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Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

La schiava di tutti

By 21 Aprile 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Finalmente libera.

Credevo.
Invece la mia è una condanna a vita. Ora lo so.
Lo so che manco da tanto, che forse chi mi legge si chiede chi sia… beh c’è tanto di chi ero nei primi racconti che avevo postato qui, poi tutto è cambiato.
Ero talmente ingenua da pensare che uno come lui potesse essere interessato davvero a me.
Pensavo che le cose che mi faceva fare fossero il segno della mia appartenenza a lui.
Sua, completamente. La sua concubina, la sua geisha, la sua schiava.
Se penso alle cose che mi ha fatto… che mi ha fatto fare…
Negli ultimi tre anni avrò indossato la biancheria intima sì e no per 5 giorni al mese. Quei giorni, in cui grazie al cielo era abbastanza ragionevole da lasciarmelo fare.
Il conto è semplice 180 giorni su 1100. Otto giorni su dieci ero nuda sotto solo perché lui voleva così, solo perché lui sarebbe potuto comparire all’improvviso e controllare.
Chissà cosa mia avrebbe fatto se mi avesse trovato ad indossarle senza giustificazione.
L’effetto che gli faceva scoprirmi senza lo ricordo bene…
“Brava troietta.” Mi sussurrava. Com’era dolce vero? che soprannome vezzeggiativo… non che non lo fossi per lui… 
E poi mi trascinava nel primo posto utile, che fosse una toilette, un angolo di strada particolarmente buio, la sua auto e lì dovevo completare il servizio. Da brava troietta il fatto di aver adempiuto ai suoi ordini non mi dava diritto a un premio o ad essere trattata con riguardo, avevo fatto niente di più che il mio dovere che consisteva anche nel dare piacere a lui, senza pretenderne indietro per me.
il mio piacere consisteva nel realizzare il suo.
E allora era quasi sempre la mia bocca ad essere utilizzata.
Dico così perché era raro che si lasciasse fare un pompino. Quello che quasi sempre voleva era usarmi e la mia bocca non sfuggiva certo a questo suo modo di vederla.
Sentivo le sue mani sulla testa, a coprirmi le orecchie e tenermi immobile, rilassavo la mascella perché il compito non era agevole, lui mi spingeva quel maestoso attrezzo che madre natura gli ha fornito, fin dove gli pareva, per tutto il tempo che gli pareva, con la velocità che più gli sembrava adeguata.
Quanto sbavavo. Lui se ne accorgeva e passava all’altro mio vezzeggiativo “Cagna”
Poi mi riempiva la bocca. E io mi sentivo anche grata del dono…
Molto spesso il suo interesse per me si esauriva lì e io potevo tornarmene a fare quello che stavo facendo prima che si manifestasse. Tornare a lavoro, ogni tanto si presentava al mio lavoro solo per il gusto di vedermi andare in panico a chiedere a qualche collega di coprirmi dieci minuti, tornare dai miei amici o dal mio ragazzo.
Già… perché per sua volontà ho anche avuto due ragazzi in questi tra anni.
Loro mi corteggiavano e su suo ordine io mi ero messa con loro.
Credo che gli piacesse l’idea di cenare nello stesso ristorante dove stavo con l’ignaro fidanzato, fottermi nei cessi e rispedirmi da lui ancora grondante dei suoi umori. O con il suo sapore ancora in bocca, pronta per gustarmi una cena romantica.
Ma tutte queste sono solo storie passate. Magari mano a mano verranno fuori.
Chissà.
Questo potrebbe essere il mio nuovo diario in effetti.
Perché quel titolo? Semplice… Lui mi ha lasciata. Liberata dice lui. Ma prima ci ha tenuto a dimostrarmi che non ero una sua proprietà esclusiva, che in realtà in tutti questi mesi era stato solo un caso che mi avesse usato solo lui.
Mi ha mandato un amico. Naturalmente io non sapevo fosse amico suo…
Si è presentato in negozio e ha puntato dritto a me.
“Posso aiutarla?” ho chiesto cortese.
“In effetti sì, credo di avere un problema di misure”
“Con un nostro capo?”
“Vieni con me troietta. Voglio verificare se il mio uccello è della giusta misura per il tuo culo.”
Una frase assurda ma pronunciata con un tono sicuro ed un’autorità glaciale, con due occhi decisi puntati nei mie… che si sono abbassati.
“Rosa, puoi coprirmi dieci minuti?”
Un uomo distinto, forse sulla cinquantina, mani grandi e forti, un cazzo di tutto rispetto che mi spingeva nella bocca con decisione prima di sollevarmi, voltarmi e piegarmi a novanta.
Anche a lui piaceva scoparmi così. Da dietro, io giù, senza poterlo guardare, il suo uccello dentro il mio sedere…
Ha fatto quello che voleva e poi in un gesto quasi tenero mi ha sfilato le mutandine che, come gesto di ribellione, avevo ricominciato ad indossare.
“Lui me l’ha detto che le avresti avute su e mi ha anche detto di dirti che sei una troietta. Anche se non più la sua troietta. E che le troiette non portano gli slip.”

E io, obbediente, eseguo…

 Ho preso un gatto.

Gli ho dato il tuo nome, un nome importante, adatto a un Dio, a un Padrone e quindi perché no a un gatto. Così mi sembra di essere ancora una volta la tua schiava. Dopotutto il comportamento del gatto è così simile al tuo. Egoisticamente mi cerca solo per soddisfare i propri e mi ricompensa centellinando le sue attenzioni come premio.

Che si tratti di dargli da mangiare e bere oppure di farti un pompino mentre guardi un film o leccarti i piedi durante la corsa delle moto, dove sta la differenza?

Per il resto mi sono autoreclusa in casa perché anche così la mia condizione di cronica sottomissione mi sta procurando notevoli disagi.

A parte il vecchio che mi hai mandato, c’è il mio capo che non ha mai capito come mai mi lasciassi fottere da lui a suo piacimento e che adesso sembra aver tirato fuori un briciolo di pallevedendo che non lo cercavo più è venuto lui a pretendere le mie attenzioni.

Lo sai quanto mi faccia schifo avere quel viscido ciccione addosso eppure, ne sarei certamente fiero, non sono stata in grado di negarmi a lui quando mi ha chiamata nel suo ufficio, ha chiuso la porta e mi ha rimproverata di averlo lasciato a secco per tanti giorni.

Non poteva credere alle sue orecchie quando mi sono scusata con lui e probabilmente nemmeno si aspettava che avrei acconsentito di passare la mia pausa pranzo accucciata sotto alla sua scrivania, a succhiarglielo mentre chiudeva il bilancio dei saldi di primavera.

Non avevo mai continuato a succhiare un cazzo per così danto tempo dopo averlo lasciato esplodere tra le mie labbra, ha fatto in tempo a riprendersi, a fare il bis fino a farmi bere i suoi riasugli.

Il suo “sei una deliziosa troietta” non mi è suonato nemmeno lontanamente lusinghiero come i tuoi ma che vuoi farci, forse a te farà piacere lo stesso saperlo.

E poi c’è il mio vero problema.

A casa mi hanno vista giù di morale in queso periodo ma siccome ufficialmente il mio ultimo ragazzo e io avevamo rotto da quasi un anno nessuno ha capito realmente che stavo passando, nessuno a parte Daniele.

Quando si è offerto di riaccompagnarmi a casa non pensavo avesse un doppio fine. Il neomarito di mia sorella e io avevamo chiarito da tempo e avevamo deciso di lasciare nel passato la nostra breve parentesi sessuale.

Invece in auto, senza apparente motivo, se ne esce con un “Allora, cos’è successo? Il tuo Padrone ti ha abbandonata?”

Sono rimasta gelata. Mai avrei pensato che qualcuno della mia vita vera sapesse dell’altra me. Non ho detto niente, ha proseguito lui. “Sei tu che mi hai fatto scoprire il mondo dei racconti erotici e io mi sono appassionato. E dai tuoi comportamenti ho capito che da un sacco di tempo avevi a che fare con un dominatore. Sempre così remissiva, così disinteressata e così controllata. Io so com’eri, lo capivo che era la volontà di un’altro che eseguivi. Ti ho vista più di una volta senza intimo.”

Che senso aveva mentirgli se aveva capito tutto? Gli ho confermato che mi avevi liberata.

“Ho sempre desiderato avere un’occasione. Perchè anna, sai, io credo che mi piaccia dominare.”

Ho provato a chiedere che intendesse ma ormai eravamo sotto casa mia. Non era nemmeno così tardi, volevo solo rifugiarmi nel mio piccolo mondo sicuro quando lui ha insistito. “Prima di andare a casa, devi succhiarmelo.”

Non scherzava e il suo tono non ammetteva repliche e così, parcheggiati di fronte a dove vivo, con la possibilità che chiunque potesse vederci, mi sono abbassata tra le sue gambe.

Un uccello che conoscevo bene, che avevo desiderato da morire, che avevo accolto con piacere adesso mi veniva cacciato in gola senza nessun riguardo e la mia bocca veniva usata come un buco, come eri solito fare tu, da una persona che una volta le bramava e le accarazzava con le sue.

Alla fine non me l’ha fatta bere, evidentemente non mi riteneva degna o trovava molto più divertente rimandarmi a casa imbrattata del suo seme. Ne ero praticamente ricoperta, dai capelli alla scollatura.

Piaceva anche a te…

Evidentemente impara in fretta.

“Ci divertiremo io e te” Mi ha salutata.

E’ passato un bel po’ di tempo da questi fatti, settimane. Sarebbe ripetitivo parlare del capo e del suo quotidiano bisogno di svuotarsi le palle, degli esperimenti di Daniele che si è lanciato nello studio del Bondage, e mi lega, anche per ore, e poi mi fotte come meglio crede mentre sono immobilizzata, che mi assegna umilianti compiti che io puntualmente non eseguo, perchè finchè non ce l’ho davanti riesco a non sentirmi sottomessa a lui. Perché non lo riconosco come pardone.

Certo, si incazza e mi punisce quando lo scopre, ma che posso farci?

E adesso il mio viscido vicino che ha scoperto che le frequenti visite di Daniele non sono solo di cortesia. Che ha fotografato un paio di situazioni compromettenti e minaccia di sputtanarci se non sto al suo gioco.

Insomma. Volevo solo farti sapere fino a che punto mi hai rovinato la vita.

Comunque tua.

 

Fiocco di neve.

Com’è diverso il sesso libero, da quello sottomesso e da quello che, ahimè temo sperimenterò presto, ti viene imposto con la minaccia di un ricatto.

Ad ogni modo stamattina mi sono svegliata con la voglia di scopare. Ma non di concedermi a un prevaricatore, bensì di sedurne uno a caso e pretendere da lui un piacere almeno paragonabile a quello che io avrei dato a lui.

Sono state le mie recenti conversazioni via mail, secondo me, a farmi tornare la voglia di prendere in mano la situazione. Non sai che sensazione di benessere ricacciare in faccia, anche se solo virtualmente, la loro spocchiosa arroganza a tutti quei sedicenti masterucoli che mi hanno scritto da quando scrivo di nuovo.

Ti dirò di più ero, proprio decisa a farmi il primo accettabile che capitava sottotiro.

Ero sveglia da poco, fresca di doccia, nuda in giro per casa quando ha suonato il citofono.

All’improvviso mi sono ricordata di aver comprato dei libri su internet, di solito le consegne DHL le fanno un paio di ragazzi entrambi davvero carini, uno dei due quasi certamente straniero.

Dopo avergli aperto, supplicandolo di salire invece di far scendere me, mi sono stretta nella mia vestaglia di seta, sono sicura che sai di quale parlo.

Era quello dei due che non è straniero o perlomeno che parla meglio Italiano.

Quando ha suonato, gli ho aperto e poi mi sono spostata all’interno, obbligandolo ad entrare. Mentre mi consegnava il piccolo pacco i suoi occhi percorrevano avidamente ogni centimetro della mia pelle.

Ad essere onesta non mi ero stretta poi tanto in quella vestaglia.

Gli ho chiesto scusa, dicendogli che ero appena uscita dalla doccia quando ha suonato e gli ho offerto qualcosa da bere per sdebitarmi.

Di solito vanno maledettamente di fretta ma stranamente ha accettato.

E sorseggiava da quel bicchiere lentamente, mangiandomi con gli occhi senza nemmeno provare a nascondrelo, mentre io stavo seduta sul bordo del divano e scartavo i libri.

Gli ho chiesto se il suo lavoro è duro, se lo obbliano a lavorare troppe ore e se invece può prendersi delle pause di relax ogni tanto.

La sua risposta, mentre giochicchiavo coi lembi della vestaglia è stata secca, non poteva perdere tempo perché in ogni caso doveva finire le sue consegne e ne aveva per otto ore piene.

Poco tempo per gli extra, poco tempo per gli imprevisti.

Allora, ormai io ero decisa e lui sembrava disponibile, ho scostato ancora i lembi della vestaglia dicendogli che non era il caso di perdere altro tempo.

Ed è stato al gioco, lasciando a me l’iniziativa, senza darmi della troia, senza insulti e denigrazioni, si è avvicinato e ha infilato le mani nella vestaglia, accarezzandomi i seni.

Accarezzare, non strizzare o strapazzare.

M sono sentita infinitamente grata per tanta delicatezza ed è stato incredibilmente naturale slacciargli i pantaloni della divisa, abbassarglieli e cominciare ad accarezzarlo.

Non so nemmeno da quanto tempo non facevo un pompino. A te non credo di averne mai fatti, non me lo avresti mai permesso perché il controllo, il potere, in quel caso sarebbe stato mio.

E invece qui non c’era nessuna mano a spingermi e a tirarmi, le spinte pelviche erano appena accennate per farmi intuire quale ritmo avrebbe gradito maggiormente.

Non me la sono potuta prendere comoda, sapevo che aveva i minuti contati, così mi sono limitata a succhiarglielo dolcemente, facendolo scorrere tra le labbra e sulla lingua, accarezzandogli le palle e leccandoglielo constatando che non c’è bisogno di avere un cazzo di dimensioni spropositate per sentirsi delle gran pompinare.

Certo, prendere il tuo tutto in bocca è stata una sfida esaltante da vincere. Sentirti gemere soddisfatto quando la mia faccia era premuta contro il tuo inguine, non aveva prezzo. Ma un arnese più normale te lo puoi giostrare alla grandissima tra le labbra e a lui pareva piacere almeno quanto piaceva a te scoparmi la bocca.

Lo vedevo che stava vivendo un sogno ad occhi aperti e chiedergli come mi voleva prendere è stato il tocco finale.

Mi ha presa e mi ha girata piegandomi poi sul tavolo.

E’ stato meraviglioso sentirlo frugare, accarezzare, saggiare la mia eccitazione.

Mi ha trovata pronta. Lo volevo eccome.

E ha cominciato a scoparmi, con foga certo ma una foga passionale.

È stato sublime, ho goduto subito, intensamente, beandomi di ogni spinta successiva che faceva rimontare e poi scemare di nuovo il formicolio tra le cosce.

Meraviglioso.

Credo che m’avrebbe scopata ancora a lungo, cercanodo di godersela almeno quanto stava godendo.

Allucinante eh? Il primo che incontri che riesce a fare le cose giuste. Giustissime.

Così ho pensato che meritasse un tocco di intensità maggiore. Sono sgusciata via e mi sono inginocchiata ai suoi piedi, riprendendo a succhiarglielo ma stavolta con un tocco più selvaggio, cercando di scoparmi la bocca col suo uccello.

Una cosa buffa…

Volevo la sua sborra dritta in gola e le sue mani sulla testa mi hanno fatto capire che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Ha spinto e spinto e spinto fino a esplodere.

Stupendo sentirlo vibrare e godere, quasi incredulo.

Mi sono rialzata quasi subito, sorridendogli.

Quasi buffo vederlo tentennare sul baciarmi o meno.

L’ho mandato via, quasi bruscamente, dicendogli che era stato forte e che magari la prossima volta potremmo prendeci più tempo ma che ora avevo bisogno di una doccia.

Un’altra doccia.

E poi sono rimasta un’ora sotto la doccia. Chiedendomi quale sia la cosa giusta da fare. Quel pezzo di merda vuole che tronchi con Daniele. Il che mi sta benissimo e starà bene anche a lui se non vuole essere sputtanato ma se lo vuole è solo per prenderne il posto.

A questo punto non so se mi va di farmi usare da un vecchio porco per salvare il matrimonio di mia sorella.

E in ogni caso è colpa tua.

 

Stupida io che continuo ad appartenerti.

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