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La psicanalisi è una gran chiavata.

By 10 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Leslie è già lì che mi aspetta, infilata dentro un completo confezionato appositamente per lei, visto che le aderisce al corpo come una seconda pelle, accentuando le sue curve in modo pressoché delizioso. Una gonna nera, una camicia bianca generosamente sbottonata e una giacca sfiancata legata solo in fondo ad articolare il punto vita. E’ così sicura di se che nemmeno ha bisogno di guardarmi, in compenso sta senza dubbio germogliando la certezza che io le stia fissando lo spacco fra i seni, volutamente scoperto per stimolare la mia fantasia e lasciarmi immaginare come finisca quella svolta spezzata dal tessuto. Sorride appena, il che mi lascia dedurre si ritenga soddisfatta di trovarmi lì nonostante l’episodio precedente, ma dopotutto non ho mai meditato di darle buca considerata la mia faccia tosta. Chiudo la porta e mi slaccio il giubbotto, lanciandolo sul bracciolo del divanetto dove vado a sedermi subito dopo, occupandone il centro. Restiamo in silenzio per una manciata di minuti, lei scavalla le gambe e le riaccavalla cambiando quella di base senza lasciarmi indovinare il colore della sua biancheria, inforca gli occhiali e sbatte la penna a click sul blocchetto scoperchiandone la punta, preparandosi ad appuntare i presunti segreti della mia psiche. L’ora è tarda, rispetto alla volta scorsa, e l’ufficio è immerso nella luce calda di un abat-jour da scrivania e qualche lampada lunga disposta agli angoli della stanza. Il suo profumo è mescolato a quello degli altri pazienti, ma riesco a distinguerlo per quella nota zuccherina che mi ricorda le feste invernali, le bancarelle di dolciumi sotto Natale. Soffio dentro la pellicola di gomma che ho steso sulla lingua e gonfio un palloncino rosa BigBabol che mi lascio scoppiare sulla bocca, riprendendo a masticare in silenzio. Lei aspetta che sia io il primo a parlare, e sostiene il mio sguardo in comoda attesa, senza mai guardare l’orologio ne accennare a spezzare questo suo sacro rituale. E’ singolare il modo in cui non si scompone mai, rimanendo inflessibile come fosse un automa; persino il suo respiro è moderato e mi toglie il gusto di osservarle il petto: forse non era poi così scontata quella scollatura. Spendo un altro minuto a rimuginare, e alla fine mi decido a parlare.
“Toccati.” è tutto ciò che le concedo, ma dal modo in cui mi guarda, senza muoversi ne rispondermi, capisco di non essere stato sufficientemente convincente e le sottopongo la mia teoria.
“Non dai mai la tua opinione, restando sempre in silenzio ad ascoltare. Sei impeccabile praticamente su tutta la linea professionale e sicuramente ti sei laureata con il massimo dei voti, troppo ambiziosa per commettere errori. Non vorrei lusingarti eccessivamente dicendo che sei perfetta nel tuo lavoro, ma apparentemente è così. Tuttavia in cinque minuti hai mandato a puttane ogni tuo principio etico: hai sorriso, ti sei esposta, mi hai succhiato l’uccello e non hai annullato il nostro appuntamento di oggi rifilandomi a qualche tuo collega. Quindi o sei un’alcolista con più problemi di me oppure, cosa che ritengo più opportuna, io ho ragione”
Lei accenna un sorriso mascherato dalla penombra, si china a posare il blocco e la penna sul tavolino che ci divide, accanto agli occhiali, e torna a poggiare la schiena contro la spalliera della sua poltroncina. Sembra una regina appena incoronata seduta sul suo trono, ed è con immensa eleganza che si slaccia la giacca.
“Sei piuttosto sveglio per uno della tua età” mentre lo dice divarica adagio le cosce, aggrappandosi al bordo inferiore della gonna che solleva fino a svelare le estremità delle autoreggenti e la trama in pizzo della biancheria nera.
“è mio padre il fesso che sostiene il contrario..” le faccio notare, mettendomi comodo per gustarmi lo spettacolo gentilmente offerto dal su detto fesso.
Il silenzio che scende tra noi dilata i suoni lievi prodotti dalle sue dita che sfregano adagio l’intimo, massaggiandone un po’ la cima prima di ricalcare la curva della vagina arrivando in prossimità del buchetto; con il medio scosta la stoffa trasparente, bloccando con l’indice un labbro del sesso che apre oscenamente rendendomi fin troppo chiaro l’insinuarsi di tutta la falange all’interno della fessura umida. Procede tremendamente piano, quasi dovesse abituarsi a quel corpo estraneo che seguita ad intrufolarsi dentro, e fa riemergere unto di umori; si scioglie poco a poco, e trovo adorabile il modo in cui reclina il collo e svuota ogni volta la bocca da un sospiro corposo, verso la sua spalla, tenendosi discreta come una ragazzina inesperta al primo approccio con il suo corpo, sprimacciandosi timidamente una mammella con la mano libera. Posso sentire il suo respiro ingombrare lo spazio, amplificato dall’assenza di rumori, rimescolarsi all’ambiente caldo fino a raggiungere il centro del mio petto dove il cuore scalpita pompandomi fiotti di sangue all’uccello. L’erezione comincia a diventare dolorosa, soffocata dentro i jeans, e prendo a sbottonarli, alla cieca, continuando ad osservarla. Avrà poco più di trent’anni, ma attualmente ne dimostra dieci in meno, senza l’ingessatura di quegli abiti castigati e scevra della professionalità che la distingue. Riesce a suggestionarmi, incantandomi con un semplice movimento delle labbra mosse per bere l’aria, un minimo cenno delle spalle volto a contenere gli spasmi, la maniera in cui piega un po’ le gambe dissimulando i brividi che le fanno tremare la voce ridotta ad un soffio indistinguibile, un lamento sbriciolato. Mi prendo il cazzo in mano e comincio a menarmelo piuttosto distrattamente, tengo una presa leggera, stringendola solo di tanto in tanto in prossimità della cappella. Lei mi spia da sotto le ciglia, dandomi il profilo, e vado in un brodo di giuggiole quando la vedo inumidirsi le labbra divorandomi il membro con occhiate fameliche. Riesumo  il ricordo della sua bocca attorno al mio pisello e con il polpastrello dell’indice ricreo la sensazione che mi dava il suo piercing appena sotto il frenulo; spingo e disegno un cerchio finché non mi ritrovo sotto la soglia della mia coscienza e capisco di star perdendo il controllo della realtà. Lascio perdere la masturbazione prima di superare il confine che mi sono imposto e impugno l’asta alla base per mantenerla in posizione verticale, scuotendola debolmente per attirare a me Leslie.
“Vieni a prenderlo” le suggerisco, centellinando gli ultimi movimenti della sua mano fra le cosce.
Leslie ritrae le dita e considera la mia offerta con sofferente pazienza, ripulendo i liquidi del suo piacere con la lingua, succhiandosi un polpastrello alla volta. Poi si alza, sfila intorno al tavolino lasciva come l’accordo musicale dei suoi respiri, facendosi scivolare la giacca oltre le spalle e lasciandola cadere a terra. Una volta di fronte a me solleva un ginocchio, affonda il tacco della scarpa nel cuscino oltre la mia coscia e aggrappatasi ai miei capelli si spinge in piedi sul divano, a gambe aperte. Mi preme due dita in bocca, offrendomi parte del suo sapore istigato dalla vicinanza con la sua fica, e quando rovista sotto la mia lingua alla ricerca del chewingum capisco l’antifona. Le lascio prendere la gomma e aspetto di vederla scomparire fra le sue labbra, prima di bloccarle un fianco e invitarla a sbattermi il suo sesso sotto il naso. Slitto un po’ più in basso, afflosciandomi meglio contro lo schienale così da riuscire ad entrarle fra le cosce senza che il collo ne risenta, aprendo le labbra per strusciarle l’inferiore lungo la divisione delle sue carni, oltre le quali insinuo la lingua poco dopo. Lei si tende, arcua la schiena tenendosi saldamente alle mie ciocche strette nel pugno, e freme ogni volta che le sfioro il clitoride. Ripercorro un paio di volte la sua vulva con il piatto del muscolo e poi mi soffermo a schiaffeggiarle rapidamente il piccolo pene sporgente che mi sta offrendo, gonfio e pulsante. Inerpico la mano fino al suo seno, lasciandogliela raccogliere a metà strada per farmi guidare fino alla coppa, facendole gestire la presa, usando l’altra per scoparla, trapanandola gentilmente con indice e medio, aspettando che siano i suoi ansiti a dirmi quando accelerare. Il suo sapore mi inebria al punto che quasi dimentico di respirare, lecco e succhio, mi sbrodolo il mento, ma non sono certo di riuscire a prendere aria, soffocato tra la peluria bionda e il calore delle sue membra che mi strofina in faccia prendendosi il piacere che vuole, come lo vuole, obbligandomi a ciucciare più forte quando mi lascia andare la mano e si aggrappa con entrambe le sue alla mia testa, godendo più apertamente, fiera come un’amazzone. La guardo contorcersi a lungo, accaldata e fuori controllo e mi rendo conto che sta per venire dal modo in cui contrae il ventre, tremante e frenetica. Accelero a mia volta il sali e scendi delle falangi, spingendogliele tanto a fondo da sentire indolenzirsi il polso, attaccandomi al suo clitoride come un disperato per non mollarlo e accompagnarla nell’orgasmo che raggiunge con un grido incosciente a capo di una scala crescente di gemiti. Non la smette di dimenarsi e vibrare, e mi permette di approfittarne quando con un movimento deciso la spingo a piegare le gambe mettendola a cavallo delle mie; è un attimo e il mio cazzo le affonda nelle viscere senza problemi vincolandola a lamenti più copiosi che soffoca dentro la mia bocca, premendovi forte le labbra. Cerca il mio ventre presso cui sfregarsi, ancora eccitata e insaziabile, dondolandosi e impalandosi senza sosta, contrapponendosi al mio andarle incontro con il bacino, trillando ogni volta che le separo le natiche e le richiudo ben strette rincarando i suoi slanci. “Vengo.. sto venendo di nuovo! Ancora..!” lo ripete più volte, con sempre più foga, e ogni parola mi infonde nei lombi scariche elettriche bollenti che mi sciabordano lo stomaco e i pensieri. “Vieni..” la esorto, pregando con lei senza controllo, ormai destinato a raggiungerla, lasciandomi leccare confusamente il mento madido di saliva e umori, incrociando a tratti la sua lingua nell’ardore di quella corsa al piacere che mi tende i muscoli della braccia accrescendo la forza di ogni affondo rabbioso decantato dai respiri affannati. La precedo, liberandomi del primo fiotto di sperma con un ringhio contenuto che si fa più rauco e alto al secondo e si confonde ai lamenti di Leslie dal terzo in poi, quando ormai piena del mio succo caldo si abbandona al secondo coito con una processione di singhiozzi febbricitanti, quasi sofferti. Le sue dita ancora appese ai miei capelli mi fanno godere maggiormente di quell’amplesso e non riesco a fermarne l’agitazione vorace che ancora la muove portandola ad inghiottirmi il membro, mungerlo con ingorde contrazioni interne. Il sudore mi fa bruciare gli occhi e la pelle e mi accorgo realmente di come anche lei sia spossata solo quando cerco di riprendere fiato, cappottato e ormai del tutto immerso nella fossa del divano. Ha il viso arrossato, le labbra gonfie e roventi e gli occhi liquidi come quelli di una bambina; ne scorgo il languore sotto il velo di lacrime, il suo costante desiderio che tarda a scemare riuscendo solo a farla decelerare seguendo il corso dell’ultima fase della mia erezione. Non vuole lasciarlo andare. Trattengo una mezza risata appagata dentro il petto e le spalle, limitandomi a sorriderle e venendo ricambiato. Tiro fuori la lingua e lei è lì, pronta a prenderla e a giocarci; me l’avvolge con la sua, la succhia per un po’ con la stessa dedizione avuta in precedenza per il mio cazzo prima di lasciarmi vincere la sua bocca e farsi semplicemente pomiciare. Il debito di ossigeno è ancora troppo alto per essere saldato, ma il cuore si placa, un tanto alla volta.
“l’ora sarà quasi finita” considero, senza staccarmi troppo dalle sue labbra caldissime.
“dovremmo trovarti qualche disturbo impegnativo..” ribatte lei alitandomi sul viso, ancora scossa. La sua voce è un filo di miele fuso che mi cola in bocca.
“scopri se c’è qualche sindrome legata al mio costante arrapamento”
“credo che questo dipenda soltanto dal fatto che sei un adolescente..”
“hn.. e questo dipinge te come una vera donnaccia perversa..” accompagno il mio tono insubordinato con una mimica significativa che le strappa una risata breve e sporca di fatica.
“diciamo che fra un paio d’anni potrei rinsavire..” propone lei, sbottonandosi con un’ironia sottile.
“fra un paio d’anni mio padre sarà al verde, di questo passo..”
 “vorrà dire che una volta ripulite le sue tasche ti porterò con me in brasile”
“stai per caso facendo progetti?”
“ho speranza di realizzarne?”
“.. ne dubito”
“sei troppo sincero”
“è un disturbo abbastanza impegnativo..?” lei si adegua al mio sorriso e non aggiunge altro, rilasciandosi alle mie labbra.

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