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La mia cagna

By 31 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Eravamo a casa sua, un piccolo appartamento condiviso con studenti dove Elisa trascorreva la settimana di lavoro prima di tornare a casa nostra il venerdì sera. In quel periodo era a casa da sola, i corsi e gli esami universitari erano finiti e i suoi compagni di appartamento se ne erano tornati a casa loro per le vacanze. Io ero andato a trovarla qualche giorno, mi ero preso ferie per poter passare un po’ di tempo insieme e svegliarmi alla mattina vedendo il suo splendido viso. Durante il giorno lei lavorava e io mi alzavo tardi, sistemavo un po’ la casa, andavo a spasso per la città per fare la spesa e ingannare il tempo in attesa del suo ritorno alla sera.Quando tornava le preparavo una cena veloce e poi ce ne stavamo in divano o sul letto seminudi a guardare la tv e raccontarci le nostre rispettive giornate.
Era bella l’attesa del suo ritorno, così come per lei era bello sapere che alla fine della giornata ci saremmo ritrovati e l’avrei fatta sentire importante.
Così anche quel giovedì, dopo aver pranzato con una tortilla e aver bevuto qualche bicchiere di vino, ci sistemammo sul divano, un piccolo divano un po’ sfondato su cui lei si adagiò appoggiando la testa sul bracciolo, indossando solo un perizoma. Io mi sedetti davanti a lei e cominciai a guardarla osservando le pieghe del suo cospo sinuoso che si snodava in modo innocentemente provocante, le cosce strette una all’altra e i piedi che mi sfioravano le gambe accarezzandole piano. Cominciai a mia volta ad accarezzarle i piedi e, come ogni volta, sentii un brivido di eccitazione scendere lungo la schiena: impazzivo sempre quando cominciavo a manipolarla, particolarmente i piedi che ho sempre trovato ben fatti e straordinariamente eccitanti. Il modo poi in cui lei me li offriva, mugolando piano per i miei massaggi, era segno che si stava abbandonando al mio tocco, che il suo corpo cominciava ad essere in mio possesso, a partire dalle appendici, preludio di un possesso totale che non avevo intenzione di allentare, né lei aveva intenzione di negare.
Stringere prima la pianta del piede per poi risalire alle dita fu l’inizio del godimento, la sentivo mia mentre massaggiavo piano l’appendice più remota del suo eros, sentivo che aveva iniziato a cedere e a desiderare di essere posseduta.

Possesso, la parola chiave che rappresenta l’origine del mio desiderio di lei.

Le mie mani lavoravano sapientemente sui suoi piedi, per risalire ogni tanto verso i polpacci e cacciare la tensione della giornata, la sentivo scemare un po’ alla volta, percepivo che pian piano i suoi muscoli si stavano rilassando e vedevo le gambe cedere sempre più verso l’abbandono totale, quella condizione che era il fine ultimo a cui tendevo e che portava con sé la consapevolezza di avere tra le mie mani non solo un corpo di cui fare ciò che volevo, ma soprattutto una mente predisposta ad agire per farmi godere, traendo da ciò la ragione del suo stesso godimento. L’arrivo del mio orgasmo e gli schizzi del mio sperma sono lo scopo del sesso tra di noi, sporcarla con i miei spruzzi è uno dei miei modi per dirle che è mia e solo mia. Ogni goccia che esce dal mio cazzo è per lei e su di lei, lei, il mio sborratoio privato.

Le sue gambe mi provocavano un misto di ammirazione ed eccitazione, bellissime, morbide e ben tornite, le studiavo con le mani, chiudendo ogni tanto gli occhi per aumentare l’intensità delle sensazioni che mi venivano dal sistema nervoso periferico, per poter meglio apprezzare ogni curva e ogni scanalatura dei suoi muscoli e farla sentire un tutt’uno con me stesso e il mio desiderio indagatore. Le cosce tremarono legermente di eccitazione quando le allargai e cominciai a massaggiarle all’interno; lei mi facilitò il compito lasciandosi aprire priva di volontà, ormai comppletamente abbandonata ai miei gesti e penetrata dal mio essere.
Resistetti all’impulso di tuffare il mio viso in mezzo alle sue gambe che, ormai completamente spalancate mettevano in mostra il suo sesso depilato, coperto solo in parte dal perizoma e piuttosto diressi lì una mano cominciando ad accarezzarla da sopra le mutande sul clitoride. Tra le labbra morbide cominciavo a percepire l’inturgidimento e l’umidità e proseguii con un massaggio delicato, mentre con l’altra mano continuavo a strisciare la gamba, stringendo un po’ per tirarla verso di me. Un gemito mi fece capire che era pronta e cosi le tolsi il perizoma e potei finalmente vedere la sua figa in tutta la sua bellezza, con un piccolo ciuffo di pelo sul monte di venere, le labbra leggermente aperte e il clitoride che si era gonfiato e chiamava con voce silenziosa le mie mani. Mi distolsi un attimo dal suo sesso, solo per sollevarle le braccia e incrociarle le mani sopra la testa, idealmente legate fra loro da invisibili manette. Lei mi lasciò fare e rimase così mentre tornavo a dedicarmi al suo clitoride che adesso avevo completamente esposto dopo averle allargato le labbra con una mano, mentre con l’altra avevo cominciato a masturbarlo come se fosse un piccolo cazzo, su e giù, stringendo piano fra le dita. Ogni tanto mi fermavo per strizzarlo un po’ e poi ricominciavo quella sega che mi eccitava in modo impressionante, alla vista di quel turgore che sembrava farlo esplodere. Su e giu, per un bel po’ sforzandomi di non stringere troppo come il mio istinto avrebbe voluto.
Non resistetti a lungo e la mia lingua si diresse dove le mani stavano masturbando, cominciai a leccare e poi succhiare, come fosse un frutto carico di succo che volevo tutto nella mia bocca. Sentivo leggermente il sapore del suo umore, il cazzo mi stava scoppiando. Mentre la leccavo, con le dita le ellargai la figa, tirando le labbra e aprendole il buco. Un dito scivolò dentro senza che quasi me ne accorgessi e sentii subito il suo ventre muoversi per favorire lo strofinio del mio polpastrello dentro di lei. La masturbai così per qualche minuto, aggiungendo un dito alla volta finché entrò anche il mignolo e la scopai con la mano con forza, spingendo per farla entrare il più possibile; lei si premeva contro di me e io la fottevo con la voglia animale di aprirla in due, sentivo ogni dettaglio dell’interno della sua figa e con le dita massaggiavo ogni centimetro lì dentro. Capii che aveva goduto quando smise di dimenarsi ai colpi della mia mano e mi fermai.
La guardai lì stesa, con le gambe spalancate, la figa ancora aperta e bagnata e gli occhi chiusi a godersi quel momento dopo l’orgasmo. La volevo e non la lasciai più di qualche secondo tranquilla, mi tolsi i boxer e le infilai il cazzo con forza, entrò subito tutto e cominciai a fotterla dicendole che era la mia cagna e che l’avrei scopata come si fa con una troia. La colpivo con tutta la forza che avevo, volevo solo sfondarla e sbatterla, sbatterla e ancora sbatterla, ero arrapato e pensavo solo al mio cazzo e alle sensazioni che esso mi dava mentre la sfondavo, il mio cervello era tutto concentrato a godermi le sensazioni che venivano dal glande, dall’asta, dalle palle che sbattevano, dalle anche contro le sue, dalle cosce che urtavano contro di lei. Sotto i miei colpi il divano si muoveva ed ebbi voglia di urlare che godevo a fotterla. Uscii per sborrare, mi stesi davanti a lei con il cazzo sulla pancia e mi spruzzai addosso, godendo della vista del suo corpo che avevo usato per il mio piacere, godendo di lei che guardava soddisfatta il mio sperma che usciva grazie alla sua figa che si era fatta usare come il buco privato del mio cazzo.
Doveva essere davvero eccitata dalla scopata perché, non ancora sazia, cominciò a masturbarsi, guardando il mio corpo sporco dello sperma che lei mi aveva fatto schizzare con tanta abbondanza e godette ancora, mentre io mi godevo soddisfatto lo spettacolo della mia troia che veniva pensando di essere la mia cagna.

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