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Racconti Erotici Etero

L’impiegata di papà

By 15 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Un lettore mi ha inviato questo racconto per chiedermi se valeva la pena di essere pubblicato”..per me sì, ed allora eccolo qui.

Sono Mirko, studente universitario di 25 anni e questa è una storia veramente accaduta circa 1 anno fa.
Quando sono libero da impegni di studio, do’ una mano a mio padre che ha un magazzino di autoaccessori. Prima era in società con suo cugino che raggiunta l’età della pensione ha ceduto a mio padre la sua quota. Nell’attività è coadiuvato da due dipendenti e da una signora che sbriga le faccende d’ufficio.
Questa signora, Teresa, è da molti anni che lavora lì e mi ha visto crescere. E’ una donna, single di ritorno, di 51 anni ben portati, non molto alta, con grandi tette ed un culo più che accettabile. Tette e culo che spesso mette in risalto con abiti molto aderenti, ma la sua particolarità è la carnagione molto scura, sembra persino una mulatta.
Ha un carattere molto gioviale ed aperto e con me anche da ragazzino è sempre stata prodiga di complimenti. Da un po’ di tempo questi complimenti erano diventati’.non so come definirli’..diciamo più audaci e quando eravamo insieme nel piccolo ufficio, non erano rari gli strusciamenti. Uno dei dipendenti di mio padre se ne era accorto e tra il serio ed il faceto mi aveva detto: ‘ ‘.ma perché non la fai contenta, portala di la in magazzino e farle fare un giro in giostra’. L’avevo buttata sul ridere rispondendogli che preferivo carne fresca, però un piccolo tarlo si era puntato nella mia mente. Non è che mi mancassero donne, in università si seminava e si raccoglieva’.e poi c’era Lucia la mia ‘trombamica’, ci conoscevamo dalle elementari e nei momenti di magra, quando si accendeva la spia del troppo pieno, bastava una chiamata e ci facevamo passare la voglia.
Torniamo a Teresa: lei continuava nei suoi atteggiamenti nei miei confronti ed il tarlo rosicava. Eravamo alla fine dell’anno, tempo d’inventari e mio padre per contenere i costi mi aveva pregato di aiutarlo a farlo: ‘ così non pago straordinari ai dipendenti’ aveva detto ed io mi sono messo all’opera. Praticamente da solo e con l’attività aperta più che un inventario è risultato un inventato: ‘poi ci pensa il commercialista a metterlo in ordine, l’importante è dargli una traccia’ aveva sentenziato il ‘vecchio’.
Il palmare, questo sconosciuto! Ho dovuto annotare tutto con carta e penna e poi trasferire i dati nel server. Per fare questo ero in ufficio a stretto contatto di Teresa, che non ha perso l’occasione per provocarmi al punto che mi sono deciso e seguire i consigli che mi avevano dato. Teresa faceva un orario continuato, staccava alle due, il negozio chiudeva dalle 12,30 alle 15,30 e mio padre ed i collaboratori se ne andavano. E’ stato facile prendere una scusa e restare in ufficio durante l’intervallo.
Restati soli, facevo finta di lavorare, ma stavo cercando il momento opportuno per sferrare l’attacco. Momento che si presentò velocemente, per prendere un raccoglitore Teresa si avvicinò alla mia postazione, l’ufficio era piccolo ed il suo culo era a meno di un metro dalla mia mano, che si spostò dal mouse alle sue chiappe.
‘ Che fai ragazzino? Mi palpi il culo? ‘
‘ Perché ti dispiace non è quello che vuoi? ‘ e le alzai la gonna, scoprendole le cosce possenti velate dai collant.
‘ staresti meglio con delle autoreggenti’ continuando ad accarezzarle il solco tra le natiche e scendendo tra le sue gambe, lei si era piegata leggermente in avanti ed aveva allargato le gambe.
‘ Ti stai già bagnando? Quant’è che non scopi?’
‘ Ragazzino io scopo quando ho voglia e con chi voglio. Tu piuttosto sei sicuro che saresti all’altezza della situazione.’
La presi per un braccio e la girai verso di me e aprendomi i pantaloni le mostrai il mio arnese:
‘ però non male, ma sei capace di usarlo?’
‘ dipende”fammi vedere se vale la pena’
Non vedeva l’ora si tolse la maglia e quando abbassò il reggiseno mi trovai di fronte 10 chili di tette, con due areole grandi e scure quasi nere.
‘ Huao! Quanta carne.!’
Esclamai stuzzicandole i capezzoli che diventarono subito duri, lei mise le mani a coppa sorreggendole e me le avvicinò al viso, alla bocca. Cominciai a ciucciargliele mentre con le mani esploravo i suoi bassifondi. Le tirai giù collant e mutande in un sol botto:
‘piano che me li rompi’..non voglio arrivare a casa con la patonzola al vento’
Le passai le dita sul solco, gemette, era già bagnata:
‘senti che umidità che c’è qui, avevo ragione è un po’ che non scopi.
‘sì è tanto troppo”datti da fare, cosa aspetti.’
Si tolse le scarpe, collant e mutande, si arrotolò la gonna in vita e mi mostrò le labbra scure della sua turgida figa, che sembravano le ali di una farfalla tropicale grandi, scure e polpose, con il clitoride già gonfio che spuntava da esse. Cominciò ad accarezzarsela, prima lentamente, poi con furia crescente, quindi alzando luna gamba su uno sgabello me la mise davanti al naso. Presi a lavorare di lingua, poi anche con un dito e poi con due. Lei gemeva, ansimava, mi teneva le mani sul capo, la sua figa colava umori che scivolavano sul mio viso:
‘ dai bambino’..continua così. Bravo’.sì così, fammi godere’
La leccai e masturbai fino a che non cominciò ad agitare i fianchi”stava venendo.
‘ huuu’..godo, godo’..che bello’
Spostò di botto la gamba dallo sgabello stringendola verso l’altra, con il rischio di stritolarmi la faccia. Si abbassò e mi leccò il viso fradicio dei suoi umori, mi fece alzare dalla sedia e mi abbassò i pantaloni ed i boxer:
‘ Fammi sentire il tuo sapore, voglio assaggiartelo’
Capii subito che avrei dovuto mandare la mia trombamica a lezioni da lei, me lo prese in bocca. Succhiava il cazzo, leccava le palle e poi invertiva leccando il cazzo e succhiando le palle.
Io la tenevo per i capelli, era una di quelle che spompinava proprio con passione. A un certo punto iniziai a scoparle la bocca. In breve ce l’avevo di marmo:
‘ Eccolo come piace a me, bello duro e anche grosso’..dai mettimelo dentro, fammelo sentire’
Si voltò di spalle e si abbassò, appoggiandosi con le braccia alla scrivania allargando le gambe:
‘ Vieni bambino mio, fammelo sentire’.scopami’
Purtroppo con la mia altezza decisamente superiore alla sua riuscì a mala pena a infilaglielo dentro, ma di scoparla non c’era verso. La presi in braccio e la sbattei al muro. Mi circondò la vita con le gambe, un braccio stretto intorno al mio collo, con l’altra mano mi prese il cazzo e se lo infilò nella figa: ‘ E ora, muoviti….trombami ‘disse.
La baciai con violenza:
‘Sei un porco ‘ mi sussurrò all’orecchio.
Io annuii sorridendo: ‘E tu sei una vecchia troia.’
Così dicendo, con un colpo secco le fui dentro. Gemette aggrappandosi a me.
Io la penetrai sempre più forte. Quando rallentavo per tirare il fiato, non era leggerissima, mi urlava:
‘Non fare lo stronzo, non fermarti’.scopami!!!’
Mi piaceva provocarle frustrazione, la portavo quasi a venire e poi mi fermavo, mi insultava,
l’avevo quasi ridotta in lacrime e la lasciai raggiungere l’orgasmo.
Si aggrappò sempre più forte man mano che si avvicinava e mi incitava:
‘Scopami, scopami!!! bambino ‘.che bello! Non ti fermare ti prego, fammi godere!’
Quando venne lanciò un urlo, la cullai un po’ contro il muro. Con il cazzo ancora in lei, sentivo la sua figa contrarsi. Quando mi sfilai emise un gemito di dissenso.
La portai, sempre in braccio, sulla scrivania. La feci sedere, rovesciando un po’ di pratiche:
‘ Che vacca che sei’..che cagna in calore.’
‘ E tu un porco!…hai un bel cazzo e lo voglio ancora.’
Sorridendole le allargai le gambe, alzandole e la penetrai, lei gemette, iniziai a fotterla di nuovo. Lei mi guardava, gemeva forte, urlava e mi sorrideva, aggrappato alle sue tette gliele strizzavo forte:
‘ Non fermarti, scopami! Sono una puttana, la tua puttana! Scopami, maiale! ‘
Era eccitante da morire’. io la scopavo con violenza e lei godeva come una porca incalzai il ritmo e venne di nuovo con un urlo assurdo.
Ero anche io ormai al capolinea, la feci inginocchiare a terra senza tanti complimenti e le sborrai in faccia e sulle tette. Lei da brava troia, mi ripulì con la lingua.
Andammo nel minuscolo bagno ripulirci alla meglio, fu lei che me lo sciacquò:
‘ Hai un bellissimo cazzo’.è meglio di quello di tuo padre.’
Rimasi di stucco:
‘ Sei proprio una zoccola’anche il vecchio ti trombi’
‘ No lui non mi ha mai scopato’.gli piacciono i pompini.’
Come se niente fosse tornò in ufficio e si rivestì.

Nei giorni successivi a quel pomeriggio mi resi latitante, non mi andava di ritornare sul luogo del delitto. Ma lei mi chiamò e m’invitò un pomeriggio a casa sua.
L’appartamento era modesto, ma arredato con gusto.
Non ci fu imbarazzo, neanche quando la porta fu chiusa alle nostre spalle, perché lei mi tolse la giacca, la appoggiò con grazia su una sedia, ed in un attimo fu tra le mie braccia, ogni centimetro del suo corpo, con tutte le sue curve aderivano al mio, si strisciava contro, voluttuosamente, alla mia turgidità.
Il bacio prese vigore, le lingue guizzarono, le mie mani si persero prima sui suoi seni, sui suoi fianchi, ed infine avvinghiate alle rotondità delle sue natiche.
Lei si staccò da me e, guardandomi negli occhi, fece scorrere con deliberata lentezza la cerniera lampo sul retro della gonna, lasciando che l’indumento scivolasse alle sue caviglie. Un colpo di tacco e volò via. Poi fu la volta della camicetta, un bottone dopo l’altro, sotto portava nient’altro che un reggiseno sotto il cui tessuto velato i capezzoli scuri premevano impertinenti, e dei microslip altrettanto impalpabili. Non portava calze, e la mia mano fu guidata con decisione nell’umido calore che si celava tra le sue gambe:
‘vuoi restare vestito di tutto punto o intendi spogliarti prima o poi?’. Mentre io mi toglievo, goffamente, gli indumenti, rivelando a mia volta un paio di boxer deformati dal turgore ormai enorme, lei aspettò seduta sul bordo del letto, a gambe incrociate, sempre con quel mezzo sorriso divertito. Gli indumenti restanti parvero dissolversi.
Non mi posi problemi di sorta ed entrai subito in quella bella figona morbida .
La scopai nel modo più classico, pompavo e le strizzavo le grosse tette senza pietà. Lei godeva profondamente e fremeva sotto di me :
“Aaaah…. Aaaahh….. quanto mi piace sentire un bel cazzo che mi entra dentro la figa. Che belloo…. così… siii…. Godoooo”.
Mi fermai per farla riprendere, lei per tutta risposta si girò sulla pancia , e maliziosamente mi offrì il culo:
” nel culo ?” le chiesi, e lei ” proviamo”.
Provai subito a infilarlo , ma il mio cazzo sembrava veramente enorme per il buco e’. niente non passava provai con un po’di saliva e ad un tratto il glande comincio ad insinuarsi ma lei prese a strillare :
“ai ai’ che male .. ma .. basta fermati”
‘ non fare la santarellina, chissà in quanti te l’hanno sfondato prima di me.’
Afferro il cazzo e lo conficco nel culo di Teresa, la quale sobbalza, mi fermai per un momento interminabile di piacere , e ripresi a farglielo scorrere dentro , fin che lei non fece un gridolino di dolore .
Mi ritrassi piano, piano e lei ansimava di piacere allora lo affondai nuovamente fino alla soglia del dolore , mi muovevo lentamente .
La cosa ora mai funzionava e presi a pomparle il culo con ritmo preciso, tra gridolini di piacere e qualche urletto di dolore . Lo vedevo sparire , tutto dentro quel bel culo morbido , il che era molto eccitante. Mi ritraevo completamente fino a vedere il suo buco dilatato e quindi lo rinfilavo di colpo Teresa gradiva, eccome se gradiva’ era bagnata fradicia tra le gambe, aveva il pelo del pube totalmente inzuppato del suo brodo:
‘ dai porco’.inculami, sfondamelo’.dai che mi piace’
L’afferrai per i capelli, come fossero redini e continuai a pomparla, sentivo le mie palle che sbattevano sulle sue natiche, lei godeva come una vacca’..non riuscii a contenermi più ; le venni abbondantemente dentro.
E’ passato un anno ed io e Teresa ci vediamo, o sarebbe meglio dire ci trombiamo, ancora. Non in ufficio, qualche volta a casa sua, altre al motel. Quando lei è in crisi di astinenza, da cazzo, mi chiama.
Mi ha insegnato tutto quello che c’è da sapere su come fare godere una donna, la mia ‘trombamica’ se ne è accorta e una volta mi ha chiesto da chi avevo preso lezioni.

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