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La vacanza-studio

By 26 Marzo 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevamo 18 anni ed era la nostra prima vacanza-studio in Germania. Un mese in terra tedesca ad imparare la lingua, ospiti di una famiglia del luogo. Io e il mio compagno di banco, Andrea, amico da sempre, eravamo partiti carichi di aspettative. Eravamo entrambi vergini e perciò decisi a fare le prime nostre esperienze sessuali. Prima di partire avevamo fantasticato a lungo sulle nostre ‘Gaeste-Schwestern’, le sorelle ospitanti della famiglia tedesca che ci avrebbe accolto. Tettone, bionde, magari un po’ più grandi di noi, pronte ad iniziarci a i segreti del sesso. Oppure nostre coetanee, meno esperte sì, ma con una gran voglia di sperimentare. Potete dunque immaginare la nostra delusione quando appena arrivati abbiamo scoperto che avremmo vissuto per l’intera durata della nostra vacanza studio con una signora di 60 anni, single, senza figlie e neppure nipoti!
La casa della signora, in verità, non era neanche male. Andrea ed io condividevamo una cameretta deliziosa: nulla di eccezionale, ma aveva pure la TV. L’unica pecca: il fatto che i due letti singoli fossero attaccati tra loro a formare un letto matrimoniale. Anche se la cosa, lo ammetto, tornò ben presto a nostro vantaggio.
Durante la vacanza studio Andrea ed io andavamo a lezione di tedesco al mattino, mentre nel pomeriggio svolgevamo le attività ricreative che ci venivamo proposte dagli educatori. Nella classe dove imparavamo tedesco c’erano parecchie ragazze, tutte all’incirca della nostra età o giù di lì. In particolare avevamo fatto amicizia con due ragazze di un anno più grandi di noi, anch’esse amiche inseparabili, che si chiamavano Cecilia e Caterina. In classe e nei momenti di intervallo, fin dal primo giorno, avevamo iniziato a ridere e scherzare tra di noi. Come fanno tutte le ragazze e tutti i ragazzi che cominciano a provare interesse ed attrazione tra loro: io per Cecilia, Andrea per Caterina.
Dopo alcuni giorni di conoscenza siamo riusciti a combinare la prima uscita serale a quattro. La sera prima di uscire Andrea ed io eravamo gasatissimi. Speravamo che quella sarebbe stata l’occasione per il nostro primo bacio (eh già, oltre ad essere vergini, non avevamo neppure mai baciato una ragazza in vita nostra!). Potete dunque ben capire la nostra delusione quando tornammo a casa quella notte senza aver combinato niente di niente: nessun bacio, nessuna carezza, neppure una camminata mano per mano. Non fraintendetemi, ci eravamo divertiti parecchio, avevamo riso di gusto tutti e quattro bevendo birra in un posto veramente figo, una birreria all’aperto (in Germania li chiamano Biergarten, giardini della birra); ma non eravamo riusciti nel nostro intento, ossia dare una connotazione anche vagamente sessuale a quella serata. I tentativi miei e di Andrea di appartarsi con la rispettiva partner si erano rivelati dei clamorosi buchi nell’acqua.
Dicevo quindi che rincassammo abbastanza delusi per quanto era accaduto, o meglio, per quanto non era accaduto. In quei frangenti i nostri sfoghi da sfigati si sprecavano. Anche a letto avevamo continuato a discutere sulla serata.
Andrea: ‘Sai che c’&egrave? Che le ragazze al giorno d’oggi se la tirano tutte. Se solo potessi, non sai che cosa farei a Caterina! Me la tromberei da dietro alla pecorina. E poi le sborrerei sul culo’.
Luca (io): ‘Io invece preferisco la posizione del missionario’.
Andrea: ‘Eh certo, romanticone. Così vi guardate negli occhi, tu e Cecilia, mentre lo fate’.
Luca (io): ‘No, così poi le potrei sborrare direttamente in faccia. Ahahahahaha’.
Andrea: ‘Luca, non saprei, Cecilia ha una faccia da santarellina’.
Luca (io): ‘Per questo lo dico, perché si sa che le ragazze che sembrano delle sante sono in realtà le più troie!’.
Continuammo così per un po’ con i nostri discorsi da adolescenti arrapati, colmi di termini forbiti e aulici, descrivendo i nostri desideri. Così facendo si fece tardi e ad una certa, Andrea mi fece una proposta:
Andrea: ‘Senti Luca, a quest’ora alla TV dovrebbero esserci già i pornazzi. Che dici di guardane un po’? Sono in tedesco, ma la lingua della figa &egrave internazionale’.
Io, che un po’ mi vergognavo ma non volevo sentirmi da meno di Andrea, con finto coraggio dissi: ‘Bella Andrea, accendi la TV’.
Andrea accese la TV e subito trovammo un canale che trasmetteva ciò che cercavamo. Si trattava di un vecchio film in cui una pastorella veniva avvicinata da un forestiero che, senza pensarci troppo, si calava i pantaloni e le metteva in bocca il pisello. Poi se la scopava alla pecorina in mezzo al prato tra le pecorelle.
Presto eravamo entrambi eccitati e con le palle piene dovute al fatto che erano alcuni giorni che non avevamo avuto modo di masturbarci, dovendo condividere gli stessi spazi. Ad un certo punto, superata la mia timidezza, non so che mi prese ma dissi ad Andrea:
Luca (io): ‘Senti, se vuoi farti una sega, fattela pure. A me non dà fastidio’.
Andrea: ‘Davvero, Luca? Mmmh, ok. Facciamo così, io mi sego, ma solo se lo fai anche tu’.
Ci guardammo e dopo un cenno di assenso ciascuno iniziò ad accarezzarsi il proprio cazzo già in tiro sotto le coperte. Mi sentivo in imbarazzo a masturbarmi in presenza di un’altra persona, non l’avevo mai fatto. La cosa, tuttavia, al contempo mi eccitava. Ad un certo punto sentii il fiato di Andrea diventare più affannato. Stava venendo. Andrea stava sborrando a fianco a me! La cosa mi eccitò talmente tanto che pochi secondi dopo venni anch’io in un’eruzione pliniana di sperma che mi colò sulla mano.
Sfiniti, ci addormentammo entrambi.
Il giorno seguente subentrò tra me e Andrea uno strano imbarazzo per quanto accaduto la sera prima. Quegli attimo di intimità condivisi, invece di avvicinarci, sembravano aver creato un muro tra noi. Sul momento, dopo esserci masturbati uno accanto all’altro sotto le coperte, non ci eravamo sentiti a disagio: il senso di liberazione creato dallo svuotamento dello scroto e la successiva stanchezza che ci aveva colto non avevano lasciato il tempo ai nostri tabù culturali di insinuarsi nelle nostre menti. Non fu così il giorno successivo.
A colazione, dopo esserci svegliati, un silenzio carico di imbarazzo regnava sovrano. La signora sessantenne che ci ospitava, stupita dalla nostra quiete desueta, ci chiese cosa stesse accadendo. Non ottenne ovviamente risposta alcuna. In classe più tardi, evitavamo perfino di guardarci, quasi a far finta che l’altro non esistesse. La nostra giornata trascorse così, scambiandoci poche parole di circostanza, come se ci conoscessimo appena: noi, che la notte prima avevamo conosciuto l’uno i sospiri più segreti dell’altro. Facevamo per la prima volta nella nostra vita i conti con quella che &egrave definita la ‘morale comune’ e con i sensi di colpa che inevitabilmente si creano in chi ha il coraggio di andarci contro.
Alla sera, ci ritrovammo di nuovo a letto fianco a fianco nella nostra cameretta. Nel silenzio, la tensione si tagliava con il coltello. Ad una certa, biascicai una buonanotte ad Andrea e mi voltai verso la parte esterna del letto, dandogli le spalle. Cercando invano di prendere sonno, dentro di me riflettevo su quanto era accaduto la notte prima. Sentivo di aver fatto qualcosa che dagli altri sarebbe stato sicuramente percepito come poco pulito, inappropriato, sbagliato. Al contempo, mi sorpresi a pensare che non mi sarebbe affatto dispiaciuto poter ripetere l’esperienza. Ad un tratto, mi accorsi di essere eccitato: il mio cazzo era duro! Non sarei riuscito ad addormentarmi senza farmi una sega. Pensai che non avrei mai trovato il coraggio di alzarmi per andare in bagno: ad Andrea sarebbe apparso evidente ciò che andavo a fare. L’idea di masturbarmi come la sera prima lì nel letto la negavo a priori, forse perché in fondo era ciò che volevo.
Fu Andrea, anche questa volta, a superare l’impasse. Anche lui non riusciva ad addormentarsi, lo sentivo girarsi e rigirarsi nel letto. Ad un tratto mi chiese: ‘Luca, sei ancora sveglio?’
Luca (io): ‘Sì’.
Andrea: ‘Non riesco ad addormentarmi’. Dopo una breve interruzione, proseguì: ‘Senti Luca, per quanto &egrave successo ieri, che la cosa rimanga tra noi. Non vorrei poi che gli altri pensino che siamo froci o cose simili. Ok?’.
Luca (io): ‘Ok, non preoccuparti’ risposi.
Andrea: ‘Dal tono della voce sembri dispiaciuto. Non &egrave che sei un po’ gay per davvero Luca?!’.
Luca (io), con fare irritato risposi: ‘No, affatto’.
Andrea, sentendo il tono della mia risposta, intuì i miei pensieri ed il mio stato psicofisico. Con fare scherzoso disse: ‘Se la cosa che &egrave accaduta ieri rimane tra noi, non vedo allora il motivo per cui non dovrebbe ripetersi. Io ho il cazzo in tiro in questo momento e devo assolutamente smanettarmelo altrimenti non mi addormento. Dal fatto che anche tu non riesca a prendere sonno, ne deduco che &egrave lo stesso per te. &egrave così?’
Il mio cuore si mise a battere all’impazzata. Mi girai verso l’interno del letto e l’unica cosa che riuscii a fare fu un cenno di assenso col capo, che Andrea percepì nel buio.
Pochi istanti più tardi eravamo entrambi con i nostri cazzi tesi sotto le coperte e le nostre mani che facevano su e giù. Era una bella sensazione quella di essere lì, l’uno accanto all’altro, nell’atto di darsi piacere.
Dopo alcuni minuti che ci smanettavamo nessuno dei due era ancora venuto. Entrambi volevamo che la quella situazione durasse. Ci piaceva.
Andrea improvvisamente disse in modo ironico: ‘Dai, Luca, fammi vedere come fai a menartelo!’.
Luca (io): ‘Solo se me lo fai vedere anche tu’.
Andrea accese l’abatjour posizionata sul comodino accanto al letto e abbassò la coperta. Fu in quel momento che vidi per la prima volta il suo pene. Era il primo pene eretto che vedevo dal vivo (di virtuali ne avevo ammirati già parecchi). Aveva un aspetto tutto sommato gradevole, con le venuzze in rilievo sulla pelle rosea. Dava l’impressione di essere un qualcosa di sano, giovane, pieno di vita. Era più corto del mio, ma più largo.
Andrea disse: ‘Ora anche tu!’.
Anch’io mi scoprii, mostrando ad Andrea il mio cazzo in tiro in tutto il suo splendore. Sul viso di Andrea comparve un ghigno divertito. Riprendemmo a smanettarci, guardando l’uno il cazzo dell’altro. Erano belli, vigorosi e forti i nostri due totem della virilità maschile. Improvvisamente Andrea mise la sua mano attorno alla mia, mentre la scorrevo su e giù lungo l’asta del pene. La sua presa assecondava i miei movimenti, finché, in quello che fu un attimo, fece delicatamente scivolare via la mia mano afferrando completamente il mio pisello. Ora ero in suo potere. Mi stava facendo una sega in piena regola. La sensazione di una mano estranea, a me nuova, era letteralmente mozzafiato, fantastica. Chiusi gli occhi dal troppo piacere. Stavo godendo come mai prima. Sborrai. Sì, lo feci senza nemmeno avvertire, venni copiosamente nella mano del mio migliore amico. Quegli schizzi di sperma furono come un’onda che si abbatteva sul muro che durante quella giornata si era creato tra noi.
A quel punto Andrea avrebbe voluto che ricambiassi il favore. Non me lo chiese, ma sono certo che se lo aspettava. Ma l’onda si era ritirata e la mia libido si era arenata come una barca in secca. Mi sentii uno stronzo a non dargli ciò che lui aveva dato a me, ma proprio non me la sentii di farlo. Fino a pochi secondi prima sicuramente non mi sarei tirato indietro. Se me l’avesse chiesto, forse lo avrei perfino preso in bocca, pensai. Nel frattempo Andrea aveva seguitato a toccarsi. Notai che per segarsi stava utilizzando la stessa mano in cui ero venuto, ancora sporca del mio sperma. Pensai che era un vero maiale. In quel momento Andrea venne, chiamando il mio nome: ‘Luca, Luca, Luca sto sborrandooo’.
Gli diedi un bacio sulla guancia. Poi ci addormentammo entrambi in poco tempo.
Dal mattino seguente una nuova complicità mi legava ad Andrea: aver condiviso quei momenti di abbondono al piacere ci rendeva più affiatati che mai. Scherzare e ridere assieme risultava ancora più facile di prima. Anche in classe era tutto uno spalleggiarsi l’un l’altro, soprattutto agli occhi di Cecilia e Caterina. Già, dalla nostra ultima uscita fallimentare con loro, due sere prima, non eravamo più riusciti a combinare nulla che ci avvicinasse al nostro comune intento: perdere la verginità. Ad essere sinceri, tralasciando gli eventi che erano accaduti tra me e Andrea, capaci di distogliere la nostra attenzione dalle ragazze, di opportunità non se ne erano presentate poi molte. Ma ora che eravamo di nuovo uniti, non ci saremmo lasciati sfuggire la prossima occasione. Ed essa non tardò ad arrivare.
Quel pomeriggio era stata organizzata come attività ricreativa una gita ad uno dei tanti laghi vicini alla città dove risiedevamo. Dopo un viaggio col pullman di circa un’ora arrivammo al lago. Era davvero un bel posto, ben tenuto, con ampi spazi verdi su cui stendere gli asciugamani. Andrea, Cecilia, Caterina ed io avevamo fatto gruppo tra noi. Dopo una partita a carte decidemmo di andare a fare il bagno. Sebbene in tedesco ‘See’ significhi al contempo mare e lago, la temperatura dell’acqua non era neanche lontanamente paragonabile a quella a cui siamo abituati quando andiamo al mare sulle coste del nostro Belpaese.
Una volta entrati in acqua, Andrea e Cecilia che erano più freddolosi decisero ben presto di uscirne. Caterina invece desiderava raggiungere a nuoto un isolotto non troppo distante dalla riva. Decisi così di accompagnarla. La ragazza nuotava agilmente davanti a me. Io la seguivo ammirandone da dietro il fisico snello e sportivo; il mio sguardo cadeva soprattutto sul suo culo, che si intravedeva da sotto lo specchio dell’acqua. Era proprio quella che si definirebbe una bella ragazza mediterranea: capelli lisci e mori, carnagione scura, altezza media, forme sinuose e nel complesso ben proporzionate. I suoi occhi, anch’essi marrone scuro, lasciavano però intravedere alla luce del sole dei riflessi verdi che ne esaltavano la bellezza.
In poco tempo raggiungemmo l’isolotto. Non vi era nessuno a parte noi due. Oltre la sottile linea di spiaggia sassosa, si estendeva un intricato mucchio di arbusti.
Per riposarci e riscaldarci dopo la nuotata ci siamo stesi a terra. Si era alzata una leggera brezza di vento che risultava gradevole, come un massaggio sulla pelle. Chiudendo gli occhi, lasciai per un attimo alle spalle tutti gli scombussolamenti emotivi dei giorni addietro.
Ad un tratto, senza dire nulla, Caterina mi prese per mano. Non stringeva forte ma la sua presa era salda, dandomi sicurezza. Capii che quello era il momento giusto. Mi sollevai sopra di lei. Aveva gli occhi chiusi; allora li chiusi anch’io e la baciai. Fu un bacio dolce, soffice, a stampo, il mio primo bacio. Poi ne seguirono altri via via più accesi.
Devo ammettere che per me era una situazione nuova e non sapevo bene come comportarmi. Caterina percepì la mia inesperienza e chiese, burlandosi un po’ di me: ‘Sono la prima ragazza che baci? Ammettilo!’. Io non volevo che lei pensasse che fossi un novellino, ragione per cui decisi di mentirle, rispondendole che avevo già baciato parecchie ragazze e che se pensava di essere la prima non aveva capito nulla di me. Non dovetti risultare molto convincente perché lei scoppiò a ridere. Mi piaceva la sua risata. Ancora oggi credo che se ti piace una persona quanto ride, significa che ti piace davvero.
Ci baciammo ancora. Le mie mani inesperte iniziarono a scendere goffamente sempre più in basso lungo il suo corpo, finché arrivai a cingerle il sedere. I miei movimenti risultarono sicuramente impacciati perché il commento che seguì da parte di Caterina fu lapidario: ‘Non sai proprio come si fa. Si vede lontano un miglio’. A quel punto era inutile continuare a fingere. Ammisi che poco prima le avevo mentito e che in vita mia non avevo mai baciato una ragazza. A differenza di prima, lei non si mise a ridere come invece mi aspettavo facesse. Guardandomi intensamente, quasi con serietà, mi chiese: ‘Quindi non hai mai avuto una ragazza con cui hai fatto l’amore?’.
Le risposi di no.
Caterina, curiosa, seguitò: ‘Neanche un pompino, una sega?’.
Mai mi sarei aspettato che Caterina potesse esprimersi in maniera così diretta. Mi spiazzò e preso alla sprovvista biascicai che una sega sì me l’ero fatta fare, anche se non si trattava di una ragazza. Non so perché glielo dissi, lo feci senza riflettere. Lei mi guardò sorpresa. Poi, quasi mi avesse letto nella mente, chiese: ‘Andrea?’.
Non so come avesse fatto a capirlo, ma lo aveva capito. Probabilmente aveva notato i rapporti tesi e la successiva riappacificazione tra me e Andrea nei giorni immediatamente precedenti. Dovetti ammettere che si trattava di Andrea. Pensai che ero un emerito idiota, credendo di essermi bruciato tutte le mie possibilità con Caterina e di aver rovinato quel momento tra noi.
Volevo andarmene e feci per alzarmi quando Caterina mi afferrò nuovamente per la mano e mi strinse a sé. Fu allora che mi disse:
Caterina: ‘Quindi sei gay?’.
Non mi ero ancora fermato a riflettere se dopo quello che era successo con Andrea potessi definirmi gay. Sicuramente mi piacevano le ragazze, ma con Andrea avevo scoperto una parte nuova di me. Nel profondo intuii che al di là delle categorie, etero, gay, bisessuale, ognuno &egrave semplicemente sé stesso e che per essere felice avrei dovuto imparare ad accettarmi per come sono e vivere la vita a modo mio.
Luca (io): ‘&egrave capitato con Andrea una volta, ma mi piacciono anche le ragazze’.
Caterina: ‘Ah, quindi ti piacciono anche le ragazze. Ed io, per esempio, ti piaccio?’.
Luca (io): ‘Molto’.
Ci baciammo ancora. Poi Caterina mi disse: ‘Hai avuto coraggio ad essere sincero, come lo sono poche persone che conosco. Per questo meriti un premio’. Mi prese per mano e mi fece cenno di seguirla tra i cespugli. Tra gli arbusti si mise in ginocchio di fronte a me e mi calò i pantaloni. Non ci potevo credere. Solo dieci minuti prima stavo dando il mio primo bacio ad una ragazza ed ora mi trovavo in mutande con la sua bocca a dieci centimetri dal mio pisello. Caterina fece scivolare verso il basso anche i miei slip, scoprendo il mio pene già eretto. Lo prese in mano e cominciò a carezzarmelo con una certa disinvoltura. Il cuore batteva a mille: l’eccitazione era amplificata dal fatto di trovarsi all’esterno, dove avremmo anche potuti essere visti. Chiusi gli occhi per godermi appieno quel tocco. Caterina era migliore di Andrea, decisamente più esperta; pensai che doveva aver già maneggiato parecchi cazzi.
Improvvisamente percepii una sensazione nuova attorno al mio pene. La stimolazione era diventata più scorrevole e l’ambiente a contatto col glande si era fatto più umido. Riaprii gli occhi e mi resi conto che il mio pisello si trovava nella bocca di Caterina. La sua lingua scorreva lungo l’asta del mio membro arrivando ad avvolgerne il glande ormai rigonfio e pronto a scoppiare. Caterina mi stava facendo un pompino! Il mio primo pompino: capii che era quello il premio a cui aveva pensato poco prima. L’emozione fu tale che non resistetti a lungo. Sborrai nella bocca di Caterina, senza avvertire, come avevo fatto la sera prima nella mano di Andrea. Caterina non si tolse, accogliendo il mio seme nella sua cavità orale. Quindi, senza dire una parola, si alzò e davanti a me ingoiò lo sperma che ancora le era rimasto in bocca. D’istinto la baciai. Assaporai il gusto della mia sborra misto a quello della sua saliva. Pensai che in fondo non era cattivo.
Poi Caterina si staccò da me e come una vera troia disse: ‘Si &egrave fatto tardi, dobbiamo tornare dagli altri’.
Quella sera ci ritrovammo come al solito nel nostro letto matrimoniale, Andrea ed io. Ero affaticato dopo il pomeriggio trascorso al lago, ma dovevo assolutamente aggiornare Andrea di quello che era successo con Caterina: il primo bacio, poi mille, poi altri cento, quindi la sega tra i cespugli ed infine il mio pene tra le sue labbra. Ero ancora scombussolato ripensando a quegli attimi e non sapevo da dove iniziare. Fu Andrea che mi anticipò.
Andrea: ‘Luca, ti devo raccontare una cosa che &egrave accaduta questo pomeriggio mentre tu e Caterina vi siete assentati’.
Luca (io): ‘Raccontami’.
Andrea: ‘Beh, mentre voi eravate via Cecilia ed io abbiamo avuto modo di parlare solo noi due. Ad un certo punto l’atmosfera si &egrave surriscaldata e all’improvviso lei mi ha baciato!’.
Luca (io): ‘Lei ti ha baciato? Non tu lei?’.
Andrea: ‘Poi l’ho baciata anch’io! Insomma, non importa chi abbia baciato chi. Per baciarsi bisogna per forza di cose essere in due!’.
Sentendo Andrea non potei che provare un sentimento di superiorità nei suoi confronti. Andrea mi stava raccontando della sua prima limonata, mentre io quello stesso giorno avevo conosciuto la sensazione delle labbra che avvolgono un muscolo ben più sensibile della lingua. Senza riuscire a dissimulare troppo il mio ego in quel momento smisurato raccontai ad Andrea quanto accadutomi quel pomeriggio con Caterina. Gli descrissi con minuzia le emozioni nuove che avevo provato: il calore che i primi baci, autentiche micce della passione, avevano fatto divampare; l’impeto della sua mano che cingeva a guisa d’elsa la mia spada; lo slancio che aveva portato la lama a conficcarsi tra le sue fauci, affondandovi sempre di più fino a quando, vinta, dopo un ultimo sussulto si era lasciata inghiottire completamente.
Andrea ascoltava interessato il mio racconto e capii che le mie parole lo stavano eccitando. Volli sentire con mano l’effetto che facevano su di lui.
Muovendo agilmente la mano sotto le coperte iniziai ad accarezzargli la zona genitale, percependo da sopra i pantaloni il suo pene già eretto. Ero eccitato anch’io e stavolta nulla poteva fermarmi a differenza della sera precedente. Mi intrufolai con le dita dentro i pantaloni e superai senza indugio l’ultima resistenza delle mutande. Impugnai il suo pene ed iniziai ad andare su e giù. In quel momento, guardando Andrea che aveva socchiuso gli occhi abbandonandosi al piacere che gli stavo regalando, ebbi prova del significato della parola potere, nel senso più autentico del termine. Andrea appariva come un giovane eroe greco colto nel mentre di uno sforzo supremo richiestogli dalla volontà di un dio capriccioso. Ma non mi bastava, volevo di più, volevo fargli toccare le vette dell’Empireo proprio come Caterina aveva fatto con me. Fu allora che scostai la coperta scoprendo le sue nudità e mi avventai con le mie labbra sul suo pene: lo baciai, lo leccai, lo avvolsi, lo inghiottii fino quasi a soffocare. Non mi fermai finché non ne sgorgò il bianco nettare a cui anelavo e che non esitai ad ingurgitare.
A quel punto Andrea era frastornato dal piacere ma io dovevo ancora averne la mia parte. Così mi calai i boxer liberando il mio pene e cominciai a masturbarmi come un ossesso portandomi in prossimità del viso del mio amico. Gli sborrai in faccia con una quantità di sperma che mai avevo prodotto prima. Poi, come Icaro che troppo si era avvicinato al Sole, anch’io caddi e provai vergogna per quella faccia innaffiata del mio seme che avevo davanti agli occhi e del sapore di sborra che avevo nella bocca.
Facemmo rapidamente a turno una doccia e poi andammo a dormire, senza rivolgerci la parola.

Il mattino seguente eravamo in ritardo per la lezione: né Andrea né io ci eravamo ricordati di mettere la sveglia e perciò uscimmo di casa senza nemmeno aver fatto colazione. La fretta che avevamo di arrivare in aula non ci lasciò il tempo di riflettere su quello che era accaduto la sera prima e su quanto ormai stessimo varcando i confini della morale comune.

La prima parte della mattinata trascorse abbastanza lentamente, dato che la lezione era un po’ noiosa. Come ulteriore elemento di distrazione si aggiungevano gli sguardi languidi che Caterina mi lanciava fugacemente, lasciandomi intendere che ci sarebbe sicuramente stato un seguito a quanto era successo il giorno antecedente.

Finalmente arrivò la pausa pranzo, che consumammo nella mensa della scuola. A tavola non mi sedetti vicino ad Andrea perché volevo evitare inutili imbarazzi di fronte ai nostri compagni. Terminato il pranzo, mi accorsi tuttavia che Andrea aveva lasciato la sala. Pensai che potevo averlo ferito con la mia distanza durante la mattinata e decisi perciò di andarlo a cercare. Mi incamminai verso i servizi, pensando che forse lo avrei trovato lì.

Nel bagno dei maschi però di Andrea non c’era traccia. Ne approfittai per fare una pisciata. Evitai di pulirmi il cazzo con la carta igienica, lasciandolo umido di urina: pensai che dopo la lezione del pomeriggio Caterina avrebbe potuto apprezzare quella nota differente dal retrogusto un po’ acidulo.

Quando uscii dal gabinetto maschile, passando per il corridoio sentii dei gemiti provenire dal bagno femminile. Sperando che si trattasse di Caterina, decisi di entrare a dare un’occhiata. I rumori provenivano effettivamente da quella stanza, più precisamente dal fondo in direzione della toilette più lontana dalla porta. Con passo felpato, mi avvicinai. Entrai in punta di piedi nel gabinetto di fianco a quello dai cui proveniva il baccano, chiudendo la porta alle mie spalle.

Mi alzai in piedi sulla tazza del cesso e gettai lo sguardo al di là della parete divisoria che per fortuna non arrivava fino al soffitto. La scena che si presentò ai miei occhi mi lasciò sbalordito: Andrea stava fottendo da dietro la nostra insegnante di tedesco! Lei si chiamava Petra ed era la classica bionda tedesca di mezza età: era sulla quarantina ed il suo corpo iniziava a mostrare i primi segni di cedimento causati da una dieta in cui l’eccesso di wurstel (non solo di carne suina) e birra costituiva più che una costante. Ciò non faceva però che esaltarne il seno prosperoso da autentica matrona teutonica (anche se tettonica sembrerebbe il termine più azzeccato in questo caso). Non feci in tempo a realizzare quello che stava accadendo che i gemiti divennero le urla soffocate di una coppia certamente desiderosa di non essere scoperta. 

Petra fu la prima a venire, a discapito della sua sicura maggiore esperienza, il ché rivelava delle inaspettate – ma poi neanche tanto, a ben pensarci – doti amatorie di Andrea. Soddisfatta la propria libido, Petra non perse la sua innata porcaggine. Liberatasi dal cazzo di Andrea, si girò in avanti e cominciò un pompino magistrale nel significato più letterale del termine. Andrea non poteva durare ancora a lungo. L’orgasmo non tardò ad arrivare: con perizia Petra ne diresse il getto a cospargere il suo seno. Poi, da vera puttana, raccolse con la mano una parte dello sperma dalle tette, se lo portò alla bocca, lo leccò ed infine lo ingoiò. Terminato l’amplesso i due si rivestirono ed uscirono dal bagno, avendo l’accortezza di farlo separatamente per non farsi scoprire.

A quel punto ero enormemente eccitato ed il mio cazzo in erezione traspariva vistosamente sotto i pantaloni: in quella condizione non potevo di certo uscire dalla toilette! Allora mi abbassai i pantaloni e mi sedetti sulla tazza del cesso. Iniziai a segarmi furiosamente, quasi in preda ad un delirio, incurante del fatto che mi trovassi nel bagno delle donne e del rischio di essere scoperto. Venni abbondantemente nella mia mano. Deliberatamente non mi pulii il cazzo che rimase così sporco di entrambe le secrezioni che è in grado di espellere.
Mentre stavo uscendo dal bagno incrociai Cecilia, che mi lanciò uno sguardo tra il perplesso e l’interrogativo. Forse trovandosi anche lei a disagio, per riempire quel momento di silenzio imbarazzante, mi chiese se avessi per caso visto Andrea. Le risposi di no e me ne tornai tra i miei compagni, con le mani pulite ma il cazzo sporco.

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