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L’amica stronza

By 11 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un giovedì qualsiasi. Un giovedì di Luglio e faceva un caldo asfissiante.
Mandai un messaggio a Jenny su Whatsapp per chiedergli cosa aveva voglia di fare quel pomeriggio. Ovviamente non ne aveva idea e lasciava a me la decisione.
Il nostro rapporto era sempre stato così: io guidavo, lei seguiva. Era così fin dalle elementari. La nostra amicizia però era vera e profonda come solo quella fra due ragazze sa essere.
Le chiesi se i suoi fossero a casa e se la piscina fosse libera. Suo padre aveva un sacco di soldi e la sua piscina era davvero la nostra salvezza nelle estati afose della pianura padana.
Mi rispose che sua madre era via per lavoro e che non sapeva quando suo padre sarebbe rientrato, quindi potevamo stare da lei tranquillamente.
Perfetto: sole e relax erano proprio quello che mi ci voleva.
Mi ero lasciata con Piero da poco e non avevo proprio voglia di uscire rischiando di vederlo, rimanere nel suo cortile mi pareva davvero la cosa migliore.

Arrivai da lei verso le 14 e ci mettemmo subito in costume da bagno.
Ci buttammo sugli due sdrai e iniziammo a prendere il sole. Dopo qualche chiacchiera fra noi, io mi appisolai mentre lei continuava a leggere uno dei suoi amati libri.

Fui svegliata poco dopo dal rumore di una macchina nel vialetto.
Era suo padre che rientrava.
Lo seguii con lo sguardo e lo guardai scendere. Era davvero un bell’uomo, maturo, ma giovanile, fisico atletico, un carattere solare ed amichevole. Non mi dispiaceva affatto che fosse a casa. Jenny invece sbuffò: “Uffa &egrave già qui..”.
“Beh, dai, che c’&egrave di male. Tuo padre mica disturba.” Dissi mentre lo salutavo con la mano.
Accortosi di noi, venne a salutarci e anche se aveva gli occhiali da sole, mi accorsi di come indigiava sul mio corpo steso al sole. Non dovevo essergli del tutto indifferente con addosso solo il bikini.
“Ciao ragazze. Avete fatto bene a venire in piscina. Oggi &egrave un caldo da morire.” disse.
“Eh si, signor Motta.” risposi. “Ha proprio ragione. Perché non viene anche lei a fare un bagno?” chiesi sperando di poter vedere quel corpo adulto in costume.
“Magari più tardi” disse “adesso ho del lavoro da finire.”
“Ok. La aspettiamo qui.” dissi sorridendo e assaporando il suo sguardo sul mio corpo.
Era la prima volta che mi accorgevo di attirare lo sguardo di un uomo più grande di me, per di più sposato. Il fatto che fosse anche il padre della mia migliore amica, rendeva tutto proibito e piccante e la cosa mi stuzzicava non poco.

Dopo un bagnetto ristoratore e un altro po’ di ozio al sole, entrai in casa per andare in bagno e prendere qualcosa da bere per me e Jenny. Mentre mi aggiravo in quella grande casa in bikini e pareo, mi chiedevo cosa stesse facendo il signor Motta.
Mi avvicinai alla porta del suo studio e bussai.
“Si?” rispose dall’interno.
“Sono Giada. Stavo prendendo qualcosa da bere e mi chiedevo se volesse qualcosa anche lei.” dissi.
“Grazie Giada. Sei davvero gentile. Credo che una bella birretta fresca ci stia proprio.”.
“Ok, gliela prendo. Viene a berla con noi in piscina?” azzardai.
“Perché no.” rispose. “Una birra in piscina con due belle ragazze non si può certo rifiutare! Mi metto il costume e arrivo”.

Tornai in piscina con le cose da bere e mi buttai in acqua.
“Ora arriva anche tuo padre” dissi a Jenny, che pareva un po’ scocciata dall’invasione.
“E’ davvero un figo.” dissi “Lo sai? Mi piacerebbe provarci con lui.”
“Se.. Non credo proprio che mio padre potrebbe essere interessato ad una ragazzina come te, senza contare mia madre.” rispose secca.
“Lui &egrave un uomo. Qualsiasi uomo &egrave interessato alle ragazzine.” ribattei.
“Ma va là..” disse.
“Scommettiamo?” la provocai.
“Ma che dici?! E’ di mio padre che stai parlando!” gracchiò.
“E’ tuo padre, ma &egrave pur sempre un uomo. E che uomo…” risposi. “Scommettiamo che riesco a farlo eccitare qui in piscina?”. Rilanciai.
“Non ce la farai mai. Specie se ci sono io qui.” rispose sicura.
“Dai, scommettiamo se ne sei così certa.”
“ok.” disse. “Cosa ci giochiamo?”
Ci pensai un attimo e poi dissi:
“Se riesco a farlo eccitare, me lo porto a letto e tu non dirai mai niente a tua madre.” dissi.
“Cosa?! Ma sei scema? Non succederà mai!”
“Se sei tranquilla, scommetti.” la incalzai.
Suo padre uscì di casa e si avvicinava sul prato.
“Allora?” chiesi ancora.
“Ok.” rispose. “Voglio proprio vedere che figura di merda riuscirai a fare!”

Il signor Motta arrivò e si tuffò subito in acqua. Fece qualche bracciata e poi si sedette nella parte di piscina con l’acqua più bassa, dove io ero già da prima. Mentre si sedeva, lo osservai e il suo sguardo continuava ad indugiare sul mio corpo e soprattutto sulle mie tettine che erano proprio sopra il pelo dell’acqua.
“Non ha preso la birra, Signor Motta” dissi.
“Chiamami Stefano per piacere. Il signor Motta era mio padre.” disse mentre si alzava controvoglia.
“Lasci, gliela prendo io, lei ha lavorato tutto il pomeriggio, si merita di riposare.”
“Grazie Giada, tu si che sai come viziare un uomo.”
Mentre uscivo dalla piscina sentivo il suo sguardo sul mio culetto e rallentai volutamente l’andatura per permettergli di vedere tutto con calma. Guardai Jenny che ci osservava dallo sdraio e gli strizzai l’occhio. Lei alzò gli occhi al cielo e tornò al suo libro.
Presi la birra che avevo preparato prima, la stappai con l’accendino e tornai verso la piscina.
Il signor Motta non mi staccava gli occhi di dosso: era una scommessa vinta in partenza.
Gli porsi la birra e mi sedetti vicino a lui. Più vicino del dovuto in realtà.
Iniziammo a parlare del più e del meno e nel giro di mezz’ora il caro Stefano aveva già bevuto almeno tre birre.
La sua parlata era più sciolta e la mia vicinanza non lo faceva più stare in tensione.
Jenny si accorse che fra noi si stava creando una certa sintonia e così entrò in acqua.
Iniziò un momento di risa e giochi. Iniziammo un gioco con la palla divisi in squadre: io e Jenny eravamo in squadra insieme, Stefano era da solo. Dovevamo farci goal a vicenda. Io misi Jenny in porta e con la scusa di fare goal o di rubare palla a Stefano, continuavo a strusciarmi su di lui.
Lui teneva apposta la palla in alto dove io non potevo arrivare e io gli saltavo addosso, strusciandomi su di lui.
Stavamo concentrandoci sempre più su noi due, escludendo Jenny, che si incavolò e uscì dall’acqua.
“Che ti &egrave preso?” disse Stefano, mentre nuotava verso il suo sdraio.
Lei non rispose e si mise a leggere.
“Niente, &egrave che sa di avere perso.” dissi io.
“Perché? Non stavamo nemmeno tenendo i punti” disse sorpreso. Appoggiandosi al bordo con le braccia.
Io gli andai vicino e nella stessa posizione iniziai a strusciargli un piede sulle gambe. Eravamo coperti dal bordo e il contatto avveniva sott’acqua, quindi Jenny non poteva sapere ciò che stava accadendo.
“Non &egrave per quel gioco” dissi io “In realtà c’era un’altra scommessa in ballo.”
Lei mi guardò male, mentre io sorridevo e continuavo a toccare suo padre sott’acqua.
“E che scommessa &egrave?” chiese, mentre lasciava che io lo sfiorassi sempre più esplicitamente.
“E’ una cosa tra donne.” dissi
“Ditemi, ormai voglio sapere”
Io immersi un braccio e rimasi aggrappata al bordo solo con una mano. Con la mano libera iniziai ad accarezzargli il corpo e lui non fece assolutamente nulla per fermarmi.
“Jenny non crede che io sia bella.” dissi
“Cosa?” rispose stupito Stefano. “In che senso?”
“Lei non crede che io possa piacere ad un uomo. Lei che dice Signor Motta? Io sono abbastanza carina per piacere ad uomo?” chiesi mentre la mia mano si faceva sempre più audace.
“Stai scherzando? Tu farai girare la testa ad ogni ragazzo che incontri.” rispose.
“No, non intendevo ragazzi. La scommessa non era su questo.” dissi.
“E allora su cos’era? Chiese con la voce incerta a causa della mia mano che di nascosto dalla figlia continuava ad esplorargli il petto ed il ventre.
“La scommessa era se io riuscissi o meno a far eccitare un vero uomo. Precisamente lei Signor Motta.”
Lui si girò a guardarmi sbalordito e io abbassai la mano fin sul suo basso ventre. Anche da sopra il costume potevo sentire che là sotto qualcosa si stava muovendo.
“Direi che in effetti ho vinto la scommessa. Lei che dice Signor Motta.”
Lui si girò verso sua figlia paonazzo in volto. Era imbarazzatissimo. Non sapeva cosa dire, ma non poteva muoversi perché ormai la sua erezione sarebbe stata evidente anche per sua figlia.
“Voi non potete fare scommesse del genere…” farfugliò.
Io continuavo a toccarlo da sopra il costume e dissi:
“Non vuole sapere qual’era la posta in palio?”
“S.. Si..”
“Se io fossi riuscito a farla eccitare, cosa che mi pare proprio di essere riuscita a fare, avrei potuto fare l’amore con lei e Jenny non l’avrebbe mai detto a sua moglie.”
“Cosa?! Come puoi aver fatto una scommessa del genere Jenny! Se lo sapesse tua madre…” la rimproverò.
“Io non pensavo certo che tu potessi eccitarti per Giada come un qualsiasi ragazzino!” ribatt&egrave lei.
“Ma Jenny, io sono un uomo. Un uomo non può controllare certe cose.”
Mentre lui tentava di giustificarsi, io scesi con la mano sotto il suo costume e impugnai direttamente il suo cazzo che ormai era in completa erezione.
Era di marmo. Era molto piùà grosso di tutti quelli che avevo visto e toccato finora.
Mentre lui continuava a balbettare parole ormai senza senso, io cominciavo a masturbarlo per bene.
“Quindi ammetti la sconfitta? Posso risquotere il mio premio?” chiesi a Jenny.
“Ma che dici? Non lo farai mai davvero. E poi io non ammetto nulla. Stai dicendo di aver vinto, ma io come faccio a saperlo.” disse.
“Jenny… io…” disse Stefano con un filo di voce, quasi implorante.
“Ok. Ti faccio vedere le prove allora.”
Iniziai ad andare verso la parte bassa della piscina, sempre stringendo in pugno il suo cazzo, tirandomi dietro Stefano ed il suo imbarazzo. Mano a mano che io fondo si alzava, noi emergevamo e la sua prepotente erezione ormai era chiara anche per Jenny.
Uscimmo dalla piscina e appena fuori tirai giù i boxer del Signor Motta che era come imbambolato e sembrava completamente in balia degli eventi. Rimase lì, nudo ed eccitato davanti a sua figlia che lo sguardava a bocca aperta e a me che ammiravo la scena compiaciuta.
“Papà…” le parole non riuscivano ad uscire.
Lui la guardava con un misto di imbarazzo e rassegnazione.
“Ok?” dissi. “Sei contenta?”
“N.. no.. Tu non puoi… Non devi…” farfugliò.
“Eh no. Non puoi tirarti indietro. Tu hai scommesso ed io ho vinto.” Dissi.
Loro due erano come inebetiti e continuavano a guardarsi. Jenny non riusciva a staccare gli occhi dal pene eretto di suo padre e lui, come paralizzato, non riusciva a coprirsi o dire nulla.
Decisi di agire. Mi inginocchiai e lo presi in bocca. Sapeva di cloro e di uomo. Era caldo, grande, virile.
La sua cappella viola mi riempiva tutta la bocca e faticavo ad infilarne dentro di più. E pensare che con il cazzetto di Piero riuscivo ad arrivare fin quasi alla base. Questo era enorme al confronto.
Il pulsare di quel grosso cazzo nella mia bocca mi stava facendo bagnare a dismisura. Ero eccitata come una pazza. Mentre con la mano dentra lo tenevo in posizione e con la lingua percorrevo tutta la lunghezza dell’asta, con la mano sinistra iniziavo a masturbarmi da sotto il costume.
“Papà…” sentii Jenny dietro di me.
“Voi due siete matte. Ma che cazzo vi prende.” disse Stefano, ridestandosi dal suo stato di shock.
“Papà digli di smettere!” Lo implorò Jenny.
Lui non rispose, ma mi appoggiò una mano sulla testa dandomi il ritmo per le mie affondate. Gli stringevo le labbra attorno alla cappella e succhiavo, intanto con la lingua disegnavo figure immaginarie sulla sua cappella.
Ad un certo punto mi allontanò e mi fece alzare in piedi. Ora stava prendendo l’iniziativa ed agiva con fermezza.
Mi sfilò il reggiseno e poi mi tolse le mutandine, rimanendo a lungo a fissare la mia patatina depilata. Doveva piacergli parecchio.
Mi fece stendere sullo sdraio accando a quello della figlia e scese in mezzo alle mie gambe inziando a leccarmela.
“No, papà no…” piagniucolava Jenny a pochi centimetri da noi.
Ma lui ormai non ci sentiva più.
Era bravissimo. Sapeva dove leccare e cosa toccare. La sua lingua esperta mi stava facendo impazzire.
Inarcavo la schiena a godevo come una matta, mentre lui con una mano risaliva a toccarmi una tetta, schiacciandomi con vigore un capezzolo.
Ero in estasi.
Mi voltai a guardare Jenny che continuava ad osservare la scena con un misto di rabbia, disperazione ed eccitazione.
Non sò perché non andò via e rimase li accanto a noi. Io al suo posto sarei scappata a piangere. Lei invece continuava a guardarci.
Osservarla mentre suo padre mi faceva godere mi portò all’orgasmo. Un orgasmo potente, lungo, intensissimo.
Stefano non si fermava e solo quando le contrazioni dell’orgasmo cessarono, si staccò da me e mi fece alzare.
“Guarda. Guarda cosa mi hai fatto fare, Jenny.” sussurrò mentre mi faceva girara e prendendomi per i fianchi mi metteva in posizione.
Io mi misi in ginocchio sullo sdraio e lui iniziò ad appoggiarmi il cazzo alla patatina. Avevo paura che mi facesse male, dato che di sicuro non ero abituata a dimensioni del genere, invece fu tutto facile e naturale.
Iniziò a spingere e mi penetrò con facilità, mentre io ansimavo godendomi una sensazione di pienezza mai provata prima.
Mi dava il ritmo con le mani forti sui fianchi e potevo sentire il rumore dei nostri corpi che si scontravano ritmicamente.
Ero in estasi. Nessuno mi aveva mai posseduto così.
Per la prima volta mi sentivo davvero donna, forse perché per la prima volta stavo facendo l’amore con un vero uomo.
Non capivo più niente. Sentivo solo i suoi colpi dentro di me. Ad ogni affondo sembrava entrare di più e io mi avvicinavo sempre di più ad un altro intenso orgasmo.
Ad un certo punto si fermò. Pensavo stesse per venire, ma in realtà voleva solo cambiare posizione. Mi fece alzare e si sdraiò a pancia in giù sullo sdraio, poi mi prese per mano e mi indicò di salire a cavalcioni si di lui.
Lo feci e mi calai su quel bellissimo cazzo eretto che teneva in posizione sotto di me. Se possibile, in questa posizione entrava ancor più in profondità. Mi sentivo aperta in due e godevo come una matta.
Iniziai ad andare su e giù mentre lui mi accarezzava le tette con le mani. Ora ero io che dovevo dare il ritmo, ma non ero brava come lui, quindi cercò di accompagnare i miei movimenti calandomi di nuovo le mani sui fianchi.
Quando riscii a prendere un ritmo che lo soddisfaceva, risalì con le mani accarezzandomi il ventre, i seni, il collo. Con la mano destra mi accarezzò i capelli ammirandomi dal basso. Era bellissimo sentirsi così piena e desiderata.
Mi passò il pollice sulle labbra, mentre io cercavo rifugio nel calore del palmo della sua mano. Presi in bocca il pollice e iniziai a succhiarlo. Giocavo con la lingua sul suo dito come se lo stessi baciando. Mi tirò per la nuca verso di lui e per la prima volta ci baciammo. Aveva una pelle resa ruvida da un accenno di barba, ma con la lingua ci sapeva fare.
Ci baciammo per diversi secondi e poi io tornai dritta a cavalcarlo sempre più velocemente.
Improvvisamente mi ricordai che sua figlia, la mia migliore amica, era a piochi centimetri da noi e ci stava guardando. Mi girai verso di lei e vidi che aveva una mano infilata nelle mutandine del costume. Si stava masturbando mentre ci guardava la troietta.
Ci guardammo per qualche minuto che parve eterno ed il pensiero di essere osservata da lei mentre mi scopavo suo padre mi diede come una scossa elettrica.
Non potei evitare di venire ancora. Questa volta urlai il mio godimento ribaltando la testa all’indietro, mentre lui continuava a pompare e toccarmi entrambe le tette.
Credo di aver avuto almeno due o tre orgasmi in fila, mentre lui non accennava a diminuire la sua forza.
Mi guardava godere e si compiaceva di essere stato lui a provocarmi quello stato di eccitazione. Anche Jenny mi guardava, continuando a masturarsi sempre più velocemente.
Mi accasciai su Stefano e lui finalmente rallentò.
Uscì da me, ma aveva ancora il cazzo in prepotente erezione. Dovevo farlo venire in qualche modo.
Mi alzai e mi misi fra le sue gambe.
“Hai visto la tua bambina come si masturba guardandoti scopare?” dissi.
Ma lui aveva visto eccome.
Guardava fisso le mutandine di sua figlia che nascondevano a malapena la sua mano intenta a darsi piacere.
Io mi abbassai sul cazzo e lo ripresi in bocca. Ora il sapore di cloro era sparito, in compenso c’era forte la presenza dei miei umori, ma non mi interessava. Volevo dimostrargli che ero in grado di farlo venire.
Mi impegnai più che potevo nel pompino e lui dimostrò di gradire moltissimo il trattamento. Continuava a spostare lo sguardo fra il mio viso e Jenny, che nel frattempo aveva iniziato anche a toccarsi una tetta, scostando il pezzo di sopra del costume.
Mi venne un’idea perversa e non riuscii a trattenermi dal realizzarla.
“Vieni, alzati, paparino.” dissi.
Lui si alzò senza protestare e mi seguì mentre mi avvicinavo allo sdraio di sua figlia. Tenevo il cazzo in mano e continuavo a fargli una sega.
“Ti piace? Ti piace vedere tua figlia che si masturba per te?” chiesi.
Lui non rispose, ma continuava a guardarla fisso dall’alto, studiando ogni centimetro del suo corpo. Mentre continuavo la sega con una mano, con l’altra tirai giù le mutandine di Jenny, scoprendo completamente la sua vagina depilata, che lei si stava riempiendo con due dita. Tirai di lato anche il reggiseno ed ora era completamente esposta.
Suo padre non parlava, ma continuava a guardala fisso.
Io mi abbassai e ripresi in bocca il suo cazzo. Adesso era quasi come se non esistessi. Stavano scopando fra loro senza toccarsi. La mia bocca era la figa di Jenny, le sue mani il cazzo di Stefano.
Sentii che le pulsazioni aumentavano. Stava per venire.
Senza smettere di menarlo, mi spostai da davanti e lui venne schizzando sopra sua figlia.
Uno, due, tre, quattro potenti schizzi la colpirono sul seno e sulla pancia e nello stesso istante, anche lei venne inarcando la schiena e guardando fisso il cazzo di suo padre fra le mie mani.
Lentamente gli ansimi iniziarono a quietarsi. Io ripulii il poco di sperma che restava sulla cappella di Stefano e lui ebbe come un sussulto.
“Scusami.” disse rivolto alla figlia, poi raccolse il costume e scappò dentro casa.
Io guardai Jenny che si riprendeva dall’orgasmo e gli dissi:
“Non mi pare che la nostra scommessa ti sia dispiaciuta.”
Lei mi guardò stranita e rispose:
“Sei una puttana.”
“Eddai che ti &egrave piaciuto…” dissi.
“Quello &egrave mio padre.”
“Potevi andartene. Invece sei rimasta a guardarci e ti sei addirittura fatta sborrare addosso.” sottolineai indicando il seme di Stefano ancora sulle sue tette.
Lei non rispose.
“Vuoi sentire che sapore ha? Tuo padre sa di buono.”
“Sei una schifosa.” disse girando il viso dall’altra parte.
Con un dito le sfiorai un capezzolo ancora eretto e pulii un poco della sborra che si stava via via raffreddando su di lei. Avvicinai la mano al suo viso e gli sfregai un po’ sulle labbra. Lei le teneva chiuse, ma dopo poco le aprì e io le infilai il dito in bocca. Iniziò a succhiarlo guardandomi negli occhi.
Mi ripulì il dito dalla sborra di suo padre e mi disse:
“Sei proprio una stronza.”

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