capo chino sul sesso di Rosetta, infilavo la mia lingua nella sua fica, divaricandole appena le grandi labbra con le dita e spingendo a lungo dentro di lei. Baciai e succhiai quella vecchia fica di copoclan, lei stava fumando una sigaretta godendosi il servizietto del suo ex-gigolò personale. Mi teneva una mano sulla nuca mentre fumava altera e sicura di sé. Leccavo e baciavo spingendo la mia lingua in quella vagina che sapeva di donna matura, di sesso, di supremazia, di potere. I sedili dell’Hummer erano morbidi e avvolgenti nella loro pelle lucida, lei aveva le gambe aperte per accogliere la mia testa che si muoveva sul suo sesso, spingevo la mia lingua e slappavo. Succhiavo e baciavo, leccavo per darle piacere. Lei fumava spingendo una mano sulla mia nuca per aumentare il suo piacere. Alla fine venne. Calda e fremente la passera della boss esplose in umori che mi riempirono la bocca e le labbra, finendo anche sul naso,per via del fatto che lei, nell’orgasmo, mi tenne sotto, facendo in modo che la mia faccia fosse dentro la sua figa.
Quindi si ricompose e scendemmo dall’Hammer, mi prese a braccetto e andammo alla festa. DonPino quando ci vide arrivare si precipitò ad accogliere la boss con tutte le smancerie del caso. Angeluccia, sudata in quel vestito bianco che la faceva sembrare una grossa balena felice, era eccitata e agitata. Rosetta le dette due bacetti sulle guance rosse e poi disse: ‘Che caruccia che sei, bambina mia…che sposa! Che bella festa! Come sei carina con questo vestito’.datevi un bel bacio da innamorati!’ ci disse e così baciai la balenotta. Lei avvertì sicuramente l’odore della fica di un’altra donna sulle mie labbra, ma rimase in silenzio. Angeluccia era stupida ma non al tal punto di non sapere chi fosse DonnaRosa. DonPino brindò con champagne e dette ordine che partissero i fuochi d’artificio che guardammo dal balcone: io, la sposa, DonPino e la moglie e Rosetta.
Dopo lo spettacolo pirotecnico restammo ancora a ballare e bere e per fortuna eravamo tutti quanti ubriachi che non dovetti consumare la prima notte con Angeluccia che si addormentò col vestito da sposa sul letto, mentre io dormii contento sul divano della camera. In attesa che il nostro nuovo appartamento fosse pronto infatti era stato stabilito che vivessimo con la famiglia di DonPino.
*
La vita matrimoniale era tremenda. Pallosa ed opprimente. La casa di DonPino era enorme ma piena di gente e familiari di Angeluccia. Come mi ripeteva spesso Geg&egrave dovevo insistere che andassimo fuori da lì e poi mettere incinta la donna. Mi ero fatto degli esami per la fertilità e tutto era risultato in regola, così mi misi al lavoro per ingravidare Angeluccia. Non era impresa facile, lei era una cozza e poco avvezza al sesso. Era inerme a letto, si faceva montare, le venivo dentro e poi passavamo il tempo a coccole e paroline dolci. Uno strazio. Provai a ravvivare la cosa, ma lei non amava il cazzo, non me lo succhiava mai o qualcosa del genere, una palla! Eccitarmi con lei non era facile ma mi impegnavo al massimo. Viagra e sogni di altre donne. Mi piaceva anche prenderla da dietro nella passera per sbattermela bene. Spingevo sul suo culone da chiattona e la tenevo ai fianchi come una vitella. Lei apprezzava ma era troppo pudica per lasciarsi andare, mugolava solo amoreammmoreammmmmore mentre glielo sbattevo dentro.
*
Non era facile fare l’innamorato con Angeluccia, era proprio una cozza, la trovavo banale, stupida e inutile, ma mi ero dato un modus operandi che funzionava: messaggini, bacetti, regalini e così via. Lei era innamoratissima di me e ciò rendeva le cose più semplici. Cercavo in ogni modo di stare fuori casa. Mi ero iscritto ad una palestra figa, facevo squash, e andavo al cinema ogni volta che potevo, ma Angeluccia mi opprimeva e la sua famiglia mi stava col fiato sul collo. Così spinsi per andare a vivere nel nostro nuovo appartamento e chiesi a DonPino di poter occuparmi di qualcuno dei suoi ristoranti. Lui non si fidava di me, ma convinsi Angeluccia a darmi una mano: ‘Mi scoccia non guadagnare niente, amoruccio mio…potrei essere utile a tuo padre, anche partendo da uno stipendio minimo come il cameriere…’ ‘Oh, ammmmmore mio, ci parlo io con papà, quello che dici ti nobilita..’ rispose lei. Così DonPino mi trovò un posto in una pizzeria nella parte alta della città. Era la classica pizzeria coi soliti menù ed io ero una sorta di manager. Capii subito perché DonPino mi aveva mandato lì: era ingestibile, il vero manager era un parente della famiglia vecchio e malato che stava tutto il tempo seduto alla cassa e pareva una statua. Tutto era gestito dai camerieri che si approfittavano della situazione, uno era Ciruzzo, l’altro Carmine, erano loro i padroni del posto; il pizzaiolo egiziano e il suo aiutante erano succobi di loro, c’era un altro cameriere, Gigino che era mezzo scemo e una cameriera Marisa che invece era una ragazza giovane e sveglia. Ciruzzo e Carmine non mi piacquero subito, si capiva che erano degli stronzi che se ne approfittavano. Giocarono di ruffianeria con me facendo in modo che non capissi niente di come andava il ristorante e trattandomi come un pascià affinché non facessi nulla. All’inizio la cosa mi stava bene, avevo la scusa di stare fuori di casa, mangiavo al ristorante e me ne fottevo, non erano soldi miei, ma dopo qualche tempo capii che Ciruzzo e Carmine erano dei veri stronzi e approfittatori. Si intascavano le mance per tutti invece che dividerle, fregavano soldi alla cassa quando il vecchio proprietario pisolava(quasi sempre), trattavano Gigino e i pizzaioli come dei loro servi, solo Marisa teneva loro testa, ma una volta la sorpresi a piangere fuori dalla pizzeria: ‘Cosa c’&egrave Marisuccia? Non stai bene? Vuoi andare a casa?’ ‘No..no…ecco…niente…solo’..Ciruzzo nu stronzo, figlio di zoccola…e…e…e…meglio che mi stia zitta!’ ‘Invece raccontami, parla, ci sono qua io, ti giuro che ti difenderò, puoi fidarti..’ Lei allora scoppiò e vuotò il sacco: Ciruzzo e Carmine non solo si approfittavano della situazione ma gestivano tutto e lucravano sulle forniture, gonfiando le fatture, facendo sparire i soldi delle spese per pasta, pommarola, pesce, ecc. e ricattando l’egiziano e il suo assistente, siccome quelli non erano in regola con il permesso di soggiorno si facevano dare metà stipendio da entrambi per stare zitti con gli sbirri. ‘Cazzo Marisa, sei sicura di quello che dici?’ ‘Certo, se fai una verifica sui conti lo capisci subito, ma io non ti ho detto niente…ok?’ ‘Certo Marisa non temere!’
Dato che non avevo un cazzo da fare mi misi al lavoro per scoprire se quello che aveva detto era vero. Chiamai un commercialista(finsi che fosse un designer che si sarebbe occupato di rinnovare il locale)e gli feci leggere i conti, i libri, ecc. dopo poche ore mi confermò che c’erano fatture false, ingrandite, gonfiate o contraffate successivamente e la cosa andava avanti da almeno 5 anni. Quindi di nascosto feci istallare delle telecamere nel ristorante che registravano tutto e mi bastarono pochi giorni per scoprire come Ciruzzo e Carmine facessero i loro comodi, rubassero soldi e tiranneggiassero i due pizzaioli egiziani. Con le prove andai da DonPino e gli mostrai tutto. Lui rimase sorpreso e incredulo, non poteva pensare che due camerieri che lavoravano con lui da 10 anni lo fottessero così. Era sorpreso anche dal fatto che io avessi scoperto tutto mostrandomi più furbo di loro, ma era pieno di odio. Convocò i due a casa con la scusa di parlare dei nuovi arredi della pizzeria, li fece accomodare ad un tavolo e mostrò loro i video dei furti e le fatture contraffatte. Eravamo io, DonPino e 4 ragazzoni guappi. I due si misero a piangere e invocare perdono, ma DonPino prese un martello, costrinse i due a tenere le mani aperte sul tavolo(erano tenuti dai guappi grandi e grossi)e spaccò loro le mani a martellate. Il rumore delle ossa che si frantumavano era terribile, loro urlavano come pazzi e il sangue coprì tutto il tavolo, fu una scena orribile, ma DonPino alla fine mi disse: ‘Bravo guagliò, ti credevo un fesso, ma non sei così scemo…’
Mi dette pieni poteri sulla pizzeria, il vecchio parente fu messo a riposo ed io ebbi carta bianca. Non sapevo nulla di gestione pizzerie e non volevo impegnarmi troppo, così c0nvocai Marisa e gli detti la gestione del posto: ‘Chiama chi vuoi, gente che vuole lavorare, fai i cambiamenti che credi, diventerai tu la manager, fia come vuoi, basta che non mi freghi!’ ‘Oh, non lo farò, credi in me, sono una tosta! Vedrai non ti deluderò!’ Infatti fu così. Marisa chiamò tre sue amiche, più una nuova cuoca e cambiò tutto nella pizzeria, divenne un luogo molto rosa, gay friendly e di tendenza, DonPino all’inizio era contrario: ‘Che cazzo &egrave sta roba da ricchioni?! Mi fa schifo tutto sto burdello, guagliò sei uscito pazzo??!!’ sbraitò quando vide come Marisa aveva rimesso la pizzeria, ma per fortuna ad Angeluccia piaceva, Marisa e le sue amiche erano in gambe e sveglie e la clientela fu subito molto numerosa: gay, lesbiche della città e anche da fuori, la cuoca era brava e la notizia si diffuse, su tripadvisor subito piovvero recensioni positive e in poche settimane il ristorante era pieno. Io e Marisa eravamo euforici e DonPino quando vide i soldoni se ne fott&egrave della clientela: ‘Ste donne che sembrano uomini e sti frocioni che sembrano donne!che si fottano tutti! Ma, cazzo, guagliò questo posto &egrave una miniera d’oro!’. Il successo del ristorante migliorò le cose. DonPino accellerò i lavori della casa mia e di Angeluccia e ci trasferimmo lì mollando lui, la moglie e le sorelle. L’appartamento era bello, ampio, 9 stanze, con un bel balcone sul mare. Ovviamente l’avevano arredato Angeluccia, le sorelle e la madre ed era pomposo, principesco, pacchiano, dmascato e pieno d’oro, vetrine e vetrinette, camera nostra una bomboniera rosa, ma c’era un armadio-stanza enorme per tutte le cose mie e sue; avevo insistito per avere un mio studio: una stanza tutta per me come la Virginia Woolf, pochi metri quadrati speciali con tv, stereo, playstation, divano letto. Solo mia, la riempii di cose utili: giochi, gin, erba, acqua e cuscini e me la tenni stretta.
La seconda cosa riguardò Marisa. Un martedì che il ristorante aveva chiuso dopo una festa gay che aveva tirato su una roba come 985 euro, lei si presentò nel mio studiolo e mi guardò strano: ‘Grazie, sei stato gentile con me e mi hai dato questa opportunità. Nessuno lo avrebbe fatto..’ ‘Sei brava Marisa, sveglia e sai fare il tuo lavoro. Grazie a te. E sei anche molto carina.’
Marisa non era una bella ragazza, ma carina sì, piccolina, biondina e chiara di pelle, poche tette, gambe corte, volto sereno e occhialini da secchiona, truccata con stile giovanile mostrava meno dei trentanni che aveva. Mi guardava strano: ‘Posso fare qualcosa per te?’ chiese. Io mi alzai chiusi bene la porta e mi calai i calzoni. ‘Beh, qualcosa forse sì…’ lei si abbassò al mio cazzo e lo prese in bocca. Aveva una boccuccia piccola ma ci sapeva fare. Mi sbocconcellò la cappella mentre con la mano mi segava l’asta e mi sfiorava le palle, quindi prese a succhiare il cazzo con abilità, risucchiando e leccandomelo bene in punta. Mi sprofondai sulla sedia sentendomi un poco Tony Manero e mi godetti il blow-job di Marisa. Lei succhiava e ingoiava, mi toccava le palle eccitandomi, andava su e giù con la bocca e mi faceva impazzire. Sentii i brividi sulla schiena, lei mi tenne salde le palle, succhiò forte, aspirando e facendosi scomparire l’uccello nella bocca. Diamine come era brava! Godevo e lei giocava con le mie palle, toccandole e stringendole. Intanto me lo ciucciava. Venni di getto, esplodendole in faccia. Mi adattai alla nuova vita come manager del ristorante e marito. Come mi ripetevano tutti dovevo mettere incinta Angeluccia. Ci provai. Scopavamo quasi ogni giorno, mi imbottivo di Viagra e film porno per eccitarmi poi la prendevo da dietro. Lei non era fatta per il sesso. Era imbranata, inesperta, goffa nel suo corpo da grassoccia. Di eccitarmi manco ci provava e dovevo fare tutto da me. Dopo voleva le coccole, era imbarazzante e noioso. La sua faccia mi ammosciava, così la prendevo da dietro, chiamandola Babe come il maialino di un vecchio film. Lei pensava che dicessi baby e la cosa mi divertiva. Scopare lei era noioso, la tenevo per i grossi fianchi e spingevo veloce e dritto. Venivo finalmente e speravo di aver fatto centro. Marisa invece era una ragazza sveglia e sapeva come divertire un uomo. Ci vedevamo la sera dopo chiusura, parlavamo del locale, dei conti, due birre, una canna e finiva che lei me lo succhiava alla grande. Toccandomi la palle, giocando col sesso, succhiava e slappava alla grande. Le detti in pratica la gestione del locale, passavo per i conti, i soldi e il pompino. Cosa facesse poi non mi fregava. DonPino era contento perhc&egrave la pizzeria funzionava alla grande.
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la libertà mia era a metà, ma non potevo lamentarmi troppo. Avevo la mia stanza per giocare e quando avevo fatto i miei doveri di marito, scopare Angeluccia, potevo anche andare fuori o al ristorante. Certo DonPino mi teneva d’occhio, le domeniche con Angeluccia e la famiglia era terribili, ma passavano.
DonnaRosa non si fece sentire quasi mai in quei lunghi mesi. Un messaggio, due, poco altro. Una domenica, ad un battesimo dei cento nipoti di DonPino c’era anche lei. Stava seduta ad tavolo assieme a Stella. Cappello, vestito di lusso, scarpe col tacco, elegante ed austera. Non pareva cambiata. Stella invece era molto ingrassata, ma era sempre una bella ragazza. ‘Buonasera, Signora, come sta? E tu Stella?’ chiesi, facendo un inchino.
‘Ciao, guagliò. Stiamo bene. Vero Stelluccia?’
la ragazza fece un segno con la testa e tornò a sorseggiare il vino.
‘Il suo accompagnatore?’ chiesi ancora.
‘Non sono affari tuoi guagliò!’
‘Scusi.’
‘Bravo. Va a prendermi da bere.’ andai al bar della villa e ordinai un cocktail per Rosetta. Lo portai.
‘Come va con Angeluccia? L’hai ingravidata?’
‘Purtroppo no’.’
‘Datti una mossa, guagliò!’ quindi mi disse di andarmene e non la vidi più per altro tempo.
Con Marisa le cose si facevano più intriganti. Una sera mi chiese se la scopavo nel culo.
All’inizio non fu facile ma poi la penetrai. Aveva un buchetto caldo, stretto. Piacevole ed eccitante. Mi feci spazio dentro e poi iniziai a fotterla. Andavo piano, ma deciso. E lei? Lei si mise a mugolare che ero il suo orsetto blu…si mi chiamava così, orsetto blu. Che roba! Ma non mi importava, stavo scopandole il culo con forza e perizia. Pensavo a Angeluccia a casa e all’orsetto. Spinsi forte e semre più veloce. Lei ripeteva di questo orsetto in dialetto napoletano, ma che scopata. Spinsi sempre più forte e duro. Sbam sbam su quelle chiappe, sul quel culino tondo. Lei godeva. Io spingevo, me la inculavo!
Le venni dentro.
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A casa mi rollai una canna nel mio studiolo. Pensavo a Marisa e a quel culetto che mi ero appena fatto. Ingollai un viagra e andai da Angeluccia che dormiva, la svegliai per ficcarle il cazzo nella figa. Lei si attaccò a me e mi ricoprì di baci. La girai dietro e lo ficcai nella figa umida di mia moglie. Scopai con rabbia pensando al culo di Marisa. Le venni dentro. Qualche tempo dopo Angeluccia in lacrime mi disse che era incinta.
!!
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Tutto ciò che mi avevano detto sul ingravidare Angeluccia, era vero. Metterla incinta si rivelò un affare per me. La mia vita migliorò. DonPino mi fece i complimenti e così tutti i membri della famiglia, più o meno. Anhe Rosetta chiamò: ‘Eh bravo o mio guaglioncello’.!’ mi disse.
Dopo i primi giorni nei quali lei rimase in casa, alle prime nausee, dolori e pianti, fece le valige andò da sua madre.
Non dovevo preoccuparmi più di niente, solo telefonarle un paio di volte al giorno(chiamate lunghissime nelle quali lei mi raccontava ogni gesto ogni cosa fatta e parlava del bambino che sarebbe nato), andarla a trovare ogni tanto e basta. Poi libero. Presi a vedere Marisa sempre più spesso. Restavamo al ristorante fino a tardi a bere e scopare. Lei era una furia: mi faceva dei pompini favolosi, mi prosciugava la minchia a forza di blow-job da urlo e poi voleva che glielo sparassi nel culo. Cosa che prontamente facevo. La mattina Marisa poteva andare a lavoro molto tardi, quando il ristornate era già aperto, tanto comandava lei.
Ogni tanto vedevo Geg&egrave che mi parlava di DonnaRosa, del suo dominio. Ero ancora legato a lei, sia nei fatti(era lei che mi aveva obbligato a sposarmi, che non lasciava tornare a casa, alla mia vera vita, anche se questa ormai era la mia vita)che affettivamente in qualche modo. Una sera provai a chiamarla e lei si dimostrò fredda e sbrigativa. Era l’una di notte, ero un poco fatto e annoiato. Così presi l’auto e andai in un bordello nel quale mi aveva portato una volta Geg&egrave. Pagai l’ingresso e mi misi al bar. Vennero varie ragazze tutte slave, ma erano giovanili e stupide, non mi eccitavano. Passò anche un’italiana dal gran culo, ma senza tette. Cacciai aneche lei. Poi finalmente vidi una vecchia baldraccona che ondeggiava accanto alla colonna. Era sulla sessantina, belle tette sfatte e culone da favola. Le feci un segno e lei venne da me.
‘Ciao, come ti chiami? Quanto vuoi?’
‘Lulotta. Per 80 euro ti spupazzo tutto, guaglioncello…’
‘Ok, Lulotta mia…andiamo?’
‘Seguimi!’ e suguii il suo culone su per il bordello in una stanza piccola, ma pulita, calda. Lei si spogliò- era sfatta, smagliature, rughe, rotoli di carne, tettone e mi eccitò da morire. Le saltai addosso e la baciai a lungo. Lei mi spogliò, mi fece un pompino e dopo me la scopai bene bene. Quando le venni sulle tette sfatte urlai: ‘ROSETTA, questo &egrave per teeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!’

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Dopo la nascita del primogenito per me le cose furono ancora più facili: Angeluccia si occupava del beb&egrave 24 su 24 a casa della madre, io lo vedevo di rado, cambiavo un pannolino ogni tanto e ascoltavo la madre che noiosamente e pedissequamente mi raccontavo ogni minuto della giornata col beb&egrave. Di sesso post-parto non si parlava e così avevo campo libero. Con Geg&egrave andammo in Germania in auto per fiondarci nei bordelli tedeschi. Scopai con una biondazza dalle tette enormi e gonfie e feci un’orgia con una mulatta filippina e una trans tedesca alta due metri. Mi ficcò il suo cazzo in bocca ed io lo succhiai mentre mi scopavo la mulatta.
Cenavo sempre fuori(i pranzi erano uggiosi a casa di DonPino dove mi toccava stare a sentire le stronzate di quegli stronzi e il blaterale di Angeluccia, contavo i minuti per avere una scusa per uscire)in bei posti con Geg&egrave oppure con Marisa in pizzeria.
Lei era sbocciata definitivamente, faceva yoga, palestra e si vestiva nelle migliori boutique, ci sapeva fare col lavoro, la pizzeria gay friendly guadagnava un sacco e si sicuro lei si fregava qualche soldo, ma a me non fregava niente, tanto erano soldi di quei camorristi. Lasciavo fare anzi la incoraggiavo. Veniva a lavoro con vestitini corti e lunghi tacchi, ben truccata e sexy. Aveva vari ragazzi, uno Samu era un tipo simpatico e alla mano. Passava a prenderla a fine turno e mi regalava sempre della buona erba. Non gli dissi di noi e deigli amanti di Marisa, mi era simpatico. Io e Marisa avevamo diminuito i nostri pompini serali, uno al mese oramai, ma io ero sempre nei bordelli o mi divertivo in giro con Geg&egrave.
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Dopo Natale Angeluccia tornò alla carica con il suo fare da mogliettina premurosa. Io non la filavo granch&egrave, ero sempre stanco a casa e lei mi soffocava. Il bambino aveva quasi un anno e mezzo e stava dai nonni. Angeluccia si presentava in camera in babydoll e faceva la smorfiosa, io la rifiutavo. Era più di un anno che non scopavamo e lei mi faceva schifo. Ma lei era pur sempre la figlia del Capo e dopo tre o quattro rifiuti miei si incazzò e lo disse a suo padre, il quale non fece discorsi lo disse a sua volta a DonnaRosa che mi chiamò una sera: ‘Guagliò, scendi abbasso, sono qua! Muoviti coglione!’
La raggiunsi nell’Hammer che a stento stava in un vicolo vicino casa nostra. Rosetta era ringiovanita! Si era fatta altri ritocchi agli occhi, contorno bocca e sul collo. Indossava uno abito giallo scollato molto sexy.
‘Siediti e ascolta, coglione!’
‘Sì, Signora…lo faccio..ma prima posso dirle che &egrave incantevole stasera? Sta benissimo, &egrave proprio uno schianto…’
‘Oh, guagliò, dimentico che sei così carino e così colto’.il mio professorino di dizione’.’ e mi toccò il collo con le dita facendomi sussultare. Lei mi piaceva ancora.
‘…mi hanno riferito…che non fai più l’amore con Angeluccia…che la rifiuti…non va bene..’
‘…ma vedi Rosetta…’
lei mi piazzò uno schiaffone deciso sulla guancia.
‘Silenzio. Parlo io. – e un nuovo schiaffo in faccia ‘ tu non puoi rifiutare tua moglie! Torna a scoparla e mettila incinta di nuovo, così torni a fare i cazzi tuoi!’
”.sì, Signora…ha ragione…mi scusi…io…’
‘Ok, hai capito però?’
‘…sì…Signora’.’
Lei mi prese la bocca e la strinse. Mi dette un piccolo bacio sulla bocca. ‘Che dolce che sei…come stai? So la pizzeria va alla grande! Bravo…ma &egrave Marisa ha farla filare, giusto?’
mi lasciò la bocca per risponderle. ‘Sì, Signora…&egrave una ragazza in gamba…dovrebbe prenderla con sé, una sveglia Marisa e molto furba…’
‘Ok, dille che voglio parlarle!’
‘Sarà fatto Signora. Posso andare adesso?’
‘Sì.’ mi fissò. Il volto chirurgico, la bocca carnosa rosa lucida, era bella e prepotente. Sorrisi abbassando la testa.
‘…cosa c’&egrave guaglioncello? Vuoi chiedermi qualcosa?’
‘–ehm’.sì’.Rosetta’.
‘Cosa, baby?’
”..posso leccarle la figa?’
‘Oh, baby…che docle’.come no? La tua boccuccia &egrave sempre gradita…la tua lingua &egrave sempre umida e calda’..baciamela’..leccamela troietta’..’ mi disse allargando le gambe e infilandosi due dita nelle mutandine trasparenti. Si toccò e mi fece segno di scendere verso il suo sesso. Mi distesi sulla pelle grigia e comodissima dell’Hammer ed infilai la mia testa nel suo sesso. Sentivo il profumo di DonnaROsa, caldo, troiesco e prepotente. Lei era la Boss. La mia Padrona in fondo. Si tolse le mutandine e presi a leccarle la figa.
Leccate veloci e continue disteso comodo sulla pelle del mega suv della boss.
Poi presi a succhiare ben l’interno alternando ai colpi di ,lingua baci e succhiate appunto.
Lei godeva come ai bei tempi quando vivevo nell’appartamento sotto casa di lei. In prigione con Stella.
Succhiai e leccai, baciai e slinguazzai, Rosetta godeva e mi diceva di continuare di leccare di succhiare. Io obbedivo. Leccai e baciai e alla fine lei venne con un’orgasmo feroce sulla mia faccia riempiendomi di umori.
Ci rivestimmo.
Lei mi baciò sul collo. Mi dette 100 euro e mi salutò: ‘Fai il tuo dovere di marito e tornerò a trovarti!’
‘Ci conto, Rosetta’.sei la migliore…lo giuro…la più bella e la più forte’.grazie per stasera…e per i soldi…non dovevi…’
‘Sei o non sei la mia puttanella personale?’
‘Lo sono, Rosetta’.lo sarò sempre..’ dissi infine sentendo un crampo allo stomaco per quell’ultima frase. Così dovetti impegnarmi a ricomporre con Angeluccia e metterla di nuovo incinta. Detti fondo a tutte le mie armi e vinsi facile perché Angeluccia era proprio una stupida ragazzona senza cervello. Le dedicai canzoni neomelodiche alla radio che ascoltava sempre le: ENNEROSA 100, quindi la invitai a cena fuori. Andammo in campagna e lei si presentò come una principessina tutta in rosa: camicia, gonna, scarpe coi tacchi, era un porcellino. Per fortuna l’agriturismo dove avevo prenotato era semideserto(che romantico! Commentò lei)ma camerieri e due ospiti ci guardarono sorpresi lei quel confettuccio grasso di carne flaccida, io un figurino vestito Hermes e Gucci. Alla faccia loro. Feci il piacione, la riempii di complimenti e poi le regalai un braccialettino d’oro a fine serata. Angieluccia andò fuori di gioia e mi baciò rapita. Mi faceva schifo, ma era la mia assicurazione sulla vita agiata che conducevo. Andai in bagno e ingollai una pasticca di Viagra. Sarebbe stata duro. Così ne presi una mezza anche mentre uscivo. A casa la scopai con fatica, senza voglia, per fortuna quella stupida non capiva nulla di sesso, le venni dentro sperando di fare centro!
Quella notte rimasi a dormire da Angeluccia, ma il giorno dopo me ne andai con Geg&egrave in un bordello di Roma Nord. Scopai come un pazzo con una cinese molto carina che mi ficcò un dito in culo mentre mi masturbava per farmi venire.
*
Rosetta mi telefonò una sera per passare a prendermi.
‘Come va con Angieluccia baby?’
Eravamo nell’Hammuer, lei portava un vestito elegante con un grosso foular al collo, le tette nuove belle in vista.
‘Oh ci do dentro Signora…spero di riuscire a ingravidarla…come suggerisce lei..Signora…'(avevamo scopato ‘ si fa per dire avevo preso Angeluccia da dietro dopo essermi impasticcato di Viagra e le ero venuto nella figa alla meno peggio ‘ anche quel pomeriggio. Angeluccia mi disgustava. Rosetta invece era bella e sicura di sé)’.ma non &egrave facile..’
‘Fai il tuo dovere di marito!’ e mi dette un piccolo sbuffetto sulla gota.
‘Certo Signora. Ha qualcosa da darmi?’
‘Sì. Ho visto Marisa. Hai ragione &egrave una in gamba. La prendo a lavorare con me.’
‘E il ristorante di DonPino?’
‘Non preoccuparti, sarai affiancato da Katy una persona di mia fiducia…’
‘Ok, signora…altro?’
‘No. Vai pure!’
‘Sì…ehm Signora’
‘Sì guagliò?’
‘Siete bellissima…io’.’
‘No, vai tesoruccio, un’altra volta’.stasera sono stanca…’ e mi fece scendere dal Suv.
*
Finalmente una sera, a casa di DonPino, Angeluccia annunciò che era di nuovo incinta!’
‘Viva S.Gennaro!’ urlai io.
Fu stappato lo spumante, DonPino se lo scolò tutto. Io festeggiai con la madre e la figlia e le sorelle. Quando DonPIno fu ubriaco, la moglie lo portò in camera, le sorelle accompagnarono Angeluccia a letto ed io me la svignai di filata.
Telefonai a DonnaRosa per annunciarle la novità.
‘Bravo guagliò! Vieni da me, festeggiamo assieme.’
Andai alla villa di DonnaROsa, dopo avermi ben controllato due guardie del corpo mi condussero in camera di Rosetta. C’era lei, Stella e un’amica di Stella, le donne erano nude, sulle loro schiene tracce di coca, DonnaRosa invece era in camicetta, senza mutande seduta sul letto con in mano un piatto dorato con la bamba già divisa in strisce. Non me la offrì ma mi misi nudo fra le donne e presi a leccare la figa fdi Rosetta mentre quella tirava la coca seduta col busto al letto. Stella e l’amica presero a strusciarsi fra loro e a giocare col mio culo, infilando un dito e poi l’altro. Io leccavo la figa di Rosetta che godeva superiore a noi tre nudi ai suoi piedi. La piccola orgia di fighe, leccate, strisce di coca per le donne andò avanti per tutta la notte. Rosetta era in gran forma, fatta era provocante e sensuale, tirò fuori due pistole d’oro, tolse le cartucce e giocò infilandole nelle fighe bagnate e gonfie delle donne. Io le baciavo i piedi, ripetendole che l’amavo. Lei sorrideva. ‘Anche io la amo, Rosetta!’precisò Stella prima di saltarle al seno nuovo e chirurgico e leccarle i capezzoli turgidi. Si mise a leccare i capezzoli della boss e poi passarono a giocare fra loro, Rosetta prese un lungo fallo rosa molto morbido con due cappelle alle estremità, il doppio cazzo doveva essere lungo almeno 25 cm. Se lo misero nelle fighe e presero a scoparsi fra loro con quel coso. La scena era eccitante e così mi buttai sull’amica di Stella e me la scopai mentre le donne si divertivano col fallo color rosa.
L’orgia andò avanti tutta la notte e anche il mattino seguente. Alla fine andammo a letto che erano le 4 del pomeriggio. Angeluccia quando mi vide tornare tutto stravolto si prese un colpo, scoppiò a piangere, ma la madre intervenne per calmarla. Poi DonnaRosa stessa telefonò a mia moglie per spiegarle che io avevo dovuto fare un favore per la famiglia. Lei capì. Angeluccia era una stupida.
Rosetta mi disse di tornare da lei il giorno seguente.
Alla villa fui accolto da tre guardie del corpo e di nuovo mi fecero svuotare tasche e lasciare il cellulare. Una donna mi accompagnò di sotto, in una stanzetta poco illuminata, calda e stretta dove stavano Stella, una donna che non conoscevo, Marisa(che mi salutò strizzandomi l’occhio e sorridendo), DonnaRosa e, in ginocchio, con i polsi e le gambe legate, la ragazza della notte dell’orgia, l’amica di Rosetta.
‘Bene, guagliò, stavamo aspettando te. Accomodati.’ fece la boss.
Stella aveva il volto rigato di lacrime e gli occhi pesti. Rosetta era accigliata, fumava nervosa una sigaretta. L’altra donna mi fissò.
‘Perch&egrave mi ha convocato Signora?’
‘Per due ragioni, guagliò. La prima &egrave per presentarti Katy, che si occuperà della pizzeria la posto di Marisa..’
‘Salve Katy’
‘Ciao ‘ rispose quella e mi dette la mano. Era una donna oltre la cinquantina, alta, robusta con due spalle larghe, ma la vita stretta, aveva occhi chiari, un naso aquilino e si truccava molto; le gambe erano lunghe strette in un paio di jeans D&G, il seno era largo.
‘La seconda ‘ riprese Rosetta con un cenno di mano ‘ &egrave perché dobbiamo fare qualcosa a questa troia!’ ed indicò la ragazza legata che sussultò ‘ te la ricordi? &egrave la troietta dell’orgia…e sai cosa ha osato fare la puttana?’
‘..no..’
‘E’ stato uno sbaglio, Rosetta’.ti prego…’ intervenne Stella piangendo.
‘Zitta, baldracca! – e mollò un ceffone a Stella, quindi le tirò i capelli e la fece inginocchiare accanto all’amica ‘ lurida puttanella, lo so che sbavi per questa fighetta’.ma lei non doveva permettersi di farlo…’ disse Rosetta.
‘..cosa?’
‘Ha pubblicato delle foto su Facebook della serata, senza chiedere il permesso a DonnaRosa!’ chiarì Marisa rivolgendosi a me.
‘Capito? Lo stronza?’ urlò Rosetta e colpì con dei calci la ragazza che piangeva.
‘Ho capito. Non si fa. Cosa pensi di farle Rosetta?’
‘Ancora non so. Sono furiosa. Ste due troie!’ e le schiaffeggiò con forza.
‘Mi sa che hanno capito…vero ragazze?’ fece Katy.
Rosetta tagliò corto con un cenno della mano. Katy tornò in silenzio.
‘Marisa! Rompi un paio di dita a questa troietta!’ ordinò la boss rivolta alla ragazza legata. Stella scoppiò a piangere e si gettò ai piedi della boss implorandola di non farlo. La ragazza gridava e si dimenava.
‘Avanti!’ urlò la boss scalciando Stella.
Katy afferrò la ragazza e la tenne ferma, Marisa rapida prese una mano della ragazza, strinse due dita e dette un colpo secco. La ragazza urlò di dolore.
‘Anche l’altra…’ decretò la boss.
Katy tenne la ragazza che scalciava, ma Marisa fu lesta, prese anche l’latra mano e spezzo ancora due dita. Il rumore era terribile, le grida della ragaza furiose. Stella piangeva.
Poi le donne lasciarono la ragazza che piangeva disperata di dolore.
DonnaRosa come una furia andò da Stella le tirò i capelli e la mise in piedi.
‘Vedi di rigare dritto, bambina o fai una brutta fine!’ urlò. Quindi prese il dito medio di Stella e lo ruppe con un colpo secco. Stella cadde a terra dal dolore e pianse.
‘Tu porta questa puttanella al pronto soccorso! ‘ ordinò la boss a Marisa.
‘Tu puoi andare ‘ disse rivolto al me- ma prima chiama il medico per il dito di Stella!’

Katy si presentò alla pizzeria il giorno dopo. Indossava una maglia a righe di cotone con scollatura sopra il seno largo, un foulard al collo rosso, le spalle ampie e il naso aquilino. Aveva gli occhi chiari colorati di azzurro e un rossetto rossolucido sulle labbra. Con dei tacchi alti mi sovrastava di almeno cinque-sei centimetri.
Una vera Milf, se fossimo stati su Youporn.
‘Allora, guagliò, mostrami la cucina e poi i conti. Della sala mi occuperò poi. Cucina e conti sono la prima cosa di un locale, non si prescinde. Ho esperienza, non preoccuparti.’
‘Non mi preoccupo, questo locale &egrave di DonPino non mio…’
Mi dette un piccolo schiaffetto.
‘Ahii’,ma cosa..?’
Altro schiaffetto leggero. ‘Ascoltami guaglio, Rosetta mi ha spiegato tutto di te…lei vuole che tu sia il legame con il clan di DonPino, quindi vedi di far girare le cose per bene o dovrai vedertela con lei..non certo con me o DonPino…’
‘Ok, ho capito…vieni…qua c’&egrave la cucina ‘ e le mostrai il locale ben pulito e grande ‘ di qua dove fanno le pizze…per i conti non mi preoccuperei se ne occupava Marisa..’
‘Sì &egrave in gamba quella ragazza…Rosetta lo ha capito subito e lei di solito non sbaglia a giudicare la gente…o non sarebbe quella che &egrave..’
‘Lo so. A proposito come vanno le cose? Prima stavo a contatto con DonnaRosa, adcesso nessuno mi dice niente…su affari…traffici..’
‘Meglio che non sai niente, guagliò, meno sai e meglio &egrave per te!’
*
Dopo l’ispezione, Katy parlò ai cuochi e alle cameiere. L’idea del locale per feste gay e per la popolazione lgdb napoletana(molto ampia)le piaceva. Funzionava. Ma lei voleva comunque disciplina e serietà. Poi parlò col pizzaiolo egiziano. Lo mise in guardia da fare il cazzone, la pizza si faceva alla napoletana, alta ai bordi, ecc. ‘Lo faccio da 15 anni spiegò quello e penso..’ ‘Non pensare, Said..fai le pizze e falle buone. Voglio assaggiarne una. Accendi il forno e preparami una margherita con mozarella di bufala.’
‘…ma mancano ancora tre ore all’apertura e
‘Senti Said, capiamoci bene. Qui comando io. Se dico che voglio assaggiare una pizza me la prepari. Subito. Senza discutere. O quella &egrave la porta. Te ne puoi andare’
Katy era alta quanto il pizzaiolo, anzi di più e lo ammoniva con un dito. Era tosta.
Quello abbassò lo sguardo e prese il legno per accendere il forno.
*
In effetti la cura di Katy alla pizzeria fu ottima. In un mese aumentammo i clienti e i soldi che portavo a DonPino lo riempivano di apprezzamenti per me. ‘Bravo, figliolo. Ci sai fare! Bravo! La mia Angeluccia ha scelto bene..ah ah ah!’ e rideva sguaiato con gli occhi torvi, la bocca stretta, i denti marci a parte quelli d’oro. Sapevo che mi disprezzava, ma io disprezzavo lui. Angeluccia la vedevo poco per fortuna. Con Geg&egrave andavamo in certi bordelli costosi di Roma a scoparci brasiliane, tedesche e russe.
Katy era molto attenta a tutto e aveva il pugno di ferro al locale, ma era anche una donna solare e simpatica.
Le poche volte che restavo alla pizzeria per incassare o non tornare a casa da Angeluccia, la vedevo farsi accompagnare a casa da uomini maturi, ma dal portamento di vecchi tromboni della camorra.
‘Sei molto ricercata..’ le dissi una volta.
‘Non sono affari tuoi ‘ e mi dette uno schiaffetto ‘ fatti i cazzi tua guagliò. Sempre.’
‘Va bene mica volevo
‘Vattene a casa, ora, chiudo io.’ mi ordinò con voce ferma e sguardo duro.
‘Ok..scusa…’ feci capendo che lei non era una con la quale scherzare.
DonnaROsa mi chiamò una sera che con Geg&egrave stavamo andando a Roma, in bordello nuovo, il ParadisesOra.
‘Porta il tuo culo qui, guagliò!’ ordinò. Geg&egrave fece ritorno a N.
Alla villa Rosetta era in camera a truccarsi. Ai suoi piedi Stella, con il dito rotto ingessato. Era seminuda. Aveva pianto. Sulle braccia segni di graffi. Aria affranta,q quando ci vide chiese a Rosetta di poter andare in bagno.
Lei non rispose. Si stava facendo il contorno agli occhi. Brillavano nello specchio era severa e bella, la bocca larga e carnosa ancora senza rossetto, il decolt&egrave sotto la camicia. Finì di truccarsi gli occhi poi guardò Stella.
‘No, piccola stronza…se devi pisciare falla qui, come una cagnolina, quale sei…e poi pulisci, tanto tu stasera non esci. Non vai a dare la figa alle tue amichette!’
Geg&egrave rise piano.
‘Tu cazzoridi? Stronzo? Prendimi la coca da li sotto e poi vattene
‘Subito DonnaRosa’ fece Geg&egrave, enorme, spalle curve, col capo piccolo e rasato chino. Fece come ordinato. Poi se ne andò. Restammo noi tre. Rosetta che si truccava, Stella a terra che piangeva piano.
‘Andiamo in un locale nuovo. Guagliò, come ai vecchi tempi’
‘Oh, fantastico, Signora. Bene.’
la boss finì di truccarsi con calma, poi indossò una gonna, si riempì di profumo e mi fece prendere la sua borsa. Prima di uscire legò con delle manette Stella al letto.
‘no…no’.ti prego…Rosetta cara…non lasciarmi qui…devo pisciare…non legarmi..’
Rosetta le mollò due ceffoni in pieno volto. ‘Zitta, troietta. Tu rimani qui tutta la notte. Ti lascio il cellulare, ma se mi chiami quando torno ti riempio di graffi fino a scorticarti la pelle! Non ti lascio a fartela leccare dalle tue amiche!’
‘Ma Rosetta…lo sai’.che io’.no…ti prego…non lo faccio più’
‘Non lo rifarai mai più stanne certa! – e le mollò altri schiaffi ‘ o ti uccido io con le mie mani.’
Uscimmo lasciando Stella che piangeva e diceva Mai più Mai Più legata al letto. Nell’Hammer c’erano Marisa alla guida e una guardia del corpo che fece sparire la pistola che teneva in mano. Marisa guidò verso il mare. Nell’Hammer Rosetta mi parlò:
‘DonPino mi ha telefonato per dirmi che &egrave contento di te. Naturalmente sapevo che Katy avrebbe fatto filare il locale meglio di Marisa, &egrave più esperta e più vecchia. Ne ha viste tante, ma mi ha riferito anche che DonPino sparla di me alle spalle..’
Non sapevo cosa dire e non mi importava nulla di tutto ciò.
‘Non lho mai sopportato quello stronzone rottoinculo. Ma tu tieni le orecchie aperte, non mi fido di lui.’ era la solita boss. Altera e felina. Bella e raggiante con le tette rifatte la solita bocca carnosa che avevo baciato più volte.
‘Va bene, Rosetta. Dove andiamo? Posso leccarle la figa mentre viaggiamo?’
Mi buttò il fumo della sigaretta in faccia.
‘Silenzio. Ho dei progetti per te stasera. Vedrai..’
Il locale si chiamava PinkBoat ed era sul mare. Marisa parcheggiò l’Hummer in mezzo alla strada e scese. Scendemmo anche noi, rimase solo la guardia del corpo. L’entrata era fatta a barca, alla cassa una ragazzotta bionda con piercing e tatù vari. Marisa le dette alcune banconote da 100 euro e facemmo per entrare:
‘Ehi, scusate…ma LUI non può entrare…regola del locale!’ fece la tipa. Rosetta la fulminò con lo sguardo e fece per parlare, ma una donna parlò all’orecchio della cassiera e quella fece: ‘Scusate’ scusate…tutto appposto’.scusatemi..’
Dentro l’ambiente ricordava una barca di lusso. Legno, cuscini ampi rosa, candele, musica bassa. Solo donne. Ci sedemmo al centro e alcune ragazze si fecero avanti. Portarono da bere e da fumare. Tutte donne anche le cameriere. Rosetta parlava con tutte, molte le conosceva. Quelle ridevano civettuole, mostravano i seni sotto le camicette e bevevano spuma te a raffica. Nessuno parlava con me , solo con Marisa che però non dava segni di essere lì per fare conversazione. Dopo un’oretta ci spostammo nel priv&egrave: il BoatPussy, oscuro, pieno di divani rosa e candele rosa. DonnaRosa tirò fuori la cocaina e fece delle strisce per lei e le amiche. Io guardavo, Marisa lo stesso. Donne andavano e venivano sulle ginocchia di Rosetta che le faceva pippare e le toccava, le baciava sul collo, rideva con loro, accendeva sigarette. Le donne stavano sulle ginocchia pippavano e rideva, bevevano e baciavano la boss.
La teoria di donne, ginocchia, bamba e baci andò avanti per un’altra ora, poi la boss volle tornare a casa, scelse due morette sulla trentina molto simili, belle donne, lesbiche.
In villa le guardie perquisirono le donne e tolsero loro i cellulari.
In camera di Rosetta, Stella fu svegliata. Era legata al letto, gli occhi gonfi, stanca, immersa nel suo piscio. ‘Che schifo!’urlò una delle donne. La boss andò da Stella e la rimepì di schiaffi. Quella implorava pietà e piangeva. ‘Guarda che schifo! Pulisci tutto, subito, troia!’ e la slegò, Stella non si reggeva in piedi, ma prese acqua, straccio e altri oggetti. Barcollava. ‘Ehi Stella, bella mia, ti do una mano!’ fece una delle donne che l’aveva riconosciuta.
‘Non farai niente, tu! Andiamo nell’altra stanza. Tu troia muoviti, pulisci e vieni di sopra. Ho da fare anche con te, puttanella!’
Salimmo di sopra. Altra camera. Più piccola, due tigri di porcellana alte mezzo metro. Le donne si stesero sul letto, spogliandosi. La boss preparava le strisce di coca. Sniffarono ed io rimasi a guardare.
‘Vuoi, guagliò?’ chiese una delle donne.
‘No, lui non la regge..’ chiuse la boss.
Presero a baciarsi e strusciarsi sotto effetto della coca.
Stella venne nella stanza.
‘Ecco la troietta. Vieni qui, baldracca!’
Stella si mise al centro del letto. Rosetta prese un plug piuttosto grosso e lo infilò a secco nel culo di Stella che urlò di dolore, provò a dimenarsi dando uno strattone forte, ma le donne la tennero ferma e la boss pot&egrave concludere l’operazione infilando il plug nel culo di lei.
Poi la mise legata al letto a quattro zampe. Rivolta la letto dove le donne presero a fare sesso fra loro. Tette, culi, baci, capezzoli, figa, leccate, strusciate, baci, toccate, dita, fighe umide, Rosetta eccitata, le donne che ci davano dentro: bocche, leccate, conilingus feroci. Io guardavo eccitato e Stella piangeva legata al letto aperta in due dal plug. L’orgia sul letto andò ancora avanti fra leccate, risucchiate, umori, fighe, la boss che grugniva di piacere, io che mi masturbavo. Poi la bosse slegò Stella e le tolse il plug.
‘Scopatela nel culo, guagliò!’ ordinò DonnaRosa.
‘no…NO’.lui no…lUI no, gli uomini noooooo noooo daiii rosettcara’.’
Ma la boss aveva deciso. Le donne bloccarono Stella e mi offrirono il suo culo, spinsi il mio cazzo duro dentro. Era aperto. Molle. Dipanato. Presi a fotterla prima piano poi sempre più forte con la boss che si era messa dietro di me e mi toccava il sedere baciandosi con le donne. Vedevo tutto nello specchio sopra di noi e di lato. Mi scopai il culo apertissimo di Stella. Avanti e indietro. Dentro fuori, con la boss che mi toccava il culo mentre pomiciava volgarmente con due donne. Bocche, lingue.
Stella.
io.
culo.
Fotterla alla grande!
Scopai il culo molle di Stella e le venni dentro come mi ordinava di fare la boss mentre mi infilava un dito nel culo.

per domande, consigli e altre cose: dorfett@alice.it Seguirono alcuni mesi di attesa che nascesse il nuovo pargolo, ogni tanto mi facevo vedere a casa da Angleuccia, DonPino e la famiglia, trascorrevo ore di noia totale, contavo le ore per sganciarmi e andare al ristorante. Lì cercavo di conquistare il cuore e il culo di Katy, che però mi respingeva. Le donavo fiori e le facevo proposte oscene. Lei rideva, le piaceva essere corteggiata da me e scherzavamo spesso. Una sera fui più ardito del solito e le proposi di leccarle la figa: ‘Guarda che Rosetta impazzisce quando uso la mia bocca sulla sua figa gonfia…le piace da impazzire…’
‘Lo so guagliò, ma non voglio ritrovarmi a dirlo a DonnaRosa, ti devo ricordare chi &egrave per caso?’
‘Non lo verrà mai a sapere…’
‘Come no? Qui anche le sedie hanno orecchie ed occhi, guagliò falla finita..’
Io mi alzai, andai da lei e la bacia sulla bocca. Lei rispose al mio bacio, ma poi mi allontanò bruscamente: ‘Guagliò vattinne! Non mi scocciare!’ e mi mollò lì.
Il mattino dopo ricevetti una telefonata da DonnaRosa, non la sentivo da diversi giorni.
‘Guagliò stammi bene a sentire: non fare lo stronzo con Katy o ti faccio rompere un braccio! Intesi?’
‘Sì, Signora, ai suo ordini signora…’
Smisi di importunare Katy, ma lei allora, forte della telefonata, faceva la stronza con me. Mi rideva in faccia, scherzava sul bacio, mi toccava il culo quando eravamo soli. Mi provocava sfacciata e giocava con me.
Andai meno al ristorante e più al bordello con Geg&egrave.
Scopavamo troie di colore africane gentili e procaci, andavamo in Austria in bordelli di lusso.
Un giorno fui convocato da Rosetta, mi venne a prendere con l’hummer Renata, notai in lei qualcosa di nuovo, sulla faccia, un ritocchino al naso, gli zigomi più gentili. ‘Stai bene, Marisa…ti dona..’
”Fai silenzio. Non ti riguarda.’
‘Ehi, ma sono io…il vecchio..’
‘Zitto! Il passato &egrave passato. Adesso conto più di te e le cose sono cambiate.’
‘..ma come? Cio&egrave adesso…’
Mi dette uno schiaffo. ‘Ho detto di fare silenzio. Rosetta vuole parlarti. Andiamo!’
Cazzo, Marisa era una tosta. Alla villa capii subito che aveva assunto un ruolo importante, le guardie appena la videro iniziarono a fare: ‘Buonasera DonnaMarisa…si accomodi…di qua…DonnaMArisa..’ eccetera. Cazzo che storia, la piccola Marisa. Quando fummo al cospetto di DonnaRosa Marisa andò da lei e si sedette al suo fianco, dandole un bacio sulle labbra leggero. Erano sul trono, due troni, la boss e l’ancella. Si tennero per mano. Non vedevo Stella.
‘Bene guagliò…ho novità per te. Devi andar in Spagna con Geg&egrave per un affare. Ti dirà tutto lui. Ci sarà anche una mia amica fidata, sarà lei a trattare l’affare. Tu obbedisci e basta. Hai più sparato?’
‘..ecco…io…ma &egrave una cosa pericolosa?’
‘No. Ma meglio essere preparati. I messicani non mi sono mai piaciuti.’
‘Ma…io…cosa? Ecco…ioo sono solo…’
‘Non &egrave un affare pericoloso, solo che &egrave meglio tener le antenne dritte. Tutto qua.’
‘…sì, ho sparato qualche volta con Geg&egrave…al poligono…nei boschi…’

‘Ok, mi basta così…vai da Geg&egrave…partite domani…’
In quel mentre la porta si aprì ed entrò Stella, nuda, i capelli completamente rasati, aveva i polsi legati, ma reggeva in mano un vassoio con due bicchieri. Era nuda e sporca, ficcato nel culo aveva un plug a forma di coda equina che gli spuntava fuori.
‘…ma cosa?…cosa le &egrave successo?’ chiedo a DonnaRosa mentre Stella mi guarda con gli occhi privi di speranza, di forza, si trascina il corpo segnato da colpi, rigato, bruciature sulle braccia, le belle tette ancora in forma, ma il volto, una volta carino, ora sbiancato, la rasatura dei capelli accentuava la forma a sventola delle orecchie e i suoi occhi parevano più grandi
‘Questa stronza baldracca ‘ ha iniziato a dire Rosetta mentre Stella posava il vassoio vicino al trono delle due donne, poi Marisa con un gesto del dito l’ha fatta sedere ai loro piedi ‘ ha provato prima a fregarmi…andando con alcune troie amiche sue…pensando che io non lo scoprissi – e Rosetta ha dato un calcio al corpo di Stella che non si &egrave mossa ‘ quindi ha provato a fuggire’.capito? Dopo tutto quello che c’era stato fra noi…che l’avevo presentata alla famiglia, al clan…sta troia! Prova a fuggire! Ma l’ho ripresa e adesso non mi scapperà più…’ e indica un congegno legato alla caviglia di Stella che prima non avevo notato.
‘E’ un braccialetto elettronico come quello degli sbirri! – spiega Marisa tutta contenta mentre accarezza la testa rasata di Stella, docile e abbandonata alle due donne con un plug ficcato in culo ‘ con questo sappiamo sempre dove si trova’.’ quindi afferra un orecchio di Stella, lei grida di dolore, la strattona e porta la sua testa all’altezza della bocca di Marisa: ‘Adesso non scappi più vero troietta?!?’ le urla in faccia mentre le molla uno schiaffo fortissimo. Stella piagnucola parole incomprensibili.
Rosetta fa un gesto a Stella che va da lei. La boss le mette una mano sulla testa rasata e le passa una mano sul cranio come se la ragazza(sua ex amante e vice-boss in pectore)fosse una cagnolina. Marisa sorride e mi guarda.
Ne ha fatta di strada. Adesso &egrave lei il braccio destro di Rosetta.
‘Adesso puoi andare guagliò. Geg&egrave sa tutto. Vai.’
‘Va bene Signora, ci vediamo al mio ritorno.’
mentre esco sento le urla di Stella e dei colpi, quindi le risate di Marisa, la nuova vice-boss.
*
L’indomani Geg&egrave mi passa a prendere con un grosso Suv nero, la sera mi aveva ragguagliato sulla nostra gita spagnola e su Mirandas, la tipa che avrebbe trattato l’affare. ‘..&egrave una tosta, DonnaRosa si fida molto di lei, &egrave spagnola, ma parla molto bene l’italiano e il russo a quanto ne so, gestisce dei bordelli per la boss’….ma…non ci crederai…Mirandas &egrave una trans!’
‘Cosa?!’
‘Sì. Ma tiene due palle grosse come due cocomeri, guagliò!’
Passammo a prendere Mirandas in un appartamento del centro. Lei si presentò con una camicia bianca, giacca Hermes sopra le spalle, gonna azzurro scura. Aveva delle belle gambe, con polpacci ben in vista e tosti, portava scarpe col tacco. Il volto era segnato da un taglio di occhio piuttosto ampio, molto interessante e tenebroso e una bocca larga, rossa. Portava dei capelli corti biondi con sfumature marroni e aveva delle sopracciglia molto pronunciate che facevano pensare che in realtà non era una donna, ma una trans.
‘Piacere..’ feci dandole la mano. Lei mi squadrò:
‘Sei il galoppino di DonnaRosa?’ aveva una voce bassa, calda.
‘Beh…se vogliamo metterla così..ecco..io
‘Lo sei. Bene. Portami la borsa andiamo!’ e mi dette il suo borsone da viaggio e andò al Suv. Geg&egrave le aprì la portiera e partimmo.
Fino in Liguria, Mirandas non aprì bocca, intenta a guardare fuori dal finestrino o sul cell. Parlavamo solo io e Geg&egrave, vecchi compagni di viaggio. Prima di Genova si fece viva: ‘Accosta appena puoi.’ Ci fermammo in una piazzola. Lei scese e si accese una sigaretta(non lo aveva mai fatto prima) e la fumò nervosa controllando l’i-phone. Quindi mi fece un segno. La raggiunsi.
‘Rosetta si fida molto di te. Lo so.’
‘Sì. Sono uno fidato.’
‘So anche che ti tiene qui a N.contro la tua volontà’
‘…cio&egrave, io’.insomma’.la boss &egrave’.
‘Lascia perdere, non mi frega un cazzo di come la vedi. Ognuno ha le sue croci. Voglio soro essere sicura che tu non farai cazzate. Non proverai a scappare qppena siamo in Spagna per dire…’
‘Io? Io’.non ci penso
‘Sai che DonnaRosa ha agganci in Spagna quanto a N.ti ritroverebbero dopo un giorno. E Rosetta te la farebbe pagare…’
Pensai a Stella.
‘…le giuro che io non scapperò..’
Mirandas mi guardò con attenzione. Gli occhi ampli le sopracciglia folte, di un colore quasi giallo.
‘Seguimi!’
‘..ma dove?
Lei mi tirò uno schiaffo e mi fece segno di seguirla. Andammo verso dei cespugli alti. Appena fummo fuori dalla visuale di Geg&egrave e dal parcheggio lei si piazzò a gambe larghe, si tirò giù la gonna e abbassò le mutandine.
‘Fammi pisciare! Tiramelo fuori e fammi pisciare!’
‘…ma cosa cazzo??!!
lo schiaffo fu più forte della volta prima.
‘Voglio vedere se mi posso fidare di te! Forza pigliami il cazzo in mano!’
lo feci mentre lei mi minacciava ancora.
Allungai la mano e toccai il suo cazzo liscio. Era gonfio di piscia e piuttosto lungotto. Lo toccai un poco prima di afferrarlo bene con la mano e puntare la cappella verso l’esterno. Il getto arrivò subito e, non abituato, mi sorprese, alcune gocce schizzarono di lato, sulle scarpe di Mirandas. Lei trattenne la piscia e mi urlò contro: ‘Coglione!! non vedi che cosa combini? Tienilo bene in mano!’ e mi dette un colpo sulla nuca con forza. Afferrai meglio il cazzo di lei e questa volta la piscia andò verso il punto giusto. Un getto forte, giallo intenso. Tenni il cazzo della trans aiutandola a pisciare, lei si inarcò indietro e fece: ‘Ahhhh…ci voleva”.reggi bene..scemo…così…ah ah ancora’..meglio’.ecco’..reggi, coglione!’ e mi dette uno schiaffo. Quando cessò il getto mollati l’affare.
Scapaccione, forte. ‘Cazzo fai scemo? Devo sgruallarlo da sola? Avanti finisci il tuo compito!’
prima che mi colpisse di nuovo, le presi il cazzo di nuovo in mano e lo agitai più volte su e giù, con le ultime gocce di piscio che cadevano a terra.
‘Bene!’ fece lei. Si rimise il cazzo nelle mutande e tirò su la gonna.
Feci per andare.
‘Dove vai scemo?! E non mi pulisci la scarpa?’ ed indicò la sua calzatura sopra la quale c’erano tre goccioline di piscio. Presi un fazzoletto dalla tasca e mi abbassai.
‘In ginocchio e con la lingua, niente fazzoletto!’
‘…ma cosa’.io…io
‘Tu cosa?’ e mi dette uno scapaccione fortissimo. E poi un altro.
‘Basta!’
‘Basta un cazzo. Pulisci. Subito!’
e così mi abbassai alla vernice rossa delle sue scarpe coi tacchi. Aveva le unghie dei piedi colorate di rosa. Le gocce erano tre. Allungai la lingua e le leccai con un colpo solo.
‘Ok. Ripartiamo!’
Quando uscimmo dalle frasche Geg&egrave mi guardò strano. Io feci una faccia contrariata.
‘Andiamo!’ fece Mirandas e ripartimmo.
Mandai un sms a DonnaRosa chiedendo se Mirandas poteva prendersi delle libertà con me. Non ricevetti risposta. Ma dopo dieci minuti il cell.di Mirandas squillò e lei parlò un poco. ‘..ok…te lo passo…’ fece poi dandomi l’i-phone.
‘Ehi Guagliò cazzo fai? – era la boss ‘ ti ho detto di obbedire a Mirandas. Lei sa cosa fare.’
‘…ma io..’
‘TU NIENTE. Obbedisci e basta. Stop. Ripassami Mirandas.’
‘Va bene, Signora’ dissi avendo capito che aria tirava.
*
Ci fermammo a mangiare e Mirandas non parlò quasi mai.
Arrivammo in Spagna nel tardo pomeriggio. Geg&egrave ebbe problemi a trovare la strada per l’albergo.
‘Accosta, coglione! Manco sai seguire delle indicazioni!’ sbottò la trans. Fece salire Geg&egrave dietro e si mise alla guida. In 5 minuti fummo all’albergo.
*
Dopo cena Mirandas fece alcune telefonate e poi ci ordinò di andare a letto. Lei rimaneva a bere qualcosa. ‘Orecchie aperte, comunque..’ ci fece. In stanza Geg&egrave mise una pistola sotto il suo cuscino ed una pronta sotto il letto. Guardammo la tv fino a tardi, la trans ci mandò un sms: SONO IN STANZA. A DOMANI MATTINA. ORE 09,00. notte’
La notte passò tranquilla e l’indomani portammo Mirandas all’appuntamento coi messicani. Era in un caff&egrave affollato del centro cittadino. Loro erano in 4, brutti ceffi coi capelli rasati e giacche di raso per sembrare eleganti. Avevano un’aria minacciosa e poco raccomandabile, uno aveva anche una vistosa cicatrice sotto un’occhio. Squadrarono Geg&egrave e dettero uno sguardo anche a me, dando impressione di fregarsene. Conoscevano già Mirandas.
Sedemmo a parlare. In spagnolo e alcune volte in italiano. Mirandas trattava con uno dei messicani, parlavano fitto fitto, lui sembrava molto teso e nervoso. Parlarono anche di soldi. Qualcosa si capiva, ma non eravamo lì per condurre l’affare, ci avrebbe pensato Mirandas e sapeva farlo. Dopo uno stallo di qualche minuto in cui la trans fece delle telefonate fuori dal caff&egrave, i messicani sembrarono pronti ad accettare le proposte di Mirandas. Ma non era semplice. Erano contrariati, ma Mirandas pareva irremovibile. Teneva in scacco 4 figli di puttana, truci e brutti. Geg&egrave sudava e vedevo come toccava il calcio della pistola sotto la giacca ogni volta che poteva. Uno dei messicani però ebbe da ridire. ‘Dobbiamo parlare!’ disse in italiano quello che trattava. ‘Fra di noi…uscite.’ disse con aria di superiorità.
Mirandas allora disse prima in spagnolo, poi in italiano che se loro si alzavano l’affare andava a monte.
‘O 1000 a ragazza come abbiamo detto o NIENTE!’
quelli grugnirono. Fissarono la trans e Geg&egrave. Io avevo paura, Mirandas aveva gli occhi puntati sul capo. Io tremavo. Geg&egrave toccava la pistola.
Un minuto di silenzio lunghissimo.
‘OK. CI STIAMO. Figlia di puta!’ fece il capo.
Mirandas si alzò dette la mano a tutti e 4 e ci fece segno di uscire.
Fuori Mirandas telefonò a DonnaRosa.
‘Fatto. Come volevamo noi. Puoi chiamare il Dottore e dare l’ok.’
‘Benissimo. Brava Mirandas. Sapevo che avresti fatto il meglio. Ci vediamo a casa.’ rispose quella.
Mirandas era euforica, ci condusse in un bar e offrì champagne per festeggiare. Geg&egrave si guardava in giro temendo che i messicani non fossero contenti dell’affare, ma non si vide nessuno. Dopo che avemmo bevuto Mirandas ci disse:
‘Bene, io vado a trovare un’amica che abita appena fuori città. Prendo il Suv. Voi fate quello che cazzo volete, non mi riguarda, ma stasera ci troviamo in albergo alle 8 e mezza, dormiamo e ripartiamo domani mattina prestissimo. Intesi?’
‘Sì, ok.’
Quando Mirandas se ne fu andata Geg&egrave si mise a cercare un bordello per passare la giornata, ma io non ne avevo voglia, l’episodio con il cazzo di Mirandas mi aveva come turbato e non ero dello spirito giusto per andare a troie, così mollai Geg&egrave e feci un giro per il centro commerciale coperto e poi presi un paio di birre in un bar sul mare. Quando tornai in albergo verso le 7 trovai Mirandas nella hall.
‘Tutto ok? Dov’&egrave Geg&egrave?’
‘Non lo so, io sono stato in qui in giro, non ho fatto niente’ e mostrai due buste dello shopping. Lei salì con me al nostro piano e sulla porta mi dette una busta con dell’erba. ‘Me l’ha data una mia amica. Ne ho altra. Usiamola prima di partire. Io vado a farmi una doccia.’
‘Grazie.’ disse e la vidi andare via.
In camera ricordai di non avere cartine e tabacco così scesi in strada a comprarne. Camminando vidi con chiarezza uno dei messicani seduto su una panchina poco lontano dal nostro albergo. Lui non mi vide, entrai in un bar e chiamai Mirandas spiegandole cosa accadeva, stando bene attento a vedere le mosse del tipo. Ero teso e preoccupato, ma Mirandas mi disse di non uscire e aspettarla lì. Arrivò dopo 10 minuti. Il tipo era ancora seduto, si guardava attorno smarrito.
‘E’ proprio uno di loro. Cazzo vogliono? Ho chiamato Geg&egrave sta arrivando. Bravo scemo, ti sei accorto. Bene. Punto a tuo favore.’
‘Grazie. Che facciamo?’
‘Ci penso io.’
Arrivò Geg&egrave e Mirandas lo spedì all’ultimo piano dell’albergo per vedere se dall’alto individuava dove stavano i compari del tizio. Rimanemmo in attesa degli sviluppi.
‘E se lui va via?’ chiesi.
‘Potrebbe farlo. Ma so cosa fare: aspettami qui e guarda!’ andò in un negozio di abbigliamento e ne uscì con un cappellino e una felpa bianca addosso.
‘Si &egrave alzato..’ annunciai. Quando si mosse, Mirandas lo seguì.
Dopo pochi minuti mi chiamò e mi disse dove raggiungerla. C’era anche Geg&egrave.
‘Sono tutti in un’auto qua dietro. Geg&egrave vieni con me e tu vai in camera, prepara le valigie e se fra 10 minuti non ti ho chiamato, scendi e chiama un taxi per l’aeroporto.’
‘…ma come…io…’
‘Fallo. Ma non ci saranno problemi’
Esegui le operazioni richieste dopo 12 minuti mentre ero in corridoio con le valigie, Mirandas chiamò: ‘TUTTO OK.’
Geg&egrave mi raccontò che avevano sorpreso i 4 in auto, lui dietro con la pistola, lei davanti. Quelli si erano cagati in mano per via della .44 di Geg&egrave puntata allo stomaco di uno dei messicani e una piccolo calibro nascosta nella felpa di Mirandas. Si erano spiegati e quelli avevano detto che sarebbero andati via subito.
Mirandas era una tostissima.
Telefonò a DonnaRosa.
‘Ok. Ci penso io, faccio una telefonata!’
dopo 20 minuti la boss chiamò: ‘Tutttapposto. Ho chiarito la faccenda. Nessun problema. Ci vediamo domani in Italia.’
Per festeggiare ordinammo alcool e ci fumammo l’erba. Mirandas era allegra e gasata. Parlò molto e ballò nella stanza. Ma Geg&egrave si addormentò svuotato dal bordello e dallo stress della giornata e rimanemmo soli io e lei nella sua stanza a fumare.
Mirandas mi raccontò di sé e di come aveva conosciuto Rosetta. Le chiesi dell’affare di oggi. ‘Non ti riguarda, guagliò’ ‘Ok, scusa, non volevo..’ ‘Ma hai fatto un buon lavoro, lo dirò a DonnaRosa.’ ”..grazie Signora…’ lei mi fissò a lungo, poi fumò ancora. Quindi si alzò andò in bagno e mi chiamò.
‘Sai cosa fare…’ mi disse mentre era sopra la tazza del cesso, le mutande abbassate il cazzo liscio di fuori.
‘…ma…’ protestai.
Ma lei schiccò le dita e mi indicò il cazzo. Mi inginocchiai e lo presi in mano, lo puntai contro la tazza del cesso. Lei esitò. Io strinsi quel cazzo. Lei orinò. Questa volta non schizzò di fuori. Il getto di piscia esplose. Andava dritto nell’acqua.
Quando ebbe finito mi guardò di nuovo.
‘Non alzarti ancora…’
‘..ma
‘Rimani fermo lì.’
andò nella camera e tornò con il cell.lo accese e venne da me.
‘Adesso ME LO SUCCHI!’
‘…ma no…dai…Mirandas’.ti prego..
Schiaffo.
Feci per alzarmi. Ma lei fu più rapida, mi spinse giù e mi mise una gamba sulla spalla, bloccandomi.
‘…ho detto che me lo SUCCHI o ti prendo a schiaffi!’ disse e mi mollò una sberla. Poi un’altra.
‘Muoviti. Prendilo in bocca, scemo!’
piagnucolavo. Ma lei era decisa. Il suo uccello mi puntava la faccia. Era moscio, ma lungo, liscio, caldo.
‘Andiamo’.PUPPAMELO TROIETTA. LO SO CHE SEI LA TROIETTA DI DONNAROSA…MI HA PARLATO DI TE’..SUCCHIA TROIA!!!’ E mi spinse il cazzo in bocca. Aprii. Dentro. Caldo. Sesso. Cazzo. Baciai.
‘Apri la bocca bene, TROIA e succhia!’ e altro schiaffo in pieno volto.
Ripresi il cazzo in bocca aiutandomi con una mano, la trans mi spingeva la gamba sulle spalle, era bilanciata e appoggiata al lavandino. Presi a baciare la cappella, la succhiai e la leccai. Sapeva di sesso. Di donna. Mirandas rideva e mi diceva: ‘Lecca! Lecca troietta!’
con la mano presi a fare un pompino a Mirandas. Dopo l’iniziale difficoltà presi a fare un buon lavoro, baciando e succhiando. Mi piaceva. Era buono. Aveva un bel sapore deciso e dolce. Mirandas rideva. ‘Sei bravo’..bene…continua’.ingoia’.prendi’.troietta’..da bravo’.’
Succhiavo e ingoiavo come diceva lei. Divenne grosso e gonfio. Tossivo. Non ce la favevo a prenderlo tutto fino in fondo.
‘…ah mi fai male, troia…ok’.c’&egrave tempo’…devi imparare’.riprendi fiato…’
tossivo e ansimavo.
Mirandas mi dette tregua, ma quando mi fui ripreso mi ritrovai di nuovo quel cazzo in bocca. Leccai la cappella, spompinanvo la punta, piano, succhiando e baciando. Lei apprezzava.
‘brava troietta…bravo…così…sìììì’…bravo’..ne’.sììììì’.sììììììì’
Lo sentivo gonfiarsi sotto la mia bocca, era duro, lo leccavo solo in punta ma sentivo che lei godeva.
Mi afferrò i capelli e mi tirò via dal suo cazzo prima di venire copiosamente sul mio collo e sul petto.

(PER CONSIGLI SU COME CONTINUARE LA STORIA, CRITICHE O ALTRO SCRIVETEMI A dorfett@alice.it) Ritornammo in Italia. Rosetta mi fece i complimenti per il lavoro fatto con Mirandas e poi mi congedò. Era assieme a Marisa, Stella stava in un angolo a singhiozzare col suo braccialetto elettronico. Pensai di dirle di me e Mirandas ma poi scartai l’idea.’Cosa fa stasera Signora? Mangiamo assieme? Come ai vecchi tempi?’
‘No. Torna da tua moglie. Stasera ho altri impegni’ e dette un bacetto a Marisa sulla bocca.
*
Passarono alcuni giorni. Al ristornate Katy faceva tutto lei ed io passavo il tempo a contare i soldi per DonPino.
Un sabato notte ricevetti una telefonata.
‘Ciao, Guagliò come te la passi?’ era Mirandas.
‘Oh, ciao, bene direi.’
‘Cosa fai stasera? Ti va di raggiungermi qui a casa?’
‘…oh…non mi aspettavo…e poi…io…insomma’.lo sai..’
‘Lo so bene. Ti piace il mio cazzo.’
‘No, io..’
‘Zitto Guagliò, lo so bene’.ti ho capito…eccome..’
‘Ma!’
‘Niente. Prima ti ho invitato. Adesso te lo ordino. Vieni qui, prendi nota dell’indirizzo!’
Me lo detto e riattaccò. Provai a richiamarla per dire che non sarei andato. Ma Mirandas non mi rispose. Ero indeciso. L’orgoglio mi diceva di non andare. Non volevo. Però. No, sarei rimasto a casa.
Dopo 5 minuti mi arrivò un messaggio di Mirandas; MUOVI IL CULO DOLCEZZA. IL MIO CAZZO TI ASPETTA!
No.
Non sarei andato. Fanculo quella trans.
no.
Ecco.
NO.
*
Cinque minuti dopo ero in auto e andavo da lei.
Raggiunsi il suo appartamento e suonai il citofono:
‘LO sapevo guagliò! Sali’
Dentro l’appartamento era buio ed elegante. Mirandas mi aspettava seduta su un divano.
‘Ciao. Bello qui. Ti tratti bene…’
‘Hai già parlato troppo guagliò. Vieni qua, inginocchiati e prendimelo in bocca.’ allargò le gambe e mi mostrò il suo cazzo non eretto in mezzo alle gambe. Mi avvicinai. Portava una maglietta bianca con una collana di perle. Era truccata con il taglio degli occhi asiatico molto accentuato. Le tette erano sotto la maglietta ma si notavano i capezzoli duri. Sorrisi.
‘Che fai? Ti vergogni? Avanti apri al bocca…anzi…prima spogliati’.avanti’.spogliati’.spicciati..’
Oramai ero lì. In ballo. Mirandas mi eccitava e mi faceva paura. Come DonnaRosa.
Mi spogliai. Nudo mi inginocchiai davanti a lei e le presi il cazzo in mano. Era lungo, liscio, profumava.
‘Aspetta’. – accese una luce e mi guardò sorridendo – …ecco…ora ciucciamelo!’
Col cazzo in mano della trans mi apprestai a farle un pompino. Tenni bene il cazzo in mano e aprii la bocca. Leccai la cappella, quindi la baciai ed infine la presi fra le labbra e iniziai a spompinare. E succhiare quel cazzo mi faceva sentire prigioniero e mi eccitava, non so come ma mi eccitava. Mirandas mi afferrò i capelli con forza e mi spinse sotto. Allargai la bocca per prenderlo meglio e mi sentii quell’uccello in gola. Mi venne da soffocare e cercai di liberarmi, ma la trans fu più veloce di me e mi spinse via dal suo uccello: ‘Non farti male, dolcezza…ecco…da bravo, respira ‘ e feci dei respironi mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime – ..così…ecco’.da bravo torna a succhiare, bene, cosìììì’.um…che delizia…ummm che delizia…che boccuccia calda che hai…che delizia…’
Succhiavo la cappella e poi spinto da lei mi avventuravo sul cazzo della trans, ingoiandolo fino a dove mi era possibile.
‘…dai…bravo…ummmm’.che delizia’..bravo’..lecca’..bene’.cosììì’..che delizia’.che bocca’..bene”.succhia…così…cosìììì…sìììì’…ummmm’.che delizia, che troietta che sei’.’
Spompinavo la trans come una troia, come quelle che mi facevo nei bordelli con Geg&egrave, adesso ero io quello che doveva lavorare come una puttana.
Mirandas mi teneva la testa e spingeva piano il suo cazzo nella mia gola seduta sulla poltrona. Leccavo e succhiavo. Mi piaceva quel sapore, quell’uccello nella mia bocca. Mirandas mi fissava.
‘…che delizia’.troietta’..che brava”.sììì’..cosììì’..bene’..che delizia..’
io accelerai con il pompino e lei mi tenne la testa sotto mentre si godeva quel gioco. Quando sentii che stava per venire mi allontanai dal cazzo e lei lo afferrò con forza, lo puntò contro il mio petto nudo e venne su di me.
*
Dopo quel servizietto Mirandas mi aveva cacciato da casa sua dicendo che si sarebbe fatta viva lei.
A casa pensai a cosa avevo fatto, alla trans e tutto quanto.
Nacque il bambino e i giorni volarono fra cose da fare e feste. Angeluccia tornò a casa dei genitori ed io ero libero di tornare alla vita di videogiochi, shopping, bordelli, cene in pizzeria e in ristoranti costosi. Certo ero sempre imprigionato nei piani di DonnaRosa, ma non avevo altra scelta.
*
Una domenica a casa di DonPino pranzavamo ed io aspettavo solo il momento nel quale sarebbe iniziata la partita per svignarmela. Le donne erano tutte in salotto a parlare del bambino e dei vestitini, in salotto a bere il caff&egrave c’eravamo io con l’occhio fisso all’orologio, Don Pino e Antò, il secondogenito di DonPino. Sul tavolo tazzine e dei cannoli siciliani portati al boss da una pasticceria del centro. La partita stava per iniziare e DonPino si fumava una sigaretta dopo l’altra con la sciarpa del N.in mano. Antò mi fissava da qualche minuto, anche a tavola mi aveva guardato spesso come sorpreso, come divertito. Stanco di vederlo a quel modo ricambiai lo sguardo come a dire: ‘Cosa vuoi?’ Lui sorrise beffardo. Si alzò e mi dette uno scapccione. ‘Cazzo fai?’
‘Ehi, un saluto al padre di mio nipote…’
‘E perché?
‘Mangiati un cannolo’.so che ti piace il cannolo..’
‘No, non particolarmente…grazie, non mi va..’
‘Mangiati il cannolo!’ continuò quello.
‘Lascialo perdere Antò, stanno per iniziare..’ fece DonPino.
‘Eh, no Papà, adesso il nostro paparino qui si mangia il cannolo ed io ti racconto una storia, la vuoi sentire Papà?’
‘Che storia?’
‘Sì, che storia Antò? Cosa vuoi da me? Vi lascio alla partita’.buonasera DonPino, buonasera Antò..’
‘Resta. Siedi. Mangia il cannolo.’
‘Ma insomma Antò, cosa dici? Hai rotto il cazzo. Lascialo andare, porta pure jella’.manco tifa
‘Papà, la vuoi sentire la storia del tuo genero? Il marito di tua figlia?’
‘Eh?’
‘Nessuna storia Antò ‘ dissi io preoccupato, Antò era uno stronzo e un violento ‘ io me ne vado.’
‘Tu resti e tu ascolta..’ fece Antò prima a me poi al padre. ‘Il nostro amico qua si vede con Mirandas…sai papà, la trans che gestisce il bordello di DonnaRosa su a S., te la ricordi?’
‘Eh? Cazzo vai dicendo Antò?’
‘Sì, Mirandas’.
‘Solo cazzate. Mi stai offendendo Antò, io..
‘Tu cosa? Lo so per certo. Ti piace adesso il cannolo? Il cannolo di Mirandas?!’ e rise sguaiato. Anche DonPino, alzatosi rideva.
‘Stu stronzo va coi trans?’
‘Sì, Papà, ci piace il cannolo’.’ e rideva come un matto.
‘Ah, sto strunzo’.sto signorino del Nord! Uno coglione!’
‘Non sono cose che vi riguardano…’
Don Pino mi mollo uno schiaffo.
‘Sentimi bene, scemo: se fotti nei bordelli con Geg&egrave a me non frega un cazzo. Si fa così, qui tutti teniamo moglie e scopiamo in giro. &egrave così che va. Nulla da dire. Ma Angeluccia &egrave mia figlia e il discorso te lo devo fare e apri le orecchie: se lasci mia figlia per una troia di sparo in pancia…ma se lasci mia figlia per una puttana col cazzo ti sparo in bocca e poi ti do in pasto ai cani. Intesi?’

‘Hai capito, stronzo?’
‘…ok. Sì, DonPino, non accadrà, non lascerò Angeluccia, almeno che…almeno che non me lo ordini DonnaRosa!’ dissi per ricordargli chi ero, da chi dipendevo, e che non poteva minacciarmi.
‘Va bene. Finiamola qui. Ricorda. Adesso vattena a fanculo che stanno giocando!’
‘Buonasera..’
‘Aspetta. Il cannolo te lo mangi!’
‘No’
‘Sì!’ fece Antò con il cannolo in mano, venne da me, ridendo e sbruffone.
‘..me ne vado’ dissi, ma Antò mi prese un braccio e con una mossa mi afferrò la testa immobilizzandomi. Tentai di liberarmi, ma Antò per quanto basso era tosto, grosso e sapeva menare. Mi ficcò il cannolo in bocca. Spinse. Il dolce mi finì mezzo dentro facendomi tossire. Sputai un poco di cannolo fuori e Antò continuò a ridere tenendomi fermo. ,lo strozo.
Quando esco telefono subito a DonnaRosa per raccontarle del fatto. Devo dirle anche di Mirandas, ma lei già sapeva.
‘Sto stronzo di Antò ha alzato troppo la testa. Ci penso io a metterlo in riga! Ti faccio sapere poi, notte, guagliò’ e riattacca.
Il giorno dopo cerco di farmi passare la vicenda del cannolo e vado in un bordello con Geg&egrave, in città. Scelgo una donna bassa, slava, carina con trecce rosse, ma non mi diverto, la scopo senza gioia.
La mattina seguente mi chiamò Rosetta: ‘Guagliò ti passiamo a prendere fra 40 minuti.’ ‘Dove andiamo?’ ’40 minuti.’
L’Hummer della boss era parcheggiato sotto casa mia, alla guida Marisa, non la vedevo da oltre un mese ed era ancora cambiata, aveva una misura di tette in più quella volta, sotto la maglietta Gucci aderente spiccavano come belle, tonde, sode.
Dietro sedevano Rosetta e Antò.
‘Lui che cazzo c’entra?’ chiese Antò.
‘Lui centra e lo sai.’
‘Ma io..
‘Chiudi quella bocca, Antò, non voglio sprecare parole con te. Andiamo.’
Dalla città ci spostammo appena fuori, verso il mare, quindi l’Hummer prese una strada sterrata di un paio di kilometri e ci fermammo davanti al cancello di una grossa villa. ‘Sei già stato qui, vero Antò?’ ‘..ehm sì e allora? Cazzo vuoi da me? Che &egrave sta buffonata? Voglio tornare indietro..’ ‘No, bello mio’.adesso ti spiegherò delle cose che devi sapere. Che devi vedere. Che devi fare..’ ‘..io non faccio proprio un cazzo!’ ‘No, tu lo farai. Ascolterai. Capirai. E sarà meglio per te!’ disse la boss con un volto impenetrabile e duro. I suoi occhi spietati non ammettevano repliche, il suo volto ringiovanito dalla chirurgia plastica era feroce e deciso. Lei era la Boss. Il pesante cancello metallico si aprì lentamente. Dentro c’era un lungo viale alberato e poi la villa, con un grosso parcheggio in cemento, quasi deserto. Entrammo e sulla porta ci attendeva Mirandas: ‘Venite…ciao Antò..’
Lui grugnì e fece resistenza, dicendo che non voleva entrare, ma Marisa lo spinse dentro con forza, mostrando la pistola. ‘Cammina stronzo!’. La villa era grande, un lungo corridoio sul quale si aprivano stanze da letto vuote. Due stanze con poltrone e divani dove attendere, le luci erano basse ma si vedeva bene. Raggiungemmo una stanza di scope e oggetti per pulire, nel mezzo, per terra, una trans legata mani e piedi che frignava. I capelli in disordine, il trucco colato, un volto con i segni maschili che emergevano nonostante i trucchi per farlo sembrare più gentile. Mirandas la fece alzare. In piedi, mentre piangeva, mostrava due belle gambe eleganti sotto una gonna strappata e un seno piccolino sotto la camicetta strappata anch’essa.
‘E’ lei la troia?’chiese la boss
‘Sì.’
Rosetta afferrò il volto della trans e lo strinse forte. ‘Ha proprio la faccia da stupida. Sei una stupida!’ disse la boss e poi le sputò in faccia.
‘Che cazzo &egrave sta strunzata?’ sbottò Antò.
‘Zitto tu. Adesso guarda e basta!’ fece la boss e Marisa puntò la pistola alla schiena di Antò. Quello abbozzò.
‘Perch&egrave gielo hai detto?’
‘Una debolezza, signora, un errore’ – fece Mirandas chinando la testa – …&egrave nata nel mio stesso paese, qualche strada più là…mi stava simpatica..sembrava una tipa sveglia…invece…mi scuso per l’errore, DonnaRosa. Non capiterà più..’
‘Ne sono certa, Mirandas’ teneva ancora la faccia della trans che tremava di paura e piangeva, poi la mollò, quella cadde a terra.
Dalle mani di Mirandas sbucarono delle grosse forbici. La tipa a terra prese a urlare: Noooooooooooooooooooooo nnnNOOOOOOOOOOOOOooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
ma Mirandas le si avvicinò, le prese i capelli e li tirò con forza.
‘Stronza! Se tenevi la boccaccia da pompinara chiusa, non ti sarebbe capitato!’
DonnaRosa si abbassò per tenere ferma la trans, le girò la faccia verso le forbici di Mirandas che tirò un orecchio della trans e poi ne recise una parte, quella superiore, con una taglio netto, deciso, crudele. La trans gettò un urlo terrificante, la boss la mollò e cadde a terra contorcendosi dal dolore mentre dall’orecchio usciva sangue. Mirandas gettò il pezzo di carne della tipa per terra e poi uscimmo.
‘Quando si sarà rimessa la sbatto nel peggior quartiere di questa città a battere per strada e farsi inculare dalla fogna del posto..’ annunciò Mirandas.
‘Bene.’ disse la boss. Dalla porta dello sgabuzzino chiusa si sentivano le urla della trans, era stata una cosa violentissima e crudele.
Andammo in cucina, era piccola e con pochi oggetti per cucinare, ma piena di scatole, bottiglie di liquori, bicchieri, succhi di frutta, lattine di cocacola stipate ovunque. Ci sedemmo al tavolo, dove, al centro, c’era un pacchetto di una nota pasticceria di N.

‘Che cazzo &egrave sta strunzata? Cazzo vuoi da me?’ sbottò Antò, ma Marisa gli mostrò la pistola.
‘Zitto e ascolta. Il mio accordo con DonPino sta in piedi perché io lo voglio. Sono io la parte forte del nostro clan. Se voglio mando a fanculo te la tua gente di merda. Te lo ricordi?’
Antò la fisso frustrato. Guardava i suoi occhi. Accanto a lui Marisa gli puntava la pistola contro una coscia. Era stordito e un poco tremava. Annuì.
‘Bene, te lo ricordi, allora non sei così stupido. E il collante del nostro sodalizio ‘ tutto questo lo disse in dialetto, ma io oramai capivo piuttosto bene ‘ &egrave il nostro amico qui ‘ e mi indicò ‘ e lui &egrave un mio rappresentante. Quindi se offendi lui offendi me. Ti entra in quella testa bacata?’
Rosetta afferrò la testa di Antò e la scosse con forza. Lui si scansò con rabbia.
‘Ma lui manco &egrave di qui. Non &egrave dei clan..’
‘Questo per te non conta un cazzo. Lui &egrave mio. Lui &egrave me quando state assieme, intesi?’e dette uno scappellotto ad Antò che fece per alzarsi incazzato, ma Marisa gli premette con forza la pistola sulla gamba e disse piano: ‘Fermo, deficiente, cosa pensi di fare?’
‘Nulla pensa di fare, lo scemo. Perché ha capito?’
‘…ehm…sì…ok…basta strunzate..’
‘Bene. Così ti voglio. Dillo: basta strunzate, lui &egrave un uomo di DonnaRosa e gli porto rispetto..Dillo!’
‘Ma che cazzooo
‘Dillo.’
‘Ok…ok lo dico…’ e ripet&egrave la frase guardandola.
‘Adesso riportatemi a casa. Subito!’
‘No. Adesso tu ti mangi il dolce che &egrave qui dentro in segno di accondiscendenza. Voglio la conferma che hai capito!’ e aprì la confezione della pasticceria. Dentro c’era un cannolo di circa 10 cm fatto a forma di cazzo, con la cappella e le palle pcicole in fondo, ripieno di ricotta, canditi e altro.
‘Mangialo!’
Antò lo fissò sgomentato. ‘Strunzate, DonnaRosa…non lo mangio sto cannolo!’
‘Sì, tu lo mangi o ti lego assieme a quella stronza di una trans nello sgabuzzino e ti ci lascio tutta la notte! Tanto ti piace la nostra amichetta di là…lo sappiamo’.la frequenti spesso’.’ Antò divenne tutto rosso e gli occhi fumavano rabbia. A me venne da ridere. Così anche Antò andava a trans…se lo avesse saputo DonPino! Ecco perché Rosetta mi aveva portato…adesso avevo un segreto da usare contro Antò.
‘io…ma’
‘Mangialo. Ecco prendi, apri la bocca e infilati questo cannolo del cazzo in bocca! Fallo, stronzo!’ urlò DonnaRosa e con in mano il cannolo lo spinse in bocca di Antò, il quale prima si oppose, ma poi aprì la bocca e lo accolse dentro. La boss spinse ancora. Quello tossì e sputò il cannolo.
‘Finiscilo! Poi torniamo a casa!’ disse Marisa con le sue nuove tette. E Antò obbedì: aprì la boccuccia e si mise il cannolo in bocca di nuovo con quella forma di cazzo che aveva e le palle di pasta dolce in fondo. Masticò tutto incazzato e frustrato. Rosetta rideva così come Marisa. Mirandas invece era tesa. Mi dette un paio di occhiate gelide e mi ignorò. Quando Antò ebbe finito e DonnaRosa gli spiegò ancora qualche cosa dell’accordo col clan di suo padre, tornammo indietro. Lasciammo Antò a casa, lui salutò tutti eccetto me, ma che mi fregava? Lo avevo visto umiliato mangiarsi un cannolo a forma di cazzo pochi minuti prima.
‘Grazie del pomeriggio Rosetta cara, era giusto però che Antò non alzasse la testa. Mi lascia a casa Marisa?’
‘No. Adesso tu vieni alla villa con noi. Vogliamo passare una serata fra amici…’ disse la boss. Ovviamente non replicai. Alla villa in realtà c’era solo Stella che cucinava da sola. ‘Ok, cosa facciamo?’ chiesi.
‘Tu mettiti ad aiutare Stella in cucina, poi ci servirete la cena in salotto e poi vedremo..’ disse la boss.
In cucina aiutai Stella con il primo di pesce e le ostriche, facemmo anche delle bruschette. Stella stava meglio, in faccia ancora qualche segno, ma molto più rilassata, aveva il braccialetto e i capelli rasati, ma stavano ricrescendo, provai a farle qualche domanda ma lei rimase silenziosa.
Servimmo le ostriche con champagne alle due donne che erano vestite a festa per la cena: trionfo di collane, oro, anelli e bracciali, portavano entrambe delle camicie a fiori, Marisa in minigonna e tacchi vertiginosi, Rosetta in pantaloni di pelle e tacchi. Truccate e sicure di sé erano bellissime. Io e Stella portammo loro da mangiare e riempivamo il bicchiere dorato di cristallo con champagne o vino bianco da 80 euro la bottiglia. Mentre cenavano le donne parlavano fra loro, si tenevano la mano, si mandavano baci con le mani piene di gioielli. Stella serviva silenziosa e un paio di volte Marisa, sadica, le dette degli sculaccioni sulle natiche nude(portava solo un grembiule da cameriera blu).
Loro due cenavano austere e felici, padrone e giocatrici, bevevano, ordinavano di andare a prendere questo e quello, riempivamo loro i bicchieri, Marisa con la tette nuove, la faccia rifatta era lontana dalla donna che mi faceva i pompini nella pizzeria e Rosetta era sempre più affascinante, anche lei rifatta, ma bella, decisa, feroce, crudele e bella. Mentre le servivo l’ennesimo vino le dissi che la trovavo molto bella quella sera.
‘Grazie guagliò’ e mi dette un buffetto sulla guancia.
‘Ehi tu! Lascia stare la mia donna!’ urlò Marisa.
‘..emh…non volevo mancarle di rispetto Signora Marisa, solo dire una cosa che pensavo…tutto qui..’
‘Guarda che perché le hai leccato la fica qualche volta pensi di valere più di Stella? Rosetta &egrave la mia donna. Io le lecco la figa. E lo faccio benissimo, vero cara?’
‘Oh, Marisa..sei ubriaca…ma sì…me la lecchi da urlo’.carissima…’ e si baciarono selvaggiamente con Marisa che voleva dimostrare qualcosa.
Tirarono fuori la coca e si fecero qualche pista per combattere l’effetto dell’alcool. Ci spostammo nella stanza da letto di Rosetta, quella con le due tigri di porcellana alte due metri. Le donne si misero sul letto e Stella si mise a leccare la figa di Marisa mentre io mi buttai su quella di Rosetta, leccai e baciai, succhiai il clitoride e leccai bene dentro, slappando e infilando la lingua, ma la boss era scarica, dopo un poco mi spinse via. La lezione impartita da DonnaRosa ad Antò era stata notevole. Quello non mi dette più problemi, non faceva scenate, anzi quando ero a casa di DonPino era lui ad andarsene. Io sorridevo beffardo e impunito. Antò era nero e incazzata, ma non fiatava, chinava gli occhi e andava via.
‘Già te ne vai Antò?’ diceva il padre. Io ridevo.
*
Angeluccia non era un problema alle prese con nuovo pargolo. Io stavo con lei e i bambini il meno possibile. Con Geg&egrave andavamo nei bordelli a cena fuori e passavamo i pomeriggi in giro.
Mirandas mi chiamava ogni tanto. Dovevo andare da lei. Quando lo ordinava. La gerarchia era chiara: in cima DonnaRosa, sotto Marisa poi Mirandas. Erano il nuovo triunvirato che dominava una parte della città. L’alleanza con DonPino e altri clan garantiva la pace, ma spesso c’erano nuovi gruppi che si affacciavano per il controllo delle piazze dello spaccio e dei traffici delle slot, così mi raccontava Geg&egrave. La politica di Rosetta, per quello che capivo era di reprimere con violenza quelli che provavano a d alzare la cresta, mentre teneva buoni i rapporti con gli altri clan storici. Lei sapeva che i morti attiravano solo problemi, ma sapeva anche essere spietata con chi sgarrava. Ben presto la sua fama si fece alta in tutta la C., tutti la odiavano perché non accettavano il suo stile di vita: lesbica, le donne a condurre il clan, ma lei era la boss migliore da un sacco di anni, aveva riportato la calma nei vicoli e nelle piazze e tutti preferivano fare soldi sotto di lei che inimicarsela. Stando a Geg&egrave la polizia non aveva ancora capito che Rosetta era la vera boss della città. Pensava che ci fosse in atto una lotta interna fra i clan, ma su di lei avevano poche informazioni precise. Era furba e scaltra. Regina della città, teneva un basso profilo in società. Aveva i suoi giri e non si mostrava troppo, erano gli altri ad andare da lei a chiedere cosa fare.
Una sera mi ordinò di andare da lei. Geg&egrave mi mollò alla villa sul mare. ‘Ciao compare, ci sentiamo domani..se..’ e sorrise indicandomi la villa illuminata. Dopo che le guardie del corpo mi ebbero controllato, entrai in casa. Salii le scale e mi ritrovai in uno spazio ampio, senza muri; da una parte un lungo tavolo di cristallo pesante, coperto di coppe in oro, calici, champagne e frutta, al quale sedevano Rosetta, Marisa e due uomini. Salutai.
‘Portaci altro champagne caro..’ fece Marisa. Andai a prendere la bottiglia. Oltre il tappeto rosso alto, alcuni divani e un letto su cui due donne seminude pippavano coca da uno specchio e poi si baciavano fra loro fingendo che io non le vedessi.
Servii lo champagne.
‘Qui es?’ chiese uno degli uomini.
‘Uno a mio servizio’ rispose DonnaRosa.
‘ ‘nu stronzo qualunque!’ aggiunse Marisa.
‘Ok, Javier, abbiamo concluso. Grazie per essere venuto direttamente. E grazie per le chicas..’ disse la boss indicando le donne.
‘Gracias a te, Roseta &egrave sempre un piacere fare affari con te.’
i due uomini si alzarono dal tavolo. Presero i cappelli neri che erano posati sopra e se ne andarono con una borsa di pelle sotto braccio, una ciascuno. Le donne li guardarono sfilare via senza cessare di toccarsi fra di loro. Erano due giovani mulatte molto belle, dai lineamenti vagamente latini, pelle di seta a vedere, due corpi fatti per piacere, per essere esibiti, neppure un filo di grasso, forme leggere ma belle, seni piccoli ma tondi, portavano giarrettiere nere e scarpe coi tacchi alti, per ilr esto nude.
Quando i due uomini furono usciti dalla porta, Rosetta chiamò le due ragazze: ‘Portate i vostri culi così carini qui, bellezze e giocate davanti a noi. Tu guagliò vieni qua, spogliati e siedi assieme a noi. Feci quanto ordinato rimanendo solo in mutande mentre le due ragazze si toccavano, baciavano, odoravano, giocavano fra di loro sotto lo sguardo attento di Marisa e della boss. Rosetta era molto sexy quella sera, labbra carnose rosso fuoco, i nuovi zigomi e il ritocco agli occhi le davano un aria sensuale e matrigna, era la boss, era figa e vicino a lei mi tirava il cazzo. Pensavo a quando le leccavo la figa appena un paio di anni prima, quando ero finito fra le sue grinfie. Anche Marisa aveva fatto sesso con me. Eccola lì sfrontata nei suoi jeans costosi, occhialini in oro e brillanti, la faccia ritoccata anche lei, le nuove tette. Penso a quando mi faceva i pompini nel retro della pizzeria che lei conduceva. Ed eccola lì accanto alla boss, ne ha fatta di strada! Bastarda! Si tocca la figa con una mano, con l’altra tocche le cosce di Rosetta. Guardano le due bellezze che si toccano e baciano.
‘Prepara la coca, guagliò!’ mi ordina la boss ed io eseguo. Le donne si baciano e si toccano la figa, Marisa affonda la mano nelle cosce di Rosetta e poi la bacia sul collo, la boss chiude gli occhi e con la solita sigaretta accesa si fa leccare il collo dalla sua amante. Servo la coca per tutte e 4, io mi accendo uno spinello di erba, Marisa bacia la boss, lei fa un cenno alle donne che vengono da lei, in tre si mettono a baciare la boss, la toccano e la baciano, lei le accoglie. &egrave Rosetta, la boss! Si gode quelle lingue e quelle labbra sul collo, sul petto, continua a fumare mentre io le preparo le strisce di coca.
Poi si spostano sul divano le donne a terra che scopano fra loro con falli di gomma o toccandosi, baciandosi. Si avvinghiano dolcemente, con fare seducente e sensuale, fra di loro, contorni di pelle setata e profumata, labbra che si sfiorano gambe, interno cosce e il corpo, le tette piccole e rotonde. Mentre Marisa si &egrave inginocchiata fra le cosce aperte della boss. Si &egrave chinata e ha assaporato la figa della sua amante, poi ha infilato la faccia fra quelle gambe mature e ha iniziato a leccare la passera di DonnaRosa. Lei guarda le due puttane latine che si accoppiano per gioco e per piacere saffico. Guarda mentre Marisa le lecca la fica con arte e passione. Guarda me ogni tanto. Sta ancora fumando, gli occhi rossi per la droga, che passano da me alle donne.
‘Devo fare qualcosa?’ domando, sentendomi escluso da quel convegno lesbico. Intanto le donne per terra si sono messe a 69 e si baciano i sessi.
‘No, guagliò, Marisa ha in serbo una sorpresa per te, dopo!’ dice e torna a fumare e godersi la lingua dell’amante sulla sua figa.
Ammiro Marisa che slappa la passera di Rosetta, ricordo quando ero io a farlo. Le donne per terra si lasciano andare a lunghi sussurri di piacere, a me sembra che fingano, ma &egrave uno spettacolo eccezionale: due donne belle che si baciano, si toccano, si cercano e giocano. Ho il cazzo dritto e duro nelle mutande. La boss che fuma e tira su con naso mentre la giovane Marisa le lecca avidamente la figa, mi guarda ancora, nota l’eccitazione e sorride.
Le due donne vengono fingendo un orgasmo che non provano. Baciandosi si alzano e vanno al tavolo a sniffare coca. Per rilassarmi mi accendo un altro spino e abbasso le luci della sala. Marisa sta ancora leccando la passera di Rosetta, ci dà sotto di lingua e baci e risucchi; la boss a gambe aperte si fa servire e fuma godendo. Quando raggiunge l’orgasmo grida di gioia: ‘Ahhhhh..sìììììììììììììììììììì’.godooooahhhhhsìììììì’ e si appoggia allo schienale del divano e fa una lunga boccata dalla sigaretta.
Marisa si alza, viene da me. Mi prende il joint dalla mano, si avvicina al mio volto, mi lecca le labbra umide della figa della boss. Riconosco il sapore degli umori della matura figa di DonnaRosa, quante volte l’ho leccata quella passera rugosa e saporita. Strizzo l’occhio a Marisa e la bacio sulla bocca e poi lecco il seme di Rosetta sulle sue labbra ritoccate dal chirurgo. Marisa fa un tiro di canna e mi soffia in bocca.
‘Ho un piano anche per te, guagliò, stasera voglio divertirmi con te, Rosetta mi ha fatto questo regaluccio..:’
‘Vero, dolcezza ‘ fa la boss, alzandosi, la figa gocciolante, le gambe venose e dure, – ho concesso alla mia ragazzina di dicertirti con te, guagliò! Non so cosa ha in mente, ma tu dovrai obbedire, come al solito.’
le due donne ridono, anche Marisa lo fa e mi ripassa la canna.
‘Vedrai’!’
”.m io…Rosetta…cio&egrave..’
‘Non scassare guagliò. Così ho deciso. Fai silenzio.’
quindi le donne andarono a pippare di nuovo, bevvero champagne e fecero batute e risate fra di loro. Marisa baciava sul collo una delle ragazze mentre la boss pippava dalla tetta dell’altra puttana. Io guardavo in disparte preoccupato per le voglie di Marisa. Giocarono fra loro, fra risate e baci, si toccavano i corpi giovani, baciavano le zinne nuove di Rosetta.
Poi Marisa spinse le due donne sul divano e si mise in mezzo a loro: divertita, maliziosa, la donna della boss si fece abbracciare dalle due puttane che iniziarono a toccarla e a baciarle i capezzoli, mentre lei fissava DonnaRosa, in piedi in mezzo alla stanza, altera di fronte a loro; in vestaglia, senza mutande, srtrafatta di coca, le zinne nuove tirate su, le cosce flaccide, il volto di una sessantenne, la bocca carnosa coperta di rossetto rosa lucido che macchiava il filtro bianco delle sigaretta sempre accesa, alle mani gioielli e rubini, diamanti, bracciali ai polsi da 30000 euro, la boss osservava eccitata le tre donne che giocavano fra loro. Io stavo seduto ancora, eccitato ma fuori dal gioco, almeno per ora.
‘Guagliò versami da bere!’ mi ordinò, così scattai in piedi e le versai dello champagne nel calice doro che le passai.
Dette una lunga sorsata, fissò il trio sul divano.
‘Vedi come si diverte quella troietta della tua amica?! – ed indicò Marisa che si faceva toccare le tette da una, mentre l’altra le baciava la figa depilata – ..&egrave poprio una puttanella lesbica! Ma sono felice di averla al mio fianco, che mi guarda le spalle e che mi lecca la passera quando lo voglio!’
marisa sorride mentre una puttane le morde un capezzolo.
‘E l’ho conosciuta grazie a te…te lo devo guagliò. Per questo te ne sarò riconoscente.. e mi prese la faccia fra una mano piena di gioielli e anelli, le unghie pittate di bordeax e il profumo di sigaretta, alcool e donna di Rosetta – ..ed &egrave per questo che tu devi restare qui con me, con Angeluccia, quel gran fesso di DonPino e Mirandas. Ricorda sempre di obbedire a Mirandas ho dei progetti che ti riguardano con lei, guagliò…e adesso vieni qua: inginocchiati e leccami la figa mentre queste troiette si divertono fra di loro.
Così mi inginocchiai, ero eccitato da tutto quel sesso lesbo visto da ore, e ficcai la mia faccia fra le cosce spalancate della boss.
Lei mi afferrò i capelli mi spinse verso il trio. Mi posiziono fra le gambe di una delle donne e poi mi tirò verso il suo sesso umido e gonfio.
Iniziai a baciarle la figa umida per il servizietto di Marisa e poi leccai.
Leccai come un cagnolino in ginocchio dalla sua padrona, e la boss DonnaRosa era in effetti la mia padrona. Mi teneva con lei da anni oramai e mi muoveva come un burattino.
Leccai e succhiai come sapevo piaceva a Rosetta.
Succhia e bacia, mentre sopra di me le donne si baciavano e mordevano.
Io il volto ficcato nella figa della boss leccavo e succhiavo. Baciavo e poi spingevo la lingua dentro la passera di Rosetta che mi teneva i capelli con una mano e con l’altra si fumava una sigaretta.

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‘Dai Rosetta, godi’ – fece Marisa mentre le due puttane le toccavano cosce, seno, collo – …ti piace la lingua del tuo guaglioncello?’
‘Oh, mumm…sì…mi &egrave sempre piaciuto come me la lecca..&egrave bravo..mummm…così…guagliò…lì..mumm bravo..’ disse lei tirandomi i capelli per spingermi nel punto interno della sua passera dove leccavo più forte per farla godere.
‘Bravo…mah…ho in serbo per lui una sorpresa molto divertente..intanto goditi la sua linguetta ballerina!’ aggiunse Marisa.
La boss mi tenne giù nella sua passera gonfia, calda, sapeva di femmina, di boss, di donna che comandava e decideva di persone, di soldi; era una passera di donna calda e piena, la leccai con forza, con passione, Marisa parlava e si toccava con le due puttane, Rosetta mi teneva la faccia premuta sul suo sesso mentre, Signora e padrona di tutto, si fumava un’altra sigaretta e poi venne dalla figa, spruzzando umori sulla mia lingua e sulla faccia. ‘Ahhhhh…sììììì ahhhhh…gooodooooo…ahhh’ urlò tenendomi premuro sul suo sesso. Poi mi staccò e mi gettò a terra.
Lei si sedette al tavolo riprendendosi dall’orgasmo e ricomponendosi. Si sistemò i capelli, controllò il cellulare, si accese una sigaretta, si ritoccò le labbra con un rossetto rosa lucido, si fece un tiro di coca e si rilassò.
Io rimasi per terra ad osservare le tre donne che si divertivano fra tette, cosce, lingue, denti, capezzoli, gambe, fighe. Ci davano dentro di lingue, baci, morsi piccoli, Marisa si godeva le due troie e ogni tanto mi guardava.
Raggiunsero l’orgasmo assieme, cio&egrave Marisa godette come una vacca le altre due finsero di venire ma non si rivelarono neppure troppo abili.
DonnaRosa mi chiamò:
‘Guagliò, vanna a cacà!’
andai da lei. Dritto di fianco a lei mi guardò con quei suoi occhi neri profondi, truccati e rifatti, occhi da boss.
‘Sei no bravo guagliò, ma io preferisco a essa!’ ed indicò Marisa che si era avvicinata a noi, si era preparata una striscia mentre le donne si rivestivano.
La boss mi afferrò le palle:
‘Tu sei mio! Tu sei mio guagliò io ti voglio bene assai. E tu conosci a me! Chi sogno! DonnaRosa, la BOSSS !!’ e si accese una sigaretta, mi soffiò il fumo addosso, mollò le mie palle e mi guardò con la sua bocca carnosa, pitturata, rifatta pure quella, con con classe: ‘Sì, Signora Rosetta. Vi conosco. So chi siete.’
‘E?’
‘E io sono vostro. Signora..’
‘Bravo figliolo..’ e mi dette un bacetto sul cazzo. Poi si alzò andò da Marisa e la baciò con forza davanti a noi.
Quando ebbero finito di baciarsi, Marisa venne da me: ‘Hai capito guagliò?! DonnaRosa preferisce a me!’ e mi dette uno schiaffetto.
‘Ragazze andate a prendere la borsa di pelle di là per favore’
‘Cosa hai mente Marisa? Non scherziamo? Mica come la volta scorsa…ti prego Marisa…ti prego Rosetta…’ piagnucolai.
‘Guagliò, ho premesso a Marisa che può giocare con te, stasera..mi spaice…’
‘Ma Rosetta…dai’.Marisa…io…’
Marisa mi dette uno schiaffo. Le donne portarono la borsa. Conteneva delle sbarre di ferro, anelli, gel, falli di gomma. ‘noooooooo. Noo’..Marisa…ti prego…che ti ho fatto? Ti ho sempre trattato con rispetto…’
‘Zitto Guagliò, stasera voglio giocare…voglio giocare’.ah ah ahhh ah ah’
prese le sbarre di ferro che si univano in un meccanismo a chiusura e me le fissò ai piedi divaricandoli. Mi aveva messo a quattro zampe, mentre io piagnucolavo e imploravo di fermarsi. Ma lei era invasata e determinata. Mi fece mettere come preferiva e poi mi alzò il culo sopra il divano. Le donne presero a infilarmi il gel nel culo, con le dita sottili spingevano piano nel mio ano. Io potestavo e chiedevo pietà, am quelle sadiche continuavano. Marisa ogni tanto sputava nel mio ano e mi colpiva le natiche. Le donne continuarono con il gel mentre Marisa prese un plug rosso in mano e lo coprì di gel. Iniziò a spingerlo conto il mio culo mentre le le troie mi aprivano il culo. Mi dimenai ma Marisa mi fermò, colpì il sedere e le donne mi tennero giù. Il plug entrò subito al primo colpo.
‘Oh il guagliò &egrave già bello aperto’.’
‘Oh chicos apierto..’
‘Fuck this ass, Marisa’
‘Yes. Chica. Yesss! ‘ e mi spinse dentro il plug facendomi sobbalzare.
‘Prendi guagliò! Ti scopo in culo, bastardo!’
‘Ahhh…nooooooooooo…fermaaaaaa’ urlai ma quella stava spingendo quel plug rosso nel mio culo aperto dalle mani delle due puttane. Marisa si mise a fottermi, muovendo avanti ed indietro il fallo finto, io ero bloccato con i piedi chiusi nelle ganasce di ferro, le gambe divaricate e il culo che riceveva in pieno quel plug.
Marisa andò avanti a scoparmi in quel modo per un po’, quindi tolse il plug ed io sperai che avesse finito.
‘Cambiamo strumento!’ invece gridò.
La sentii rovistare nella sacca e poi le donne esclamarono qualcosa all’unisono. Non potevo vedere, piangevo a testa bassa nel cuscino del divano, il culo profanato, bloccato alla merc&egrave di quelle sadiche.
‘Ti piace cara?’
‘Oh, &egrave carino’.tanto carino…e lungo’.ma ci staranno?’ sentii dire a Rosetta.
‘Sicuro cara, ci staranno tutte! Ha il culo bello aperto il tuo guaglioncello qua’..non lo sapevi?’
‘Oh, Marisa, ti ho già visto scoparti il mio guaglioncello qua…e poi’.so che frequenta Mirandas anche in orari notturni!’
‘Nooooo’.basta’.Rosetta’.ti pregoooo..’ urlai impaurito dai giochi di Marisa.
‘Zitto! Adesso ci divertimao..ragazze, aprite bene il culo del guagliò’.ci vanno tutte dentro!’ fece Marisa e le puttane mi dilatarono il culo e poi sentii le mani che mi profanavano l’ano e il freddo della pasta di gel.
‘nooooooo’ provai ancora a impietosirla, ma Marisa mi dette due sculaccioni forti e rise: ‘Vuoi vedere cosa ti aspetta?’
Non risposi ma lei mi agitò davanti alla faccia un plug fatto di 5 palle nere, due di piccole dimensioni, le altre sempre più grandi.
‘NOOOOOoooooooo Marisa’.pietàààà’ gridai vedendole.
‘Guagliò tutte te le faccio prendere!’ mi rispose quella.
Sentii Rosetta commentare e ridere, delle manate mi colpirono il culo. Poi una palla premette sul mio ano dilatato dalle troie sudamericane.
‘E vai! Inizia il conteggio! Ecco la prima baby!’ e una palle fu spinta nel mio culo, era la più grossa, all’inizio non entrava. Le donne mi tirano. ‘Apri le cosce troia! Rilassa il culo!’ mi gridò Marisa colpendomi la schiena. Piangeve dal dolore. La palla del plug non entrava e quella bastarda spingeva con forza.
‘Rilassati guagliò! Questa &egrave la più difficile, poi vanno a scalare’..ma le prenderai tutte. Lo giuro!’ fece sadica Marisa.
‘Apri il culetto, guagliò!’ sentii dire alla boss.
Cercai di rilassarmi ma il dolore era forte. Marisa spingeva, quelle due mi aprivano. Poi un colpo secco. Tok! Dentro.
‘Ah..eccola…preindi guagliò!’ urlò Marisa. La prima palla di gomma era dentro. La più grossa. Cercai di prendere fiato mentre la bastarda iniziava a spingere la seconda. Fece con calmo sadismo. Premette, frizionò. Le troie mi dilatavano l’ano, una mano mi toccava le palle. La prima palla si stava abituando. La sentivo dura, ma non era così dolorosa come all’inizio. Poi marisa spinse con con forza la seconda. Tok! Dentro anche questa. Gridai. Urlai di dolore, ma già la terza premeva. Facevano male, contraevo lo stomaco e facevo lunghi respiri. La terza entrò dopo qualche minuto, Marisa spinse le prime due a fondo e poi, con calma, anche la terza.
‘Oh le più grosse sono dentro, brava Marisa!’ fece la boss.
‘Rilassa il culo, guagliò, il più &egrave stato fatto. Le ultime sono proprio piccole’.prendi..guagliò’- tok la quarta -‘.vedi? Facile? Scivolano dentro…’
l’ultima non la sentii neppure entrare. Il mio culo era pieno, gonfio di palle. Le donne mi mi lasciarono. Sudavo. Marisa mi toccò il culo e una donna mi toccò il cazzo. Era moscio, ma il suo massaggio e il dolore che si trasformava piano piano in piacere del plug, mi fecero eccitare.
‘Guarda questa cordicella, basta che la tiri ed usciranno tutte le palle! Che facciamo cara? Tiro forte? Piano? Vuoi farlo tu, amore? Sarebbe bello, e poi questo culo ti appartiene, &egrave il tuo guaglioncello’..il tuo servo! Manco può tornare a casa…alla sua vita…&egrave proprio tuo…’ fece bastarda quella.
‘Verò dolcezza di rosa’..&egrave mio…sì voglio tirare la corda’.ma lui come sta”
‘Oh, se la gode. Le palle in culo, la sega della troietta…’
La boss venne da me, al mio culo pieno di palle. Mi toccò il sedere, sentivo il suo profumo, la sua arroganza, la sua forza.
‘Sto meglio ora, Rosetta…grazie…ma faccia piano…la prego’.’
‘Oh, caroooo’.ma sì sarò dolce…’ e la sentii armeggiare al mio culo, poi sentii tirare e il dolore mi dilaniò il culo. La troia mi tenne il cazzo con forza e poi sentii uno strappo e la boss gridare: ‘Ohhhhhhhhhhh forteeeeeeeeeeeeee! E un colpo secco e un brivido di piacere intenso e violento. Era stato bello, lo ammetto. La tipa riprese a segarmi. La boss invece armeggiava ancora dietro di me, le palle che uscirono non mi fecero male, anzi un brivido di piacere mi colpì la schiena e il basso ventre, la tipa mi segava, quindi Rosetta tirò fuori l’ultima palletta, quella più grossa. La sentii giocare con il mio culo e tirare, il colpo fu deciso e la grossa palletta uscì di bottò, si sentì uno schiocco, le donne risero, fui sculacciato dalla boss e da Marisa, la quale mi mostrò il plug con le palle di dimensioni diverse, tutte ricoperte di gel e umori del mio culo. Me lo spenzolò davanti soddisfatta:
‘Hai visto, guagliò?! Tutte ci sono entrate…tutte…te lo avevo promesso’.ma ti &egrave anche piaciuto vero?’
Annuii mentre la troietta mi segava veloce e mi fece venire con goduria estrema: ‘Ahhhhhhhhhhhsssssìììììììììììììììììììììììohhhhhhhhhhhhoooooohhhhhh’ gridai sborrando.
*
Poi Marisa mi slegò. Fui congedato da un bacio sulle guance di DonnaRosa, mentre le donne tornavano a giocare fra loro.
*
Passarono dei giorni: pizzeria, gelato fuori, ogni tanto mi facevo vedere a casa di Antò, salutavo i bambini, quella poveretta di Angeluccia e il resto della famiglia di DonPino. Non mi fregava niente di loro, erano una manica di coglioni tutti quanti. Antò era un fesso, ma non mi parlava manco più per fortuna, DonPino mi evitava, io evitavo Angeluccia quel cesso di femmina.
Una mattina Marisa mi telefonò per dirmi che avevano arrestato Geg&egrave e che dovevo andare in carcere a parlare con lui il mercoledì successivo.
‘Come &egrave andata?’
‘Pare che un tizio lo abbia provocato fuori da un caff&egrave. I due si sono presi a male parole per un po’, poi Geg&egrave gli ha mostrato il ferro e quello ha tirato fuori il distintivo, era uno sbirro del cazzo, Geg&egrave gli ha dato uno spintone per scappare e quello ha battuto la testa: un taglio di qualche punto, ma lo stronzo non era solo, altri sbirri in borghese lo hanno sgamato, fermato e ora sta dentro. Rosetta dice che Geg&egrave quel giorno doveva svolgere una missione, devi andare a sentire se lo ha fatta. Intesi?’
‘Ok, va bene.’
Al carcere non c’ero mai stato. Il posto era pieno di visitatori e di mura cadenti, non dava l’impressione di essere un vero carcere, anche il colloquio si svolse ad un tavolo, senza barriere, con un paio di poliziotte che passavano indifferenti a noi.
‘So perché sei qui. Digli a Rosetta, che no. Non se fatta quella cosa. Non si sono presentati, stavo andando da lei a riferire quando avevo sete e mi sono bevuto una birra al bar dove ho beccato sto sbirro infame!’
‘L’avvocato dice che esci presto. Forse un’altra settimana, non di più. Allora dico così alla boss. Altro?’
‘No, lei sa. Non si sono presentati sti stronzi. Lei capisce.’
‘Ok, amico mio..fatti forza, una settimana..’
‘Sì, qui &egrave tranquillo, ho visto di peggio. Solo che il tempo non passa un cazzo.’
Gli allungai la stecca di sigarette che avevo preso per lui. Mi abbracciò e ringraziò. Ci alzammo e Geg&egrave tornò in cella.
*
Andai da Rosetta a riferire(da tempo la boss preferiva che la gente andasse da lei a parlare, non si fidava dei cellulari, diceva che la polizia poteva registrare le conversazioni. Quando arrivai trovai anche Mirandas.
‘Allora?’
‘Niente, Signora, dice che quegli stronzi non si sono presentavi. Stava venendo qui quando si &egrave fermato per una birra e quello sbirr
‘Zitto. Non mi frega un cazzo. Merda. Quei fottuti fanno il doppio gioco: me lo sento! Mai piaciuti quei colombiani, il cartello di F.era più affidabile’
‘..ma mi avevano dato la parola..’ fece Mirandas con le braccai conserte, ma la boss la fermò subito.
‘Non mi importa un cazzo, era un contatto tuo Mirandas! Sei stata mesi a coltivarlo e quelli non si presentano? E tu non lo sapevi?’
‘Beh’
la boss si alzò dallo scragno dove sedeva da sola e dette uno schiaffo a Mirandas, la trans trasalì ma rimase immobile.
‘Adesso tu prendi il primo aereo e vai laggiù e sistemi. Con sti stronzi era solo un abboccamento, niente affari in ballo ancora e non si presentano. Tu vai laggiù e gli dici che QUI nessuno &egrave fesso! Con noi hanno chiuso e se vogliono riparlare con me, devono venire qua con tanto di scuse e ciccolatini. Intesi?’
‘Sì, DonnaRosa. Vado’
‘Bene, fuori dal cazzo, tutti e due. E tu!- fece rivolto a me con un dito puntato ‘ vai con lei!’
‘Io? Ma Rosetta’.in Colombia…ho paura…mica sono sveglio…’
‘Ho deciso. Porta con te lui e Mazzinga! Svelti sloggiate!’ ordinò DonnaRosa.
Fuori Mirnadas mi fece salire sulla sua auto e mi portò in un’agenzia di viaggio. Comprò i biglietti e mi dette alcuni ordini: ‘Domani sera, l’orario &egrave qui, porta bagaglio leggero, stiamo fuori 2-3 giorni al massimo. Non dire niente a nessuno di questa cosa. Stai sempre all’erta quei posti sono maledettamente pericolosi. Sai sparare vero?’
‘Ma che dici..io non…cio&egrave’
‘Guagliò, stop così vuole Rosetta. Ha deciso. Domani.’ e mi portò a casa.
Angeluccia mi ruppe il cazzo per una cena, ma la mandai al diavolo, scoppiò a piangere dalla mamma che mi mandò a fanculo. Ricambiai. Avevo altro per la testa. L’idea di andare in Colombia da brutti ceffi non mi alluzzava. Avevo paura.
Trascorsi tutta la notte senza dormire e arrivai presto a Fiumicino per il volo. Mangiai qualcosa e attesi Mirandas pieno di paure. Lei arrivò con Mazzinga, un ragazzone alto, con un naso spropositato e i capelli ricci. Ci imbarcammo. Mirandas fu controllata dalla polizia, ma non trovarono niente di strano. Era cittadina colombiana. In aereo provai a chiedere a Mirandas informazioni sul viaggio, ma lei era seria e non voleva parlare. Scambiai due battute con Mazzinga che era un tipo simpatico, alla mano, non era neppure del sud, ma di Roma, stava con DonnaRosa da poco tempo. Chiesi della missione, ma lui non sapeva nulla.
A Caracas andammo a noleggiare un auto, Mirandas voleva una berlina veloce, ma Mazzinga disse che era meglio prendere qualcosa di pesante. ‘Perch&egrave?’ ‘Andiamo fuori città hai detto, spazi aperti, meglio un cocio robusto!’ spiegò Mazzinga e infatti prendemmo un pick up Ford molto grosso, a benzina. Mirandas si mise a telefonare. Poi partimmo. ‘Quanto fuori città?’ chiese Mazzinga. ‘Adesso non andiamo da loro, ma da amici miei, prendi la higway..’
Uscimmo presto dalla città per poi rientrarci, la zona era malfamata, enormi casermoni pieni di gente, appartamenti, uomini e donne per strada, fuochi accesi ai semafori, puttane, tutti guardavano il nostro pick-up. Miradas ci guidò in un deposito nei pressi di una chiesa. Scendemmo e ci venne incontro una coppia. Un uomo basso e peloso e una trans alta con una canottiera che a malapena conteneva le sue tette. I due salutarono calorosamente Mirandas e ci offrirono un caff&egrave. Mentre lo bevevamo la trans passò una sacca a Mirandas. Lei prese tre pistole e controllò che fossero cariche. ‘Grazie Alesia, ti amo sorella. Questi sono per te!’ e le dette una manciata di dollari americani. ‘Cara…lo sai che qui sei la benvenuta…le cose vanno male, lo sai anche tu, ma noi teniamo duro!’
‘Bene Alesia. Grazie. Ti amo. Dobbiamo andare. Trovare un albergo e domani andare fuori città.’
Ci dette le armi e riprendemmo il pick-up.
Trovammo un albergo vicino alla higway. Per sicurezza Mazzinga dormì assieme a noi in una camera stretta. Russava come un dannato, ma anche Mirandas. Io dormii poco, preso dalle paure dell’avventura.
Il giorno dopo facemmo una robusta colazione. Riprendemmo il pick-up e la higway. Il viaggio fu lungo 45 minuti, riuscii a dormire anche un poco nel caldo della mattina. La pistola mi premeva sotto la giacca e a volte tremavo. Mirandas non disse una parola, Mazzinga commentò solo che faceva un gran caldo e che non gli piaceva il apssaggio a livello che dovemmo attraversare. Quando ci fermammo Mirandas telefonò e dopo qualche minuto un’auto con 3 uomini a bordo venne da noi. Gli uomini scesero, andarono da Mirandas e parlarono per qualche minuto. Mirandas era tesa e alzava la voce, sembrava intimorita ma faceva la dura. I toni si accesero, Mazzinga andò da loro e si mise a fianco di Mirandas, mostrò la pistola ai tre e disse in spagnolo di non fare casino, eravamo vicino a delle case, un bar.
I tre risposero male, Mazzinga li fissò, poi uno sputò per terra. Mazzinga gli si fece sopra. Era almeno 20 cm più alto di loro. Mirnadas si mise nel mezzo e riprese a parlare. Dopo qualche minuto, uno degli uomini, il più vecchio con una mano priva di due dita iniziò a dire: ‘Nada,nada!’ e poi girarono i tacchi e andarono.
‘Fanculo cabrones!’ fece Mirandas. ‘Andiamo’ e ripartimmo. Sulla strada del ritorno
ci fermammo al passaggio a livello. Mirnads imprecava al cellulare e Mazzinga guardava attentamente dallo specchietto.
‘Non mi piace qui…quando arriva questo cazzo di treno?’ urlò nervoso. Fissava lo specchietto e teneva la mano sul cambio per ripartire subito. Mi voltai ma non vidi niente.
Mirandas sbraitò: ‘Quegli stronzi vogliono fare i duri con me, ma che si fottano, ho dato loro una possibilità e questi…fanculo!’ Mirandas si accese una sigaretta, il treno non arrivava, Mazzinga fissava lo specchietto. Faceva caldo e io sudavo.
‘Attenti…attenti…porca puttana…lo sapevo’.’ fece di colpo Mazzinga guardando nello specchietto. Allora mi voltai dietro e vidi una grossa mercedes lanciata verso di noi. Mazzinga si infuriò: ‘Bastardi vi faccio vedere io!’ Mirandas urlò. Io uguale. Il pilota mise la marcia ma invece di andare avanti come temevamo andò indietro a tutta velocità. Fui spinto verso il sedile con forza, la pistola mi cadde. A folle corsa andammo all’indietro e dopo qualche secondo che durò una vita sentimmo uno schianto. Vetri in frantumi e pezzi di auto che cadevano a terra. ‘Fanculo stronzi, beccatevi questo. Ecco a cosa serviva questo ottimo Ford. Ci ha parato il culo!’ infatti quando mi girai di nuovo vidi l’auto dei tipi col vetro scassato e schegge ovunque, Mazzinga ripartì di colpo, proprio mentre passava il treno della metropolitana. Erano pochi vagoni ma Mazzinga sbraitò: ‘Cazzo muoviti! Merda, che fanno quelli?’ io fissavo l’auto, il guidatore pareva ferito dall’urto, quello accanto si stava togliendo i vetri di dosso. Il terzo era uscito dall’auto. ‘Merda che fa quello?’ urlò Mazzinga.’Ci penso io!’ fece Mirandas e scese dal pick up, aveva la pistola in mano e sparò due colpi contro l’auto e l’uomo in piedi, quello cadde a terra. Il treno passò finalmente. ‘Andiamo!!’ e quando Mirandas salì sul Ford le sbarre si aprirono e sgommammo via.

(PER SUGGERIMENTI O CRITICHE O QUELLO CHE VI VA DI RACCONTARMI: dorfett@alice.it)

Il pick-up sfrecciò verso la higway.
‘Ehi, tutto ok dietro?’ fece Mazzinga.
Io avevo recuperato la pistola e tremavo per lo spavento, ma non avevo paura, eravamo passati e quelli non ci erano venuti dietro.
‘Tuttoapposto, Mazzinga, sto bene!’ dissi.
‘E tu Mirandas? Ok? Ferita?’
‘No, solo un graffio qua, poca roba’
‘Sei stata grande a sparare! Hai fatto bene, era l’unica cosa da fare! Pensi di aver colpito qualcuno?’
‘Direi di no, ho mirato alle gambe, un colpo forse lo ha raggiunto, ma al massimo ferito.’
‘Ottimo. Non penso che ci verranno dietro. Bastardi!’
‘Avevi ragione Mazzinga a prendere il pick-up, ci &egrave stato utile! Ora torniamo in città e prendiamo un altro albergo, casomai sapessero dove eravamo.’
‘Sì, quando li ho visti arrivare ho pensato che se rimanevo fermo ci sparavano addosso, allora li ho anticipati e speronati, quello alla guida l’ho beccato in pieno, sto jico de putamadre! Ok, facciamo come hai detto, cerchiamo un posto più anonimo, tanto l’aereo &egrave domani mattina presto.’
Mazzinga rallentò appena fummo sulla higway, nessuno ci seguiva ed era meglio evitare i problemi.
Io e Mirandas scendemmo in un quartiere residenziale per cercare un albergo e Mazzinga tornò a portare il pick-up.
‘Ricordati di passare dall’albergo a prendere le nostre cose e i passaporti. Prendi anche questi soldi, per i danni al Ford, lascia una bella mancia!’ disse la trans passando dei dollari americani all’uomo.
Facemmo un giro per il posto, case ordinate e pochi negozi o locali. Famiglie in giro, ci guardarono con sospetto. Allora Mirandas, si tolse il giubbetto, lo legò in vita e mostrò le sue tette rifatte, mi mise un braccio attorno al collo e mi dette un bacio sulla bocca di fronte a una coppia di anziani.
‘Ok, chico, adesso facciamo che siamo fidanzati’
Entrammo in un pub e ordinammo rum. Mirandas si scolò anche il mio shot e ne chiese un altro. ‘Adesso va meglio. Tremavo ancora. Bastardi hijodeputamdre bastardi lochi! Ma adesso sono calma,’
‘Ok, bene, bevi ancora se ti rilassa’.io tremo, ma Mazzinga &egrave uno in gamba, ha fatto la cosa giusta e anche tu, brava!…ma chi sono? I pazzi della mercedes?’
‘Figlidiunagranmadreputtana che trafficano coca, DonnaRosa vuole aprire altri canali e io l’ho messa in contatto con loro, non li conosco, ma in zona sono piuttosto forti, qualcuno mi aveva messo in guardia, ma si diceva che avessero buoni contatti con l’interno del paese’..ma evidentemente non hanno risorse per giocare ai livelli di DonnaRosa, sono ancora delle pulci, sti stronzi!’
Mirandas bevve ancora e poi chiese al barista se in zona c’era un alberghetto tranquillo. Il tipo ci dette un biglietto da visita di un affittacamere a pochi isolati da lì. La trans gli lasciò una grossa mancia e uscimmo mano nella mano.
L’affittacamere era un tipo basso e brutto che tenne tutto il tempo gli occhi puntati sulle tette di Mirandas. Le camere erano pulite e ordinate, il prezzo irrisorio e il posto pareva assai tranquillo, lontano dalla città caotica e piena di pericoli. Marisas ne pagò tre e telefonò a Mazzinga per spiegargli dove eravamo. Ci raggiunse dopo tre ore in taxi. Mirandas si era fatta una doccia e rimase nuda sul letto a fumare in attesa dei vestiti. Io feci la doccia e le chiesi cosa avremmo fatto fino al mattino dopo.
‘Niente, chico. Restiamo qui, mangiamo qualcosa e dormiamo fino a domani mattina. Ho già prenotato il taxi per le 5 del mattino.’
‘..ma quei pazzi’?’
‘No preoccuparti chicomio, oggi volevano solo mostrare di avere i cojoni perché sono andata lì a dire loro che erano delle pulci miserabili, mancare di rispetto così a DonnaRosa, uno di loro si &egrave incazzato molto. Fottuti pazzi. Ma no, non torneranno, non hanno nulla da guadagnare da una roba del genere, non c’&egrave stato nessun passaggio di soldi o roba, niente affari, niente problemi, e poi qui non ci troverebbero mai’.ma meglio non andercene in giro a mostrare i culi. Chiamami quel nano orribile dell’affittacamere, mi fissava le tette quel coglione!, voglio una bottiglia di rum e del ghiaccio!’ disse e andai a chiamare il vecchio basso.
Quando tornò con un secchiello di ghiaccio e una bottiglia di rum cubano, Mirandas gli dette 30$ che il vecchio nascose in tasca rapido.
La trans prese a bere fino a quando non arrivò Mazzinga con la nostra roba. Ci cambiammo tutti e Mazzinga andò in taxi ad un discount a prendere delle cibarie.
Mangiammo qualcosa bevendo soda e caff&egrave solubile. Poi giocammo un poco a carte e il vecchio ci portò dei sigari che Mazzinga divise con lui.
La giornata era ancora lunga e calda. Mazzinga disse:
‘Qui &egrave sicuro. Non ci troverebbero mai e poi non ci stanno cercando.’
Mi ero tranquillizzato molto anche io. ‘Sì. Non ci stanno cercando quei vermi. Domani torniamo in Italia.’ disse Mirandas, distesa sul letto. Rilassata e tranquilla.
‘Io vado al pub a bermi una birra. ‘ disse Mazzinga qualche minuto dopo.
‘Noi restiamo qua. A dopo. Non restare troppo, comunque.’
‘No problem. Un paio di birre. E poi ho questa con me.’ e mostrò la pistola sotto la giacca.
Se ne andò e rimasi con Mirandas.
‘Beh, potrei andare a riposare anche io…oggi..&egrave stata dura…diciamo..’
‘No, resta qui chico. Non mi va di ubriacarmi da sola. Resta qui. Massaggiami i piedi, chico e passami la bottiglia.’
‘Ma’
‘Avanti. Lo sai che qui comando io!’
così mi accucciai ai suoi piedi e mentre lei si beveva sorsi di rum caldo, io le massaggiai i piedi. Li massaggiai piano, leggero e rilassato. Quella cosa folle del pick-up e Mirandas che sparava…mamma mia…ma ora era tranquillo. La trans si rilassò e si godette il massaggio. Quando ebbi finito coi piedi iniziai a risalire lungo le gambe, toccando i polpacci e massaggiandoli.
‘Bravo chico. Lo so che sei bravo’.così’.bravo’…cosììì’
le toccai l’interno cosce e la coccolai pure lì. Vidi muoversi il suo uccello sotto le mutande della gonna. Mi intimoriva, ma mi attraeva. La trans si godeva quel mio tocco, teneva gli occhi chiusi, portava un cappellino in testa, si era appena passata un filo di trucco sugli occhi e sulla bocca carnosa. Baciai le sue cosce.
‘Ah..sììì…bravo chico’..lìì’
Baciai ancora e leccai.
Il suo cazzo si mosse di nuovo. Lo fissai un attimo.
‘Baciami chico…daiii…lììììì’
tornai a baciare le cosce della trans e leccare bene la pelle.
Il cazzo si ingrossò.
Lo sfiorai.
‘baciamelo chico’.’
e allora le tolsi la gonna e le mutande, il suo birillo sotto era già carico, non proprio dritto, ma ci mancava poco.
Le baciai la cappella. La succhiai e poi la baciai di nuovo.
‘Bene chico’.succhiamelo daiii su apri la boccuccia e prendilo…daiiii chicoooo’
e allora lo presi bene in bocca spingendo verso la base. Il cazzo mi vibrò dentro e lo sentii bene in gola.
Mirandas mi prese la testa e la tenne sotto verso il suo cazzo, duro. Me lo piazzò in gola togliendomi il respiro, mi soffocò col suo cazzo da trans e dovetti toglierlo perché mi veniva da tossire.
‘…ohff phff ohh ohff’..Mirandas &egrave veramente grosso!’ dissi.
‘Viene qua guagliò! Voglie sentire la tua boccuccia sul mio uccello. Prendi!’ e mi rimise il cazzo in bocca. Lo tenni dentro. E lei si alzò sopra di me, con calma iniziò a muovere lentamente il suo uccello nella mia bocca. Io stavo fermo. Mirandas si muoveva di bacino, il suo cazzo mi andava avanti ed indietro nella sua bocca, con lentezza ma duro, fermo. ‘Ola chicos’.ti scopo in gola..’ e mi mise una mano sulla nuca e premette appena la mia testa e presi il suo uccello di trans meglio dentro. Con colpi lenti di bacino Mirandas mi fotteva la bocca e con la pressione delle dita dietro mi spingeva la testa. Era brava. Esperta. Padrona del gioco. Lo presi in bocca sempre meglio, sempre più in profondità fino a quando con un colpo di bacino più deciso me lo spinse bene in gola. Mi fece male, mi allontanai:
‘ohff ofhhh ohhhh ohfffff’.cazzo…’
‘Vieni qua chico, non ho finito con te! Succhia bene. Voglio sentire le tue labbra..’ e allora mi abbassai sul suo uccello teso e lo presi bene in bocca e succhiai come richiesto. Lei si godette il mio pompino. La succhiai e poi le mi spinse verso le sue palle e io le presi a baciare, poi a succhiare, quindi a baciare di nuovo e poi tornai a prenderle in bocca, mentre Mirandas godeva del mio gioco.
‘Bravo chico’.succhia.le mie palle…così’.vaiii’.vaiiii’..cosìììì’.succhiaaaaa’
e poi tornai al suo cazzo. Aveva un buon sapore e lo spompinai bene. Adesso lo prendevo quasi tutto in bocca. Non era semplice ma ci riuscivo. Iniziai a pensare che mi avrebbe scopato quella sera e ripensai alle palle del plug di Marisa.
Ma la trans accelerò il passo, mi riprese la nuca e mi premette contro il suo uccello. La sentii agitarsi e poi un grumo caldo mi riempì la bocca. Sperma! Mirandas stava venendo, feci per staccarmi, ma lei mi tenne sotto. Scaricò il suo seme nella mia gola e gridò di piacere: ‘Ahhhhhhhhhhhsììììììììììììììììììììììììììììììgoooodddoooooooooooooo’ e mi tenne giù, io mi dibattevo ma il suo sborrare era deciso e aperto. Mi scaricò tutto in gola e mi tenne con la testa premuta sul suo sesso mentre veniva.
‘Ohffff oohffffffooooooohfff ohhh’.cazzzo’.’ urlai quando mi la sciò. La sborra mi colò lungo il mento. Ero rosso. Sudavo copiosamente. Mirandas mi baciò
‘Chico’.la tua prima sborrata in bocca?’
annuii stanco e sconfitto. Mi buttai a terra. La trans i pulì bene l’uccello gocciolante e mi sorrideva.
In bocca avevo il sapore del suo cazzo, della sua sborra. Ero disgustato ed esausto. Mirandas mi baciò ancora. E mentre ci baciavamo ci trovò Mazzinga di ritorno dal pub. Aveva una birra in mano.
‘Diamine guagliò, mi sonto perso qualcosa?’
ero imbarazzato e sorpreso. Mazzinga sorrise e Mirandas si alzò.
‘Vuoi del rum con la birra?’ chiese la trans a Mazzinga.
‘Certo bellezza!’ e andò da lei, la cinse ai fianchi e poi la baciò in bocca.
Rimasi sorpreso.
I due bevvero e si baciarono ancora.
La trans i guardò: ‘Ok, chico, adesso vai in camera tua. Adesso voglio essere passiva e prendermi il cazzo di Mazzinga nel culo!’
‘E?’ feci.
Lei sorrise, toccò l’uomo fra i pantaloni. Si baciarono ancora, lui le afferrò una tetta.
‘Lo sai perché lo chiamano Mazzinga?’
‘.ehm…no, perché?’
‘Perch&egrave ha un cazzo a forma di missile: lungo e con una grossa cappella rossa in cima!’ e rise ancora. Anche lui lo fece. Si baciarono e palparono mentre io mi allontanavo dalla camera.
*
Il mattino dopo andammo via dalla Colombia.
*
Quando rientrai a N., Geg&egrave era ancora in galera. Così me ne tornai a casa di DonPino a guardare la tv e ignorare Angeluccia e le sue lamentele.
*
Per fortuna il giorno dopo mi chiamò la Raffa, una vecchia amica di DonnaRosa e mi disse di raggiungerla alla casa sul mare. Era in compagnia di due giovani virili e silenziosi e una sua amica, Reginella, una sessantenne tutta rifatta e bassina.
‘Vieni guagliò, accomodati, mangiamo in veranda, vieni!’ mi condusse ad un tavolo e delle cameriere ci servirono degli spaghetti, i due giovani mangiarono in silenzio chini sui loro smartphone, non avevano nemmeno trentanni mentre la Raffa e l’amica cicaleggiavano fra loro, bevendo vino bianco frizzante. Dopo il primo i due uomini si alzarono e andarono a giocare alla play dentro. Sentivo le urla dei gol e delle risate mentre prendevamo un sorbetto davanti al mare.
‘Senti guagliò ti ho chiamato qui perché io e Reginella vorremmo fare una cosa a tre con te. Te la senti?’
‘Posso rifiutare?’ chiesi spavaldo.
‘No, guagliò. Altrimenenti alzo il cellulare e chiamo Rosetta.’
‘LO immaginavo Raffa. Sempre pronto. Ai suo ordini, contessa!’
‘Strunzo! Vai in camera e aspettaci lì nudo.’
‘Subito, Contessa!’ e feci quanto ordinato. Loro arrivarono in camera qualche minuto dopo, un poco brille di vino. Si accomodarono sul letto assieme a me. Io nudo. Loro vestite. La Raffa inguaiata in un vestito rosso perlato stretto sul seno prosperoso, Reginella, bassa, gonfia e soda di botolino ovunque, non riusciva quasi a parlare, le labbra grosse e rosse, aveva un’espressione fissa e sorridente, ma finta.
Mi venne duro.
Reginella si mise a segarmi mentre io mi dedicai alle tette dei Raffa. Iniziai a toccarle e massaggiarle. Lei mi salì sul petto, si tolse il vestito e rimase in mutande, si spinse su di me e mi piantò le tette matronali in faccia. Presi a baciarle e leccarle. Reginella mi segava ed era bello duro. Raffa si godeva il mio lavoro di leccaggio e succhiaggio capezzoli e seno, la sentii eccitarsi, sotto le mutandine si bagnava, intensificai i baci e detti piccoli morsi sui capezzoli.
‘Piano! Guagliò!’ urlò. Reginella si era messa toccare l’amica da dietro mentre io le premevo il cazzo duro contro le mutandine. La sentivo dimenarsi, la baciavo e mordevo piano. Raffa era eccitata, si tolse le mutandine e mi cavalcò
si mise a scoparmi da sopra mentre io affondavo la faccia nelle sue tettone. Reginella si mise a toccare il sedere dell’amica e poi le affondò un dito in culo. La Raffa urlò
‘Ah bastarda’.sìììì’…vai afffondddaaaaa’ fece poi e l’amica spinse un dito intero nel culo di Raffa. Io la stavo scppando da sotto e lei godeva come una pazza con l’uccello nella figa e un dito nel culo. Reginella ci dava dentro esperta ed io scopavo la Raffa con forza. La sentii venire più volte sopra il mio uccello.
Allora si alzò e lasciò il posto a Reginella. Lei era più bassa e leggera. Si mise il cazzo dentro e prese a muoversi piano. Io la inclazavo col mio uccello e lei godeva. Raffa venne da me baciarmi mentre l’amica si faceva fottere. La scopai con leggerezza durando il più possibile, quando Raffa non mi baciava fissavo il volto bloccato di Reginella, gli zigomi di plastica, gli occhi sbarrati, la bocca di botox ferma. Sembrava godere di quella penetrazione e quando venni dentro di lei, Reginella urlò di piacere: ‘Ahhhhhhhhhhhh acnnnnnnnncoooooraaaaaaa!’

Dopo che ci fummo rinfrescati in bagno, tornammo in casa dove i due giovani stavano ancora giocando alla playstation su uno schermo piatto di dimesioni gigantesche.
‘E basta con queste stronzate!’ sbottò Raffa vedendoli.
‘Non fanno una minchia tutto il giorno questi due…’ continuò
‘E dai Raffuccia…facci finire…solo un attimo’.’ disse il biondino con un bel ciuffo da una parte.
‘Siete qui da almeno due ore. Vestitevi, vogliamo uscire vero Reginella?’
‘..no, Raffa…ancora un attimo…’ fece il moro.
‘Possiamo andare a mangiare la pizza da Salvatore, ho voglia di una marinara come do comanda..’ disse Reginella.
‘Perch&egrave no? Andiamo voi due! In piedi, andate a vestirvi!’
‘Che palle Raffa…ancora un minuto…dai…cuoricino…’ fece il biondo e con la boccuccia simulò un bacio.
‘Hai rotto…Simonuccio’!’ fece Raffa e spense il grande schermo.
‘Nooooo!!’ fecero in coro quelli, mentre Raffa aveva tranciato anche i cavetti della playstation con un colpo secco dei piedi.
I due maschioni sconfitti si ritirarono nelle loro stanze piagnucolando come bimbi viziati. Servii da bere alle donne e mi preparai una soda con gin. Reginella si stava ripassando il trucco pesante, la Raffa spippolava col cellulare.
Preparai anche dei sandwich tanto quei due parevano impiegarci una vita.
‘Oh, bravo caro’.si vede che sei un amico di Rosetta…gentile ed educato..’ disse Raffa e si sparò il suo tramezzino alle olive e maionese. Dopo aver di nuovo mangiato e bevuto, la Raffa si alzò infuriata:
‘Brutti stronzi! Quanto ci mettete?! &egrave mai possibile che dobbiamo essere noi ad aspettarvi?!’ e minacciò i due che arrivarono in una nuvola di profumi, eleganti con pantaloni bianchi, polo oro e giubbotti di pelle nera, con gli occhiali da sole parevano due modelli.
‘Eccoci, andiamo allora…ti piaccio Raffa?’ chiese il biondo.
Lei lo cinse alla vita, lui giovane bello ed elegante, lei una tardona messa a troia in un vestito costoso stretto.
‘Siete due finocchi voi due…che guagliò! Mi fate impazzire…ma come sei carino…’ e gli dette un bacio sulla bocca.
Un’auto guidata da una guardia del corpo ci condusse fuori città, lontano dal mare. Io sedevo davanti, le due donne nella fila di mezzo, i due giovani in fondo. Il viaggio fu lungo, le due donne blateravano, la musica era neomelodica a palla e la guardia del corpo non diceva una parola. Così guardai tutto il tempo dallo specchietto, il guidatore se ne accorse più volte ma non disse nulla, e guardai i due in fondo che chattavano al telefono, scambiavano messaggi, ridevano fra loro. Sembravano due fratelli, ridevano come ragazzini delle medie, volgari e stupidi. Ma certe volte mentre si ridevano addosso come due tredicenni, notai che si toccavano, sì una mano sulla spalla, un abbraccio più prolungato fra le risa, delle dita sulla gamba, una mano che toccava il ventre, un’altra che toccava il collo.
Mi venne da ridere.
‘Eh!’ dissi a voce alta, ma mi sentì solo il pilota che questa volta annuì e sorrise.
Quindi i due giovani compagni della Raffa e di Reginella erano amanti! Anche il pilota l’aveva capito, magari da tempo. Magari li aveva pure sorpresi assieme. Cazzo se la Raffa lo sapesse andrebbe su tutte le furie! Pensai di dirle tutto, ma un poco mi dispiaceva per i due.
La pizzeria era molto grande, ma accogliente, con legno e colori tenui. Reginella doveva essere di casa, perché alla sua vista, camerieri e padrone si fecero in quattro per servirci al meglio. Pane, prosecco di benvenuto, schiacciata calda e poi le migliori proposte.
‘Io voglio una marinara!’ disse Reginella.
‘Ma dopo saprai di aglio tutta la sera e la notte non dormi perché non lo diger
Reginella mollò uno schiaffo al moretto che parlava.
‘Fai silenzio guagliò o ti rimando a Forcella! Salvatore abbonda con l’aglio invece deve essere piena! E tu stasera a casa facciamo i conti!’ disse al moretto che incassò in silenzio sotto gli occhi imbarazzati della cameriera. Raffa prese del pesce, i due giovani sogliola con patate ed io, sapendo che avrebbero pagate le donne, mi buttai su una crudit&egrave di pesce da 45 euro. Era buonissima. Reginella mangiò di gusto la sua pizza impestata d’aglio ed Raffa si gustò il suo pesce. Le donne bevvero molto vino bianco, i due giovani spelluzzicarono la sogliola e lasciarono le patate. I piatti costavano 35 euro ciascuno! Erano degli stronzi! Meritavano che la Raffa sapesse. Prima del dolce i due andarono in bagno. Attesi un minuto e poi andai anche io, ma non entrai subito, rimasi sulla soglia con le voci dei due che parlavano allo specchio pippando della coca.
‘Quella baldracca puzzerà come un campo d’aglio stanotte!’
‘AH cazzi tua’.caro mio…’
‘Vieni qua!’
aprii un poco la porta e vidi i due abbracciati che si toccavano la vita sotto i giubbotti di pelle. Entrai piano nel bagno, loro non mi videro, erano intenti a baciarsi. Così velocemente passai dietro di loro, tenevano gli occhi chiusi baciandosi come due amanti. Mi riparai dietro una colonna, presi il telefonino e filmai i due che si baciavano e poi si tenevano per mano.
‘Che bella bocca hai, Simone!’
‘Anche la tua non scherza, ragazzaccio!’ disse il biondo e tornò a baciarlo.
‘Pensa a me stanotte! Quando sarò con quella arpia che puzza come un campo coperto ad aglio!’
‘Oh, mi dispiace tanto, cuoricino! Ti penserò!’ e risero. Poi uscirono. Io guardai la registrazione, era precisa e compromettente. Così mi venne un’idea. Tornato a tavola chiesi al biondo il numero di cellulare e gli mandai il video. Quello sbiancò e per poco non cacciò un urlo al tavolo mentre mangiava il gelato al limone e crema. Mi fissò impaurito. Mi mandò un messaggio: dobbiamo parlare subito. ok. Risposi. Uscimmo con la scusa di fumare. Il biondo mi mise le mani al collo:
‘Dammi il cellulare, cancella il video o ti ammazziamo di botte qui! Urlò e Simone mi strattonò.
‘Fermi stronzi! Non avete capito chi sono io? Sono un protetto di DonnaRosa, cosa pensate di farmi? Se mi toccate domani vi spezzano tutte e due le gambe!’ Simone mi mollò e il biondo si mise una mano alla bocca spaventato.
‘Scusa..scusaci’.ma allora cosa vuoi?’
‘Oh, semplice, voglio 3000 euro o questo video finisce a Raffa e Reginella!’
‘Fanculo stronzo! Non te li diamo!’
presi il cellulare e sorrisi.
‘Ok, fanculo…no, dai…perch&egrave? Anche tu sei uno come noi in fondo…sei un toy boy’
‘Io sono legato a DonnaRosa, stop. Domani voglio i tremila o mando il video.!’
‘Stronzo! Devo fregarli a Raffa stanotte, non sarà facile..’ fece il biondo.
‘Non sono affari miei. Domani a mezzogiorno al bar E.puntuali o il video parte.:’
‘Che figlio di zoccola!’
‘Tornate di la, stronzetti o le vostre mamme si insospettiranno!’ dissi. Loro mi squadrano con odio, ma girarono i tacchi e imprecando tornarono al tavolo.
*
Il giorno dopo mi presentai al bar per riscuotere. I due stronzi mi fece aspettare più di un’ora, quindi arrivarono sconvolti e nervosi.
‘Alla buon ora, stavo già col dito sull’invio, carini…avete i soldi?’
‘Sì. Cio&egrave.
‘Cio&egrave cosa?’
‘Ne abbiamo 2.570, scusa…&egrave che…insomma’.
‘Senti ti do il mio orologio’ fece il biondo e mi consegnò il suo Casio anni 80 molto figo.’
‘Che cazzoni!’ dissi, guardai l’orologio e dissi che andava bene così.
Presi i soldi e andai via.
Mi comprai un paio di camicie in centro e mi fermai a mangiare un gelato di fronte ad negozio di fiori e mi venne un’idea. Spesi quasi 500 euro di quei due ragazzotti per mandare dei fiori alle mie donne. Alla Raffa, a Reginella, a Mirandas, alla Katy e ovviamente a DonnaRosa. Per ognuna scrissi delle frasi romantiche. Fu divertente e gratis.
Alla sera me ne andai ad una spa a rilassarmi coi soldi estorti. Il resto lo spedii ai miei genitori a Firenze.
*
il giorno dopo mi arrivarono i messaggi di ringraziamento da parte delle donne: Reginella, Raffa, Mirandas mi chiamò insultandomi per gioco e poi dicendomi: ‘Sei stato molto signorile, quando ci vediamo te lo succhio..’; la Katy fu al solito evasiva e glaciale. DonnaRosa non mi chiamò subito. Prima lo fece Marisa che era inveperita: ‘Ehi brutto stronzo, come ti permetti di mandare dei fiori alla mia donna con frasi zuccherose! Ti strappo la lingua a morsi, sgtronzetto! Non fare il coglione con me e la mia donna! Ti sparo in bocca, capito?! Stronzetto!!’. La lasciai sfogare.
Me ne andai a zonzo per il lungomare, era una giornata primaverile calda e un poco ventilata. Verso le quattro entrai in un pub irlandese per una Guinness. Al bancone c’era una ragazza di colore, formosetta, sulla ventina poco più, una faccione da ragazza allegra, due grosse labbra colorate di viola, occhi tondi e neri, ricci capelli corti. ‘Salve dolcezza! – dissi ‘ lei mi squadrò un attimo, notò i miei abiti eleganti e poi sorrise; aveva una dentatura molto bianca che colpiva nel volto nero, ma gli incisivi erano grossi e separati fra loro, una notevole distanza, ma quella grossa imperfezione dentale la rendeva sexy ‘ una birra scura per favore, come ti chiami? Sei molto carina sai?’
‘Grazie, anche lei…lavora qui alla banca?…io mi chiamo Florranens..’parlava con un accento americano, molto strascicato.
‘Oh,Florranens, che nome insolito, molto affascinante, dammi pure del tu. Mi chiamo R.e sono di Firenze ma abito qui a N.da qualche anno, e no, non lavoro in banca. Affatto’ e sorrisi. Anche lei lo fece con quei due denti grossi e divisi, così carina. Indossava una camicetta a scacchi e sotto una maglietta dei Franz Ferdinand.
‘E cosa fai?’ mi chiese dandomi la birra. Le detti 10 euro facendo segno di tenere il resto.
‘Oh, sono socio di una pizzeria piuttosto nota in città, a V.conosci?’
‘Poco. Sto a N.da soli 2 anni, vengo da GH, in Louisiana, faccio l’università’
‘E lavori qui.’
‘Sì, tre giorni la settimana, &egrave poco, ma &egrave meglio che niente.’
‘Una sera dovresti venire a mangiare da me. Sarai mia ospite, Florranes, sei proprio una ragazza molto carina, complimenti..’ e sorrisi, lei mi rispose e poi andò a servire un altro cliente. Rimasi nel pub a bere birra e mangiare brezel e olive fino alle sette, scambiando battute con la ragazza del pub. Era proprio sexy. Prima di andarmene le detti il mio biglietto da visita e quello della pizzeria.
Usci un poco sbronzo e sudato. Così pensai di sbagliato strada per ritrovare l’auto. Invece dopo un paio di giri dell’isolato capii che mi avevano rubato la Citroen. Mi incazzai e tornai al pub, raccontando tutto a Flo. Lei cercò di consolarmi e mi abbracciò opersino. ‘Oh, paparino…che brutta cosa…ma questa città…lo sai..’
Chiamai Rosetta e le raccontati il fatto. Flo ascoltò stupita e curiosa. DonnaRosa volle sapere targa, modello e posto del furto. Poi mi fece: ‘Ci penso io. Ciao guagliò…ah…grazie dei fiori, dolcezza…’
Flo mi sorrise.
‘La tua ‘donna matura’? Quanti anni ha?’
‘Lascia perdere. Non sai chi &egrave ed &egrave meglio. No non &egrave la mia donna. Sono libero, se ti interessa, cara, dolce zuccherino marrone, Florranes’.’ e le detti un bacio sulla guancia prima di chiamare un taxi.
Due sere dopo Flo mi chiamò.
‘Accetto l’invito a cena. Stasera va bene? Sono libera dal pub’
‘perfetto bella Flo. Sono felice. Ti piace il pesce?’
‘Sì’
Flo si presentò con un abito nero piuttosto elegante e lunghi tacchi. ‘Sei uno splendore, Flo, bellissima!’
‘Grazie’ fece sorridendo con la bocca colorata di rosso e i due denti grossi e separati davanti.
‘Ti ho fatto preparare un tavolo giusto per te, qui alla finestra..ti piace?’
‘Delizioso’
‘Per antipasto ostiche fresche…ti va?’
‘Mai mangiate…ma che fai non ceni con me? Mi lasci da sola?’
Sorrisi. Le strizzai l’occhio. ‘Ma non sia mai…’ chiamai un cameriere e mi feci preparate il tavolo con lei. Cenammo parlando di lei, degli Usa, della sua vita. Io le raccontai poco di me, lei non fece domande, capì che c’era qualcosa di misterioso in me, dovuto a giri particolari. Mi piaceva Flo, era sexy e trovavo magnifica la sua bocca larga, coi due davanti così grossi e distanziati fra di loro. Ci divertimmo, la feci bere e poi le chiesi se voleva venire a casa da me.
‘Perch&egrave no? Sei carino e simpatico e poi non avevo mai mangiato le ostriche e una cena così deliziosa…nessuno mi aveva offerto una pranzo del genere…grazie…’
Le presi la mano, la baciai e le dissi:
‘Andiamo Flo, sei deliziosa…’
Nel mio appartamento bevemmo del gin e ci baciammo. Ci buttammo sul letto vestiti e continuammo a baciarci a lungo travolti da passione e piacere. Poi lei si spogliò. Aveva un po’ di pancetta ma era carina, i seni neri coi capezzoli neri erano belli, eccitanti. Li baciai e li succhiai a lungo. Lei intanto mi spogliò. Mi prese l’uccello in mano e sentì che era duro e teso. Continuai a succhiare i suoi capezzoli e poi lei mi baciò con foga in bocca.
‘Sei così sexy, Flo..’
lei sorrise, mi baciò di nuovo poi si inginocchiò e mi prese il cazzo in bocca.
Era calda e larga la sua bocca. Quando sentii le sue labbra sul mio uccello provai un brivido di piacere. Flo mi fece il miglior pompino della mia vita. Era una maestra. Succhiava con foga e devozione, mi faceva sentire bene le sue labbra calde sulla verga e poi coi due denti davanti mi graffiava dolcemente lungo l’asta del pene. Era fortissimo e mi faceva impazzire di piacere, poi tornava a succhiare la cappella con quelle labbra dolci.
Cercai di godermi al massimo quel fantastico pompino di Flo. Era grandioso! I suoi denti erano eccitanti e le sue labbra favolose. Alla fine venni gridando di piacere. Lei ingoiò e poi mi baciò. Cercai i suoi denti per leccarli. Lei era felice. Ci buttammo sul letto, io nei suoi seni, lei che mi cullava. Ci riposammo venti minuti. Poi preparai un joint d’erba, misi della musica rap e fumammo senza parlare molto. Quando mi tornò nudo la scopai con foga facendola venire più volte.
Al mattino Flo mi svegliò con un pompino.
Cazzo se era brava!
La sua bocca era dolcissima e quel gioco che faceva coi denti larghi era impagabile. Godetti come un pazzo ancora una volta.
Le preparai una bella colazione e la divorò entusiasta.
‘Queste uova strapazzate sono buonissime e questo…rigatino? Hai detto che si chiama? Delizioso’.ho una fame…’
Dopo scendemmo. Volevo accompagnarla a casa col taxi, ma lei insisteva per prendere la metropolitana.
‘Dai &egrave divertente…andiamo…su..non fare il pigro..’
‘Ok, Flo…vada per la metro.’
Ma quando scendemmo per strada un uomo mi venne incontro. Era basso e zoppo, capelli rasati e occhiali da sole. ‘Lei &egrave..R.l’amico di DonnaRosa?’ Ebbi paura. Annuii Flo ebbe un sussulto, guardai l’uomo tremando, lui mise una mano in tasca, ne estrasse delle chiavi di un auto. ‘Venga e scussass&egrave signò…scusasse’.scusasse non sapevamo…non volevo…perdoni…’ mi guidò verso il parcheggio. Lì c’era una Citroen nuova come la mia, color panna. Un uomo alto era accanto all’auto.
Il tipo zoppo mi dette le chiavi. ‘La prenda signò…perdonasse…perdonasse..’ ripeteva ossechioso. Flo rise. Io mi rilassai, era stata DonnaRosa a trovare chi mi aveva rubato l’auto e obbligarlo a ripargarmene una nuova di zecca e scusarsi con me.
L’uomo mi fissò: ‘Scusasse signò…i miei ossequi a DonnaRosa..i miei saluti’.perdonasse…’ e se ne andò con l’uomo alto.
Io e Flo entrammo nell’auto ridendo.
‘Perdonazze perdonazze…’ ripeteva Flo ridendo con la sua boccona color violapallido.
Chiamai Rosetta per raccontarle la cosa e ringraziarla.
Flo ascoltò sorpresa e curiosa.
Poi accesi l’auto nuova, c’era il pieno di benzina, profumava di nuovo come solo le auto nuove di fabbrica possiedono.
‘Andiamo in centro Flo, voglio comprarti qualche vestito nuovo, ti va?’
lei mi mise le mani al collo, profumava di buono, di ragazza americana del sud, era carina.
‘Honey…sei l’italiano più gentile che abbia conosciuto…i love you baby’ e mi baciò.
In centro parcheggiai in un posto al chiuso da 3 euro l’ora, ma avevo ancora qualche spiccio del ricatto ai due guaglioni e poi i soldi del ristorante.
Facemmo shopping. Regalai a Flo due gonne, un paio di scarpe, due camice e una borsetta di tartan larga. Lei era felice e mi stringeva a sé. Io mi sentivo uno giusto.
*
Un paio di giorni dopo DonnaRosa mi venne a prendere con il suo Hummer giallo. Senza parlarmi uscimmo dalla città per andare alla casa al mare. Lei fumava accomodata sui sedili di pelle costosa dell’Hummer, portava un abito elegante, un cappello con pizzi neri e scarpe coi tacchi. Marisa guidava la potente auto e una guardia del corpo armata sedeva vicino a lei.
Dopo che Rosetta ebbe parlato al telefono le chiesi:
‘A cosa devo l’invito, Signora?’
lei mi fissò altera. Era bella e potente.
‘Vedrai guagliò! Adesso fai silenzio”.

Nella villa c’erano numerose donne, anche Reginella e la Raffa con i rispettivi toyboy metrosexual. Era in corso una normale festa in fondo, mi buttai sui drink. I due giovani ai quali avevo spillato i soldi mi guardavano in cagnesco con i loro vestiti firmati e le scarpe eleganti, ma io conoscevo il loro segreto e me ne infiscchiavo. Anzi andai da Raffa e le parlai:
‘Allora, Bellezza! Come stai? Quando ti va di fare qualche pomeriggio di sano sesso, senza quel tuo ragazzino…che sta sempre dietro al suo amichetto..’
‘Oh, guagliò…mi stuzzichi..chissà che a fine serata…’ e mi fece l’occhiolino, era inguainata in un abito stretto rosso, tacchi vertiginosi e truccata com e una troia dei quartieri spagnoli.
‘Ci conto, bellissima’.sei uno schianto stasera’.te la leccherei ben bene , altro che il tuo bambino’.’
‘Oh, lo so che a quel coglionazzo gli piace anche il manico’.ma &egrave così carino…non trovi?’
‘No. Tu sei carina. Sei una favola, Raffa! A dopo!’ dissi andandomene con aria da playboy.
Marisa stava parlando con delle ragazze lesbiche con chiodo di pelle, stivaletti e tatuaggi aggressivi. Passai loro accanto.
‘E’ lui?’ chiese una delle tipe indicandomi.
‘Sì, DonnaRosa ha un debole per questo coglione qua’.non so cosa ci trovi..’
‘Beh ‘ feci io gonfiando il petto e ammiccando ‘ anche tu ci trovavi qualcosa una volta…’ dissi. Marisa mi fulminò con lo sguardo, le tipe fecero una faccia stupita e disgustata. Sorrisi e feci per andare.
‘Fermo guagliò! – fece Marisa afferrandomi un braccio e stingendo dura ‘ non alzare troppo la cresta, straniero! DonnaRosa sta con me, adesso!’ e mi mostrò la pistola che teneva sotto la cintura.
‘Ok, Marisa…non ti arrabbiare…’ dissi, lei mollò la presa e andai via.
Mi sedetti da una parte a smessaggiare con la mia pollastrella nera Flo. Quanto mi piaceva quella ragazza.
DonnaRosa mi raggiunse.
‘Cosa fai guagliò?’ e si preparò un colpo di bamba su uno specchio.
‘Mando un messaggio alla mia nuova ragazza, Flo..’
‘E hai una ragazza? E non mi dici niente? – e fece il colpo, mi fissò, era già fatta, la camicetta mostrava le sue tette rifatte, il volto era rifatto pure quello, gli zigomi, gli occhi, ma il suo sguardo era sempre da boss, duro e sicuro di sé- …non mi hai chiesto il permesso..’
‘…ma io’ – balbettai in preda al panico, come il permesso? – …ecco…’
‘Sto scherzando, guagliò! Fammela vedere…avanti…’
le mostrai le foto di Flo.
‘Una ragazza nera?’
‘Beh…&egrave simpatica e carina
‘Ti fa i pompini, guagliò?’
‘Eh…ecc
‘Dammi il suo numero. Dove lavora? Cosa fa?’
Sorpreso e impaurito le dissi quello che sapevo, le passai il numero di cellulare. Lei sorrise e mi soffiò il fumo in faccia.
‘Ok. Hai il mio benestare. Ma ricorda: tu appartieni a me, ti posseggo…’
‘Oh…ehhh’.ecco…io…’
Rosetta mi mise una mano sul pacco e continuò: ‘Posseggo te e sto coso!’ e strinse forte.
Urlai e qualcuno si voltò verso di noi. Ma quando notarono che era la boss, abbassarono subito lo sguardo.
Lei si alzò.
‘Divertiti guagliò!’
Cercai di divertirmi fra tutte quelle donne, qualche uomo e tanti cule, tette, milfone partenopee, profumi da troie di classe, ori, brillanti, collane, cavigliere, tacchi vertiginosi, anelli, bracciali, vestiti firmati e succinti, gambe e volti femminili truccati; tutto odorava di sesso e piacere, di potenza ed edonismo, di prepotenza e lusso, di peccato e lussuria.
Bevvi ancora e chiacchierai con Reginella mentre il suo toy boy andava e veniva dal bagno col suo amichetto; lo guardavo sfidandolo e sgignazzandomela, mentre quei due mi davano occhiatacce.
‘Allora Reginella a quando un nuovo meeting di sesso con la grande Raffa?’
‘Oh, guagliò…non vedo l’ora’.’
‘Ci credo, chissà come &egrave loffio il tuo ragazzino…quanto ti scopa?’
lei rise di gusto, la faccia bloccata dal botox, riusciva appena ad aprire le labbra, gli occhi però ridevano.
‘…lui &egrave una frana! – disse mettendo una mano sulla coscia del suo giovane compagnuccio -‘.non mi scopa mai abbastanza! Non ricordo neppure l’ultima volta…’ il toyboy arrossì e tirò su con il naso, era strafatto di coca.
‘Andate a fanculo tutti e due!’ disse poi arrabbiato.
Reginella gli fece girare la faccia con uno schiaffo in pieno volto.
‘Fanculo a me non mi ci mandi, stronzo! O ti rispedisco a calci in culo da quella fogna dalla quale vieni!’ disse la donna e gli mollò un altro schiaffo per ricordare dove doveva stare. Lui abbassò lo sgardo e trattenne le lacrime.
‘Lascia perdere questo buffoncello’..divertiti con me, Reginella..’ feci e le misi una mano sulla coscia. Le passai un paio di volte le dita fra le cosce e poi le sfiorai la figa.
‘Oh, guagliò! ‘..sei così carino’.’ e mi dette un bacio in bocca. Le sue labbra gonfiate erano dure, la sua lingua però era lunga e avvinghiò la mia. Ci baciammo mentre io le toccavo la figa. Il suo alito era pesante e fetente. Cercai di liberarmi, ma lei mi afferrò la schiena e mi spinse verso di lei. Continuò a baciarmi, poi mi mollò, afferrò la giacca del suo giovane amante e si mise a baciarsi con lui, mentre quello cercava di liberarsi.
Io presi a toccarle la figa con foga, con le dita penetrai tra le sue mutandine e mentre quella baciava il giovane, presi ad infilare un dito nella figa bagnata di Reginella. Alle mie spalle sentivo che i presenti si facevano attorno a noi e commentavano. Donne e gigolò, lesbiche e amiche di DonnaRosa si avvicinarno al nostro trio intento a scaldarsi: Reginella che limonava duro mentre io le tintillavo la figa matura. Accanto a me si materializzò la Raffa col suo boyfriend, l’accolsi con una toccata di culo e un bacio, alzandomi mentre il toyboy di Reginella prendeva il mio posto fra le mutande dell’amante viziosa. Raffa rispose al mio bacio e la feci accomodare accanto a Reginella. Mi buttai sulla Raffa e presi a baciarla e toccarla ovunque, sul corpo di milf, sulle cosce tese, sul seno grosso, sulla bocca procace. Il suo ragazzino se ne stava impalato a guardare l’amico che amoreggiava con Reginella. Tolsi le mutandine a Raffa dopo aver trafficato a lungo col suo vestito, presi a infilare le dita nella figa già umida di Raffa, alternavo tocchi di mano a leccate col la lingua sulla punta della vagina della donna. Attorno si muovevano altri corpi, donne, lesbiche, ma presto persi contatto con quello che girava attorno preso a far un lavoro di bocca e dita a Raffa. Reginella intanto ci dava sotto con il suo toyboy, ma quello pareva non in grado di soddisfare l’amante, il cazzo non si drizzava. Era fatto di coca e per di più amava di gran lunga più il cazzo della figa. Reginella sbufava, ma io ero preso dalla Raffa che godeva sotto il mio servizietto alla sua figa matura. Ci davo sotto di dita a tintinnare e di leccate rapaci alla sua figa, Raffa godeva:
‘Ah…ohh..ssììììì’.sìììììì’.daiiii’.ohhhhhh’ ed io la fecevo impazzire sotto i miei giochi di lingua e dita.
Godendo come una pazza Raffa chiamò a sé il boy e lo baciò sulla bocca mentre io leccavo e giocava. Il boy si buttò accanto a lei, demotivato mentre l’amico accanto limonava con Reginella ma il cazzo non si drizzava.
Raffa e l’amante giovane e ricchione si baciavano, io leccavo e succhiavo. Raffa presa nel mezzo godeva.
‘ummm uhmmmm’.sìììì…baciamiguagliò!’.ummm uhhhmmmm…sìììì’.ohmumummmmm”.ti amo, Simone’.uhmmmm’.sììììì’..ouuuu…………….’..’!!!’
venne copiosa nella mia bocca mentre baciava il suo ragazzo.
A quel punto ero eccitato anche io e avevo il cazzo duro.
‘Te lo sbatto dentro Raffa!’ urlai.
‘Noooo’.Prima IO! – fece Reginella che aveva sopra di sé il toyboy col cazzo moscio – ‘.prima a me! Questo rottoinculo non gli si rizza manco con le Frecce Tricolori!’ e dette uno scapaccione sonoro al ragazzo che mestamente si fece da parte.
Allora saltai in groppa a Reginella che era eccitata e tutta scollacciata, il trucco sbafato dalla pomiciata col toyboy, la figa era calda e gonfia, bella umida. Non ebbi difficoltà a infilarci il cazzo e farla gridare di piacere. Così iniziai a scoparmi Reginella mentre la Raffa giocava coi cazzi dei due ragazzotti che ora potevano abbracciarsi mentre la milfona cotonata succhiava i loro cazzetti. Mi ingroppai Reginella che era vogliosa di cazzo e mentre la chiavavo DonnaRosa in persona venne da me. Si mi se dietro la mia schiena sudata e si appoggiò abbracciandomi. Andavo piano dentro la fica di Reginella, per farle sentire il manico e la vecchia baldracca godeva come una troia a sentire il mio cazzo lento nella sua figa. Il profumo della boss era forte e gentile, mi piaceva sentirlo e godere del suo abbraccio matronale e importante, perché gli altri vedevano che lei giocava con me, ero il suo amico toscano particolare. Molti sapevano chi ero, altri no. Mi piaceva sentire il corpo della boss contro il mio, il suo volto sui miei capelli, Rosetta era sempre sexy per me, in qualche modo ero innamorato di lei. Scopai Reginella ben bene, con Rosetta che mi abbracciava da dietro e mi spingeva contro l’amica affinché la scopassi nel modo migliore.
‘Ahhh…sìììììììofffffshhhhhhhhhhhhssìììììììììììììììììì’.ahhhh! ‘ godeva la milfona di Reginella e la boss mi spingeva verso di lei, mi dava il ritmo della scopata, sentivo il cazzo duro nella figa di Reginella, percepivo l’odore di boss di Rosetta sulla mia pelle, mi baciava il collo, mi toccava il petto. Esplosi nella figa di Reginella una sborrata micidiale.
‘Ahhhhhhh
‘ohhhhsììììììììììììììììììììììfiuuuuuuuuuuuuuuuuuuguagliòòòòò!!!’ urlò la donna venendo a sua volta.
La boss mi staccò dolcemente dall’amica, baciandomi sul collo, quindi mi fece scivolare sul tappeto e mi ritrovai sdraiato a riprendere fiato. Sopra di me si agitavano figure di donne, arrivò anche Marisa che abbracciò Rosetta. Io respirai piano e mi rilassai, ma la boss tornò da me scostando l’amante che sbuffò indignata. Rosetta, davanti a tutti, mi baciò sulla bocca. Ricambiai il suo bacio con passione. Poi la boss stese un paio di piste sul mio petto sudato. Sorrisi e lei mi baciò ancora, dicendomi poi di stare fermo, prese la cannuccia e tirò la prima riga, quindi si rivolse a Marisa mentre io ero immobile a terra con la coca sul mio petto.
‘Tira, carina…vieni qua…’
‘Non mi va Rosetta’
‘E’ un ordine! Non una richiesta. Vieni qua!’
marisa rimase ferita da quelle parole. Vacillò, ma DonnaRosa era la boss. Lentamente andò da lei. Prese la cannuccia e guardò. Da sotto, immobile sorrisi sprezzante. Era come se gli dicessi: ‘Ehi Marisa ti ricordi quando me lo succhiavi nell’ufficio della pizzeria di DonPino? Non &egrave poi passato molto tempo..’ la donna mi fece una faccia sprezzante, rancorosa, poi tirò la coca.
Fece per alzarsi, ma la boss la bloccò, la fissò in volto, le dette uno schiaffo.
Marisa trattenne le lacrime.
Tutti guardavano attenti.
Io ancora sotto, fermo.
Poi Rosetta baciò sulla bocca l’amante e tutti applaudirono contenti.
Poi la festa riprese il suo ritmo, anzi si infiammò!
Dopo essermi rinfrescato tornai a bere proprio mentre comparivano sulla scena 5 trans.
‘Ecco le perle della serata!’ annunciò Marisa. Ci facemmo intorno alle creature misteriose.
‘Questa &egrave Janine ‘ disse Marisa indicando la più alta delle trans, una stangona mulatta dal volto molto femminile, ben truccata, capelli coi boccoli molto curati –
Questa invece &egrave Liliana ‘ e indicò una trans dalla pelle chiara, una vistosa parrucca a caschetto color prugna, un bel vestito bianco –
Questa &egrave Remira ‘ ed indicò una trans bassa, grosse tette naturali, anche lei mulatta, dal volto rotondo, ma neri occhi da pantera –
E questa &egrave JosephineLaMazza! – ed introdusse una trans senza seno, fisico tiratissimo per quanto piuttosto bassa, un orribile volto da uomo pesantemente truccato, era impressionante nei lineamenti marcati, pareva un marinaio che ha girato 100 volte il mondo, in mezzo ai flutti e i pericoli, truccato con una maschera bianca, labbra enormi rosse, occhi pitturati pesantemente di blu cobalto –
Infine questa &egrave Lee ‘ ed indicò una trans alta, coi tacchi, volto asiatico, occhiali sexy da segretaria, bene vestita in gonna e camicetta marrone.
‘Che belle…’ fece la boss e allora tutti si misero a decantare le lodi dell trans, Liliana e Janine erano corteggiate e portate in giro come trofei. Marisa fermò Josephine e la presentò alla boss.
‘Perch&egrave ti chiamano LaMazza?’ chiese la boss.
Il mascherone impressionante sorrise, ero vicino a lui(lei) e notavo il suo fisico tirato, muscoloso, senza seno, si toccò il pacco e poi fece scivolare fuori una mazza nera bella grossa da moscio.
‘Cazzoooo!’ fece la boss. La mazza di Josephine era veramente grossa sbirciammo tutti con gli occhi rivolti al pacco per diversi secondi meravigliati dalla bestia.
Lei(lui)sorrideva con tutto quel mascherone bianco, gli occhi così truccati, le labbra carnose e rosse.
Marisa afferrò l’uccello di Josephine e esclamò: ‘Minchia, quanto &egrave grosso, come pesa’.’
anche la boss volle saggiare le dimensioni e la consistenza della bestia di uccello del marinaio.
‘Avanti, tocca a te adesso..’ disse Marisa rivolgendosi a me sorridendo pronta a prendersi la sua rivincita per quello che era successo prima.
‘No, non mi interessa l’oggetto…grazie’, niente di personale..’ dissi poi rivolto al marinaio. Quello sorrise, non aveva ancora parlato.
‘Prendilo in mano!’ ordinò Marisa, ma io feci per andare, allora DonnaRosa fece: ‘Fermo, guagliò, prendi in mano l’uccello della nostra amichetta qui e fallo subito!’
‘Bene, ricordagli chi &egrave comanda qui, Rosetta, questo toscano del cazzo si crede chissastaminchia!’ disse Marisa.
‘Fa silenzio, Marisa, e tu prendi quel cazzo in mano!’ ordinò la boss e allora o feci. Allungai la mano sotto il corpo del marinaio. Lui rideva coi denti bianchi. Di faccia dimostrava 50 anni, di corpo neppure trenta. Presi il pacco in mano. Era pesante. Liscio, duro un poco, bello grosso.
Marisa mi fissava sprezzante, quell’umiliazione era ossigeno lei. Che stronza pensai. Josephine mi sorrideva col suo mascherone mentre io tenevo in mano il suo uccello pesante.
‘Bene puoi andare guagliò!’ mi congedò la boss.

se vi va scrivetemi a dorfett@alice.it

Mi misi a chattare con Flo e a bere in giro. Le donne si divertivano fra droga e sesso, le trans erano al centro della serata, Marisa era contornata dalle sue amiche lesbiche ed io mi tenni in disparte da Rosetta, non sapevi mai cosa le girasse in testa.
Vidi coniligus e pompini, scopate ed inculate. Ben presto i trans furono protagonisti, succhiandosi fra loro e concedendo i loro culi agli uomini o alle donne munite di strap-on. Janina e Liliana furono messe a pecora e scopate dure, mentre Lee si avvinghiava attorno a qualche donna, Josephine invece ben presto divenne l’attrazione della serata, la sua mazza enorme non poteva passare inosservata! In piedi con il suo cazzo grosso e duro che era slinguazzato da donne e uomini ai suoi piedi, era impressionante: bassa ma muscolosa, gambe da corridore, un inutile bikini verde che nascondeva un petto da uomo e poi quella sua faccia truccata da circo, gli occhi blu, la bocca rossa e la faccia bianca che nascondeva una pelle scura. Ma la mazza era veramente grossa, le donne faticavano a spompinarla, Liliana intanto era presa da dietro ma succhiava il cazzo di un uomo, Janina era scopata in culo da Marisa col suo strap-on rosso mentre un uomo gli leccava le palle.
Osservai quell’orgia da breve distanza, cercando con lo sguardo anche DonnaRosa.
Se ne stava seduta comodamente su una poltrona, una tigre di ceramica alta quais due metri accanto a lei, l’immancabile sigaretta in bocca, la sua femminilità partenopea, matronale, da boss. Mi vide, le sorrisi, lei no. Mi alzai allora e me ne andai in bagno. Nel corridoio un uomo armato stava bevendo una birra in lattina. In bagno mi venne voglia di fare una doccia, ma già che, conoscendo un poco la villa di Rosetta, scelsi proprio quella nera con il posto per sedersi e i numerosi e diversificati diffusori della doccia stessa. Mi spogliai e mi sedetti sullo scalino centrale. Accesi la doccia e la miscelai, quindi quando trovai la temperatura giusta, mi lasciai docciare da mille angolazioni, rilassandomi.
Quando ebbi terminato tornai di là. La festa proseguiva ovviamente. Accoppiamenti fra trans e uomini, donne che si toccavano fra loro o si baciavano. La boss ancora seduta sul suo trono, accanto la tigre di ceramica, sopra di lei un quadro che la ritraeva al centro di un divano con alla sua destra il marito e il figlio, Ciro alla sinistra. Entrambi in piedi. Entrambi morti.
Marisa era seduta attorno ad un tavolo assieme alla trans Lee e a un paio di donne. Stavano pippando strisce di coca dirattemente da sopra il ventre piatto di una donna giovane, nuda, distesa sopra il tavolinetto. Lee e Marisa ridevano, mi videro, le salutai, Marisa mi guardò di traverso, non rispose al mio saluto e tornò a parlare con la trans. Io allora mi trovai dell’erba e mi rollai una canna. Quando ebbi fatto me ne andai in terrazza e l’appicciai. Da lì si vedeva la baia, il mare, le navi nel porticciolo, le stelle in cielo. Una vista bellissima. Un uomo armato mi toccò la spalla.’Tuttapposto dottò?!’ fece in un misto campano-romano. Era grosso e massiccio, una giacca di pelle nera e in mano una pistola. Era rasato e minaccioso.
‘Sì, mi fumo solo una canna e poi torno alla festa. Sono un amico di DonnaRosa..’
‘Buono, dottò, tutttapposto allora..’
‘Certo, vuoi fare un tiro? Si gode una vista magnifica da qui, no?’
‘Belloassai, dottò, un tiro me lo faccio, dottò, grazziaassai, dottò..’
gli passai lo spino e lei fece un paio di tiri lunghi, il fumo salì nella notte stellata, verso il mare prima di essere inghiottito dal buio.
‘Bellassai qui, dottò, grazie, dottò’.buona serata…’ fece e ripassandomi il joint si allontanò di qualche passo.
Così rimasi a guardare quel paesaggio meraviglioso, fumando, mentre dalla festa dentro provenivano risate, rumori dell’orgia e la musica neomelodica a palla. Feci anche qualche foto e le inviai a Geg&egrave e a Flo. La mia signorina del Minnesota mi rispose subito. ‘Che posto incantevole. Bellissimo. Devono essere amici molto ricchi i tuoi amici’ ‘Sì, vero, molto ricchi, cio&egrave la donna della quale ti ho accennato, &egrave molto ricca. Molto potente.’ le mi mandò un emoticon interrogativo e poi un bacino. Finii il joint e rientrai, ma superando la porta finestra mi scontrai con Lee, la trans, e lei mi versò il contenuto del suo drink sul vestito. ‘Oh! Scusa…che sbatata…ti ho bagnato tutto!’
‘Ok, non &egrave niente, cio&egrave..ecco non preoccuparti..’
‘No, aspetta, andiamo a prendere qualcosa per pulirlo…aspett
‘Non occorre, stavo andando via, non preoccuparti
lei sorrise, aveva questi occhiali da studentessa, il volto vagamente asiatico, molto truccata, alla luce della festa notai bene come le sue guance rosse di fard erano piene di bollicini alcuni esplosi, altri ancora no. Ma nonostante ciò era molto carina, alta più di me sui tacchi, era molto sexy. Non feci in tempo a finire la frase che lei era andata via. Rimasi lì fermo come uno scemo mentre su una poltrona vicina una donna in giarrettiere e tacchi rossi sbocchinava un uomo. Notai che Marisa, che stava pippando ancora sul corpo della donna distesa sul tavolino contornata da donne nude che si baciavano fra loro, mi gettò uno sguardo malizioso. La boss era ancora seduta sul suo trono a fumare mentre ai suoi piedi due donne si masturbavano a vicenda avvinghiate l’una all’altra.
Lee tornò con uno spray e un panno. ‘Vieni con me ‘ e mi prese la mano portandomi via ‘ andiamo in bagno’. Dentro il bagno si chiuse la porta alle spalle con la chiave.
‘Sono tuo prigioniero?’ chiesi ridendo.
‘ah! Sei simpatico e anche carino..scusa per questo danno al tuo vestito..’ fece per darmi un bacetto, io accettai. ‘Adesso spogliati, cio&egrave camicia e giacca…non farti illusioni, non voglio il tuo cazzo..’
‘..ah…peccato…ok, mi accontento della pulizia alla camicia..grazie..’ e mi spogliai. Lei prese i vestiti e li pulì, si muoveva sexy e maliziosa, profumava di donna. Guardai il suo culo tondo e le sue gambe lunghe e snelle. Il seno rifatto era tondo ed eccitante, il cazzo mi si indurì. Lei pulì e poi mi guardò. ‘Adesso aspettiamo..’
‘Bene. Vuoi fumare un joint?’
‘Oh, perché no…non amo la coca ‘ e fece un gesto indicando di là, alla festa dove se ne consumava a secchiate ‘ mi rende nervosa.’
Accesi lo spino ed aprii la finestra del bagno, ci sedemmo sul bordo della vasca, molto vicini, sentivo il suo corpo sexy emanare un torpore piacevole. Parlammo di lei e di me fumando, era una trans simpatica e spigliata, parlava motlo bene l’italiano e anche francese e inglese, mi disse. Aveva vissuto sia a Parigi che a Hong Kong. Le nostre spalle nude si toccavano, le sue mani delicate e truccate di rosso acceso mi sfioravano le mia quando le passavo la canna, osservai bene il suo volto coi bollicini, il trucco pesante, la labbra rosse e gli occhi orientali. Le sfiorai la gamba col ginocchio e le sorrisi malizioso. Il mio cazzo nelle mutande stava gonfiandosi. I suoi bollicini erano molti e strani, ma in qualche modo sexy. Lei fece un tiro e mi fece segno di aprire la bocca. Lo feci. Chiusi gli occhi e lei mi soffiò il fumo d’erba in bocca. Poi mi baciò. Un bacio profondo e sensuale. Sapeva di donna, profumava ed era bella a suo modo. Pomiciammo a lungo, quindi io le presi una mano e la misi sul mio cazzo. Lei prese a toccarmelo con forza dai vestiti, poi mentre ci baciavamo ancora seduti sul bordo della vasca, mi ficcò la mano nelle mutande e prese a masturbarmi. Io le toccai le spalle e poi le tette. Lei si sbottonò il vestito smanicato e poi si tolse il reggiseno. Così le baciai le tette. Le succhiai e le baciai a lungo, lei ogni tanto mi sollevava la testa e mi baciava in bocca mentre mi segava sotto. Io fissavo i suoi bollicini, i suoi occhiali da segretaria e mi eccitavo per quel suo lavoro di mano. Continuammo a baciarci, a segarmi e a baciarle le tette e succhiare i capezzoli. Quindi mi fece segno che voleva il mio cazzo. Mi sistemai meglio e lei me lo prese in bocca. Subito sentii un brivido lungo la schiena, la sua bocca era d’oro, il piacere che mi dette fu intenso! Prese a succhiarmelo, ma fra la sega e l’eccitazione, venni subito.
‘Scusa’ – feci mentre lei ingoiava il mio sperma ‘ scusa…ma la tua mano prima…’
‘Shhh- fece lei e mi mise un dito sulle labbra e poi sorrise ‘ non preoccuparti’.’ mi baciò e sentii il sapore del mio sperma che passava nella mia bocca, poi mi ficcò il suo dito in bocca.
Lo ciucciai bene. A lei paiceva. Fissavo i suoi bollicini sotto il makeup pesante e i suoi occhialini da segretaria sexy.
Dopo che ebbi slinguazzato bene il suo dito indice lei mi fece:
‘Che ne diresti di ricambiarmi il favore?’ e mi prese la mano e la mise fra il suo sesso. Lo sentii duro sotto.
‘Ecco io…cio&egrave&egrave&egrave…non so..
‘Vedrai sarai bravissimo, ne sono sicura..’ e si tolse le mutandine, da sotto sbucò un cazzo dritto e curvo. Non lungo, non grosso, ma depilato e attraente. Lo fissai.
‘Avanti…inginocchiati…prendi degli asciugamani prima…ecco…così mettili in terra…e tu qui..ecco..così…bravo
e mi sbatt&egrave il suo cazzo ricurvo sul viso. Aveva un buon profumo di sesso e di donna. Le giocò un poco con la mia faccia, sbattendoci il cazzo di trans che nel frattempo era diventato bello duro.
‘Avanti…prendilo in bocca…’
lo feci. La cappella e succhiai.
‘Ummmbbravooooo amoruccio…’
succhiai e baciai la cappella, poi spinsi la bocca sull’asta e presi a fare un bocchino a quel trans con i bollicini e il corpo sexy. Spompinai e succhiai. Mi detti d’affare per farla godere. Ero preso dal quel cazzo. Mi piaceva la curva in bocca, il suo sapore. Di donna. Di cazzo. Lei si muoveva piano, ma non la sentivo bene, ero preso dal mio pompino. Succhiai il cazzo in ginocchio su una pila di asciugamani, gli occhi chiusi.
‘Oh’.bravo…succhiacazzo così…vai…vai…succhiacazzo’.così’.bene’.vai …vai’.ancora’.vai’.succhhiacazzocosì…vai…’ diceva mentre io me lo prendevo in bocca di gusto. Il suo cazzo era di marmo, curvo mi batteva nella parete della gola destra. Io spompinavo come una troia.
‘Vai’.oh’.amoruccio’.succhiacazzi..così…vai…vai…così’.vai’.’
Spompinava con piacere. Sentire quel cazzo in bocca mi piaceva. Lei godeva lo sentivo, mi teneva la testa piano e andava su e giù piano.
Poi sentii delle urla, la porta spalancata, voci di gente. Aprii gli occhi e mi staccai
Marisa e altre donne erano entrate nel bagno e mi filmavano coi cellulari.
‘Ahhhh…eccooooo o bocchinaro! &egrave bravo a farti i pompini Lee?’ chiese Marisa eccitata, piena di coca e arrapata marcia, ci godeva ad umilairmi. Cercai di alzarmi, ma Lee mi tenne giù: ‘Dove vai amoruccio’.ora finisci’.’ provai ancora, ma Lee mi tenne sotto e Marisa mi prese per una spalla e urlò filmandomi: ‘Devi finire…vai…amoruccio’.vai..vai!’ disse imitando le parole della trans. Lee mi prese la testa e la spinse sul cazzo duro e curvo. Io provai a divincolarmi,ma Marisa e Lee mi tennero in ginocchio, così ripresi in bocca il cazzo della trans e mi rimisi a succhiare. Marisa filmava e rideva, altre donne commentavano. Lee era eccitata e mi spinse con forza il cazzo in gola. Tossi un paio di volte, piangevo e chiesi di finirla lì.
‘Oh, no! Succhiacazzi tu devi finire il tuo lavoro…vai’.vai…vai…’ Marisa rideva e filmava. Mi ritrovai il cazzo in bocca di Lee, lei per fortuna accellerò il passo. Mi spinse il suo cazzo ricurvo in bocca e poi venne riempiendomi la bocca. Ne sputai fuori un poco che mi cadde sul mento. Marisa ridendo e sbeffeggiandomi filmava da vicino la mia bocca e lo sperma della trans. Riderso a lungo, Lee si rivestì. Notai che anche la boss si era avvicinata alla porta del bagno e guardava dentro. Mi vide in ginocchio su degli asciugamani, nudo, la venuta di una trans sul mio volto. Poi lentamente uscirono tutte. Marisa mi sbeffeggiò ancora pesantemente. Lee invece si scusò. Certo l’incidente del drink e poi tutto questo era un piano di Marisa alla quale lei si era prestata. Mi baciò ancora. Non ce l’avevo con lei, prima di Marisa e le altre mi stavo godendo un bocchino.
‘No problema…Marisa &egrave così…un po’ stronza con me’
‘Sì, scusa, tu sei uno apposto…mi ha pagata…sai’
‘Ok, non ce l’ho con te. Anzi…mi piaceva prima’
lei sorrise e mi baciò ancora…mi alzai e mi rivestii. Ci abbracciamo.
‘Ecco il mio numero, carino…amoruccio…chiamami’.vediamoci una sera…una cena…un caff&egrave’.un pompino…’ disse sorridendomi.
Uscimmo dal bagno.
Feci un giro, bevvi qualcosa per calmarmi.
Poi andai da Rosetta. Lei era di nuovo seduta sul suo scragno di boss, la tigre vicino e accanto Marisa che quando mi vide sorrise: ‘Ecco, il pompinaro’.vai…vai…vai…’ disse. La boss rise, fumava mi squadrò sbuffandomi il fumo in faccia.
‘DonnaRosa, sono qui per chiedere permesso di andare…sono stanco…’
‘Ok, amoruccio’.- e rise assieme a Marisa -‘.puoi andare…ma dimmi, ti &egrave piaciuto il cazzo di quella trans?’
‘Oh..- sorrisi imbarazzato -‘.cio&egrave…sì, ecco’.’
Lei rise e Marisa mi fece un rutto in faccia, era strafatta di coca. ‘Succhiacazzi!’ mi urlò in faccia. Sorrisi beffardo, come a ricordarle che anche lei era stata una. ‘Siamo colleghi?’ dissi poi ridendo.
‘Fanculo’.amoruccio’.vattinne vattinne!’ disse Marisa.
‘Vai, guagliò! Ma devo dirti che ho appena inviato il video nel quale fai un pompino ad una puttana alla tua amica Flo.’
‘No, Rosetta!??? perché? Nooo’..perch&egrave?’
lei mi fumò in faccia, mentre Marisa rideva come una pazza umiliandomi.
Ero di ghiaccio, deluso, avvilito.
‘perch&egrave? Perché sono la boss e tu mi appartieni! Adesso vattinne a casa!’ ordinò e con la mano mi fece cenno di smammare.
Che stronza! Opera di Marisa di sicuro…ma lei si era prestata. Per umiliarmi e ricordarmi che in effetti, io le appartenevo, non avevo una vita mia, ero prigioniero di quella boss, altera, capricciosa, potente e sexy.
Mi feci chiamare un taxi e mi misi a consultare ferocemente il cellulare. Flo non mi aveva cercato. Forse era incazzata. E se non lo avesse ancora visto? Le mandai un sms: NON APRIRE IL VIDEO. TI PREGO. POI TI SPIEGO. I LOVE DARLING. E lo inoltrai. Lei non rispose.
Il taxi arrivò e mi riportò a casa.

Il mattino dopo provai ancora a contattare Flo più volte, ma lei si negava, spento. Entrai in paranoia, bello scherzo mi avevano fatto quelle due: io che facevo un pompino ad una trans! Presi del prosac per calmarmi. Un paio di ore dopo mi venne in mente che Flo avrebbe potuto chiamare il numero dal quale proveniva il video, il numero di DonnaRosa: sarebbe stato un guaio! Chiamai Flo e lasciai un messaggio nella quelle la pregavo di non chiamare quel numero, che era gente pericolosa! Sperai che almeno li sentisse quei messaggi. E se aveva già telefonato? E se la boss si era incazzata con lei??!! merda, e lei non rispondeva la cellulare. Andai nel panico. Squillò il cell. Pregai fosse Flo, ma era la boss. Tramai di paura.
‘Ciao guagliò, come stai?’
‘Di merda, Signora, Flo non ripsonde al telefono dopo ehm il video..quello che lei
‘Quello dove succhi il cazzo con piacere di una trans?’
‘..’
‘Ho chimato la tua amichetta, la negretta’.&egrave una ragazza simpatica, saggia alla fine, ha capito subito con chi stava parlando
‘..e?’
‘E, tutttoapposto guagliò, non devi preoccuparti…certo lei &egrave sconvolta(sentii le risate di Marisa in sottofondo), vedere il suo nuovo ragazzo che spompina un cazzo mulatto…capirai…guagliò..?’
‘Sì, Signora ‘ ancora risate di Marisa -‘.devi darle tempo, ma vedrai…sono sicura ‘ altre risate di sottofondo – …che col tempo…dimenticherà te che sei in ginocchio a fare uno bocchino a ‘notrans!’ e rise anche ali assieme a Marisa.
‘Signora…se lei.non..ecco..
‘Ok, guagliò…stammi accuorto’.ti chiamo io per sentire come vanno le cose..’
‘Bene, Signora
‘…e?
‘E grazie Signora per quelloc he fa per me.’
‘Bene, guagliò, ciao!’ sentii che apirava dalla sigaretta accesa, Marisa che rideva come una isterica per umiliarmi, immaginai il dito indice della boss, tutto curato e con unghie laccate di rosa che premeva il pulsante di fine conversazione. Ero suo. Mi eccitava la boss, era forte e femminile assieme. Ma pensai a Flo e come rimediare alla figuraccia.
Per fortuna il giorno dopo accettò di parlarmi. Le comprai delle rose e dei cioccolatinoi in una costosa pasticceria del centro. Lei accettò, era confusa e colpita. Cercai di spiegarmi, di giustificarmi in qualche modo.
‘Vai anche con uomini?’ mi chiese.
‘No, mai. Non sono gay. I tran sono altro, sono donne. Donne col cazzo &egrave molto diverso.’
‘Ti piace succhiarlo?’
Pensai a Mirandas. ‘Beh..ecco..sì, non &egrave male…’ confessai.
‘Intrigante’.umh…bene, sapevo che eri un playboy, un viver..ma non ti facevo così bisex..’
Mi rallegrai che mi scambiasse per un viver e per un playboy.
Poi mi chiese di DonnaRosa e allora le raccontai molto sul nostro rapporto e su chi era quella donna.
‘Gestisce un impero della camorra. &egrave ricchissima. &egrave potentissima. &egrave la boss!’
Lei se ne andò con un casto bacio.
Speravo qualcosa di più, era ancora sconvolta per il video e per la vicenda della boss. Aveva paura, mi spiegò sulla porta.
*
i giorni seguenti provai a ricucire con Flo, quella ragazza dalla pelle nera e i denti aperti davanti mi piaceva e mi eccitava. Lei si concedeva al telefono, ma non voleva incontrarmi dal vivo, almeno per il momento.
Fu invece Angeluccia a farsi viva e rompendo le palle. Non mi facevo vedere a casa da settimane e lei era triste e sconsolata. Le risposi che avevo da fare per conto di DonnaRosa, ma lei insistette a lungo per vedermi. Alla fine di tanti messaggi trististi e avvilenti di Angeluccia accettai di farmi vivo dopo un paio di giorni.
Che palle!
Andai a bordelli con Geg&egrave per scordarmi di Flo e Angeluccia.
In uno andai anche con un trans mulatto con delle belle tette naturali, era molto più alto di me, un fisico femminile asciutto e magro, il volto era invece ancora maschile nei tratti, trucco pesante a parte. Ci esibimmo in un bel 69 molto salivoso e di reciproco piacere, io alternavo le leccate alle sue palle e al membro eretto(non molto grosso per fortuna, più piccolo del mio) mentre lei mi spompinava duro sotto. Venimmo assieme, social time nella camera a ore del bordello, lei parlava poco italiano, ma era tranquilla, mi chiese 300 euro alla fine e gli detti 400 carte perché mi aveva fatto divertire.
*
Mi fece incazzare invece Angeluccia la sera dopo. Mi ritrovai con DonPino, sua moglie e quella grassona di mia moglie in cucina. Fra pianti e consulazioni della madre Angeluccia mi rinfacciò tutto: pessimo padre, ancora più pessimo marito, puttaniere, mai in casa, eccetera. Piangeva singhiozzoni urticanti, io ero incazzato e nervoso. Il padre fece da pacere e alla fine calò il pezzo da novanta sul tavolo:
‘Perch&egrave non vi prendete una vacanza tu e Angeluccia bella? In un bel posto, vi parlate, vi chiarite’.’
Cazzo c’era da chiarire? A me di lei non fregava un cazzo. Ero qui solo perché questo matrimonio me lo aveva imposto la boss.
‘…non credo proprio’
‘Bahamas! 13 giorni, tutto pagato, olll iclusive! A mie spese. Voi due, ragazzi…e basta…’
Angelluccia piangendo mi prese la mano.
‘Ti prego!’
quanto mi faceva schifo!
DonPino continuò a parlare della vacanza a lungo, voleva che accettassi seduta stante. 13 giorni con quel cesso isterico di sua figlia?
Potevo impazzire. Ma non potevo offenderlo mentre mi mostrava i depiliant della spiaggia e del resort extralusso.
‘…devo sentire cosa ne pensa DonnaRosa, sto facendo degli affari per lei in questo momento..’ dissi alla fine per cavarmi d’impiccio.
Chiamai la boss e le spiegai la cosa.
‘Ok, guagliò, ti faccio sapere domane, devo prima sentire Don Mazzini per una cosa prima.
‘Va buò, Signora ai suoi ordini, ma se posso…preferirei non andare..sto provando a riconquistare Flo e ‘
‘Non ti preoccupare per questo baby’.tornerà da te,quella puledrina nera che ti arrizza tanto’.a domani, guagliò!’ e chiuse.
*
L’idea di passare tutto quel tempo solo con Angeluccia, anche se in posto da favola, non mi andava proprio. Non avevamo nulla da dirci noi, due mondi separati, io andavo alle feste con orge, avevo una ragazza Flo, mi piaceva fare i bocchini ai trans e lei era uggiosa, piagnucolosa, insostenibile, brutta, andava vestita come una principessa quindicenne, la sua voce mi inorridiva.
Ne parlai a Geg&egrave. ‘Usa del sonnifero e tu levati dal cazzo compare!’
‘…mica &egrave facile…e poi? Mica potrà dormire tutto il giorno?’
‘Ti basta la notte a te, compare. Dammi retta: sonnifero.’
La boss mi chiamò a tarda sera, giusto per farmi stare sulle spine: ‘Allora Guagliò, tuttapposto, puoi partire!’
‘Merda, Rosetta, no ti prego’.non la reggo Angeluccia’
‘Zitto, guagliò, &egrave tua moglie!’
replicai ma lei mi zittì ancora.
‘Ho parlato con DonMazzini, dice che se siete voi due soli, tutttapposto.’
‘Sì, solo noi..ma Rosetta cara..perch&egrave..?’
‘Taci! Ho deciso così, meglio se stai lontano qualche giorno, tira brutta aria al quartiere, DonPino &egrave ‘nostrunzo e ‘nammerda, ma se crede di fottermi..’
‘Cosa succede, Rosetta? Se riguarda DonPino..io’
‘Meglio che non sai niente. Ti spiegherò al ritorno. Vai e divertiti!’ e dopo una lunga boccata di sigaretta e una risata spense il cellulare.
Così dovevo andare alle Bahamas con Angeluccia. Che strazio!
Mi procurai il sonnifero da Geg&egrave, lo imboscai nel trolley e partimmo: Milano- Miami-Bahamas. Angeluccia era insopportabile, appiccicosa e noiosa e poi non parlava una parola di inglese, dovevo sempre starle dietro. Per fortuna il resort era una favola: lussuoso, enorme, piscine varie, bar nell’acqua, stanze pulitissime e comode, una jacuzzi, quello stronzo di DonPino non aveva davvero badato a spese, ma se pensava che sarei tornato a fare il marito di quel cesso di sua figlia si sbagliava di grosso.
I primi giorni mi sorbii Angeluccia senza tregua, facevo lunghi bagni al mare con lei e bevevo in piscina, mentre lei vergognosa per il suo corpo da balena bianco e grasso stava all’ombra alle cabine o a bordovasca. Poi inziai a riempirla di sonniferi. Lei dormiva per ore ed ore. Io andavo in giro per il resort, bevendo e offrendo a donne mulatte e sexy dai bar sparsi ovunque, tanto, come aveva detto donPino era Ollliclusive!per me.
Conobbi qualche bella fighetta mulatta che faceva la escort al resort in pianta fissa, Marlene e Tashira. Erano belle e sexy, trentenni, parlavano benissimo inglese e erano simpatiche. Me le scopai entrambe per 500 dollari e l’ultima sera feci una cosa a tre con loro: cazzo il paradiso! Due corpi mulatti e sexy, profumi femminili, tette ovunque, e cosce e seni e colli e lingue che si cercavano e il mio cazzo. Tashira era incredibile, bella coi suoi lunghi dred color carota mi fece uno smozzacandela da urlo, mentre leccavo la figa di Marlene che sapeva di pesca. Poi mi inculai Marlene mentre Tashira leccava la sua figa sotto di me. Fu bellissimo vedere quei corpi in azione, quelle due fighe incredibili, le venni nel culo e detti loro 1500 dollari. Ci baciammo sulla bocca soddisfatti e poi restammo a parlare di Italia, Rinascimento e la Fiorentina, la squadra di calcio, della quale, Tashira era, incredibilmente per quelle latitudini sportive, tifosa. Passammo una bella serata mentre Angeluccia 200 metri più avanti(la stanza era veramente spaziosa)dormiva sotto sonnifero.
Il giorno Angeluccia mi svegliava presto per parlare e fare colazione, io me la sorbivo per un paio d’ore le sbrigavo le commissioni, cosa le serviva, il wi-fi, i giornali, ecc. perche lei parlava solo italiano, poi, dopo un tuffo in piscina e qualche promessa che sarei tornato a casa da lei, scortavo Angeluccia al mega buffet di lusso della hall e la lasciavo a mangiare prosciutto, uova sode, becon e torte alla ciliegia(buonissime fra l’altro)per circa un’ora e mezza. Quando la riprendevo(quella manco sapeva ritrovare la strada di casa figuariamoci in un resort gigantesco come quello, mi divertiva vederla vagare in cerca di aiuto parlando solo italiano con addetti che la guardavano come fosse una stupida ‘ cosa vera alla fine)la portavo in camera, lei era sempre stanca dopo pranzo e faceva un sonnellino leggero di un’ora e mezza, diceva lei civettosa, ma questo a casa bellezza, qui, vale la regola dell goccioline. Le versavo mezza porzione nel bicarbonato e lime che lei beveva sempre per digerire e dopo 10 minuti Angeluccia cadeva nel sonno per almeno 3 ore 3 ore e mezza. Così avevo il tempo di godermi la spiaggia bianca, il mare caldo, le fighe in giro. Quando andavo in camera, la cessa si risvegliava rintontita. ‘Ma &egrave tardissimo?! Perché non mi hai svegliato? Anche oggi non mi hai svegliato, puci-puci…perch&egrave?’
la sua voce mi infastidiva.
‘…sai puci-puci che voglio stare con te, questa vacanza’.dai…puci-puci’.dormo troppo! Domani niente sonnellino! No, no, e domani anzi non pranzo proprio! Voglio stare con te puci-puci &egrave la nostra seconda luna di miele, vero puci-puci?’
La odiavo. Per fortuna Angeluccia al mangiare non rinunciava mai e il giorno dopo si abbuffava di nuovo come una pazza e dopo dormiva beata. La sera era più complicato mollarla perché mi stava incollata. I primi giorni avevo perso tempo a seguirla e sentirla parlare dei figli e di noi, ma poi iniziai a sciogliere le gocce già al ristornate mentre lei chattava con le amiche e le sorelle a Napoli. Non si accorgeva mai di niente. Così già alle dieci era di nuovo stanca e assonnata, lei ordinava caff&egrave allora per svegliarsi, ma io ne facevo portare uno decaffeinato e così crollava. Davo 30 dollari ad un facchino nero molto robusto affinché la riportasse in camera, svenuta a quel modo. E allora andavo nella notte del resort ad offrire bevute alle donne, ballare e scherzare con Marlene e Tashira.
L’ultimo giorno ricevetti un messaggio dalla bioss: A MILANO TI PRENDERà MARISA. NON ANDARE CON GLI UOMINI DI DON PINO!
Risposi di sì e mi preoccupai. Cazzo stava succedendo? Una guerra fra DonnaRosa e DonPino? Ed io ero qui a miglia e miglia di distanza. Forse per questo eravamo qui.
Il viaggio di ritorno lo passai in ambasce per quello che sarebbe successo o cosa era già successo. Angeluccia mi parlò per ore ed ore, sfiancandomi. Alla fine esplosi:
‘Mi hai rotto il cazzo, smorfiosa! Parli e parli e non sopporto la tua voce! A Milano devo andare via subito, non rientro con te. Non cercarmi per qualche giorno!
Lei scoppio a piangere e non la finiva più. Vennero le hostess e dopo qualche trattativa le convinsi a somministrare un calmante e un sonnifero ad Angeluccia. Lei mi odiava e piangeva, ma le hostess furono gentili e la calmarono, poi si addormentò fino al rientro in Italia. A Linate la mollai fuori dall’aereo ad un addetto perché la portasse fuori con una sedie a rotelle perché era ancora intontita e sbiascicava parole senza senso(ci credo aveva preso 2 blister di sonnifero in 13 giorni!)e scappai fuori mentre quello mi inseguiva con la carrozzina e Angeluccia zombie e non capiva un cazzo. Fuori vidi subito Marisa, era con Mazzinga e Mirandas, mi fecero segno di seguirli, poco distanti vidi gli uomini di DonPino, almeno 3 e le sorelle. Strana situazione. Marisa sgommò col suv giallo e andammo fuori la città.
‘Allora volete dirmi cosa sta succedendo?’
Marisa guidava, Mazzinga accanto, il ferro in mano vicino alla portiera, Mirandas con la pistola nella fondina sotto l’ascella.
‘E’ scoppiata una mezza guerra giù a casa. Giusto il giorno dopo che eravate partiti ‘ disse Marisa senza guardarmi ‘ due uomini di DonPino hanno freddato uno dei nostri e uno di DonMazzini giù al porto vecchio. Dice storie di debiti DonPino, ma a Rosetta la cosa non va giù e manco a DonMazzinga, così chiede spiegazioni a DonPino e in tutta risposta quello fa fuori un altro uomo di DonMazzini a S., il vecchio boss e Rosetta allora non ci hanno visto più. Abbiamo fatto fuori Giarriddu, il suo luogotenente e Mezzosang quello che gestiva la piazza di T., inoltre la boss ha chiuso col traffico con DonPino, stiamo in guerra, anche se quelli hanno chiesto la pace! DonPino ha telefonato per un incontro almeno 10 volte.’
‘E Rosetta?’ero l’unico a parte Marisa la sua amante che potevo rivolgermi alla boss così, Mirandas mi guardò stupita.
‘Lei non ha voluto ancora rispondere. Lo tiene per le palle. Chissà cosa aveva in mente quel coglione con questa storia e tutti questi morti. Rosetta &egrave infuriata e DonMazzini sta con il sangue fra i denti!’
‘Ed io? Che faccio io? Sono sposato con quel cesso di Angeluccia…io’.’ Mirandas rise.
‘Ti portiamo a Napoli. Poi deciderà Rosetta, ma devi stare lontano da casa di quel cagamerdarottoiculo di DonPino..almeno per un bel po’…’ concluse Marisa.
‘Sarò io a farti da bodyguard gaugliò!’ disse ghignante Mirandas e anche Mazzinga si fece una risata. Arrivammo a Napoli in 4 ore, Marisa mi condusse dalla boss. Era nei sotterranei della sua villa-bunker. C’era anche DonMazzini e i suoi uomini. Stavano torchiando un paio di tipo legati a dei ceppi. Uomini di DonPino pensai. Mi cagai in mano. Se c’era una guerra fra alleati era un casino per tutti. Rosetta era in piedi di fronte agli uomini legati, tutti e due grondavano sangue dal volto ed erano pesti di botte, tre energumeni li stavano picchiando duro.
‘Ciao guagliò!’ disse la boss senza voltarmi verso di me. Le ero di spalle, lei dritta sui tacchi, con le gambe formava un piccolo triangolo con il suo culo, rifatto pure quello mi aveva detto Mirandas in auto, nel vestito di classe. Le sue spalle morbide e la schiena tesa, in mano la sigaretta.
‘TI sei divertito in vacanza con Angeluccia?’
‘Oh…ecco sì…Rosetta…ma adesso che storia &egrave? Cosa devo fare?’
‘Nulla guagliò, per qualche giorno te ne starai nell’appartamento tuo qui da me, chiuso a chiave finché le cose non si calmeranno..
‘Ma..
‘Taci, guagliò, così ho deciso. Devo capire molte cose. Cazzo vuole questo cagamerdefigliobocchino di Pinuccio?? eh, bastardi? Che ne dite?’ urlò ai due pesti e legati.
Loro sbuffarono sangue dalla bocca. Erano distrutti. I tre energumeni li presero ancora a botte.
Colpi pesanti nel volto e al corpo, quelli gemevano.
‘Vattinne!’ ordinò la boss e Mirandas mi scortò nel mio appartamento. Chiuso di sotto. Sotto le stanze di DonnaRosa, di nuovo suo, cosa sarebbe successo con Angeluccia?
Fanculo, la cozza befana! Pensai.
‘Vengo più tardi!’ disse Mirandas chiudendomi dentro le sbarre del mio appartamento.
Provai a contattare Flo, lei mi rispose con faccine e bacetti. Bene! Pensai. Provai a chiamare ma lei non rispose.
CUCCIOLOTTA. AMORUCCIOO MIO MI MANCHI. Le scrissi. Lei rispose subito con un grosso cuore, ma diceva che voleva ancora del tempo. E poi ero prigioniero ancora una volta per fortuna l’appartamento era pieno di ogni cosa, erba e giochi per passare il tempo.
*
Mirandas tornò verso le otto con un cartone di pizza per sé e si sistemò sul mio divano, togliendosi le scarpe e mettendosi a dare ordini:
‘Portami della birra, guagliò! Prendimi un altro cuscino, guagliò, servimi un cocktail come si deve, spicciati!’
‘Ehi! Basta ‘ alla fine esplosi ‘ sei a casa mia e mi fai andare avanti e indietro manco fossi il tuo servetto personale..’
lei mollò la pizza al salamino che stava gustando con la birra che le avevo portato, si alzò mi venne incontro e mi prese per il collo urlandomi in faccia:
‘Primo questa non &egrave casa tua, ma della boss. Secondo io sono qui per proteggerti ‘ e afferrò il ferro che teneva nella fondina sotto la tuta comoda rosa e bianca – . terzo Sì, sei il mio servetto perché lo voglio io e DonnaRosa non avrà niente da ridire, &egrave impegnata in cazzo molto più grandi e non sai quanto…quindi tu fai quello che ti ordino per stasera e tutta la notte e poi, dopo, – e mi strinse il collo con forza soffocandomi ‘ forse, se mi andrà, guagliò, ti ficco in bocca il mio cazzo, lo so che ti piace, non avevo bisogno di vedere il video di Marisa per saperlo!’ quindi mi mollò e caddi a terra a respirare.
‘Quindi adesso mi prepari da bere, poi finisco di mangiare, guardo alla tv cosa cazzo voglio e tu farai come dico io, intesi?’
Ero ancora paonazzo per la sua morsa. Mirandas era tosta, aveva braccia muscolose ed era agile. Annui sconsolato.
Lei mi mollò un calcio. ‘In cucina, trovami del rum decente e prepara del ghiaccio!’mi ordinò e così dovetti eseguire.
Dopo la pizza si rollò un joint e si mise alla tv con il rum ed io che le riempivo il bicchiere con due ghiaccioli quando lei agitava il bicchiere con la mano.
Dovevo stare in ginocchio accanto a lei. Si mise a vedere delle telenovelas brasiliane su un canale latino e contemporaneamente chattava con amiche, mandava whatsapp vocali. Non mi passò neppure il joint. Provai a chiederle cosa stava avvenendo di sopra. La faida con DonPino. Ma lei non volle dirmi niente. Fra rum ed erba si stonò presto e si stava assopendo. ‘Dove vuoi dormire? Ci sono due stanze, una &egrave la mia, ma se…&egrave più grande..
‘No, dormiremo entrambi nella stessa stanza, chiusa. Tu sistemati per terra con un sacco a pelo o come vuoi, io dormirò sul tuo letto. Le lenzuola sono nuove?’
Annuii.
‘Bene, andiamo..’ e si sollevò a stento. La scortai in bagno. Si mise sulla tazza e calò le mutande. Vidi il suo cazzo gonfio di piscia. Scaricò con forza.
‘Ahhhh’.ci voleva proprio’.oh bene, guagliò ‘ mi guardò con malizia ‘ vieni qua! Puliscimi il cazzo’
Presi uno scottex, ma lei mi fermò: ‘No! Con la bocca, con la tua boccuccia da succhiacazzi di trans! AHHhhh!’
‘No, dai Mirandas..’
‘Vieni subito qui o ti prendo a sberle fino a domani mattina!’
sapevo che lo avrebbe fatto. Andai da lei, mi inginocchiai con le mani sulla tazza del cesso. Il suo cazzo mi attendeva rilassato, sulla cappella tracce di piscio. ‘Muoviti!’ e mi prese la testa, la sollevò e mi mollò uno schiaffo molto forte. Mi lasciò e andai dal suo cazzo, lo presi in mano e poi con la lingua pulii la cappella, le tracce della piscia, lei approvava, io continuai a pulire. Quando ebbi finito lei si alzò, mi riprese per i capelli e mi trascinò fuori dal bagno. Urlai di dolore ma lei mi strattonò fino al letto, mi prese alla vita e mi buttò sopra: ‘Spogliati, coglione! Subito!’ gridò e mi rifilò un ceffone per darmi la carica. Mi spogliai rapido e rimasi in mutande. ‘Vieni qua!’ mi ordinò e mi spinse verso il suo cazzo e me lo ficcò in bocca senza tanti problemi. Mi spinse il cazzo in gola e poi lo tirò fuori. ‘Ti piace succhiare cazzoditrans? Vero puttanella?’ e mi rificcò il cazzo in bocca, lo succhiai, lei lo tolse. ‘Vero? Puttanella, ti paicecazzoditrans vero?!’ mi gridò in faccia mentre ci sbatteva sopra il suo cazzo duro. ‘Sì…sì…’ dissi prima che la mia bocca fosse di nuovo riempita dal suo pene. Mentre le succhiavo sotto lei dalla tuta prese un cellulare iniziò a filmare io che la spompinavo.
”.no…noooo…ti prego’!’ feci. Lei mi dette uno schiaffo fortissimo, ‘Chi ti ha detto di smettere di prendermelo in bocca, brutta troia! Faccio quello che voglio io!’ e mi dette un nuovo schiaffo, quindi dalla fondina prese la pistola e me la mostrò orgogliosa. Era piccola ma massiccia, luccicava, sul calcio era inciso il nome Mirandas con un cuore e una pistola. Mi faceva paura, la trans era ubriaca. ‘Succhia! Succhia troiamangiacazzi…succhia, dai’.dai…succhia…dai…’ e dopo avermi rimesso il cazzo in bocca prese a fotttermi con forza nella gola. Mi cavalcò la bocca col suo arnese per un po’, quindi venne riempiendomi la bocca della sua sborra calda.
Mi sistemai con un sacco a pelo sotto il mio letto. Lei dormiva sopra. Mise la pistola sotto il cuscino come nei film quindi mi ordinò di chiudere bene la porta della camera.

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