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Racconti Erotici Etero

La Comandante

By 10 Aprile 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Perché quella crociera?
Perché quella nave?
Perché avevo bisogno di riposo, lontano da chiunque mi conoscesse, lontano dagli amici, dagli affetti, dai rumori della città, dagli stessi ambienti, di lavoro o di casa.
La nave?
Perché volevo isolarmi, se non dai suoni, cosa impossibile, dalle parole che giungono all’orecchio e che, malgrado tutto, finiscono con l’incuriosirti.
Nave norvegese, dunque, che salpa da un porto norvegese.
Io non parlo norvegese, al massimo qualche indispensabile parola per dire all’autista di andare all’aeroporto.
Prenotai una cabina, chiesi una delle migliori, ma non mi informai né del nome della nave né dell’itinerario del viaggio.
Partenza da Bergen e ritorno nella stessa città.
L’unica cosa che sapevo e che non c’erano voli diretti, dovevo fare scalo a Oslo. All’arrivo a Bergen avrei trovato un’automobile che mi avrebbe accompagnato direttamente al porto. Imbarco immediato, partenza per la crociera poco dopo.
Il giorno dopo mi furono consegnati a casa i documenti per il viaggio, e il voucher per l’Hotel, a Bergen, dove intendevo trascorrere un paio di giorni dopo lo sbarco.
Dai biglietti, dal voucher e dal depliant seppi che avevo avuto la cabina 815, e l’Hotel era il Radisson Sas Royal, vicino al porto, poco distante dal famoso mercato del pesce.
Non ero mai stato a Bergen.
Contavo, per dodici giorni, di isolarmi da tutto e da tutti.
E finalmente giunse il momento in cui, nel tardo pomeriggio, mi imbarcai sulla nave da crociera comandata dal Cpt Lars Asker, come diceva il benvenuto, in norvegese e inglese, che ci accoglieva all’arrivo, sul cartellone in cima alla scaletta d’accesso. Gentilissima la Hostess che mi accompagnò al desk, ed anche quella che mi condusse nella mia cabina, dove già era giunto il mio bagaglio.
‘Cena fra un ora, signore.’
Mi disse in inglese, la hostess, ma sorrisi solo, senza parlare. Io mastico un po’ di inglese ma non volevo farlo sapere. Avrei sostenuto di conoscere solo l’italiano.
Mi cambiai e mi avviai verso la Sala da pranzo. Il Maitre mi condusse al tavolo, dove erano altre tre persone, un robusto signore, una signora non meno corpulenta, e una ragazza sui venti anni, evidentemente la figlia, un misto tra padre e madre.
L’uomo si alzò, borbottò qualcosa, che doveva essere la presentazione, indicò la moglie, Greta, che mi sorrise, e la figlia, Hilde, che imitò la madre.
Io chinai il capo verso le donne, strinsi la poderosa mano che mi aveva teso, e dissi che ero Piero Marini, da Roma, aggiungendo che ‘Ich spreche keinem Deutsch’, sperando che fosse la frase giusta. Scossi il capo quando mi chiese se conoscessi l’inglese, e azzardai ‘Nein, nein, italienisches Einzige’. Sedetti.
Cena abbastanza raffinata, accompagnata da occhiate e sorrisi coi miei commensali. Da molti ‘gut’gut’ di lui e dai miei ‘ja’ja’.
Un saluto alla fine e me ne andai al bar, presi un drink e mi avviai verso il belvedere, mentre la nave seguitava a navigare, nella penombra, lungo lo spettacolare fiordo.
Vista da dietro, il personale era grazioso, attraente nella sua lineare eleganza. Non molto alta, con capelli biondi a coda di cavallo, gambe snelle e ben modellate, e fianchi deliziosi. Anche lei guardava il mare. Le ero accanto, un segno di saluto, con la testa. Mi disse qualcosa in norvegese, e con l’espressione del volto le dissi che non capivo. Provò in inglese, dicendomi che era Britt. Mi chinai e risposi che ero Piero.
Non era giovanissima, ma non riuscivo a determinarne l’età. Un volto molto bello, che non recava traccia di trucco. Occhi splendidi celeste chiaro. E per quello che si poteva comprendere dal vestito sportivo doveva avere due tettine, non grosse, che se non era merito del reggiseno erano alte e procaci. Chissà. Aveva certamente qualche anno più di me, ma possedeva qualcosa di particolare, come un magnetismo che attraeva, e soprattutto eccitava.
Non era quello il programma della mia crociera.
Avevo in mente ‘riposo” ‘riposo’, in tutti i sensi. E mi seccava, in un certo senso, sentire che ‘lui’ non ancora aveva accettato il mio proposito.
La donna mi chiese, in inglese, se conoscessi la Norvegia, con chi ero a bordo.
Le risposi, non fluentemente, per non iniziare una conversazione, in ossequio al mio voto di silenzio. Le dissi che era la prima volta che vedevo Bergen, e che ero solo.
‘Strano, di solito in crociera si preferisce non essere soli, salvo che”
‘Non &egrave questa la ragione del mio viaggio. Ho bisogno di riposo.’
‘Ed io la stanco con le mie chiacchiere?’
‘Certamente no.’
‘Grazie, &egrave molto gentile. Ora devo andare, ma certamente ci rincontreremo.’
Mi chinai per salutarla.
Presi un altro drink, poi scesi a girare sul ponte dove era la reception e l’information desk, finché decisi di andare a dormire, anche in considerazione che, tutto sommato, avevo avuto una giornata abbastanza movimentata.
Erano le ventitr&egrave.
Dopo mezz’ora, favorito dal lento movimento della nave, e come se il sordo rumore dei motori fosse una ninnananna, mi addormentai.
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Mi sono svegliato abbastanza presto, riposato, rilassato.
Telefonai al n.9, ‘cabin service’. Chiesi un ‘espresso’, insistendo sulla voce, ‘espresso’, e aggiungendo ‘all’italiana’. In quel caso usai il mio migliore inglese.
La cabina era spaziosa, con un balconcino, e un angolo dov’era un tavolino, due poltrone, il necessario per scrivere, la pubblicazione dove erano descritti i servizi a disposizione dei passeggeri, e si precisava che nell’armadietto del bagno c’era l’accappatoio o i teli a spugna per chi desiderava fare la sauna.
Sauna ottima idea.
Portarono il caffé, si vede che la raccomandazione era servita, perché era abbastanza simile a un buon ‘espresso’ italiano.
Sfogliai il depliant dei servizi.
La sauna era al ponte ‘H’, si consigliava di prendere uno yogurt, un croissant, un the caldo, insomma, qualcosa prima di entrare nella sauna, e di passare prima per la doccia antistante la sauna stessa. Insomma, raccomandazioni ed elenco delle controindicazioni. Io potevo farla, non ero cardiopatico, non avevo problemi di pressione arteriosa e, soprattutto, non ero’ incinto! Indossai l’accappatoio, misi i sandali, presi anche il telo di spugna e mi avviai.
Osservato scrupolosamente il rituale, eccomi nella sauna.
Per noi, italiani, non &egrave consuetudine fare la sauna, ma quella era una nave norvegese, dove la sauna &egrave di tutti i giorni e per tutti. Infatti, c’era gente, e la mia angusta mentalità mediterranea non mi evitò di rilevare la semplice naturalezza di chi era intento a ‘saunare’, quasi sempre in completa libertà da indumenti di qualsiasi genere. Mi detti un contegno disinvolto, avevo solo il telo intorno ai fianchi, lo stesso che quasi tutti avevano, però sotto il sedere. Andai in un angolo, sedetti, dischiusi appena il telo. Mi guardai intorno. Ero un po’ confuso, non lo nego. Con quella spettacolosa rassegna di corpi, dei quali molti ben fatti e attraenti. Parlo di quelli femminili, logicamente.
Avevo lo sguardo basso, partivo dalle punte dei piedi’ ecco’ quelli della mia vicina erano non molto piccoli ma ben curati. Le gambe, snelle, dorate, le cosce ancor meglio delle gambe. Erano accavallate e’ nascondevano tutto’ poi il ventre piatto, l’ombelico, due tette non grosse e piacevolissime e il volto’ Il volto era quello di Britt. L’unica cosa che indicava, anche se non completamente, l’età di quello splendido e affascinante corpo. Britt aveva certo superato i cinquanta, ma a parte qualche ruga del viso era veramente statuaria. Le sorrisi, e mi ricambiò, allegramente con un ‘Hi, Piero!’. Mi sembrò notare che mi esaminasse attentamente e dalla sua espressione non traspariva giudizio sfavorevole. Ora che sapevo che quel corpo era suo, tornai ad osservarlo, accuratamente. A mio parere era il corpo di una donna più giovane di Britt di almeno venti anni. Non una ruga, una smagliatura. Non riuscii ad allontanare dalla mia mente alcune’considerazioni’ ed aggiustai il lenzuolino che mi copriva il pube.
Mi ero proposto un periodo di riposo totale, e ciò comprendeva anche l’attività sessuale, ma non tenevo conto degli impulsi naturali. Britt mi ricordava chiaramente, con i suoi ‘argomenti’ che, a ben pensarci, &egrave soprattutto il sesso ad essere il riposo del guerriero. E il mio ‘guerriero’ era perfettamente d’accordo.
Benissimo. Ma chi era Britt? Con chi era? E non era presunzione, la mia, a pensare che il ‘suo’ riposo dipendesse solo da me?
Ci scambiammo poche parole. Parlammo della sauna, della scarsa diffusione in Italia, dei costumi, del naturismo, e Britt trovò il modo di chiedermi se preferissi la donna nordica o quella mediterranea.
Cercai di dribblare. Le risposi che la femmina &egrave quanto di più bello esiste in natura, e che il suo fascino non conosce latitudine, razza, colore’ Conclusi che’ certo’ però’ l’elegante fascino delle donne scandinave’
Mi gratificò d’un sorriso seducente e,quel che più conta, cambiò posizione alle gambe, facendo intravedere il biondo del suo pube. Erano peli serici e corti, non molto folti. Ma la mia curiosità, o meglio il mio interesse, andava ben oltre.
Fu lei a lasciare per prima la sauna, trascinando il suo accappatoio, senza indossarlo, e mi offrì l’incantevole visione delle sue spalle, del dorso, e di un delizioso fondo schiena, tondo e muscoloso che si muoveva provocante nell’allontanarsi.
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Al lunch, notai che Britt era seduta alla tavola del comandante, al suo fianco. Chiesi al cameriere se conoscesse quella signora.
‘Certo’ ‘mi ripose- ‘&egrave Mistress Asker, la moglie del capitano, del nostro comandante. Io credo’ ‘aggiunse- ‘che sia lei the real commander, il vero comandante..’ -sorrise ammiccando- ‘do you get Sir?’ Si, avevo capito.
La notizia ebbe un duplice effetto.
Non sarebbe stato facile abbordarla, ma l’idea di scoparmi la moglie del comandante mi eccitava da morire.
Come al solito, venni assalito da uno di quelli che io chiamo rigurgiti goliardici.
Britt intenta a mantener’la rotta! Stupido gioco di parole: la nave, la rotta’ La nave simbolo del sesso femminile’
Dopo pranzo andai al bar, Britt era li, col marito. Mi sorrise, fece cenno di avvicinarmi a loro e ci presentò.
‘Lars Asker, Piero Marini, mio marito, un amico italiano. Posso chiamarla così, vero?’
Lars, compitissimo, mi strinse la mano, si disse lieto di avermi a bordo e di conoscermi, si dichiarò ammiratore dell’Italia, e chiese scusa, ma lo attendevano in plancia, up to the bridge.
Britt ed io andammo a sedere a un tavolo, verso il belvedere.
Conversazione senza argomenti profondi, il tempo, la crociera, un po’ di noi. Loro erano senza figli, abitavano ad Oslo, ogni tanto lei accompagnava il marito in crociera, erano sposati da diversi anni. Io avevo poco da dire, ma sottolineai di essere ‘single’. Aggiunse che non aveva mai avuto occasione di conversare con italiano.
Quando ci lasciammo le baciai galantemente la mano. La baciai veramente, non il solito inchino di maniera, e trattenni a lungo le mie labbra sulla sua mano. Dal suo sorriso non mi sembrò che le dispiacesse.
La sera danzammo, musica bellissima, improntata al sentimentalismo nordico, dolce e struggente. Musica che coinvolgeva, che nella sua soavità induceva a un misto tra il romantico e il sensuale. Mentre Britt era tra le mie braccia, e stretta a me, sentivo che c’era uno stretto collegamento, una affinità tra quella musica e la donna. Il vibrare delle corde del violino, il vibrare del suo corpo aderente al mio. Tornammo al nostro tavolo, in silenzio, cominciarono le note di Sibelius, Valzer Triste. Britt allungò la sua mano, e la pose sulla mia.
Mi sentivo fortemente attratto da lei, e in quei giorni di crociera ebbi la sensazione, anzi il convincimento, che non le fossi indifferente. I nostri balli erano sempre più sensuali. Affacciarsi ad ammirare il mare era occasione per stare vicini. Ormai la mia mano era intorno alla sua vita, in quelle occasioni, e nel ritirarla indugiava in lunghe carezze. La sua mano spesso cercava la mia’
M’ero preso una cotta per una ultracinquantenne. O era solo un capriccio?
Ritorno a Bergen. Saluto al Comandante, alla sua meravigliosa (per me) moglie. E negli occhi ognuno lesse lo struggimento dell’altro.
Taxi per il Radisson Sas Royal, in camera’
Pensai che l’unica cosa per’ sbollire era ‘farsi’ una di quelle poderose e procaci stangone che giravano in mini e crestina sulle trecce bionde.
A cena avrei provveduto alla preonotazione.
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Mi ero informato per telefono, presso il portiere, se si poteva accedere alla Dining Room vestiti casual. Per fortuna mi hanno detto di sì, così sono sceso in pantaloni e polo. La temperatura interna dell’albergo &egrave perfettamente regolata. Si sta benissimo.
Il maitre mi conduce in un tavolo d’angolo, da dove si domina su tutta la sala. Non c’&egrave ancora molta gente (o sono in ritardo?).
Mi guardo intorno, lentamente’ sulla porta d’ingresso appare Britt, più affascinante che mai, capelli sulle spalle, elegante abito nocciola, di quelli a portafoglio, una pochette di colore più scuro. Mi alzo istintivamente, di scatto. Mi vede, resta sorpresa, mi sorride, le vado incontro.
‘Buona sera Britt, non credo ai miei occhi. E’ lei?’
‘Buona sera, Piero, non immaginavo che si fermasse a Bergen.’
‘Si, qualche giorno. Ma lei’ la crociera?’
‘La nave &egrave già ripartita, ed io pernotto qui prima di tornare ad Oslo. Faccio sempre più o meno così.’
‘Venga, la prego.’
Andammo al mio tavolo, sedette, il maitre fece subito preparare l’altro posto.
Ero veramente senza parole.
‘Piero, crede nel destino?’
‘Sicuro.’
‘Anche io, e non mi oppongo. Lo accetto, perché significa che così deve essere.’
Non ricordo cosa mangiai, quella sera. Ero troppo intento a guardare Britt. Ed anche lei mangiava distrattamente. Il suo volto sembrava emanare una luce particolare. Le piccole rughe intorno agli occhi l’abbellivano.
‘Attrazione irresistibile’. Non c’era altra definizione. Magnetismo invincibile. Ad un tratto le nostre mani si cercarono, sul tavolo, si carezzarono. Quasi senza accorgercene.
Volli, ad ogni costo, brindare con una coppa di champagne.
Uscimmo nella hall, gironzolammo un po’. Non volle andare al bar a prendere qualcosa.
‘Preferisco andare nella mia camera, Piero.’
L’accompagnai all’ascensore. Quando la cabina arrivò, stavo per salutarla.
Mi guardò, quasi meravigliata.
‘Non vieni?’
Entrai con lei, in silenzio, e in silenzio giungemmo alla sua camera. Aprì la porta, entrò. La seguii. Chiuse la porta.
Come accadde? Chi prese l’iniziativa? Non lo ricordo.
Eravamo avvinti, stretti, in un bacio che fu subito appassionato e sensuale e poi si mutò in un dolce cercarci, con le labbra, come ad assaporare la pelle.
Un profumo voluttuoso.
Le mani le avevano abbrancato le natiche e l’avevo stretta a me.
Si allontanò un po’, sorridendo.
Senza parlare, cominciò a sbottonare il vestito, sotto indossava solo delle minuscole mutandine.
Mi fece un cenno, col capo, come per dirmi che stavo attardandomi. Infatti ero rimasto immobile, ma non ci volle molto ed entrambi rimanemmo come nella Sauna. Era veramente splendida.
Mi prese per mano. Raggiungemmo il letto, si sdraiò sulla sponda, con le gambe fuori. Mi inginocchiai e presi a baciarla lì, sì lì, tra le gambe leggermente dischiuse, inebriandomi del sapore di muschio che la mia lingua andava raccogliendo. Alzai gli occhi, mi guardava quasi stupita, ma a mano a mano che io procedevo, sempre più in profondità, il suo grembo sussultava, le sue mani erano tra i miei capelli, e ad un tratto sobbalzò, stringendo forte la mia testa, con le cosce, e mugolò pronunciando suoni sconosciuti; forse parole.
Mi prese la testa tra le mani mi tirò su lei mentre, contemporaneamente, alzava le gambe, in alto, completamente divaricate. Mi chinai a baciarle il seno, i capezzoli, a succhiarli, avidamente. Britt era accesa in volto, con gli occhi lampeggianti’
Mormorò qualcosa che non compresi, forse quello che ripeté in inglese.
‘Don’t dawdle, please, Piero, I’m dying”
Non gingillarti, sto morendo.
Avvicinai il mio fallo all’entrata della sua vagina, contornata da sottili fili d’oro, e mi venne incontro col bacino, impaziente. La penetrai lentamente. Si apriva all’ingresso del mio sesso e si richiudeva su di lui.
Compresi subito che le piacevano lunghe e non precipitose stantuffate. Quasi tutto fuori e poi, non frettolosamente, dentro. Fin dove si poteva.
Le sue gambe rimanevano spalancate, verso il soffitto. Aveva posto le sue mani sotto il bacino. Si muoveva voluttuosamente. Aveva chiusi gli occhi, e le nari fremevano, era eccitante, conturbante. Le labbra semiaperte tremavano. Il tremore si diffuse, specie nel suo grembo, sembrava percorsa da una scarica elettrica. Gemeva qualcosa, sempre più forte. Ad un tratto abbassò le gambe, le pose sui miei fianchi, le incrociò sulla schiena, e il bacino sussultava, sempre con maggior impeto, fino a un lungo, roco urlo, e a una stretta fortissima delle gambe. Proprio in quel momento il mio seme dilagò in lei, e sentii che andava lentamente rilassandosi.
Mi tese le mani. Mi riversai su di lei. Ci baciammo bramosamente.
La mia mente, intanto, registrava: ‘una scopata indimenticabile’.
Forse aveva venti anni più di me, ma scopava in modo divino. E godeva senza inibizioni, chiedendo e donando tutto. Meravigliosamente.
‘Non avrei mai immaginato che potesse essere così, Piero. Ora comprendo tante cose’ quei tuoi baci, lì, poi, fanno perdere la testa.’
Sentii che rabbrividiva, e la sua vagina si contrasse intorno al mio fallo non del tutto domo.
Le detti tanti bacetti, sugli occhi, sulle labbra’ la carezzai. E lei lasciava fare, muovendosi appena, come una gattina che fa le fusa. Si mosse. Sgusciai da lei.
‘Scusa un momento.’
Si alzò, andò nel bagno.
Io ripensavo all’accaduto e stavo nuovamente eccitandomi.
Britt ricomparve poco dopo, col viso luminoso, e con un’aria di sbarazzina.
Andò dietro al balcone, volgendomi lo splendore della sua schiena, delle sue natiche. C’era un tavolino, a fianco. Si poggiò su di esso, sempre volgendomi il dorso, e allargò leggermente le gambe.
La visione era incantevole. Un sedere meraviglioso, e l’incanto del suo sesso rosa, vellutato. Certamente era andata al bagno a rassettarsi.
Il ‘mio’ che già era arzillo per conto suo, non aspettava altro.
Mi alzai, andai dietro lei, le carezzai le natiche. Ancheggiò significativamente.
Dilatai appena le natiche. Vedevo le piccole labbra che sembravano fremere. Una lieve carezza. Si, fremevano. Ed ora vi poggiai la punta del sesso, ed entrai lentamente. Fino in fondo. L’afferrai per i fianchi e cominciai a spingere e ritirarmi. Ma questa volta feci un po’ a modo mio. Aumentai sempre più il ritmo. Sentivo lo scroto sbattere su lei. Intensificai ancora il ritmo, e lei lo accompagnava.
Sempre parole per me incomprensibili. Poi’
‘Oh, yes’ yes.. I never tried such a speed ‘ it is marvelous’ I’m coming’. coming’ go’. go” Si’ si’ non ho mai provato tale velocità, &egrave meraviglioso, vengo, vengo, dai, dai.
E raggiungemmo insieme un piacere più intenso e travolgente del precedente.
Dormimmo un poco, poi fu lei a svegliarsi per prima e che mi destò con lunghe leggere carezze, con la sua lingua che cercava di aprire le mie labbra.
Ero supino, e lei si pose a cavallo a me. Portò il petto all’altezza della mia bocca, le afferrai un capezzolo, con le labbra e presi a succhiarlo, sempre più voracemente. Si agitava, con la mano afferrò il mio ‘coso’ e vi si infilò quasi con prepotenza, iniziando una danza che mi fece presto unire il mio piacere a suo. Raggiungemmo insieme il massimo, e questa volta furono le mie gambe a incrociarsi sulla sua schiena, a stringerla a me, sentendo il frenetico pulsare del suo grembo.
Mi sentivo anche un po’ romantico.
‘Britt, sei infinita, come il mare”
Frase un po’ melensa, lo so, ma non riuscivo a spiegarmi meglio, volevo dire che il piacere che mi dava era infinito.
‘E tu, Piero, hai le giusta chiglia per fendere questo mare’ again, please’ ancora”
Come resistere all’ordine della ‘Comandante’?
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