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Racconti Erotici Etero

La sveltina nel bagno. storia vera

By 23 Maggio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

A e io stavamo insieme da qualche settimana.
La nostra era la classica relazione che non ti aspetti: sempre amici, lei bella ma irraggiungibile, io intelligente ma sfigato. Il classico Nerd che non ha possibilità.

O così credevo.
Una sera a una cena lei mi fece capire che le piacevo e passammo buona parte del viaggio in treno per tornare a casa a limonare.
Non fossimo stati su un treno con telecamere avremmo anche fatto di più…

I giorni successivi furono costellati da scambi di messaggi, masturbazioni a distanza, telefonate erotiche e attesa, molta attesa.
Dato che lavoravamo nello stesso posto ma con orari diversi, era semplice vedersi ma difficilissimo farlo come qualcosa di più che amici.
Per guadagnare spazio e tempo con lei presi ad accompagnarla alla stazione. Un giorno arrivammo troppo tardi e dovemmo quindi aspettare il treno successivo.
Mi venne un’idea.

Avevamo già sfruttato i pochissimi momenti di intimità sul lavoro per pomiciare. in quegli istanti mi riprendevo quel che la vita mi aveva spesso negato.
Ora però volevo di più e sapevo come ottenerlo.

A era lì, accanto a me. Una bellezza d’ebano, capelli crespi, pelle scura, labbra carnose.
Soffocai l’impulso di saltarle addosso, imponendomi un minimo di freddezza e le chiesi se avrebbe voluto andare in bagno.
Non era necessario che specificassi per cosa.

Due secondi dopo eravamo nel bagno degli handicappati.
Era l’unico in condizioni decenti dato che non ci entrava mai nessuno.
A era un vulcano. Le nostre bocche stavano esplorandosi a vicenda, le nostre lingue si cercavano. I nostri corpi erano in fiamme.
Le abbassai i jeans mentre lei faceva lo stesso con me. Prese in mano il mio cazzo iniziando a segarlo.
Era brava.
Le abbassai le mutandine e immersi due dita nella sua fica pelosa. Calda e bagnata, proprio come pensavo.
Lei incominciò ad ansimare, dicendomi di continuare, di andare avanti così.
L’accontentai iniziando a scoparla con due dita.
Notai che sanguinava. Ero però certo che non fosse vergine.

non mi importava.
Lei stava per farmi venire e io non volevo essere da meno. Aumentai il ritmo mentre la mia mano sinistra le scavava tra le gambe. Solo per vedere che altro c’era… Risalì verso i seni, pizzicandole i capezzoli.
Presi poi a masturbarla con ambo le mani, trovando e perdendo il clitoride un paio di volte.
Poi, con le dita dentro di lei sentii qualcosa. Uno spasmo che divenne il preludio a un bolo di fluidi che inzupparono la mia mano, le sue cosce e atterrarono esattamente sulle sue mutandine, bagnandole tantissimo.
L’odore era forte, mi piaceva.
Sorrise. Sorrisi anche io. A aveva goduto.

“Bastardo!”, escalmò notando la macchia visibilissima sugli slip.
Sorrisi: se voleva insultarmi, avrebbe dovuto evitare di dirlo sorridendo e con tono gioioso, sembrava più che mi dicesse Bel lavoro piuttosto…
Avrei voluto andare avanti ma il treno stava arrivando e dovevamo andare.
Ci ricomponemmo, la baciai e partimmo. Chiaro, nel bagno della stazione io e A ci avevamo dato dentro di brutto. Comunque, dopo altri due episodi così, entrambi sentimmo la necessità di qualcosa di diverso, di più intimo.

Ora… Sarebbe giusto sottolineare che A aveva il fidanzato. Uno stronzo di dieci anni più vecchio di lei, geloso come non so cosa e incapace di scoparla a dovere. Quel che lui non le aveva mai dato per anni con tutto il corpo, io gliel’avevo dato in meno di mezz’ora con due dita.

Il tempo passò. Lei cambiò posto di lavoro e alla fine, tenendoci in contatto, riuscimmo a incontrarci. Casa mia era libera quel giorno ed entrambi volevamo qualcosa di più di un gabinetto…

Appena arrivati a casa mia passai qualche secondo a mostrargliela. Di più era impossibile: avevo un erezione equina e neanche lei sembrava voler ritardare ulteriormente.
Arrivati in camera avevamo iniziato a spogliarci. Io spogliavo lei e lei denudava me. Non badammo molto a dove finirono i vestiti, cosa che ci portò a sparpagliarli per metà della stanza.

In qualche istante fummo nudi e la spinsi sul letto. Ci avvinghiammo rotolandoci tra le coperte, assaggiandoci, esplorandoci mentre la facevo mia diventando suo.
Il suo odore era selvatico. Non un cattivo odore solo un odore non civilizzato, un retaggio dell’Africa profonda da cui A proveniva. La morsi, l’amplesso aumentò in frenesia e velocità, con lei che gemeva dicendo di amarmi, di volermi. Rotolammo tra le coltri mentre lei mi baciava come se volesse divorarmi.
E io che senza tregua la penetravo, la toccavo, la leccavo, la facevo mia in ogni modo e maniera possibili. Gemiti e ansiti divennero i soli suoni di sottofondo.

Chiaramente ci fermammo un istante. Io non ero ancora venuto. Lei godeva da dio. Un bellissimo vantaggio del sottoscritto era che avevo la capacità di riuscire a trattenermi.
CI alzammo e su suo suggerimento, iniziammo a farlo in piedi, con lei radente al muro. Volevamo sperimentare tutto. Lei mi avvolse, quasi divorandomi il cazzo con la fica.

Quando alla fine godetti, non dentro di lei ovviamente giuro che quasi svenni. Lei? lei praticamente squirtò. Comunque la parte migliore fu il dopo. Non c’era più bisogno di parlare o di fare. Il sesso ci aveva consumati, bruciati.

E questa é in breve la narrazione della mia prima vera scopata con A.
Chiaramente la nostra storia non fu tutta rose e fiori. Ci furono anche brutti momenti, litigi e difficoltà.
Le affrontammo. Eravamo due esseri che si amavano e questo ci rendeva invincibili.

O così credevo.

Ci lasciammo qualche mese fa in seguito a un casino paradossalmente combinato da lei. Un’avvenimento che spezzò la mia fiducia in lei.
Non mi tradì, anzi. C’era da dire che non eravamo fidanzati. Lei stava ancora con quel pirla e io non volevo farle pressione. Affrontavamo l’argomento ma lei semplicemente non riusciva a lasciarlo.
E finché io potevo vederla, parlarle e farmela, mi andava a anche bene.
Poi avvenne il fatto.
Lei scaricò prontamente la colpa su di me ma c’era da dire che un problema simile era già inclusivo di entrambi.
E dopo quel colloquio con i capi, io le telefonai per chiarirle che non potevo sempre essere quello che rischiava. Lei si scomodava pochissimo e anche se per un po’ mi era andata bene, ora non era più il caso.
Dopo quella telefonata semplicemente lei sparì. &egrave ancora una ferita profonda considerando che sono quattro mesi che ci siamo lasciati.

Ma non voglio rievocare un dolore simile bensì cercare di trovare felicità nei ricordi migliori con lei.
Mi ricordo le passeggiate in centro, i baci lievi in pubblico, le telefonate. Tutto quanto.
Ma i miei ricordi migliori sono altri e penso che ora non ci sia nulla di male a condividerli con tutti voi.

Chiariamo una cosa: il nostro non era l’amore da “io ti amo, voglio stare con te per sempre”. Era diverso.
Potrei passare ore a parlarne. Invece credo che vi descriverò alcune cose.
A e io c’eravamo amati in molti modi. Eravamo complici, colleghi, amici e a volte anche solo amanti.
Ed erano i momenti più belli.

Non importava il quando o il dove. Non importava nemmeno tanto il pericolo di essere visti da qualcuno. A e io avevamo in comune una certa capacità di spegnere il cervello. Un impulso di assoluta libido che annichiliva la logica riducendoci a un solo desiderio.
Godere e far godere.
Come ho detto, il dove non era rilevante.
Era più rilevante il quando o, meglio ancora, il quanto.
Le nostre acrobazie amorose potevano prendere da pochi minuti a ore intere.

Si cominciava sempre coi baci. Se fuori erano solo un modo per dichiarare al mondo che c’eravamo, appena trovavamo un posto o un momento buono per sfogare i nostri peggiori istinti (o forse i migliori, sotto un certo punto di vista) la prima cosa che facevamo, prima ancora di spogliarci, o di anche solo pensare a una dinamica in una situazione in cui l’esistenza di dinamiche é affidata al solo istinto, erano i baci.
Baci profondi, baci che da quelli teneri, casti e sottili che ci scambiavamo fuori divenivano animaleschi.
Feroci.
Non nel senso che ci ferivamo o mordevamo: non eravamo mai arrivati a tanto. Erano semplicemente baci frenetici, quasi più un mangiarsi che un baciarsi.
Chiaramente, entrambi cercavamo di regolarci. Nessuno di noi voleva farsi male così ci controllavamo, o così mi piace pensare. La verità era che A riusciva sistematicamente a fottere ogni mia cautela e ogni neurone del mio cervello prima che io fottessi lei.
In ogni caso e in ogni momento di ogni nostra scopata o gioco erotico di sorta il bacio, anzi la slinguazzata, la limonata, l’immersione orale reciproca era non solo voluta ma necessaria. La sentivo necessaria, mi faceva sentire più… libero? Sì, credo possa andare bene. Paradossalmente durante il bacio ci abbracciavamo e palpavamo da sopra i vestiti, talvolta stringendoci tanto da rischiare di non respirare.

Poi arrivava la parte seconda: lo spogliarsi dei veli.
Non parlo solo dei vestiti: molti dei veli erano l’ipocrisia, l’incertezza, i litigi, i dubbi e anche quelle frasette stupide che dicevamo per sembrare amici davanti a chi non ci voleva come realmente eravamo.
In quel momento cadeva tutto.
Alla fine, quand’eravamo nudi, o quanto nudi ci aggradava a seconda del luogo, passavamo un piccolo, preziosissimo istante a guardarci.
Era probabilmente il momento più importante: io ricordo che la fissavo come se volessi imprimermi nella memoria ogni particolare di lei. A quanto ne so, forse anche A faceva lo stesso.
In ogni caso, l’istante passava e noi ci serravamo in un avvinghiarci che coinvolgeva tutto il nostro essere. Il più delle volte lo facevamo in piedi, in un bagno pubblico che reputavo abbastanza pulito per lo scopo. Le volte in cui abbiamo fatto qualcosa da seduti si contano sulle dita di una mano e da sdraiati, ancora meno.
La posizione però alla fine non era così importante: entrambi abbandonavamo simili preoccupazioni per gettarci a capofitto nel turbine dei sensi.
Semplicemente iniziavamo a toccarci. Molti dei nostri incontri in questo senso furono pura e semplice masturbazione reciproca.
Masturbazione e gratificazione. La penetrazione la vedevamo più come un rischio che come una reale componente della cosa. E se per caso il preservativo si fosse rotto e ne fosse nato un bambino?! Ne io né A volevamo un simile peso.
Ma per tornare all’argomento…

Le prime volte, ma curiosamente anche le successive, lei mi prendeva il pene con timore quasi reverenziale e iniziava a segarmi. Era bravissima, tanto che a volte la dovevo fermare per non farmi godere. Io dal canto mio avevo trovato la sua vulva e stavo già infilando un dito e poi due dentro di lei. A si bagnava in fretta. Era un po’ troia, in senso buono naturalmente e quando si trattava di sesso ci si metteva pochissimo ad attizzarla.
Inoltre era instancabile: potevamo andare avanti per ore se io reggevo. Purtroppo il tempo materiale ci era sempre mancato.

A era africana e la sua voce diveniva profonda quando iniziava a eccitarsi.
I suoi gemiti arrivavano a tratti, spezzettando parole e impedendole di dire frasi più lunghe di un “ti voglio” o “ti adoro”. Che io trovavo comunque sempre molto gratificanti.
In breve le mie due, tre (giuro, una volta persino quattro) dita le scavavano la fica. La mia mano sinistra la accarezzava alternando culo e tette.
E nel mentre intercalavo dei baci, andando letteralmente a divorarla. Le lingue che vorticavano diabolicamente nelle rispettive bocche.
Lei mi segava sempre con consumata maestria, accarezzandomi il petto. Molte volte andavamo avanti così fino all’orgasmo.
Ci bastava.

A non arrivò mai ai pompini anche se si sforzò di provarci (sforzi vani: proprio era refrattaria in quel senso) e riguardo il sesso anale ci fu un mio tentativo più per curiosità che per altro.
Semplicemente approfittai di un momento in cui A si chinò e, vedendo quel bel culo, non resistetti. Le misi un dito dentro. Lentamente.
Iniziai anche a penetrarla in fica con un dito per renderle la cosa più tollerabile ma dopo un po’ mi chiese di smetterla che le faceva male e io non insistetti.
Non si può avere tutto, no?

Come ho detto ogni posto era buono. Ci eravamo toccati un po’ ovunque, dandoci piacere appena ne sentivamo il bisogno. Per strada stando attenti agli eventuali passanti, su un treno, scopando su una banchina di una stazione e rotolandoci tra le lenzuola del mio letto.

L’orgasmo con A era sempre eccezionale. Indipendentemente da quello che facevamo prima di arrivarci, lei mi scappellava per bene e io godevo sempre di brutto.Se le fossi venuto dentro prima o dopo l’avrei anche ingravidata ma fummo sempre molto attenti e la penetrai sempre con precauzioni o prima di poter anche solo rischiare di spargere semi su quel meraviglioso terreno fertile…
Ovviamente non le venni mai addosso ma una volta mi divertii a tracciare disegni senza senso sulle sue tette col mio sperma.
Il suo orgasmo era altrettanto intenso. Quando veniva usciva sempre una marea di liquido dall’odore forte, tanto che per evitare di sporcarsi troppo si sedeva sul water masturbandosi sino a godere. Una volta ha anche squirtato. In ogni caso il sesso con lei era fantastico, pieno e privo di tutte quelle romanticherie idiote.

O così era fino a quando non avvenne quel casino.
Poi quel sesso divenne solo un ricordo. Un magnifico ricordo.

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