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L’avvocatessa violentata dagli operai

By 20 Ottobre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Anche quel giorno mi ero svegliata un pò svogliata nella mia Milano.
Era una mattina come le altre, una doccia veloce e un caffè… e poi via a lavoro nel mio studio in centro.
Faccio l’avvocato da cinque anni, ne ho 32, e devo dire che sono abbastanza soddisfatta di me.
Mentre salivo le scale ho incrociato un gruppo di operai di una azienda di traslochi che aspettavano all’ingresso dell’androne. Li ho guardati con sufficienza… come mio solito con le persone per me poco interessanti. Loro invece mi avevano fissata con attenzione, studiando ogni particolare di me e seguendo la mia sagoma fino alla porta dell’ascensore.
Sentivo i loro sguardi posarsi sul mio corpo, come mani che mi accarezzavano.
Presi l’ascensore e arrivai in studio. Avevo una udienza importante, presi i documenti e scappai in Tribunale. Ripassando dall’atrio rividi gli operai di prima che cominciavano a salire per i piani alti del palazzo rumoreggiando. Non li degnai nemmeno di uno sguardo, mentre da parte loro ci furono di nuovo commenti che non riuscii a sentire ma di cui potevo immaginare il contenuto. Del resto mi capitava spesso che gli uomini facessero commenti sul mio aspetto.
Non ero una dea, ma ero e sono sempre stata una bella ragazza, alta, con lunghi capelli neri e occhi neri intensi e penetranti, una pelle molto liscia e vellutata, bocca sensuale e un corpo che suscitava le fantasie sessuali dei maschi, una quarta di seno, con i capezzoli rosa e grandi, un bel paio di gambe e un sederino sodo e ben tornito.
Terminata l’udienza tornai in studio ed incrociai nuovamente due operai del solito gruppo, due non giovanissimi che mi squadravano.
Mi voltai e guardando uno negli occhi gli chiesi bruscamente perchè mi guardasse così, come se non avesse mai visto una donna prima d’ora. Ero stata particolarmente acida e loro, risentiti, mi dissero che non era il caso di reagire così, in fondo era normale per una ragazza così bella essere guardata. Non gli ascoltai e me ne andai nel mio studio.
Il giorno dopo era sabato e non c’era quasi nessuno nel palazzo, entrai dirigendomi verso la mia porta quando mi accorsi che gli operai stavano lavorando nell’appartamento di fianco al mio.
Cominciai la giornata di lavoro e all’ora di pranzo scesi per una pausa caffè al bar, incontrai nuovamente gli operai con cui avevo discusso il giorno prima che vedendomi parlottavano tra loro ridacchiando e toccandosi le parti basse, con fare molto esplicito.
Non diedi loro importanza e tornando dal bar mi fermai nella mia boutique preferita dove acquistai alcuni capi intimi, la mia passione, due baby-doll una sottovestina in pizzo, due completini e qualche paio di autoreggenti abbinate.
In realtà, a fronte del mio aspetto molto austero e freddo, ero una maniaca di questi capi che indossavo sempre.
Tornai al mio lavoro, poi verso le 19 sentii squillare alla porta. Mi alzai, era strano, non avevo fissato nessun appuntamento e perciò non aspettavo nessuno. Inoltre era sabato, non un giorno usuale per gli appuntamenti di lavoro. Andai ad aprire e mi trovai davanti i due operai del giorno prima più altri due loro colleghi.
Senza tradire emozione alcuna chiesi cosa desideravano, uno di loro mi fissò, mi guardò a lungo e disse semplicemente: ‘Te’!
Rimasi sbigottita. “Ma come si permette” gli dissi.
Ma prima che potessi finire la frase erano già tutti e quattro dentro lo studio. Mi immobilizzarono in due tenendomi per le braccia, mentre un’altro avvicinata la sua faccia a qualche cm dalla mia disse: “su, avvocato, che c’è? Non fai più la stronzetta adesso? Abbiamo deciso di insegnarti un po’ l’educazione e visto che i nostri lavori per oggi sono terminati, adesso faremo un lavoretto a te”.
Detto questo, quasi sollevandomi di peso, tutti e quattro mi portarono nella mia stanza sbattendomi per terra sul tappeto.
Ero molto spaventata, ma in fondo anche un po’ eccitata. Non mi capitava speso di essere in una posizione di inferiorità, mentre in quell’occasione ero sola con 4 maschi e senza nessuna possibilità di cercare aiuto, alla loro completa mercè.
Non potevo pensare di cavarmela usando il cervello o la cultura, lì contavano solo i muscoli e io proprio non potevo competere con loro.
Tuttavia pensai che volessero solo spaventarmi un po’, che non sarebbero arrivati troppo in là, cazzo era un reato grave la violenza sessuale, mica potevano pensare di farla franca.
Uno vide la busta dei miei acquisti e la vuotò sul divano.
“Però, che roba di classe” mentre teneva tra le mani rozze e callose un paio di autoreggenti “ti piace vestirti da zoccola avvocato”.
Gli altri annuivano. “Adesso facciamo così, prima ti spogli, e poi ti metti addosso questi abiti, così la puttana per una volta la farai per noi poveri operai”.
Mi rifiutai e allora un si avvicinò e prendendomi per il collo mi strinse dicendomi “guarda che ti conviene ubbidire, altrimenti ti mandiamo all’ospedale”.
Stringeva forte il collo fino a farmi male, soffocavo, annui “va bene, va bene, farò quello che volete, ma non fatemi del male” singhiozzando.
Così cominciai a spogliarmi lì davanti a loro che mi guardavano, tolsi tutto restando nuda ed esposta ai loro osceni commenti “guarda che bel culo ha la nostra zoccola e che tette” dicevano ridendo.
Poi cominciai a indossare gli abiti che avevano scelto, autoreggenti color carne, un completino avorio, perizoma e reggiseno col pizzo e una micro sottovestina in raso, con ai piedi un paio di scarpe decolletes con un tacco 12.
Partirono una serie di fischi di approvazione, ero frastornata, mi sentivo a disagio, un oggetto, un oggetto nelle loro mani.
Però quella sensazione mi procurava anche una sorta di strana eccitazione perversa, mi sentivo femmina, si, senza il mio solito ruolo, solo una femmina in mezzo a un branco di maschi, da usare per soddisfare i loro piaceri.
Insomma mi stavo bagnando di brutto, anche se pregavo che non se ne accorgessero.
Invece si avvicinarono tutti a me e cominciarono a toccarmi dappertutto, mani affamate che mi esploravano il corpo attraverso gli abiti. Uno da dietro prese ad accarezzarmi il culo e palparlo, scostando il sottile lembo di stoffa del perizoma, accostò la mano al solco delle mie natiche, poi scendendo sempre più giù, arrivò al mio buchino di dietro e poi alla fichetta.
Stavo per bollire e subito un operaio si accorse che grondavo di voglia.
“Ragazzi questa troia è infoiata di brutto, ha la passera che è un lago”.
Divenni rossa. A turno le loro mani si alternarono dentro i miei slip per accarezzare la mia micina e tutti si accorsero che ero davvero bagnatissima e terribilmente eccitata.
“Di la verità puttana, hai una gran voglia di cazzo… eh?” mi disse il primo leccandomi la guancia mentre un’altra mano mi strizzava i capezzoli ormai turgidi e duri come la pietra.
“Io… io ‘ mormorai – io non voglio…” mentre chiudevo gli occhi e cominciavo a sospirare mentre le loro mani continuavano a palparmi in tutti i punti.
Poi, quando due dita cominciarono a solleticarmi e stuzzicarmi il clitoride, un urletto disperato di piacere uscì dalla mia bocca: “aaah..”
L’uomo che si trovava davanti a me mi disse “non sei credibile, vuoi i nostri cazzi e noi te li daremo tutti”.
Ormai ogni freno inibitorio era sciolto, si lanciarono tutti sopra di me infoiati dall’eccitazione. Venivo leccata ovunque mentre dita enormi mi penetravano la bocca, la fichetta, masturbandomi, e il culetto.
Poi sentii una lingua che cominciava a succhiarmi i capezzoli, mentre uno di loro che si era spogliato mi porgeva il suo cazzo vicino alla bocca poggiando la cappella calda e pulsante sulle mie labbra.
Non provai nemmeno a ribellarmi, la inghiottii subito a cominciai a succhiare quel cazzone, leccando prima le sue palle gonfie e dure, per poi risalire lungo l’asta e farla entrare per quanto possibile nella mia bocca.
Nel frattempo quei porci mi stavano spogliando, sentii levarmi scarpe, sottoveste e reggiseno, il perizoma mi fu strappato mentre le calze me le tolsero ad una ad una leccandomi le gambe e i piedini nudi.
Mentre continuavo a succhiare il cazzo che avevo in bocca, mi ritrovai carponi sul tappeto e sentivo una lingua che mi leccava la fica da dietro. Aumentai il ritmo del pompino strappando al maschio di turno un gemito di godimento: “siii troia… succhiami tutto… cosììì ahh”.
Poi sentii uno che da dietro mi strofinava la punta dell’uccello sulle labbra della fica e poi pian piano si faceva strada in me.
Oddioo, dopo un pò con un colpo secco era dentro, uuuhh.
Prima piano, poi più veloce cominciava a scoparmi, lo sentivo tutto, era incredibile, mentre gli altri due giocavano con le mie tette.
Poi si diedero il cambio, avevo sempre la bocca impegnata mentre con le mani ne masturbavo altri due. Quello che mi montava non accennava a venire, dandomi dei colpi precisi, continui, costanti.
Ormai ero vinta, stavo per venire, lui lo capì e accelerò il ritmo della scopata.
Mi sentivo piena e sua, mi stava aprendo tutta col suo cazzo, cacciandomelo ad ogni spinta sempre più fondo.
‘Siiiiiii’ gli dissi e poi esplosi in un orgasmo incredibile, inondandogli il membro con i miei umori.
Lui proseguì fino a quando se ne venne urlando dentro di me, regalandomi il secondo orgasmo di seguito.
Poi fu il turno di un altro, che anche facilitato dallo sperma del collega che mi lubrificava mi scopò a lungo e a fondo mentre gli altri continuavano a farmi di tutto.
“Brava la nostra troietta, vedi che ci hai preso gusto, goditi questi cazzi, chissà che non diventi più simpatica ” diceva continuando a scoparmi e dimenandosi su di me.
Mi cambiarono di posizione non so quante volte, fino a quando non mi ebbero chiavata tutti e 4. Poi ci fu un attimo di pausa durante il quale chiesi il permesso di potermi lavare visto che ero completamente ricoperta di sperma.
Mi accompagnarono in bagno, entrai nella vasca e cominciai ad insaponarmi . Poi all’improvviso entrarono tutti e quattro nel bagno e mi misero a novanta, tenendomi stretta per mani e piedi. Poi usando il bagnoschiuma cominciarono a lubrificarmi il culetto ed il buchino di dietro.
Io urlai di no, che non volevo essere presa anche li. Non mi ascoltarono e prima con le dita, poi con il flacone del bagnoschiuma cominciarono a penetrarmi analmente. Sentivo un dolore forte e intenso.
Mentre si lavoravano il mio buchino mi costrinsero nuovamente a succhiare i loro cazzi ancora più eccitati. Poi sentii una pressione ancora più forte nel sedere e una fitta fortissima, mi avevano sodomizzata, era la prima volta per me, urlai, ma con la bocca occupata dal cazzo il grido fu soffocato.
Il cazzo mi stava entrando su per il culetto centimetro dopo centimetro, ero senza fiato, poi cominciò a muoversi, dapprima piano, poi sempre più veloce lasciando che il dolore diventasse piacere, sempre più intenso e poi godimento totale.
Mi scoparono il culetto tutti e quattro alternandosi anche insieme in fica e culo.
Mi lasciarono in quel bagno esausta con i buchi oscenamente dilatati e pieni di sperma. Mi diedero il numero della loro ditta dicendo che se avessi avuto bisogno sarebbero venuti di nuovo per un “lavoro extra”.
Io da allora ogni tanto ci faccio un pensierino…

Per fare quattro chiacchiere: evoman@libero.it

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