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La moglie dell’ingegnere – 2. Un sogno ricorrente

By 31 Gennaio 2022No Comments

Ha salito di corsa i tre scalini della veranda e… è rimasto imbambolato a guardarmi. “Oddio -ho pensato- gli ho fatto paura”, perché certo non dovevo essere un grande spettacolo nella mia abituale tenuta casalinga: tuta da ginnastica sformata, ma comodissima, e scarpette da ritmica. Le maniche tirate su e le mani impiastricciate di Philadelfia e zucchero, gli ho fatto cenno di accomodarsi, ma quello non si è mosso. Carino però… un po’ mingherlino, magari, e nemmeno tanto alto (poco più di me, a occhio) ma con due spalle belle larghe e un bel paio di occhi chiari su una carnagione scura. E continuava a stare lì a guardarmi… e di botto mi sono resa conto che la cerniera della tuta era semiaperta, e quello che lui fissava era un spicchio di carne nuda, l’attaccatura di un seno, e doveva anche piacergli perché non riusciva a staccare gli occhi.
Uno guardo denso, pesante, quasi una mano insinuante dentro alla tuta a carezzarmi il seno, e per togliermi dall’imbarazzo mi sono voltata facendogli cenno di seguirmi. Nel breve tragitto fino alla camera da letto ho rapidamente e con nonchalance tirato su la cerniera, accorgendomi di avere i capezzoli inturgiditi: io sarò anche stata in imbarazzo, ma loro evidentemente avevano gradito.
Non so cosa abbia pensato quel ragazzo che poteva essere mio figlio e che poco prima mi aveva quasi spogliata con gli occhi quando mi ha visto entrare in camera da letto, ma non è certo colpa mia se l’idromassaggio sta nel bagno “padronale”: l’idea come al solito è venuta all’ingegnere, e ci ha speso fior di quattrini, perché hanno dovuto letteralmente ricostruire un pezzo di casa.
01ezzo di casa. Il risultato è una stanza da bagno splendida, con una jacuzzi matrimoniale… che avremo usato si e no dieci volte in dieci anni, e che ora ha iniziato a perdere acqua, macchiando il soffitto della tavernetta che sta proprio lì sotto.

“Glielo faccio un caffè?” chiedo voltandomi prima di lasciarlo lì, con la sua vasca da bagno e il suo baule degli attrezzi. “Sì, grazie” balbetta mentre mi sembra di cogliere nei suoi occhi un’ombra di delusione alla vista della lampo tirata su fino al mento. E mi rifugio in cucina, dal mio cheesecake e dal suo caffè, mentre sotto alla tuta ora pudicamente chiusa continuo a sentire il calore di quello sguardo e i miei capezzoli restano ostinatamente eretti.

I miei capezzoli: sono la parte di me che più mi piace, e a 48 anni sembrano ancora quelli di un’adolescente, anche perché, strenua sostenitrice dello svezzamento precoce, ho allattato poco. E poi, evidentemente, la materia prima era buona, e avere un seno piccolo alla fine ha i suoi vantaggi, anche se magari l’ingegnere mi avrebbe preferito tettona. Forse, con una bella quinta, non mi avrebbe lasciato tanto sola… chissà se ha un’altra, da qualche parte del mondo, con due tette monumentali… chissà se mi tradisce…

Io a lui non l’ho mai tradito. O meglio, in questi ultimi tempi mi è capitato di farlo, ma solo in sogno. E’ un sogno ricorrente, sempre lo stesso: c’è uno sconosciuto nel mio letto, di cui non riesco a vedere la faccia perché è coperta dal lenzuolo; è disteso a pancia in su e il suo sesso è oscenamente eretto. Mi fa paura, ma non riesco a fare a meno di salirgli sopra e cavalcarlo furiosamente fino a che non mi sveglio con le pulsazioni a 180, sudata fradicia e con un lago tra le cosce… allora, mi basta toccarmi leggermente con le dita per scivolare in un orgasmo liberatorio.

Il borbottio della moka mi risveglia dalle mie fantasticherie…

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