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Racconti Erotici Etero

Liquido aulico

By 25 Marzo 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

1 – Prologo

‘Porcatroia porcatroia porcatroia’!’

L’uomo continuava a imprecare durante il tragitto del ritorno in macchina, senza sosta, come se le parolacce potessero in qualche modo modificare cio’ che era da poco successo, ammorbando con il loro potere catartico le ore precedenti per espellerle fuori dal tempo.
Un rapido sguardo alla sua destra. Dal borsone degli attrezzi, aperto sul sedile del passeggero, spuntavano inquisitorie un paio di mutandine nere, una risma di fazzoletti accartocciati e i cocci di un’ocarina di modeste dimensioni.
Sotto la tuta da idraulico il prurito lo pizzicava ogni tanto, un po’ dappertutto, probabilmente a causa del fatto che quello era il solo indumento che indossava eccezion fatta per calze e scarpe, e l’attrito del tessuto ruvido contro la cute sprigionava piccoli echi di fastidio.

‘Porcatroia porcatroia porcatroia’!’

”””””””””””””””””’

Qualche giorno prima

Era stato davanti alla #sempresiabenedetta macchina del caffè che Saverio gli aveva proposto un invito a cena. Ormai lui e Davide si conoscevano da anni, e nonostante la differenza di età certe vicissitudini comunemente vissute li avevano fatti entrare in una certa confidenza, tanto da condividere saltuariamente qualche pasto al di fuori del lavoro.
Avevano provato anche ad andare in vacanza assieme con le rispettive consorti, ma non era stato proprio un successone di intesa, visto che Saverio era più sedentario del giovane collega. Si erano silenziosamente promessi di non ripetere l’esperienza, nonostante le rispettive compagne si fossero trovate particolarmente bene.
‘Dai Davide, su, non fatevi pregare, così brindiamo anche al mio compleanno’.
‘Ancora? Ma non li avevi fatti due settimane fa gli anni? Per quanto tempo devi festeggiare?’.
‘Eeh caro mio, i 45 anni sono una tappa importante! Mica sono un ragazzetto come te’.
Si, tra i due c’era quel rapporto senior/apprendista.
‘Eh capirai, ho 37 anni ormai eh’.
‘Comunque ‘ proseguì Saverio mentre girava solennemente lo zucchero nel caffe’ ‘ vi aspetto venerdì sera. Non accetto un no’.
Davide, così, travolto dall’impeto bonario del collega più anziano, non potè fare altro che cedere. Avvisò subito dopo Paola su Whatsapp, che sapeva quanto i cambiamenti all’ultimo minuto le dessero fastidio. Aveva bisogno ALMENO di 3 giorni di anticipo per potersi organizzare per un’uscita. Vai a capirla.

L’appuntamento venne quindi confermato, e pochi giorni dopo si svolse la cena.
Al solito, la serata scorse piacevolmente. La cucina casalinga di Teresa, la moglie di Saverio, allietò gli ospiti, corroborati invero da un paio di bottiglie di vino rosso di un certo livello, non certo quelle dell’eurospin a 99 cent per intenderci.
Un paio d’ore abbondanti volarono così in fretta.
Mentre le donne rimanevano affaccendate in cucina, Saverio e Davide si trovarono a fumare in salotto, bevendo un amaro. Fu allora che un gridolino squassò l’aria.
‘Ah’! Ancora, sto maledetto lavandino perde acqua’Saveeee!’
Era Teresa, dalla cucina.
Quello del lavandino era un problema che si stavano trascinando da mesi, ormai, e la donna non ne poteva più.
‘Guarda ‘ disse rivolta al marito, che tentò di armeggiare per sistemare alla buona quella perdita d’acqua ‘ giuro che se non chiami un idraulico per sistemare sto coso cambio casa’
A quel punto intervenne Davide. Sapeva, lo sapevano tutti, che Saverio era troppo pigro per qualunque lavoro casalingo, e che si affidava, quasi in ogni situazione che esulasse dal piantare un chiodo al muro, sempre a ditte o privati.
Davide, per contro, non poteva permettersi un lusso come quello, e poco a poco negli anni divenne piuttosto competente nel risolvere problematiche domestiche. In particolar modo dove c’erano lavori di idraulica eccelleva, dato che quel tipo di riparazoni furono piuttosto complesse da effettuare nella casa che divideva da anni con Paola (pur non essendo sposati).
Vedendo come era impacciato Saverio, Davide si sentì in obbligò di dare un’occhiata.
‘Ammazza Save, ma avete mai fatto entrare un idraulico in questa casa? Qui sotto è tutto marcio, è un miracolo che non sia crollato tutto’ disse perentorio Davide, risbucando da sotto il lavabo.
‘Avevo intenzione di chiamarlo, ma poi, sai, alla fine funzionava’ gli rispose.
Teresa lo fulminò con lo sguardo, e non potè trattenersi dal commentare quella frase, aggiungendo improperi e osservazioni salaci sulla falsariga del ‘eh certo tanto mica sei tu che lavi i piatti la sera’.

‘Allora ascolta, vengo io a sistemarti tutto, dovrei avere anche i pezzi di ricambio a casa’ sentenziò Davide, perentorio.
‘Ma no dai, guarda domani chiamo l’idraulico” replicò Saverio.
‘No no davvero, non preoccupatevi, Davide è bravissimo in questi lavori’ aggiunse Paola, ‘ha fatto dei lavori in casa che io non saprei da che parte cominciare, non avete idea di quanti soldi ci ha fatto risparmiare’.
Con quella arringa, la donna convinse tutti.
I due amici si misero così d’accordo su un giorno di massima, dove Davide avrebbe approfittato di una generosa pausa pranzo per passare da casa sua. Fortunatamente, non dovendo usare il badge per segnalare inizio e fine di orario lavorativo, quello era un lusso che poteva permettersi. E, del resto, non poterono concordarsi su un più pratico sabato o domenica, visto che nei weekend successivi o Saverio o Davide avevano entrambi impegni (due giorni alla spa il primo, fine settimana in montagna il secondo, ovviamente entrambi con le rispettive compagne).
La piccola compagnia si avviò quindi verso l’uscio per accomiatarsi. E fu allora che rientrò in casa Martina, la figlia di Saverio e Teresa. La diciannovenne, al primo anno di università, esordì con un ‘Ciao’ apatico.
A Davide e Paola era già capitato di intravederla a casa di Saverio in passate occasioni, e tutte le volte lo spirito poco socievole della ragazza era stato decisamente rimarcato da un atteggiamento svogliato e non di certo accomodante. Nessuno fu quindi stupito di quel veloce vagito.
Fu mentre i 4 adulti finivano di salutarsi che, nel campo visivo di Davide, rimase per pochi secondi proprio la ragazza. Girata di schiena, con ancora indosso il giubbottino, i lunghi capelli biondo cenere accoccolati sulle spalle, traccheggiava con lo smartphone. Nella penombra dell’ingresso, complice una luce soffusa ma tagliente, e un paio di leggings grigi, talmente attillati da far pensare che ci dovesse essere da qualche parte una valvola per il sottovuoto, le sue gambe slanciate e il suo sedere rotondo si impressero nella retina di Davide. Non solo gli fecero perdere una manciata delle parole dettegli da Saverio, ma permisero ad una porzione del suo cervello di modulare esplicitamente una chiara considerazione.

‘! che culetto.

Come promesso, il martedì della settimana successiva Davide era d’accordo per passare da Saverio per la riparazione del lavandino. Il programma era quello di andare entrambi a casa sua, sistemare il problema, mangiare un piatto al volo e poi tornare al lavoro (sia Davide che Saverio abitavano a pochi minuti di macchina dalla ditta).
Al mattino, però, davanti alla consueta macchina del caffè, Saverio comunicò a Davide che a causa di un impegno imprevisto non avrebbe potuto accompagnarlo a casa sua.
‘Guarda, stamattina mi hanno appioppato sta rottura di cazzo’parto tra poco per andare in quel posto in culo ai lupi ad incontrare il rappresentante, per cosa poi? Mettere due firme e poi tornare indietro’
‘Ok dai, facciamo un altro giorno, tanto io comunque”
‘No no aspe’, se rimando ancora sta cosa Teresa poi chi la sente. Facciamo così, se Martina è a casa dall’università ti apre lei e tu fai tutto. Mi spiace solo non poterti magari dare una mano’
Davide, in realtà, era quasi contento che Saverio non potesse dargli una mano. Da solo, molto probabilmente, ci avrebbe messo meno tempo che con il suo disastroso aiuto.
Saverio scrisse subito a sua figlia. Aspettarono qualche minuto alla macchinetta, ma da Martina nessuna traccia di risposta.
‘Vabbuò senti, io devo partire subito se no torno troppo tardi. Ti scrivo poi su whatsapp ok?’
‘Ok. Ricordati che poi io comunque stasera non ci sono eh, che devo uscire con Paola, quindi nel caso rimandiamo ad un altro momento’
‘Ok ok, no ma vedrai che trovi qualcuno a casa. Vado, cia”
‘Ciao’si ma scrivimi subito però che son già le undici e devo organizzarmi se devo” ma la frase di Davide rimase sospesa a mezz’aria. Saverio si era già allontanato.

Di lì a poco, una notifica di whatsapp diede a Davide il via libera ‘ ‘Ok vai pure, Martina è a casa’
Davide si affrettò a chiudere un paio di commissioni, in modo da poter uscire con calma a mezzogiorno e sistemare quel lavoro velocemente. Da quanto aveva visto, quel lavandino, e soprattutto quel sifone, erano messi così male che ci sarebbe dovuto stare dietro con un minimo di attenzione extra. Più che altro, il rischio di sporcare i vestiti era decisamente alto.
Davide decise così di fare uno stop veloce da casa a cambiarsi e indossare una specie di tuta completa da lavoro, come quelle dei meccanici e degli idraulici, con la zip ad aprire il busto fino al pube, cosa molto utile in caso di emergenze urinarie. Era una tuta piuttosto vecchiotta, larga, con un cavallo tanto basso da essere degno del miglior rapper. Si era riproposto da tempo di prenderne una più adatta della sua misura ma aveva sempre rimandato l’acquisto. Aggiunse al borsone degli attrezzi, che si era gia’ portato dietro dal mattino, un paio di chiavi extra che non si sa mai, e si avviò verso casa di Saverio, tutto sommato in orario col programma che si era stabilito.

Appena suonato il citofono, sentì il bzzz dell’apertura della porta esterna. La figlia di Saverio non si era neanche preoccupata di chiedere chi fosse, di salutare manco a parlarne.

Questa come minimo ha già le palle girate perchè le tocca avermi in giro per casa.

Superato il cancelletto, Davide trovò socchiusa anche la porta d’ingresso, evidentemente lasciata aperta da Martina, in modo da non dover per forza interagire con lui.
‘Ehm, permesso’?’ disse Davide, entrando nel familiare disimpegno.
Nessuna risposta.

Sempre meglio.

Perplesso, Davide camminò lungo il corridoio per dirigersi verso la cucina, che si apriva sulla sinistra. Alla stessa altezza, sulla destra, l’apertura per il salotto.
Gettando lo sguardo, vide spuntare da sopra la spalliera del divano la criniera bionda della ragazza, evidentemente seduta. Vedeva solo la schiena del divano, e oltre il mega televisore, ma dal ticchettio delle dita arguì che lei stesse cazzeggiando con lo smartphone.
”ciao” le disse un po’ impacciato, avendola scorta.
‘Ciao’ replicò gelidamente lei, senza neanche girarsi.

Se vabbè buonanotte’

Davide entrò quindi subito in cucina, deciso a sbrigarsi il prima possibile. Aveva già più o meno in mente come procedere grazie alla rapida occhiata che aveva dato la settimana precedente.
Quando tornò ad ispezionare il sotto-lavabo, aiutato dalla mini-torcia che aveva dietro, la situazione gli parve però più compromessa del previsto. Possibile che fosse peggiorata così tanto nel giro di pochi giorni? Non erano solo i tubi e i raccordi ad essere ormai marciti, ma, di pari passo, le guarnizioni idrorepellenti sembravano aver superato ampiamente l’età della pensione.
Non volle pensarlo compiutamente, ma in parte si maledisse per aver accettato di fare un lavoro forse più pesante del previsto. Oltretutto durante una pausa pranzo. Sperò, almeno, che non ci fosse bisogno anche di un piccolo lavoro di muratura, perchè altrimenti poteva scordarsi di tornare in un tempo accettabile in ditta.

Ok, diamoci da fare subito allora.

Armato di mini-torcia e tutto, Davide ispezionò per una decina buona di minuti, nel dettaglio, lo stato delle componenti del sotto-lavabo. Si dovette fare spazio togliendo tutto ciò che c’era nel mobiletto, riponendolo sul pavimento lì vicino.
L’ispezione si concluse che era già mezzogiorno e mezzo, ma fu fondamentale per Davide per capire come procedere. Si ritrasse dall’angusto spazio interno del mobile e si erse in piedi, con gli ultimi dubbi da risolvere. Aveva un po’ di sete, forse a causa della polvere che aveva respirato in quell’antro dimenticato da dio.
Per un attimo, per questioni di educazione, pensò di ‘chiedere il permesso’ a Martina prima di aprire il frigo e versarsi un bicchiere d’acqua. Poi, però, memore dell’atteggiamento ben poco accomodante della diciannovenne, e soprattutto non scorgendola più sul divano (era forse andata in camera sua?) prese l’iniziativa e si servì da solo. Sorseggiò il bicchiere d’acqua chino sul tavolo della cucina, dove stava mentalmente selezionando gli attrezzi più idonei per quel lavoro.

Proprio in quel momento di riflessione, Martina si palesò improvvisamente in cucina.
‘Hey’ gli disse incrociando per un attimo il suo sguardo, ma volgendogli subito la schiena per aprire il frigo.
La risposta di Davide tardò ad arrivare.
Rimase basito nel ritrovarsela davanti con indosso ancora una vestaglia da notte, nonostante fosse ora di pranzo. Arrivava giusto sotto il sedere, era scura, e lasciava in vista sulla porzione di schiena libera la barra nera orizzontale del reggiseno.
‘He-hey’ rispose frastornato lui.
In un attimo il turbinio di pensieri lavandinocentrici che gli occupavano la testa venne spazzato via dal un’improvvisa ondata di testosterone che, come uno tsunami, gli allagò le sinapsi.
Martina era davanti a lui, di spalle, come se niente fosse, bevendo un bicchierone di succo di frutta.
Davide lottò forse per un paio di secondi con se stesso per evitare di incedere sul corpo della ragazza. Cercò di rimanere con lo sguardo piantato sul borsone aperto davanti a lui, ma sarebbe stato umanamante impossibile resistere alla tentazione di osservarla, soprattutto visto che non c’era pericolo di essere scorto da nessuno.

Posò quindi lo sguardo su quelle gambe nude e quindi salì, incrociando così il bordo di pizzo della vestaglia che accoglieva quello che aveva già avuto modo di notare essere un culo di tutto rispetto. Tondo, mezzalunato, e particolarmente sottolineato dal pronunciato restringimento dei fianchi sovrastante.
Il tessuto della vestaglia, poi, una specie di tulle semi-trasparente, rendeva il corpo ancora più esposto, rendendo evidente, nelle sue zone più chiare, l’aderenza delle natiche alla vestaglia.
Davide osservò con crescente attenzione proprio quella zona anche perchè, per quanto si sforzasse, pur nella non eccezionale luce della cucina, non trovava indizi visivi circa il suo intimo. Un elastico, una fascia’niente.

Ma’non ha su niente sotto’?

Non fece in tempo però a soffermarsi su quell’indagine perchè, come era arrivata, Martina sparì. Alzò i tacchi e si eclissò nella medesima posizione sul divano che aveva assunto quando lui era entrato.

— 2 – Incidente

Ma porca miseria’guarda questa come va in giro vestita per casa con me presente’! Ok, probabilmente è così che vai a letto e ti svegli eccetera’ma cazzo metti su qualcosa se c’è in casa un’altra persona, o almeno non venire in cucina così! Porca di quella porca’

Davide si impose di non pensarci più, e partì a razzo con i lavori sotto il lavandino per superare l’empasse di quel momento. Come vuole la classica ‘posa da idraulico’ si mise supino, a pancia in su, con testa e braccia ben ficcate nel mobiletto, ora svuotato, che alloggiava il sifone e tutta la baracca. Cercò in tutti i modi di far evaporare il mare di dopamina che gli aveva bagnato i pensieri. Quella ragazza era e doveva essere solo la figlia di un suo amico, quindi nada, nisba, off limits.
Il particolare che lo aveva rintuzzato era stato, ovviamente, oltre a quell’esibizionismo così sfacciato, la probabile mancanza di intimo sotto la vestaglia. Forse a lei di lui fregava così poco che non le importava di come poteva apparirgli davanti.
‘Però cazzo almeno le mutande potevi metterle!’ pensò ancora.
Fortunatamente, nei minuti successivi, le imprecazioni divennero non più dirette all’abbigliamento casalingo di Martina, quanto più alle viti arrugginite che non si riuscivano a svitare, ai bulloni saldati male e al caucciù delle vecchie guarnizioni che si sgretolava sotto le sue dita.
Nonostante tutto, quindi, trovò un buon ritmo lavorativo. Eliminò parte dell’antico materiale, diede una bella pulita e si ripromise di offrire il vecchio sifone come agnello sacrificale in un rito satanico. Era cosi arrivato a metà del lavoro, anche se, va detto, si trattava della metà più facile.

Ok’con questo pezzo ci siamo’ora vediamo se con un paio di martellate qui, e con questo nuovo tubo di raccordo, riusciamo a limitare le perdite.

Davide tornò fuori dal mobile, e si arrabattò con il borsone alla ricerca del pezzo giusto. Diede uno sguardo oltre la cucina, in salotto. La tivù era ora accesa su Studio Aperto. Martina era probabilmente sdraiata sul divano, a vedere quella simpatica fiction che andava in onda a cavallo degli anni Duemila.
Si, lo era, notò una ciocca di capelli spuntare da sopra la spalliera.
Mentre Davide si versava un altro bicchiere d’acqua, una sub-routine del suo cervello continuava imperterrita a flashargli la scena precedente.
Sentì crescere il proprio membro tra le gambe.

In quel momento, però, fortunatamente il suo cellulare sul tavolo vibrò. Era un messaggio di Paola che gli chiedeva se poteva passare lui a ritirare il regalo per la festa di compleanno a cui erano invitati quella sera.
Quel messaggio ebbe l’effetto drastico di riportarlo alla realtà.
Messaggiò un paio di minuti con Paola, vuotò il bicchiere d’acqua e, con la nuova ritrovata lucidità, afferrò il pezzo di tubo e si rinfilò nel buco nero del mobile per montarlo sotto al lavandino.

‘Voilà, dovrebbe andare’ esclamò Davide a mo’ di incoraggiamento verso se stesso, contento della precisione del raccordo che stava cercando di installare.

Ora bisogna vedere se regge al passaggio dell’acqua. Se ci ho azzeccato, guarnizioni nuove, fisso tutto e poi ho quasi finito.

In quei casi, solitamente, c’era sempre una persona a cui chiedere una mano.
Era importante rimanere lì sotto a monitorare il passaggio dell’acqua al sifone e allo scarico, in modo da poter individuare subito se e dove ci potessero essere delle perdite dovute al non perfetto combaciamento dei pezzi del tubo.
A casa sua, ai tempi, era stata Paola a fargli da aiutante, quel giorno avrebbe dovuto essere Saverio’ma in quella situazione non poteva che chiedere a Martina.
Già immaginava quanto sarebbe stata scocciata dal doversi momentaneamente allontanare dalla nullafacenza in salotto, ma, del resto, non aveva scelta.

Davide riemerse così dal sotto-lavabo, si pulì le mani con uno straccio e si diresse verso il soggiorno. Percorse i pochi metri che lo separavano dalla sala, e vide Martina adagiata comodamente sul divano, con le gambe parallele appollaiate sulla seduta, il busto appoggiato al cuscino contro il bracciolo.
Notò la scollatura della vestaglia sul davanti, che lasciava intuire un seno di modeste dimensioni, in linea con la grazia generale che la sua figura emanava. Non potè anche esimersi dal far saettare velocemente lo sguardo tra le sue cosce, ma, grazie al fatto che le gambe erano chiuse ermeticamente, non riuscì a sbirciarvi attraverso. Fortunatamente.

‘Senti, scusami se ti disturbo, ma mi servirebbe un piacere’ le disse, guardandola in faccia.
Lei alzò lo sguardo dal telefonino. Aveva un viso angelico, incorniciato dai boccoli biondi. Uno sguardo tagliente, da felina, sottolineava forse la metà diabolica del suo carattere.
Lei ricambiò lo sguardo, senza proferire parola, lasciando sospeso nell’aria un certo scazzo per essere stata interrotta.
‘Avrò bisogno ogni tanto che tu venga ad aprirmi l’acqua in cucina, mentre io starò sdraiato sotto per vedere i tubi nuovi’ le disse.
Ancora, nessuna parola da lei, così ne approfittò per rimarcare la situazione che si sarebbe creata.
‘Quindi per pochi secondi dovrai stare vicino al rubinetto insomma, mentre io sotto guardo i tubi’ok?’
Martina a quel punto, reagì.
‘Ah’ok’ gli disse svogliata, rituffando subito lo sguardo sullo schermo.
Davide non se la prese più di tanto per quell’ennesima dimostrazione di apatia, che rasentava quasi la maleducazione, e tornò in cucina.

Ok’poteva andare peggio. Almeno non mi ha mandato a cagare.

Davide tornò in cucina, e si rimise sotto il lavandino nella posa da idraulico, aggiustando il nuovo sifone alla bell’e meglio.
Quando fu pronto chiamò la ragazza.
‘Martina, potresti venire’?’ le chiese infine dalla cucina.
Pochi secondi dopo, abbassando la testa nel mobile in cui era ficcato, la intravide zampettare nella stanza. Poteva scorgerne parzialmente le gambe nude.
‘Ok, vai, apri pure l’acqua grazie’ le disse a quel punto.
La ragazza si avvicinò al lavandino e a lui. Per poter aprire l’acqua finì con l’avere le gambe di lato a quelle di lui, sul suo lato sinistro, quasi a contatto.
Davide si stupì di quanto vicino a lui si fosse posizionata, ma non aveva timore che da quella posa lui potesse essere in grado, guardando verso l’alto, di vederle sotto la vestaglia?

Cazzo Martina, allontanati un po”non c’è bisogno di starmi così attaccata’!

Davide cercò di appellarsi al proprio buon senso. Aveva le sue gambe a pochi centimetri, e il suo profumo era già arrivato a solleticargli le narici.
Intanto, non intravedeva nessuna perdita d’acqua, quindi forse il raccordo che aveva scelto era delle dimensioni adeguate. Le chiese quindi di aumentare la portata d’acqua.
‘Ok, prova ad aprire un poco di più’ le chiese.
In seguito a quella richiesta, Martina si avvicinò ulteriormente a lui, andando ad appoggiare le caviglie contro il suo busto supino.
Quel contatto non necessario gli diede una scarica improvvisa. Piegò la testa tanto da poter vedere ora chiaramente le gambe nude nel suo campo visivo. La ragazza ora gli stava praticamente attaccata.

Ma guarda questa’ma non si rende conto di essere troppo vicina?

Non resistette quindi alla tentazione di alzare lo sguardo, ma, fortunatamente, il bordo del mobile gli bloccava la vista circa a metà coscia, impedendogli di sbirciare sotto la vestaglia.
‘Ecco, meglio va” pensò, in qualche modo sollevato, ma in realtà avvertendo come il flusso di sangue scatenato da una curiosità sempre più vorace gli stava obnubilando la lucidità.
Mentre Davide cercava di stare concentrato sulle nuove tubature, Martina si mosse ancora, e quel movimento fu fatale.
Nel tentativo di sbirciare ancora, Davide allentò la presa del tubo ancora non fissato, col risultato che il sifone non aderì più in maniera coesa al suo alloggio e una raggiera di schizzi d’acqua fiottò da sotto il lavandino, schizzandolo sulla faccia e sulla tuta. Delle gocce finirono addirittura sulle gambe di Martina, che difatti, si ritrasse sottolineando vocalmente il gesto con un ‘Ah’!’
‘Aspè, chiudi chiudi’!’ le disse d’impeto, mentre lottava per riallineare il tubo, non riuscendovi.
La ragazza esitò a riavvicinarsi a lui, visto che rischiava ancora di finire sotto il fuoco della raggiera.
‘Martina’chiudi, mi sto lavando!’ la esortò ancora.
La ragazza balzò finalmente verso di lui e con uno scatto chiuse il rubinetto. Quei pochi secondi, a causa del forte getto, furono sufficienti a Davide per ritrovarsi con la tuta bagnata fin quasi alle ginocchia.
‘Ah cazzo’! Scusa, ti sei bagnata? Ti avevo detto di aprire poco non tutto’!’ le chiese, dandosi comunque del pirla per quella disattenzione.
‘Eh si che mi son lavata” gli rispose in maniera acida.
Da sotto, guardando ancora verso la cucina, Davide potè scorgere Martina che, allontanatasi, con degli scottex, si asciugava le gambe. Era in piedi, china, e lui la vedeva di profilo. Quel movimento di asciugatura fu più che sufficiente per farle alzare la vestaglia rivelando così la metà nuda del rotondo sedere.

Madonna santa’

Davide tentò di distrarsi tornando ad armeggiare col sifone, doveva sistemarlo velocemente prima di uscire da quel buco per pulire il lago d’acqua che si era formato.
Assorto nei suoi pensieri, Martina lo sorprese con una domanda.
‘Anche tu ti sei lavato non poco eh’ gli disse.
Cosa? Gli aveva parlato di sua iniziativa? Quella si che era una novità. Tanto che non rispose subito, ma fece passare un paio di secondi.
‘Eh lo so, pazienza, si asciugherà” le rispose, indeciso se essere più incazzato con lei per aver aperto al massimo l’acqua, o con se stesso per essersi distratto dalla vista delle sue gambe.
‘Dammi la roba allora così la stendo ad asciugare’ gli disse.
Rimase basito.

La’roba’?

A quella domanda insolita Davide non seppe come reagire. Doveva aver capito male.
‘Come scusa?’ le chiese, togliendo ora lo sguardo dal sifone e guardando verso di lei.
La vide chinarsi verso di lui per parlargli, mostrandogli ancora la sua bellezza pericolosa, da mantide.
‘Se mi dai i vestiti li metto ad asciugare intanto che finisci’ gli disse in maniera neutra.
Davide fu colto comunque alla sprovvista, ma la reazione, in quel caso, fu assolutamente sulla difensiva.
‘Ah’ehm, no ma figurati, è solo acqua, si asciugano da soli’ le rispose, pur sentendosi madido, mentre usciva da sotto il lavabo.
Si trovò cosi in piedi vicino a lei. Poteva sentire l’elettricità nell’aria salire di livello. Non le era mai stato così vicino, e non potè non rimanere ammaliato dalla sua bellezza particolare.
Lottò per mantenere lo sguardo sul suo viso, evitando di indagare ancora altre zone di quel corpo così sfacciatamente esibito.
‘Magari la tuta si, ma la maglia di certo no’ gli disse ancora, indicando l’apertura della tuta sul davanti, che mostrava una pozza di bagnato sulla t-shirt nera sottostante.
Davide si trovava costantemente in imbarazzo, spiazzato, forse perchè prima di quel momento Martina non aveva mai messo assieme più di tre parole. Adesso addirittura frasi intere una via l’altra’

La ragazza, approfittando della sua empasse, lo incalzò ancora, rendendogli difficile evadere la sua richiesta.
‘Vai pure in bagno e lasciamela li. Poi te la stendo io’ gli disse, praticamente ordinandoglielo, mentre gli voltò le spalle tornando con indifferenza al divano.
Quell’improvvisa dimostrazione di potere strinse Davide in una morsa mentale da cui non seppe, o non volle, liberarsi. Si convinse che, effettivamente, lavorare in quelle condizioni sarebbe stato fastidioso, così si diresse verso il bagno. L’amorfa ninfea si era mostrata per un attimo ape regina.

—— 3 – Cortesia improvvisa

Raggiunto il bagno, Davide si abbassò la zip della tuta, e tolse le braccia dalle maniche, lasciandole penzoloni. Si vide allo specchio e così sembrava una banana sbucciata.
La maglia era effettivamente madida, ma non che il resto fosse poi tanto asciutto.
Se la tolse percependo il tessuto umido scorrergli lungo le scapole, e la abbandonò mezza piegata sulla lavatrice lì vicino. Era ancora cosi, a petto nudo, nella forma di banana sbucciata, quando Martina aprì la porta del bagno, senza avvisare.
‘Fatto?’ gli chiese.
Davide fu, ancora una volta, colto alla sprovvista. Ma non poteva almeno bussare?
‘Si, te la lascio qui, grazie’ disse indicando la maglia sulla lavatrice, incerto se coprirsi o meno il petto con le braccia. Fortunatamente, non lo fece, dimostrando un minimo di virilità.
Lei gli passò vicino per acciuffare la maglia.
Ancora, lui, non potè evitare di dirigere lo sguardo verso il tulle semi-trasparente, e quel corpo giovane e’come dire’guizzante.
Martina, maglia in mano, tornò quindi indietro, sfiorandolo appena a causa del limitato spazio del bagno. Era sulla soglia, ora, quando si girò verso di lui.
‘Se sono bagnati, puoi darmi anche quelli’ gli disse, gettando un’occhiata verso il suo pube. Poi se ne tornò verso il salotto.
Davide abbassò lo sguardo, seguendo la direttrice verso cui quella frase era riferita. La tuta-a-banana-sbucciata era scesa ulteriormente, gravata dall’acqua sul tessuto, rivelando così una buona fetta dei boxer che indossava. Era a quelli che si riferiva Martina evidentemente.
Davide sentì una vampata di calore al viso.

Lo sai vero che questa’stronzetta si diverte a giocare con te e che non è realmente interessata ma ci gode a metterti in difficoltà vero? Tanto a lei cosa importa, è qui che si fa vedere, che te la fa annusare, guardare ma non toccare amico. Finisci di sistemare il lavandino e morta li. Sei tu l’uomo maturo eccetera, non ti farai mica fregare ancora dagli ormoni’

Così, facendo appello proprio alla percezione di quando una certa linea è meglio non sorpassarla, Davide sbottò in una risatina liberatoria.
Si passò la mano tra i capelli, e bisbigliò, sardonico ‘Ma guarda tu questa’poi magari mi tolgo anche la tuta e lavoro nudo che ne dici?’.
Si guardò allo specchio, si riallacciò la zip fin quasi al collo, e poi tornò in cucina, soddisfatto di se stesso per non aver ceduto fino a quel punto. Sentendosi in qualche modo più uomo per quella prova di autocontrollo superata. I boxer, umidamente ancora ben adesi alle sue natiche, gli sussurravano ad ogni passo una silenziosa sinfonia di vittoria.

Quando Davide tornò al lavabo, l’acquitrino per terra era ancora testimone della sua poca, precedente, accortezza. Si armò quindi di diversi giri di scottex e asciugò tutto, prima di tornare a focalizzarsi sul lavoro ancora da finire.
Decise che il pezzo di tubo che aveva scelto prima poteva comunque andare bene con delle piccole modifiche alla guarnizione, così torno sotto il lavabo e prese ad armeggiare con attrezzi e forbici per trovare la misura giusta della guarnizione.
Stavolta, memore comunque dell’esperienza precedente, procedette spedito, anche per uscire al più presto da una situazione che cominciava a scottare.
Fu in quel momento che la ragazza si palesò a pochi metri da lui, mentre armeggiava supino sotto al mobile.
‘La maglia l’ho stesa, ma non ho trovato i tuoi boxer, dove li hai lasciati?’ gli chiese, con una punta di amarezza.

Eh certo ragazzina, ma ti pare che davvero te li davo’?

‘No infatti, li ho tenuti, non erano così bagnati’ rispose secco lui, mentendo.
‘Ah ok’ replicò lei atona, senza scomporsi più di tanto.
Davide poi commise l’errore di continuare, come per scusarsi, anche se non ce n’era certamente bisogno.
‘Non penso che, se tua madre tornasse a casa e vedesse le mie mutande appese, ne sarebbe molto contenta eh’, come se fosse poi quello il problema.
Ma la replica di Martina non tardò ad arrivare.
‘Beh mia mamma torna sempre intorno alle 6, quindi non credo si accorgerebbe di nulla, se è per quello. Tu per quell’ora avrai finito no?’

Ah, ecco, quindi sai bene che noi saremo soli e indisturbati in queste ore, visto che tuo padre è ben lontano per lavoro.

‘Eh direi, non posso mica perdere tutta una giornata di lavoro’ le rispose.
Davide non voleva continuare quella discussione, ma non potè esimersi da aggiungere ancora qualcosa, forse per rimarcare quella sua scelta come una dimostrazione di auto-controllo in grado di palesare la sua maturità.
‘Eh vabè, ormai è troppo tardi comunque, ora ho ricominciato qui sotto’ le disse, sentendosi in una botte di ferro.
Martina aspettò un attimo a proferire ancora parola, ma poi rimase sulla questione.
‘Però sono bagnati giusto?’ gli chiese insistente.
Per qualche motivo quell’interesse specifico di Martina per i suoi boxer lo stava facendo eccitare.
‘Si, il getto di prima è stato parecchio forte. Ti avevo detto di aprire poco” precisò lui.
Martina sembrò accusare quella piccola critica.
‘Scusa” gli disse, con tono sommesso.
Davide non credette alle sue orecchie. Ma decise che non era il caso di farla troppo grave.
‘Ma no dai, non preoccuparti, resisto eh’.

Dopo pochi secondi di silenzio, Davide vide con la coda dell’occhio la ragazza avvicinarsi a lui. Si sedette sulle ginocchia davanti ai suoi piedi.
‘No dai, è stata colpa mia, per farmi perdonare ora te li metto ad asciugare’ gli disse.
Davide stava cominciando a spazientirsi.
‘No Martina, dai, ormai son qui sotto ed è già tardi, non è che posso tornare in bagno e poi ricominciare. Fa niente davvero’
La ragazza rimase momentaneamente zitta. Poi gli disse, con tutta l’innocenza di cui era capace:
‘Non preoccuparti, tu continua pure, te li tolgo io’.

TE LI TOLGO IO’?? Ahah oddio’ma cos’.

Davide finse nonchalance, e, anzi, sbottò in un’altra risatina contratta.
‘Ah-ha, certo come no!’ rispose sbigottito, mentre traccheggiava con una vite che non voleva saperne di andare al suo posto.
Ma Martina agì come se lui non esistesse. Gli alzò la logora tuta da lavoro dalle caviglie alle ginocchia.
L’imprevisto tocco delle sue dita lo fece trasalire.
‘Aspè, ma che fai’??’ le disse, immobilizzandosi sotto il lavabo. Piegò la testa, e la vide china sulle sue gambe. Impossibile non notare nella scollatura della vestaglia i due piccoli seni fasciati dal reggiseno.
‘Non ti preoccupare ti ho detto, tu vai avanti, faccio io’ gli disse glaciale, senza guardarlo.
Davide rimase come inebetito nel vederla in azione. Anche perchè non capiva proprio COSA volesse fare.
La tuta che lui indossava aveva un cavallo piuttosto basso, dicevamo, e i bordi alle caviglie abbastanza lassi da permettere alla impertinente ragazza di infilare le mani all’interno.
Davide sentì le mani di lei risalirgli le gambe sotto la tuta.
Infine, Martina, con decisione, afferrò il lembo inferiore dei boxer, e tirò con forza verso il basso, facendoli scendere.
In un attimo Davide sentì il cazzo libero contro il tessuto ruvido della tuta da lavoro.
‘Martina dai, ma che cazz’! Fa niente, non importa ti ho detto’!’
Ma la ragazza procedì spedita, ignorandolo completamente. Tirò con vigore verso il basso la parte dei boxer solo in una gamba. Riuscì, così, a farla scendere oltre al ginocchio di Davide, avendo gioco grazie al cavallo basso della tuta.

Davide, al contatto delle mani di lei sulla sua pelle, vedendosi spogliato da quella piccola e stronza dea, inizialmente la lasciò fare’ma poi si oppose per fermarla. Cominciava ad essere troppo.
Inarcò il busto fuori dal mobiletto, trovandosela così davanti.
Le sorrise, mentre le afferrava le mani.
‘Ehm Martina, grazie, ma tanto ormai non mi manca molto”
La ragazza lo guardò glaciale.
‘Ma ormai ho fatto praticamente” gli disse mentendo. Sfoggiava un sorriso ambiguo, ma fermo, perentorio, mentre continuava lo stesso movimento che aveva cominciato poco prima, riuscendo così a far sgusciare le mani dalla debole presa dell’uomo, e abbassando lo sguardo per terminare quel lavoro.
Davide voleva opporsi, impuntarsi, ribellarsi a quello spogliarello, ma non vi riuscì.
Martina, invitando silenziosamente Davide a piegare un poco la gamba, riuscì infine a far andare oltre il piede di Davide quel lato dei boxer. Poi, tirò anche l’altro lato rimasto sotto la tuta, riuscendo infine a far scorrere l’intimo oltre il ginocchio, la caviglia e poi la scarpa.
‘Fatto, li stendo con la maglia’ disse senza troppa emozione, mentre si alzava per andare allo stendino.

Mappporcadiquellagrandissimatroia’.!! Guarda questa’no Davide tu qua ti devi MUOVERE e andare via’sta zoccoletta’e tu demente che la lasci anche fare, bravo, no ma bravo!! E il prossimo passo? Te la scopi così in casa di Saverio? Oh ma questa E’ LA FIGLIA DICIANNOVENNE DI SAVERIO E TU HAI 37 ANNI E HAI UNA COMPAGNA CAZZO’!

Davide, non senza un certo sgomento, tornò a focalizzarsi sul lavoro, riprendendo le imprecazioni. Sotto la tuta poteva sentire il pene mezzo rigido cozzare contro il ruvido tessuto, mentre le natiche scoperte vi grattavano contro.
Si maledisse per non aver avuto abbastanza forza mentale per opporsi. Avrebbe dovuto impuntarsi di più! La sinfonia di vittoria che fino a poco prima riecheggiava nella coclea si era tramutata in qualcosa che somigliava molto al canto di una sirena.

—————- 4 – Forbici

Passati diversi minuti, in cui nonostante tutto Davide riuscì a proseguire con i lavori, era infine arrivato il momento di verificare ancora la stabilità dei nuovi raccordi che doveva montare sotto il lavandino.
Pensò se potesse farlo senza chiamare in causa la mantide, su cui capì di non poter avere alcun controllo. E per cui capì di poter perdere facilmente il controllo, a causa di quel mix ingestibile di glacialità e spregiudicatezza, che non gli permetteva di capire le sue vere intenzioni.
Si torturò per minuti sul da farsi, ma, alla fin fine, sapeva di non avere scelta. Se i tubi non fossero ancora andati bene, avrebbe rischiato di allagare tutto, senza capire dove fosse il problema, e avrebbe dovuto ricominciare.
Inoltre, era-maledettamente-tardi.
A malincuore, chiamò ancora Martina, che non tardò ad arrivare.

Ora non è che devi starci le ore’se non filtra niente, chiudi tutto ed esci e ciao ciao.

Davide chiamò ancora la ragazza dalla cucina.
‘Martina’scusa facciamo un’altra prova, per favore, così poi forse ho finito’ le disse.
Lei si palesò di lì a poco, chiedendogli di aspettare un attimo che doveva rispondere ad un messaggio.
‘Ok, fatto’ gli disse. Davide sentì il rumore dello smartphone mentre Martina lo appoggiava sul tavolo.
L’uomo finì per agganciare l’ultimo pezzo di tubo, poi le chiese un’altra volta di aprire l’acqua.
‘Ok, stavolta però apri piano, ti dico io quando aumentare. Rimani qui un attimo’
La ragazza non professò parola, mentre si avvicinò a lui, sempre supino nella classica posa, accostandogli le gambe di fianco alle sue, come prima.
Davide sentì l’acqua scorrere, nessun problema.
‘Bene, ora apri un poco di più’poco”
‘Ok’ fece lei, secca.
Davide si accorse dall’aumento dell’intensità del rumore che questa volta la ragazza lo aveva ascoltato. Torcia accesa stava congratulandosi con se stesso per aver azzeccato la guarnizione, che a quanto pare reggeva, mentre sentiva i piedi di Martina stuzzicargli il fianco, in preda ad un movimento proprio.
Fu qualche secondo dopo che Davide per poco non rischiò di allagare ancora tutto.
Martina, senza motivo apparente – ma forse per stare più comoda vista la prolungata presenza vicino al lavandino? – alzò una gamba e la portò dall’altra parte del corpo sdraiato di Davide, trovandosi così con le gambe aperte a forbice sopra di lui.
Davide, di contro, si morse le labbra’rimase focalizzato sul sifone, e bestemmiò in diverse lingue.

Ecco’ci mancava solo questa’porca di quella porca’

Tentò di non dargliela ancora vinta, rimanendo concentrato sul lavoro da fare.
‘No, non te la dò vinta stronzetta, non guardo lì’ si disse.
Resistette stoicamente per un tempo che a lui sembrò infinito, quando invece si trattò di due, tre secondo al massimo, poi cedette.
La scimmia che gli urlava in testa di dare un’occhiata tra le sue gambe, tra quelle autostrade aperte verso il paradiso, divenne troppo assordante. Davide inclinò la testa, e alzò lo sguardo.
Su di lui, la vista chiara e ammorbante della figa nuda di Martina sotto la vestaglia scura lo colpì come un tir sparato a tutta velocità.
Quel magnifico e glabro frutto estivo era lì alla sua mercè. Sfacciatamente messo in mostra da quella piccola arpìa.

*** ****! *** **** *** *******!!

‘Allora’? Tutto ok li sotto?’ lo incalzò lei. Evidentemente accortasi dell’effetto che stava sortendo.
‘Si si’sembra tutto ok per ora qui sotto’ proseguì lui, riuscendo clamorosamente anche a controllare davvero le tubature, che stavolta reggevano. Per contro, la salivazione era ormai a zero.
‘Apri ancora un po”’ le chiese lui, rendendosi conto di quanto non potesse evitare di proseguire in quel discorso ambiguo. Nel mentre, l’erezione gli stava crescendo drasticamente sotto la tuta.
”così va bene’?’ gli disse, ancheggiando col bacino, come a spargere l’odore di estrogeni che sprigionava la sua figa scoperta.
”si’si va bene’va bene” le rispose.
A quel punto Davide aveva ormai chiaro che il lavoro fosse praticamente finito, ma dilungò il momento in cui dire a Martina di chiudere l’acqua. Si sporse ancora e si fece del male tornando a vedere il sesso della ragazza, impudentemente visibile sotto la vestaglia, che lo richiamava dolcemente a poca distanza da lui. Dovette a quel punto portare una mano sul pacco e sistemarsi il cazzo ormai eretto, in modo da dargli conforto, ponendolo in una posizione più agevole.
Martina, pur ai margini del proprio campo visivo, si accorse di quel movimento, che si aspettava di vedere.
Chinò la testa e vide la mano dell’uomo traccheggiare sul pacco. Sorrise sentendosi accaldare, conscia di essere lei il motivo di quel gesto. Quando lui finì la sistemata, e riportò il braccio sotto il lavabo, Martina potè scorgere, pur tra le pieghe e gli avalli della tuta (causate dal fatto che Davide teneva le gambe piegate e non distese) il profilo del tronchetto teso verso l’ombelico.

Quel momento non era rinviabile all’infinito, così Davide le disse infine che poteva chiudere l’acqua, che era tutto a posto.
‘Ok’ disse lei.
Martina chiuse il rubinetto e, nel riportare la gamba sinistra verso la destra per chiudere la forbice, tenne il piede svogliatamente forse troppo basso, tanto che le bastò per avvertire con la punta del piede il sesso duro di Davide che premeva contro la tuta.

Eh’pure’*** *****!

Poi, con nonchalance, Martina si diresse verso il tavolo dove aveva lasciato lo smartphone.
Davide stava per scoppiare.

Ok Davide, ora devi muoverti a finire qui e ad uscire e ciao ciao. Ok, la ragazza è un gran pezzo di figa, una troietta a cui piace farsi vedere eccetera, ma qui devi chiudere e andartene prima che succedano disastri, che già stai li col cazzo duro verso una ventenne e lei ora se n’è accorta, mentre la tua fidanzata probabilmente è in attesa di una tua risposta su whatsapp. Stasera vai a casa, quando scoperai con Paola penserai al culo e alla passera di questa bella figa e morta lì.

Facendo leva proprio sul pensiero di Paola, Davide si diede daffare con gli attrezzi e gli ultimi ritocchi.

Dai dai, veloce veloce veloce’!

Martina era ancora a pochi metri da lui, mentre Davide si impegnava con tutto il cervello per smorzare il desiderio che sentiva. Di lì a poco avrebbe dovuto alzarsi e non poteva certamente rendere troppo evidente quello stato su di giri alla ragazzina.
Martina, inizialmente, aveva intenzione di dirigersi verso il salotto, ma decise invece di tergiversare un poco ancora in quel locale. Ciò che stuzzicava il suo spirito monello era che lui, fintanto che armeggiava con il sifone, si trovava in una posizione obbligata che lo lasciava praticamente alla sua mercè. Ancora per poco, però.

‘Scusa, puoi abbassare le gambe un attimo che devo aprire il cassetto?’
Disse la ragazza a Davide.
‘Oh ma mollami un attimo! Cosa vuoi ancora? Puoi farmi finire sto maledetto lavoro?’ pensò lui.
Davide scostò per l’ennesima volta, seccato, lo sguardo dall’ultima guarnizione che stava montando, per cercare di capire.
Ovviamente, Martina, proprio in quel momento, non poteva assolutamente fare a meno di aprire un cassetto che si trovava alla destra di lui. Avendo Davide le gambe piegate, però, non le era possibile aprirlo, da qui l’esortazione.
Davide, quindi, le rilassò un poco, senza esagerare.
‘Ancora ancora, è l’ultimo cassetto’ gli disse, invitandolo praticamente a stenderle del tutto lungo il pavimento, mentre dentro di sè sghignazzava dal divertimento.
Davide non poteva cedere completamente. Sarebbe stato, a quel punto, troppo evidente alla vista il suo stato di eccitazione. Per quanto giustificato dalla situazione, se ne vergognava insomma.
‘Aspè, qui ho quasi finito dammi due minuti” la esortò, quasi la implorò, di evitargli quella figura da scimpanzè allupato.
‘Dai su, ci metto un attimo’ gli disse, spingendo verso il basso le sue ginocchia.
Davide a quel punto cedette, vista l’insistenza, pensando che forse, dopotutto, vista la taglia abbondante della tuta, non si sarebbe notato troppo la sua poca forza di volontà.

Quando infine distese entrambe le gambe, diede un occhio alla situazione lì sotto, e, tanto per cambiare, sentì la gola secca e le tempie pulsare.
Col cazzo che non si vedeva molto. Si era dimenticato del piccolo particolare che la tuta era ancora bagnata da prima, e, quindi, aderiva a qualunque corpo cavernoso contundente potesse esserci sotto la ruvida stoffa.

Martina, piegata verso il cassetto aperto, ebbe, infine, una chiara visione del sesso pieno di Davide ingrossato e teso sotto la tuta, come aveva desiderato fin dall’inizio di quella richiesta.
Si compiacque ancora della propria malizia, e del proprio potere. Riuscire a denudarlo in quel modo così sfacciato era stata la ciliegina sulla torta.
Quella sensazione di potere la attraversò come una scarica elettrica dal tronco dell’encefalo fino all’ultimo, inutile, dito del piede, eccitandola di riflesso. L’elettricità e l’eccitazione vanno sempre di pari passo, una è il fiume, l’altra è il vascello che vi naviga. Per questo si dice corrente elettrica.

La ragazza aprì quindi il cassetto mentre armeggiava fingendo di cercare un qualche contenitore.
Davide, per contro, non aveva modo in quella posizione di corprisi. Lo sguardo della ragazza indugiò ancora sul desiderio dell’uomo che aveva soggiogato.
Infine, il languore prese possesso di lei e Martina si divertì a pensare come avrebbe reagito lui se lei si fosse spinta oltre.
‘Sembra che pure questo tubo sia bello intasato’ disse, poggiando la mano lungo il suo membro, con la più classica delle frasi clichè sentite in quel tipo di situazioni.
Davide deglutì a quel contatto. Rimase momentaneamente zitto, non sapendo come reagire, contrastato dal desiderio che quel contatto si prolungasse, e la razionalità che gli suggeriva quanto inappropriata stesse diventando quella situazione.
Poi, timidamente disse:
‘Martina’ti prego’sono fidanzato” le disse molto poco convinto, senza attuare di fatto una qualche mossa per fermarla.
Lei, per contro, non desistette da quel massaggio, continuando a carezzare il sesso pieno dell’uomo che aveva sedotto poc’anzi.
‘Nessuno verrà mai a saperlo’siamo soli’ gli disse, mentre gli abbassava la zip della tuta dal petto.
Lui si sentiva ormai vuoto come un vacuo di Londor, mentre l’ultima brace di ragione diventava cenere.

Contro ogni previsione, però, Davide scattò.
Era troppo, era decisamente troppo, e oltre quel punto ci sarebbe stato il danno finale, per cui poteva dire addio non solo a Saverio, ma anche a Paola.
Paola.
Si affidò proprio all’immagine di lei per uscire da quella situazione in cui, come un deficiente, non aveva fatto nulla per evitare di affogare, come il cavallo di Atreiu.
Balzò in piedi, fuori dal sotto-lavabo, e si riallacciò la tuta fino al collo. Martina, non poco sbalordita, ancora seduta ai suoi piedi.
‘Martina, senti’ehm grazie per, come dire, l’interesse, ma non si può fare, non si può”
Lei pure si alzò in piedi, davanti a lui. Come nelle occasioni precedenti ignorò ciò che lui aveva detto, gli riabbassò la zip liberandogli il pene duro, che scheggiò cozzando contro la sua vestaglia.
Glielo prese in mano, sentendolo crescere e indurirsi.
‘Ma perchè, non ti piaccio?’ gli chiese, fingendo innocenza.
Lui le rispose, senza però effettivamente fare nulla di concreto per fermare il movimento della mano.
‘Ma no no, anzi’ma lo sai, sono fidanzato, e non si può fare’
Martina lo squadrò, sfidandolo.
‘Non si può proprio?’ gli chiese.

Pensa a Paola, pensa a Paola, pensa a Paola.

‘No’, fu la perentoria risposta di Davide.
Martina si ritrasse subito, gli voltò le spalle e, come una bambina capricciosa a cui era stato vietato il gelato dopo cena, si rifugiò in camera sua.
Davide rimase impassibile, sbigottito, per un paio di minuti, senza riuscire a capacitarsi della forza misteriora che era riuscita a impedirgli di proseguire con la ragazza.
Ne approfittò per ricomporsi, quindi terminò del tutto di sistemare il sotto-lavabo, ora finalmente pronto.
Rimise a posto il materiale che c’era nel mobiletto, chiuse le ante, e guardò l’orologio.
Ovviamente, era tardissimo, però aveva finito.

Ok, l’ho sfangata. Non so come ma l’ho sfangata’ora recupero i vestiti, poi posso andare.

Di Martina, però, nessuna traccia.
Provò ad andare in salotto, e in terrazzo, per vedere dove fossero stese la maglia e le mutande, ma non trovò traccia di stendino.
Fu costretto, così, a bussare a quella che presumeva essere la porta di camera sua, chiusa.
‘Martina’io ho finito, se mi dai i vestiti me ne vado’ le chiese con gentilezza.
Nessuna risposta, chissà perchè se lo aspettava.
‘Martina, dai apri’ la supplicò.
Ancora niente, poi la sentì oltre il legno.
‘E’ aperto entra’
Davide aprì la porta, e cercò di orientarsi. Alla sua destra vide il letto e una piccola libreria, e lì vicino la finestra con un ministendino appeso.
Non vide Martina, tanto meglio, forse era nel bagno della camera. Si avvicinò veloce allo stendino, ma lo trovò vuoto.
Poi sentì dietro di lui la porta chiudersi. Si girò, e vide Martina che gli impediva il passaggio.
Davide la guardò interdetto.
‘Martina, ti prego’è tardissimo e devo tornare al lavoro’su, non siamo qui a giocare’ le disse, sconfortato.
La ragazza replicò in silenzio, con uno sguardo di sfida. Si avvicinò a lui, stendendosi sul letto lì a fianco.
‘Prima di andare devi rivestirti no?’ gli disse.
Lui la guardò, mentre la vestaglia, colpita in pieno dalla luce del sole, rivelava ora tutto ciò che non era stata fabbricata per nascondere. Come se, del resto, lui non avesse già visto abbastanza. Colse le volte di pizzo che adornavano le coppe del reggiseno, mentre una spallina era scesa sulla spalla. La sua figa, visibile attraverso il tulle.
‘Eh appunto’ le disse, ‘dove sono i miei vestiti?’.
La ragazza lo guardò con tono di sfida.
‘Erano asciutti, quindi li ho messi da un’altra parte’.
Lui non capiva dove volesse andare a parare.
‘Eh ok, e dove?’
Martina abbassò una mano tra le cosce, accarezzandosele.
‘Tu comincia a spogliarti, tanto comunque devi togliere la tuta per rimettere i boxer no?’ lo provocò. ‘Poi ti dico dove li ho messi’.
Davide rimase ammaliato dalla vista della ragazza che con una mano furtiva prendeva a salire le cosce, fino ad arrivare alla figa.
Cominciò a masturbarsi davanti a lui.
Davide si girò di scatto.
‘Martina’! Dai che fai, smettila su’!’ le disse.
”comincia a spogliarti” lo esortò ancora.

———————— 5 – Epilogo

Senza proferire parola, Davide abbassò la zip della tuta, e tolse le braccia dalle maniche.
”lentamente’e stai davanti a me” gli ordinò Martina.
Davide si mosse, e si levò le scarpe per poter poi far scivolare via la tuta.
Davanti a lui, sul letto, Martina aveva divaricato le gambe, e stava proseguendo in maniera molto teatrale a dare sfoggio delle sue capacità masturbatorie, prendendo a penetrarsi timidamente con un dito.
‘Martina’cazzo’smettila dai’
Nel vederla così, sentì ancora una volta il cazzo indurirsi contro la tuta. Tentò di guardare da un’altra parte, ma lei fu perentoria.
‘Guardami’o niente vestiti” gli ordinò.
Davide riportò lo sguardo su di lei, sulle sue dita che stuzzicavano le labbra della figa, mentre la bocca sul viso rimaneva socchiusa, come per esalare lentamente il piacere che stava provando, e spargerlo verso di lui per contaminarlo.
‘Su, continua’ disse ancora ad un Davide rimasto momentaneamente imbambolato da quella visione.
Lui non si fece attendere, e lasciò che la tuta cadesse fino ai piedi, poi la tolse facilmente complice la mancanza di scarpe.
L’obelisco era ora eretto davanti a lei e lui, Istintivamente, vi portò le mani sopra.
‘A-ha’fammi vedere’ gli disse lei.

A Davide era ormai chiaro che più velocemente l’avrebbe assecondita, più rapidamente sarebbe uscito da quella casa, così ubbidì quasi all’istante.
Si vergognò di non riuscire a controllare la propria eccitazione, dimostrando ancora una volta alla ragazza, in maniera palese, quanto, nonostante le parole dette e le intenzioni, il suo corpo fosse teso verso di lei, nel desiderio di possederla.
‘Mmmm a me non sembra proprio che non si possa fare, come dicevi prima’ disse maliziosa.
Davide tentò di mantenere una parvenza di controllo.
‘Ok, Martina’ora dammi i vestiti, così posso andare’sono già le 2 cazzo’!’
La ragazza, per contro, smise di stimolare il suo sesso già madido di umori, e si alzò, andandogli vicino.
Gli passò oltre, però, finendo davanti allo specchio vicino ad una piccolo scaffale, dandogli le spalle.
‘I tuoi vestiti li ho messi nella cabina armadio, ora ti faccio vedere dove’ gli disse, mentre afferrava la vestaglia, da sotto.
‘Ne approfitto per vestirmi a sto punto’come hai detto tu, sono già le 2’
Davide la vide mentre alzava la vestaglia, e la toglieva. Le forme sinuose che aveva potuto fortemente intuire fino a poco prima, erano ora dispiegate senza ostacoli davanti a lui.
La linea sinuosa dei fianchi scendeva dolcemente verso il culo tondo, mentre la schiena, inarcata e solcata ancora dal gancio del reggiseno nero, descriveva una linea centrale marcata che sembrava puntare proprio al solco tra le natiche, in cui si schiudeva il sesso della ragazza.
Martina si girò, guardò Davide e si fece rimirare in silenzio per secondi interminabili.
Lo sguardo di Davide non cedette a quella provocazione. Si accontentò di sfogarsi sul collo della ragazza, e sull’incavo del piccolo seno, rimasto stretto tra le coppe del reggi.
Martina, poi, avanzò verso di lui e lo oltrepassò, andando verso la cabina armadio.
Davide la seguì.
‘Scusa ma la luce non va’ disse, facendo entrare anche lui nella penombra della cabina.
Era una cabina armadio semplice, abbastanza piccola. Nelle piccole pareti a destra e a sinistra c’erano cassettiere e mensole, su cui si trovavano vari vestiti, mentre lungo la parete prospicente l’ingresso era posizionato un modulo con una barra d’acciaio per vestiti da appendere.
Martina si mise contro la cassettiera e le mensole alla loro sinistra, portando un braccio verso l’alto, indicando le mensole.
‘Li ho lanciati lassù, forse tu dovresti arrivarci’ gli disse, rimanendo appositamente ferma.
Davide dovette muoversi verso di lei. La affiancò e tastò con le mani sopra la mensola, senza trovare niente che potesse sembrargli vestiti appallottolati. Solo maglie ben piegate.
‘No non lì, proprio qua sopra’ gli precisò.
Davide, per poter raggiungere quel punto, sarebbe stato così costretto a mettersi dietro di lei, visto che la ragazza non sembrava avere intenzione di spostarsi.
‘Ok, sono proprio qua sopra? Puoi spostarti così li prendo?’ le chiese.
Martina non si mosse di un centimetro.
‘Fai pure, dovresti riuscire comunque a prenderli’
Davide non obiettò ancora, visto quanto era inutile negoziare con lei, e si mise dietro di lei.
Cercando di stare a distanza di sicurezza da quel magnifico culo nudo, si protese verso l’alto sopra di lei, per raggiungere la mensola.
A quel punto, Martina si piegò, facendo appositamente cozzare il suo culo contro il suo cazzo, sempre dritto ed eretto.
Davide non si scostò, continuando a frugare.
‘Dai’lo so che lo vuoi porco” gli disse, ancheggiando per stimolargli meglio il sesso, impiantato ora nel solco tra le natiche.
‘Lo so che vuoi scoparmi maiale’volevi farlo fin dall’inizio” continuò a sussurrare nella penombra, piegandosi sempre di più e oscillando per stimolarlo in maniera sempre più marcata.

Davide non aveva più modo di replicare, mentre si era ormai dimenticaro cosa stesse cercando.
‘Martina’cazzo”esalò lui, mentre la lasciava ancheggiare contro di sè.
‘Eddai su’lo so che lo vuoi porcellino’lo sento”
E a quel punto, Davide cedette. Quando mi ricapita di scopare un simile pezzo di figa?
‘No’eri tu che volevi farti scopare fin dall’inizio” le disse, afferrandola infine per i fianchi.
‘Sei solo una troia’ le disse, ‘una piccola troia del cazzo’.
Martina mugugnò, sentendo le sue mani che finalmente prendevano possesso dei suoi fianchi.
‘Si’sono la tua troia’ma ora scopami’ gli rispose.
Non vi erano più freni, superata quella soglia, e l’istinto animale ruggì dentro di loro.
Davide si piegò su di lei, prendendo a strusciarsi con maggiore vigore. Sentiva già ansimare la ragazza. Quindi, senza perder troppo tempo coi preliminari, prese il controllo del proprio cazzo e lo diresse verso la figa di lei, ora esposta al massimo grazie alla curva di 90 gradi che aveva assunto il suo corpo.
Prima di penetrarla, però, voleva sentirla con le dita, voleva toccare, palpare, strofinare quel piccolo frutto che lo aveva stuzzicato da quando aveva messo piede in quella casa quel giorno.
Sentì con indice e medio quanto fosse bagnata quella figa, quanto pronta fosse per poterlo accogliere. Le dita scivolavano talmente facilmente da consentire l’ingresso di una terza e una quarta senza alcun problema.
Intanto, Martina mugugnava davanti a lui. Davide, apposta, la fece attendere, trovando per la prima volta quel giorno una parvenza di controllo sulla situazione, proprio nel momento in cui era più evidente lo avesse perso.
Aspettò che lei si facesse ancora sentire.

‘Dai, muoviti, entra dentro” gli disse, portando dietro la mano per trovare e guidare il suo cazzo.
Lui gliela ritrasse, prendendosi la piccola rivincita nel negarle per una volta una sua richiesta. Nella poca luce della cabina armadio, si poteva vedere Davide sogghignare, pregustando con uno sguardo ferale il momento ormai imminente in cui avrebbe posseduto la marionettista.
Ormai, però, non poteva più resistere neanche lui, nello sfogare quello che dapprima era solo desiderio, mentre ora assumeva i contorni rabbiosi della punizione vendicativa da infliggere alla ragazza che, pur provocandolo oltre il sostenibile, lo aveva portato a cedere, ad abbandonare la retta via dell’uomo fidanzato.
La penetrò con ben poca dolcezza, trovando via libera. I colpi andavano fino in fondo, sottolineati dallo sbattere dei testicoli contro le sue cosce. Le mani la tiravano verso di lui, mentre il lupo prendeva possesso della pecora.
‘AH..AH’SI..SI’!’ ansimava Martina, le braccia protese sulla cassettiera, a mettere in subbuglio le felpe e le maglie piegate, nello spasmo della copula.
Davide, per contro, la possedeva in silenzio, pensando stupidamente che tanto più forte inferiva i colpi di bacino, quanto più lontano potesse spingere la consapevolezza di quella stupida scopata.
I colpi, dapprima moderati, divennero presto forti e concisi, quasi volesse scoparle più l’intestino che la figa.
Nel momento di massima spinta, la afferrò per i capelli, suggellando così il deciso cambiamenti di ruoli avvenuto durante l’amplesso. Le sfiorò il gancio del reggiseno, ma non lo levò.
Le saggiò i seni a più riprese, ma gli piaceva vederle la schiena in qualche modo fasciata in quel modo, lasciandole esposta ed accessibile solo la parte sottostante del bacino.
‘sei una troia vero? Volevi essere scopata VERO?’ le ringhiò contro, mentre sentiva la mensola su cui si poggiava Martina sbattere contro il muro.
Vedere il bacino di lei contorcersi preso da spasmi di godimento lo fece eccitare sempre di più, avvicinandolo già al momento finale, a quello che i francesi chiamano a ragione petite mort.
Si chinò quindi su di lei, facendo aderire il proprio busto contro la sua schiena.
Ormai Martina emetteva gemiti scomposti, pregandolo di continuare, di non fermarsi cazzo.
‘SI..SI’SI’ANCORA’ANCORA’!’
Erano ormai due scimmie nel pieno dell’accoppiamento. Davide si sporse ancora in avanti, appoggiandosi al mobile, in modo da poter arrivare a pompare al massimo. Martina, di contro, seguiva il suo ritmo, sentendosi stimolata in maniera esponenziale col passare dei colpi.
In quel preciso momento il corpo nudo di lei fu percorso da uno spasmo, mentre il cazzo di Davide fu inondato dagli umori sprigionati dal suo orgasmo femmineo.
‘AH’SI’SIIII’.!’ esalò lei.
Un’ancata particolarmente violenta fece sbattere violentemente la mensola contro la parete, e si udì il suono di qualcosa che si frantumava sul pavimento.
”mmmmmhhhh’.!’ esalò la ragazza, che accasciava la testa esanime contro le proprie braccia.
Anche Davide non si fece pregare.
Ormai aveva una mano tesa a stuzzicarle in maniera confusa clitoride e monte di venere e tutto ciò che si trovava attorno al pertugio caldo e arrossato della ragazza, dentro cui lui continuava a montare come un bonobo.
Anche a lui non mancava molto, ma rallentò per gustarsi meglio il momento.
Si prese il tempo per assaporare la vista della ragazza posseduta davanti a lui, che ancora, nonostante l’orgasmo, seguitava a piegarsi al ritmo dei suoi colpi.
Infine, Davide accelerò per arrivare al culmine.
‘AH’AH’!’
Le eiaculò dentro senza ritegno tutto quello sperma accumulato da quando l’aveva vista in vestaglia solo un paio d’ore prima, così sfacciatamente esposta davanti a lui.
‘AH’SI CAZZO” ringhiò lui, mentre la riempiva.
Come lei, si accasciò smorto sulla sua schiena, mentre il bacino rallentava lentamente il ritmo, decelerando per assecondare il maremoto di endorfine che prendevano possesso rapidamente del sistema di capillari sparso per il corpo.

Fu Martina la prima a destarsi tra i due, notando i cocci di qualcosa per terra.
‘Levati’ gli disse, divincolandosi dalla presa di un Davide, ancora in recupero.
La ragazza si chinò per terra, ancora un poco scoordinata, notando che durante i colpi della scopata era scivolata per terra dalla mensola una vecchia ocarina che le era stata regalata dai suoi genitori quando era piccola. Ormai, era irrimediabilmente in pezzi.
Ne prese i cocci, e sparì dalla cabina armadio.
Davide riprese poco a poco coscienza di sè. Non sapeva più che ore erano e momentaneamente cosa ci facesse lì.
Poi riacquistò il senno, e arrancò verso il salotto.
Ancora nudo, arrivò in cucina, dove ritrovò tutti i suoi attrezzi e il borsone ancora aperto. Dentro gli parve di vedere come i cocci di qualcosa.
‘Si è rotta mentre mi scopavi senza un minimo di ritegno. Aggiustamela poi riportamela’ gli disse fugacemente Martina, in piedi vicino a lui.
Davide non capiva, ma sentì l’impellente bisogno di bere. Aprì il frigo e trangugiò ciò che rimaneva di quella bottiglia d’acqua già precedentemetne svuotata prima.
Poi diede uno sguardo all’orologio a parete.
Erano le due e mezza.
Le-due-fottutissime-e-mezza.
Quella constatazione lo fece svegliare del tutto, e andò di getto in camera di Martina a riprendere la tuta.
Ma’si poteva sapere dov’erano sti cavolo di boxer e sta maglietta?
Davide si precipitò nuovamente in cucina, ma, prima di poter chiedere alcunchè a Martina, fu lei stessa a bloccarlo, in piedi davanti alla porta di casa. La stava aprendo.
‘Ora te ne devi andare, mamma sarà qui tra poco’ gli disse poi Martina, tranquillamente.

Cosa? Come’

‘Ti ho detto una cazzata. Lei al massimo alle due stacca e torna a casa. Mi sa che ho sentito già il box aprirsi e penso salirà tra poco’

Ma guarda te, che cazzo di stronza!

Davide non se lo fece ripetere due volte, non aveva neanche il tempo di andare in bagno per pulirsi un attimo. Prese il borsone e le disse.
‘La mia roba, dammi la roba la maglia e i boxer..!’ le ringhiò contro.
Martina lo guardò, con quell’espressione atona che aveva ormai imparato a conoscere.
‘La tua roba’? Ah dici maglia e mutande’ah boh non ricordo dove le ho messe” rispose lasciando trasparire una punta di sadico divertimento. Aggiungendo, ‘Devi muoverti, mamma sta salendo’
Davide avrebbe voluto prenderla a schiaffi, ma non aveva tempo per quello. Doveva volatilizzarsi all’istante cazzo. Non che ci sarebbe stato niente di strano se la mamma di Martina lo avesse trovato lì mentre usciva dopo aver riparato il lavadino, ma lui era sicuro che si leggeva sulle loro facce, sui loro capelli scomposti, il fattaccio appena compiuto.

Inforcò la tuta fregandosene del destino di ciò che indossava prima, prese il borsone, e si avviò deciso alla porta.
La aprì, ma Martina lo bloccò sull’uscio.
‘Aspè tieni, un regalo’ gli disse, ficcandogli nel borsone un oggetto che lui non mise subito a fuoco ‘Le ho tolte quando hai citofonato’ gli disse abbozzando un sorriso diabolico.
Erano le sue mutandine. Nere. Le stesse che lui aveva pregato indossasse mentre sistemava il lavandino.
Davide la squadrò per un secondo interminabile’condensò tutte le parole più spregevoli che gli venivano in mente in uno sguardo che sperò essere duro e accusatorio, poi inforcò la porta di casa e uscì subito.
Una volta in macchina, schizzò via da lì, e, a qualche via distanza percheggiò. Per fortuna aveva nel cruscotto un pacchetto di fazzoletti, con cui riuscì perlomeno a pulire il grosso dei liquidi che si erano già rappresi sulle cosce e attorno al cazzo.

””””””””””””””””’

‘Porcatroia porcatroia porcatroia’!’

Davide continuava a imprecare durante il tragitto del ritorno in macchina, senza sosta, come se le parolacce potessero in qualche modo cancellare ciò che era da poco successo, ammorbando con il loro potere catartico le ore precedenti per espellerle fuori dal tempo.
Un rapido sguardo alla sua destra. Dal borsone degli attrezzi, aperto sul sedile del passeggero, spuntavano inquisitorie un paio di mutandine nere, una risma di fazzoletti accartocciati e i cocci di un’ocarina di modeste dimensioni.
Sotto la tuta da idraulico il prurito lo pizzicava ogni tanto, un po’ dappertutto, probabilmente a causa del fatto che quello era l’unico indumento che indossava eccezion fatta per calze e scarpe, e l’attrito del tessuto ruvido contro la cute sprigionava piccoli echi di fastidio.

‘Porcatroia porcatroia porcatroia’!’

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