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Legati da una corda d’oro

By 31 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Sei impazzito, per caso?’.
‘Perché?’.
‘Come sarebbe a dire perché! Sono a un pranzo di famiglia, con lui di fianco, suoceri di fronte e parenti vari tutt’intorno’.
‘E allora?’.
‘E allora?! Come cavolo faccio a parlare al telefono con te, mi scoprirebbero all’istante!’.
‘Non se fai la disinvolta. Fai finta sia un’amica o una collega, no?’.
‘Si, certo. Lo sai che effetto mi fa sentire la tua voce, non riuscirei mai a mascherarlo, desterei troppi sospetti’.
‘Invece, stare ore attaccata a WhatsApp non desta sospetti?’.
‘Anche quello. Infatti, probabilmente, è meglio che metta da parte il telefono per un po”.
‘Dieci minuti e ti lascio in pace’.
‘Ma non puoi scriverlo qui quello che hai da dirmi?’.
‘E togliermi tutto il divertimento? Non se ne parla’.
‘E aspettare stasera, invece? Tanto, lo sai che si addormenta presto, avremmo tutto il tempo di parlare’.
‘Ma se stai morendo di curiosità’.
‘E tu che ne sai?’
‘Se così non fosse, avresti già smesso di rispondermi’.
‘Stronzo’.
‘Ho ragione, vero?’
‘Ribadisco il concetto: stronzo’.
‘Si, ti amo anch’io’.
‘Dai, cinque minuti e ti chiamo io. Giusto il tempo di andare in bagno’.
‘No no, resta pure a tavola’.
‘Che??’
‘Ti sto chiamando’.
Melinda era ancora pietrificata a leggere l’ultimo messaggio sullo schermo del suo iPhone, quando il telefono prese a squillarle tra le piccole mani dalle unghia smaltate di rosso.
Avvampò all’istante, catturando l’attenzione dei suoi commensali. Il suo compagno le lanciò uno sguardo incuriosito dalla strana reazione.
‘Chi è, amore?’, le chiese, per fortuna senza sporgersi verso l’apparecchio.
‘Niente di importante’, rispose Melinda, afferrando il primo nome femminile che balenava nella sua mente, ‘E’ Lucrezia’.
‘Non rispondi?’, incalzò lui.
‘E’ solo che”, gli occhi di Melinda, persi a fissare un punto indefinito, celavano l’ansia di cercare una spiegazione plausibile, ‘Sicuramente vorrà parlare di un litigio a lavoro. Un po’ mi rompe farlo ora’.
‘Ma magari ha bisogno di dirti qualcosa di urgente, dovresti rispondere. Poi la scarichi se inizia a dilungarsi’.
Melinda approfittò di un attimo di distrazione del suo compagno, intervenuto in una querelle fra gli altri uomini della tavolata, per rispondere alla chiamata e, contemporaneamente, abbassare, fin sotto la metà, il volume dell’altoparlante.
La voce di Fabrizio le riempì le orecchie, insinuandosi nel suo cervello ed arrivandole dritta al cuore: ‘Ce ne hai messo di tempo’.
La donna si sforzò di non tradire la sua ansia: ‘Scusami Lucrezia’, pronunciò quel nome scandendolo lentamente, ‘Non avevo sentito squillare. Dimmi’.
‘Sei a tavola, vero?’.
‘Si, non te l’avevo detto?’.
‘Quanta gente c’è?’.
‘Ma guarda, lo sai che le nostre scrivanie sono sempre ingombre di pratiche, ce ne saranno una ventina’, argomentava Melinda, con voce incerta.
‘Però! Te la cavi! Brava!’, replicò Fabrizio, accennando una risata.
‘Devi dirmi qualcosa in particolare?’, cercò di tagliar corto la donna, guardandosi intorno di sottecchi, col rischio di tradire un’aria colpevole.
‘Quanta fretta. Volevo solo parlare un po”.
‘E si, sai, sono a un pranzo in famiglia, vorrei evitare di passare per maleducata restando troppo al telefono’.
‘Io invece ero sul mio letto, sul nostro letto’ e pensavo a te’.
‘Cosa intendi?’.
‘Ho appena fatto una doccia. Ora sono sdraiato, con indosso solo l’accappatoio. Ma non l’ho legato, sai? E quindi tende a scivolare di lato’.
Melinda avvertì la sua bocca seccarsi. Schiarendosi la voce, allungò la mano tremante verso il bicchiere d’acqua davanti a sé.
Fabrizio continuò imperterrito. ‘Pensavo a te, all’ultima volta che ho avuto il tuo corpo nudo sotto di me. Ai tuoi rantoli, ai tuoi gemiti, alle tue urla di piacere. E non ho potuto fare a meno di avere un’erezione’.
Melinda replicò con voce spezzata. ‘Ma ti sembra il caso di parlare di questo ora”. In un attimo di lucidità, continuò la frase in maniera meno ambigua: ‘Insomma, parlare di lavoro anche di domenica, dai’.
‘Sei eccitata, vero? Lo percepisco dalla tua voce. Sai che lo sto massaggiando come fai tu? Lo tengo blandamente nella mano, facendola scorrere lentamente su e giù’.
Melinda si agitò appena sulla sedia, come a voler trovare una seduta più comoda. Sentiva il respiro accelerare, ma tentava di controllarlo.
‘Ora è duro come piace a te. A quest’ora l’avresti già preso in bocca, tenendolo dalla base e leccando tutta l’asta. Dio, quanto adoro i tuoi pompini. Solo a pensarci, quasi mi scoppia tra le mani’.
Melinda non poté trattenersi dall’emettere un sospiro. Quando il suo compagno la guardò, alzò gli occhi al cielo, fingendo si fosse trattato di un’espressione di disappunto. Sentiva l’eccitazione montare dentro di sé ed era terribilmente frustrata dal non poterla esprimere.
Fabrizio, però, non smetteva di torturarla: ‘Ho accelerato un po’. Sono troppo eccitato per continuare in maniera lenta. Sento le vene in rilievo sfregarmi sul palmo della mano. E non ti dico il glande com’è gonfio. Anche il solo pensiero di te mi eccita da impazzire’.
Melinda sentiva le sue guance quasi prendere fuoco. I capezzoli iniziavano a dolerle e, tra le sue gambe, il frutto della sua eccitazione aveva cominciato ad inumidirle gli slip. D’istinto serrò le cosce, avvertendo ancora di più la sensazione di calore e di bagnato nel suo basso ventre.
‘Vorresti toccarti anche tu, vero? Stai morendo dalla voglia di infilarti una mano tra le gambe e darti piacere. Sei eccitata almeno quanto me, ho ragione?’.
Seppur con la voce rotta dall’emozione, Melinda non resistette alla tentazione di rispondere: ‘Si, è proprio così’.
A quelle parole, la donna avvertì Fabrizio aumentare sensibilmente la velocità della sua masturbazione e il suo respiro crescere. Sentiva distintamente il pene dell’uomo sbattergli contro il palmo della mano, e lo immaginava durissimo, come già tante volte l’aveva visto. Sfregò vigorosamente le gambe, al pensiero di quel grosso membro che la riempiva completamente, entrando e uscendo da lei a velocità folle. Si vedeva sdraiata sul letto del suo amante, oscenamente allagata e allargata, sfinita da un orgasmo travolgente, mentre lui le portava alla bocca il suo membro ancora turgido e impregnato di umori, per scaricarle in gola i suoi densi fiotti di seme bollente che lei, avidamente, bramava assaporare ed ingoiare. La donna era persa tra le sue fantasie, mentre avvertiva i capezzoli premere decisi contro la stoffa del reggiseno e l’umido tra le sue gambe divenire un lago.
Fu la voce affannata di Fabrizio a riportarla alla realtà: ‘Lo senti quanto mi fai eccitare? Sono quasi al limite, tra poco erutterò tutto il mio sperma. Quello che a te piace così tanto. Purtroppo andrà tutto sprecato, però’.
Il respiro di Melinda si faceva sempre più corto.
Fabrizio continuò, con voce roca per l’eccitazione: ‘A meno che non trovi il modo di venire qui, subito. Voglio farti mia, farti godere come non mai, e poi farti bere il succo del nostro amore, fino all’ultima goccia. Vuoi che mi fermi, che ti aspetti?’.
Melinda appariva quasi in trance, con lo sguardo fisso nel vuoto e le gambe che non riusciva a tenere ferme. Cedette, fremendo al solo pensiero di ciò che l’attendeva. Con un filo di voce, riuscì a dire: ‘Dai, tranquilla, arrivo subito, non preoccuparti’.
Chiudendo la chiamata, avvertì su di sé lo sguardo interdetto del suo compagno. Continuando a fissare il telefono, per non rischiare che potesse leggere il rimorso e la lussuria nei suoi occhi, si limitò a bofonchiare: ‘Purtroppo, quella ragazza il lavoro lo prende troppo seriamente. Vado a dare un’occhiata, prima che faccia qualche sciocchezza’.

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