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Racconti Erotici Etero

L’attimo fuggente

By 15 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Sentivo il contatto della sua gamba.

Per la festa di compleanno di una mia amica eravamo una decina, ma lei non l’avevo mai vista.

Era venuta da sola e mi era stata presentata come una cara amica della festeggiata.

Fu subito il centro delle mie attenzioni.

Non che fosse eccezionale, ma emanava sensualità da tutti i pori: capelli neri corvino, occhi marrone, labbra piene, calde, invitanti.

Vestita con una gonna al ginocchio di colore nero, un modello largo, stropicciato, sopra una camicia bianca nascosta da una giacchetta molto simpatica, si muoveva come fosse fuori posto tra quella gente: quello che mi piaceva, era come ancheggiava.

“Sola?”

“Eh si…nessuno mi vuole…”

L’aveva detto con una voce talmente sensuale che subito sentii una fitta al basso ventre.

Ci stavamo spogliando con gli occhi, era chiaro che l’interesse era reciproco.

Chiesi informazioni alla mia amica e così venni a sapere che aveva divorziato da sei mesi, era attualmente sola e disponibile.

“Devi metterla vicino a me”

Un sorriso e il patto furtivo fu stipulato, così adesso, a tavola, era al mio fianco, come volevo.

Cominciammo a scherzare su tutto, la serata era calda, l’estate era esplosa.

Si era tolta la giacchetta mettendo in mostra un seno dirompente, soffocato da un reggiseno bianco.

Il caldo attaccava la camicetta alla pelle e questo produceva due effetti immediati: il primo era che il reggiseno fosse in evidenza tanto che si riusciva a vedere i bordi pizzo e, il secondo, era che le fitte al mio basso ventre erano sempre più intense.

Aveva la pelle abbronzata e, ovviamente, non portava calze; chiacchierando, mi aveva detto che era un amante del sole.

Il vino fresco scioglieva le parole e gli animi, istintivamente spostai la mia gamba e sfiorai la sua.

Non vidi reazione e allora appoggiai la mia coscia alla sua con maggiore decisione e cominciai a strofinargliela contro come un gatto in calore.

Lei si voltò a guardarmi, la sua espressione era di condiscendenza: questo m’incitò a continuare il mio gioco erotico.

La tovaglia beige del tavolo imbandito di mille delizie nascondeva i miei movimenti.

Accarezzai con la coscia le sue gambe arrivando all’orlo della gonna: con il ginocchio giocai un poco, aspettai una risposta che non arrivò e allora, sicuro della complicità della ragazza, spostai la mano sotto la tovaglia.

Il primo tocco fu inebriante.

Appoggiai le mie dita sulla sua pelle calda, la sensazione fu di toccare una pesca, lasciai giocare le mie dita al bordo della gonna, rimasi in quella posizione per qualche minuto.

La tensione erotica era pari allo sforzo di sorridere agli altri commensali, sorridevo a tutti cercando d’essere interessato, ma in realtà non sentivo una parola di quello che dicevano; tutta la mia attenzione era rivolta a quel pezzo di stoffa con cui le mie dita si scontravano maliziose.

Le dita cominciarono a salire, ogni centimetro di pelle che percorrevo era un colpo al cuore: l’eccitazione era ormai a livelli spasmodici, sentivo il mio cazzo spingere forte nel tentativo di liberarsi da tutte le costrizioni dei vestiti.

Lei aveva allargato leggermente le cosce.

Parlava con la sua amica ed aspettava gli eventi, lasciava che fossi io a continuare la mia ricerca.

Il tovagliolo posto sopra il mio eccitamento sembrava parlasse: mi sembrava che tutti potessero capire quello che provavo, quello che stavo facendo.

Un occhiata veloce a tutti, giusto per essere sicuro che a nessuno fregasse quello che io stavo facendo, o che perlomeno nessuno fosse intenzionato a fermarmi, poi, salii ancora e arrivai al bordo del suo piccolo slip.

Le sue cosce improvvisamente si strinsero attorno alla mia mano immobilizzandola.

Rimasi fermo, mille pensieri passarono veloci in un secondo, i dubbi dell’osare troppo, la voglia di continuare, la paura di dovere tornare indietro, poi le cosce si rilassarono e si aprirono dolcemente dandomi il benestare per continuare la mia scalata verso il piacere.

Le mie dita si spostarono verso il centro del mondo e appoggiandosi sopra un minuscolo pezzo di stoffa ebbero subito la certezza del piacere della ragazza.

L’umido che sentivo sui polpastrelli erano il segno evidente del piacere che anch’essa stava provando; tornai sul bordo dello slip e con calma feci pressione sulla sua coscia: la pelle sembrò ritrarsi, come ad inchinarsi devota al passaggio delle dita sotto il lembo, vidi una leggera contrazione nel viso della ragazza; aspettai che ricominciasse a parlare con tono gioviale e allegro.

Probabilmente solo io avevo notato una voce più gutturale e un tono più bassa.

Le dita continuarono la loro esplorazione: nessun ciuffo di peli fermò la loro avanzata, era liscia come una pesca polposa:, un monte di Venere pronunciato, le grandi labbra leggermente rialzate e poi…il dolce succo sulle mie dita.

Intinsi nel suo miele, esplorai il suo fiore.

Guardavo il suo viso: ogni volta che vedevo il suo piacere avvicinarsi troppo, mi fermavo.

Lei stringeva le cosce forte per farmi capire che era all’estremo del piacere.

Il martirio continuava da diversi minuti, poi il fato venne incontro a tutti e due.

Un guasto improvviso all’impianto elettrico creò il buio completo.

Un bacio deciso coprì i suoi desideri, un’accelerazione dei miei movimenti dentro il suo corpo e l’esplosione del suo piacere urlato nella mia bocca durarono trenta secondi : trenta secondi infiniti.

Il tempo di staccarsi e tornare normali e la luce tornò ad illuminare la serata.

La mia mano era tornata al suo posto sul tavolo.

La festeggiata chiese scusa per l’inconveniente, poi, guardandomi, mi disse;

“Come ti sembra la cena?”

Io presi le dita intrise degli umori della mia vicina, le misi tra le labbra, le succhiai per tutta la loro lunghezza e facendolo guardai la proprietaria del mio piacere, poi voltai lo sguardo e risposi alla festeggiata:

“Ottima…cerchiamo di farne di più di queste cene a sorpresa

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