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Racconti Erotici Etero

Lady mistero

By 18 Agosto 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Marco aveva accettato per fare un favore ad un amico.
‘Dai, che ti costa? Il colloquio faglielo comunque.’
Stava cercando la nuova barista per il suo locale e non gli sembrava il posto adatto per una madre di famiglia, vicina alla quarantina, con una figlia a carico.
Il suo era un locale un po’ particolare, dove le cameriere, regolarmente, finivano la serata con qualche cliente nel motel di fronte.
Per carità, lui non ci guadagnava nulla e non voleva immischiarsi, però, l’attrazione principale del suo locale, erano proprio quelle ragazze che passavano in mezzo ai clienti, mettendo in mostra chiappe e tette abbondantemente imbottite di silicone.
Così aveva dato appuntamento alla signora Adriana per le cinque, nel suo ufficio.
Erano bastate un paio di occhiate per capire che non era la persona adatta.
Se non aveva passato i quaranta ci stava di sicuro molto vicina. Troppo vecchia.
Di viso non era bellissima, con il naso un po’ lungo e gli zigomi sporgenti. Peccato, perché aveva un bel sorriso e due occhi scuri vivaci ed intelligenti.
Quando lo sguardo era caduto nella scollatura della maglietta un’altra delusione. Tette piccole e pure un po’ mosce. Non c’era paragone con la bionda platinata che era uscita prima di lei: due bocce tonde e sode, che avrebbero fatto passare in secondo piano i Martini fatti con il gin da quattro soldi.
Va be’, le avrebbe detto ‘le farò sapere, signora,’ e poi sarebbe finita lì.
Peccato però, perché sembrava in gamba, ed anche onesta, visto che a differenza delle altre, non aveva millantato clamorose esperienze precedenti totalmente inventate, ma aveva ammesso di essere stata dietro il bancone di un bar, per soli tre mesi d’estate, tanti anni prima.
Poi aveva scoperto il suo lato migliore. Si era alzata un attimo per prendere un documento nella tasca della giacca che aveva lasciato fuori della stanza e si era voltata.
Il culo.
Aveva due gambe niente male, lunghe, dritte ed appena un po’ muscolose, sormontate da un culo decisamente interessante.
Fianchi forse un pochino troppo larghi e due chiappe sode e ben distanziate tra di loro. Non particolarmente sporgenti, ma invitanti, almeno per lui.
Si scoprì a pensare a lei messa per bene a novanta gradi sulla scrivania, con le gambe un po’ divaricate su quelle scarpe dal tacco alto, che evidenziavano il polpaccio leggermente muscoloso.
Le avrebbe volentieri sollevato la gonna nera attillata e, dopo averle abbassato le mutandine, glie lo avrebbe infilato proprio in mezzo, su, dritto per il culo.
Ahi, ahi, ahi! Marco stai proprio invecchiando, se ti passano questi pensieri per la testa.

Adriana era andata all’incontro con poche speranze. Sapeva già che aveva ottenuto il colloquio solo per l’interessamento di un amico, però un po’ ci sperava, visto che il lavoro part time presso lo studio di commercialista, che aveva da diversi anni, non era sufficiente a tirare avanti per lei e sua figlia di dodici anni.
I guai erano cominciati quando era rimasta incinta, visto che il suo compagno non aveva preso bene la cosa.
Poi, quando era tornata dall’ospedale, con la piccola Marta in braccio, lo aveva trovato con le valigie già pronte.
Si erano sentiti qualche volta, per un po’ di mesi le aveva mandato qualche soldo, poi era sparito definitivamente. Insomma l’aveva lasciata sola con tutti i suoi problemi, come accade spesso in certi casi.
Il tipo del locale, Marco, sì, forse si chiamava così, era stato gentile e simpatico, ma se la barista ideale per lui era come quella bionda vistosa, che aveva visto uscire poco prima, aveva ben poche speranze.
La mattina dopo, quando verso le otto aveva ricevuto la telefonata, era rimasta veramente sorpresa.
‘La signora Adriana? Mio scusi se la disturbo così presto, sono Marco, quello del locale. Se il posto le interessa ancora, è suo. Può cominciare questo venerdì.’

Marco non si era pentito di quella decisione improvvisa, presa d’istinto, sullo slancio di quegli attacchi di generosità che ogni tanto gli prendevano: aiutare una brava signora quarantenne con tanto di figlia a carico.
Se però doveva essere sincero con se stesso, fino in fondo, doveva ammettere che il pensiero di infilarlo in mezzo a quelle chiappe invitanti, aveva avuto un certo peso nella sua scelta.
Comunque Adriana si era rivelata una barista perfetta.
Si muoveva con grazia e precisione nello spazio angusto del bar, in mezzo al suo locale.
Aveva preso subito confidenza con le attrezzature e preparava dei cocktail perfetti, riuscendo sempre a servire tutti rapidamente e, allo stesso tempo, a mantenere perfettamente pulito ed ordinato il bar.
Aveva anche imparato subito a trattare con la clientela, un po’ particolare, del suo locale.
Riusciva sempre a mantenere quel palmo di distanza necessario ad evitare di trovarsi qualche mano sul culo, da parte dei più intraprendenti e, il suo sorriso dolce e ironico allo stesso tempo, unito ad un tono cortese e fermo, aveva scoraggiato sul nascere le proposte sconce di diversi avventori.
In breve, i clienti abituali si erano abituati a rispettarla: sapevano che la barista era gentile e disponibile a fare due chiacchiere, ma per una scopata dopo la chiusura dovevano rivolgersi altrove.

Adriana, i primi giorni si era stupita di certe attenzioni pesanti, rivolte ad una donna non giovanissima e poco attraente (almeno lei si riteneva così), poi però aveva pensato che dato il tipo di locale, fosse normale provare certe cose con tutte, anche con lei.
Il nuovo lavoro, anche se faticoso, le piaceva. Era sicuramente molto più vario rispetto alla monotonia dello studio del commercialista, e poi la paga era buona, e le mance, con il passare del tempo, si erano fatte consistenti.
Lavorava solo due notti a settimana, il venerdì ed il sabato, ma non avrebbe potuto farlo tutti i giorni, perché, quando tornava a casa all’alba, accompagnata in macchina da Marco, era veramente distrutta, e passava tutta la mattina a dormire.
Marco.
Le stava simpatico e poi era stato l’unico, fin dall’inizio, a non provare a prendersi qualche libertà nei suoi confronti. Conservava un ammirevole distacco professionale che, la faceva stare molto tranquilla, quando era in sua presenza.
Insomma, filava tutto liscio e la sua situazione economica si era fatta più rosea.
Era una mattina di primavera quando trovò la porta dello studio stranamente aperta.
Neanche il tempo di stupirsi e si trovò davanti un finanziere in divisa con una grosso faldone di carte tra le mani.
La interrogarono per molte ore e faticò parecchio per convincerli che lei, con gli impicci del suo principale, non c’entrava nulla.
Il suo datore di lavoro aveva una seconda attività, che gestiva da solo, totalmente illegale.
Un giro di evasione di milioni di euro.
Con il commercialista in galera e lo studio sotto sequestro, ad Adriana restavano solo le due serate del locale, veramente troppo poco.
Quando Marco vide piombare Adriana, con la faccia triste e scura, nel suo ufficio, all’interno del locale, capì subito che era successo qualcosa di serio.
Era disperata perché non era in grado di tirare avanti con il solo lavoro di barista ed aveva paura che, a quaranta anni non avrebbe trovato nessuno che le offrisse un impiego.
Marco poteva fare ben poco, al massimo poteva farla lavorare anche la domenica, visto che ora il lunedì non avrebbe più dovuto alzarsi presto.
Altro non aveva da offrirle, poiché gli altri giorni il locale era chiuso.
Avevano parlato a lungo e Marco aveva anche tirato fuori una bottiglia di whisky.
Adriana non beveva mai, anche se ora passava ore ed ore in mezzo a bottiglie di alcolici, ma quella volta accettò volentieri.
‘Mi spiace veramente, ma purtroppo, a parte un’altra serata con il bar, non posso offrirti nulla. Resterebbe solo il dopo, quando il locale è chiuso ma non so …’
Accidenti, ma che cavolo le aveva detto, adesso lei si sarebbe incazzata, gli avrebbe detto, cose del genere: ma come ti permetti, per chi mi hai preso.
‘Ma dai, Marco, sono troppo vecchia e pure brutta …’
Non si era arrabbiata per niente, forse dipendeva dal whisky, a cui non era abituata, ma aveva un sorriso strano e lo sguardo si era fatto un po’ furbetto.
‘Adriana, ma vuoi scherzare, non sei assolutamente vecchia.
Brutta poi? Ma sei impazzita? Non sei affatto male, ti posso assicurare …’
Lei si era alzata in piedi e lo osservava stupita.
Certo, si era accalorato troppo ed aveva tradito un certo interesse nei suoi confronti.
Beh, sì, il pensiero del suo culo, negli ultimi tempi, gli era tornato spesso, doveva ammetterlo.
Senza quasi accorgersene, le aveva poggiato le mani sui fianchi, facendole poi scendere lentamente sulle chiappe.
Adriana lo aveva lasciato fare.
Per un caso curioso, indossava la stessa gonna, nera ed attillata, che aveva la prima volta che si erano incontrati.
Dopo un po’ si era girata di centottanta gradi ed era rimasta in piedi, piazzandosi con le braccia poggiate sulla scrivania e le gambe leggermente divaricate.
Marco aveva posato di nuovo le mani sul suo sedere ed aveva cominciato a carezzarlo attraverso la stoffa della gonna.
Due belle chiappe, sode, solide.
Lei aveva bilanciato meglio il peso sulle gambe, ed era rimasta lì, ferma, a godersi il piacere di quel tocco.
Quando lui aveva infilato le mani sotto la gonna, iniziando a farla salire, lei aveva emesso solo un lungo sospiro, poi aveva sporto un po’ indietro il sedere, come a dire: stai tranquillo, ho capito, è tutto tuo.
Sotto aveva uno slip nero, normale, senza troppi merletti ed abbastanza castigato.
Marco lo tolse lentamente, approfittando, mentre lo faceva scorrere verso il basso, per toccarle e carezzarle le gambe.
Le sue dita scorrevano su quelle cosce solide, poteva sentire, sotto, i muscoli tesi, al punto che gli sembrava quasi sentirli vibrare.
Le mani, accompagnando nella discesa lo slip, avevano appena toccato le sue ginocchia, ed ora stavano carezzando i polpacci, con il muscolo appena indurito dallo sforzo causato dai tacchi alti.
Quando arrivò alle caviglie lei, rapidamente, alzò prima un piede e poi l’altro, per permettere allo slip di atterrare definitivamente sul pavimento.
‘Marco. Non so, mi vergogno un po’. ‘
‘Se non te la senti …’
‘No, non hai capito. Mi vergogno perché è tanto tempo ‘ sono più di dieci anni che ‘
Sai, quando il bastardo se n’è andato, ho provato, ma non sono mai riuscita ad avere una storia seria con nessun uomo.’
Adriana chiamava sempre così il suo ex compagno, quello che aveva mandato in aria la sua vita.
Accidenti! Erano dieci anni che non scopava.
La guardò meglio.
Il suo culo, era anche meglio di come lo aveva immaginato.
Le sue chiappe, appena più chiare rispetto al resto del corpo, erano un invito irresistibile.
Solide e senza un filo di cellulite. Ben distanziate al punto che il buchino roseo e bello stretto, faceva bella mostra di sé, senza che fosse necessario allargarle.
Più in basso, vicino all’attaccatura delle cosce, la sua fica umida, sembrava non aspettare altro che essere penetrata.
Sembrava un’albicocca, di quelle grandi e che si spaccano a metà, semplicemente infilandoci le dita. Ne distingueva chiaramente il leggero rigonfiamento. Non sarebbe stato necessario aprire questo frutto, perché era già bello aperto per conto suo. Aperto e bagnato.
Si era tolto rapidamente i pantaloni, pensando che se Adriana doveva recuperare dieci anni, era dispostissimo a darle una mano.
Quando glie lo spiazzò in mezzo alle gambe, lei gridò e cominciò a muoversi.
Così cominciò a stuzzicarla. La punta del suo uccello le toccava leggermente le labbra bagnate e spalancate, poi si ritraeva.
Lei aveva cominciato ad ansimare forte e, quando lo sentiva avvicinarsi, cercava di abbassarsi, piegando leggermente le gambe.
Voleva ficcarselo dentro, ma era troppo presto, aveva aspettato dieci anni, avrebbe dovuto pazientare ancora per qualche minuto.
Andò avanti per una decina di minuti, poi, quando ormai anche lui non glie la faceva più, lo avvicinò per l’ultima volta e restò fermo.
Fu questione di un attimo: Adriana, con un mugolio di soddisfazione, si era prontamente abbassata facendosi penetrare completamente.
La scopò a lungo, mentre lei gridava e mugolava di gioia.
Quando sentì avvicinarsi il momento, la strinse forte con le braccia. Anche le sue tette ora gli sembravano più grandi e meno mosce di quanto aveva immaginato.
Rimase a lungo dentro di lei, finché il suo pene, ormai completamente ammosciato, non uscì, insieme ad un fiotto di sperma.
Allora cominciò a baciarla sulla schiena, scendendo lentamente, nella cavità in mezzo alle sue chiappe.
Si soffermò su quello che sarebbe stato il suo prossimo obiettivo.
Stava baciando quel delizioso buchetto rosa, che aveva desiderato per un mucchio di tempo, provando, fino ad ora, soltanto ad immaginarne l’aspetto.
Ora, sotto la spinta della sua lingua e delle sue labbra, gli sembrava che si fosse un po’ allargato.
‘Fai piano, per favore.’
Certo, avrebbe fatto piano, ma glie lo avrebbe ficcato tutto, per bene, fino in fondo.
Intanto gli era tornato bello duro, così, dopo averglielo strofinato bene sulla fica, facendola gridare di gioia, provò a saggiarne con una dito la resistenza.
Solido ed elastico, non aveva certo il culo sfondato come le cameriere del locale.
Le poggiò una mano dietro il collo e la fece abbassare fino a toccare il piano della scrivania.
A novanta gradi, esattamente come aveva immaginato quel pomeriggio di un anno prima, la prima volta che si erano incontrati.
Quando iniziò a spingerlo dentro, lei fece ahi, solo una volta, poi filò tutto liscio e lo fece entrare facilmente.
Lei era così eccitata che cominciò a muoversi avanti e indietro, come una forsennata, mentre Marco sentiva il suo cazzo farsi sempre più grande e più gonfio, e cercava di seguirne i movimenti, per evitare che uscisse fuori e lo costringesse a ricominciare da capo.
Le venne dentro, sicuro di averle sparato lo sperma fino in fondo all’intestino.
‘Aspetta ancora, non venire fuori.’
Adriana continuava a muoversi, mentre con una mano in mezzo alle gambe, si masturbava selvaggiamente.
Rimasero uniti ancora per un po’, dopo che lei ebbe raggiunto l’orgasmo, poi, lentamente, con cautela, Marco lo tirò fuori.
Anche se non era riuscito a risolvere il suo problema di lavoro, quel giorno, quando uscì dall’ufficio di Marco, Adriana aveva un’espressione migliore di quando era entrata, e giudizio di tutti, preparò dei cocktail fantastici, quella sera.
Dopo quel primo incontro, Marco e Adriana si erano visti spesso nell’ufficio, prima che il locale aprisse.
Adriana era una donna fantastica quando scopavano. E pensare che per poco non se l’era fatta scappare, magari per rimpiazzarla con una papera finta bionda, piena di silicone, e con il culo così sfondato che magari si sarebbe fatta il manicure mentre lui glie lo ficcava dentro.
Dopo un paio di mesi aveva preso un bel ritmo e gli sembrava abbastanza disinibita per poter sentire la sua proposta.
Aveva trovato qualche lavoretto saltuario, ma non era riuscita a rimpiazzare il lavoro dal commercialista, quindi le sue condizioni economiche erano un po’ precarie.
Esitava un po’ a parlarle della sua idea, un po’ perché aveva paura che la prendesse male, un po’ perché gli dispiaceva condividerla con altri, ma alla fine aveva trovato il coraggio.
‘Lo sai cosa succede qui il giovedì?’
Adriana sapeva che il locale apriva solo dal venerdì alla domenica, ma il giovedì, c’erano spesso delle serate private. Aveva capito che si trattava di qualcosa di più hard, ma ignorava esattamente cosa succedesse.
‘Senti Adriana, se non te la senti, mi dici di no e non ne parleremo mai più. Il giovedì, per una clientela selezionata, niente a che vedere con questi quattro cafoni allupati, ci sono delle feste private. Molto sesso, senza alcun limite e, naturalmente, molti soldi.’
‘Stai parlando del bar?’
‘No Adriana, dico che tu potresti essere la protagonista principale.’
‘Io? Ma vuoi scherzare?’
‘Mai stato così serio. So benissimo quello che dico. Ne ho la certezza, tutte le volte che tu vieni nel mio ufficio. Sono sicuro che i clienti del giovedì, farebbero follie per una come te.’
‘Ma dai, e se pure fosse, ma mi sembra strano, mi vergogno …’
‘Se non te la senti di andare con degli uomini che non conosci, lasciamo perdere, mi dispiace di avertelo proposto, forse non dovevo …’
‘No Marco, non hai capito. Non vorrei essere riconosciuta. Viviamo in un posto abbastanza piccolo. Immagina che succederebbe se mi trovassi davanti il padre di una compagna di scuola di mia figlia.’
‘Se è questo il problema, non ti preoccupare. Farò in modo che nessuno ti possa vedere in faccia. Ho già un’idea in proposito.
Pensa che, sperando che tu avessi accettato, ho già sparso la voce tra i miei clienti, che prossimamente ci sarà l’arrivo di una misteriosa signora, che li farà morire tutti.
Ho anche trovato il nome per il personaggio: Lady Mistero.
Ti stanno già aspettando con l’acquolina in bocca.’
Il giovedì successivo, quando Adriana arrivò al locale, era allo stesso tempo eccitata e spaventata.
Marco non le aveva voluto spiegare tutti i particolari, perché diceva che sarebbe stato meglio così.
Le aveva solo raccomandato di riposarsi, perché sarebbe stata una notte molto faticosa.
Per Lady Mistero era stata preparata una saletta.
Al centro, ancorato ad un basamento di legno, era stato disposto uno degli sgabelli del bar.
Dal soffitto pendeva una grande tenda nera.
‘Tu dovrai solo poggiarti sullo sgabello e piegarti in avanti.
La tenda, che ha uno spacco nel mezzo, verrà calata all’altezza della tua vita e poi richiusa sotto il tuo corpo, così gli ospiti, che entreranno dalla porta di dietro, non potranno vederti in faccia.
Devi fare quello che fai con me, nell’ufficio, ne più ne meno, e ti assicuro che andrà benissimo.
Solo una cosa, importante.
Se accetti dovrai andare avanti fino in fondo, non potrai ritirarti.
Se pensi di non farcela, me lo devi dire ora e Lady Mistero non si esibirà. Si arrangeranno, come al solito, con le altre ragazze. Ma se sali su quello sgabello, ci rimani finché non è finita la festa.’
Adriana allora si era diretta, titubante al centro della sala dove c’era lo sgabello.
Per l’occasione aveva indossato un vestito rosso, corto e scollato, ed un paio di scarpe col il tacco fino ed altissimo, al punto che faticava a camminare.
Marco la osservò soddisfatto, poi le sollevò il vestito.
‘No, questa roba non serve.’
Adriana si sfilò agilmente le minuscole mutandine nere e si avvicinò allo sgabello.
‘Ecco brava, poggia bene la pancia e piegati.’
Solo allora si accorse che dallo sgabello partivano delle robuste cinghie di cuoio.
Provò debolmente a protestare quando Marco le fece passare le cinghie dietro la schiena e le legò.
‘Ti avevo detto che una volta seduta qui, saresti dovuta andare fino in fondo.’
La tenda nera calò dolcemente e si fermò contro la sua schiena, perfettamente orizzontale, poi Marco si chinò e chiuse con dei nastri la parte inferiore.
Chi fosse entrato dalla porta posteriore, avrebbe visto soltanto il culo e le gambe di una donna sdraiata su un alto sgabello.
‘Un consiglio, non saranno tutti dolci come me. Come quando lavori al bar, bisogna sempre essere gentili con i clienti, con tutti i clienti. Ora, prima di andare, ti sistemo un po’, per evitare che qualcuno, troppo energico, sciupi quel bel buchetto.’
Lo sentì trafficare a lungo con della roba che sembrava vasellina.
Le sue dita lubrificarono per bene l’ano, andando anche discretamente in profondità. Poi Marco le diede un bacio sulle chiappe e le riabbassò il vestito.
Adriana dovette aspettare una mezzora buona, prima che la festa iniziasse.
La posizione era scomoda, perché le cinghie la costringevano a stare piegata in avanti, mentre le gambe toccavano appena il pavimento.
Era preoccupata? Certo, aveva davanti a sé un’esperienza nuova, difficile e forse anche un po’ dolorosa.
No, non avrebbe provato dolore, si trattava soltanto di farsi scopare.
Era stata ferma per dieci anni ed aveva appena ricominciato.
Si trattava solo di recuperare un po’ di tempo perduto e guadagnare un discreto gruzzoletto, oltretutto provando piacere.
Dietro di lei c’erano delle persone, sentiva un brusio leggero ed il rumore di passi che si avvicinavano.
Una mano sollevò il vestito da dietro.
Commenti a bassa voce.
Sarebbe piaciuto il suo culo?
Il rumore di una lampo che si apriva, poi due dita che le allargavano le chiappe.
Il primo cliente le stava entrando nel culo, con una certa brutalità.
Se Marco non l’avesse spalmata con la vasellina sarebbero stati guai.
Dai Adriana, stai calma e fallo entrare.
Doveva averlo parecchio grosso, perché per quanto lei si sforzasse di farlo entrare, faceva pochi progressi. Alla fine l’uomo, spazientito, la prese forte per le cosce, allargandole le gambe, e spinse di più.
Era entrato di colpo, fino in fondo. Le aveva fatto male ma, tutto sommato, era accettabile.
Cominciò a muoversi forte e Adriana temette che lo sgabello si ribaltasse, poi si ricordò che Marco lo aveva ancorato al pavimento. Pensava a tutto il suo amico Marco.
Lo tirò fuori sparandole lo sperma in mezzo alle chiappe.
Un altro le entrò dritto nella fica. Per fortuna era già bella bagnata e scivolò dentro come una fetta di burro nella padella calda.
Le si stava gonfiando il clitoride e, quando venne a contatto con il pene che faceva avanti ed indietro dentro di lei, Adriana cominciò a mugolare.
L’uomo eccitato, aumentò il ritmo e quando lei, in preda all’orgasmo, prese a gridare, le sparò dentro il suo sperma e uscì fuori per fare posto ad un altro.
Di nuovo dietro. Questa volta entrò subito.
Forse era più piccolo, forse il suo culo si stava allargando.
Intanto, dalla sua fica continuava a scolare sperma misto ai suoi umori.
Questo non lo tirò fuori prima.
L’aveva completamente riempita.
Quando si tolse, Adriana avvertì nettamente che si stava svuotando.
Poi ne arrivò un altro, ancora dietro, che fece da tappo.
Marco le aveva sempre detto che il suo culo era strepitoso, chissà, forse non aveva tutti i torti.
Le stava piacendo? Certo. Peccato però che non riusciva con le mani a raggiungere il suo sesso, perché avrebbe voluto masturbarsi mentre la inculavano.
Già, tanti uomini, venuti apposta per metterlo nel culo a lei, quarantenne bruttina e con le tette mosce. E avrebbero pure pagato un mucchio di soldi.
E si stava pure rimettendo in pari. Dieci anni, dieci anni buttati, per colpa del bastardo.
Aveva finito.
Era uscito dal suo culo, emettendo una specie di grugnito di soddisfazione, mentre un altro si faceva sotto.
Di nuovo nella sua fica, aperta, zuppa, piena di sperma e terribilmente eccitata. Era venuta prima di lui e quando l’uomo aveva raggiunto l’orgasmo, visto che era già rilassata, si era divertita a contare gli zampilli di sperma sparati dentro di lei. Sei o sette, addirittura.
Le fecero fare una breve pausa ed uscirono.
Marco la slegò un attimo e le fece bere qualcosa.
Si ricomincia.
Li sentiva ridere, alle sue spalle.
Di nuovo nel culo.
C’era qualcosa che non andava.
Un liquido freddo le stava entrando dentro.
Li sentì dire, ridacchiando, che il suo culo aveva sete.
Le avevano ficcato una bottiglia di birra.
Maledetti! Questo proprio no.
Sentì poi la voce di Marco. Stava parlando ad alta voce ed era decisamente incazzato.
Tolsero la bottiglia e la birra gelata le scolò lungo le cosce.
Ancora.
Meno male, questa volta è un bel cazzo.
Era stanchissima, ma voleva godere la serata fino in fondo e così aveva ripreso a muoversi. Lui sembrava apprezzare e lo aveva ficcato ancora più in fondo, prendendola forte per i fianchi. Sentiva i suoi testicoli sbattere forte sulle chiappe, nel tentativo di entrare ancora di più.
Un altro, davanti questa volta.
La sua fica, ormai, era così eccitata, che bastava solo sfiorarla per farla gridare.
Questo si era messo a strofinarlo contro le sue labbra completamente aperte.
Lei cercava di abbassarsi per ficcarselo dentro, ma lo sgabello le impediva i movimenti.
‘Basta ti prego, mettimelo dentro!’
L’aveva accontentata e quando lo aveva sentito scivolare dentro aveva pensato che forse sarebbe svenuta per il piacere.
Quando infine la lasciarono, Adriana era distrutta.
Una volta andati via tutti. Marco, con delicatezza, la sciolse dalle cinghie e l’aiutò a scendere dallo sgabello.
Per terra, dietro di lei, c’era una grande pozza di sperma ed anche le gambe ed il sedere di Adriana ne erano ricoperti. Era arrivato perfino dentro le scarpe.
Dovette sorreggerla quando andò in bagno a ripulirsi, poi Marco l’accompagnò nell’ufficio e la fece sdraiare sul divano.
Adriana dormì fino all’ora di pranzo.
Quando si svegliò, verso le due, aveva un’aria stanca e sbattuta, ma tutto sommato soddisfatta.
‘Buon giorno, Lady Mistero. Dormito bene?’
Le disse mentre le porgeva il vassoio con il pranzo.

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