Skip to main content
OrgiaRacconti Erotici Etero

La Incredibile e Triste Storia Della Candida Michela

By 13 Giugno 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Si avvicinava la stagione calda e Michela cercava un abitino per una festa che la sua amica Lulù stava organizzando per il suo compleanno a giugno. La festa si sarebbe tenuta di sera, nella casa di campagna della famiglia di Lulù, e occorreva un abito per non sfigurare. Aveva in mente qualcosa, ma poi, si sa, bisogna fare i conti con il portafogli. L’abito per Marco, il ragazzo di Michela, sarebbe stato più facile. Per gli uomini l’abito non è mai un problema. Quel pomeriggio Michela stava andando in un negozio in centro di proprietà di una amica di sua madre. Un grande negozio di moda, su due piani, uno per l’uomo e l’altro per la donna, dove Michela sperava di trovare le prime novità e, magari, avrebbe potuto dare una occhiata anche per Marco.

 

L’amica di sua madre, che sapeva del suo arrivo, l’accolse con entusiasmo perché era la figlia della sua amica e perché Michela era una gran bella ragazza. Si, certo, Michela era un po’ timida e riservata, non sentiva il bisogno di valorizzare la sua bellezza, di mettere in risalto le sue qualità fisiche per non attirare mosconi e depravati. Ma, si sa, la bellezza, quando c’è, viene sempre a galla e Michela se non suscitava gli sguardi morbosi per strada, era sempre presente tra chi sapeva immaginare cosa ci fosse sotto le gonne lunghe e gli ampi maglioni.

 

“Ho una festa a giugno, una serata e mi piacerebbe fare bella figura fra le mie amiche”

 

“Ma certo, Michela cara, troveremo certamente qualcosa per te. Andiamo in magazzino perché ho delle cose davvero splendide appena arrivate e sto solo aspettando la prima bella giornata per metterle in vetrina, quando le belle ragazze come te usciranno a frotte per rifornirsi di bella roba. Hai il privilegio di scegliere per prima!”

 

Michela seguì la signora nel retro del negozio, in un antro enorme che fungeva da magazzino.  Il luogo era pieno di scaffali ed armadi, scatoloni e specchi. Qua e là c’era una poltrona e, al centro, un tappeto rosso lungo e stretto, che finiva contro uno specchio enorme ad altezza uomo. “Qui in magazzino,  le ditte mi presentano i nuovi modelli da uomo e da donna. Tu hai le misure di una taglia classica. Con te non c’è bisogno di stringere qua ed allargare là. Sono certa che gli abiti come escono dalla scatola potresti indossarli ed uscire direttamente in strada. Prova questo vestito. È la tua taglia. Il camerino è dietro quello scatolone.”

 

Michela andò in camerino e indossò il vestito e, quando venne fuori, la signora l’aiutò a sistemarlo e poi la invitò a sfilare sul tappeto rosso. “Sei stupenda e questo vestito in contrasto con la tua aria un po’ da teenager, ti dona una nota di aggressività. Prova quest’altro!” Michela cominciò a provarne uno dopo l’altro e per ognuno ripetè la sfilata, osservandosi con occhi critici nel grande specchio in fondo al tappeto.

 

“Questo modello è perfetto per te. È da sera senza essere troppo impegnativo, si addice ai tuoi vent’anni. Addosso, però, hai mutandine e reggiseno che non sono adatti e si notano sotto il vestito. Prova ad indossare questo tanga e questo reggiseno. Ci vogliono anche scarpe adatte, metti anche questo decolletè, tacco 12”

 

Senza tornare nel camerino, senza togliere il vestito, Michela sfilò le mutandine ed infilò il tanga. Prima di cambiare il reggiseno, la signora volle metterle un po’ di trucco sul viso. Le colorò le guance, le ripassò il contorno occhi, un po’ di cipria, le pettinò i capelli. Michela cambiò il reggiseno e proprio quando ebbe finito, si affacciò nel magazzino Giorgio, il marito della signora. Michela divenne rossa dalla vergogna, ma il marito non si accorse di nulla.

 

“Hanno chiamato da casa, stanno consegnando la nuova lavatrice. Ti aspettano per sapere dove metterla, in che posizione.” Disse Giorgio e andò via di filato. Giorgio un tipo interessante. Michela l’aveva conosciuto tempo prima quando, con sua madre, erano entrate nel negozio. Un tipo che conquista la simpatia femminile, che dice sempre la cosa giusta.

 

 “Oh, porca miseria. Le cose succedono sempre così, improvvise. – esplose la signora guardano in alto – Bastava che avessero chiamato un po’ prima……”. Poi rivolta a Michela: “Ti dispiace se ti lascio qui sola? Fa come se fossi a casa tua. Prova tutto quello che vuoi e scegli quello che ti piace. Poi mi metterò io d’accordo con tua madre. Quello che scegli puoi portarlo via subito, il resto non c’è bisogno che lo metti a posto. Ci penserò io domattina”

 

A nulla valsero i tentativi di Michela di sottrarsi e andar via. La signora insistette troppo e Michela rimase sola. Cominciò a provare gli abiti, le maglie, le camice, le scarpe, l’intimo….tutto quello che le saltava in mente e per ogni capo si concedeva una passeggiata civettuola sul red carpet, verso lo specchio che le rimandava la sua immagine da gran figa. Era tutta presa dalle prove e non si accorse che era entrato Giorgio, rimasto incantato a guardarla.

 

“Ti sta divinamente. Sei meravigliosa. Una bellezza acqua e sapone: semplice ma sensuale; le cose giuste messe in giusto risalto evitando ogni volgarità ed esibizione.” disse Giorgio

 

Michela quasi si spaventò e si vergognò per essere stata scoperta mentre si pavoneggiava allo specchio.  Giorgio le si avvicinò, con un sorriso stampato sulle labbra.  Le tirò un po’ la stoffa del vestito sui fianchi, le aggiustò la spallina e disse: “Magnifico. Potresti prendere il posto delle modelle che vengono a presentare i campionari. Anche queste scarpe sono perfette ed il tacco 12 ti alza il sedere facendolo risaltare maggiormente” Giorgio accarezzò il sedere di Michela come per tirare ancora la stoffa e sentì sotto le sue dita un carne soda e pulsante. Michela avrebbe voluto sottrarsi, ma per vergogna non lo fece.

 

Giorgio prese un altro abito e le disse: “Fammi vedere come ti sta questo…..” e le porse un vestitino leggero, primaverile, un po’ corto di gamba e con una generosa scollatura. Michela decise di accontentarlo e si avviò verso il camerino, ma Giorgio la fermò: “Dove vai? Andiamo, Michela! Siamo nel duemila, cambiati qui. Così posso aiutarti a sistemarlo bene.”

 

Michela esitò, poi, di nuovo, per non fare la figura della bambina cominciò a spogliarsi.

 

“Qui ci vogliono delle calze…..velate …….grigio scuro ……autoreggenti….. Aspetta. Te ne  prendo un paio. “ disse Giorgio e filò a prendere le calze. Tornò rapido e trovò Michela in tanga e reggiseno. Le allungò le calze che Michela indossò svelta. Era veramente bella! Michela si guardò nello specchio e si trovò molto diversa, una bellezza piena e consapevole, una donna da sogno.

 

Non si accorse che Giorgio le si era avvicinato e cominciava ad aggiustarle le calze. “Poca esperienza con le autoreggenti, eh?”. Giorgio con le mani afferrava le cosce di Michela e agitandole cercava di rimettere diritte le calze. Salì con le mani fino ad arrivare a sfiorare la sua figa, provocandole un leggero sussulto e un lieve rossore sul volto.

 

Giorgio la guardò e sorrise. “Sei sensibile? Forse è il lembo del tanga che ti dà noia. Te lo sistemo subito.” Così dicendo infilò le dita sotto il tanga proprio sulle grandi labbra di Michela che cominciarono ad inumidirsi ed un brivido di piacere le salì dalla passerina fino al cervello.

 

“Ohh, si, si, sei proprio molto sensibile – disse Giorgio che si era accorto di quel brivido – vediamo…… vediamo. Che sapore ha?” e velocissimo avvicinò la sua lingua alla passerina di Michela.

 

“No, no, la prego signor Giorgio. Mi lasci stare…..” implorò Michela. Ma era tropo tardi. Giorgio aveva già scostato il tanga, divaricato le grandi labbra ed aveva cominciato con la lingua a titillarle il clitoride. Sembrava sapere quali pulsanti premere, con una scioccante sensibilità ed infinita pazienza nel saper attendere e rispettare i tempi.

 

“No, no, no … la prego …. no, no … mi lasci!!” continuò Michela che, in quella situazione, si sentiva un po’ puttana. Non si stava dimostrando degna della fiducia che le aveva accordato la signora. Si sentiva una puttana, ma era terribilmente attratta da quella lingua e da quel massaggio vigoroso sulla sua passerina. Fu tutto inutile. Tra gemiti di piacere e interruzioni del respiro e del battito cardiaco, Giorgio continuava a leccare e a torturare. Michela si opponeva, a parole con forza, ma era combattuta se tenere la testa di Giorgio tra le mani e accarezzargli i capelli, oppure dargli una ginocchiata e fuggire via, in mutande e reggiseno, ma fuggire da quel diavolo di uomo.

 

Giorgio la teneva per le chiappe, la stringeva a se in modo che non indietreggiasse quando spingeva con la lingua.  Michela, gemeva silenziosa ed il respiro seguiva il ritmo della attività della lingua, allargava le belle gambe affusolate per favorire la lingua di Giorgio e poi, pentita, le richideva. Se qualcuno avesse visto quella scena avrebbe pensato che erano amanti da lunga data, tale era il sincronismo tra lingua di lui e gemiti di lei, tale era la leggerezza e la naturalezza con cui lei gli accarezzava la testa e lui le torturava le chiappe facendole inarcare il corpo.

 

Poi Giorgio si alzò in piedi e rapido come un fulmine, prendendola per i fianchi la fece girare su se stessa. Michela si trovò girata con la faccia contro il muro, il tanga abbassato fino a metà coscia e due dita di Giorgio che si insinuavano a fondo dentro il suo sesso, facendola colare caldi e dolci umori vaginali. Michela aveva il corpo inarcato ed il bacino spinto indietro per favorire la penetrazione.  Giorgio estrasse le dita fuori da lei e le passò sotto il naso, degustando l’odore del suo sesso. Le sue dita erano coperte dagli umori della ragazza, profumati e collosi, filavano come una ragnatela.

 

Michela, pervasa da un forte ed intenso desiderio sessuale mai provato prima, tese i muscoli delle gambe e dei glutei. Lui estrasse il suo pene dai pantaloni mentre portava le dita coperte di umori davanti alla bocca di lei. Come un automa, divorata dal desiderio, lei apre la bocca con un silenzioso grido di vergogna e di piacere. Michela succhiò le dita di lui, ma faceva fatica a capire cosa stesse succedendo. Non era mai stata scopata così. Sentiva il suo cuore salire in gola e il respiro quasi si fermava.

 

Giorgio, tenendola per i fianchi la guidava, la fece piegare in avanti ad assumere la posizione a pecorina. Il suo pene era molto più duro di quanto lo fosse mai stato e la penetrò. Un grido strozzato uscì dalle labbra di Michela. Giorgio, in piedi, teneva Michela per i fianchi e le assestava poderosi colpi. Il ritmo delle spinte aumentava e con esso anche l’affannoso respiro di Michela. Giorgio infilò le dita sotto il reggiseno a stringere le dita attorno ai  capezzoli. Le schiacciava e le strofinava i seni, li strusciava a fondo procurandole un dolore pungente ed un piacere violento, fino a quando le strappò un grido prolungato e lancinante. E intanto spingeva Giorgio, più a lungo e con maggiore forza, amplificando i segnali nervosi sessuali e preparandola per un gigantesco orgasmo. Gridava il suo piacere Michela, per la prima volta stava provando un orgasmo vero e profondo e si lasciò andare in un profondo e inaspettato: “Siiiiii, si, si Giorgio, si, si non ti fermare, forza, forzaaaa!”. 

 

L’orgasmo colse Michela come uno tsunami, come un tornado inaspettato e sconosciuto che tutto spazza via e modifica la realtà intorno rendendola irriconoscibile.  In pochi minuti, quella scopata animalesca il suo epilogo. Giorgio riempì la figa di Michela del suo seme e Michela si sentì incendiare la vagina ed ebbe un supplemento di orgasmo.

 

Passarono pochi secondi, forse un minuto, durante il quale entrambi ripresero fiato, poi lui le chiese di ripulirgli l’uccello con la lingua, ma lei si rifiutò: “Non ce la faccio a prenderlo in bocca, perdonami, mi fa un po’ schifo. In vita mia non ho mai assaggiato nemmeno una goccia di sperma.” 

 

Giorgio le sorrise, le portò una mano sul volto come per accarezzarla. Invece le mise delicatamente la mano intorno al collo el’afferrò saldamente. “Non era una richiesta! Non devi farlo per piacer tuo!” e con la mano cominciò a tirare Michela verso di se e verso il suo uccello.

 

Michela e improvvisamente si trovò davanti alla bocca il cazzo di Giorgio, sacappllato, ancora un po’ duro, pieno di sperma attorno. Era la prima volta che Michela vedeva un cazzo in piena luce a quella distanza; era impacciata, piuttosto in imbarazzo e provava vergogna, sì vergogna! Si chiese: “Adesso cosa devo fare?”, poi al pensiero che Giorgio la stava guardando, arrendevole si tuffò con le labbra sulla cappella tirandola per intero dentro la bocca, poi con la lingua strofinò ogni parte del pene, ogni angolo, ogni piega. E inghiottì tutto. Provò vergogna per quello che aveva fatto, ma si accorse che ciò che si era sempre rifiutata di fare al suo ragazzo era semplicemente adorabile. Ora aveva apprezzato moltissimo il sapore dello sperma di Giorgio…e la situazione…e sentire quanto gli era piaciuta prima la scopata e poi la bocca e la lingua e  ancor di più l’eccitata pensare a quanto aveva goduto Giorgio.

 

Ora si sentiva una vera puttana!

 

Improvvisamente si sentì la voce di Andrea che salutava. “Giorgio, siamo qui. Dove sei?” Andrea era il fotografo che doveva realizzare un servizio fotografico pubblicitario per il negozio di Giorgio, ma era anche un amico intimo della mamma di Michela. Con lui c’erano due modelli di colore dal fisico perfetto e un assistente. Michela fece appena in tempo ad infilare il vestito. Anche Giorgio si ricompose in fretta e rispose: “Ah, bene sei arrivato! Ho pensato che sarebbe meglio aggiungere una modella ai due uomini”.

 

“Ciao Michela, non sapevo che facessi la modella. Anzi ricordo di avertelo chiesto ma non hai voluto. Sono felice che tu abbia cambiato idea.” rispose Andrea

 

“Hai ragione! – rispose Michela – ho cambiato idea.” Ed abbassò gli occhi, come si conviene a chi ha qualcosa di sporco da nascondere.

 

Rapidamente Andrea e l’assistente montarono il set fotografico, mentre Giorgio ed il commesso, che nel frattempo aveva chiuso il negozio, scelsero tutti vestiti da fotografare.

 

“Facciamo un centinaio di foto e poi, Giorgio, sceglierai quelle che ti piacciono di più” disse Andrea.

 

Michela era convinta di non riuscire a raggiungere l’orgasmo perché con Marco, il suo ragazzo, il piacere non arriva mai al culmine. Con Marco l’amore lo faceva al buio e in silenzio ed invece lei aveva voglia di vederlo, muscoloso ed eccitato, aveva voglia di sentirlo gemere. No, non era frigida o disinteressata al sesso, semplicemente Michela provava gli orgasmi quando era da sola, quando fantasticava le situazioni più intriganti. Ma non quando era con Marco. Forse Marco era il ragazzo sbagliato, che le procurava il blocco che le impediva di lasciarsi andare. Marco era pieno di tabù ed ogni desiderio di Michela era, per lui, una perversione insostenibile.  E così, sempre più raramente Michela gli comunicava i suoi desideri più intimi, perché rischiava di scandalizzarlo e perdere quel po’ di piacere che le dava. Michela viveva di fantasie erotiche non appagate.

 

Ascoltando i racconti delle sue amiche, Michela si era poi convinta che per capire se fosse un blocco psicologico non le sarebbe bastato un solo partner. Volente o nolente, doveva provarne altri.

 

Per questa ragione si era arresa alle pressioni di Giorgio ed ora, con le idee più chiare, aveva capito che il suo appetito sessuale era assolutamente normale e il lungo digiuno andava colmato. Si era fatta scopare da Giorgio che era stato come l’interruttore e ora doveva consumare. Per questo si era fatta convincere da Andrea a quella pazza sfilata di moda.

 

Avevano cominciato, uno alla volta, a sfilare lei e i due modelli di colore Abuma e Ghjori. Lo spazio non era tanto, la passerella era stata ricavata tra gli scatoloni e dietro un separè, in un anfratto, c’era il camerino dei tre modelli. Andrea chiama quando era il momento del cambio del modello. Era al secondo o terzo abito quando si infilò nel camerino per cambiarsi. Sfilò la gonna, sfilò la camicia e rimase in mutande e reggiseno, quando le cadde l’occhio su Ghjori che, ad un metro da lei, completamente nudo cercava di infilare un paio di mutande. L’occhio di Michela cadde sull’uccello di Ghjori che, sebbene in stato di riposo, superava metà coscia. Ben altro rispetto all’uccello di Marco. Ghjori si accorse dello sguardo di Michela: “Non ne hai mai visto uno così? Non l’avevi mai visto così grande? vuoi provarlo? prendilo in mano!”

 

Michela come inebetita si avvicina e lo prende in mano. L’uccello immediatamente prende consistenza e diventa un pezzo di acciaio. “No, no – farfugliò qualcosa Michela – stavo pensando alla cena di stasera “ mentì per vergogna.

 

“Vorresti cenare con questo salsicciotto? – rise Ghjori – Dì la verità, non ne hai mai visti così, non essere timida. Vuoi sentirne la consistenza?”

 

Mai Michela avrebbe preso per prima l’iniziativa, mai si sarebbe sognato di esprimere il suo desiderio sessuale. Ma quel pomeriggio le cose erano cambiate e Michela si fece coraggio: “Posso? Vorrei solo sentire la compattezza.”

 

“Accomodati – rispose Ghjori – fai tutte le prove che vuoi. è qui per questo!”

 

Michela si avvicinò al ragazzo e, guardandolo negli occhi avvicinò la mano all’uccello e lo afferrò con decisione.

 

“Wow, una presa decisa “ 

 

Michela lo strinse tra le sue dita, mentre quel mostro cominciò a gonfiarsi così come Ghjori si eccitava.

 

“Uhmmm, è vero!davvero bello– disse Michela con un po’ di vergogna, mentre, quasi senza accorgersene aveva cominciato a segarlo – chissà quante soddisfazioni ti avrà dato e quante ne avrà dato alla tua ragazza.”

 

Ghjori non era insensibile e la sua eccitazione era diventata palese. L’uccello si era ormai prodotto in tutta la sua estensione e durezza e lui aveva cominciato ad ondeggiare con il bacino. Michela, che provava un po’ di vergogna ma era decisa a non mollare, lo guardava negli occhi quasi sfidandolo.

 

“Le soddisfazioni non solo alla mia ragazza. È una fontana alla quale chiunque può calmare la sete” rispose Ghjori.

 

Michela sentii l’istinto di provare a baciare e leccare quel bel coso: le piaceva stringerlo e segarlo mentre osservava il piacere nei suoi occhi.

 

“Devi metterlo dentro alla tua bocca, più in fondo possibile, come quando succhi un ghiacciolo – le disse Ghjori – sentirai un piacere sottile salire dalla passerina fino al cuore”

 

“Il fine giustifica i mezzi – si disse Michela. – Un uccello come questo non lo troverò mai più ed io vorrei capire se sono sessualmente normale. Ma ne vale la pena? Sei pronta ad arrampicarti sugli specchi? Se sei a questo punto, sei stai segando questo magnifica statua di ebano è perche sei alla ricerca della svolta finale, e lui è quello iniziale. Devo capire perché voglio spompinare questo magnifico cazzo e non come.  La voglia di trasgredire e di tradire il mio Marco? Voglia di sesso? Perchè voglio fare un pompino? Se credi che questo sia il tuo sport preferito, se non temi la macchina della verità e gli sguardi indagatori, accomodati e buona fortuna.

 

“È bellissimo! Posso prenderlo in bocca? “chiese Michela

 

“Inginocchiati e accomodati”

 

Michela si inginocchiò e cominciò a lambirlo con la lingua, poi voracemente lo infilò tutto in bocca e, come se non avesse fatto altro nella vita, cominciò un meraviglioso pompino. Ghjori le prese la testa fra le mani tirandola a se, in modo che quel cannone di carne, entro ancora parecchi centimetri. Per una ultima volta Michela pensò al cazzetto di marco, che aveva preso in più di tre anni aveva preso solo due volte e che a malapena le lambiva le tonsille.

 

Ghjori le teneva con le mani ferma la testa e ondeggiando con il bacino le scopava la bocca. Michela si sentiva penetrare da quell’enorme pene e sentiva la figa allagata dei suoi umori più profumati. Si teneva con le mani agganciata al sedere di Ghjori, ne saggiava i muscoli che le guizzavano sotto le dita. Poi, mentre continuava ad essere inebriata da quel cazzo enorme che le stava scopando la bocca, staccò una mano dal culo e la portò per prendere nel palmo delle mani i coglioni di Ghjori. Glieli strinse con delicatezza, mentre con l’indice gli praticava la stimolazione anale, strappandogli gridolini di piacere intenso.

 

A quel punto sentì la voce di Andrea, il regista della sfilata, gridare: “Vai a cambiarti Abuma. Entra in scena Ghjori”

 

Ma Ghjori non aveva nessuna intenzione di fermarsi per andare a sfilare. Invece Abuma che aveva finito l sua sfilata entrò nel camerino improvvisato e rimase di sasso. Ma non si fece intimidire.

 

“Ah, ve la state spassando tutti e due! Ma dove mangiano in due, mangiano anche in tre. Preparatevi, entro in campo io”.

 

Michela capì che la situazione, che era già andata oltre le sue aspettative, stava per perderla dalle mani. Con uno strattone riuscì a liberarsi dalla stretta di Ghjori, tirò indietro la testa e liberò la bocca: “No! Abuma, fermati, siamo andati oltre. Ci stanno aspettando per la sfilata.”

 

“Ma quale sfilata! – disse Ghjori – chi se ne frega della sfilata.  Ora devo finire di fotterti la bocca, devo riempirti di sperma….. andiamo!”

 

Lo stesso Abuma non era certo stato preso dai dubbi e, invece, si era avvicinato a Michela e le aveva afferrata per le cosce nel tentativo di rimetterla in piedi:  “Ohh! Un bocconcino che parla! Un bocconcino con un culo così che vuole fuggire. Vieni qui, monella, vedrai che ne rimarrai contenta anche tu. Anzi tu più contenta di noi. Vedrai, ora ti sfondo questo tenero sederino e dopo tutto ti sembrerà più bello!”

 

“No! No! No! – gridava la povera Michela – non voglio, lasciatemi stare. Ho paura!”

 

“Paura di cosa? Sei la nostra piccola ti proteggiamo noi.”

 

Ma era il rapporto anale che terrorizzava Michela. Paura del dolore, l’idea di non sentirsi rispettata, timori di tipo igienico la bloccavano nonostante il desiderio recondito.

 

“Ohhh Il sederino è off limit. Ma non preoccuparti, tu hai un signor culo e noi pure siamo dei veri signori. Presteremo attenzione allo sfintere anale perché non ne risenta. Ora lo ungiamo bene bene, così non avrai nessun problema – e così dicendo, dopo che con un braccio, grande come una gamba di Michela, aveva avvicinato il culo di Michela alla sua bocca, sputò con violenza sull’orifizio anale, e con l’altra mano spalmò con cura la saliva – oh, sì, vedrai che bella festa facciamo a questo bel sederino.”

 

Michela era in uno stato di grande eccitazione e capì che anche questo tabù era destinato a cadere quella sera.

 

Abuma con estrema delicatezza si avvicinò alle terga di Michela, posizionò il suo enorme uccello sul buchino ormai lubrificato e con una lentezza esasperante ma inarrestabile cominciò ad infilarlo nel culo di Michela.

 

Michela cercò di trattenersi dal gridare, non voleva attrarre lì attenzione degli altri e sentiva il cazzo di Abuma farsi strada centimetro dopo centimetro. Lo sentiva penetrare come un ladro nella note, silenzioso e guardingo mentre le sue carni si aprivano definitivamente all’intruso. Michela non era più vergine e quando sentì che le palle di Abuma oscillavano e colpivano le sue gambe disse: “Adesso fottimi, spaccami il culo, fammi sentire che uomo sei”

 

Di lì  poco, anche Ghjori si riebbe, le prese la testa fra le mani e le riempì di nuovo la bocca con il suo uccello mastodontico.

 

Ora Michela si sentiva una vera puttana, ma soprattutto era certa di saper godere!

 

I due mandingo cominciarono a pompare strappando a Michela i gemiti più forti, i piaceri più intensi, le emozioni più profonde, provando due tre, quattro orgasmi in sequenza rapida, come uno tsunami di proporzioni gigantesche. Poi, quasi all’unisono, i due mandingo le riempirono la bocca ed il culo di sperma bianco come il latte, profumato come il mirto e dolce come la melassa.

Leave a Reply