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Sara e Gustavo si scambiarono alcuni messaggi nella settimana che li separava dalla loro convivenza. Telegrammi aridi e innocui, addolciti solo da qualche emoji sorridente. Data per il pagamento dell’affitto, copia delle chiavi, spazio per la bicicletta, ecc.

Gustavo non era minimamente turbato da quella presenza che presto avrebbe fatto irruzione nella sua quotidianità. Il primo impatto era stato forse violento ma nella sua testa continuava a dare la colpa alla tensione accumulata quel giorno, alla poca lucidità mentale e al fatto che non fosse un fervente praticante di autoerotismo.

I tempi in cui gli ormoni erano sempre sul punto di esplodere erano ormai lontani. Alla soglia dei 40, sapeva benissimo gestire le situazioni erotico/sentimentali e quella era stata una semplice parentesi non degna di nota. 

Era molto tempo che non frequentava una donna e i problemi sul lavoro in aggiunta alla situazione economica ballerina, lo avevano distolto da qualsiasi altro pensiero. Quello era stato quindi uno sfogo inevitabile e naturale. Sara aveva solo dato quel tocco in più per compierlo. 

Se ne convinse a tal punto che iniziò a pensare a lei come ad una colf. 

Non perché avesse intenzione di farla sgobbare , ma pensò a quanti suoi amici single avessero una donna che girasse per casa ogni giorno spolverando libri e stirando pantaloni. Beh Sara sarebbe stata la stessa cosa, il tempo che avrebbe trascorso con lei non sarebbe stato più di quello che si passa con una collaboratrice domestica. Non le avrebbe messo l’aspirapolvere in mano, in quel caso, anzi, sarebbe stata lei a pagare per usufruire di quella casa. Quindi tutto era assolutamente perfetto, tutto quadrava nella mente a compartimenti stagni di Gustavo.

Ripensò un secondo alla biancheria intima totalmente assente di quella donna, ma non ebbe il tempo di rifletterci perché squillò il telefono. Era sabato sera, poco dopo l’ora di cena. Lui stava lavando i piatti. Si asciugò velocemente le mani. Era proprio Sara. 

“Hey ciao !! Come va? Pronte le valigie?”

“Ciao Gus, sì praticamente fatte, senti so che il mio trasloco è previsto per lunedì ma volevo chiederti se era possibile anticipare a domani che è domenica e ho tutto il tempo per venire lì, mettere  in ordine le mie cose, fare la spesa….. Così lunedì non ho bisogno di chiedere mezza giornata libera….ti scoccerebbe molto? Se hai visite o altro fa niente”

Gustavo ci pensò un secondo, voleva andare a correre, ma pensò che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento della giornata. Aveva pensato a quella domenica come all’ultima in cui poter fare l’unico vero padrone di quelle 4 mura.

Poi pensò che ci sarebbero state altre occasioni. Sara non era nativa di quella città, sicuramente aveva famiglia e amici altrove e qualche fine settimana sarebbe andata a trovarli. No, non sarebbe stata l’ultima domenica da padrone.

“Ma certo, capisco benissimo, senti tu dimmi quando vieni, ti lascio le chiavi e da quel momento sarai indipendente e potrai entrare e uscire quando vuoi”

“Le 10 del mattino ti va bene? O è troppo presto?”

“Figurati….va benissimo!! Ci vediamo domani”!

“Grazie Gus….a domani”

 

Gustavo riagganciò è finì di lavare i piatti. Dette uno sguardo alla camera di Sara. 

Era spoglia ma pulita, non avrebbe neanche dovuto spolverare. Una volta datele le chiavi sarebbe stato libero di andare a correre o fare qualsiasi altra cosa. Anzi, il giorno dopo avrebbe potuto spiegarle con tutta tranquillità l’uso del riscaldamento, mostrarle i contatori, insegnarle a regolare i fornelli a induzione…Sì era molto meglio così.

Andò a letto presto. Nella sua mente non c’era Sara ma quel viaggio che avrebbe voluto fare per il suo compleanno. Pensava ancora alla meta: Cuba, New York, Rio o magari qualche città europea insolita….Si addormentò dopo pochi minuti.

La sveglia suonò alle 9. Il tempo di andare in bagno e farsi un caffè. Ne lasciò un po’ per Sara, pensò che sarebbe stata una cosa carina, un piccolissimo gesto di benvenuto.

Alle 10 in punto suonò il campanello. 

“Hey sono Saretta!! Buongiorno!! Abuso della tua virilità maschile” rise” Puoi aiutarmi a portare le valigie??”

“Ma certo! Scendo subito!”

Non c’era l’ascensore, lo stabile era composto da soli 3 piani. Gustavo lasciò la porta aperta e scese ad aiutare Sara. Quando aprì il portone, ad attenderlo, c’era una donna un po’ diversa da quella vista l’ultima volta: Sara aveva addosso un piumino verde e dei leggins neri. Ai piedi delle scarpe da tennis. I suoi capelli rossi erano raccolti in un ciuffetto tenuto fermo da una pinza. Il suo viso, struccato, era avvolto da degli occhiali a farfalla con una montatura nera. 

Dal giubbino, fuoriusciva una maglietta nera con il collo alto. 

Sembrava una studentessa al terzo anno di ingegneria, nerd, docile, assolutamente priva di malizia.

Gustavo fu quasi rassicurato da quell’immagine, riuscì a vederla con un trasporto fraterno, totalmente asessuato. 

Intorno a lei tre valigie non molto grandi che prontamente afferrò per portare dentro.

Ci misero 2 minuti ad entrare in casa con tutto il suo piccolo trasloco.

Dopo pochissimi convenevoli, Gustavo decise che era il momento di essere ospitale e gentiluomo.

“Riposati un attimo, ho del caffè ancora caldo. Hai fatto colazione? Hai fame?”

“Grazie Gus, ho fatto colazione ma un altro caffè lo gradirei volentieri”

“Dai togliti il giubbino, posalo qui nel corridoio, puoi metterci diversi soprabiti come vedi, non ci sono problemi”

Gustavo lasciò Sara per andare in cucina e versarle il caffè. Lei si tolse il giubbino verde e lo posò su una gruccia, accanto ai cappotti di lui. 

Era un gesto banale ma era anche il primo passo verso una familiarità che non poteva tardare a palesarsi. 

Lasciò le valigie sull’ingresso appoggiate al muro per non intralciare e si recò in cucina.

Gustavo le fece cenno di sedersi al tavolo e subito dopo le portò una tazzina, la caffettiera e lo zucchero. Sara aveva le braccia appoggiate sul tavolo, con le due mani si afferrava i gomiti.

L’unica visuale che si poteva avere era quella del suo viso e un piccolo stralcio del suo lupetto.

“Grazie, sei molto gentile”

“Ma figurati, ci mancherebbe. Senti adesso  lascio che tu faccia tutte le tue cose, poi quando sei pronta, anche nel pomeriggio, ti insegno alcune cose della casa che è bene tu sappia utilizzare in caso io non ci sia. Dovrei andare anche io a fare la spesa, quindi se non hai premure particolari, dopo andiamo insieme, visto che non hai la macchina….”

“Ohh sarebbe fantastico grazie!! Così posso fare un po’ di scorta e non pensarci più per tutta la settimana”

Parlarono un po’ dei rispettivi lavori e di qualche locale della città dove entrambi erano stati.

Poi Sara fece cenno di alzarsi

“E’ bene che mi metta a lavoro, prima disfo le valigie, prima sarò pronta!!”

Gustavo era ancora seduto. La guardò alzarsi. Quel maglioncino nero avvolgeva tutto il suo corpo fino poco sotto la pancia. Era molto sottile ma di quei tessuti che tengono caldo. Stavolta non lo fece di proposito, non poteva proprio esimersi dal trovarsi di fronte quei seni enormi che capeggiavano davanti a lui. Come durante il loro primo incontro, la loro curva prosperosa sotto quel tessuto era morbida e naturale, rifinita da due lievi protuberanze al termine.  

Abbassò frettolosamente lo sguardo pensando che forse anche oggi non c’era ombra di reggiseno sotto quel maglione. Prese la tazzina di Sara e andò al lavabo della cucina mantenendo lo sguardo basso.

“Bene, vado…”disse Sara

“Certo….se hai bisogno chiamami”.

Gustavo aveva mezza idea di andare a correre ma non voleva lasciarla sola, gli sembrava poco carino. “Ci andrò nel primo pomeriggio” pensò.

La stanza di Sara era aperta, erano passati poco più di 10 minuti. Dal salotto Gustavo la guardò mentre in piedi ripiegava degli abiti. Lei si voltò, conscia della sua presenza e gli sorrise. 

In quel preciso momento Gustavo si sentì piacevolmente trafitto al cuore. Quella donna in quel momento gli sembrava dolcissima e seria. Non era una seduttrice, non era una strega maliarda.

Gli venne spontaneo affacciarsi alla porta e chiedere: “Tutto ok?”

“Certo, entra, come vedi ho solo abiti e qualche libro”.

Sul letto c’erano diversi libri di storia dell’arte, due di Stephen King e altri di autori sconosciuti ma che comunque dovevano essere di terrore o polizieschi.

Sotto quei libri c’erano i vestiti sparsi di Sara. Gustavo non riusciva bene a capire che capi fossero.

“Mi scappa tanto la pipì, vado un attimo in bagno, se non ricordo male è in fondo al corridoio, no? Disse Saretta”

“Sì certo, la luce è prima di entrare, sulla sinistra, rispose Gus”

Rimasto solo nella stanza, iniziò ad  indagare meglio sulle cose di Saretta.

L’armadio era aperto e vide già appesi cinque vestiti ed un cappotto, probabilmente quello che aveva indossato durante la sua prima visita:

il primo era bianco ed estivo, corto ed elasticizzato, un tubino senza spalline di un tessuto che sembrava un cotone leggero.

Gus rimase turbato al pensiero di quanto questo vestito potesse fasciare il corpo prosperoso di Saretta.

Passò al secondo: Anche questo era corto, forse sarebbe arrivato a metà coscia (anche se avrebbe dovuto vederglielo indosso).

Era color carne, aveva le maniche lunghe ed un profondo scollo a V che si incontrava con la parte di sotto, arricciandosi in linee diagonali poco sopra all’ombelico. Quello che lo lasciò basito è che era totalmente trasparente. Ci infilò una mano in mezzo  e vide che poteva perfettamente vedere tutte le sue 5 dita.

Il terzo era una specie di mini kimono. Stavolta non c’erano scollature profonde né trasparenze ma era indubbiamente cortissimo.  Lo guardò da dietro: i laccetti univano la parte di dietro incrociandosi fino almeno all’altezza dell’osso sacro e avrebbero lasciato tutta quella parte semi scoperta.

Il quarto era una specie di vestito t-shirt nera, anch’essa elasticizzata. Sulla parte posteriore una serie di tagli orizzontali che partivano dalle spalle ed arrivavano ad poco sopra il fondoschiena.

L’ultimo, era un vestito estivo: verde a fiori, di media lunghezza, con uno scollo tondo, sembrava di chiffon semitrasparente ed era abbottonato davanti da cima a fondo. Aveva l’apparenza di un vestito romantico,  di quelli che si usano quando si fanno i pic-nic fuori porta.

La vista di questo guardaroba turbò molto Gustavo: a parte l’ultimo vestito, gli altri sembravano il catalogo di un sexy shop, più che degli abiti da indossare normalmente.

Quando sentì i passi di Saretta avvicinarsi alla stanza, Gustavo si allontanò quasi di scatto da quell’armadio. Non voleva sembrare un maniaco che spiava le cose altrui.

Sul letto, accanto a ciò che era stato già piegato, intravide meglio due gonne di jeans, una tipo longuette chiara con i bottoni che la chiudevano da cima a fondo, l’altra una minigonna di jeans slavato scuro cortissima, ad occhio una ventina di cm.

Poi, scorrendo velocemente lo sguardo vide un top di raso senza spalline color rosa antico, delle canottiere a coste, alcune magliette senza maniche, un gilet molto lungo traforato e un maglioncino blu. Sotto di essi c’erano altri capi non meglio definiti. 

Non c’era traccia di biancheria intima. Le valigie erano tutte aperte e vuote. 

Il tempo di realizzare tutto quello che aveva appena visto e si sentì di nuovo paonazzo in faccia, proprio nel momento in cui Sara entrò in camera e lo guardò in volto.

“tutto bene, Gus?”

“..ssi, si, tutto bene, stavo sbirciando tra le cose che hai portato in casa..vedo che sai essere piuttosto minimale, nei tuoi traslochi”

“Si, in realtà ho un sacco di cose che ho accumulato negli anni, ma per ora le ho lasciate a casa dei miei..non avendo la macchina, mi sono tenuta più leggera possibile”

“beh, si, vedo. E mi sembra che anche i tuoi vestiti siano piuttosto leggeri”

“Ah si, è che quando mi sono trasferita qui era giugno, dunque mi ero portata principalmente cose estive..e poi io non amo molto i vestiti invernali, preferisco vestirmi leggera e poi magari mettere sopra una giacca pesante..”

Gustavo ripercorse mentalmente il loro primo incontro..pensò a quella canottiera trasparente ed a quella minigonna corta, all’assenza di intimo, alla naturale disinvoltura di Sara ed ai suoi vestiti sparsi sulla scrivania.

Pensò che forse la biancheria fosse già sistemata nei cassetti in basso dell’armadio.

Aveva la fortissima tentazione di guardarci ma non lo fece. Sara era assorta in quella piccola confusione mentre gli parlava del vecchio appartamento e del perché l’avesse lasciato. Gustavo non avrebbe mai più ricordato in vita sua quella conversazione. 

 

Erano appena le 11, pensò che avrebbe avuto tutto il tempo di andare a correre e forse sarebbe stato meglio.

“Senti se non ti dispiace vado a correre, tornerò per l’ora di pranzo poi se vuoi andiamo a fare la spesa. Suppongo tu non abbia nulla quindi…attingi pure dal mio frigorifero”

Sara lo guardò con due occhioni da cerbiatto

“Grazie Gus!! Appena facciamo spesa ricambio il favore, vai pure!!”

 

“Che bravo che sei che vai a correre di Domenica, mi piacciono le persone sportive!”

“Se vuoi venire anche tu posso aspettare che tu finisca..”

“Eh guarda, verrei volentieri, ma non posso..mi dovrei dotare di un reggiseno sportivo, che non ho qui con me..”

“Ah, capisco..perché se metti un reggiseno normale ti fa male?”

“Ehm..si, cioè in realtà non ho mai provato a correre con uno normale’”

“Beh, potresti provare se ti va di correre, tanto il parco è qui vicino, se ti fa male, puoi sempre tornare a casa..”

Sara a quel punto si girò verso Gustavo, ed inarcando la schiena come per sottolineare meglio quello che stava per proferire disse:

“Ehm..forse non te ne sei ancora accorto ma d’altronde, prima o poi, vivendo assieme sarebbe saltato fuori: io non metto reggiseni..”

Gustavo a quel punto non seppe più che dire..o meglio, avrebbe voluto indagare meglio le abitudini della sua nuova coinquilina, comprendere le ragioni per cui una ragazza dal seno così prosperoso potesse deliberatamente vivere la sua vita di tutti i giorni senza mettere in imbarazzo, o eccitare, qualsiasi persona che avesse attorno. L’unica parola che gli uscì dalla bocca fu invece:

“ Ma quindi scusa, vuoi dirmi che non possiedi reggiseni?”

E lei, con un sorrisetto misto tra l’orgoglioso ed il malizioso disse:

“ No, Gus, almeno, non con me. Ho smesso di portarlo durante il liceo, per una scommessa con le mie compagne di classe”

“una scommessa? Che genere di scommessa?”

“Praticamente, io ero quella della classe a cui erano cresciuti di più i seni. Le mie compagne, che volevano fare colpo sui ragazzi, si mettevano sempre quei reggiseni orribili super imbottiti per cercare di equipararmi. Allora, una volta, mentre eravamo negli spogliatoi della palestra, dopo la lezione di Ginnastica, io mi permisi di dirgli: “Ragazze, guardate che non vi serve mettervi tutta quella impalcatura, i ragazzi non sono scemi, lo capiscono che è tutta stoffa e gommapiuma.”

“E quindi?” disse Gustavo incuriosito

“E quindi gli dissi che dovevano essere fiere di quello che madre natura gli aveva dato, che i ragazzi le avrebbero apprezzate di più per quello che erano e per la confidenza che avessero mostrato. Allora, loro mi dissero: “Beh, allora se lo facciamo noi, lo devi fare anche tu. Anche tu devi essere sicura e fiera di quello che madre natura ti ha dato.”

“E tu?”

“Eh io avevo sedici anni, non avevo certo la maturità e la confidenza che ho adesso. Ed non ti nascondo che non mi ero ancora abituata al fatto che da poco più che una ragazzina, mi ero trasformata in una donna formosa. Ma sono orgogliosa, e pur di essere coerente con quello che avevo appena sostenuto, gli dissi: ok, nessun problema. Mi slacciai il reggiseno e lo misi nella borsa della palestra”

Gustavo, un po’ sorpreso da questo racconto pensò a cosa avrebbe potuto succedere in una classe in piena tempesta ormonale con un gruppo di ragazze (tra cui una molto formosa) tutte senza reggiseno in aula. Ma anche stavolta, si limitò a dire:

“beh, ma la scommessa è ancora valida dopo tanti anni?”

Sara scoppiò a ridere

“ma no, certo che no. Sei simpatico, Gus. Ovviamente no ed ovviamente loro dopo pochi giorni tornarono a mettersi i loro orrendi apparecchi. Ma io, quel giorno, oltre all’orgoglio della mia presa di posizione, mi sentii come liberata, e giorno dopo giorno apprezzai sempre di più la libertà che questa scelta mi aveva dato. Anzi, non ti nascondo che questa cosa mi fece avere un certo successo tra i ragazzi della scuola”.

“ma scusa, non ti dava fastidio che tutti ti guardassero..proprio lì”

“Beh, in quell’ occasione ho scoperto anche un’altra cosa di me stessa…mi piace essere guardata”

A quel punto, Gustavo sentì il bisogno di non indagare oltre.

Disse: “Ok, senti, visto che si sta facendo tardi, e poi dobbiamo andare a fare la spesa, io andrei.”

Gustavo andò a correre nel parco vicino casa, nelle cuffie suonavano i Led Zeppelin. Nella sua testa pensava a lei. Si sentiva destabilizzato da quei vestiti che aveva visto, poi pensava all’ultima immagine che aveva avuto, di quello sguardo grato, quasi infantile e innocente, così contraddittorio. Chi era in realtà Sara? Come si comportava con gli altri? Qual era la sua vera natura? 

Lasciò quei pensieri sulle note di Immigrant Song.

 

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