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La mia fidanzata shemale.

By 13 Aprile 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

La mia relazione con Elena continuava, nonostante continuava a negarsi, perché restava della convinzione che si sarebbe lasciata deflorare solo dopo il matrimonio. Ma per farmi contento aveva provato a darmi il buchetto di dietro. Purtroppo si era lasciata penetrare analmente solo una volta, poi per le volte successive dovetti accontentarmi della sua bocca e delle sue mani.
Non so se fu per questo, ma andai letteralmente fuori di testa. La mia vita cominciò a prendere una piega davvero inaspettata. E allora iniziai a fare cose davvero porche. Non riuscivo a controllarmi. Per cercare di darmi un freno provai a non pensarci e mi dedicai anima e corpo al mio lavoro. Come già vi ho detto in passato, in quel periodo lavoravo come cuoco nella cucina di una clinica, e devo dire che tutto procedeva tranquillamente. Poi una sera, erano le sette e mezza e stavo per chiudere la cucina, mi venne una specie di idea porca per la testa; pensai che sarebbe stato bello farsi una bella scopata con una trans. Allora chiusi gli occhi e cercai di non pensarci. Ma era più forte di me, tanto che quell’idea mi fece tremare tutto e persi letteralmente il controllo di me. Avevo spesso quei momenti di debolezza, e non riuscivo a controllarli, e allora facevo delle cose ai limiti della decenza.
Allora mi collegai a Internet con il mio cellulare e cercai su un sito di incontri una trans disposta a farsi inculare anche subito. Incappai in un annuncio di un club per adulti; l’annuncio diceva che bellissime trans ti aspettavano per farti godere per tutta la notte. Il club non prevedeva tesseramento, c’era soltanto da pagare una piccola quota d’ingresso e poi il gioco era fatto. Senza ragionare sulle conseguenze di quello che stavo facendo andai a quel club; pagai l’ingresso e mi vennero consegnate un paio di infradito e un telo doccia. Quindi mi avviai dentro e mi trovai in una stanza piena di armadietti in cui riporre i propri oggetti. C’erano alcune trans che si stavano cambiando; a dirla tutta erano davvero sgraziate, con delle spalle grosse da uomini e i fianchi larghi. Ma non me ne fregava niente; ero così arrapato che me le sarei scopate tutte, anche se obiettivamente non avevano nulla di attraente.
Mi spogliai anche io e riposi i miei vestiti in un armadietto, a quel punto ero pronto per entrare nel club. I locali erano molto bui, e c’era un labirinto in cui erano disseminate varie stanzette in cui ci si poteva imboscare per fare sesso. Lungo il tragitto del labirinto c’erano molti uomini in cerca di porcate, e molte trans che passeggiavano con i loro batocchi di fuori, alcuni davvero piccoli, altri lunghi come delle anaconde. Ero nuovo, e quindi non sapevo con precisione come funzionava. Bastava sceglierne una, pagarla e incularla? Non avevo proprio idea, così decisi di temporeggiare. Percorsi tutto il labirinto, e dalle stanzette si sentivano i mugolii delle persone che erano dentro a fare l’amore. Oltrepassai la sala fumatori e la dark room, una sala buia dove succedevano le cose più porche, dove ci si inculava a vicenda senza vedere chi inculava chi, uomini e trans, in un’orgia senza regole di cazzi e buchi di culo. Alla fine del labirinto c’era il bar, una zona franca dove ci si andava per rilassarsi, e poi c’era la piscina con idromassaggio, in cui vidi sguazzare degli uomini di mezza età che si intrattenevano con delle trans molto sgraziate come quelle che avevo visto nella saletta degli armadietti.
Se quello era il livello delle trans disponibili quel club era messo davvero male. Ma poi vidi lei, una trans davvero speciale, una donna in tutto e per tutto, tranne che per il fatto che in mezzo alle gambe aveva un batocchio pure lei, ma molto piccolo. Era seduta su un divanetto del bar, e si guardava intorno, forse in attesa che qualche cliente si facesse avanti. Era davvero carina, con dei lunghi capelli neri lisci come la seta, delle labbra carnose e cariche di rossetto che ti facevano subito venir voglia di metterglielo in bocca e lasciarle fare ciò per cui probabilmente era più famosa. Ce l’aveva scritto in faccia che era una pompinara da competizione.
Aveva un corpo che avrebbe fatto invidia a qualsiasi donna. Sembrava una modella, una modella però munita di cazzo e palle. Indossava esclusivamente un orologio d’oro con un quadrante molto grande, con al centro le iniziali in rilievo del marchio di fabbrica. Ai piedi aveva degli spettacolari tacchi a spillo. Era mia. Presto quella graziosissima trans avrebbe ricevuto in culo il mio cazzo. A qualsiasi prezzo, doveva essere mia. E così mi ci avvicinai e mi misi a sedere accanto a lei.
‘Ciao’ le dissi afferrandomi saldamente il cazzo mezzo eretto con la mano per mostrarglielo bene. Lei lo guardò e poi mi sorrise, ma quasi in modo disinteressato, come se la mia presenza, e soprattutto il mio cazzo non fosse che uno dei tanti, l’ennesimo che gli sarebbe entrato in culo.
‘Ciao’ mi rispose lei. ‘Che bel cazzo’.
‘Ti piace? Mi piacerebbe sbattertelo nel culo’.
‘Non avere fretta. Non ti va se ci coccoliamo un po’, prima?’.
‘Ok’.
A quel punto mi prese per mano e ci alzammo dal divanetto. Passeggiammo per un po’ lungo il labirinto come due innamorati, mano nella mano, attirando l’attenzione di molti guardoni, che speravano di vederci fare qualcosa, qualsiasi cosa, purch&egrave fosse qualcosa di porco. Ma non era nelle intenzioni di Bea, così si chiamava, farsi inculare davanti a tutti. Lo avremmo fatto, questo era certo, ma nella tranquillità di una delle camerette che c’erano nel labirinto, con la porta rigorosamente chiusa. Bea aveva un culo divino, e io non facevo che palparlo e sculacciarlo, e lei me lo lasciava fare. Intanto avevo raggiunto un’erezione davvero notevole. Invece il suo pisellino non dava alcun cenno di volersi alzare. Forse non lo avrei mai visto duro. Ma non era quello che mi interessava. Piuttosto erano la sua bocca e il suo orifizio anale a interessarmi maggiormente.
Percorremmo di nuovo il labirinto e ritornammo al punto di partenza, cio&egrave al bar. Era lei a guidarmi, come avesse un piano prestabilito. Entrammo nella sala dove c’era la piscina e andammo verso le docce. Aprì il getto d’acqua calda e iniziammo a fare la doccia insieme, e allora io mi avvinghiai al suo corpo, premendo il mio cazzo duro contro il suo inguine, e con le mani le afferrai i glutei, e nel frattempo affondai la mia lingua nella sua bocca. Bea si lasciò fare quello che volevo. D’altronde avrei dovuto pagare per quello che stavo facendo, quindi avevo tutto il diritto di fare del suo corpo ciò che volevo. Ad un certo punto notai che intorno a noi si era fatta una certa folla di curiosi che volevano guardarci mentre ci scambiavamo quelle effusioni così piccanti. Bea mi prese il cazzo in mano con decisione e iniziò a masturbarmi lentamente, poi si inginocchiò ai miei piedi e lo prese in bocca facendomi una colossale pompa con quelle sue labbra carnose e calde, e intorno a noi ci guardavano tutti senza preoccuparsi neppure un po’ del fatto di poter sembrare indiscreti. Probabilmente in quel club funzionava così; un uomo e una trans che fanno l’amore e altri dieci uomini a guardare e a godersi lo spettacolo.
‘Brava, maiala!’ disse uno dei guardoni, che con una mano le afferrò i capelli e le spinse la testa avanti e indietro. ‘Spompina, puttana che non sei altro’.
E io intanto godevo come un matto e Bea dovette accorgersi che stavo per sborrare, non so bene come fece, però ad un certo punto fece uscire il cazzo dalla bocca e si rimise in piedi.
‘Prendimi dietro’ mi sussurrò.
Allora la presi per i fianchi con forza e la feci girare e le misi il cazzo in mezzo alle natiche, ma lei non volle e si divincolò.
‘No, non qui. Non voglio essere guardata mentre lo facciamo’ mi prese la mano e uscimmo dalla piscina.
Bea mi guidò verso il bar tenendomi per mano; prese un preservativo da una boccia di quelle per i pesci, ma piena di preservativi gratuiti per i clienti del club, dopodich&egrave mi portò verso una delle stanze che c’erano nel labirinto. La maggior parte erano occupate, ma finalmente ne trovammo una. Dentro erano davvero strette, e appena illuminate da una lampadina che pendeva dall’alto. E oltre ad essere strette davano la sensazione di sporco, nel senso che c’erano fazzoletti e preservativi usati dappertutto. C’era anche un piccolo materasso, anche questo lasciava molto a desiderare in fatto di pulizia. In ogni modo, una volta dentro ci chiudemmo la porta alle spalle, ma dopo qualche attimo sentii qualcuno che cercava di aprire, poi qualcuno che diceva: ‘coraggio, aprite. Fateci vedere cosa fate’. Ma sia io che Bea volevamo rimanere un po’ per conto nostro. E così lei mentre tentava di aprire il preservativo io l’abbracciai da dietro e iniziai a baciarle il collo. Lei allora alzò la testa e se lo lasciò fare, e con le mani le presi le tette, erano dure, silicone puro. Con una mano scesi verso il suo pisellino; era ancora piccolo, non ne voleva sapere di diventare duro come il mio.
Una volta scartato il condom, Bea si girò verso di me, mi afferrò il cazzo e mise l’anello di lattice sul glande, e lo srotolò fino alle palle. Intanto continuavano a bussare alla porta, con la speranza che aprissimo per lasciarci guardare mentre lo facevamo. Presi Bea per i fianchi e la feci girare di nuovo facendola piegare leggermente in avanti, le diedi una bella sculacciata al sedere dopodich&egrave avvicinai il cazzo al suo buco del culo. Mi feci strada dentro di lei, e una volta che fu completamente dentro iniziai a fotterla con decisione. In quel momento non me ne rendevo conto, ma la stavo trattando davvero in modo schifoso; le schiaffeggiavo continuamente le natiche, e poi la montavo senza rispetto, senza interessarmi del fatto che forse le stavo facendo male, e poi non facevo altro che rivolgermi a lei chiamandola ‘puttana’. Me ne resi conto soltanto dopo essere venuto, dopo che il preservativo si riempì della mia sborra. A quel punto, ritornata la lucidità, iniziai a rendermi conto di cosa stavo facendo. Era come se placata la mia follia erotica fossi ritornato normale, come se il demone del sesso estremo che avevo dentro se ne fosse andato, e mi avesse lasciato in pace. Era una maledizione la mia. Non riuscivo a controllare il demone della lussuria, e spesso mi faceva fare cose molto cattive.
E allora mi venne spontaneo abbracciare Bea e chiederle scusa.
‘Perché mi chiedi scusa?’.
‘Per averti trattato da cagna’.
‘E allora gli altri cosa dovrebbero dire? Non immagini neppure come vengo trattata certe volte’.
Mi sentivo uno schifoso. Dovevo andarmene via da quel posto, ma volevo che Bea venisse con me. E allora glielo dissi, e lei mi disse che forse era meglio di no. E allora le diedi i soldi. Ottanta euro. Poi le chiesi quanti ne voleva per passare con me tutta la notte. Alla fine riuscimmo a contrattare una somma, e riuscii a portarla via. Ci rivestimmo; Bea aveva un vestitino nero corto e delle calze autoreggenti. Andammo verso la mia macchina e lei mi chiese dove volevo portarla.
‘Tu dove vuoi andare?’ le chiesi.
‘Portami a ballare’.
E allora decisi di accontentarla. Ballammo per tutta la notte, e continuavo ad avere quella sensazione di rimorso per quello che avevo fatto. Chi era Bea? Perché permetteva agli uomini di trattarla in quel modo? In discoteca notai una cosa che non avevo notato prima. Aveva un tatuaggio sulla parte inferiore dell’avanbraccio, c’era scritto il suo nome: Beatrice La Vacca. Quando le chiesi del perché di quel soprannome lei mi rispose che non era un soprannome ma il suo cognome. E allora io per scherzare le dissi che non ci credevo.
‘Puoi anche non crederci, ma &egrave la verità’.
Non so per quale motivo, ma provavo una certa tenerezza per lei.
Uscimmo dalla discoteca che erano le cinque del mattino. Stava quasi per albeggiare. Era ora di ritornare a casa. Le proposi se le andava di fare un tuffo in piscina, e lei mi guardò un po’ perplessa. Le spiegai che a casa avevo una piscina. E allora il suo viso si illuminò con un sorriso e mi disse di sì. E così la portai a casa. I miei genitori dormivano, e Moana era andata a dormire da Berni. Così ci spogliammo completamente e ci tuffammo in acqua. Iniziammo a baciarci e poi facemmo di nuovo l’amore. Lei si teneva con le mani ai bordi della piscina, e io dietro di lei la penetravo. A eiaculazione avvenuta uscimmo dalla piscina e ci trovammo di fronte a mia madre che si era appena svegliata. Indossava una vestaglia da notte e mi guardava in cagnesco.
‘Rocco, cos’&egrave questa storia?’.
‘Mamma, lei &egrave un’amica’.
Ovviamente lo sguardo di mia madre cadde immediatamente tra le gambe di Bea, sul suo pisellino. Poi si rivolse di nuovo a me.
‘Spero che vi siate divertiti’ disse. ‘Chiaramente avete fatto l’amore in piscina. Rocco, quante volte te lo devo dire che non voglio che tu e tua sorella facciate le vostre porcate in piscina?’.
‘Ma mamma, Bea aveva voglia di fare un bagno. E poi sai come vanno queste cose, da cosa nasce cosa e”.
‘E avete fatto l’amore. Sì, lo so come vanno queste cose. Ma che sia l’ultima volta, Rocco’ poi si rivolse a Bea e allungò una mano verso di lei. ‘Comunque piacere di conoscerti, io sono Sabrina, la mamma di Rocco’.
Bea le strinse la mano, ma senza dire nulla. Era troppo imbarazzata per poter dire qualsiasi cosa. In quello stesso momento uscì sul terrazzo anche mio padre.
‘Ma cosa sta succedendo?’ chiese, poi quando si accorse di Bea, e dopo aver visto anche lui com’era fatta sotto, allora mi fece un sorriso di complicità. ‘Ah! Vedo che sei in dolce compagnia’.
‘Si chiama Bea’ disse mia madre. ‘E lo hanno appena fatto in piscina’.
‘Su Sabri, sii più tollerante’ aggiunse mio padre. ‘Che male c’&egrave? Non puoi ostacolare una cosa così bella come l’amore’.
‘Ma perché proprio nella piscina?’ chiese stizzita.
A quel punto rientrarono in casa e io presi un telo e lo usai per avvolgere il corpo di Bea e l’aiutai ad asciugarsi, e mentre lo facevo lei mi guardava negli occhi, quasi come se volesse dirmi qualcosa che aveva sulla punta della lingua.
‘Sei stato molto carino con me’ disse. ‘In genere gli uomini con me non hanno alcun rispetto. Tu invece hai avuto la premura di asciugarmi il corpo dopo che abbiamo fatto il bagno in piscina’.
Di una cosa ero convinto, e cio&egrave non volevo che quello che era successo quella notte si riducesse ad essere solo un’avventura. Quando prima vi ho detto che provavo per lei una certa tenerezza, ebbene mi sbagliavo, era semplicemente amore.

Continua…

Link del racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2017/03/qualsiasi-buco.html
Ormai non abitavo più con i miei, ma condividevo un appartamento con un collega di lavoro. Però andavo spesso da mia madre e mio padre, semplicemente perché era lì che mi sentivo veramente a casa. Nell’appartamento che condividevo con il mio collega ci stavo solo per convenienza, perché era vicino alla clinica in cui lavoravo. Ma appena potevo ritornavo dai miei. E quella sera, dopo l’esperienza in piscina con Bea, ero ritornato da loro, e trovai un’insolita riunione di famiglia.
Erano tutti in cucina ad aspettarmi, anche mia sorella Moana, che se ne stava seduta a braccia incrociate come mia madre, la quale però era in piedi appoggiata con il sedere al lavandino della cucina. Mio padre invece stava cercando di aprire una bottiglia di vino rosso che a quanto pare non ne voleva sapere di stapparsi.
‘Che succede?’ chiesi.
‘Dobbiamo parlarti’ rispose mia madre.
Indubbiamente era per quella faccenda della piscina. Mia madre era stata chiara sia con me che con Moana: fatelo dove vi pare, fatelo sul divano, sotto la doccia, in cucina, ma non fatelo in piscina. Che poi era un po’ strano detto da lei, dal momento che una volta avevo beccato lei e mio padre che appunto stavano facendo l’amore proprio in quella piscina. Quindi loro sì che potevano, mentre io e Moana non dovevamo neppure pensarci a farlo.
‘&egrave per la faccenda della piscina, vero?’.
‘Non proprio’ disse mia madre. ‘&egrave per quella carinissima ragazza munita di pistolino che hai portato in casa nostra. Vogliamo sapere che intenzioni hai con lei, e soprattutto che intenzioni hai con Elena’.
‘Mamma, con Beatrice &egrave stata solo un’avventura. Tutto qui’.
‘Un’avventura? Ne sei sicuro? Rocco, non puoi mentirmi, perché sono tua madre. Quando sei infelice riesco a leggertelo negli occhi, e allo stesso modo riesco a capire quando sei soddisfatto e appagato. Ebbene, quando stamattina ti abbiamo beccato con quella trans sembravi al settimo cielo. Parliamoci chiaro, tu non vuoi più stare con Elena. &egrave giunta l’ora di prendere una decisione netta’.
‘E cosa dovrei fare?’.
‘Vai a prenderti ciò che &egrave tuo’ rispose mia sorella, ‘cio&egrave la trans con cui stamattina hai fatto l’amore in piscina. Elena non &egrave quella giusta per te. Non vedi che siete incompatibili? Lei &egrave così diversa da te. Ed &egrave diversa anche da noi’.
A quel punto decisi di ritornare al club dove Beatrice era solita vedersi; pagai l’ingresso e dopo essermi tolto i vestiti iniziai a vagare per il labirinto in cerca di lei. La trovai seduta su un divanetto intenta a fare un pompino a un cinquantenne.
‘Ciao Bea’ a quel punto lei fece uscire il cazzo del cliente dalla sua bocca e mi guardò quasi distrattamente.
‘Ciao’ mi rispose, quasi come se neppure mi conoscesse. Cosa che mi fece pensare che non ero che un cliente come un altro.
‘Che vuoi?’ mi chiese in modo brusco il cinquantenne. ‘Non vedi che la puttanella &egrave impegnata? Dai, smamma’ poi afferrò Beatrice per i capelli e le ficcò di nuovo il cazzo in bocca facendoglielo entrare fino in gola.
‘Sei solo un porco’ gli dissi. ‘Ti sembra il modo di trattare una donna?’.
‘Ma che cazzo dici?’ mi rispose. ‘Non vedi che &egrave un uomo? Non vedi che ha il cazzo?’.
‘Hai ragione, ha il cazzo. Ma io vedo una donna a tutti gli effetti. E tu dovresti rispettarla, pezzo di stronzo che non sei altro’.
A quel punto ricordo soltanto che il cinquantenne si &egrave alzato dal divanetto, poi sono svenuto e mi sono risvegliato con un occhio nero al commissariato di polizia. Praticamente il cinquantenne mi aveva dato un pugno in faccia, qualcuno aveva chiamato la polizia ed eravamo finiti tutti in commissariato. Ci trattennero per un paio d’ore, poi ci fecero andare via. Non c’era niente contro di noi, non avevamo commesso nessuna infrazione grave. All’uscita vidi Beatrice che se ne stava andando con passo affrettato; la rincorsi e la salutai.
‘Che vuoi?’ mi chiese in malo modo.
‘Volevo sapere come stai?’.
‘Come vuoi che stia? Hai combinato un bel casino. Meno male che non avevano nessuna prova per dimostrare che faccio la puttana, altrimenti mi avrebbero arrestata’.
‘Ti chiedo scusa, non volevo metterti in difficoltà. Volevo solo difenderti da quello lì’.
‘Era un cliente come un altro, perché volevi difendermi?’.
‘Perché ti stava trattando da cagna, e io non voglio che gli uomini ti trattino così’.
‘Rocco, lasciami in pace. Io sono una cagna, quindi &egrave giusto che gli uomini mi trattino così’.
‘E allora ti do tutti i soldi che vuoi, così diventi la mia cagna e basta. Dimmi tu il prezzo. Sono disposto a pagarti qualsiasi cifra’.
A quel punto Beatrice si fermò a pensare.
‘Duecento euro al giorno’ disse.
‘Ok, li avrai’.
Era una cifra esorbitante per me che guadagnavo millecinquecento euro al mese. Però avevo un po’ di risparmi da parte e potevo usare quelli. Ma per quanto tempo sarei riuscito a tirare avanti? Duecento euro al giorno avrebbero molto presto prosciugato tutto il mio denaro. Ma dovevo provarci. E Beatrice reclamò subito i primi duecento euro, più due giorni di anticipo, quindi seicento euro. E allora andammo in banca a prelevare e le diedi la cifra che mi aveva chiesto.
Ce ne andammo a casa sua; Beatrice abitava in un monolocale in una zona periferica. L’appartamento era molto disordinato, e se devo dirla tutta non era il massimo dell’igiene. Era molto sporco e c’era puzza di avanzi di cibo e chissà cos’altro. Entrati in cucina lei mi disse di mettermi comodo su un divano tutto consumato, poi si incominciò a spogliare, e una volta nuda si mise a cavalcioni su di me. Con le mani le accarezzai il suo bel culo che avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza. Sentivo il suo pisellino premuto contro la mia pancia. Lei avvicinò le tette alla mia bocca e io gliele succhiai una alla volta.
‘Vuoi mettermelo in culo o vuoi godere con la bocca?’ mi chiese.
‘No aspetta, io in verità volevo sapere qualcosa di te. Ci conosciamo così poco’.
‘Che vuoi che ti dica? Sono una puttana, cos’altro vuoi sapere?’.
‘Beh, tanto per cominciare parlami di questo’ le dissi prendendole il pisellino in una mano. ‘Quando hai deciso di diventare donna?’.
‘A diciotto anni’.
‘E i tuoi genitori come hanno reagito?’.
‘Malissimo. Mio padre &egrave un generale dell’esercito, come pensi che abbia reagito? Mi ha messa fuori di casa, e allora ho dovuto provvedere a me stessa da sola, e mi sono messa a fare la puttana’.
‘Hai mai avuto un fidanzato?’.
‘E chi vorrebbe fidanzarsi con una puttana?’ a quel punto mi guardò negli occhi per circa un minuto, quasi come se stesse cercando di leggermi nel pensiero. ‘Non vorrai mica dirmi che ti sei innamorato di me? Rocco, lascia perdere. Cercati una ragazza vera, io sono solo una trans che si vende per vivere’.
‘Ma non ti piacerebbe avere un uomo con cui condividere il tuo letto? Un uomo che sia capace di trattarti come una regina e non come una cagna?’.
‘Certo che mi piacerebbe. Ma &egrave pura fantascienza. Sono una trans, e gli uomini mi tratteranno sempre come un buco da riempire’.
Beatrice era troppo disinnamorata della vita per poter capire la portata del mio interesse verso di lei. Toccava a me farle capire che non tutti gli uomini erano uguali, che c’erano uomini che pensavano solo col cazzo e altri invece che ogni tanto facevano funzionare anche un po’ il cervello. Il mio obiettivo era quello di farle capire che non era solo una puttana, ma una donna che aveva bisogno soltanto di essere amata e rispettata.
‘Non hai mai pensato di fare un altro lavoro’ le chiesi.
‘E chi assumerebbe una trans? Credimi, quelle come me possono fare solo le puttane’.
Un’idea ce l’avevo. Avevo uno zio che era il proprietario di uno strip bar in centro. Avrei potuto farla assumere lì. E infatti gli parlai e lui nel giro di qualche giorno propose a Beatrice un contratto di assunzione in piena regola. Inutile dirvi che lei accettò molto volentieri. Il compenso inoltre era abbastanza alto, per non parlare delle generose mancie dei clienti.
La nostra relazione si trasformò in qualcosa di molto serio. Le cose andavano piuttosto bene, soprattutto a letto. Beatrice sapeva come far godere un uomo. Forse perché lei, a differenza delle altre ragazze, era munita di un attrezzo di carne tra le cosce, vivo, pulsante e sempre pronto all’amore, proprio come un maschietto, e quindi sapeva bene come comportarsi per dare il massimo piacere ai suoi partner, essendo fatta alla loro stessa maniera. Era una vera professionista del sesso. E devo dire che non ero soltanto io a dirlo, ma molti altri uomini. Sì perché Beatrice ormai era la mia fidanzata, ma allo stesso tempo aveva rapporti anche con altri uomini. Non ne riusciva a fare a meno; le piaceva proprio tanto essere corteggiata e quindi era facile preda di chiunque. Inoltre Beatrice era molto dolce, e se non lo sapevi non te ne accorgevi neppure che in realtà non era come tutte le altre ragazze, perché aveva i tratti del viso così delicati proprio come quelli di una ragazza. E poi aveva un corpo divino, un culo burroso tutto da smanacciare, e i lineamenti latini che la rendevano molto calda e provocante. Era difficile non innamorarsi di lei.
Lei in principio aveva cercato di tenermi nascoste queste sue scappatelle, però io non ero cieco. Mi ero accorto subito infatti che spesso la sera rientrava a casa molto tardi, e con i capelli sgualciti o con i vestiti stropicciati. E una volta l’avevo beccata che aveva ancora uno schizzo di sborra sui lunghi capelli neri. Si era lasciata fare una cumshot da qualcuno, e quello schizzo era lì a confermarlo. Quindi le avevo chiesto di dirmi la verità, e lei mi aveva risposto che sì, in effetti andava a letto anche con altri uomini. Di solito erano uomini che frequentavano lo strip bar dove lavorava, ma anche uomini che la rimorchiavano per strada. Sì perché tentavano di rimorchiarla dappertutto. Una volta per esempio lei stava camminando in centro e un tizio gli si &egrave accostato con una Mercedes, ha tirato giù il finestrino e le ha offerto dei soldi in cambio di una notte insieme a lei. E lei, come già vi ho detto, non sapeva resistere alle tentazioni. E quindi si faceva rimorchiare con una facilità quasi imbarazzante.
Certo, quella sua confessione mi aveva fatto stare molto male, perché mi sarebbe piaciuto averla tutta per me. Ma poi pensai che avere Beatrice tutta per me era un desiderio impossibile, perché Beatrice non era portata per la monogamia. Ma ero così innamorato di lei che ero pronto ad accettare anche questo suo aspetto. Era una macchina per far sborrare gli uomini, e con questo? Io ero comunque il suo fidanzato ufficiale, e questo mi bastava a farmi sentire l’uomo più fortunato del mondo. In qualche modo sapevo che molti uomini potevano avere il suo buco del culo e la sua bocca, ma il cuore lei lo aveva dato soltanto a me.
Come dicevo prima, avevo fatto assumere Beatrice allo strip bar di mio zio. Serviva ai tavoli e di sabato e domenica si esibiva sul palco, proprio come le sue colleghe. E proprio come Moana si era creata un numero incredibile di ammiratori che avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei. E spesso le offrivano del denaro, e quindi lei li portava nel priv&egrave e faceva con loro delle cose porchissime. Di solito nei priv&egrave le ragazze dello strip bar facevano degli spettacoli privati di spogliarello per clienti facoltosi. Di norma era vietato fare altro, il sesso in teoria era proibito, ma in pratica succedevano le cose più porche. Ovviamente non tutte le ragazze dello strip bar lo facevano, ma alcune (dopo essere state adeguatamente ricompensate) si davano via senza alcun freno. E Beatrice era una di queste.
Una volta un tizio, un imprenditore del nord che era lì di passaggio, le aveva promesso questo mondo e quell’altro. Le aveva detto che se andava a vivere con lui al nord le avrebbe fatto fare una vita da regina, le avrebbe regalato un appartamento a Via Monte Napoleone, e le avrebbe dato le chiavi di una Porche e di una villa in Costa Smeralda. Beatrice dopo aver valutato questa proposta aveva portato l’imprenditore nel priv&egrave e si era fatta fare il culo. E poi se l’era fatto fare anche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. E intanto lui continuava a promettergli cose assurde, yacht, jet privati e vacanze in Egitto. A Beatrice si materializzò davanti agli occhi l’opportunità che stava aspettando da tutta la vita, la svolta che stava cercando, finalmente il suo sogno stava per avverarsi. Beatrice aveva infatti il sogno di vivere nel lusso più sfrenato, e quell’imprenditore era per lei il genio della lampada che avrebbe appunto accontentato i suoi capricci.
Tre giorni dopo il tizio le disse che doveva ritornare su al nord, e quindi lei avrebbe dovuto prendere una scelta: andare con lui e quindi abbracciare la vita che aveva sempre sognato, o rimanere lì allo strip bar. Quindi Beatrice si precipitò a casa e iniziò a fare le valigie, e intanto io la guardai fare, ero così triste che non riuscivo neppure a parlare. Lei mi spiegò tutto, che sarebbe andata via con lui, e che era quello che aveva sempre sognato, e che io non dovevo rimanerci male, perché avrei trovato un’altra. Ma ero convinto che non avrei mai trovato un’altra come lei. E certamente non potevo competere con quel tipo. Non avevo tutti quei soldi che lui diceva di avere. Beatrice ormai era sua.
Quindi dopo aver raccolto tutte le sue cose mi salutò senza neppure guardarmi negli occhi, e scese giù al portone ad aspettare lui che le aveva promesso che sarebbe passato a prenderla con il suo bmw di ultimissima generazione. Io mi misi alla finestra a guardarla andare via. Beatrice era visibilmente su di giri, non vedeva l’ora di salire su quell’auto di lusso e andare verso il suo rigoglioso futuro. Ma più il tempo passava e più i suoi sogni andavano in frantumi, perché lui non arrivava. Aspettò davanti al portone per più di un’ora, senza arrendersi, ma io avevo già capito. Quello stronzo l’aveva riempita di bugie, soltanto per potersela inculare. Non aveva alcuna intenzione di portare con se Beatrice per farle fare la vita che le aveva promesso. Beatrice per lui era soltanto una puttana, e una puttana doveva rimanere.
Dopo un’ora e mezza che ormai lei era sotto casa decisi di andare da lei per riportarla su. La trovai seduta sui gradini del portone che piangeva, e le lacrime le avevano sciolto l’eyeliner che aveva cominciato a grondare sulle guance, trasformando il suo viso in un’inquietante maschera di halloween. Appena mi vide si gettò tra le mie braccia e mi strinse forte.
‘Potrai mi perdonarmi?’ mi chiese con la voce spezzata dai singhiozzi.
‘Cosa dovrei perdonarti?’ le risposi.
‘Sono stata una stupida’ continuò. ‘Mi ha ingannata, e io che ci sono cascata, e gli ho permesso di penetrarmi analmente più e più volte. Credevo di aver trovato il principe azzurro, e invece era soltanto un maiale che voleva divertirsi con il mio corpo’.
‘Amore mio, non ci pensare più’ le dissi baciandole la fronte. ‘Ritorniamo a casa e dimentichiamo questa storia’.
Così l’aiutai a riportare su le sue cose, e le preparai una tazza di latte caldo e poi ce ne andammo a letto a fare l’amore.

Link del racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2018/04/il-sogno.html Beatrice si faceva rimorchiare con una facilità imbarazzante. La maggior parte delle volte lo faceva in cambio di denaro, ma altre volte invece lo faceva perché le andava di farlo, perché magari incontrava un toro da monta che gli piaceva davvero e allora si faceva ingroppare. Una volta &egrave successo che si &egrave lasciata rimorchiare addirittura in mia presenza, anche se per essere più preciso devo dire che avevano rimorchiato entrambi, sia lei che me. Questo di solito &egrave quello che succede alle coppie cuckold, e cio&egrave che il bull rimorchiando la donna rimorchia anche il suo uomo, invitandolo a guardare quello che sarebbe successo, e cio&egrave la presa di possesso della lei della coppia da parte del toro. Però io e Beatrice non avevamo mai avuto un’esperienza cuckold, e quindi non eravamo una coppia incline a questo genere di pratiche. Lei andava a letto con altri uomini, questo sì, ma mai in mia presenza. E invece quel giorno successe proprio questa cosa: un toro si mise a rimorchiare Beatrice davanti ai miei occhi e lei ci stava, si lasciava corteggiare e sembrava felice come una pasqua di questo. E io, a quel punto, ero diventato automaticamente il fidanzato cuck che assiste alla presa di possesso della sua ragazza.
Questo episodio &egrave accaduto al mare. Io e Beatrice eravamo soliti frequentare una spiaggia naturista che si chiamava ‘l’ultimo scoglio’, ed era una spiaggia sì naturista ma principalmente frequentata da gente che ci veniva solo per scopare. C’erano molti transgender come Beatrice, qualche coppia in cerca di trasgressione e un sacco di allupati che avrebbero ficcato il loro biscotto in qualsiasi tipo di buco. Noi ci andavamo prima di tutto perché era una spiaggia incontaminata, che per arrivarci dovevi fare un chilometro a piedi, e quindi questo ti assicurava una serenità che avresti faticato a trovare altrove. E poi ci andavamo perché era la spiaggia preferita dalle amiche di Beatrice, tutte ragazze come lei, cio&egrave munite di un pezzo di carne tra le gambe.
Ebbene quel giorno, quando fummo rimorchiati, in spiaggia non c’era quasi nessuno. C’erano tre o quattro ombrelloni piantati nella sabbia, tra cui il nostro. Io e Beatrice eravamo a riva, con l’acqua che ci arrivava fino alle caviglie, senza dirci nulla, semplicemente eravamo lì a lasciarci baciare dal sole e a goderci quel caldo pomeriggio. Ad un certo punto ci si &egrave avvicinato questo toro. Devo dire che non mi ero accorto della sua presenza in spiaggia, eppure era lì già da un pezzo e ci stava osservando da parecchio. E infatti per rompere il ghiaccio ci disse subito questa cosa, e cio&egrave che non riusciva a fare a meno di guardarci.
‘Sai, hai una fidanzata molto bella’ mi disse, e allo stesso tempo accarezzò il viso di Beatrice, la quale se lo lasciò fare con molto piacere. Mi accorsi subito che Beatrice era già sua. Quando lei decideva che voleva dare via il suo buco del culo ad un uomo lo si capiva subito. Lo capivo da come guardava l’uomo in questione, con quei suoi occhi carichi d’amore e di passione. Praticamente era un libro aperto, e quando decideva di darsi via te lo faceva capire senza tergiversare troppo.
Tra l’altro il toro aveva un cazzo enorme, ed era già bello duro, svettante verso l’alto, che non vedeva l’ora di entrare nel corpo della mia Beatrice. Era così grosso che né io né lei potevamo fare a meno di guardarlo, lei perché probabilmente aveva l’acquolina in bocca, e quindi lo avrebbe accolto molto volentieri in culo, e io perché ero affascinato da tutta quella potenza sessuale, e’ sì, in fondo ne ero attratto anche io. Come posso nasconderlo? Mi piaceva un casino. Era proprio la massima espressione del sesso. Quella cappella turgida rosa, come un bombolone gigante alla fragola, e con un corpo possente contornato da grosse vene verdi e viola, e quelle grosse palle taurine sotto, pronte per essere svuotate nel condotto anale della mia Beatrice, o forse sul suo viso, con una colossale cumshot.
‘Quindi ti piace la mia fidanzata?’ gli chiesi. In verità non sapevo cosa dirgli, perché era venuto da noi all’improvviso, e le sue intenzioni erano così evidenti, voleva incularsi Beatrice. E lei lo aveva capito benissimo, e non sembrava dispiacergli, anzi, sembrava decisamente propensa a dargli ciò che voleva. E io non sapevo precisamente come comportarmi; potevo dirgli che essendo la mia fidanzata non poteva averla, oppure potevo temporeggiare e vedere come andava a finire quella storia. E quindi decisi di adottare la seconda possibilità.
‘Perché, non si vede?’ domandò divertito spingendo il busto in avanti e mettendo in mostra (come se non ci avessimo fatto ancora caso) la sua enorme erezione.
‘Certo, solo un cieco non lo vedrebbe’ risposi guardandolo di nuovo, e anche Beatrice ci buttò un’altra occhiata, ma morsicandosi il labbro inferiore e quindi esternando la sua voglia di giocarci e farlo godere. ‘Un gran bel cazzo, non c’&egrave che dire. Ma non credo che alla mia fidanzata interessi’.
‘Non direi, visto il modo in cui me lo guarda’.
In effetti aveva ragione. Beatrice era proprio rapita da tutto quel ben di dio. Guardava quella trave di carne con gli occhi a forma di cuoricino. Comunque cercai di portare il discorso da un’altra parte, proprio per perdere tempo e vedere a dove voleva arrivare, ma lui non ne voleva sapere di mollare la presa, continuando a ripetere con insistenza che Beatrice era fantastica, che aveva un culo divino (in effetti il culo di Beatrice avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza) e una bocca che sembrava fatta apposta per sbocchinare. E lei ormai era completamente sua, e lui lo sapeva benissimo. Insomma ad un certo punto pensai che fosse giunta l’ora di farmi da parte. Era chiaro l’interesse della mia fidanzata per lui, quindi cosa dovevo fare io? Dovevo solo farmi da parte. Tra l’altro ormai la conversazione tra me e lui era già finita da un pezzo, ormai il dialogo era soltanto tra loro due. Ma più che un dialogo era un vero e proprio flirt spinto, fatto di carezze e ammiccamenti. Quindi decisi di dichiarare la mia sconfitta. Mi avvicinai a loro due e gli dissi che poteva prendersela, perché la mia fidanzata ormai era sua. Cio&egrave si vedeva che Beatrice si era invaghita di lui. Quindi stando così i fatti io mi toglievo di mezzo.
‘Ma cosa dici?’ domandò lui sorpreso.
‘Quello che ho appena detto. Io tolgo il disturbo. Hai tentato di rimorchiare la mia fidanzata e ci sei riuscito, quindi io me ne vado’ e lo dissi con molta amarezza, e anche con un pizzico di rabbia, ma lui mi fermò dicendomi che non avevo capito nulla.
‘Cosa intendi dire?’ gli chiesi.
‘Io non intendevo rimorchiare la tua fidanzata, io volevo rimorchiarvi entrambi’.
‘Entrambi?!’ ero un po’ perplesso.
‘Sì, tutti e due. La mia idea era quella di invitarvi a casa mia a passare la serata insieme. Sono sicuro che sarà molto divertente’.
Capite dov’era il punto? Il toro non voleva lei, voleva entrambi. Ma a quel punto non seppi cosa dire. Guardai Beatrice e lessi nei suoi occhi la sua volontà di accettare l’invito, indipendentemente dalla scelta che avrei preso. Quindi se io dicevo di no lei ci sarebbe andata lo stesso. Quindi decisi di andarci. Perlomeno potevo tenere lui sotto controllo mentre si faceva la mia fidanzata. Perché era ovvio che sarebbe successo.
‘La tua fidanzata esprime una femminilità che ho visto davvero in poche donne’ disse il toro mentre era alla guida della sua auto. Ci stava portando a casa sua, io ero seduto dietro, e Beatrice era davanti insieme a lui, e era chinata con la testa tra le sue gambe e gli aveva preso il cazzo in bocca e gli stava facendo un bucchino. Eravamo ancora nudi come in spiaggia, e il toro con una mano teneva una mano sul volante e con l’altra accarezzava e palpava il culo burroso della mia fidanzata, che come dicevo poco fa era piegata sul suo cazzo. E ci metteva proprio tanta passione; il cazzo del toro doveva piacergli proprio tanto, perché lo faceva proprio con una dedizione sorprendente, con tanto di risucchi e schioppettii delle labbra. ‘&egrave proprio una ragazza da sposare. Guarda come sbocchina bene! Meglio di una donna vera’.
‘Ma infatti io vorrei sposarla’ dissi cercando di non guardare, perché vederla fare quel lavoro di bocca ad un emerito sconosciuto mi stava facendo un po’ male al cuore. ‘&egrave lei che non vuole’.
‘Beh, la capisco’ rispose il toro. ‘Con il matrimonio lei diventerebbe la donna di un uomo soltanto, e come vedi lei preferisce essere la donna di tutti. Perché accontentarsi di un cazzo solo se puoi averne centinaia?’.
Lungo tutto il tragitto Beatrice non parlò nemmeno una volta. Ebbe la bocca impegnata tutto il tempo. Essenzialmente era soltanto il toro a parlare, a dire stronzate sul fatto che la monogamia era una cosa assurda, una specie di costrizione sociale che ci rendeva infelici. Disse che l’idea di ritornare a casa e vedere sempre la stessa donna, ogni santo giorno, era una cosa che lo metteva di pessimo umore. E infatti lui non si era sposato.
‘Perché sposarmi se posso avere le donne degli altri?’ domandò divertito, e infilò una mano tra i capelli della mia Beatrice, accompagnandola nel movimento ipnotico della sua testa che andava su e giù sul suo enorme palo di carne. E devo dire che mi stupì molto la sua resistenza; voglio dire, la bocca della mia fidanzata non faceva prigionieri, nel senso che dopo due minuti di pompino intenso faceva sborrare chiunque. E invece il toro era già dieci minuti che aveva il cazzo nella bocca di lei, e nonostante questo sembrava ancora molto distante dall’eiaculazione.
‘Beh sai, certe volte anche la routine &egrave piacevole’ risposi. ‘Il pensiero che dopo una giornata di lavoro c’&egrave la donna che ami a casa ad attenderti’ io credo sia rassicurante’.
‘Rassicurante? Forse i primi tempi, quando la passione &egrave ancora viva, quando la tua donna per farti una sorpresa si fa trovare al tuo rientro in perizoma e calze autoreggenti, o magari con uno bodystocking nero da maiala. Ma poi la passione si consuma e quando rientri a casa dal lavoro quello che trovi &egrave soltanto una donna con un pigiamone di spugna e i capelli in disordine’.
‘Beh, questo &egrave soltanto quello che credi tu. Ma io sono convinto che se ami una donna, la ami anche con i capelli in disordine’.
‘Ragazzo, tu sei troppo romantico, e in un certo senso ti stimo, perché credi ancora alla favoletta dell’amore. Secondo me l’amore non esiste. Esiste soltanto il sesso’.
Il toro aveva una visione molto diversa della vita rispetto alla mia. Ma d’altronde uno che rimorchia una coppia su una spiaggia nudista per invitarla a casa propria e farci delle porcate insieme, che concezione dell’amore poteva avere?

Continua…

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Dopo un quarto d’ora di macchina arrivammo a destinazione. Il toro abitava in periferia, in un agglomerato di palazzoni cresciuto in mezzo al niente. Tutt’intorno c’era la campagna, e poi sorgevano questi mostri di cemento di una decina di piani ciascuno. La bellezza di questi giganti era nel fatto che erano di fronte al mare, ma poi per il resto erano isolati dal resto del mondo.
Il toro entrò in un cancello dal quale si accedeva al parcheggio dello stabile in cui si trovava il suo appartamento. A quel punto dissi che forse era meglio rivestirci prima di scendere dalla macchina, e lui mi disse che non ce n’era motivo. Gli altri condòmini erano persone che si facevano i fatti loro, quindi nessuno avrebbe avuto nulla da ridire se ci vedevano in quelle condizioni. E infatti sia lui che la mia Beatrice scesero dalla macchina con una sorprendente disinvoltura, e si avviarono mano nella mano verso il portone di uno dei palazzoni. Io invece ero un po’ in imbarazzo. Entrammo nell’androne e il toro chiamò l’ascensore, e proprio in quel momento una signora un po’ avanti con gli anni era appena sbucata dalla tromba delle scale, e quando ci vide a momenti le veniva un mezzo infarto. Il toro continuava ad avere un’erezione assurda, e la mia fidanzata, che come ben sapete era una transgender, con il suo corpo per metà maschile e per metà femminile non potette fare a meno di scatenare lo stupore della donna.
‘Signora!’ esultò lui. ‘Come va?’.
‘Bene’ rispose lei con un filo di voce. ‘Vedo che stasera &egrave in compagnia’.
‘Sì, stasera si tromba’ rispose il toro dando un sonoro sganassone sul culo burroso della mia Beatrice.
‘Bene’ rispose lei non sapendo cos’altro dire, e poi si defilò uscendo dallo stabile. Pensai subito che i vicini di casa del toro dovevano essere abituati a certe sue stramberie, perché la donna nonostante lo shock iniziale per averci visti tutti e tre nudi aveva reagito con una calma davvero notevole.
Finalmente arrivò l’ascensore e noi entrammo nella cabina, dove il toro e Beatrice iniziarono a fare un po’ di petting, e infatti lui la circondò da dietro con le braccia e gli premeva la sua enorme erezione in mezzo alle natiche, e nel frattempo le baciava il collo e le palpava le tette, e lei se lo lasciò fare con molto piacere. Ebbi subito l’impressione di essere di troppo. Che diavolo stavo facendo lì? Mi sentivo una specie di guardone che spia una coppia che sta facendo l’amore. La cosa avrebbe dovuto eccitarmi, perché in fin dei conti io ero sempre stato un cuck, proprio come mio padre. In passato infatti avevo già avuto un’esperienza del genere, con una ragazza con cui ero fidanzato. Però questa volta era diverso, perché Beatrice era completamente rapita da lui. Cio&egrave, non era una semplice esperienza cuckold, era piuttosto come se la mia fidanzata fosse pazza di lui. Ma ci si può innamorare così, nel giro di un paio di ore? Oppure stava soltanto fingendo? Devo dire che Beatrice era molto brava in questo. Per esempio con i clienti dello strip bar dove lavorava, spesso gli faceva credere di aver perso la testa per loro, e lo faceva con una credibilità degna di un’attrice di fama mondiale. E più gli diceva che era innamorata di loro e più loro la ricoprivano di denaro. Aveva un modo sorprendente di farlo. Si avvicinava con la bocca ad un orecchio e sussurrava una frase sdolcinata, tipo: ‘credo di essermi innamorata di te’. Era il suo modo di cucinarsi gli uomini. E nel novanta per cento dei casi ci riusciva, e loro cadevano ai suoi piedi.
Anche nell’ascensore infatti, ad un certo punto Beatrice accostò la bocca ad un orecchio del toro e gli sussurrò quella cosa: ‘credo di essermi innamorata di te’.
La mia fidanzata aveva colpito ancora. Il toro ormai era cotto.

Il toro aveva un nome. Io finora l’ho sempre chiamato così, perché mi dava appunto l’impressione di un toro. Era ben messo, aveva un corpo muscoloso ma non troppo da sembrare un canotto. E poi, come già ho detto nel post precedente, aveva un cazzo incredibile. Era insomma un vero bull di razza. Il suo nome era Ercole. Un nome molto appropriato, non credete? Tanto che io in principio non volevo crederci, e credevo che stesse scherzando. E invece lui mi disse che il suo nome era proprio quello: Ercole.
Non appena entrammo nell’appartamento mi resi conto che il toro, Ercole, abitava in una specie di tana. C’era molta confusione, preservativi usati dappertutto e lingerie porchissima buttata in ogni angolo (probabilmente erano i suoi trofei di caccia). Lui comunque si comportò da buon padrone di casa, facendoci fare un giro in tutte le stanze e poi alla fine ci offrì qualcosa da bere, un succo di frutta per la precisione, che bevemmo in piedi come tre amici che stavano brindando ad un’occasione speciale. Beatrice continuava a guardarlo con quegli occhi a cuoricino. Un po’ guardava lui, e un po’ guardava il suo grosso cazzo. Non riusciva a farne a meno di farlo. Ne era proprio innamorata. In effetti era uno spettacolo, e come vi dicevo nel post precedente anche io provavo una forma di attrazione verso di lui. Perché nasconderlo? Mi eccitava guardarlo, e mi eccitava maggiormente l’idea di poterci entrare in contatto, anche se la vedevo come una possibilità assai remota. Ero quasi certo che lui non me l’avrebbe permesso. Ma invece, come vi racconterò dopo, mi sbagliavo.
Ebbene, quando Beatrice ebbe finito di bere il suo succo di frutta, Ercole le prese il bicchiere dalle mani e lo posò gentilmente sul davanzale della finestra che dava sul mare. Eravamo all’ultimo piano e c’era una vista mozzafiato. Era venuto il momento di passare ai fatti. Il petting lo avevano già fatto in ascensore, quindi adesso potevano saltare questa parte e passare direttamente all’amore vero e proprio. E allora il toro prese la mia fidanzata per i capelli, ma gentilmente, senza tirare, e la fece inginocchiare davanti a lui. Beatrice si trovò di nuovo la sua trave davanti alla bocca, proprio come in macchina, e quindi lo riprese in bocca proprio come prima, in modo famelico, quasi come se non ne vedesse uno da anni e anni. E invece ne vedeva continuamente, come già vi ho detto, ma certamente non di quella portata. Perché di quella portata davvero se ne vedono pochi.
Io comunque non ero proprio a mio agio, nel senso che stavo rosicando non poco, non per il fatto in se che Beatrice stava facendo l’amore con un altro uomo, ma piuttosto perché lo stava facendo con tutta quella passione, quasi come se fosse completamente cotta di lui. Era questo che proprio non mi andava giù. E allora cercai di distrarmi, e allora diedi un’occhiata in giro; guardai dalla finestra quell’infinito oceano d’acqua che c’era fuori, ma ogni tanto mi giravo a sorvegliare quello che succedeva nel salotto, dove appunto la mia Beatrice stava facendo godere con la bocca il toro. Poi ad un certo punto decisero di spostarsi in camera da letto, dove sarebbero passati alla penetrazione anale, ma io gli dissi che potevano andare senza di me, e che avrei aspettato che avessero finito, per poi riprendere la mia fidanzata e andare via.
‘Davvero vuoi rimanere lì a guardare fuori dalla finestra?’ mi domandò Ercole. ‘Dai, non essere timido. Vieni a divertirti con noi’.
‘No grazie, non sono dell’umore giusto’.
‘Certo che sei proprio strano’ continuò. ‘Hai una fidanzata così gnocca e così porcella e dici di non essere dell’umore giusto. Cerca di divertirti di più, amico mio, che la vita &egrave breve’ e diede una bella sculacciata su una natica di Beatrice. Dopodiché se ne andarono in camera da letto, dove appunto la mia fidanzata si mise a quattro zampe sul materasso e lui gli si mise sopra, con le gambe curve su di lei e il cazzo premuto contro il suo buco del culo, e con delicatezza lo fece scivolare dentro (dopo averlo inondato di lubrificante) facendoglielo arrivare fino alle palle. A quel punto iniziò a pomparla di brutto, tenendole le mani sui fianchi, e ogni tanto sculacciandola poderosamente. Io ero rimasto fuori dalla camera da letto, ma sentivo bene cosa stava succedendo dentro. Sentivo la mia Beatrice rantolare come un animale ferito, e sentivo lui che ripeteva in continuazione sempre le stesse cose, quasi come una cantilena. Diceva: ‘lo senti? ce l’hai dentro fino alle budella’, oppure: ‘te lo sto facendo arrivare in bocca il mio bel cazzone’. E ogni tanto l’ammoniva, non so per quale motivo, forse perché lei voleva cambiare posizione, e allora lui: ‘stai giù’. E: ‘Stai buona, che non abbiamo ancora finito’. Era indubbio che era lui che stava comandando il gioco. Ma d’altronde non poteva essere altrimenti. Un bull come lui stava sempre al comando.
Ad un certo punto decisi di entrare anche io. Che diavolo! Mi dissi. Avrò il diritto di vedere cosa sta succedendo? Se devo dirla tutta lo feci più che altro per dimostrare a lui che quella situazione non mi dava fastidio nemmeno un po’. In verità era proprio il contrario. Non vedevo l’ora che fosse tutto finito. E appena varcai la soglia della camera da letto ebbi l’impressione di trovarmi di fronte ad una scena che aveva un qualcosa di selvaggio e primitivo, quasi come una lotta greco-romana, in cui due uomini si azzuffano coi loro corpi uno sopra l’altro, che non sai mai quanto &egrave effettivamente un incontro di lotta o un appassionato incontro amoroso. Lui aveva completamente sottomesso il corpo della mia fidanzata, tenendogli una mano premuta contro la schiena e quindi la teneva ferma e con il petto premuto contro le coperte del materasso, e lui le stava sopra e la penetrava analmente senza alcun freno, senza preoccuparsi minimamente se a lei stava piacendo oppure no. Sembrava inarrestabile come una macchina che aveva come unico scopo quello di distruggere il condotto anale della mia Beatrice. Però poi ad un certo punto lo fece uscire; era arrivato il momento della cumshot, e quindi fece mettere la mia fidanzata in ginocchio davanti a lui e gli piantò un’altra volta il cazzo in bocca, e lei lo prese quasi passivamente, era troppo esausta e stordita per poter fare qualsiasi cosa. Si lasciò semplicemente penetrare la bocca.
Il toro guardò verso di me e mi sorrise.
‘Se vuoi c’&egrave posto anche per te’ mi disse.
‘Per me?’ domandai sbigottito. Stava scherzando o stava dicendo sul serio? Non riuscivo a capire se voleva solo prendermi in giro oppure era una proposta concreta.
‘Sì, vieni a metterti qui, in ginocchio vicino alla tua fidanzata’.
‘E cosa ci vengo a fare?’.
‘Due bocche sono meglio di una’.
Non sapevo cosa fare. In fin dei conti come vi dicevo prima provavo un’irresistibile attrazione per l’enorme palo di carne di Ercole. E in quel momento sentivo il cuore battermi in modo incontrollato, e sentii le gambe tremarmi dall’eccitazione, sentivo che volevo farlo. Ma in verità avrei voluto farlo fin dal primo momento che lo avevo visto, lì alla spiaggia nudista. Soltanto che adesso quella fantasia si stava concretizzando, e io non dovevo fare altro che inginocchiarmi di fianco alla mia fidanzata e prenderlo in bocca. E allora mi avvicinai timidamente, e il toro mi tranquillizzò dicendomi che non avevo nulla da temere, che non c’era niente di male nel farlo. E quindi lo feci. Mi misi accanto a Beatrice e iniziai a lavorare di bocca anch’io. E fu bellissimo.

Continua…

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Quel doppio pompino insieme alla mia fidanzata cambiò ogni cosa. Si instaurò infatti un rapporto di complicità incredibile, che in qualche modo solidificò il nostro amore. Lo capii immediatamente, da come Beatrice mi guardava negli occhi mentre le nostre bocche percorrevano quell’enorme pezzo di carne. Il suo sguardo era molto eloquente, e mi parlava, mi diceva: ‘ti amo con tutta me stessa, perché stai facendo questa cosa con me, perché hai deciso finalmente di giocare con me insieme agli altri uomini’. Era come se fosse il suo sogno erotico da sempre, avere un fidanzato con cui condividere il piacere dei cazzi duri. Tra me e la mia fidanzata si era finalmente instaurata una sintonia che non c’era mai stata; prima era tutto diverso, io ero sempre stato molto innamorato di lei, e lei pure, ma non quanto me, perché lei amava anche gli altri uomini. Ma dopo quello che era successo quel giorno, cio&egrave dopo essere stati rimorchiati in spiaggia, e dopo aver avuto quel simultaneo rapporto orale, era come se si fosse aperto un mondo. Finalmente anche Beatrice aveva iniziato ad amarmi in modo incondizionato, come io amavo lei, perché aveva ormai trovato un ‘complice’. E cos’&egrave un rapporto d’amore se non un rapporto di complicità?
Comunque il toro, dopo aver eseguito una colossale cumshot sul viso di Beatrice (solo sul suo, io mi limitai a leccarle un po’ di sborra dalle guance), ci fece accomodare in soggiorno, e ci offrì qualcosa da bere, altro succo di frutta come prima di fare l’amore. Restammo nudi tutta la serata a chiacchierare e a conoscerci meglio. Poi verso mezzanotte ci accompagnò a casa in macchina. Ci scambiammo i numeri di telefono con la promessa di rivederci presto. E comunque certamente lo avremmo rivisto lì alla spiaggia nudista dove lui ci aveva rimorchiato, perché sia lui che noi ne eravamo dei frequentatori abituali.
Tra l’altro non so come, ma la voce che io e Beatrice eravamo una coppia facile da rimorchiare si era diffusa su tutta la spiaggia nudista. Forse perché eravamo un po’ come una piccola comunità, e quindi si sapeva tutto di tutti. Si sapeva infatti che la coppia con l’ombrellone verde era una coppia di mezza età a cui piacevano i giochi di sottomissione. E si sapeva anche che la coppia di ragazze con l’ombrellone a pois preferiva non essere disturbata per nessun motivo, quindi gli uomini in cerca di avventure dovevano stargli alla larga, altrimenti si sarebbero beccati un bel due di picche grosso come una casa. L’amore preferivano farlo da sole, e non avevano bisogno di uomini per essere appagate. E quindi, dopo essere stati rimorchiati dal toro, anche di me e Beatrice si venne a sapere tutto, e principalmente che eravamo una coppia facile da rimorchiare. E infatti furono numerosi i tentativi di rimorchio da parte di avventurieri in cerca di divertimento, a cui nella maggior parte dei casi non ci siamo mai sottratti. Insomma, la nostra vita intima diventò notevolmente appassionante e ricca di sorprese.
Certo non tutti approvavano quello che facevamo con gli altri uomini; le ragazze con l’ombrellone a pois, quelle che non volevano essere disturbate, spesso ci guardavano in malo modo. E una volta lessi il labiale di una delle due che diceva: ‘quei due mi fanno vomitare’. Si riferiva a noi, lo capii perché mentre diceva quella cosa guardava nella nostra direzione. Quindi era inequivocabile; stavano parlando di me e Beatrice. Ma d’altronde ero sempre preparato a questo genere di commenti, perché non tutti riuscivano ad accettare il nostro stile di vita. Alcune persone facevano persino fatica ad accettare il fatto che Beatrice non era una ragazza come tutte le altre; Beatrice era per metà uomo, e per alcuni era motivo di imbarazzo e disgusto. Per farvi un esempio vi racconterò un episodio che era successo proprio in spiaggia. Devo premettere però che la spiaggia nudista che eravamo soliti frequentare, da tutti ribattezzata ‘l’ultimo scoglio’ per via di uno scoglio molto imponente che delimitava la zona naturista, era spesso meta di curiosi provenienti da altri lidi dove il costume da bagno era d’obbligo. Ci venivano per la morbosa curiosità di vedere noi che non avevamo alcun problema ad andare in giro nudi. E alcuni ci guardavano con disgusto. Un giorno vidi due donne in costume da bagno che provenivano dall’altra parte dello scoglio (dove appunto il nudismo era vietato); erano entrambe sui cinquant’anni, e venivano verso di noi. Io e Beatrice eravamo a riva, con l’acqua che ci arrivava alle caviglie, intenti a goderci il sole e la brezza marina. Le due donne ci passarono accanto, e vidi una di loro guardare in modo sdegnoso la mia fidanzata. Dopo averla squadrata dalla testa ai piedi disse una cosa molto cattiva: ‘che schifo. Certe cose ti fanno passare la voglia di vivere’. Nonostante lo avesse detto a bassa voce, in modo da farsi sentire soltanto dalla sua amica, ero sicuro che Beatrice avesse sentito bene quelle parole, ma fece finta di niente. Forse ci era abituata. Io invece mi intristii molto, perché quelle parole mi fecero davvero male.
Possibile che certe persone fossero così cattive e insensibili da criticare e denigrare una persona pur non conoscendola? E per quale motivo poi? Cosa aveva fatto di male la mia Beatrice a quella donna? Assolutamente niente. Eppure lei si era arrogata il diritto di criticarla, soltanto perché era una transgender. Il fatto &egrave che per certe persone, soprattutto se hanno il cervello poco sviluppato, la diversità &egrave percepita come una minaccia. Quella donna aveva detto che Beatrice le faceva passare la voglia di vivere, ma lo sapete cos’&egrave invece che la fa passare a me? Il fatto che ci siano bestie che la pensano in questo modo. Se non ci fossero sarebbe un mondo perfetto.
A quel punto provai per la mia fidanzata un incredibile tenerezza, e allora l’abbracciai da dietro e iniziai a tempestarle il collo e le spalle di baci, e le sussurrai che era speciale sotto ogni punto di vista, e lei mi rispose semplicemente: ‘lo so’. E con le mani le accarezzai il corpo, raggiunsi le tette e le strinsi con desiderio. Intanto il mio cazzo si era indurito in modo indecente, e premeva in mezzo alle sue natiche. Aveva voglia di entrare nel suo condotto anale. Iniziarono a guardarci tutti perché quello che stavamo facendo era puro esibizionismo. E a qualcuno piaceva, tranne che alle ragazze con l’ombrellone a pois, le quali erano poco avvezze a questo genere di effusioni in pubblico. Però gli altri sembravano apprezzare molto, perché non c’&egrave cosa più bella che vedere due innamorati che fanno l’amore.
Ovviamente non &egrave che tutti vedevano la mia Beatrice con gli occhi dell’odio e dell’intolleranza, c’era anche chi la guardava come una diva, e mi riferisco ai suoi numerosi ammiratori che bazzicavano lo strip bar dove lavorava. Per alcuni di loro la mia fidanzata era una vera e propria dea del sesso da venerare in ginocchio. E spesso la ricoprivano di regali costosi, tipo bracciali d’argento, collier di perle e vestiti da sera provenienti da atelier molto importanti. Ovviamente mi rendevo conto benissimo che ogni regalo che le veniva fatto corrispondeva a un pompino o a una penetrazione anale. Ma lei ormai non me lo nascondeva più. Prima me lo aveva tenuto nascosto, ma adesso mi diceva ogni cosa. E io sapevo bene che quando c’era un cliente piuttosto facoltoso lei lo portava nei priv&egrave dello strip bar e si faceva fare il culo o lo sbocchinava per bene. Ecco perché tutti quei regali.
Mi aveva raccontato in particolare di uno di questi clienti ‘facoltosi’, il quale lei lo aveva ribattezzato Godzilla, perché aveva un cazzo decisamente grosso. Aveva all’incirca quarant’anni ed era sposato, però veniva lì allo strip bar per evadere dalla monotonia della sua vita coniugale. Ebbene, ogni volta che andava al locale i suoi occhi cercavano esclusivamente la mia Beatrice. Le regalava spesso delle cospicue somme di denaro, e allora lei lo portava nel priv&egrave. Non appena entravano lui le saltava letteralmente addosso; aveva una voglia di farsela che non ci capiva più niente. Era una vera furia, e allora lei prima gli faceva un pompino e poi si metteva in ginocchio sul divanetto dandogli le spalle e il busto piegato in avanti, con le natiche oscenamente aperte e il buco del culo ben in mostra, e allora lui a quel punto la faceva sua, afferrandola per i fianchi e chiavandosela di brutto. Poi dopo aver sborrato (lo facevano col preservativo, e quindi la sua sborra si riversava copiosa tutta nel serbatoio del condom) si rivestiva frettolosamente e scappava letteralmente via, salutandola a stento.
‘Secondo te perché si comporta così?’ mi chiese dopo avermi raccontato di questo Godzilla, come lo chiamava lei.
‘Forse perché essendo sposato ha il rimorso di aver appena tradito la moglie con una transgender’ mi sembrava l’ipotesi più plausibile.
Probabilmente Godzilla quando arrivava allo strip bar era così arrapato che perdeva completamente la ragione, e poi gli ritornava soltanto dopo aver sborrato. Però comunque Beatrice mi disse che se fosse stato come dicevo io allora non sarebbe più dovuto ritornare, e invece lui puntualmente si rifaceva vivo nel fine settimana e se la scopava, e poi di nuovo se ne andava via senza dire una parola.
‘Il fatto &egrave che agli uomini quando parte il cervello a causa delle loro pulsioni sessuali non riescono a controllarsi’ risposi. ‘Poi dopo essere stati appagati ripensano a quello che hanno fatto. Alcuni uomini si ficcano in guai seri per questo motivo’.

Continua…

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Godzilla ritornò a fare visita alla mia fidanzata. Non ne poteva fare a meno. La mia Beatrice era il suo appuntamento settimanale che gli permetteva di dimenticare il fatto di essere un uomo infelice. Perché secondo me questo era Godzilla, un uomo malato di infelicità, e la mia Beatrice era la sua medicina. Però questa volta la mia fidanzata cercò di parlargli; di solito lui non ne voleva sapere di parlare, voleva andare soltanto nel priv&egrave e farsela. Beatrice invece, dopo averlo portato nel priv&egrave e dopo aver chiuso accuratamente la tenda rossa che assicurava la privacy del cliente, gli domandò se aveva voglia di parlare. Ma lui le saltò addosso, come ogni volta, e si tirò fuori il cazzo già bello dritto e pronto per l’amore. Ma Beatrice cercò di calmarlo, dicendogli che non doveva avere tutta quella fretta, perché avevano tutto il tempo che volevano per godere. Ma lui non poteva aspettare, voleva (anzi, doveva) farlo subito, e allora l’afferrò per i capelli e la fece inginocchiare davanti al suo enorme palo di carne, piantandoglielo davanti alla bocca e attendendo che lei facesse il suo lavoro.
‘Ok, se proprio non puoi aspettare allora l’amore lo facciamo subito, ma devi promettermi che una di queste sere mi porti a cena fuori’.
‘Va bene, ma adesso inizia a sbocchinare come sai fare tu, ti prego’ rispose lui quasi in preda ad una crisi di astinenza. Voleva la sua dose settimanale di Beatrice, e la voleva subito.
‘Con noi ci sarà anche il mio fidanzato’ gli disse. ‘Mi piacerebbe fartelo conoscere. Ti va?’.
‘Sì sì, tutto quello che vuoi, ma adesso comincia’ a quel punto Godzilla afferrò il suo cazzo dalla base e lo mise in bocca a Beatrice, e lei iniziò a lavorarselo per bene.
E così due giorni dopo andammo a cena fuori con Godzilla. Beatrice mi disse che non credeva che avrebbe mantenuto la promessa. Credeva che lui avesse detto di sì solo per farla stare zitta e metterle il cazzo in bocca. E invece poi lui le aveva mandato un messaggio su what’s up e aveva confermato l’appuntamento. Così, dopo aver finito di lavorare, andai a casa di Beatrice ad aiutarla a scegliere il vestito da indossare per quella cena. Lei voleva mettere su un vestito che fosse elegante ma allo stesso tempo molto porco. E devo dire che non fu affatto difficile trovarne uno; Beatrice infatti aveva una ricca collezione di abiti da utilizzare a seconda delle situazioni che le si presentavano. Così scelse un vestito molto corto, con un’apertura dietro che le metteva a nudo la schiena, e davanti aveva uno scollo molto generoso che ero certo che avrebbe messo a dura prova le sue tette, dal momento che avrebbero tentato di scivolare fuori in continuazione.
Mentre lei si truccava, con maniacale attenzione per i dettagli, io mi misi a curiosare un po’ in giro. Il monolocale in cui viveva era sempre in disordine. La cucina poi, era piena di piatti sporchi e avanzi di cibo dappertutto. Beatrice non era mai stata fissata con l’ordine. Più che un appartamento sembrava la tana di un’animale selvatico. Spesso glielo facevo notare e lei scoppiava a ridere. Mi diceva: ‘stai dicendo che sono un’animale?’. E io: ‘sì, una pantera assetata di sesso’. E lei: ‘ah sì?’. Le piaceva un casino quando le dicevo che era una pantera, e allora lei a quel punto si comportava appunto come se lo fosse, e mi saltava addosso facendo finta di darmi dei morsi. E poi di solito quando faceva così finiva che facevamo l’amore.
Tra la sua roba sparpagliata in giro c’erano anche i suoi sex toys: butt-plug, vibratori, masturbatori e dildo di ogni colore e dimensione. Una volta gliene avevo regalato uno io di sex toys, era un butt plug con una coda nera. Non so se ne avete mai visti, ma ci sono dei butt plug che hanno una coda attaccata all’estremità. Si infila il giocattolo nel buco del culo e quindi poi sembra che chi lo indossa abbia una coda. E io gliene avevo comprato uno con una coda nera tipo quella di una pantera, perché appunto lei impazziva quando le dicevo che assomigliava a quel felino gigante. Quel butt plug caudato le piaceva così tanto che lo indossava molto spesso quando facevamo l’amore. Ovviamente poi ad un certo punto lo toglieva per fare spazio a me.
Voi forse non ci crederete, ma la mia fidanzata aveva dei dildo grossi quasi un metro. Io non ci potevo credere che riuscisse ad infilarseli su per il culo, e infatti una volta glielo dissi. E allora lei mi rispose che invece sì, ce la faceva. E allora me ne diede la prova. Ne prese uno e se lo fece scivolare nel condotto anale in tutta la sua interezza. Io non potetti credere ai miei occhi; era riuscita a farsi entrare in culo quella montagna di silicone, senza neppure troppe difficoltà. Beatrice aveva certamente il culo molto allenato, ma non avevo mai visto una cosa del genere. La mia fidanzata era una vera e propria acrobata del sesso anale. Non c’era nulla che non riuscisse a infilarsi dentro. Aveva il culo così sfondato che per lei infilarsi quel dildo di un metro dentro era una passeggiata. E infatti la pratica di infilarsi di tutto nell’orifizio anale era uno dei suoi numeri che faceva quando si esibiva allo strip bar. Una volta si era infilata ben sei arance nel culo, e poi le aveva risputate fuori sul suo pubblico, il quale rimaneva sempre estasiato di fronte a questo tipo di performance. Beatrice non aveva limiti. Si infilava dentro tutto ciò che voleva, con una disinvoltura impressionante.
Ma ritorniamo alla cena con Godzilla, il cliente dello strip bar che spesso Beatrice portava nel priv&egrave per farci l’amore. A breve sarebbe passato a prenderci con la sua auto, e poi saremmo andati a mangiare. La mia fidanzata era in bagno che stava finendo di truccarsi, e io stavo curiosando tra le sue cose e incappai in alcune fotografie che erano attaccate con delle calamite al frigorifero della cucina. Erano foto che ritraevano lei in svariate occasioni, per esempio insieme alle sue amiche (la maggior parte delle quali erano transgender come lei). Poi c’era anche una fotografia che ritraeva noi due, e ricordo anche quando era stata scattata; avevamo appena finito di fare l’amore, e lei aveva voluto scattare quella fotografia di noi due nudi stretti in un tenero abbraccio. E poco più sotto di questa immagine c’era la fotografia di un giovane bello come il sole, con uno sguardo penetrante e seducente da felino. Era al mare, in costume da bagno a slip, e aveva un fisico atletico e la pelle liscia come la seta. Era la mia Beatrice prima di diventare donna. Dai suoi occhi si evinceva una cospicua dose di insicurezza e un grande conflitto interiore che probabilmente stava affrontando in quel periodo, poco prima di diventare la Beatrice che ho conosciuto io.
Intanto lei aveva finito di truccarsi ed era uscita dal bagno, e venne verso di me che intanto ero rimasto in cucina a contemplare quella fotografia. La vidi arrivare con quel vestito da sera molto provocante, e sui suoi tacchi a spillo che donavano ai suoi movimenti un’eleganza e una sensualità che avrebbe fatto invidia a qualsiasi ragazza.
‘Questa foto &egrave bellissima’ le dissi indicandogliela. ‘Sai, avrei sempre voluto chiederti qual’era il tuo nome prima di diventare Beatrice’ era una cosa che non le avevo mai chiesto fino a quel momento, forse perché avevo paura di sentirmi dire che non aveva voglia di dirmelo.
‘Che importanza ha?’ mi chiese. ‘Ormai quel ragazzo della fotografia non esiste più’.
‘Beh, questo non &egrave vero. Quel ragazzo sei tu. Hai cambiato aspetto e forma, ma sei sempre tu’.
‘Perché ti interessa così tanto? L’importante &egrave che adesso c’&egrave la tua Beatrice’.
Praticamente non voleva dirmelo, e allora lasciai perdere. Perché insistere se non era ancora pronta per parlarmi del suo passato? Forse un giorno l’avrebbe fatto, e io potevo aspettare. Per il momento avevamo un appuntamento con Godzilla, il quale passò a prenderci in macchina e poi ci portò a cena in un ristorante che conosceva lui, in aperta campagna e quindi lontano da occhi indiscreti. Lungo il tragitto Godzilla era già arrapato come un toro. Era l’effetto che gli faceva la mia Beatrice. Vederla scatenava in lui voglie porchissime incontrollabili, e a quel punto si trasformava, da uomo comune quale era diventava una specie di predatore sessuale senza scrupoli, che poi si placava soltanto dopo aver sborrato. E quindi durante il tragitto ad un certo punto, proprio mentre stava guidando, si tirò giù la lampo dei pantaloni e fece uscire fuori il suo enorme cazzo. Io ero seduto dietro, ma riuscii comunque a vederlo, e allora capii perché la mia Beatrice lo aveva ribattezzato Godzilla. Poi mise una mano dietro la nuca della mia fidanzata, che era seduta accanto a lui, e cercò di farla abbassare sulla sua erezione per mettergliela in bocca, ma lei si divincolò.
‘Aspetta tesoro’ protestò. ‘Che fretta hai? Abbiamo tutta la notte’.
‘Non vedi quanto sono arrapato? Dai, ti prego. Fammi venire con la bocca, come sai fare tu. Non posso aspettare’.
‘Amore prova a rilassarti’ rispose Beatrice. ‘Goditi l’attesa, e vedrai che dopo sarà ancora più bello’.
Ma Godzilla era già al settimo cielo, e aspettare sarebbe stato un vero tormento. Ma la mia Beatrice era stata molto convincente, così lui sbuffò e rimise il cazzo duro dentro i pantaloni e tirò su la lampo. D’altronde lui non lo capiva perché era troppo arrapato, ma venire subito equivaleva a rovinare la serata. E invece la mia fidanzata lo sapeva bene, e quindi aveva deciso di temporeggiare.
‘Hai sempre così tanta fretta di venire’ gli disse. ‘Facciamo l’amore e poi scappi via come un ladro. Stasera invece ho voglia di conoscerti meglio. Ho portato anche il mio fidanzato perché gli parlo spesso di te, e quindi volevo presentartelo’.
‘Secondo me lo hai portato perché gli piace guardare’ rispose lui con un tono davvero poco amichevole, quasi come se la mia presenza in qualche modo lo mettesse di cattivo umore.
‘In realtà l’ho portato con me perché siamo molto innamorati’ continuò lei. ‘E ci piace condividere le cose’.
Godzilla era di umore nero, perché era arrapato da far schifo e la mia fidanzata al momento non voleva saperne di accontentarlo. Lei cercò di farlo parlare, di fargli raccontare qualcosa della sua vita, ma lui rispondeva in modo svogliato. Era evidente che non aveva voglia di parlare, ma soltanto di chiavarsi Beatrice. Ma se lei si fosse lasciata montare subito probabilmente la serata si sarebbe conclusa lì.
‘Tesoro, io non sono solo un buco da riempire’ gli disse la mia fidanzata accarezzandogli delicatamente il viso. ‘Forse tu non te ne sei accorto, ma oltre al condotto anale ho anche dei sentimenti’.
‘Lo so, lo so’ rispose Godzilla con un filo di voce. Era talmente eccitato che le parole gli uscivano a stento.
‘E allora visto che lo sai perché continui a trattarmi come una puttana?’ il tono di voce di Beatrice non era affatto polemico, anche se poteva sembrarlo, ma al contrario era un modo di parlare molto affettuoso, molto dolce. Era come se stesse cercando di farlo ragionare e di tranquillizzare l’animale assetato di sesso che albergava in lui. In verità in ognuno di noi c’&egrave un’animale assetato di sesso, ma il suo era così feroce e prepotente che gli annebbiava la mente. E in quel momento la mia fidanzata stava cercando il modo di addomesticarlo. Ed ero quasi certo che ci sarebbe riuscita.

Continua…

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http://paradisodisteesabri.blogspot.com/2018/04/goditi-lattesa.html Indubbiamente Godzilla aveva un problema a controllare la sua voglia di sesso. Era una mina vagante, pronta a tutto, a qualsiasi tipo di esperienza. E Beatrice era come se si fosse messa in testa di addestrarlo a controllare questi suoi irrefrenabili impulsi. Non so se lo faceva per una specie di sfida personale, per dimostrare a se stessa che era capace di questo ed altro, o semplicemente perché provava per lui una certa simpatia, e per questo motivo stava cercando di aiutarlo. Certo era che con quel vestito da sera che indossava era molto difficile tenere a freno i propri istinti primordiali. Era una gnocca colossale con il corpo in bella mostra che quell’abito così corto e indecente riusciva a nascondere a stento.
Eravamo arrivati al ristorante e avevamo cominciato a cenare; in sala ci guardavano tutti, perché obiettivamente Beatrice era vestita come una puttana, e di conseguenza io e Godzilla potevamo essere dei clienti che dopo avrebbero passato con lei tutta la notte, in un osceno triangolo amoroso. Ma lei era abituata a quel genere di cose. Era pur sempre una transgender, per cui le persone la guardavano o con morboso desiderio o con disprezzo. Perché per la società lei non era né carne né pesce. Lei era appunto una creatura dal sesso indefinito. E quando c’&egrave qualcosa di indefinito la gente ha paura e quindi alza la guardia. Per me invece Beatrice era semplicemente la mia fidanzata, e io mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo, e in fin dei conti mi importava poco di quello che pensava la gente. Tanto tutto ciò che pensa la gente &egrave sbagliato.
Ma ritorniamo alla cena, e a Godzilla, il quale ormai si era decisamente calmato. Non so come, ma Beatrice era riuscita a placare l’animale feroce che era dentro di lui. Quasi come se gli avesse messo il guinzaglio e gli avesse detto di stare buono. E quindi adesso riusciva anche a parlare, non come prima quando eravamo in macchina, che rispondeva in modo svogliato. Adesso sembrava più sereno, e quindi capace di ragionare.
‘Parlami di tua moglie’ gli disse lei ad un certo punto mettendogli una mano sulla sua in modo amorevole.
‘Perché?’ domandò lui.
‘Perché se vieni allo strip bar per fare l’amore con me vuol dire che con lei c’&egrave qualcosa che non funziona’.
Godzilla fece di no con la testa. Ma non disse altro. Non ne voleva parlare. Si limitò soltanto a fare quel no con la testa. E aveva ragione. Nel senso che non &egrave che c’era qualcosa che non funzionava con sua moglie, piuttosto c’era qualcosa che non funzionava con lui. Era lui il problema, che non riusciva a controllarsi. E questo lo avevamo capito sia io che Beatrice. Ma dal momento che lui non aveva voglia di parlarne allora la discussione ebbe vita breve.
‘Vedo che non ne vuoi parlare’ gli disse la mia fidanzata, ‘ma lascia che ti dica soltanto una cosa, e cio&egrave che io non ti giudico. Di quello che fai con tua moglie non me ne importa niente. La cosa a cui tengo di più &egrave che tu riesca ad avere una vita sessuale serena’.
Dopo cena Godzilla ci riaccompagnò a casa. Ma ad un certo punto dovette fermarsi lungo la strada, perché Beatrice aveva deciso di ‘premiarlo’ per essere stato buono tutta la serata, e quindi di aver resistito tutto quel tempo. E quindi mentre stava guidando la mia fidanzata gli aveva tirato giù la lampo dei pantaloni e glielo aveva tirato fuori e aveva cominciato a fargli un colossale pompino. Così, dopo cinque minuti di bocca, Godzilla decise che era meglio accostare la macchina per passare dalla bocca al buco del culo. E allora uscimmo dalla macchina; eravamo praticamente in aperta campagna, per cui non poteva vederci nessuno. Ogni tanto passava un’auto con gli abbaglianti, ma noi eravamo messi dietro quindi non potevano vederci. Beatrice si era messa con le mani contro l’auto e si era piegata in avanti, con il culo ben aperto, il perizoma tirato giù all’altezza delle caviglie, e Godzilla la penetrava in modo furioso tenendola per i fianchi.
Io non sapevo con esattezza cosa fare. La mia fidanzata continuava a guardarmi, aspettandosi da parte mia qualcosa. Rimanere lì a guardare non sembrava una cosa che poteva accettare. E allora mi avvicinai e sgattaiolai sotto le sue cosce, mettendomi a sedere con la schiena contro lo sportello della macchina e il viso rivolto verso il suo sesso. Iniziai a leccarle le palle, mentre Godzilla da dietro la inculava e io sentivo l’energia delle sue spinte contro il corpo della mia fidanzata, e quindi a causa dei contraccolpi i testicoli di Beatrice mi sbattevano sulla bocca. Poi ad un certo punto lei fece uscire l’enorme trave di Godzilla dal suo condotto anale e se la fece passare tra le cosce, facendomelo sbucare davanti alla bocca, e quindi iniziai a fargli un pompino e lui non pretestò, anzi sembrava piacergli. Ma solo per una manciata di minuti, perché poi lo rimise in culo alla mia fidanzata. Altre feroci stantuffate fino a quando prese Beatrice per un braccio e la fece girare e la fece mettere inginocchio, proprio accanto a me, piantandogli il suo enorme pezzo di carne sulla faccia, e lei lo prese in bocca fino a farlo sborrare copiosamente, e poi alla fine mi diede un bacio e la mia lingua entrò nella sua bocca piena di sborra. E lei a quel punto mi fece un sorriso di complicità; era divertita dal nostro gioco di squadra, che aveva indubbiamente rafforzato il nostro rapporto.
Ma adesso che lui aveva eiaculato il gioco era finito, e infatti ci disse di ritornare in macchina perché era ora di ritornare a casa. E lungo il tragitto non ci fu verso di farlo parlare. Dopo aver fatto l’amore Godzilla si chiuse nel suo solito silenzio, e ci restò fino a quando non arrivammo a casa di Beatrice. A quel punto ci fece scendere dalla vettura e diede dei soldi alla mia fidanzata, e lei li prese senza esitare, ma io le dissi di ridarglieli perché non aveva senso. Perché prendere quel denaro?
‘Perché ce l’ha offerto lui’ mi rispose. ‘Io non gli ho chiesto niente’.
‘Sì ma noi non ne abbiamo bisogno’ le dissi sottovoce. ‘Non siamo mica mercenari?’.
Allora a quel punto Beatrice si guardò le banconote che aveva in mano e dopo aver riflettuto per qualche istante le ridiede al suo legittimo proprietario, passandoglieli attraverso il finestrino abbassato.
‘Riprendili’ disse a Godzilla. ‘Non ne abbiamo bisogno. Se stasera abbiamo fatto l’amore con te &egrave perché ci andava di farlo, e non per battere cassa. Non siamo mercenari’.
Beatrice era veramente speciale, e io ero l’uomo più fortunato del mondo, perché ero il suo fidanzato.
Qualche giorno dopo la cena, Godzilla ci invitò a passare il fine settimana a casa sua. La moglie era andata a trovare dei parenti a Bolzano, per cui lui aveva la fantastica opportunità di godersi la mia fidanzata tra le mura di casa sua, in piena libertà. In realtà la proposta era rivolta soltanto a lei, però poi Beatrice gli aveva chiesto: ‘può venire anche il mio fidanzato?’. E lui: ‘preferirei stare da solo con te’. E a quel punto la mia Beatrice gli disse: ‘mi dispiace, ma non si può fare. Allo strip bar sì, puoi avermi anche da sola, perché lì si tratta di lavoro. Ma fuori dal contesto lavorativo io e il mio fidanzato siamo indivisibili. Quindi se vuoi chiavarmi lo devi fare in sua presenza, sennò niente’. Questo fatto la dice lunga su quanto fosse cambiato il nostro rapporto, perché una volta non avrebbe esitato ad andarci da sola, perché lei non sapeva rinunciare alle avventure con gli altri uomini. Ma da quando ci avevano rimorchiato alla spiaggia nudista era cambiato tutto; eravamo diventati inseparabili, e quindi affamati di nuove esperienze da fare insieme. Beatrice aveva capito di aver trovato in me non soltanto un fidanzato, ma anche un complice con cui condividere le proprie scappatelle con gli altri uomini. Come se per lei fosse più appagante farlo insieme che farlo da sola.
Godzilla non abitava in città, ma in un paese di mare a venti chilometri di distanza. Aveva un appartamento all’ultimo piano di una palazzina, con un terrazzo con una vista sorprendente che dava sul mare. L’appartamento era enorme e molto ordinato; sua moglie doveva essere una psicopatica ossessionata dalla pulizia, perché non c’era un filo di polvere nemmeno per sbaglio, e poi tutto era al suo posto, e i pavimenti erano così puliti da sembrare degli specchi. Tutto l’opposto di casa di Beatrice che invece, come già vi ho detto in precedenza, sembrava la tana di un animale selvatico.
Quando la mia fidanzata vide il terrazzo rimase semplicemente estasiata, e in effetti potevo capirla. Da quell’altezza avevamo una visuale completa di tutto il golfo e in qualche modo sembrava di possederlo. Sembrava di avercelo ai nostri piedi. E Beatrice si avvicinò alla balaustra per guardare quello scenario in tutti i suoi particolari, e con le mani si aggrappò alla ringhiera piegando il busto in avanti, per cui io e Godzilla che eravamo rimasti dietro potevamo goderci oltre che a quel paesaggio anche la mia Beatrice che mettendosi in quella posizione (forse senza accorgersene) aveva messo a nudo il suo bel culone burroso, perché gli orli del suo vestito a causa della posizione si erano tirati su fin sopra i glutei.
A quel punto vidi Godzilla andarle dietro, richiamato dallo spettacolare corpo della mia fidanzata, e allora l’abbracciò da dietro premendogli la sua enorme erezione contro il culo. Perché lui era già in erezione. Lo era sempre quando era in presenza della mia Beatrice. E nel frattempo le baciava il collo, e lei piegò la testa di lato per lasciarglielo fare.
‘Già vuoi scopare?’ gli chiese. ‘Siamo appena arrivati’.
‘Lo so ma io ti voglio subito’ rispose lui. ‘Ti trovo irresistibile. Me lo fai diventare subito duro’.
‘Rilassati amore, abbiamo un sacco di tempo per farlo’.

Continua…

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