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Legionari

By 28 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

 

Faceva freddo quella mattina ed era ancora buio, quello che peggiorava la situazione era la nebbia, e l’umidità, ad ogni modo si doveva procedere, i camion erano già carichi dalla sera prima.

Quando il tenente arrivò, i ragazzi erano già  pronti, il sergente si avvicinò, un breve saluto, senza troppi formalismi, e disse: ”Porucnik, il comando ha detto che saremmo stati scortati dai Legionari italiani”.

Il tenente parlava poco l’italiano e invece andava meglio con il tedesco e l’inglese, si morse il labbro infastidito, comunque fece buon viso a cattivo gioco, non gli andava di andare in giro con gli italiani non potevano capirsi e se fosse accaduto qualcosa avrebbe dovuto anche badare a loro.

Disse al sergente: ”Podnarednik, tu parli italiano, vai e mettiti d’accordo con loro, digli di mettersi in coda al convoglio, io sarò sul primo veicolo in testa, tu vai con il sottotenente nell’ultimo camion e dietro gli italiani”.

Il sergente fece un cenno di attenti e si allontanò in direzione delle due Jeep dove c’erano gli italiani che attendevano.

Si avvicinò al più elevato in grado lo salutò cortesemente: ” buongiorno Maggiore, come vi avevo accennato io parlo italiano e sarò sull’ultimo camion, e con me c’è un sotto-tenente che non parla la vostra lingua, voi dovreste mettevi in coda dietro di noi così ha detto il nostro tenente.

“Va bene sergente”, rispose il Maggiore, con un sorriso cortese, sapeva bene che non erano considerati che degli intrusi, ma erano fuori casa, cosa avrebbero dovuto aspettarsi.

Fece un cenno ai suoi che erano rimasti in silenzio, e tutti salirono a bordo delle due Jeep. Accesero i motori, guardò l’autista, e gli rivolse una strizzata d’occhio poi soggiunse “Bepi, hai controllato il pieno, l’olio e quanto necessario”, “ sì proprio ieri sera, ciò scolta ma questi i ne ciapa par mone o me sbaglio”,(senti ma questi ci prendono proprio per fessi o mi sbaglio) Bepi non riusciva a parlare in italiano, non che non lo sapesse ma era più forte di lui era troppo abituato al dialetto.

Il Maggiore sempre con il sorriso oramai di rassegnazione rispose: “ i pensa che noialtri ghemo paura e che quando i gavarà bisogno scampemo, cosa votu farghe, se la nomea che se semo fati dopo sinquanta ani de propaganda comunista”. (pensano che noi abbiamo paura e che quando avranno bisogno di noi scapperemo, che ci vuoi fare dopo cinquanta anni di propaganda comunista fatta con intento di dipingere gli ex nemici come dei vili).

Il convoglio si mise in marcia e le due Jeep si accodarono, lentamente perché la strada era viscida, e tortuosa, e per il momento era anche la parte più bella, finché erano lungo la costa non ci sarebbero stati problemi, era nell’altipiano che c’era il rischio di essere attaccati.

“ ciò Bob, ieri gho pensà che quea putea dea barista a sé proprio bea, mi me par che se possa provarghe, quando tornemo mi ghe provo” (di Bob ieri pensavo che quella ragazza che fa la barista è proprio bella, mi sembra che si possa provarci, quando rientriamo io ci provo).

“si, si va ben fa come te vol” (si, si va bene come vuoi) rispose Bob, “ ma non sta lamentarte se a te taca el scolo” (ma non ti lamentare se ti attacca lo scolo, in fondo non la conosci) aggiunse.

Due ore di strada e s’incamminarono per la salita che portava all’altopiano la strada era tutta curve, il Maggiore non era contento, della nebbia, forse saranno imboscati e non succederà niente, ma… pensò, non si può mai sapere, anche se erano due mesi che non c’erano incursioni che significato poteva avere. 

Arrivati sull’alto piano la nebbia si era infittita, le curve che passavano in mezzo alle rovine d’alcuni villaggi devastati e abbandonati dopo l’inizio del conflitto con le case scoperchiate dalle esplosioni, erano dei ruderi i cui contorni mettevano i brividi come se ci si addentrasse in una zona infestata dai fantasmi.

Sì forse i fantasmi di quelli che erano rimasti sepolti sotto le macerie, o rapiti, che fine avranno fatto, non una bella fine di certo.

Ripensò a Laura per scacciare quelle immagini, quanto era bella Laura, ricordava ancora il calore della sua pelle, il suo odore, era una ferita aperta, e non riusciva a dimenticarla, pensava alla sua bocca, così tenera, il suo corpo caldo e morbido, Laura era anche brava a fare l’amore, un viso d’angelo, sembrava una santarellina ma poi a letto si scatenava.

Era bella e lui ne era innamorato e da allora non era più stato con una donna. Continuava a pensare a lei come se avesse perso la capacità di amare altre donne.

Si era distratto dal pensiero di quella che avrebbe voluto sposare e che lo aveva lasciato, quando c’era stato qualche problema un pò troppo consistente, tutto aveva congiurato contro di lui. Il fato gli era stato avverso, il fallimento della ditta, i debiti conseguenti ecc. allora decidere di venire in mezzo alla guerra in Jugoslavia.

Certo lui era convinto che sarebbe stato l’inizio di un conflitto ben più esteso, il preludio dell’invasione islamica profetizzato da Michel de Notre Dame, meglio conosciuto come Nostradamus.

Improvvisamente, il camion davanti si fermò e questo lo risvegliò dai suoi ricordi, che succede si chiesero, erano in aperta campagna, scesero dal veicolo, e il sottotenente che era sul camion, sceso dal mezzo, veniva verso di loro.

Sapeva che loro non capivano il croato e parlò in tedesco lentamente “ wir sind Verloren, Herr major”. (ci siamo persi).

“Che cazzo dici?” sbottò Bob, poi cercando di farsi capire “bitte Leutenant, warum wir sind verloren, es ist unmöglich, rufe Sie mich an der Unteroffizier, er spricht italienisch”.

(prego tenente perché siamo persi, é impossibile, mi chiami il sergente, lui parla italiano). 

Il sergente si avvicinò, e spiegò al maggiore che avevano perso il contatto con il resto della colonna, “solo adesso”, disse “ci siamo accorti che la strada non è quella giusta, purtroppo a causa della nebbia abbiamo sbagliato un bivio, quasi certamente”.

Il Maggiore Bob disse:”torniamo indietro”.

Il Sergente riferì che il Tenente non era convinto e voleva proseguire, ma lui non era d’accordo.

Bob guardò i suoi poi rivolto al Sergente spiegò quello che già sapeva: ” io non posso darti ordini né a te né al Tenente, sono un ospite, però proponi al Tenente se lui è d’accordo, che proviamo noi ad andare avanti con l’auto per verificare dove ci troviamo, se la strada è sbagliata evitiamo di andare troppo avanti con il camion che è più difficile da manovrare, se fra dieci minuti non siamo di ritorno girate i tacchi e sparite”.

Il Tenente era d’accordo, per questo il Maggiore Bob, l’autista Bepi, e il Legionario Loris proseguirono.

Bob rivoltosi ai suoi disse “tenete i finestrini abbassati, colpo in canna ma dito lontano dal grilletto”.

Si avviarono e dopo cinque minuti di strada i sospetti del Sergente si verificarono, avevano sbagliato strada c’era l’insegna di una località scritta in cirillico, e i croati dalla loro parte avevano abbattuto tutti i cartelli con i caratteri cirillici e avevano già iniziato a sostituirli almeno con quelli provvisori.

“fermati, inutile proseguire siamo fuori strada il Sergente aveva perfettamente ragione”.

Proprio mentre si erano accostati al bordo della strana arrivò una camionetta blu della Militija.

“Che facciamo” disse Bepi. Bob si accese una sigaretta, e disse “aprite gli sportelli tenendoli accostati, io scendo e vado verso di loro, appena butto la sigaretta aprite il fuoco, sparate di brutto”.

Si avvicinò alla camionetta lentamente, la sua uniforme nera senza distintivi poteva essere anche quella delle tigri di Arkan, o di altri loro reparti oppure solo perché andava di moda tra i giovani, non aveva armi solo la pistola alla cintura sulla schiena.

“Postuvanje Gospodne Molim Ja sam stranac, molim snate gdie moje Jesti, iedan restaurant” con una sintassi orribile disse questa frase sperando di distrarre i due che stavano scendendo, il primo si girò verso l’altro con un fare da prendere per i fondelli questo straniero ridacchiando, a quel punto il Maggiore lanciò a terra la cicca e si spostò lateralmente estraendo la pistola, due raffiche erano partite dall’auto investendo i due agenti che si accasciarono uno stava per estrarre l’arma quando il Maggiore gli sparò uccidendolo.

Si avvicinò all’altro ma era stato colpito in pieno petto era morto sul colpo. “Andiamo” disse ai ragazzi anche di stare attenti scrutando la strada mentre l’auto faceva inversione e ritornarono fino al camion che aveva già fatto manovra.

Il viaggio di ritorno fu tranquillo la nebbia era troppo fitta e nessuno usciva per le perlustrazioni una fortuna. Rientrarono nelle loro linee in territorio amico, solo la fortuna lo aveva permesso.

Fecero il loro rapporto al Comandante del servizio logistico, che si arrabbiò per il fatto che non avrebbero dovuto perdersi.

Il Maggiore consegnò i documenti che aveva prelevato dalle tasche dei serbi caduti, e i fogli a bordo del veicolo, non sapendo leggere il serbo non sapeva se erano importanti o meno.

Il colonnello Biciu lo ringraziò cortesemente e poi gli fece tradurre che avevano sbagliato ad avventurarsi così da soli, per loro sarebbe stato imbarazzante se fossero morti, comunque era stato felice di come ci eravamo comportati.

Mezz’ora dopo la squadra era a cena in uno dei pochi locali ancora funzionanti assieme con qualche amico e con il Comandante della loro unità, La Legione Brenno il tenente Colonnello Nick Mistero, al quale poterono finalmente fare rapporto in merito a quanto accaduto.

Nick era contento che tutto fosse andato per il meglio, disse che doveva tornare in Italia e che avrebbe fatto un volantino da pubblicare e diffondere per propagandare l’attività della Legione, era necessario fare sapere che questa guerra per la libertà e l’indipendenza di un popolo era anche una porta a salvaguardia dell’Europa. L’indomani mattina partì.

In quei giorni il comando Croato non diede nessun incarico ai legionari, volevano evitare che rischiassero e non volevano che degli ospiti potessero morire in operazioni di poco conto visto che tutto era abbastanza statico.

Intanto Bepi frequentava assiduamente il Bar dove c’era la procace cameriera che gli piaceva.

Insomma dai e ridai riuscì a portarsela a letto, e invitò Loris a partecipare, la ragazza era buona nel senso che uno o due e forse anche tre le sarebbero andati bene, la vita era breve o poteva esserlo, un obice che cade per errore ed è fatta, allora godere di ogni attimo diviene per molti una necessità.

Loris raccontò al Maggiore il giorno dopo cosa avevano fatto, e gli disse:”perché non ti aggreghi anche tu a noi?”.

“non m’interessa” rispose Bob e proseguì,”vi siete divertiti?”

“cazzo che goduria”, poi iniziò il racconto dettagliato della loro avventura,” appena in camera, si è spogliata e noi altrettanto, due tette enormi, un culo da favola, è bene in carne ma soda, non è grassa ma robusta, è tutta roba buona ha una mona stupenda bella bombata con i peli biondissimi, dei capezzoli rosa, duri sembrano dei ditini di bambino”.

Intervenne l’altro convitato, che non voleva essere da meno spiegando con gesti eloquenti: “Ci tirava tanto a causa della fame arretrata, la troia si è avvicinata a Loris si è messa davanti a lui, glielo ha preso in mano, lo ha menato un po’ dopodiché se lo è tirato dietro come un ragazzetto e lui tirato dall’uccello l’ha seguita fino al letto” disse Bepi che aveva deciso di partecipare alla relazione della cronistoria sessuale vissuta intensamente.

“Bene bravi, vi siete divertiti senza preoccupazioni e soprattutto con prudenza usando i preservativi”.

Silenzio, imbarazzo, “veramente non avevamo i goldoni” disse Bepi. “E se vi beccate qualcosa?” l’interruppe Bob.

“speriamo di no” intervenne Loris.

“comunque torniamo alla storia, ci ha succhiato come una dea, poi Loris si è messo sotto e lei gli è salita a spegni-moccolo, e io l’ho inculata, un culo da favola accogliente come mai mi è capitato in vita mia, una vera goduria poi ci siamo scambiati e siamo andati avanti, per un bel pezzo, stamattina ci siamo svegliati sfiniti e tutti attorcigliati nello stesso letto”.

“Bè non è male come nottata” disse Bob. “Andiamo a fare una buona colazione ne avete bisogno” concluse.

 

 

 

 

Era una bella mattina di primavera il tempo stava seriamente migliorando, per fortuna perché l’inverno era stato terribilmente rigido.

Il Tenente-Colonnello Nick Mistero ritornato dopo il suo viaggio in Italia, stava tenendo il rapporto ufficiali, adesso che invece di una squadra erano a livello di una compagnia come effettivi, alcune cose sarebbero cambiate.

“Signori quest’inverno, durante una scorta per un caso fortuito il  Maggiore Bob Oniram ha avuto un fortunato scontro con una pattuglia di polizia, i servizi segreti Croati dal foglio di servizio della pattuglia hanno riscontrato che nel loro giro di perlustrazione c’era una zona senza alcun interesse strategico, per questa ragione hanno mosso tutte le loro pedine, sono certi che nella zona in questione tengono delle donne prigioniere, sono le donne che sono scomparse all’inizio delle ostilità e che erano state date per disperse. Ho proposto al Comandante della Brigata di concederci l’onore di partecipare a questa missione di salvataggio, però ha posto una condizione, che partecipino solo dei volontari, perché si tratta di infiltrarsi dietro le linee nemiche”.

Non un fiato, nessuno diceva nulla aspettando che il Comandante proseguisse.

Nick si rivolse a Bob dicendogli “vuoi aggiungere qualcosa?”

Bob si alzò trasse un profondo respiro, non amava i discorsi, ma si accinse a dire qualche parola:” io sono pronto ad andarci, anche se mi rendo conto dopo quanto avvenuto la scorsa settimana che ci possano essere dei dubbi, nel caso ci catturassero sappiamo bene cosa ci faranno, e le torture che abbiamo visto sul corpo di quel ragazzo sono presenti nella nostra mente, però non tiriamoci indietro, e facciamo qualcosa visto che si può, avvertite i vostri uomini che chi si presenta volontario si faccia un esame di coscienza, non è consentita la resa, si deve essere pronti a morire”.

Uno per volta i quattro ufficiali si alzarono si misero sull’attenti e dissero che erano pronti.

Nick sciolse il rapporto, e li invitò a fargli sapere quanto prima non oltre comunque le 16 odierne l’elenco dei volontari.

I due Ufficiali superiori della Legione decisero di uscire per il pranzo evitando la mensa, in modo da poter parlare tranquillamente tra di loro. Nick disse che era un’ottima opportunità per loro di partecipare a questa missione di salvataggio, essa era in linea con le loro convinzioni, “la cavalleria difende i deboli e noi dobbiamo incarnare questi valori eterni”.

Bob sempre preoccupato chiese se pensava che la missione avrebbe avuto un esito positivo.

Nick Mistero, gli rispose che era sicuro che la missione nasceva sotto ottimi auspici, e sarebbe stata un successo, però disse:”nel futuro si presentano ombre che non mi piacciono, saremo traditi da una coppia un uomo e una donna mori di capelli, e verremo denigrati e disprezzati, ci appiopperanno l’etichetta di mercenari”.

Bob sorrise tristemente e aggiunse:”certo è destino di chi è pronto a sacrificarsi per gli altri di venire dileggiato, e comunque come mercenari a ottantacinque mila lire al mese, quando i soldati degli eserciti regolari guadagnano trenta o quaranta volte di più solo di stipendio. “Chi è il mercenario?”.

“Caro amico” gli fece notare Nick “Il nostro motto è Profeta e Paladino, ma nessuno è Profeta in Patria e la storia dimostra di quanti sono stati perseguitati”.

 

Il  giorno successivo all’alba erano pronti alla partenza, ma solo  15 furono selezionati per partecipare.

S’incamminarono lentamente evitano il centro, passarono per la cosiddetta “Baditen strasse”, dove nemmeno una casa era integra, era come se fosse passata una forza distruttrice, le case erano solo ruderi, presto con la bella stagione il tanfo dei cadaveri rimasti sotto le macerie sarebbe emerso.

Raggiunsero i boschi e lentamente procedettero con tutte le cautele del caso, una pattuglia in avanscoperta e una in retroguardia.

Ad ogni modo una sosta ogni dieci minuti per fare il punto della situazione, era necessaria perché erano al coperto in mezzo alla boscaglia, ma era anche molto idonea alle imboscate.

Ci misero due giorni a percorrere i quindici chilometri che erano calcolati in linea d’aria, ma quanti erano seguendo il percorso fatto per evitare di scontrarsi con il nemico? Almeno il triplo. Alla fine raggiunsero l’obbiettivo, era un valloncello circondato dai boschi , un complesso rurale, due case principali una stalla piuttosto grande, un capannone, ma non c’erano segni di animali.

Si misero in attesa all’interno del bosco avrebbero forse dovuto attendere anche finio al giorno successivo, l’alba era il momento migliore per l’attacco, intanto il Maggiore si era avvicinato a Nick chiedendogli cosa pensava, non c’erano segni di vita tutto era silenzio e non si vedeva anima viva.

Nick tirò fuori il binocolo, e si mise a scrutare la zona. Poi a cenni indicò qualcosa, Bob prese il binocolo che gli tendeva e osservò attentamente a una quindicina di metri in basso sulla stradina che porta fuori dal valloncello una sagoma acquattata dietro una siepe.

La si vedeva di schiena segno che sorveglia la strada, avevano fatto bene ad allungare il loro percorso, e ad aggirare la posizione per arrivare dalla parte delle loro linee.

Bob allora disse:”senti forse hanno altre sentinelle in giro, mando delle ricognizioni, se sei d’accordo”.

“procedi” fu la laconica risposta di Nick.

Quattro pattuglie di due si allontanarono, gli altri si misero seduti, in attesa e cercando di riposare.

Non passò un quarto d’ora che una delle pattuglie era di ritorno, i ragazzi erano piuttosto agitati ma cercarono di parlare malgrado mancasse a momenti la voce, ad ogni modo spiegarono che si erano imbattuti in una donna legata in croce tra due alberi, nuda con orribili segni di torture su tutto il corpo, sembrava abbandonata lì a morire.

Forse era già morta non ne erano sicuri, riferirono al Colonnello Nick la situazione, decise subito di lasciare uno della pattuglia lì e di prendere due di quelli che si erano riposati, tra i quali l’infermiere. Il Caporale della pattuglia li avrebbe guidati, fino al luogo ove avevano rinvenuto la donna, perciò Nick, Bob, due legionari ed il Caporale si incamminarono.  

Arrivarono al luogo, si misero in copertura, Nick ordinò all’infermiere di avvicinarsi alla donna.

Era una donna giovane legata mani e piedi in croce tra due alberi, con delle corde, interamente nuda, il corpo solcato da segni violacei certamente prodotti dalla frusta, aveva anche altre ferite inflitte forse con un coltello.

L’infermiere l’auscultò, poi tenendosi abbassato raggiunse gli altri, la donna era ancora viva, ma se non riceveva cure immediate era spacciata, si avvicinarono tutti.

“Potrebbero vederci da laggiù secondo voi?” Chiese Bob.

“Solo se escono dalle case e vengono verso di noi, anche se gli alberi dove è attaccata sono al limite del bosco sono parzialmente coperti dagli arbusti” disse il Caporale.

Nick disse: “slegatela e portatela al coperto” l’infermiere aiutato dall’altro Legionario si accinsero a tagliare le corde, ma Nick avvicinatosi li fermò, “no, slegatela sciogliete i nodi”.

Detto fatto con gesti frenetici la slegarono, la presero in braccio e la portarono al coperto dentro il bosco, Bob che si era allontanato un po’ ritornò e direttamente a Nick disse:” vieni a vedere cosa c’è la dietro”, Nick lo seguì, dietro ad una decina di metri, c’era un piccolo spiazzò coperto da arbusti e alberelli, tutta la terra era smossa di fresco, da un lato affiorava una mano.

Nick si tappo il naso perché si era avvicinato e fu colpito dall’odore che ne usciva, si allontanarono quanto basta, e si consultarono, la situazione era più grave di come immaginavano.

Ritornati indietro dai loro uomini, riferirono della loro scoperta, tutti erano arrabbiati soprattutto per la ragazza ferita.

L’infermiere era molto preoccupato, disse che se non la ricoveravano sarebbe morta, era troppo debole, e aveva anche perso molto sangue, l’emorragia si era fermata ma aveva bisogno di una trasfusione come minimo.

Uno dei Legionari si avvicinò silenzioso e riferì che c’era del movimento nella corte, gente che stava uscendo.

Due donne con badili e piccone, scortate da un uomo si stavano incamminando verso il luogo ove la truppa si era radunata.

Bob e altri due ai suoi ordini si recarono al cimitero disseppellirono il cadavere che affiorava, un’altra donna morta di recente, la trascinarono e la legarono tra gli alberi al posto della ferita appena le persone che si avvicinavano e avrebbero potuto scorgerla, non avrebbero identificato subito che il cadavere non era lo stesso, almeno così sperava.

I Legionari si nascosero e attesero mimetizzati, Nick aveva dato loro le disposizioni farli avvicinare il più possibile, catturare tutti senza che possano dare l’allarme, quindi impedire alle donne di gridare, due Legionari per ognuno tra i quali Bob che era il vice-Comandante si acquattarono in attesa.

Erano coperti di foglie e posti nel passaggio obbligato per raggiungere il luogo del supplizio.

Arrivarono le due donne per prime, appena superarono i Legionari mimetizzati, questi li assalirono, Bob aggredì alle spalle il milite gli conficcò il pugnale nel collo  da un lato e poi spinse in avanti squarciandogli la gola, le donne vennero immobilizzate dai quattro Legionari mettendogli le mani sulle bocche per non farle urlare.

Il Legionario che era con il Maggiore stava togliendo l’uniforme al milite, il terreno stava imbevendosi del sangue che gli usciva copioso era stato tutto molto veloce.

 

                                          

Ripulirono alla meglio l’uniforme del milite mentre due Legionari lo portavano lontano verso il luogo del cimitero improvvisato, portarono via anche il cadavere della donna che avevano disseppellito per ridargli un minimo di sepoltura.

Nick nel frattempo aveva incaricato uno dei Legionari di interrogare le due donne, sugli elementi che costituivano quella fattoria prigione.

Le donne erano terrorizzate, in ogni modo visto che l’uomo che le interrogava parlava slavo e gli altri italiano, si tranquillizzarono un po’, chiesero se erano dell’ONU, il Legionario spiegò che si trattava di volontari italiani e istriani delle truppe Croate, e volevano liberare le prigioniere di quel posto.

Le donne iniziarono a piangere, Nick disse al Legionario che non c’era tempo da perdere avevano necessità di informazioni.

Il Legionario scuoté le donne per le spalle ma non con violenza impose loro di ascoltarlo e di rispondere alle domande.

Le donne fecero uno sforzo non dovevano cedere alla tensione accumulata ma mantenersi ancora forti e lucide.

Spiegarono che la donna che era ferita aveva tentato la fuga, e così quella mattina era stata frustata davanti a tutte le altre, poi portata fin lassù e legata in quel modo in attesa che morisse.

Abitualmente erano loro stesse, le prigioniere a scavare le fosse prima di venire uccise, ma le ultime volte le donne venendo torturate prima a lungo, non erano in grado di scavarsi la fossa, perciò lo facevano le loro compagne, soprattutto perché in quel modo quelle che restavano ne rimanevano colpite e spaventate al punto da rinunciare a idee di fuga.

C’erano solo una metà dei soldati al momento forse otto o dieci, altri erano andati via al mattino per portare i vestiti che avevano confezionato e tornare con il lavoro da fare, in quel capannone disse c’erano le altre prigioniere costrette a lavorare nella confezione di indumenti, in particolare uniformi, tute da lavoro, anche abiti civili però ma di meno.

Normalmente c’erano dalle quindici alle venti guardie, uno sempre di sorveglianza alla strada, temevano più che altro le ispezioni che potevano capitare e non volevano farsi trovare impreparati.

Alla sera le donne dovevano soddisfare sessualmente le guardie e a volte venivano ufficiali e soldati dal fronte che le costringevano a rapporti continui per nottate intere soprattutto nei giorni di festa.

 

 

 

Molte ragazze erano state uccise, e molte invece erano state portate via, ma non sapevano dove, una volta una guardia disse che le avevano mandate in un bordello nelle zone interne o vendute addirittura all’estero a bande che fanno traffico di esseri umani.

Quanto tempo ci mettete per seppellire abitualmente un corpo, chiese il Legionario la donna disse circa un’ora.

“Sono passati cinque minuti dal loro arrivo”, disse il colonnello “quindi organizziamoci, lo sneiper si piazzi in modo da avere sotto tiro la corte tra i due complessi, poi divise le forze, avviciniamoci il più possibile da punti diversi, abbiamo circa un ora, inutile attendere la notte o l’alba di domani, approfittiamo della situazione che si è venuta a creare”, rivolto al Legionario che aveva interrogato le donne disse:” devi accompagnare le donne come se fossi il milite di scorta, spiega loro che devono comportarsi normalmente, e tu con loro agirai appena è possibile, attendi di vedere che siamo tutti in posizione prima di scendere, indossa l’uniforme del nemico ucciso, presto”. Tutti si misero in azione.

Velocità e sicurezza erano necessari, avvicinarsi con la luce era pericoloso, malgrado la mimetizzazione.

Ad ogni modo loro erano tranquilli, la sentinella controllava la strada, e quindi le probabilità erano a nostro favore.

Appena le pattuglie furno giunte nei pressi degli stabili, il Legionario travestito da miliziano s’incamminò con le due donne davanti a lui.

Tutti ad ogni modo avevano inserito i silenziatori sulle armi corte, l’uso dei fucili mitragliatori solo in caso estremo.

Quando il Legionario e le donne arrivarono nel cortile, i Legionari appostati seguirono il suo movimento contornando la casa e si trovarono all’angolo dello stabile che dava sul cortile. Altri all’angolo della casa che ospitava le guardie.

In tre invece si erano incaricati di avvicinarsi alla sentinella sulla strada che da come hanno raccontato in seguito se ne stava tranquillo a fumare e ad ascoltare una radiolina con le cuffie.

Lo sorpresero e lo eliminarono con il coltello. Il milite entrò con le due donne nel capannone dove le altre prigioniere lavoravano, c’era un solo ingresso, e due guardie stavano lì sedute a chiacchierare.

Il Legionario estrasse la sua storpio munita di silenziatore da sotto la giacca, e freddò entrambi i militi, le due donne si precipitarono a calmare le loro compagne per non dare l’allarme.

Il Legionario si affacciò sulla porta e fece cenno agli altri che la via era libera, poi si diresse verso l’ingresso della casa.

Gli altri Legionari avanzarono piegati in due correndo fino a raggiungere il muro, e procedendo lungo il muro si avvicinarono all’ingresso in due per dare man forte al Legionario travestito da guardia della Milizia, altri tenevano sotto controllo le finestre.

Entrato nel portone il Legionario si guardò attorno, fece un passo indietro agli altri che lo seguirono all’interno. Ognuno si prese l’obiettivo assegnato, una stanza, in due il dormitorio, uno la cucina, due l’ufficio del Comandante.

C’erano quattro militi in branda che vennero presi e catturati si arresero erano disarmati, i Legionari fecero loro segno di tacere, e questi ultimi vedendo le armi con i silenziatori si dissero che forse non avrebbero nemmeno avuto il tempo di emettere un suono, e morti non era certo che i compagni sarebbero stati allarmati dai colpi silenziati.

Il Comandante dei Militi ebbe una reazione ma venne colpito ad una gamba, e due in cucina che stavano mangiando avevano le armi a portata di mano, reagirono ma caddero colpiti dai colpi dei legionari.

Cinque prigionieri e cinque morti era il bilancio, il Comandante della prigione era ferito ma non gravemente.

Una ragazza nuda e terrorizzata stava rannicchiata sulla branda nell’ufficio del Comandante. Appena fatta uscire, alcune delle donne cercarono di  aggredirla e la insultavano, i Legionari le minacciarono con le armi e ordinarono loro di calmarsi, poi fecero uscire i prigionieri inquadrandoli, e legati gli uni agli altri in modo che dove andava uno fossero costretti ad andare anche gli altri, li fecero salire fino al bosco. Il Colonnello Nick disse loro che nessuna violenza sarebbe stata tollerata nei confronti dei prigionieri.

Tutte le donne vennero visitate dall’infermiere, anche il Comandante era stato medicato e fermata l’emorragia.

Due Legionari erano rimasti con la donna nel bosco, più lo sneiper che non aveva dovuto sparare nemmeno un colpo. Tutta la postazione era in mano ai Legionari. Le venne data una coperta in modo da coprirsi, poi portata fuori, però pareva alquanto apatica ed indifferente a tutto, forse nemmeno si rendeva conto che volevano aiutarla.

Tutte le donne vennero fatte vestire con indumenti militari di loro produzione visto che era un laboratorio di sartoria adibito a tale scopo. Il colonnello Nick, decise di portarle nel bosco al coperto, mentre gli altri preparavano un ‘imboscata per quelli che si erano assentati.

Le testimonianze delle donne facevano ritenere che sarebbero tornati entro due o tre ore, così Nick decise di portare via le donne liberate e di lasciare una squadra agli ordini di Bob per attendere i carcerieri mancanti, e così impedire di dare l’allarme della fuga per guadagnare abbastanza tempo, diede quindi le istruzioni necessarie.

Calcolò che forse così ci sarebbero voluti due o tre giorni prima che qualcuno si accorga della sparizione delle donne e nel peggiore dei casi almeno 24 ore erano guadagnate ma era necessario probabilmente eliminare tutti i militi che sarebbero giunti alla sera.

Bob predispose le posizioni che ognuno avrebbe dovuto occupare, e prepararono delle trappole.

Nel frattempo Nick aveva attrezzato le donne con tascapani pieni di viveri per iniziare la marcia di due o tre giorni necessari a raggiungere le linee amiche.

La distanza in realtà non era proibitiva, ma era necessario fare dei lunghi giri e il percorso si allungava per questo motivo.

Mentre si incamminarono, arrivati al bosco, l’infermiere comunicò al Comandante Nick che la donna che avevano trovata legata all’albero era deceduta.

La seppellirono il meglio che poterono, solo questo atto di pietà era loro consentito oramai verso la povera vittima.

Una delle donne parlava italiano piuttosto bene, di professione era stata interprete presso un ufficio turistico prima della guerra e della sua brutta avventura.

Marija era il suo nome, allora Nick volle sapere la sua storia e mentre si incamminarono lei gli fece un racconto particolareggiato della sua cattura che era simile a quella di tutte le altre.

Marija aveva trentacinque anni, fisicamente era abbastanza procace, anche se era di certo sciupata dai lunghi mesi di prigionia, era sposata con un impiegato di banca, suo marito era stato ucciso e lei era stata rapita all’inizio del conflitto.

Era stata legata e bendata, caricata su un camion sul quale altre donne erano state fatte salire e altre ne salirono, catturarono anche degli uomini ma vennero fatti salire su un altro mezzo, perciò di loro non sapeva nulla, perché erano stati portati da un’altra parte.

Era molto spaventata, come tutte le sue compagne alcune molto giovani, come quella ragazzina che la sua amica Senka aveva cercato di aggredire.

Marija spiegò che la ragazzina una quattordicenne era stata presa come favorita del Comandante il quale la concedeva agli ufficiali quando venivano e perciò aveva dei privilegi nel campo, e tutte la sospettavano di aver informato il Comandante che la ragazza morta tentava di scappare, per questo era stata punita, torturata a morte, violentata e le avevano infilato di tutto sia nell’ano che nella vagina, alla fine la poveretta non ce l’aveva più fatta era svenuta più volte.

Il Comandante era un vero sadico, era malvagio, e quando una prigioniera disobbediva la faceva frustare davanti alle altre per dare l’esempio.

Almeno dieci donne erano morte a causa delle sevizie. Nick la interruppe e le chiese di spiegare dall’inizio il suo racconto.

Marija si scusò e riprese a riferire i fatti che la vedevano protagonista, ma che era la storia più o meno anche per le altre, fatta di violenze e stupri continuati.

Lo stesso giorno in cui erano state rapite, arrivarono in questo luogo, erano all’incirca una ventina, e il giorno dopo ne arrivarono altre, forse circa trenta, così il loro numero complessivo era di cinquanta o forse qualcuna di più erano stati giorni in cui il terrore faceva perdere la lucidità di valutare le cose razionalmente.

All’arrivo il Comandante dei carcerieri, le ricevette e disse loro che sarebbero state impiegate per lavorare a favore dello sforzo bellico, per mantenere in vita la grande Jugoslavia, avrebbero fatto soprattutto le sarte.

Ad ogni modo quello non era il loro solo compito, gli disse che dovevano anche soddisfare sessualmente i soldati che avrebbero richiesto di giacere con loro.

Il sistema era semplice loro erano a loro disposizione e se si ribellavano sarebbero state severamente punite.

Venne loro ordinato di denudarsi totalmente e di fare un fagotto dei propri abiti, una                                                                                          

volta fatto questo, lì all’aperto nel cortile, vennero messe in fila per una visita medica, e dopo la visita una doccia.

Le più giovani e belle quella sera stessa vennero prese e condotte nelle camerate dei soldati per servire loro di giocattoli sessuali.

La ragazzina più giovane fu scelta per il Comandante, il quale se la portò nella sua stanza.

Tutte le altre vennero condotte nel capannone dove c’era anche il loro dormitorio, incatenate alle brande e lasciate lì fino all’indomani senza cena.

Erano così stanche dal viaggio e dalla paura che molte piangevano e così quasi nessuna riuscì a dormire.

Inoltre sentirono delle urla e suppliche da parte delle donne scelte per soddisfare i soldati.

L’indomani mattina furono fatte alzare, le loro compagne parevano distrutte vennero fatte spogliare nude nuovamente dai camicioni che avevano loro concesso di indossare, e costrette ad assistere alla pubblica punizione di due ragazze che avevano opposto resistenza ai soldati, erano anch’esse nude, in mezzo al cortile, il freddo era pungente perché a novembre l’inverno era prossimo, le due furono incatenate su dei cavalletti e due soldati si misero alle loro spalle, erano piegate in due e le loro natiche erano tese i muscoli le agitavano con contrazioni nervose.

Vennero fustigate con delle canne flessibili sulle natiche nude, il Comandante aveva detto che per la prima volta la punizione sarebbe stata lieve, e non avrebbe usato la frusta intrecciata che fece vedere ad ogni donna, e tutte dovettero toccarla per sentire cosa sarebbe stato loro riservato in caso di atteggiamenti ritenuti contrari alla disciplina.

Ad ogni modo le due poverette furono fustigate con quelle canne fino a che le loro natiche erano diventate rosse e con striature bluastre.

Poi vennero portate dentro all’infermeria, vennero tenute fino alla mattina successiva in infermeria dove gli fecero comunque impacchi di ghiaccio e applicarono loro una pomata così raccontarono le stesse l’indomani, ma non per compassione solo per riportarle alla sera nella camerata dei soldati.

Alla sera altre di noi vennero scelte per soggiacere alle voglie dei soldati. 

 

 

 

Il terzo giorno toccò anche a lei, dovette subire l’assalto di più uomini. Nick la interruppe, e le chiese se il trattamento era uguale per tutte e se per caso qualcuna doveva subire violenze più delle altre e se si per quale motivo, se la disciplina era regolata solo dal Comandante o se delegava altri in sua vece e se il Comandante era al corrente di ogni caso di violenza e di tutte le punizioni e dei continui rapporti sessuali ai quali erano costrette. E se erano tutte costrette.

Marija non capiva il perché della domanda, e glielo chiese, allora con pazienza lui le disse:”devo sapere se il Comandante del campo, chiamiamolo così era l’unico responsabile o altri avevano responsabilità dirette”. Tacque e poi aggiunse:”è per il caso dovessi sottoporlo a corte marziale”.

“scusi cosa vuole dire, Corte Marziale?”. Nick le sorrise e spiegò “ è un processo”.

“perché processarlo, lasciatelo a noi, ci pensiamo noi a fare giustizia”.

Allora Nick la guardò severamente” anche se posso capire la vostra rabbia, io mi devo attenere alle regole, sarà processato e se qualcuna di voi tenterà qualche gesto inconsulto la manderò sotto corte marziale sia chiaro!”.

Marija tacque, non osava parlare forse ancora timorosa davanti a questi uomini in uniforme e se le avessero anche loro sottoposte a sevizie? Dubbi e preoccupazioni legittime, forse non avrebbero mai più potuto fidarsi degli uomini in generale e di uomini in uniforme in particolare?

Per un po’ continuarono a camminare in silenzio, quando Nick ritenne che la donna avesse avuto modo di essere nuovamente tranquilla le chiese se se la sentiva di proseguire nel suo racconto.

Marija annuì. Il terzo giorno capitai nel gruppo delle donne selezionate, venni condotta alla palazzina delle guardie con altre donne, venimmo fatte spogliare prima di uscire dal capannone dove dormivamo e nude attraversammo il cortile.

Alcune già avevano iniziato a piangere, io mi sentivo morire di vergogna, ma desideravo vivere e non volevo essere punita perciò mi imposi di accettare tutto quello che avrebbero voluto farmi.

Entrate ci diedero delle calze con dei reggicalze da indossare, poi ognuno di loro prese una di noi sottobraccio come se fossimo ad una festa, e ci offrirono da bere avevano dei liquori, delle grappe, e c’era anche da mangiare, almeno mangiammo, in quei tre giorni avevamo avuto ognuna una zuppa a metà giornata e nient’altro.

Sinceramente non m’importava di essere nuda in mezzo a quegli uomini e mangiai c’era carne, patate, insalate e anche dei dolci secchi, e bevvi parecchio vino, non mi piacciono le grappe perciò mi limitai al vino. Ero sazia, e allora il mio accompagnatore che mi aveva sempre tenuto per la vita stretta a lui, volle che ballassimo, avevano messo della musica con uno stereo, e ci mettemmo a ballare, l’uomo mi palpava a piene mani le natiche, non era brutto ma il fatto che dovevo subirlo per forza mi faceva rivoltare.

Ad ogni modo ero abbastanza brilla ad sopportare tutto quello, l’alcool mi aiutava parecchio.

Si fermò, e Nick le disse se voleva smettere, lei scuote la testa e proseguì il suo racconto.

L’uomo mi stava infilando le dita tra le natiche, mi stuzzicò l’ano, vi infilò un dito e nel frattempo mi parlava all’orecchio dicendomi che ero una puttana e che ero stata creata per soddisfare il soldati, sentivo una sorta di fastidioso senso di disgusto, lui mi leccava l’orecchio, poi infilò più dita dentro al mio retto, nessuno nemmeno miio marito mi aveva messo niente dietro ne mai mi avevano parlato così.

Ad ogni modo malgrado i fumi dell’alcool capivo cosa mi avrebbe fatto e questo suo desiderio perverso era solo per umiliarmi e farmi sentire una nullità a cui si può fare qualsiasi cosa.

Se fosse stato un amante, un uomo di cui mi fossi innamorata che mi avesse chiesero una cosa del genere per amore lo avrei fatto magari mi sarebbe piaciuto ma mio marito non me lo aveva mai chiesto e lo stavo rimpiangendo.

Ad ogni modo mi costrinse a piegarmi sopra una branda mi fece mettere a quattro zampe e mi penetrò dietro io mi ero rilassata per cercare di sentire il meno male possibile, ma lui mi penetrò con violenza malgrado mi fossi offerta, cominciai a piangere sentivo che mi bruciava, ma lui veniva dentro di me con colpi forti e violenti, aveva a disposizione una donna alla quale poteva fare quello che voleva.

Dopo un po’ visto che io rimanevo passiva perché sentivo solo bruciore a causa della mancata lubrificazione, lui passò una mano sotto di me e mi toccò sulla parte più delicata allora mentre pigiava sulla clitoride con mia grande vergogna m iresi conto che mi bagnavo. E lui lanciò un grido di esultanza per acuire la mia vergogna e fare partecipi i suoi amici e le altre prigioniere.

Godevo e mi vergognavo, poi l’orgia proseguì, dovetti subire la penetrazione di altri guardiani e la partecipazione attiva che ci imponevano non poteva non stimolare i nostri sensi fisiologici, e per quanto mi riguarda ebbe degli orgasmi.

Fu terribile e tutto ciò mi perseguiterà per il resto della vita, sarà una vergogna dentro di me che non si cancellerà mai ogni volta che qualcuno mi toccherà se riuscirò ad avere una vita normale e temo che non ci riuscirò e questo mi fa paura, avrei voluto essere morta quando ci penso, e invece mi sono data da fare per rimanere in vita.

La donna si rimise a piangere, ma in silenzio, Nick approfittò per dare l’ordine di fermarsi.

Predispose delle sentinelle, fece mettere i prigionieri da una parte e le donne dall’altra del campo improvvisato, si sarebbero fermati almeno fino all’alba, in attesa degli altri.

Mentre si avvicinò ai prigionieri il loro Comandante gli rivolse la parola “Talian”, “ tu sei Talian?”

“sì sono italiano” rispose cortesemente Nick . Allora l’uomo con un tono anche piuttosto arrogante continuò “perché siete qui, non siamo in guerra con l’Italia”.

Nick pensò se era il caso o meno di rispondere poi trasse un sospiro e disse:”L’Italia non c’entra proprio niente, noi non siamo mandati dal governo italiano”.

“allora sei un capobanda, un bandito”. “signore, lei finora non si è nemmeno presentato e il suo tono non è educato presumo che lei sia solo un volgare carceriere e sicuramente un criminale visto ciò che abbiamo constatato nel campo di cui lei era il responsabile, e quelli sono crimini, perché non rispettano le leggi di guerra”.

L’uomo rimase un po’ sorpreso da come Nick gli parlava, con un atteggiamento di disprezzo per lui.

“io sono un capitano dell’esercito della Repubblica serba di Krajana e tu un criminale che si trova nel mio territorio, e appena i nostri vi cattureranno sapremo noi come trattarvi”.

“molto bene” rispose Nick aggiungendo” io sono il Tenente-Colonnello Nick Mistero Comandante delle Legione Brenno, e a differenza di voi, noi banditi vi tratteremo secondo la convenzione di Ginevra, non verrà torto ne a lei ne ai suoi uomini un capello se non saremo costretti dalle circostanze, ma sicuramente vi manderemo davanti ad una corte marziale per i crimini che avete compiuto ai danni di civili inermi, rapiti dalle loro case, per le torture inflitte e ogni altra infamia nonché per gli omicidi che avete compiuto su quelle donne sepolte al limite del bosco e che abbiamo trovato, Capitano io la tratterò secondo il suo grado, ma la pregherei di evitare d’ora in avanti atteggiamenti irriguardosi nei nostri confronti, benché non siamo un’organizzazione governativa siamo dei soldati nello spirito e il nostro atteggiamento lo dimostra nei fatti”.

Il Capitano serbo si sentì umiliato dal tono che aveva assunto quello che per lui era solo un bandito straniero o un mercenario il che è lo stesso.

Comunque cambiò atteggiamento e chiese questa volta con un tono più educato come mai loro erano lì, gli italiani storicamente erano sempre stati alleati dei Serbi, il Capitano parlava un perfetto italiano, e così Nick venne a sapere che era stato in Italia aveva anche lavorato nel passato in  Svizzera italiana per questo conosceva bene la lingua.

Si lamentava che nessuno aveva capito perché loro erano costretti a difendersi dagli attacchi venuti dai Croati che volevano cacciarli dalle loro case, volevano fargli prendere i diritti di cittadini e anche le proprietà che da decenni erano loro, erano nati lì avevano lavorato lì, e all’improvviso i Croati gli toglievano i diritti facendoli divenire stranieri a casa loro.

Nick disse che capiva il problema ma anche la Corazza aveva diritto all’indipendenza, ogni popolo ha il diritto di essere libero e sovrano.

Il Capitano disse che anche loro avevano quel diritto e che abitavano in quella regione da generazioni, poi disse noi siamo sempre stati soggetti ad attacchi ingiusti, in fondo i nostri sacrifici per fermare l’avanzata dei musulmani è storica e adesso voi siete alleati dei musulmani.

Nick rispose che non erano alleati dei musulmani, o perlomeno capiva cosa intendeva lui, ma c’era un accordo tra i Croati e i Musulmani che andava rispettato, in fondo i musulmani di Bosnia sono laici e non cercano certo di fare uno stato teocratico, non c’è il fondamentalismo, per il momento, ma certo l’attitudine dei serbi e le loro violenze gratuite possono sicuramente portare ad un irrigidimento e questo poi può dare vita al fondamentalismo là dove non c’era.

Parlarono a lungo e su molti punti si trovarono anche d’accordo ma i metodi da usare erano totalmente divergenti, Nick disse che avevano sbagliato a usare la violenza e le torture nonché il rapimento di persone dalle loro case da usare come ostaggi e schiavi per lavorare per loro, e questo gli ha tolto quelle poche ragioni che potevano avere sulle loro rivendicazioni.

Lui era certo che a causa di certi fatti di violenza avvenuti probabilmente nel futuro questa guerra potava divenire un motivo di rancore da parte dei musulmani verso l’occidente e portare a quel conflitto religioso che sarebbe stato utile evitare.

Il Capitano ribadì che già in Bosnia in certe zone c’erano dei Mujahiddin, e che oramai la situazione era avviata verso un conflitto religioso, e trovava strano che altri occidentali si battessero assieme con dei fondamentalisti islamici.

Nick rispose che sapeva della presenza di questi fondamentalisti, ma come noi siamo italiani e aiutiamo i Croati, e voi avete dei cosacchi provenienti dall’ukraina o dei russi, loro hanno dei Mujahiddin. Perché sindacare su queste questioni di nazionalità, quando il problema è più profondo.

Lasciò il Capitano a riflettere sulle sue miserie, e si andò a sedere accanto alle donne non potevano accendere il fuoco perciò mangiarono salamini e gallette diedero anche ai prigionieri una razione identica alla loro.

Dovettero attendere fino a tardi, l’arrivo del Maggiore e della squadra, avevano lasciato dei segnali per essere seguiti che i Legionari trovarono ed eliminarono, mentre avanzavano per raggiungerli.

Verso la mezzanotte arrivarono il Maggiore si presentò a Nick e gli fece il resoconto di quanto avvenuto,la ragazzina che era rimasta con loro per evitare la collera delle donne, era attaccata al Maggiore seminascosta dietro a lui sempre timorosa.

“Nessun superstite, non abbiamo fatto prigionieri” riferì Bob a Nick,” purtroppo erano di più di quanto pensassimo, una jeep con cinque uomini era di scorta o forse era venuta solo per sollazzarsi con le donne, a quel punto non potevamo intimargli la resa e abbiamo aperto il fuoco, li abbiamo uccisi tutti, abbiamo inoltre messo delle trappole e bloccato la strada se arriva qualcuno, saranno rallentati abbastanza perché possiamo guadagnare almeno tre o quattro ore”.

Nick gli disse riposatevi partiremo fra un paio d’ore.

Ci misero un’intera giornata per rientrare nelle loro linee, e allora poterono rilassarsi e così Nick prese Marija per farsi raccontare quanto avvenuto a lei e alle sue compagne, i prigionieri erano stati consegnati al Comando della polizia Croata, e le altre donne vennero interrogate da personale Croato, ma visto che la donna parlava correntemente l’Italiano Nick aveva ottenuto di sapere tutta la storia, e di verbalizzarla in Italiano.

 

 

 

Marija riprese a raccontare la sua tragica vicenda a Nick, il quale continuava a prendere appunti e a registrare adesso il resto della storia, per non mettere la donna in situazione disagiata rispettava i suoi tempi e le sue interruzioni. Non voleva sembrare un burocrate che non tiene in considerazione il lato umano e le sue paure, infatti invece di incontrarsi negli uffici della caserma dove aveva a disposizione una saletta andarono a passeggiare nel parco che era davanti all’ospedale era un giardino con delle panchine e Nick con il suo registratore tascabile, una penna e un libretto da appunti ascoltava il racconto della giovane donna.

Dopo la sera in cui lei era stata presa da dietro, l’uomo che le aveva messo gli occhi addosso, la voleva convinto del suo potere su di lei, soprattutto perché lei aveva goduto, non poteva rimanere insensibile alle stimolazioni, perché volendo vivere non si ribellava non resisteva e quindi si abbandonava sarebbe stato meno doloroso.

Una delle donne cercò di scappare una di quelle sere, aveva detto che il tipo con il quale era stata l’ultima volta, bevevo parecchio e quando era ubriaco non si rendeva conto di nulla, lei era riuscita a non farsi scopare lui le si sfregava tra le cosce convinto di averla penetrata ed invece era solo stretto tra le cosce, e quindi bastava farlo bere e prendergli le chiavi e poi liberare le altre che restavano rinchiuse nel capannone.

Purtroppo qualcuno aveva fatto la spia, pensavano si trattasse della ragazza che era sempre a disposizione del Comandante del campo, e mangiava da loro e dormiva da loro solo quando lui era impegnato, però non era sottoposta al servizio degli altri uomini, solo il Comandante poteva averla.

Vennero scoperte mentre tentavano la fuga, e quella che aveva architettato il piano, fu la prima ad essere giustiziata pubblicamente.

Venne legata ad una struttura di ferro, fatta di tubi una specie di quadrato, tutti gli uomini la presero almeno due volte, davanti e dietro, poi la portarono in giro a quattro zampe come una cagna.

Era Giorgia, la ragazzina che la teneva con un guinzaglio fatto con una semplice catena stretta attorno al collo fissata con un lucchetto,e stando dietro a lei la frustava ogni volta che rallentava.

Quando furono stanchi di quel gioco, la legarono di nuovo e costrinsero le donne a passare una ad una con la frusta e a colpirla ognuna un colpo, e a passarsi la frusta, erano in molte la prima volta che questo successe, e le poverette, dovevano dare il colpo in modo che si vedesse che era dato con forza, se baravano dietro a loro una guardia con la frusta in mano le avrebbe colpite, infatti erano state fatte tutte denudare.

La giovane donna venne torturata per giorni, frusta e sodomia, alla fine la fecero montare dai cani.

Più volte la donna svenne, alla fine stava agonizzando e furono incaricate due di loro di portarla fino al bosco e di seppellirla.

Lei purtroppo non ebbe più pace dopo che era stata sorpresa a fare parte del gruppo che era pronto a scappare, la metà delle donne almeno le più giovani vennero mandate in un bordello per svolgere esclusivamente l’incarico di prostitute, il Capitano glielo aveva detto e quando lo aveva annunciato si era goduto la loro disperazione.

Le altre avrebbero continuato a lavorare lì come sarte e avrebbero soddisfatto quei soldato che saltuariamente venivano in visita.

Iniziò così un periodo abbastanza intenso, perché erano dimezzate come numero e quindi gli impegni di lavoro e quelli di soddisfare gli uomini erano divenuti molto intensi.

Quasi tutte le sere dovevano recarsi nella palazzina delle guardie, per essere usate sessualmente, l’unico vantaggio di questa attività sessuale era che potevano disporre della possibilità di lavarsi meglio con la doccia calda e con saponette profumate che non avrebbero mai avuto in caso contrario, perciò potevano avere cura di se stesse.

Solo durante il giorno indossavano quei camicioni grigi, ma poi lavoravano sol sei ore, in laboratorio dalle nove alle dodici, dalle quattordici alle diciassette, e poi si dedicavano a prepararsi.

C’era anche il fatto che mangiavano di più dei primi giorni perché erano praticamente tutte impegnate sessualmente e questo consentiva loro di avere più accesso al cibo.

Erano orge vere e proprie che venivano fatte.

Lei era diventata molto brava e quindi apprezzata per essere sodomizzata, infatti quando venivano dei soldati da fuori era una delle prescelte, avevano fatto loro delle foto ognuna aveva una sua scheda con la foto allegata nuda, e con quello che era la sua specialità.

Il ricordo più doloroso fu quando vennero dei soldati che se la tennero per due giorni, erano dei veri sadici e le fecero di tutto.

Venne costretta a indossare i soliti indumenti intimi, calze e reggicalze, a truccarsi pesantemente, poi arrivò Giorgia che la introdusse nella sala dove gli ospiti si erano radunati, e lei fu costretta a camminare avanti e indietro sotto i loro sguardi, doveva ancheggiare in modo provocante e i commenti che le facevano erano di una tale volgarità e insultanti della sua dignità che lei ne provava una immensa vergogna, però non avrebbe mai avuto il coraggio di ribellarsi ai suoi aguzzini.

Lei ancheggiava con il cuore in gola che le batteva all’impazzata, sentiva le sue guance sempre infiammate dalla vergogna di doversi esibire in quel modo.

Giorgia secondo gli ordini del suo padrone il Capitano la faceva avanzare avanti e indietro e se lei non era abbastanza veloce, la colpiva con un cinghia di cuoio, sulle natiche. Ogni colpo la faceva sobbalzare e gridare e alle sue grida rispondevano le risate divertite dei soldati. Venne presentata come una vacca al mercato, era solo carne da usare, fu Giorgia che elencò tutte le sue qualità garantite dalle precedenti esperienze.

Disse questa vacca è una puttana provetta, è in grado di soddisfare più maschi alla volta dal momento che è un’abile succhiatrice di cazzi, la sua bocca è stata collaudata a lungo ed il suo addestramento ha pienamente soddisfatto i suoi istruttori.

Lo può prendere anche davanti e di dietro del tutto indifferentemente ogni canale è perfettamente agevole e può ricevere ospiti di tutte le dimensioni, garantiamo un godimento senza pari.

Ha una fichetta molto invitante, calda e accogliente, il suo buco del culo lo è altrettanto, elastico e caldo al punto giusto potete verificare la mercanzia prendendo contatto solo con le mani per adesso.

Marija proseguiva il suo racconto come in trance pareva che lo stesse rivivendo con grande intensità, i suoi occhi erano divenuti lucidi e pareva che lei non fosse più presente in quel luogo ma la sua mente fosse lontana nel tempo:”Con le mani dietro la nuca dovetti avanzare davanti ad ogni soldato presente, mi palparono le tette mi pizzicarono, mi costrinsero a divaricare le gambe e iniziarono a toccarmi il sesso, infilarono le loro dita nel mio sesso che a causa delle stimolazioni, si bagnò, quello fu un momento terribile perché anche se la mia mente si ribellava a tutto ciò il mio corpo rispondeva alle sollecitazioni a cui era sottoposto. Mi fecero piegare in due e infilarono le dita nel mio retto girandole e rigirandole facendo commenti si come mi aprivo per accogliere le loro intrusioni. Ero in sudore, la paura aumentava tutte le mie percezioni, quando l’ultimo dei soldati estrasse le dita con le quali mi rovistava l’ano mi scappò un peto risero di me ma tutto ciò era provocato da loro, moralmente stavo soffrendo le pene dell’inferno, non so  cosa disse il Capitano ma vidi Giorgia ascoltarlo con attenzione e poi dirigersi verso di me. Mi annunciò che ero una troia scorreggiona e che dovevo essere punita per questo, m fecea avanzare fino al centro dove un tavolo aspettava con una spinta sulle reni mi fece piegare sul tavolo mi ordinò di aprire le gambe tutto il mio corpo era offerto in quella oscena posizione mi disse che mi avrebbe dato venticinque colpi sulle natiche e senza legarmi se non mantenevo la posizione mi avrebbe legato ma i colpi sarebbero raddoppiati e la punizione sarebbe ricominciata da zero.

Tutto dipendeva solo da me e dalla mia capacitò di resistenza. Quelle ragazzina era una vipera, anche se sapevo che lei faceva quello che le ordinavano provavo del rancore per lei. Perché doveva farlo così bene?”.

Marja si fermò cercò di riprendersi aveva il fiato corto poi proseguì raccontando di come aveva mantenuto la posizione i colpi si abbattevano sulle natiche offerte, la ragazzina era diventata abile nel maneggio della correggia, non era la prima volta che frustava una delle prigioniere, lei purtroppo non poteva fare altro che piangere e supplicare era doloroso ma alla fine arrivò anche il venticinquesimo colpo, dovette inginocchiarsi e baciare lo strumento della sua punizione e ringraziare la fanciulla, dicendole quanto le era grata di punirla per renderla una puttana più educata. Il dover parlare di se come di una bestia una specie di persona indegna di respirare l’aria degli altri esseri umani era una cosa molto avvilente e difficile ogni volta arrivava alla fine della frase con un nodo in gola e spesso era scoppiata in singhiozzi.

Non c’era nessuna pietà per loro da parte dei loro aguzzini, e malgrado le botte e il dolore che provavano alle natiche perché lei non era la sola ad essere trattata in quel modo, dovette soddisfare i soldati. Uno si era coricato su una branda lei fu accompagnata da Giorgia fino a lui che attendeva impaziente, fu con parole crude ed esplicite che le venne ordinato da una ragazzina di salire sull’uomo a gambe spalanca te di infilarsi sul fallo da sola, come la brava troia che era.

Marija obbedì salì sul fallo se lo infilò direttamente nella sua fica lubrificata, poi si piegò in avanti come le veniva ordinato, l’uomo ne approfittò per leccare e poi mordere i suoi capezzoli, mentre un secondo uomo saliva sul letto e la penetrava nel culo, incitato da Giorgia che gli diceva dai sfondale il culo rompila questa troia.

Poi un terzo le si presentò davanti e dovette accoglierlo in bocca, era stata presa da tre uomini contemporaneamente e dovette soddisfarli e partecipare attivamente altrimenti sarebbe scattata la punizione.

Lei non poteva non godere sollecitata da tutte le parti, e alla fine si rese conto che questa sua partecipazione la rendeva particolarmente richiesta, ma se non avesse partecipato sarebbe stata punita.

Non c’era scampo alla situazione e lei si abbandonò facendo tutto quello che le chiedevano nella speranza che un giorno sarebbe tornata alla normalità.

Ma cosa era la normalità, adesso in verità non lo sapeva più, perché adesso che era libera si era accorta di essere ancora prigioniera, infatti tutti la guardavano come se fosse un’appestata eppure lei era una vittima.

Come mai la gente le faceva sorrisi di compatimento ma in verità si notava nei loro sguardi una specie di disprezzo perché lei aveva ceduto era considerata una donna indegna perché era stata violentata. Forse se fosse morta la piangerebbero ma adesso che era stata salvata era emarginata e guardata come una animale strano.

Non si sentiva libera, non si sentiva salvata era ancora perseguitata da quanto era accaduto, e forse non avrebbe mai più trovato la normalità.

Nick le chiese se voleva fare una pausa e lei assentì, allora la portò con lui le disse che fare due passi le avrebbe fatto bene e andarono al caffè a prendersi una tazza di thé.

Nick le disse che dopo una buona tazza di thé si sta certamente meglio, e tutto apparirà meno triste almeno per il presente, gli orrori del passato quelli saranno lunghi da guarire.

Incontrarono il Maggiore, il quale salutatili disse che avevano trovato tramite la croce rossa un centro dove portare Giorgia. A sentire il nome  Marija trasalì, ogni colta che la sentiva nominare il suo cuore faceva un tuffo e sentiva una rabbia inondarla.

Bob se ne avvide e cambiò discorso, si mise a parlare delle forniture di viveri che era necessario andare a prendere ai magazzini e che se ne sarebbero occupati loro come Legione.

In fondo non siamo qui per svolgere missioni operative abbiamo compiti più di osservazione e logistici malgrado quest’ultima  missione non hanno molta stima di noi.

I pregiudizi sugli italiani sono molto radicati, non ci dimentichiamo che durante la seconda guerra mondiale ci sono stati dei seri problemi tra gli italiani e gli slavi.

 

 

 

Il Capitano serbo catturato chiese di incontrare il Comandante della Legione Brenno che lo aveva catturato.

Perciò Nick chiese a Bob di accompagnarlo, perché era curioso di sapere che cosa avrebbe da dire questo Capitano.

Si incontrarono in una stanza nuda priva di qualsiasi suppellettile eccetto delle sedie, nemmeno un tavolo.

Ad  ogni modo questo voleva raccontare a Nick alcune cose riguardo alla sua situazione, purtroppo non era più nelle mani della Legione e la vita adesso per lui era peggiorata come prigioniero non era certo trattato con riguardo dai Croati considerando che egli aveva messo delle donne Croate a fare le prostitute, torturate e schiavizzate, senza contare quelle ammazzate in  modo cruento.

Nick gli disse che lui non aveva poteri, aveva svolto una missione di salvataggio per quanto concerne le donne e questo era il loro obiettivo, ma non è possibile per lui intervenire per quanto concerne il trattamento dei prigionieri, al massimo poteva sensibilizzare il Comando Croato ma senza certezza di venire ascoltato.

Ad ogni modo se lui aveva delle lamentele specifiche gli avrebbe fatto avere carta e penna per metterle per iscritto si impegnava a farle pervenire alla Croce Rossa Internazionale e anche alla corte Europea dei diritti dell’uomo.

Poi si mise a parlare dei problemi politici e degli ordini che aveva ricevuto e che lui aveva l’obbligo di eseguire.

In fondo la sua giustificazione era che obbediva agli ordini, non aveva inventato lui le sevizie c’erano ordini specifici ricevuti dai suoi superiori di rompere la resistenza mentale delle prigioniere, e di mettere in condizione il maggior numero di esse di essere ingravidate.

Anche le punizioni da infliggere nelle prigioniere che tentavano la fuga non erano una sua personale iniziativa, ma bensì, lui si rendeva responsabile solo di aver eseguito gli ordini.

Nick gli ribadì che anche a Norimberga la difesa dei capi Nazisti si basava sulla tesi dell’esecuzione degli ordini, ma tale tesi non era stata ritenuta una valida giustificazione per il Tribunale e gli imputati furono tutti condannati.

Vede anche noi come lei pensiamo che esista un pericolo da parte del fondamentalismo islamico, almeno esiste se non si pone un rimedio a certe situazioni e non si risolvono alcuni problemi da parte nostra.

Se lei ha letto il libro dello scrittore sud-africano O’Callaghan, che fece un inchiesta sulla via degli schiavi, nel suo libro spiega un concetto ch ecredo sia interessante per comprendere la mentalità Araba, cito:

Nel pensiero arabo, il passo del corano  che dice: “tutti gli uomini sono uguali di fronte ad Allah, ricchi e poveri, sceicchi e mendicanti”. Però per gli Arabi questo significa:”tutti gli Arabi sono uguali di fronte ad Allah…” . Lo straniero è perciò legittima preda di ogni Arabo, e così gli infedeli, e gi inferiori che non hanno altro scopo nella vita s non quello di servire i Maomettani. Di conseguenza è atto nobile e sacro prendere l’infedele… e farne uno schiavo. Questo è il loro concetto per cui se il fondamentalismo islamico prevale ebbene prevale anche questa cultura. Ma tutto ciò  può avvenire se non ci sarà un atteggiamento intelligente da parte degli occidentali noi crediamo che ogni popolo abbia diritto alla libertà e che gli uomini debbano essere liberi e i loro diritti naturali rispettati, ed è per questo che non condividiamo le azioni da voi compiute, ma appunto perché siamo militari impregnati di spirito cavalleresco che faremo in modo per quanto ci è possibile di tutelare i suoi diritti di essere umano. Le lascio due righe scritte per i nostri legionari nel vademecum di istruzione delle reclute così è introdotto, e spero che l’aiuti a meditare. Vademecum del Legionario INTRODUZIONE Se osservi, vedi intorno a te l’ingiustizia, ogni giorno ci sono dei morti sulle strade e nelle città. Innocenti maltrattati e gettati nelle carceri. Non chiudere gli occhi! Tutto ciò non sparirà miracolosamente, come se fosse un sogno. Ricerca coloro che soffrono e tendi loro la mano, ritrova gli altri uomini di buona volontà, che sono nel mondo ed insieme operate per il bene comune, perché questo è il compito del cavaliere aiutare i deboli e assistere gli oppressi.

Nick e Bob lasciarono il Capitano serbo a meditare e si recarono al Comando di Brigata non prima di aver chiesto al Comandante del carcere di fare avere al prigioniero il necessario per scrivere.

Chiesero che in attesa del processo nessuno facesse pressioni o vessazioni nei confronti dei prigionieri e che potessero fare almeno due ore di aria al giorno. Il brigadier generale si impegnò a intercedere con il responsabile della prigione.

I legionari quella sera si ritrovarono a cenare alla Trattoria tutti assieme erano gli ultimi gironi che sarebbero rimasti assieme avevano deciso che era ora di provare a ritrovare un avita normale.

La procace cameriera cercava ancora di flirtare con Bepi, e Bruno e altri due non erano da meno, per poco non ne nasceva una rissa perché ognuno diceva che aveva guardato lui. Ci fu un intervento del vice-Comandante che poi era quello che si occupava della disciplina, appena Nick gli fece un cenno lui andò al tavolo dei suoi legionari che stavano facendo chiasso e disse loro di smetterla poi volle sapere perché litigavano, allora iniziarono a parlare tutti assieme li zittì con tono secco, e poi disse a Bepi che era quello che aveva più confidenza con lui e che non si sarebbe fatto problemi a dire esplicitamente le cose come stavano. Bepi spiegò che era sorta una piccola discussione sulla precedenza da avere per andare con la cameriera la troia faceva gli occhi dolci a tutti, quindi erano in disaccordo.

Bob li guardò ironicamente e disse che la cameriera poteva andare con chi voleva e sarebbe stata lei a scegliere non loro.

Però io posso sempre intercedere e convincerla ad accogliervi tutti e quattro se però vi impegnate a pagare almeno una bottiglia di spumante alla ragazza e se gli fate un regalino, perché se lo merita ad aver avuto il coraggio di venire con voi, e cercate di chiamarla troia solo quando siete in intimità, non per offenderla ma per eccitarla, perché fuori contesto è solo un insulto gratuito.

Vedete se la vuole dare a più di uno perché è una ragazza generosa perché dire di lei che è una troia, in fondo un uomo che va con molte donne è considerato un mandrillo e un dritto, finiamola con questi retaggi che una donna che si prende il piacere dove le pare deve essere una troia secondo me fa un opera di bene.

Capo intervenne Bepi, ma da te dire cose simili non me lo aspettavo, so per certo che tu non scopi mai perché lo fai solo se sei innamorato e da quando ti sei mollato con Laura sono certo che non sei stato con nessuna, sentirti parlare così mi pare incredibile.

Sono scelte individuali, io faccio l’amore e non solo sesso, mentre chi fa sesso ha un’altra mentalità, io non lo giudico perché non sono interessato a giudicare gli altri, sono un credente, ma è diverso riguarda solo me e non impongo agli altri il mio credo ne il mio comportamento, ma mi aspetto lo stesso rispetto dagli altri.

Ragazzi, non esiste il peccato se ciò che fate lo fate tra persone consenzienti, il problema è quando le persone non sono consenzienti, ecco che diviene peccato.

Vi faccio un esempio qualcuno crede che i giochi sadomaso siano giochi perversi, perché non li condivide, eppure io vi dico, se sono fatti tra persone adulte e consenzienti essi non sono ne perversi ne peccaminosi.

Invece quando le cose sono fatte costringendo una delle due parti ad agire contro la sua volontà, allora è sempre violenza gratuita e stupro.

Detto questo se voi parlate chiaro con quella ragazza e a lei piacerebbe una serata particolare con tutti e quattro, parlatene senza litigare, purché siate tutti d’accordo anche la ragazza.

 

Si alzò e se ne andò, loro erano sempre stati convinti che era un perbenista piuttosto bigotto, invece, guardate un po’, non si può mai dire. I Quattro a furia di fare complimenti riuscirono a convincere la cameriera ad andare con tutti e quattro appena finito il lavoro.

Bruno uscì per primo e andato nel suo alloggio prese un paio di bottiglie di vino buono portate dall’Italia e una bottiglia che era un regalo per la ragazza del marsala, un pacco di zucchero e del caffè, tutte cose utili, in un paese in guerra dove mancava di tutto, e fare dei regali non era un modo di pagarla per sminuirla era solo condividere con lei e apprezzare il piacere non solo del sesso ma anche di altre cose.

Si ritrovarono nella stanza della giovane, si assicurarono che le finestre fossero ben schermate, e accesero la luce, per fortuna quella sera c’era la corrente, perché i black out erano piuttosto frequenti.

Accesero la luce, e quindi misero una cassetta e iniziarono a ballare, tutti e quattro intorno e la ragazza al centro.

Lei passava da l’uno all’altro, ognuno la gratificava di una carezza più o meno audace, il tempo che passava, i brindisi che bevevano contribuivano all’allegria, e questo scioglieva i freni inibitori.

Per ognuno di loro fare sesso di gruppo era una novità o perlomeno in quattro con una sola donna, perché era successo che si trovassero in un locale a fare l’amore ma ognuno con una partner, o quando in due erano stati con la cameriera.

Da bravi amici e senza egoismi si accinsero a spogliare la giovane donna, che era allegra ed eccitata quanto loro, lei toccava una verga eretta che premeva sulla patta dei pantaloni, e gli uomini le palpavano chi un seno, chi una natica, diventando sempre più disinibiti.

Man mano che procedevano con i palpeggiamenti iniziarono anche a spogliare la fanciulla, la quale rimase nuda tra di loro a ballare.

Era molto bella e tutti loro la conoscevano intimamente, perché singolarmente erano stati con lei, le piaceva fare l’amore, era libera e la situazione era tale e il futuro talmente incerto che il fare l’amore era un modo di cercare di vivere intensamente nel dubbio che non ci sia un domani, inoltre in quei momenti dimenticava le miserie e le sofferenze. Sonja come molte ragazze era rimasta sola, non era una prostituta, se qualcuno dei suoi amanti occasionali le faceva un regalo era ben accetto, ma non aveva mai chiesto nulla e si concedeva solo per il piacere di concedersi.

Quando lei fu nuda e le otto mani si muovevano sul suo corpo carezzando palpando e pizzicando, introducendosi nelle carni calde molli e umide di eccitazione della bella donna che era lì per godere e fare godere, in un piacere reciproco.

Anche i legionari oramai accaldati iniziarono a togliersi gli indumenti, il primo che fu nudo fece sentire la sua virilità tesa sul ventre di Sonja che si attaccò a lui per meglio gustare la sensazione di quel pene di carne tesa  contro il suo ventre, lo abbracciò tenendosi attaccata al collo, lui la prese per le natiche e la sollevò, aiutata dagli altri si impalò accogliendo con un sospiro la penetrazione era ben lubrificata rimasero immobili le gambe di lei incrociate sulle reni di lui e le braccia attorno al collo, lei si muoveva ma solo impercettibilmente, e contraeva i muscoli della vagina era una cosa deliziosa il modo che aveva di fare l’amore, il legionario indietreggiò fino a quando fu sul letto si sedette, Sonja slacciò le sue gambe e il pene le fuoriuscì dal sesso appena si alzò un po’ si era sollevata troppo, fece stendere il legionario e si mise a cavalcioni su di lui, e da sola si infilò la verga nella sua accogliente guaina.

Si piegò in avanti, baciò l’uomo che occupava la sua entrata principale, e invitando un altro ad entrare nel suo buchetto posteriore un secondo legionario si dispose dietro di lei le leccò la rosetta dell’ano che era gia dilatata dalla posizione, lei si sollevò un po’ e allora lui le appoggiò il glande sulla rondella e spinse lei si aprì accogliente appena fu dentro con la cappella si fermo per darle il tempo di assaporare l’introduzione, poi lentamente entrò con una spinta continua senza fermarsi fino in fondo, appena giunto a fine corsa si immobilizzò, si ritrasse di un paio di centimetri in modo da permettere ai muscoli anali di riprendersi.

Attese che Sonja decidesse cosa fare, aveva due cazzi, uno davanti e uno dietro, iniziarono a muoversi ognuno cercando di sincronizzarsi, ci fu un po’ di disordine iniziale ma alla fine trovarono un ritmo e poterono muoversi in sintonia.

Gli altri due avevano osservato eccitati la doppia penetrazione della bella Sonja, guardavano estasiati il sesso e l’ano occupati i movimenti e la bellezza della ragazza che pareva una ninfa, una dea, era uno spettacolo bellissimo e arrapate, poi si avvicinarono salirono sul letto e si misero ai lati della testa del legionario steso sul letto e appena Sonja se li vide praticamente davanti al suo volto, li impugnò con le mani e iniziò a succhiarli alternativamente tenendosi sui due cazzi come fossero delle maniglie e sostenuta dal legionario che occupava la sua fica.

Per lei era una cosa meravigliosa poter gioire da tutti i suoi buchi, una stimolazione totale che la portò al massimo godimento venne travolta da una serie di orgasmi che la costrinsero a lasciare le due verghe alle quali era attaccata, fino a che i suoi inquilini eruttarono il loro piacere dentro di lei.

Si accasciò, sfinita ma la notte era ancora giovane le fecero bere un bicchiere di vino per rinfrancarla e gli altri due si sostituirono e occuparono nuovamente i suoi buchi rimasti dilatati e superlubrificati. Fu una notte di lotta d’amore di grande intensità fino a quando non si addormentarono distrutti in un groviglio di corpi con al centro di loro distrutta la bella Sonja che aveva avuto la sua notte di gloria godendosi quattro cazzi tutti per lei.

 

 

 

Nei giorni che seguirono il Comandante della Legione Brenno Nick, restò vicino a Marija, non solo per sentire tutta la sua testimonianza in merito alla vicenda della sua prigionia, ma anche per darle un certo conforto morale.

La giovane donna adesso si sentiva inadeguata alla vita e il trauma era stato forte, inoltre aveva l’impressione di non poter avere più una vita normale, temeva il giudizio della gente e credeva che sarebbe stato meglio se fosse morta. Aveva un senso di colpa per le ragazze che erano morte e lei invece era sopravvissuta, inoltre pensava di non trovare più nessuno che le volesse bene, ogni uomo l’avrebbe guardata come una donna che si era concessa al nemico per sopravvivere, adesso poi che il Comandante del campo era prigioniero tutta la storia sarebbe stata portata a conoscenza della gente diranno che lei era solo una puttana che godeva di farsi degradare in quel modo.

Era una donna che era stata praticamente costretta a prostituirsi ma riteneva che la gente, l’avrebbe giudicata una persona indegna, visto che non aveva resistito abbastanza agli  abusi.

Nessun uomo la guarderà più come una donna, ma solo come una prostituta, ecco i suoi pensieri, molto ovvii, perché le vittime di stupri spesso si sentono colpevoli e questo impedisce loro di ritrovare un equilibrio, continuava ad avere questo atteggiamento negativo, e per questo il Comandante della Legione Brenno Nick Mistero le stava vicino.

Nick allora pensava che di certo era doloroso riparlare degli avvenimenti vissuti ma necessario al fine di capire meglio quanto avvenuto e di riuscire ad affrontarlo anche il medico che aveva prestato le prime visite alle donne liberate era di quella stessa opinione.

Marija ricominciò il suo racconto, la situazione peggiorò dopo quel tour de force in cui dovette soddisfare i soldati prendendone tre contemporaneamente, e la sua partecipazione attiva ed il fatto che avesse goduto era stato notato, ma non solo era la sua vergogna che aveva eccitato maggiormente gli uomini. 

A quel punto il Comandante dei carcerieri, aveva stabilito che dovesse partecipare a tutte le sedute di sesso, ogni giorno sarebbe stata usata per soddisfare la truppa.

E in modo particolare quando sarebbero arrivati degli ospiti, per questo volle umiliarla in modo particolare, dal momento che lei arrivava al piacere con estrema facilità era facile per lui porla come esempio alle altre, e questo faceva sì che lei si sentisse maggiormente avvilita.

Il giorno dopo la fece denudare di fronte alle sue compagne radunate, la giovane Giorgia le si fece incontro, il fatto che tutte le altre fossero vestite contribuiva ad alimentare la sua vergogna, sarebbe stata Giorgia a dare la dimostrazione alle altre di quanto lei fosse una brava puttana, così si era espresso il Comandante di fronte a tutte.

Giorgia la fece inginocchiare e prosternare in modo da farle tenere il sedere più alto della testa, le diede un paio di calci alle caviglie, in modo che allargasse le cosce, la masturbò con cura, lentamente le carezzava le labbra del sesso poi piano,  piano le toccò la clitoride, era molto abile quella ragazzina e aveva imparato molto da quando erano lì.

Quando si rese conto che stava cedendo lanciò un urletto di felicità per essere riuscita nel suo intento.

Le scappucciava la clitoride e la fece gemere, era stato terribile, l’umiliazione la divorava. Marija si teneva il volto coperto dai capelli la fronte appoggiata agli avambracci, come avrebbe potuto guardare in faccia le altre donne se si comportava in quel modo masturbata in mezzo al cortile nuda circondata dalla soldataglia e dalle sue compagne di prigionia, ma godendo dell’impudica carezza?

Era una situazione terribile, e non sarebbe stata l’ultima, ne la  peggiore. Dopo questa seduta, dovette rimanere in ginocchio e ogni prigioniera dovette passare a tastarle la fica, e penetrarla con le loro dita, per constatare quanto fosse bagnata, e anche questo dovette accettarlo, malgrado piangesse il più silenziosamente possibile per non suscitare le ire dei suoi aguzzini, era impossibile che non arrivasse all’orgasmo, perché per lei la vergogna le aumentava l’eccitazione, era purtroppo una componente della sua sessualità della quale prese conoscenza in quel periodo.

Era sempre stata piuttosto calda, e quando lavorava le piaceva un po’ mettersi in mostra, ma adesso la faccenda la sommergeva.

Questi motivi però sono quelli che le creano attualmente i peggiori sensi di colpa, e la mettono in difficoltà nell’accettarsi e nel riprendere una vita più normale.

Da allora lei andava a lavorare al laboratorio ma tutte le sere, lei era destinata al piacere dalla truppa mentre le altre facevano i turni.

Ogni tanto capitava che qualcuna tentasse di ribellarsi e veniva severamente punita, erano sempre punizioni pubbliche quelle che avvenivano, la vittima designata, veniva condotta dal Comandante, una delle guardie faceva il rapporto in merito alla mancanza, e il Comandante trascriveva tutto.

Poi la donna ritornava al lavoro. Non sapeva quando avrebbe subito la punizione ma sapeva che l’avrebbe subita.

Le infrazioni erano varie, poteva essere che una si alzava troppo lentamente al mattino, oppure parlava in mensa durante la colazione, oppure non era sollecita a rispondere ad una guardia quando veniva interpellata.

Queste erano infrazioni lievi, per le quali c’era una punizione basata sulla fustigazione con una cinghia di pelle o con la paletta, tutte punizioni sopportabili, rispetto a quelle delle infrazioni più gravi.

Le infrazioni più gravi erano la mancanza di rispetto verso le guardie, quindi l’insubordinazione il tentare di sottrarsi ai propri doveri di lavoro o sessuali, che non potevano mai essere rifiutati.

Se una prigioniera non raggiungeva le quote di indumenti da cucire era anche in quel caso punita, ed infine le aperte ribellioni, e la fuga, anzi il tentativo di fuga era punito con la morte tramite un supplizio che durava ore.

Per una settimana dopo la pubblica umiliazione era costretta a lavorare in due turni alla mattina nel laboratorio e al pomeriggio nella caserma delle guardie a disposizione di chi la voleva.

Era Giorgia che si occupava del suo addestramento alla sottomissione, la ragazza era stata svezzata dal Comandante e le aveva fatto assimilare tutti le arti di come sottomettere una donna, e quindi potremmo dire che era diventata una vera Kapò.

Giorgia il più delle volte era nuda nell’ufficio del Comandante a soddisfarlo sessualmente e veniva riservata per i personaggi di riguardo che venivano al campo soprattutto ufficiali o altre persone importanti.

Era una puttanella, e si era adattata molto bene alla sua nuova condizione, la sua remissività con il Comandante era stata rapidissima aveva capito che poteva trarre vantaggio dalla situazione, inoltre sapeva essere molto crudele nel trattare le altre prigioniere come delle schiave sessuali.

Era stata presto temuta dalla maggioranza delle prigioniere, infatti lei aveva spezzato la volontà di molte di loro, oltre alla mia, raccontava ancora Marija. La differenza tra la situazione di Marija e quella delle altre consisteva nel fatto che quelle che non avevano compiuto i trenta anni appena ridotte all’incapacità di ribellarsi venivano mandate via, delle circa cinquanta donne iniziali, quelle più giovani erano state spezzate nello spirito e forse mandate in qualche bordello. Lì restarono quelle che avevano più di trenta anni e le ribelli, oltre a Giorgia che era la puttana privata del Comandante.

Durante la settimana in cui doveva procedere all’addestramento, Marija  dovette subire oltre agli assalti sessuali delle guardie, e al disprezzo delle sue compagne di prigionia, anche le attenzioni di Giorgia “la nostra Kapò” come venne ben presto chiamata.

Era veramente molto abile perché non doveva dire nulla, solo fare un cenno con un dito perché si mettesse carponi o si denudasse, Marija era divenuta una cosa sua senza più volontà.

Appena stabilito che alla mattina lavorava in laboratorio e al pomeriggio nella casermetta delle guardie, era Giorgia che veniva al laboratorio e costringeva Marija a spogliarsi davanti alle sue compagne e poi a camminare davanti a lei, nuda e attraversare la corte fino alla palazzina.

Una volta lì, le imponeva di svolgere lavori domestici come la pulizia dell’ufficio del Comandante o delle stanze dei sottufficiali, per spostarsi da un luogo all’altro lo doveva fare carponi, si alzava solo per i lavori in modo che procedessero più celermente, ogni volta che la riteneva troppo lenta se la prendeva in grembo e la sculacciava a mano nuda.

La faceva mettere in quella posizione perché sapeva che trattarla come una ragazzina disubbidiente e sculacciata da una ragazza che aveva la metà dei suoi anni anzi di meno la umiliava particolarmente.

Queste punizioni erano le meno dolorose fisicamente ma le più terribili moralmente, soprattutto perché le doveva accettare senza ribellarsi, e al termine ringraziare la fanciulla, la quale le parlava come fosse stata una bambina dicendole che era una sciocchina, e che doveva lavorare meglio, e simili frasi, poi le faceva una carezza e la mandava a riprendere il lavoro.

Spesso dopo la sculacciata la masturbava in modo da portarla alla massima eccitazione e si fermava poco prima dell’orgasmo in modo da tenerla in uno stato di frustrazione per tutto il pomeriggio e seguendola con attenzione toccandola di tanto in tanto per verificare il suo livello di eccitazione.

Alla sera poi doveva soddisfare alcune guardie, che l’avevano prenotata, era molto richiesta pur non essendo la più bella di quelle presenti.

In quei primi tempi in cui era una schiava sottomessa sì, ma ancora in addestramento, le guardie si divertivano a scoparla nella mensa, prendendola in qualsiasi momento, lei che era incaricata di servire ai tavoli assieme ad altre due prigioniere, alla minima richiesta doveva interrompere il servizio ai tavoli per sottomettersi alle richieste sessuali, nella mensa era stata organizzata in modo che le prigioniere alla sera fossero sedute su una panca lungo una parete, a osservare le donne incaricate del servizio di mensa, che servivano e ovviamente quelle destinate al servizio sessuale, se venivano interpellate.

Era molto difficile perché ogni cosa era fatta in modo da umiliare colei che la faceva e spesso capitava che una delle prigioniere esitasse di fronte ad una richiesta soprattutto i primi tempi.

L’esitazione nell’eseguire un compito sessuale era sanzionata come insubordinazione e di conseguenza punita severamente.

Il Comandante del campo aveva il suo tavolo riservato ed era servito solo da Giorgia, la quale stava accanto al suo tavolo in attesa di ordini, e interveniva per punire l’una o l’altra prigioniera che aveva commesso un’infrazione.

Capitava che anche Giorgia venisse punita ma solo per il capriccio del Comandante e lo faceva lui personalmente.

Contrariamente a noi Giorgia indossava degli indumenti più carini, non una blusa di tela azzurro-grigia ma gonna e camicetta qualche volta anche dei pantaloni.

La prima sera che ero lì la sola donna nuda all’inizio del servizio di mensa fu terribile, non sapevo come muovermi ma Giorgia era dietro di me e mi spronava con la cinghia di cuoio colpendomi le natiche, sobbalzavo ad ogni colpo e malgrado me dopo il pomeriggio atteso in perenne eccitazione questo trattamento aumentava la mia libido.

Marija si fermò con le lacrime agli occhi spiando il volto di Nick, il quale restava attento ma senza dimostrare di avere un giudizio morale sul comportamento della giovane donna. Marija rassicurata, decise di proseguire il suo racconto.

Ero così eccita che avevo timore di raggiungere un orgasmo solo con le cinghiate che ricevevo, iniziai a disgustarmi di me stessa, provavo un senso di vergogna, perché era evidente che ero masochista, ed essere l’unica a sentire certe pulsioni mi rendeva diversa e si sa che chi è diverso viene emarginato e non trova solidarietà da parte degli altri.

Come mi guardavano le mie compagne soprattutto quelle che non volevano arrendersi e si vedeva che erano combattive, e che le punizioni per loro sarebbero state molto più dolorose che per me, mi avrebbero odiato di certo, per questa mia caratteristica.

Ad ogni modo quella sera, dopo un po’ che lavoravo nel servire i tavoli, servizio che non era ne lungo ne faticoso visto che altre due donne erano adibite a tale servizio, uno dei soldati mi reclamò, mi ordinò di andare sotto il tavolo e di succhiarlo, cosa che feci, evitai di guardare lungo la parete dove erano sedute le altre prigioniere, ma sapevo che i loro sguardi erano puntati su di me, in ginocchio con le terga protese verso di loro mostrando tutto delle mie intimità e intenta ad un servizio di fellatione vergognoso, ma non osavo resistere, non volevo essere punita con la frusta intrecciata.

Io per quanto mi scoprissi masochista, temevo le punizioni severe perché lasciavano segni particolarmente intensi, a volte visto cos era accaduto alle altre, che le carni le sanguinavano con certi colpi se usata in modo energico la frusta poteva provocare ferite che lasciavano ferite che non guarivano subito. Una cosa era una sculacciata anche con la cinghia o la paletta, che faceva male ma l’indomani era passata, un’altra la frusta.

Ero una codarda, pur essendo una che si eccita con il dolore non avevo il coraggio di affrontare le prove più dure.

Obbedii dunque vigliaccamente e mi misi a succhiare quella verga tesa, e lo feci con dedizione sperando di ottenere in premio la possibilità di avere qualcosa di buono da mangiare.

Le prigioniere ricevevano il pasto del mattino o colazione composta di una brodaglia calda che veniva chiamata caffè ma che di caffè ne aveva solo il colore, con un pezzo di pane duro da inzuppare. A mezzogiorno une minestra di patate ma non proprio densa e un altro pezzo di pane duro. Era un’alimentazione insufficiente per una persona che doveva lavorare.

Le prigioniere che erano selezionate per svolgere compiti sessuali dopo aver fatto le prostitute avevano la possibilità di recuperare gli avanzi delle guardie.

Per questo mi diedi da fare, e cercavo di soddisfare la guardia se lui fosse stato soddisfatto mi avrebbe lasciato di più da magiare.

Spesso qualcuno sadicamente non ci dava nulla malgrado l’impegno profuso, e gettava i suoi avanzi al cane che avevano fuori, anche se il cane mangiava comunque regolarmente, in quei casi era particolarmente difficile resistere allo scoramento, per quelle a cui capitava.

Io per fortuna ebbi sempre la mia razione, la mia sottomissione mi ripagava, e spesso guadagnavo il cibo anche per le mie compagne più sfortunate. In questo modo dividendo il cibo riuscii a non farmi disprezzare troppo, ero molto meno emarginata di altre, ma questo avvenne in seguito, alla prima sera chi sapeva cosa avrei fatto l’indomani. Sentivo gli sguardi delle altre prigioniere sulle mie natiche aperte, perché appena in ginocchio la posizione era di tenere le cosce ben divaricate in modo che gli altri abbiano una bella visione delle intimità.

Tutti potevano vedere che il mio sesso era lucido di umori, e questa consapevolezza mi rendeva particolarmente ansiosa, e la vergogna non mi abbandonava, avevo il cazzo in bocca e mi piaceva anche se era di un aguzzino. Lo stavo servendo come meglio potevo speravo di farlo impazzire di piacere, perché avevo fame non mi ci vollero più di dieci minuti per spremerlo e quando schizzò il suo seme lo avviluppai con la bocca gli accarezzai le palle e appena ebbe finito di schizzare ingoiai tutto, e lo ripulii con calma non lasciandogli nessun residuo sulla verga che si ammosciava nella mia bocca. Si fu molto soddisfatto, perché prese il suo vassoio e lo mise sotto il tavolo, io lo presi e lo portai in cucina.

Lì ne mangiai una parte e il resto lo misi da parte nascosto perché altre avrebbero potuto fregarmelo, ed io me lo ero guadagnato con il mio sacrificio.

Ritornai in sala, e venni reclamata da un altro, il quale mi fece sedere a cavalcioni su di lui ordinandomi di infilarmi il suo cazzo da sola e lo feci, e mi misi a cavalcarlo, lo facevo lentamente per farlo divertire il più possibile, e sembrava apprezzare nel frattempo lo abbracciavo e lui mise la testa sul mio petto iniziò a leccarmi i capezzoli e presto io persi il controllo, ero sempre più eccitata e avevo un gran bisogno di godere perciò iniziai a muovermi freneticamente come una folle, fino che lo sentii lui si inarcava, gli presi le palle portando una mano dietro di me per accarezzarlo, erano tese e piene, lui godette dentro di me e io iniziai a godere a mia volta fu un orgasmo lungo che aspettavo dall’inizio del pomeriggio quando Giorgia mi aveva eccitata con la sua masturbazione ma lasciandomi il desiderio addosso.

Ovviamente era chiaro a tutti che il piacere di quell’accoppiamento mi aveva fatto avere un orgasmo, immaginavo il disprezzo delle altre prigioniere, ma questo lo immaginai solo dopo, in quel momento ero troppo presa dalla sensazione di godimento.

Venni chiamata da Giorgia mi fece mettere in ginocchio con il viso rivolto verso le mie compagne di prigionia, e Giorgia disse avete visto questa puttana come gode, prendetene atto, una troia la si riconosce subito, ma ben presto lo diventerete tutte lei è solo una delle prime che si sono dimostrate portate per fare le troie perciò rassegnatevi avete visto cosa diventerete.

Io tenevo la testa bassa, guardando il pavimento rossa di vergogna, era una cosa impossibile adesso sentivo tutto il peso del mio comportamento mi disprezzavo da sola e potevo capire che le altre mi disprezzassero.

Marija si fermò, aveva gli occhi colmi di lacrime, che le inondavano il volto, e Nick le mise un braccio intorno alle spalle, lei si abbandonò sul suo petto con dei singhiozzi liberatori.

Nick che era sempre stato sensibile alla bellezza femminile, ma anche pronto a capire gli altri loro turbamenti e le loro debolezze capiva perfettamente i dramma che questa giovane donna viveva.

Ad ogni modo si sa che spesso le ferite dell’animo sono le più difficili da guarire, e dal momento che era sana fisicamente il suo problema era di riacquistare fiducia in se stessa, e di riprendersi in modo da non abbattersi, era una donna bella ancora giovane con la vita tutta davanti a se, non c’era motivo che non potesse vivere normalmente e accettare la sua sessualità così come era.

Marija era felice di sentire un abbraccio che percepiva sincero, non era costretta a rimanere abbracciata a quell’uomo,che tra l’altro aveva comandato la truppa che aveva salvato lei e le sue compagne da un destino forse che le avrebbe portate solo alla morte certa.

Restò abbracciata sentendo contro il suo seno, il suo petto forte e muscoloso, sentendosi protetta, alzò il viso sperando che la baciasse. Nick che era un fine psicologo, la baciò, respingerla sarebbe stato un senso di disprezzo o almeno così,interpretato dalla giovane donne e a parte questo era da molti giorni in contatto con lei, era bella e da almeno un paio di mesi non aveva rapporti sessuali, tutto contribuisce, anche se non ne era innamorato provava dell’affetto sincero per quella donna e comunque una certa attrazione fisica, perché non fare l’amore se lei lo desiderava, e a quel punto sentire il corpo caldo della donna contro il suo, il suo respiro ansimante segno che era un po’ eccitata, lo fece sentire desideroso di approfondire la loro conoscenza.

Le chiese se lei voleva che si appartassero e lei lo pregò di portarla da lui. Nella sua stanza lei si spogliò, restando nuda era veramente bella un corpo morbido flessuoso con tutte le curve al posto giusto.

La prese tra le braccia e la baciò con trasporto, le loro lingue si intrecciarono, lui le fece scivolare la mano sul sesso appena velato di un pelo non troppo lungo che ricresceva, e affondò nel suo nido caldo anzi bollente e bagnato dal piacere, il desiderio di Marija era reale e ne aveva la conferma, anche lui era teso, e la ragazza già nuda sentiva sul suo ventre la verga del suo salvatore dura, si inginocchiò dovendo abbandonare la sua mano che le frugava la vagina eccitata, ma per aprire la patta dei pantaloni, ed estrarre l’oggetto del suo desiderio.

Nick si era sbarazzato della giacca e della maglia, la donna prese in bocca il suo sesso che aveva estratto abbassandogli le mutande a mezza coscia, lo succhiò con avidità come un assetato nel deserto che trova un oasi.

Si impegnò nella sua fellatione fino a quando Nick la allontanò, e sollevatala da terra,  la depose sul letto per prenderla e la penetrò con un solo affondo nella sua guaina bagnata e accogliente.

Marija emise un sospiro di voluttà, perché dopo tanto tempo stava partecipando ad un rapporto volontariamente senza che nessuno glielo avesse ordinato, e si stava donando spontaneamente era lei che lo aveva voluto.

Forse le sue ferite avrebbero potuto guarire, malgrado le cicatrici inevitabili adesso sentiva che il coraggio le tornava e che poteva avere un rapporto con una persona senza costrizione, era una vittoria un traguardo verso la via della guarigione delle sue pene.

Nick la stava scopando con vigore e dolcezza insieme, baciandola e stimolandola con le sue carezze.

La pelle di entrambi bruciava, un amplesso voluto e desiderato intensamente, non si poteva parlare di amore nel senso totale ma di attrazione e desiderio di appagarsi, e in questo una qualche forma di amore esiste, anche se non è l’amore esclusivo della vita.

Nick la prese più volte e non solo davanti ma la sodomizzò e Marija si offrì  spontaneamente desiderosa di provare anche quella pratica senza che dovesse sentirsi umiliata ed esibita, fu per lei un grande piacere che le fece avere un bruciante orgasmo nel donarsi.

La passione li spinse a fare una vera maratona di sesso fino all’alba, scacciando per quella notte ogni pensiero sulle miserie della vita, erano solo loro due da soli in quella stanza che rappresentava il loro universo, anche se solo per una notte.

Al mattino Nick si alzò per primo e si fece preparare una colazione dal bar, che portò in camera svegliando Marija con dolci baci, lei si svegliò sul viso erano evidenti i segni della notte di passione appena trascorsa e languidamente si stirò nel letto, soddisfatta e felice per la prima volta dopo tanto tempo.

Fatta colazione e visto che il tempo era splendido, Nick propose a Marija di andare a fare un giro fino alla costa, in due ore al massimo sarebbero arrivati e così anche l’ambiente sarebbe stato più piacevole, più lontano dalla zona del fronte forse avrebbe fatto bene alla donna e sperava si sarebbe aperta nell’affrontare la sua avventura con una carica diversa, cominciando a portare avanti la sua nuova vita senza essere troppo condizionata dalla terribile esperienza.

Marija comunque stava già guarendo dalle sue ferite quanto accaduto doveva diventare il passato e la sua forza interiore stava riemergendo, i conflitti ed i sensi di colpa del suo animo stavano analizzando la situazione e questo era avvenuto grazie a Nick alla sua pazienza e alla sua disponibilità, non era stato solo colui che verbalizzava gli avvenimenti, era divenuto il suo confidente di fiducia, e così lei con quella notte appena trascorsa aveva accelerato la sua ripresa.

Scesero fino alla costa, e per questo viaggio Nick si tolse la tuta mimetica che usava sempre nella zona del fronte, indossò un semplice jeans e una maglietta, e alla donna aveva comperato un vestitino estivo a fiori molto colorati su sfondo bianco, con delle spalline fine stretto sotto il seno mettendo in risalto la sua femminilità e svasato nella parte inferiore, le aveva comperato anche un costume da bagno nel caso avessero deciso di fare il bagno.

Trovarono una spiaggia tranquilla, e praticamente deserta, con i venti di guerra anche il turismo era scomparso o quasi.

Era una piccola insenatura con un porticciolo di un villaggio di pescatori, e alla spiaggia non c’era nessuno, gli uomini che non erano al fronte, erano a pesca unica sussistenza di cui potevano disporre.

Fecero il bagno divertendosi come una giovane coppia che sia in vacanza, dopo un anno di lavoro, dimenticati i pensieri e ogni altra preoccupazione, si asciugarono al sole e poi verso sera si accinsero a rientrare.

Rivestitisi andarono al villaggio forse c’era una trattoria aperta chissà avrebbero potuto mangiare qualcosa prima di ritornare, c’era ancora il sole e il posto era meraviglioso pareva di guardare una cartolina fatta apposta per le agenzie turistiche.

Nel villaggio non c’erano trattorie aperte, tutte le attività erano chiuse, solo sulla strada principale c’era un bar ma bisognava risalire fino alla nazionale e una volta lì tanto valeva proseguire.

Un giovane al quale si notava che portava un braccio a tracolla, disse loro che se volevano potevano andare a mangiare da lui, era un pescatore e sua moglie avrebbe preparato volentieri qualcosa per loro.

Nick non capiva quello che diceva perché a parte grazie e buongiorno non sapeva altro di Croato, e quando Marija gli tradusse l’offerta accettò, dopo la colazione del mattino non avevano preso nulla ed erano entrambi affamati.

L’uomo spiegò Marija era un reduce essendo rimasto ferito gravemente al braccio non poteva più combattere, per questo era a casa.

Abitava in una casa semplice a due piani, il piano di sopra lo affittavano ai turisti abitualmente ma non c’era nessuno quest’anno. Lui aveva sempre fatto il pescatore, e con quello che pescavano tirava avanti, vendeva il pesce al mercato alla mattina, ma ne teneva sempre un po’ per casa, in pratica vivevano quasi esclusivamente di pesce.

Cenarono con questa famiglia, la vecchia madre, raccontò a Nick che lei era l’unica sopravissuta della sua famiglia quando alla fine della seconda guerra mondiale, gli inglesi consegnarono gli ustascià che si erano arresi in Austria agli alleati, ai Titini, solo i bambini di età inferiore agli otto anni sopravvissero perché separati dalle famiglie che dovevano essere portate a sud, fu una marcia terribile, vennero trattati malissimo e picchiati chi non riusciva a rialzarsi veniva ucciso, e spesso non con una ferita rapida ma in modo che agonizzasse per ore e abbandonato.

Quando questa gente era in marcia e chiedeva da bere gli davano da bere acqua con dentro vetro tritato la sete era tanta e l’avidità di soddisfare la sete così intensa che non si accorgevano che c ‘erano i vetri, e spesso alcuni li avevano ingoiati, provocandosi emorragie interne, e morendo tra i tormenti.

E adesso disse:”ancora la guerra, sono triste per mio figlio che è stato ferito ma almeno è a casa ancora vivo, nell’altra guerra ho perso tutti padre madre e quattro fratelli”.

La donna parlava in italiano e Nick le fece i complimenti, e la donna spiegò che i suoi erano stati vicini degli italiani in quell’epoca e lei aveva studiato anche in Italia fino alla seconda elementare poi però solo quando venivano dei turisti italiani aveva l’occasione di parlare in italiano per questo non era così brava come una volta.    

 

 

 

Era mattina e ricordando il giorno prima veniva una certa tristezza nel risvegliarsi i quella stanzetta misera e triste, ma c’erano dei doveri, Nick stava trascrivendo parte del racconto di Marija quando lei si svegliò sorridente e allegra come non mai, in quei due giorni erano stati meravigliosamente bene.

Ad ogni modo Marija adesso era più forte e pronta per proseguire nel suo racconto.

Per quanto mi concerne il difficile fu essere trattata con disprezzo, perché tutto sommato volevo sopravvivere, ma più ci si sottomette e più gli aguzzini ti disprezzano e fanno di tutto per spezzarti nell’animo.

Ad ogni modo il momento in cui mi sono sentita più nuda che mai fu quando venni depilata pubblicamente, io che pensavo di aver provato ogni forma di vergogna dovetti ricredermi.

Una mattina mi fecero mettere supina su un tavolo al centro della sala mensa e il Comandante mi fece insaponare il pube da Giorgia, poi il suo barbiere con un rasoio a mano libera mi rasò completamente il pube e le labbra del sesso.

Avevo il terrore che mi tagliasse e soprattutto per questo motivo rimasi immobile, la paura e la vergogna mi facevano sudare in modo incredibile e la sala mensa non era ancora stata completamente riscaldata perché era di prima mattina.

L’uomo infilò le sue dita nella mia fessura che malgrado tutto era umida di umori era questa mia incapacità di totale mancanza di resistenza che mi umiliava profondamente e che mi faceva disprezzare me stessa e quindi anche dalle mie compagne di prigionia anche se dall’inizio molte cose erano cambiate e molte tra di loro per avere da mangiare erano state molto più disponibili che all’inizio della cattività.

Venni depilata quindi e questa condizione di maggiore nudità fu un motivo in più per farci sentire meno donne ma solo schiave sessuali, alle quale si poteva fare qualsiasi cosa.

Dopo lo spettacolo molti uomini si sentirono eccitati e così decisero di prendersi la giornata per divertirsi iniziò una vera e propria orgia nella quale nessuna delle prigioniere fu risparmiata.

Durante la mattina anche le altre furono depilate visto che la cosa eccitava gli uomini, senza esclusione, anche  Giorgia fu rasata davanti alle altre in fondo era la schiavetta del Comandante ma pur sempre una schiava, la coscienza che oramai non eravamo null’altro che carne da piacere e che le speranze di libertà con il passare del tempo scomparivano e la rassegnazione albergava nell’animo della maggioranza delle prigioniere, tutto diveniva routine perdemmo tutte la volontà a qualsiasi ribellione eccetto due.

Purtroppo cinque donne erano state uccise per aver tentato la fuga ed eravamo certe che era impossibile. Solo due continuavano ad accarezzare l’idea della fuga.

Miriana e Daniela, due belle donne che fin dall’inizio avevano protestato per le violenze a cui eravamo costrette ma alla fine anche loro si erano sottomesse, si erano rese conto che non avrebbero avuto le forze per tentare alcunché se restavano sempre segregate e private di cibo.

In quella giornata in cui fui depilata e successivamente le altre, erano presenti molti più soldati erano giunti da fuori, io venni presa da due e portata in un angolo, e presa contemporaneamente davanti e dietro, vedevo l’orgia che si era scatenata e le risate isteriche di tutti anche le prigioniere oramai non avevano più pudore o avevano deciso di accantonarlo e cercavano di prendere il massimo piacere forse per esorcizzare e dimenticare il reale contesto in cui vivevano, oltre che per il fatto che quel girono avrebbero mangiato a sazietà.

Tra una scopata e l’altra per riprendersi gli uomini mangiavano e bevevano e noi come fossimo delle baccanti folli avevamo diritto a cibarci dei loro avanzi e anche di più di quanto speravamo.

Fu in quel giorno che Miriam approfittando della confusione cercò di fuggire, il soldato con il quale si era appartata era crollato sfinito e lei raccolse i suoi abiti mentre lui dormiva della grossa e uscì con l’intento di allontanarsi.

Stava cercando di arrivare al bosco, e quindi di fare perdere le sue tracce, quando uno dei soldati che era rimasto di guardia, il perché lo scoprimmo dopo era in punizione per un ‘infrazione e quindi non era stato invitato a partecipare all’orgia, e faceva la guardia.

Benché fosse mezzo appisolato aveva tirato fuori il cane dalla gabbia e lo aveva portato con sé. Fu il cane ad accorgersi del passare di Miriam. Miriam fu scoperta e catturata, anche se aveva tentato la fuga non riuscì a percorrere più di dieci metri il cane le era addosso.

La sua libertà non era durata più di due minuti di illusione la guardia con questa cattura riscattava di sicuro la sua punizione e avrebbe avuto il diritto di disporre della fuggiasca per ventiquattro ore.

E lui così fece, informato il Comandante del tentativo di fuga la donna venne denudata e portata alla sua presenza il quale decretò che fino all’indomani era a disposizione di chi l’aveva catturata come premio e il giorno successivo sarebbe stata messa in punizione per il tentativo di fuga. Miriam era affranta questo insuccesso l’aveva stroncata, si mise a terra a supplicare il Comandante di risparmiarla e gli baciò i piedi, la prospettiva di venire frustata a morte era troppo anche per la sua resistenza.

Il soldato si portò via Miriam, tremante e piangente, la fece sua ed ebbe per premio di avere anche Giorgia, la quale lo avrebbe aiutato a umiliare la giovane e bella Miriam.

Fu una notte tragica per la donna e la giornata successiva fu peggiore, perché Giorgia la portava al guinzaglio come un cane, per esibirla e umiliarla.

Il giorno dopo al mattino uscimmo nel cortile e Miriam nuda venne condotta alla struttura di pali metallici una specie di cubo di tubi venne legata e iniziò il suo supplizio.

La sculacciarono con la cinghia, poi passarono alla frusta, ogni prigioniera doveva darle un colpo di frusta passarla alla seguente e così via.

Poi fu il turno della truppa. Venne poi presa da tutte i soldati, uno alla volta la possedeva e appena ebbero finito con l’ultimo ricominciarono ma questa volta nell’ano.

Fu terribile per la povera Miriam che supplicava di essere risparmiata, in quel momento la capivo benissimo, per poter vivere avrebbe accettato qualsiasi umiliazione.

Il Comandante aveva deciso di dare un esempio e così per la povera Miriam non si intravedevano speranze, ma in quel momento non lo sapevamo ancora. Egli decise di sospendere la punizione, e in questo modo fece sperare alla poveretta di avere salva la vita, ma per quanto tempo? Perché disse vedremo cosa fare di te nel futuro.

La donna venne curata nella stanzetta dell’infermeria e passò così una settimana rimanevano i segni ma era in grado di muoversi e appena fu pronta per essere in grado di svolgere i compiti che esigevano da lei la condusse nella sala mensa dove tutti mangiavano e la esibì come se fosse il suo cagnolino.

Le fece fare i suoi bisogni davanti a tutti in una cesta con della segatura come fosse stata un animale senza intelligenza a cui era stato insegnato il modo di comportarsi, a Miriam era stato proibito di parlare, ma solo di guaire o di abbaiare, e comunque la sua vita continuava ma solo per capriccio del Comandante ed era appesa ad un filo, la frase pena sospesa non era che una spada di Damocle sopra la sua testa.

La povera donna era stremata, doveva costantemente controllarsi, obbedire ad ogni ordine guaire come un cane ogni volta che veniva frustata, ridotta a un niente non era più un essere umano.

Era terrificante per tutte noi vederla così. Se la nostra posizione era orribile, avrebbe potuto esserlo di più visto il trattamento a cui era sottoposta Miriam.

Assistemmo quindi alla degradazione umana di Miriam giorno per giorno, e appena mettevano a punto una nuova tortura o umiliazione lei era il banco di prova e di dimostrazione. In questo modo mantenevano una disciplina di ferro con il terrore!

Ogni giorno la situazione diveniva sempre più difficile da sopportare, perché sempre più spesso fioccavano delle punizioni in quanto non riuscivamo a mantenere la quota di lavoro al livello previsto.

Come potevamo fare se ogni sera fino a tarda ora, eravamo impegnate a soddisfare sessualmente le guardie o gli ospiti che arrivavano. Al mattino ci alzavamo distrutte, e la cinghia fioccava sulle schiene, cosce o natiche appena una era un po’ lenta nell’alzarsi.

Eravamo rimaste poco più di una dozzina quando portarono altre quattro o cinque donne catturate come noi da qualche parte strappate alle loro famiglie e ai loro affetti, ma in quel momento per noi fu un sollievo avevamo la speranza che la novità di quelle nuove allentasse un po’ la pressione su di noi o almeno su una parte di noi. Ma chi sarebbe stata fortunata da avere un po’ di respiro?

Anche se il pensiero è egoistico, la fatica e la pressione su di noi in quel periodo era tantissima avremmo fatto qualsiasi cosa per una giornata di riposo, la nostra umanità era stata messa a dura prova e solo il desiderio di sopravvivere e di poter vivere meglio anche di poco era come una aspirazione che occupava le nostre menti.

Tra quelle nuove due erano veramente bellissime corpi da favola potevano aspirare a vincere un concorso di bellezza molto giovani venti anni al massimo, e subito furono prese di mira le guardie le guardavano con bramosia era chiaro che avrebbero avuto un trattamento speciale.

Tania e Natascia, due bellezze fuori dal comune, il Comandante le mise subito al lavoro in sala mensa sotto la sorveglianza di Giorgia che noi oramai chiamavamo la Kapò.

Quelle poverette ebbero diritto ad un trattamento intensivo dal primo momento, se pensavano di poter resistere e che donne come Miriam erano deboli e solo per questo si erano piegate, presto si dovettero ricredere.

Vennero tutte denudate, e costrette a camminare a quattro zampe dietro a Miriam tenuta al guinzaglio intorno al cortile, legate da una corda al collo l’una all’altra perciò se una si muoveva le altre dovevano seguire e se esitavano la frusta arrivava alle natiche.

Non c’era speranza, per loro il sistema con il tempo si era collaudato e in pochi giorni di addestramento le avrebbero domate.

Venni presa nuovamente di mira per servire di esempio assieme con Miriam, e quindi mandata nella casa delle guardie, se Miriam era una cagna e gliela facevano vedere come tale io dovevo servire come esempio di sottomissione cosa è una prostituta schiava, che è di più di una cagna spiegò Giorgia ma non molto di più, e loro dovevano scegliere diventare cagne o prostitute schiave.

Era una scelta limitata, ma la sottomissione aveva dei vantaggi, intanto ti permetteva di mangiare meglio di Miriam di avere alcuni momenti in cui venivi usata come una donna e non come una cagna e non c’era il rischio di venire uccisa senza complimenti in qualsiasi momento, Miriam era praticamente condannata a morte con la pena sospesa e solo continuando a fare la cagna docile poteva vivere. Per ognuna di noi una condanna a morte sarebbe avvenuta solo se avessimo tentato la fuga.

Era un deterrente che funzionava, infatti dopo Miriam nessuna aveva non dico tentato ma addirittura pensato alla fuga.

Ad ogni modo come nave scuola dovetti subire nuovamente tutte le umiliazioni che avevo già conosciuto e non perché avevo commesso una qualche colpa ma solo per dimostrare alle nuove prigioniere come sarebbero state trattate.

Giorgia mi faceva alzare le braccia per mostrare il mio corpo faceva girare su me stessa per fare capire come loro stesse avrebbero dovuto mostrarsi ai visitatori.

Dovetti piegarmi e allargarmi le natiche da sola per esporre bene anche la più nascosta delle mie intimità, infilarmi le dita sia nella fica che nel culo per fare loro vedere come erano accoglienti.

Esse si ritrassero e avevano una smorfia di disgusto dipinta sul viso già da prima ma si accentuò quando Giorgia mi ordinò di andare a leccare loro le fiche.

Le due guardie presenti le tennero e le costrinsero ad aprire le gambe, e così potei leccare le loro michette, erano giovani belle e non mi faceva più schifo per niente un simile atto, anzi due ragazze così belle sinceramente le leccavo volentieri, avrei di certo preferito in un altro contesto e che fossero consenzienti ma non potevo certo permettermi di sindacare in merito a questi dettagli.

Mi impegnavo un po’ su una e un po’ sull’altra, e tutte e due piangevano per essere costrette a subire quel trattamento ma avevano smesso di ribellarsi anche perché le due guardie le avevano minacciate di frustarle.

Si eccitarono sotto la stimolazione della mia lingua che oramai era divenuta abile, come se avesse una vita propria.

Fu a quel punto del racconto di Marija che uno sparo la interruppe, era inusuale a quell’ora ed uno sparo isolato, d’abitudine si sentivano i colpi in lontananza, ma a brevi raffiche o il tuono delle artiglierie ma molto lontano che era quasi piacevole a sentire come se fosse un qualcosa di amichevole.

Ma uno sparo vicino e isolato era un segnale, Nick sapeva già di cosa si trattava, lo sneiper che per un po’ era stato lontano era ritornato.

Si alzò per andare a vedere dalla finestra cosa fosse accaduto benché conoscesse la risposta.

Infatti il centro della strada era deserto fino all’incrocio e nel centro dell’incrocio una sagoma umana era a terra.

Inziò a vestirsi diede un bacio a Marija, e le disse di non muoversi da lì, che lui sarebbe ritornato, Marija lo trattenne per un braccio e gli chiese di non andare di restare con lei, ma lui con dolce fermezza la fece coricare le coprì il seno nudo con il lenzuolo, la baciò e le ripeté che doveva andare a verificare cosa succedeva, stava uscendo si fermò e spense il registratore, diede uno sguardo a Marija le sorrise e uscì.

In strada incontrò Bob che si stava avvicinando forse per fargli rapporto sulla situazione, insomma era come aveva immaginato il cecchino era tornato.

Nick disse:”abbiamo perso quattro dei nostri lo scorso mese per colpa di quel cecchino e ci dicono che non è di nostra competenza occuparcene, ma stavolta voglio parlare con il generale deve darci la possibilità di partecipare alla caccia a questo cecchino”.

Bob assentì, era più che convinto che avrebbero dovuto cercare di individuarlo, ed eliminarlo, ma serviva adottare una tattica un pò più accurata.

Nick volle sapere chi era la vittima, Bob gli rispose che lo aveva visto qualche volta ma non sapeva il suo nome, un civile che tirava avanti come poteva, un poveraccio che non avrebbe fatto male a nessuno, ha avuto solo sfortuna, passare di lì nel momento sbagliato.

Appena arrivò la polizia militare, allontanarono tutti e presero il controllo dell’incrocio. Nick andò a parlare con il generale, e gli espose la sua idea, se il cecchino era di ritorno per i prossimi giorni bisognava aspettarsi che colpisse altri innocenti passanti, quindi prima che sospenda i suoi tiri che non durano mai più di tre giorni e poi sta fermo anche per più settimane bisogna individuarlo.

E così,fecero prepararono dei manichini installarono un sistema di tiranti durante la notte, per fare muovere i manichini avanti e indietro come se attraversassero la strada, e installarono delle postazioni di sorveglianza.

Dopo due giorni il cecchino fu individuato e soppresso. Era una vecchia serba che abitava a circa seicento metri dall’incrocio e aveva un fucile di precisione ma tutti credendola invalida la lasciavano stare. Quando era accaduto che nelle ricerche avevano perquisito anche la sua casa, lei era sempre a letto, con il fucile sotto le coperte, e nessuno aveva capito che era lei il cecchino, la vicenda nella sua tragicità aveva anche un qualcosa di comico.

Nel frattempo che la trappola scattasse Nick era ritornato a fare compagnia alla bella Marija in modo da completare la registrazione degli eventi che aveva vissuto.

Appena ritornato Marija si alzò nuda come era e gli si gettò tra le braccia, voleva oramai bene al suo salvatore,un affetto sincero, e una certa attrazione, nulla di strano, sapeva che non sarebbe durata a lungo quella storia,lui era stato sincero, per lui lei era bella ma non desiderava in quel momento storie complicate da sentimenti.

La donna volle fare l’amore, la paura e l’ansia per la lontananza del suo amante del momento le fece desiderare di tenerselo stretto il più possibile e così si offrì con un sorriso da porca invitante.

Nick non se lo fece ripetere e da buon maschio di origine romagnola, si accinse alla battaglia d’amore.

La leccò a lungo, percorse la sua fica con delicata attenzione stimolandola come si deve soffermandosi spesso sulla clitoride. Poi le passava la lingua lungo il taglio fino a raggiungere il solco anale e stimolandole la rosetta che si apriva palpitante sotto al sua lingua facendola gemere. Usando abilmente sia la lingua che le dita introducendole nel suo buchetto posteriore stimolandola da entrambe le parti.

Portò Marija al culmine del piacere, beveva i suoi succhi che colavano abbondanti sotto la stimolazione.

Poi la penetrò tenendola a pecorina con un colpo di reni le affondò nella fica calda e accogliente che non chiedeva altro che di essere riempita, la donna emise un urletto di piacere nel sentire la verga penetrarla, e poi ad ogni affondo emetteva un gemito che le usciva dalla gola, come se stesse soffrendo, ma in realtà stava godendo. Nick decise di impegnarsi e di non venire distolse i suoi pensieri dall’atto in questione e cercò di pensare a cosa avrebbe detto alla commissione che indagava sulla faccenda del campo di prigionia e nel frattempo limava dentro alla fica di quella stupenda donna, una femmina, nata per fare l’amore, le fece avere almeno un paio di orgasmi prima di uscire e puntare la sua verga verso il secondo orifizio, Marija squittì di piacere all’improvviso cambiamento dicendo apertamente che desiderava che le sfondasse il culo, si aprì le natiche per offrire la vista del suo ano e per allargarlo meglio alla penetrazione e Nick affondò in quel culo stupendo elastico e desideroso di essere penetrato.

Nick si mise a pompare dentro il retto della donna che si era offerta come mai nessuna si sera offerta donandosi con una spontaneità unica, lo faceva perché voleva godere, era una cosa splendida come si offriva, ed era veramente brava perché contraeva i muscoli anali in modo da mungere il fallo che la inculava.

Per Nick mai in vita sua aveva fatto un’inculata ad una donna in quel modo così totale con quell’appagamento che si trae solo con la spontaneità della ricerca del piacere con dedizione al piacere del partner perché se la donna sotto di lui si offriva per dargli piacere anche lui si impegnava per il piacere di lei.

Solo quando sentì che il respiro di Marija si era accelerato e i suoi gemiti annunciavano che stava per arrivare all’orgasmo lui accelerò il ritmo, Marija gli confermo anche a parole che stava per godere, dicendogli di venirle dentro, voleva sentire i suoi getti nel suo ventre, e raggiunsero il piacere assieme lui le scaricò dei getti bollenti nel culo e lei godette inondando oltre le lenzuola anche le sue cosce e le cosce di Nino sul quale era appoggiata. Rimasero a lungo l’uno dentro l’altra per assaporare la dolcezza del dopo orgasmo appena il sesso di Nick iniziò a ritirarsi uscì spontaneamente dalla guaina ma lui prese Marija si stese sul fianco e lei restò di schiena appoggiata a lui con il corpo incollato a quello dell’amante avevano le gambe piegate ed era come se lei fosse seduta su di lui ma stesi sul fianco.

Uniti in un caldo abbraccio perché le braccia di Nick avvolgevano il corpo della donna con tenerezza, e la accarezzavano e le baciava la nuca con dolcezza.

Dopo l’amplesso queste attenzioni le facevano piacere e rendevano più difficile il distacco, ma in quel momento nessuno dei due voleva pensare al distacco inevitabile che ci sarebbe stato, volevano essere felici per quanto lo si poteva essere e ogni istante in cui dimenticavano le brutture della vita e le delusioni era un istante di paradiso.

 

 

 

Era mattina e rimasero a letto, nessuno dei due aveva voglia di alzarsi, avrebbero solo voluto dimenticare il mondo esterno, e rimanere per sempre così godendo della loro intimità del calore dei loro corpi.

Nick però non poteva dimenticare che aveva un impegno che era quello di raccogliere il racconto della bella Marija.

Si alzò e vestitosi scese giù nel Bar della locanda dove alloggiava per farsi preparare la colazione.

Salì con il vassoio e fece alzare Marija la quale si avvolse nel lenzuolo, e si sedette alla piccola tavola, mangiarono con piacere quanto gli era stato preparato, dovevano rifocillarsi dopo la lunga notte d’amore e l’appetito non mancava di certo.

Nick disse che avrebbe dovuto assentarsi almeno per un paio d’ore ma poi sarebbe ritornato, e avrebbero continuato la registrazione del suo racconto. Marija assentì e gli diede un bacio a labbra strette, alla mattina fino a che non si lavava i denti non lo baciava mai a piena bocca.

Oramai era lì da qualche giorno e si era attrezzata, tutte le sue cose erano state portate lì, nella stanza d’ospedale non era rimasto più nulla e il dottore le disse che lei poteva considerarsi guarita, solo l’aveva pregata di andare due volte alla settimana a parlare con lo psicologo.

La migliore terapia per lei era stato di avere vicino Nick, che le aveva fatto riacquistare la fiducia in se stessa, e per questo gliene era grata, gli piaceva fare l’amore con lui, era una cosa che faceva volentieri, donarsi a quel modo con passione, e tutto sommato le pareva che anche lui si donava a lei con la stessa intensità, peccato che presto se ne andrà, ma sarà comunque il suo ricordo più caro, il ricordo di un uomo che ha contribuito alla sua rinascita. Iniziò a  lavarsi e a prepararsi per quando sarebbe tornato.

Nick nel frattempo era andato al Comando, dove il generale lo attendeva, lì c’era la questione di un’inchiesta ancora dell’inverno scorso da chiarire, e la commissione di indagine voleva chiudere la questione.

Il Maggiore Bob Oniram era il suo braccio destro e anche suo amico, non era solo una questione di gerarchia e di collaborazione c’era una sincera amicizia.

Purtroppo il generale aveva fatto una tregua con gli avversari durante i festeggiamenti del Natale Ortodosso e la tregua era stata interrotta da un bombardamento, Nock non credeva che Bob ne avesse la responsabilità ma qualcuno aveva deciso di scaricarla su di lui.

Una serie di ufficiali inferiori avevano deciso di attribuire a Bob la responsabilità della decisione del bombardamento.

Da qui una indagine era stata avviata, in merito alla vicenda. E quella mattina si sarebbero riuniti per decidere in merito alla questione e lui voleva essere presente.

Bob era in attesa di essere convocato e attendeva in corridoio, vicino a lui il Comandante degli Hos locali, il quale aveva testimoniato che Bob aveva solo piazzato le batterie secondo le sue istruzioni poi non si era più occupato della faccenda non era di sua competenza, non aveva dato l’ordine di sparare ne altro, aveva solo preparato i mortai in posizione di tiro.

Perciò erano assai tranquilli, sull’esito della vicenda, ad ogni modo non si può mai sapere come l’avrebbero interpretata con certezza, la prudenza era d’obbligo.

L’esito fu favorevole e nel contesto in cui era avvenuto, non c’erano accuse contro il maggiore che fossero precise, il posizionamento delle artiglierie richiesto da un superiore non poteva essere ignorato.

Quando uscirono dalla caserma, ora molto più sereni iniziarono a fare una analisi della situazione, entrambi concordavano che erano alla fine dell’avventura Croata, anche se erano praticamente giunti con spinte iniziali diverse la base delle loro convinzioni era identica.

Ad ogni modo Nick aveva una maggiore propensione per la politica, e riteneva che era necessario sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sul fatto che un conflitto era avvenuto ai suoi confini e che poteva essere il segnale di una serie di vicende che potevano portare anche nel nostro paese dei disordini.

Nick disse:”caro amico, io sono sicuro che nel futuro l’Italia potrebbe ritrovarsi in una situazione peggiore, più fluida e meno controllabile, perciò sarebbe opportuno correre ai ripari,serve un soggetto politico che dia questo segnale di allarme senza per altro creare panico, l’effetto libano potrebbe abbattersi sull’Italia nei prossimi decenni, già tramite l’immigrazione dal nord Africa si insinuano gruppi di persone che hanno idea di vendicarsi dell’occidente, e creeranno delle cellule da attivare al momento opportuno secondo dei piani già sicuramente preparati, se le profezie sono corrette forse l’inizio è nel 1999”.

“E se le profezie si sbagliano?” chiese Bob.

“Io non credo  che le profezie sia sbagliate, come previsione dei fatti che accadranno, ma che possano errare solo sui tempi in cui questi fatti avverranno, se non è nel 1999 potrebbe essere nel 2009 o 2019, ma ci sarà un tentativo da parte musulmana di portare ad un islamizzazione della nostra società anche con la forza se necessario”. 

“si di questo sono convinto anch’io, per questo io non intendo rientrare subito, vorrei andare in Bosnia, ho qualche amico musulmano che lo è solo per nascita e vorrei indagare sulla presenza dei Mujahiddin se è vero che ci sono e se riescono a fare proselitismo per diffondere un certo fondamentalismo in Bosnia” disse Bob.

Nick gli rispose che non aveva nulla in contrario, poi parlarono di cose riguardanti la loro vita privata, Nick cercò di stimolare Bob a trovarsi una ragazza e a dimenticare gli amori del passato, era inutile il passato resta tale, non c’è rimedio.

Poi si lasciarono perché Nick prima di andarsene voleva completare la relazione sulla vicenda di Marija.

Rientrato fece un po’ di coccole a Marija e poi le chiese se aveva voglia di continuare il suo racconto là dove lo aveva lasciato.

Marija adesso riusciva a parlarne con un certo distacco, e disse che avrebbe portato a termine il suo racconto.

Erano rimasti alle due nuove prigioniere, Tania e Natascia, due ragazze giovani e belle, lei su ordine della piccola Kapò Giorgia, stava leccandole alternativamente.

La sua abilità linguistica oramai era tale che riuscì a stimolare in loro l’eccitazione, ma sarebbe stato meglio se si concentrava su una sola, per questo Giorgia ordinò a Miriam di leccare Natascia mentre io mi dedicavo a Tania.

Appena potei occuparmi di una sola di loro il mio lavoro avrebbe certo ottenuto risultati in breve tempo, riuscii a fare godere Tania, era evidente che si vergognava di non riuscire a resistere, ma ero diventata diabolica con la lingua a furia di essere usata da uomini e donne.

Dopo che ebbero raggiunto il loro primo orgasmo, Giorgia incominciò a dare dimostrazione del suo potere, m fece correre alzando bene le gambe intorno alla sala mensa, poi appena fu soddisfatta ed io avevo il fiatone ordinò alle ragazze di imitarmi, e di fare lo stesso.

Le giovani si ribellarono rifiutandosi di sottomettersi agli ordini di Giorgia, la quale ordinò alle due guardie di immobilizzare le ragazze. Le fecero mettere in ginocchio, e lei le sculacciò con forza, gli fece le natiche rosso fuoco, facendole urlare, le due si resero conto che la situazione poteva peggiorare ulteriormente, quando Giorgia disse che quello era solo un assaggio.

Fatele rialzare legarono loro le caviglie, in modo che non potessero fare dei passi troppo lunghi e ammanettarono con le braccia dietro la schiena, e disse che per la loro precedente ribellione l’esercizio sarebbe stato leggermente più difficile.

Dovevano alzare le ginocchia fino a che la catena era tesa al massimo e fare dei cassettini ridicoli e difficili perché così legate potevano perdere l’equilibrio.

Ma si sforzarono e se all’inizio andavano piano  presto sotto i colpi di frusta che Giorgia usava di tanto in tanto si applicarono a svolgere l’esercizio come la piccola sadica desiderava.

Poi slegatele le braccia dovevano camminare carponi, agitando le natiche a destra e sinistra come se sculettassero, ma era uno spettacolo osceno e se ne rendevano conto anche loro con le tette che sbattevano da parte a parte come dei campanacci che seguono il ritmo della camminata, io ero il loro esempio e facevo lo stesso esercizio e loro mi seguivano , ogni tanto qualche colpo di frusta ci arrivava sulle natiche protese ora all’una ora all’altra.

In meno di una mattinata le fanciulle parevano domate, e per il fine settimana erano pronte a soddisfare i vari soldati o visitatori che sarebbero giunti.

La situazione di Miriam invece peggiorava dal momento che c’era sempre la condanna a morte che pendeva su di lei si divertivano ad avvilirla sempre di più, oramai era ridotta alla stregua di un animale, ma Giorgia inventò un altro piccolo gioco.

Si fece preparare dall’addetto alla manutenzione un carrettino leggero, al quale legò Miriam costringendola a portarla in giro con quello, la bardò come un cavallo, le rasò i capelli sui lati della testa, facendole una criniera, le mise un fallo nel sedere con una coda posticcia attaccata, le fece indossare degli stivaletti con tacchi e puntale di ferro in modo che si senta il passo, e le mise in testa una capezza di cuoio con morso per guidarla.

Veramente credo che ridotta a bestia da tiro per Miriam sia stato il crollo, perché portare sempre il fallo e non di piccole dimensioni infilato nel retto e doversi muovere, non era facile, e spesso doveva simulare il trotto, tenendo la testa alta, e alzando bene le ginocchia.

Era veramente dura per lei, ma tutte egoisticamente pensavamo che era meglio a lei che a noi.

Il vedere cosa faceva a Miriam ovviamente era per noi uno stimolo a sottometterci per evitare di subire lo stesso trattamento, perciò oramai tutte soddisfacevano ogni capriccio ogni ordine dei nostri aguzzini, senza alcuna esitazione, oramai eravamo solo degli oggetti senza volontà senza dignità, la paura era la nostra compagna quotidiana.

Portarono altre due giovani donne, perché le due giovani Natascia e Tania oramai perfettamente sottomesse dovevano essere trasferite.

Ci rendemmo conto che le ragazze di età inferiore ai venticinque anni appena sottomesse e certi della loro sottomissione se ne andavano restavamo lì solo noi che avevamo superato la trentina, eccetto quelle che rimanevano incinte.

L’unica giovane era Giorgia ma per un capriccio del Comandante, quindi avevano un qualche piano di cui non sapevamo nulla, ad ogni modo con qualche guardia alla fine si finiva per venire a sapere qualcosa, perché a loro anche piaceva chiacchierare, le donne giovani venivano trasferite nei bordelli per ufficiali quelle più belle, alcune vendute anche attraverso una organizzazione che riforniva i bordelli di altri paesi. Quelle incinte venivano raccolte in un luogo apposito dove poi una volta svezzati i bambini, sarebbero stati separati e allevati per farne dei futuri sodati. Era un disegno sulla lunga distanza, sicuri che avrebbero vinto.

Per ognuna di noi la situazione appariva senza speranza, per questo le nuove ragazze appena arrivate essendo giovani sapevamo quale sarebbe stato il loro destino, e anche per loro iniziò il trattamento.

Venni di nuovo scelta per iniziare l’addestramento di una di queste ragazze era bella fatta bene, ventidue anni, era sposata e piangeva chiedendo che la rispettassero, che non voleva tradire il marito, poi le suppliche invocando la pietà.

Era struggente sentirla, ma non avevo intenzione di farmi massacrare per lei, perciò collaborai a spogliarla, quando lei si dimostrò riottosa all’idea di denudarsi completamente, sapevo che più lei resisteva più i problemi sarebbero stati seri anche per me, mi avrebbero frustata solo per fargli vedere cosa succede ad una schiava riottosa.

Stavo sudando di paura e cercai di convincerla parlandole all’orecchio che era meglio sottomettersi, sarebbe stato un suicidio sicuro la ribellione.

Ma lei era completamente fuori di sé, era impossibile calmarla, per questo fu legata e frustata selvaggiamente, da una delle guardie fino a che svenne.

Fui punita anch’io perché ero presente, ebbi diritto ad una battuta coi fiocchi sulle natiche con la paletta e ad una decina di scudisciate sui seni, per fortuna fatti da Giorgia la quale non volle infierire, in fondo sapeva che punirmi non aveva senso e avrebbe avuto bisogno di me e se mi faceva troppo male sarei stata fuori uso per il fine settimana.

Me la cavai abbastanza bene dal punto di vista delle botte, ma dovetti soddisfare da sola le quattro guardie che erano intervenute per immobilizzare la ragazza.

Durante la notte mi misero in uno sgabuzzino con lei eravamo strette su una branda e cercai di confortarla  e di parlarle, volevo convincerla a non fare follie e a rinunciare alla sua resistenza, altrimenti avrebbe fatto la fine di Miriam.

Lei si lasciò comunque coccolare, mi chiese come mai accettavo tutto questo e le raccontai cosa accadeva a chi resisteva o a chi avesse tentato la fuga, all’inizio tutte avevamo pensato a fuggire ma non era una cosa così facile e per sopravvivere e sperare che questo orrore possa finire era meglio sottomettersi. Lei era così fiera, che non poteva accettare di sottomettersi in quel modo era degradante diceva e non si sarebbe mai arresa.

Il mattino successivo, ci vennero a svegliare, avevamo una sola coperta e per questo eravamo strettamente allacciate, e si divertirono a canzonarci, dicendo che eravamo delle lesbiche, e a lei dissero che era perché era lesbica che non si era lasciata scopare la sera prima ma bastava dirlo e loro avrebbero trovato per lei tutte le donne che desiderava.

Ci portarono in sala nude dove tutti stavano consumando la colazione io dovetti subire lo stesso trattamento della mia compagna, e quella mattina non ricevetti la colazione, dovevo solo elemosinare gli avanzi dei soldati.

E vilmente visto che era questo che si voleva da me andai a supplicare qualcuno di darmi da qualcosa, avrei potuto resistere non era come agli inizi che il digiuno era duro adesso mangiavo con regolarità da quando mi ero dimostrata sottomessa, lo scopo era di dimostrare la sottomissione alla mia nuova compagna.

Qualcuno mi gettò del pane a terra e lo raccolsi con la bocca, senza usare le mani, in fondo venivo trattata quasi come Miriam e purtroppo non avevo scelta se non fossi servita d’esempio o mi fossi ribellata sarei stata trattata molto peggio, e io non ero abbastanza giovane da sperare di venire risparmiata.

Venni punita solo per fare vedere alle nuove prigioniere cosa accade a ribellarsi eppure non ero io che mi ribellavo.

Non ero la sola a venire trattata in quel modo perché per genuina delle nuove prigioniere c’era una prigioniera anziana che serviva da esempio. La mia sfortuna era che la nuova alla quale ero stata affiancata era più tosta e ribelle di tutte e le altre al secondo giorno erano crollate. 

E’ molto probabile che all’inizio abbiano voluto resistere per spirito di emulazione con la mia nuova compagna Marika, era il suo nome lo scoprii solo dopo due giorni. Ma cedettero, Marika resisteva, e io venivo punita.

Dovetti lavorarla di lingua a lungo ma alla fine riuscii a vincere al sua resistenza e a farla godere, solo allora Giorgia la prese con un fallo di legno che aveva allacciato alla vita, la prese davanti e dietro ripetutamente.

Venni allontanata da Marika perché non aveva senso sprecare tempo con un esempio era una ribelle e più la umiliavano e più si ribellava.

Erano due giorni che non mangiava, alla sera la rinchiudevano nella celletta che era uno sgabuzzino, non sapevano proprio più cosa farne.

Era sculacciata con la paletta tutte le mattine, poi a mezzogiorno e anche alla sera, non volevano più usare la frusta perché non volevano rovinare la merce, come si espresse uno di loro, era molto carina e pare che avessero l’ordine di domarla perché uno dei loro capi se ne era invaghito e la voleva, per questo l’aveva fatta rapire.

Un amore non ricambiato che risaliva ai tempi precedenti l’inizio del conflitto, e adesso lui la voleva ancora, ma umiliata, per umiliare così anche il suo rivale in amore che l’aveva sposata.

 

 

 

Marika venne messa in una cella, legata con catene e cinghie con le braccia ditero la schiena e caviglie impastoiate, una cintura alta di cuoio che fungeva da corsetto, alla quale erano fissate le braccia, un collare con più anelli, e iniziarono a farle fare il tiro del carretto, costrinsero anche me allo stesso impiego bardandomi come Miriam e Marika, così lei che era ribelle si trovava tra di noi ed era costretta a seguire il movimento.

Purtroppo se ci rallentava le frustate piovevano anche su di noi, perciò noi ci mettevamo ancora più forza per evitare le frustate e avanzavamo quasi trascinandola.

Essendo lei quasi a digiuno perché le veniva data solo acqua e pane inzuppato nella stessa ciotola, si era indebolita, dopo tre giorni faceva fatica a contrastare le nostre forze.

Lei si rese conto da sola che non avrebbe potuto uscire da quella situazione se continuava in quel modo per questo al terzo giorno collaborò ed eseguì gli ordini senza tentare resistenza.

Ad ogni modo tutte le sere anche se era ribelle era stata violentata da numerose guardie, legata in ginocchio al centro della sala mensa, potevano usarla a loro piacimento.

Dal momento che non poteva salvarsi comunque dall’essere usata sessualmente, tanto valeva cercare di assecondarli. I suo intento però era quello di sottomettersi solo per tentare la fuga.

Benché le avessimo detto quello che rischiava lei non volle sentire ragioni e disse che sarebbe fuggita.

Dal giorno in cui cessò di ribellarsi apertamente, anche per me le cose cambiarono non dovendo essere più usata come esempio iniziai ad avere una maggiore tranquillità, doveva svolgere i miei compiti di inserviente presso la casa delle guardie come domestica oltre che essere a disposizione per ogni richiesta sessuale, ma avevano altri balocchi, con cui giocare e sfogarsi, Miriam e Marika.

Divenivo una spettatrice, e questo mi consentì di procurare del cibo alle ragazze che quando lavoravano al laboratorio di sartoria e non venivano convocate presso la casa per essere usate sessualmente disponevano di un solo pasto al giorno, divenni praticamente la vivandiera di queste.

Era certamente un infrazione, e sarei stata punita se sorpresa, ma al massimo sarei stata frustata, non era una infrazione per la quale si uccideva, la sanzione per il tentativo di fuga era veramente grave.

Io non avevo intenzione di fuggire, ero oramai senza la volontà di tentare un simile rischio.

Meglio viva anche se schiava che uccisa, per tentare di raggiungere un’improbabile libertà.

Ad ogni modo ero testimone di quanto avveniva alle altre e mi rendevo sempre più conto di come in basso fossi caduta ogni volta che venivo costretta a soddisfare le voglie dei miei aguzzini.

Marika fingeva di sottomettersi, ma era terribilmente difficile, alla notte la sentivo piangere quando veniva riportata nel suo sgabuzzino che divideva con Miriam, e Miriam era sempre timorosa che potesse fare qualcosa per cui avrebbe pagato anche lei la temerarietà di Marika.

Una domenica vennero un gruppo di uomini da fuori, e ci ordinarono di preparare un pranzo di quelli molto curati, e anche molto abbondanti, fummo vestite in sei da cameriere anche se vestite è un eufemismo, ci fecero indossare dei bustini, con calze nere, grembiuli che coprivano a malapena il pube, fummo depilate accuratamente in tutte le nostre parti intime.

Ci avevano permesso di organizzarci già dal giorno prima per quanto concerne la cucina, per cui tutto era pronto e sarebbe bastato solo riscaldare, alcune prigioniere del laboratorio vennero ad aiutarci alla domenica mattina, e quelle destinate al servizio di sala, poterono ritirarsi per lavarsi accuratamente e profumarsi sotto la sorveglianza di Giorgia.

Io facevo parte del gruppo di sei, che avrebbero svolto il servizio in sala, e quel giorno eravamo tutte eleganti nelle nostre tenute truccate con cura, portavamo scarpe dai tacchi alti, che ci slanciavano, avremmo potuto con un abito decente andare ad una serata, invece saremmo state prostituite.

Tutte erano coscienti di questo, e il fatto che persone nuove ed estranee venissero ci metteva in stato di agitazione. Essere abituate a esibirci nude, sottomesse punite per ogni infrazione al momento non ci aveva tolto quel senso di ansia e di vergogna che provavamo ogni volta che giungevano ospiti soprattutto se sconosciuti.

Come potevamo essere tranquille tutto poteva accadere, potevamo ricevere nuove punizioni anche solo per non essere piaciute,oppure per il divertimento dei visitatori, e tutto ciò ci poneva in uno stato d’animo di estrema tensione e così tese avremmo potuto commettere degli errori.

Eravamo pronte o perlomeno ritenevamo di esserlo, quando Giorgia venne ad ispezionarci, ci fece mettere in riga, dovemmo piegarci appoggiando le mani alle ginocchia e aprendo le cosce, inserì le dita nei nostri orifizi, per verificare se eravamo pulite più di una era umida, perché oramai eravamo automi che si eccitavano senza alcun motivo solo appena qualcuno sfiorava le nostre intimità subito avevamo una reazione. 

Giorgia disse al Comandante che le troie erano più che pronte e ansiose di venire usate, ben sapendo di come ci mortificava parlando di noi come se fossimo esseri inferiori ai quali si poteva fare di tutto, ma in pratica era così che ci sentivamo nel nostro intimo.

Ci lubrificarono l’ano con una crema untuosa, dicendo che quel giorno ne avremmo avuto bisogno.

Appena sentii che Giorgia introduceva le sue dita nel mio retto mi inarcai meglio oramai ero talmente condizionata che provai piacere nel sentire le sue dita spalmare la crema all’interno del mio ano.

Giorgia se ne accorse e mi disse che se avessi goduto mi avrebbe fatto frustare in cortile e poi lasciare lì per il resto del giorno, mi trattenni malgrado lei continuasse a masturbarmi nel retto.

Fu molto difficile. Ci riuscii con un enorme sforzo di volontà e allontanando i miei pensieri da ciò che accadeva al mio corpo.

Tutte vennero lubrificate allo stesso modo, e solo poche non erano eccitate. Poi dovemmo aiutare Giorgia a preparare le sue cavalline così disse, dietro a lei andammo a prelevare Marika  e Miriam che erano state lavate da due altre donne sotto la sorveglianza di un paio di guardie, legate con le mani a una sbarra sopra una tinozza.

Le slegarono e iniziammo a bardarle, per essere adibite al traino del carretto.

Una volta aggiogate al carrettino, sia il Comandante che Giorgia vi presero posto, Giorgia non era molto più vestita di noi, solo non portava il grembiule, ma per il resto era nuda eccetto calze e corsetto, solo un velo nero  le ricadeva sulle spalle fino alle cosce ma era completamente trasparente.

Con un colpo di frusta mise in marcia il carretto in direzione della strada, e le due cavalline umane avanzavano alzando le gambe come era stato loro insegnato.

Arrivarono alla strada dove potevamo scorgerle, mentre noi sei eravamo allineate vicino all’entrata della palazzina delle guardie.

Era primavera ed il tempo era piuttosto bello anche se non faceva caldo, al sole si stava bene.

Attendemmo per una ventina di minuti e appena scorgemmo che una colonna di quattro vetture si avvicinava sentimmo credo tutte un fremito scorrere lungo le schiene avremmo presto scoperto per chi erano stati fatti tutti questi preparativi.

Vedemmo la prima auto fermarsi e il Comandante scendere dal calesse che era stato fatto girare per il ritorno, non erano più di trecento metri da noi, ma il percorso adesso sarebbe stato in salita e io sapevo che era più duro con due passeggeri, perché era già difficile quando il percorso lo avevamo fatto solo con Giorgia e quindi loro adesso avevano due persone ed il Comandante non era leggero era un uomo massiccio di almeno una novantina di chili.

Parlò con qualcuno all’interno del veicolo, poi risali sul carretto, e ordinò a Giorgia di dare il via. Lo si capiva per il gesto della mano che aveva fatto come se fosse un condottiero antico. Giorgia fece schioccare la frusta, e le due poverette dovettero forzare per tirare la carretta alzando alte le gambe.

Giorgia era in piedi con le redini in mano mentre il Comandante se ne stava stravaccato sul sedile, a gustarsi al scena. Miriam e Marika erano ben allenate oramai e benché con uno sforzo riuscirono a raggiungere la corte e a fermarsi davanti a noi per fare scendere il Comandante, mentre Giorgia come se fosse un’antica amazzone restava in piedi nel carretto, le auto si fermarono al centro della corte.

Scesero degli uomini tutti in uniforme, avevano dei gradi dorati sulle mimetiche era evidente che si trattava di ufficiali importanti visto quanto era ossequioso il Comandante.

A Parte uno di abbastanza giovane gli altri erano ultracinquantenni, un paio sembravano dei grossi maiali e i loro occhi ci guardavano con una concupiscenza da satiri, nel loro sguardo non c’era nessuna pietà, anzi non avremmo avuto da loro che umiliazioni e dolore e questo era praticamente intuibile da come ci osservavano.

Il più giovane di loro, snello piuttosto elegante nella sua uniforme da combattimento era anche un bel ragazzo, ma nel suo sguardo c’era l’odio.

Si avvicinò alle due donne aggiogate al carro, si mise di lato, e toccò la coscia di Marika, questa fremette ma allargò le cosce come le era stato insegnato di fare se veniva avvicinata e accarezzata per essere accessibile.

Poi appena l’uomo si spostò per essere nella sua visuale che era limitata dai paraocchi di cuoio, Marika lanciò un grido disumano riconoscendo il suo antico pretendente, iniziò ad agitarsi e lo insultò, e gli sputò addosso.

Giorgia gli diede subito un paio di frustate per riportarla all’obbedienza. L’uomo rise della sua rabbia, e disse che la voleva a disposizione pronta per tutta la sua permanenza, nel frattempo Marika si dibatteva, ma il morso che portava in bocca tenuto saldamente da Giorgia la riportò all’obbedienza, anche se era di gomma comunque non poteva fare molto se si azionavano le redini, la tresta veniva tirata all’indietro e non si poteva fare alcun movimento, e la frusta schioccava vicino alle sue spalle minacciosa ma senza colpirla oltre, Marika smise di agitarsi già era stanca per lo sforzo prolungato a cui era stata costretta, adesso l’emozione era stata forte ma non poteva fare molto nella sua bardatura.

 

 

 

Eravamo nella sala, intente a servire questi uomini chi con vassoi contenenti tartine varie chi con vassoi contenenti dello Champagne era abbastanza incredibile ma i capi di ogni regime malgrado la miseria riescono sempre ad avere il meglio e a procurarsi cose sprecando generi il cui prezzo avrebbe sfamato delle intere famiglie per mesi.

Questi uomini erano volgari nel loro atteggiamento nei nostri confronti, venivamo palpate, mentre porgevamo loro i vassoio per servirsi, e dovevamo stare attente se li avessimo rovesciati sarebbero stati guai seri, c’erano otto ospiti, più quattro ufficiali del campo i sottufficiali e la truppa non erano presenti, erano adibiti ai servizi di sorveglianza e non era stato loro permesso di partecipare, non si volevano ci fossero problemi e per questo la sorveglianza era raddoppiata, ogni prigioniera aveva due guardie che la sorvegliavano.

Non sarebbe stata una giornata particolarmente tranquilla, l’ansia si sentiva nell’aria e anche i soldati erano piuttosto nervosi e preoccupati che qualcosa possa andare storto.

Vennero fatte entrare altre donne ma queste erano nude, senza calze o reggicalze, e anche Marika e Miriam vennero condotte nella sala, entrambe dovettero entrare in ginocchio tenute al guinzaglio da Giorgia.

Marika venne condotta davanti al suo vecchio pretendente, e Giorgia gli diede il guinzaglio, la poveretta portava un bavaglio fatto a palla che le deformava la bocca, aveva delle catene alle caviglie collegate con i bracciali ai polsi perciò non avrebbe potuto sollevarsi, era costretta nella posizione in ginocchio senza alcuna possibilità di ribellarsi.

L’uomo la fece camminare a colpi di scudiscio se lei si dimostrava poco sollecita, e così’ la esibì davanti a tutti i suoi amici, divertendosi di questa sua condizione, se mai l’aveva amata il suo amore si era trasformato in odio mortale.

Essendo così incatenata non poteva la poveretta che obbedire al suo aguzzino l’unico sfogo erano le lacrime che le rigavano il volto.

Invece Miriam che era domata venne presa in consegna da uno dei più anziani, in effetti Miriam malgrado tutto nella sua sottomissione non perdeva nulla della sua bellezza, e l’uomo l’aveva vista e desiderata, subito, si divertì a farla camminare carponi, lieto della sua docilità, perché lei non era incatenata come Marika e poteva alzarsi.

L’uomo dopo un po’ la fece alzare per godere appieno della sua bellezza e della sua grazia, e Miriam obbediva senza discutere.

L’uomo la palpava volgarmente e lei si offriva alle sue carezze incurante di tutto anzi quasi provocando l’uomo a infierire maggiormente.

Miriam aveva capito che se gli piaceva così tanto avrebbe potuto divenendo la sua preferita scavalcare il Comandante e garantirsi la vita salva.

Quel vecchio per quanto poco attraente rappresentò veramente la salvezza per Miriam, perché lei si concesse attivamente.

Appena furono a tavola fu lei a servirlo e poi appena lui glielo chiese si infilò sotto il tavolo e lo succhiò, l’uomo godette con un urlo dopo avere ansimato sotto il lavoro di bocca di Miriam. Lei era diventata molto brava, poi uscita da sotto il tavolo, lui l’accarezzò lascivamente e la fece sedere sulle sue ginocchia, infilandole le mani nel sesso.

Miriam accettava tutto, e lui la fece mangiare tenendosela sulle ginocchia, erano settimane che Miriam non mangiava da una tavole anche se veniva imboccata era sempre meglio che mangiare in ginocchio nella ciotola come una cagna.

Nel frattempo per dare una lezione di obbedienza a Marika, il suo pretendente che si chiamava Sinisha, la fece frustare da Giorgia.

Marika venne posta al centro della sala, i tavoli erano disposti a ferro di cavallo e perciò tutti potevano assistere allo spettacolo.

Giorgia usò la frusta con maestria, colpendola con la punta della frusta strappandole gemiti di dolore ma senza infierire sulle carni che si arrossavano di piccoli segni come fossero disegni di un quadro moderno sulle natiche sode della giovane donna.

La frustò a lungo, senza affondare il colpo appunto per fare durare lo spettacolo, smise dopo una mezz’ora circa, perché  la poveretta si accasciò sul fianco stremata non tanto per il dolore quanto per la tensione a cui era sottoposta.

La paura le aveva fatto emettere dei peti che fecero ridere tutta la sala anche molte delle prigioniere si erano unite all’ilarità generale, annientando la poveretta.

Alla fine era sfinita le tolsero il bavaglio e le chiesero se desiderava essere scopata, e lei annui, disse di si che desiderava essere scopata, avrebbe detto qualsiasi cosa in quel momento i suoi aguzzini avessero voluto da lei.

Infatti fu il suo antico spasimante ad aprire le danze, e la fece disporre  stesa su un tavolo con due donne che le tenevano le gambe aperte e sollevate verso l’alto in modo da renderla accessibile nei suoi due orifizi e la prese prima davanti e poi dietro e poi si alternava tra un buco e l’altro.

Fu una prova abbastanza dura, ma la ragazza oramai non aveva scelta se voleva sopravvivere, il colmo della vergogna fu quando ebbe l’orgasmo, per lei come per ognuna di noi che aveva subito quel trattamento quello era stato il peggior momento la prima volta in cui sotto la violenza ci si abbandonava all’orgasmo. Era la vittoria dell’aguzzino, perché tutto cedeva dentro all’animo, era la sconfitta l’umiliazione totale.

Anche Marika come noi prima di lei era arrivata a quel momento.

Sinisha aveva una resistenza incredibile, stava montandola con cattiveria e senza godere, mai in nessun momento della furiosa cavalcata godette.

Anche quando smise ritirandosi da lei non aveva goduto, e per dimostrarle il suo odio, chiamò me per succhiarlo e godette nella mia bocca facendo vedere alla povera Marika quanto la disprezzasse ritenendola indegna di soddisfarlo e anche incapace di farlo godere.

Tutto era stato predisposto per umiliarla, appena lui l’aveva lasciata ordinò ad alcuni soci di prenderla, l’uomo quel Sinisha era convinto di domarla con quel metodo inducendola a supplicare pietà, ma Marika a quel punto probabilmente non era più in sé, anzi non aveva più voglia di vivere o di reagire e iniziò a subire gli assalti dei suoi violentatori senza accennare a sottrarsi senza nessun gesto quasi apatica e indifferente.

Benché sotto quelle stimolazioni il suo corpo poteva reagire fisiologicamente questo non significa che si sottometteva nel suo intimo sembrava una di quelle martiri che subivano il supplizio come forma di riscatto per la sua anima.

Credo che Sinisha l’avesse amata e la sofferenza per essere stato escluso e allontanato da lei lo abbia fatto divenire arido, avrebbe voluto averla come semplice oggetto sessuale, una schiava pronta a tutto pur di sopravvivere come eravamo divenute noi.

No lei non era divenuta come noi, forse una specie di follia si era impossessata della sua mente, perché rimase malgrado tutto lucida e fredda non supplicava e non piangeva, dopo la violenza subita da Sinisha lei era stata come colpita da qualcosa c’era nel suo sguardo una luce strana di lucida follia, perché benché parlasse con noi nei giorni successivi quando veniva interrogata e sopportasse le umiliazioni con rassegnazione lei aveva un modo diverso quasi di volontà di sacrificarsi come se tutto questo appartenesse ad un altro mondo a lei estraneo.

Natascia invece era più come noi benché arrivata assieme con Marika lei aveva resistito all’inizio ma poi si era rassegnata e perciò subiva le violenze né più ne meno che come le subivamo noi, però non perdeva al speranza diceva che non poteva durare per sempre così prima o poi tutto questo doveva finire le guerre finiscono e con la pace ci sarà il riscatto per noi ripeteva sempre, e questo in fondo ci dava coraggio, era una ragazza molto giovane ma molto coraggiosa.

Fu per questo che vedendola così coraggiosa che il Comandante del nostro lager decise di spezzarla e la prese con sé, per fargli da schiava sessuale personale, sottomessa da Giorgia, già in altre occasioni il sistema di fare sottomettere una donna adulta da una ragazzina aveva stroncato la resistenza delle più coriacee, e mise in atto il suo piano.

Natascia con i suoi ventenni era uno splendore di curve, venne una mattina Giorgia con un collare di cuoio e una catena e delle manette, entrò nel nostro dormitorio, avevamo proprio necessità di riposare e non era ancora l’ora della sveglia, prelevò Natascia, le mise le manette dietro la schiena e il collare, vi attaccò la catena a guisa di guinzaglio.

Natascia non fece una piega e la seguì, sapeva bene che per lei la giornata sarebbe stata dura.

Infatti appena venimmo chiamate per fare il servizio di mensa potemmo vedere Natascia con Miriam e Marika in ginocchio al centro della sala con le natiche striate dai colpi di frusta, e questo solo per il divertimento dei nostri carcerieri.

Al nostro arrivo appena noi fummo pronti per il servizio anche loro vennero fatte alzare e si diedero da fare a servire la colazione.

Loro dovevano servire il Comandante e Giorgia e così poterono anche loro raccattare qualche briciola.

La fame era la tortura peggiore e per quanto fossero umilianti le condizioni di servire in mensa per il trattamento al quale si veniva sottoposte sempre nude, era uno dei pochi servizi che ci permettevano di mangiare se non a sazietà almeno più che della semplice sopravvivenza.

Quel giorno restammo a disposizione e potemmo così assistere al perfezionamento dell’addestramento di Natascia, la quale doveva eseguire i più umilianti gesti di fronte a Giorgia.

Dovette descrivere le sue parti intime ed elencare in quanti l’avevano usata, aprendosi con entrambe le mani le labbra della sua fica.

Si dovette piegare per offrire agli sguardi il suo ano dove alcuni andarono a infilare le loro dita, e ogni volta dovette ringraziarli.

Venne punita ancora perché non era abbastanza sollecita nel leccare la sua compagna di schiavitù Marika, eppure si vedeva che ci metteva impegno, ma Marika oramai svuotata faceva fatica a godere, e perciò Giorgia dietro di Natascia la incitava colpendole le natiche con il gatto a nove code.

La povera Natascia aveva in fondo schiena in fiamme era diventato rosso fuoco e in alcuni punti era viola.

Solo a quel punto le venne ordinato di smettere e le permisero di riprendersi, ma fu un momento limitato, di respiro perché dovette succhiare il Comandante e con impegno pena di venire nuovamente battuta.

La giornata era solo all’inizio e per tutto il giorno fu Natascia a dover ricevere le attenzioni di quasi tutti gli uomini liberi dai servizi.

Giorgia vigilava attentamente sul suo comportamento e così non aveva un minuto di pace.

Per tutto il giorno fu a disposizione, poi alla sera venne ricondotta nel dormitorio, perché effettivamente non sarebbe stata in grado di subire nessun ulteriore assalto.

Quella sera le portai qualcosa da mangiare appena fui congedata anch’io dal servizio alla mensa.

Perché l’avevano mandata via senza mangiare ed era una cosa terribile avrebbe faticato a riprendersi, così avevo rubato delle razioni.

Non ci scoprirono e per quella volta tutto andò per il meglio, questo fatto fece riflettere sia Marika che alcune altre che sognavano ancora di poter fuggire, in effetti io non ero molto sorvegliata come all’inizio per questo potevo procurare del cibo alle altre prigioniere.

 

 

 

Natascia aveva ancora l’intenzione di fuggire, ma non lo aveva confidato a nessuna di noi, lo scoprimmo solo al momento in cui venne ricatturata.

Certamente non poteva fidarsi di nessuno, la maggior parte di noi era terrorizzata e il solo sapere che qualcuna avrebbe tentato la fuga poteva indurla ad avere atteggiamenti sospetti, e se si trovava sotto punizione magari per evitare il proseguo del castigo avrebbe potuto tradire.

Ogni confidenza era pericolosa, Natascia era una ragazza intelligente oltre che bella, quindi tenne per se le sue intenzioni.

Attese il momento propizio e solo la sfortuna le impedì di fuggire. Un giorno in cui c’erano degli ospiti di riguardo lei come molte altre fummo fatte preparare per ricevere gli ospiti, oramai tutte avevano smesso di fare scene di aperta ribellione, eravamo come si dice domate.

Quindi ci preparammo, abbigliamento intimo provocante, calze a rete, reggicalze o giarrettiere, qualcuno il corsetto, e delle sottovesti trasparenti.

Quando gli uomini attesi giunsero ce n’erano alcuni già conosciuti in altre occasioni e altri mai visti.

Ad ogni modo sia Natascia che Miriam e Marika che erano le più belle trovarono subito dei cavalieri che le avevano prenotate.

Li servimmo come d’abitudine a tavola, molte di noi però appena terminato di servirli vennero invitate a sedersi sulle ginocchia del suo cliente, e questo venne imitato da molti, la nostra arrendevolezza ed accettazione oramai ci permetteva di essere trattate molto meglio, certo come delle prostitute ma almeno con più umanità visto che eravamo più partecipi e disponibili.

Natascia era scatenata, dovevo immaginare che aveva qualche strana intenzione, perché mi aveva chiesto di procurarle del burro, del pepe e del sale, e della carne.

Pensavo che aveva voglia di fare qualcosa di particolare, ma non realizzai le sue intenzioni,io comunque da un po’ di tempo mi muovevo abbastanza liberamente nelle cucine e per questo riuscivo a procurare vari tipi di alimenti.

Natascia beveva parecchio, e faceva bere i suoi clienti ridendo delle loro battute, come se si divertisse.

Anche se non lo ha mai detto certo aveva pepato e salato le pietanze e questo faceva bere gli uomini, i quali pasteggiavano a grappa di prugne.

Bevevano ed erano sempre più ubriachi, iniziarono a spogliarsi e così iniziò l’orgia, Natascia si concedeva come se provasse un grande piacere nel soddisfare quegli uomini come facevamo anche noi del resto, ricordo che non l’avevo mai vista così ma poi la persi di vista perché dovevo occuparmi dei due che mi avevano scelta e che erano particolarmente assatanati.

Natascia si era ritirata in una delle stanze con i suoi due, e oltre a concedersi li fece bere fino a quando crollarono, a quel punto decise che doveva tentare la fuga.

Aveva nascosto degli abiti dietro un vaso di una pianta appena all’esterno della porta, e si cambiò.

Ce l’avrebbe fatta se non avesse abbandonato sul posto i suoi indumenti intimi nel posto dove si era cambiata senza occultarli.

Con la carne aveva rabbonito il cane di guardia, e questo oramai la conosceva perché le aveva portato da mangiare altre volte con la carne che le avevo procurato, e quella sera si era tenuta della carne dal pasto serale.

Il burro lo aveva mangiato per non assimilare troppo l’alcool che avrebbe dovuto bere. Però non aveva considerato che una delle guardie soffriva di stomaco e sarebbe uscito per vomitare.

Questo aveva visto gli accessori, calze reggicalze ecc, nel corridoio, e si chiese se qualcuna si fosse spogliata per divertimento all’interno e fosse uscita per divertirsi con il suo maschio del momento uiscì e la vide che dava da mangiare al cane. Non era normale solo il suo padrone dava da mangiare al cane, e lui vide che quella era una donna.

Povera Natascia aveva dato da mangiare al cane almeno quattro o cinque volte senza farsi scoprire durante la prigionia e anche di giorno ma quella sera fu sfortunata, l’uomo diede l’allarme, lei tentò la fuga, e si mise a correre verso la collina in direzione del bosco ma anche il cane agitato dalle urla della guardia e dall’atteggiamento di Natascia si mise ad abbaiare.

In pochi attimi furono allertate varie guardie e si misero ad inseguirla e il cane venne sciolto.

La catturarono a metà strada tra il campo ed il bosco. La riportarono al campo, la rinchiusero in una celletta dopo averla denudata e incatenata mani e piedi.

Al mattino ci radunarono e lei venne condotta in cortile davanti a tutte noi la legarono alla struttura metallica, il cubo fatto di tubi, a gambe e braccia aperte. Il comandante venne a mettersi di fronte a lei, e disse che avrebbe dato un esempio di quelli che non si dimenticano facilmente.

Iniziò ad eccitarla con le mani, toccandola, voleva farla umiliare davanti a tutti ancora per l’ultima volta, poi chiamò Giorgia e le ordinò di leccarla, Giorgia si inginocchio tra le gambe aperte della prigioniera e leccò con impegno, appena sentì che Natascia era sull’orlo dell’orgasmo smise e allora uno dei sergenti iniziò con la fustigazione.

Iniziò a frustarla sulle spalle, scendendo gradualmente lungo la schiena passò alle natiche ed alle cosce.

Poi passò la frusta ad un altro che iniziò a frustarla davanti, si accaniva sui seni in modo particolare. Natascia alle prime frustate aveva resistito senza urlare dietro almeno poi aveva emesso dei gemiti mordendosi le labbra ma quando iniziarono a frustarla sui seni iniziò a lamentarsi più forte fino ad urlare quando l’uomo iniziò a frustarla tra le gambe.

Poi le strinsero i seni con dei morsetti, e infilarono degli aghi arroventati nei suoi capezzoli.

Proseguendo la tortura diveniva sempre più intollerabile, e la sofferenza era tale che Natascia urlava.

Le slegarono le braccia la fecero disporre in ginocchio mettendole una panca sotto il ventre e la fecero montare dal cane, le urla di Natascia a quel punto divennero una tortura per tutte noi, non urlava per il dolore ma per l’atto che stava subendo.

Poi appena il cane ebbe finito, le infilarono una cannula nel retto e la inondarono di acqua fino a quando il suo ventre non fu che un pallone da tanto era gonfio.   

Uno degli aguzzini si divertì a prenderla a calci nella pancia e allora lei espulse tutto il liquido con un getto fortissimo, e ancora le sue urla erano agghiaccianti.

La torturarono con dei ferri roventi, svenne più volte, la facevano allora rinvenire e ricominciavano.

Fino a quando era chiaro che non ce l’avrebbe fatta più, certo doveva avere delle lesioni interne tutto il suo corpo era un livido coperta di piaghe.

A quel punto ci costrinsero a trasportarla fino al limite del bosco e lì venne legata tra due alberi, e il Comandante disse forse qualche lupo o altro animale selvatico la troverà gustosa, e diede l’ordine di lasciarla lì fino a sera quando avremmo dovuto tornare per seppellirla.

Quel giorno però arrivaste voi e ci liberaste, ma per la povera Natascia che avete cercato di curare non c’era più nulla da fare.

Adesso sai tutto disse Marija a Nick, il quale fermò il registratore, l’abbracciò e si stese a fianco di lei sul letto tenendola stretta tra le sue braccia dove lei si sentiva protetta e dove per un po’ poteva dimenticare gli orrori che aveva visto e vissuto.

Nick il giorno successivo si dedicò alla trascrizione del resoconto fatto da Marija e consegnò il tutto comprese le cassette al Comandante della Brigata.

Trovò un posto di lavoro per Marija presso il Comando come segretaria dell’ufficio amministrativo, e si accinse a lasciare la Croazia almeno per il momento.

Lasciò con un certo rimpianto Marija ma non era il grande amore era solo una donna alla quale si era legato con affetto e che aveva aiutato a ritrovare se stessa.

La sua missione era finita e il ritorno dava comunque una certa nostalgia, per gli amici con i quali aveva percorso un pezzo di cammino e che non erano più con noi, sacrificatisi per un ideale, ma aveva anche voglia di ritornare a casa e di vedere una realtà dove la violenza non era quotidiana sperando che non verifichi la predizione di un degrado tale della società italiana tale da farla diventare come la ex Jugoslavia o di subire l’effetto libano

 

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