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Racconti Erotici Etero

L’ufficio e la responsabile amministrativa

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Lavoro in una società che costruisce e progetta capannoni prefabbricati industriali; essendo geometra, faccio parte dell’ufficio tecnico, la società conta ben 80 dipendenti, divisi fra ufficio e produzione.

In ordine di tempo sono l’ultimo assunto, anche se ormai &egrave quasi un anno che lavoro per questa ditta.

Mi ricordo che il primo giorno sono stato subito accolto molto bene dai miei colleghi, questo mi ha facilitato molto nel mio inserimento.

Tutti si sono subito prodigati in consigli e aiuti fin da subito. Mi ricordo ancora uno dei primi consigli che mi hanno dato: < stai alla larga dalla responsabile amministrativa, perché &egrave una rompicoglioni, e se ti prende di mira hai finito di lavorare tranquillo.>.

Queste parole mi spaventarono perché non le disse solo una persona, ma tutti i miei colleghi.

La responsabile amministrativa si chiama Elisabetta, &egrave la classica zitellona di 45 anni, che non sfogandosi sessualmente usa tutta la sua frustrazione per rendere la vita difficile agli altri. Anche se tutto sommato bisogna dire che &egrave una bella donna, abbastanza alta e con un corpo ben tornito, un bel culetto sempre in mostra e due tette enormi anche se non più splendenti come ai tempi della gioventù.

Una cosa che capii subito di lei fu il suo modo di fare impiccione, tutte quello che succedeva in ufficio doveva saperlo, e non lesinava in rimproveri e commentacci in presenza del direttore, per screditare i suoi colleghi.

Devo dire che per mia fortuna sono stato preso in buona da lei, forse il fatto che la maggior parte dei miei colleghi sono donne giovani e carine e i maschi hanno ormai una certa età ed io sono appena 25enne e prestante fisicamente, tutti questi fattori insieme mi hanno aperto la strada fra le sue grazie.

Dopo circa sei mesi che lavoravo in questo ufficio venni a sapere dai miei colleghi che Elisabetta mi faceva dei complimenti, diceva che ero un ragazzo serio di cui ci si poteva fidare e che ero anche molto carino ed educato (per questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno cresciuto in modo semplice e rispettoso verso gli altri).

Potete immagine i miei colleghi da quel giorno iniziarono a prendermi in giro, dicendomi che ero un leccaculo, di stare attento che prima o poi mi avrebbe stuprato, se non l’avesse gia fatto e robe di questo genere. Le prime volte mi incazzai un po’ con i miei colleghi perché mi prendevano in giro, ma poi per non dargliela vinta ribattevo che era vero, che me la scopavo e decantavo le sue doti di porca, per fare stare zitti i miei colleghi, e dopo ci ridevamo su insieme (devo dire che dopo mi hanno lasciato in pace).

Dopo circa un mesetto, un giovedì dovetti fermarmi fino alla sera per finire un progetto urgente, neanche a dirlo anche Elisabetta quella sera si fermò fini a tardi.

Verso le dieci di sera, sentii il mio telefono squillare, sul display apparve: chiamata da interno 12. Indovinate di chi era? Alzo la cornetta, e sento la voce di Elisabetta che in tono duro mi chiede, anzi mi ordina, di andare nel suo ufficio che doveva parlarmi di una cosa importante.

Appoggiai gli occhiali sulla scrivania, e con fare lento e scazzato mi avviai all’ascensore, infatti il suo ufficio &egrave al terzo piano, quello dei dirigenti.

Quando arrivai fuori dal suo ufficio notai la porta socchiusa e sento la sua voce che confabula con qualcuno al telefono, allora busso prima di entrare’mi disse:< aspetta un attimo >‘ odio quando qualcuno ti chiama e dopo ti fa aspettare.

Passarono dieci minuti, e la telefonata era finita da cinque, quando sentii:

Questo mi lasciò sorpreso, perché avrei dovuto chiudere la porta non c’era nessuno in ufficio, comunque entrai, chiusi la porta alle spalle e disse:

< mi dica signora, di cosa ha bisogno?>

< vorrei chiederti una cosa personale -iniziai ad agitarmi- ho sentito strane voci e bisbigli che riguardavano me, anzi noi due, ne sai niente?>

Con voce tremante le risposi:

< no'no'non..so'non so niente di queste voci'>

< a sì, non sei andato in giro a dire che mi avevi scopata o robe del genere?>

Chi cazzo avrà parlato dei miei colleghi, pensai infuriato tra me e me, e risposi, colto alle strette, con tutta sincerità:

< no'veramente sì'le ho dette'perché be'.i colleghi mi prendevano in giro perché lei mi aveva fatto dei complimenti, non la smettevano più, mi davano del leccaculo, ed io per farli stare zitti, un giorno ho risposto con quelle parole, ma per scherzare e lasciarli ammutoliti'.>

Mi guardò con uno sguardo severo ed incazzato, volevo sprofondare, pensai, adesso mi tocca cercarmi un altro lavoro, adesso mi fa licenziare.

Ripresi: < mi scusi ho sbagliato, non dovevo dire quelle sciocchezze'>

Mi interruppe: < non ti preoccupare Simone, per questa volta faccio finta di non aver sentito niente'.ma alla prossima mi incazzo davvero!>

Risposi : < non si preoccupi non succederà, e la prego di accettare le mie scuse'.>

Disse: < accettate'- poi mi chiese- .. come ti trovi qua con noi?>

Solo allora un po’ più sollevato iniziai a guardarla, quel giorno era più bella del solito, aveva i capelli lunghi fino alle spalle, neri e lucidi, un filo di trucco che accentuava i suoi occhi verdi, ed un vestito blu giacca-gonna, con sotto una camicetta di seta azzurra, portava delle calze velatissime blu come le scarpe con il tacco alto. Per l’emozione del scampato pericolo, e per quella visione il mio membro, iniziò a vibrare sotto i pantaloni, ed in pochi secondi si intravedeva il bozzo, arrossii.

Così un po’ imbambolato ed imbarazzato le risposi:< mi trovo molto bene, tutti i colleghi sono fantastici, - mi scappò inoltre- i dirigenti sono molto buoni, ed oggi ne ho avuto ancora la conferma.> sperai non si fosse accorta del mio titubare e del mio rigonfiamento.

Disse, con una strana luce negli occhi ed un sorriso che mi sembrò malizioso,: < ora puoi andare che non si ripeta più'intesi?>

Di rimando dissi: < intesi'.anche se non mi sarebbe dispiaciuto'>

Che cazzo avevo detto, per poco non svenni ripensando a quelle parole pronunciate, più dal mio uccello che dalla mia bocca, diventai rosso.

Disse: < cosa hai detto'anzi cosa vorresti intendere con quelle parole?>.

Ero rosso dalla vergogna e dalla rabbia, ma eccitato e confuso dalla sua bellezza e da i miei ormoni impazziti, e risposi: < no'&egrave che'che volevo dire che lei &egrave una bellissima donna e'. e non mi dispiacerebbe..si insomma'non mi dispiacerebbe fare l'amore con lei'>.

Rimase zitta, e il suo sguardo serio mi scrutava, sembrava non avere emozioni era come impietrita e mi fissava. Cercavo di distogliere i miei occhi dai suoi. Me la stavo facendo sotto’..

Riuscii a biascicare solo un: < scusi signora'..mi 'mi dispiace '> e corsi fuori dal suo ufficio.

Dopo pochi attimi mi ritrovai nel mio ufficio con il fiatone per la corsa giù dalle scale, chiusi a chiave e mi sedetti per terra con le spalle appoggiate alla porta, morivo di vergogna, ma morivo anche di voglia , il mio pene gridava e urlava vendetta chiuso e schiacciato dentro i pantaloni, un turbinio di pensieri si mescolarono nella mia testa, uno era sicuro sarei stato licenziato.

Passai circa dieci minuti lì seduto, non sapendo cosa fare, e mi accorsi che il mio gigiotto era ancora duro e pensai, visto che mi licenzieranno tanto vale spararsi un bel segone sui documenti dell’ufficio, slacciai i pantaloni abbassai i boxer neri attillati che mi aveva regalato la mia ex, e inizia piano piano a masturbarmi.

Dopo pochi colpi sentii bussare alla porta’PANICO’.chiesi con voce molto titubante: .

Dall’ altro capo della porta sentii:< sono Elisabetta, Simone stai bene, perché ti sei chiuso a chiave?'>.

Ero nel panico totale, rimisi il mio “arnese da scasso” nei pantaloni. Mi sistemai in qualche maniera, e rosso in volto per la vergogna, aprii la porta.

Vidi il suo sguardo severo scrutare tutta la mia figura, e quasi di istinto e rabbia dissi: < ormai sono licenziato, ma almeno una scopata me la sarei proprio meritata?>‘ero scemo, pensai tra me e me adesso mi denuncia pure’.

Invece con mia grande sorpresa e gioia disse: < era tanto che aspettavo questa domanda, certo che meriti una bella scopata, e se vuoi non sarà solo una, perché di certo non ti licenzio, a meno che non sarai in grado di farmi godere'>

Pensai, < minchia che porca>, invece dissi: < certo che ti farò godere, &egrave parecchio tempo che pensavo a come sarebbe stata la nostra prima volta, ho in mente molti giochini, non ti deluderò'promesso..>.

Disse: < ci conto, prendimi sono tutta tua, poi fai alla svelta se no mi perdo la tua prima sborrata e venti minuti che &egrave in piedi, fra un po' vieni nei pantaloni'.>

Con fare disinvolto sfoderai la mia spada, devo dire che per mio sfortuna non dispongo di un’arma eccezionale, però ricorderò sempre una frase che mi disse una mia ex, “non lungo che sfondi, non corto che tappi, ma duro che duri'”, e sulla durezza garantisco.

Non feci tempo a dire niente, che era già nella sua calda bocca, ed intravedevo già sbavature di rossetto sull’asta.

Con fare esperto e ritmato iniziò dapprima a leccarlo, per poi prenderlo tutto nella sua calda ed umida caverna dentata. Ero gia in estasi completa, non ci misi molto a venire’..un fiotto di sperma si stampò direttamente sulla sua ugoletta, il secondo e gli altri le riempirono la bocca, e per poco non soffocava.

Molto diligentemente non sprecò neanche una goccia, ed ingoiò tutto di gusto.

Con fare quasi arrogante mi disse: < non c'e' male, un pisello normale ma molto duro, uno sperma gustoso, mi hai fatto bagnare senza toccarmi, quindi non verrai licenziato, però adesso voglio venire io'mi raccomando impegnati, ricordati che sono io che firmo gli stipendi'.>.

Non sapevo se era un bene od un male questa sua affermazione, però sono sicuro che se mi fossi impegnato al massimo con lei, anche il mio stipendio sarebbe andato bene.

Mi disse ancora: < visto che hai fatto già dei sogni su di me, dove vorresti scoparmi???'>.

Ci pensai un secondo e dissi: < lei &egrave una persona importante, e fare sesso sulla scrivania di un impiegato sminuirebbe il suo potere, che ne dice sulla scrivania del direttore generale'??..>.

Notai che le mie parole l’avevano colpita parecchio, sapevo della sua sete di potere, e ciò la mandò in estasi.

Mi prese per mano, e mi tirò verso l’ascensore, la fermai e le dissi: < perché non facciamo un giochetto, tu mi precedi nell'ufficio del direttore, mi chiami qui nel mio ufficio, e mi convochi da te, poi mi minacci con..ad esempio'se non fai l'amore con me e tutto quello che ti chiedo ti licenzierò'eccetera, quello che ti senti di dire, deve sembrare quasi che mi stupri, vedrai sarà divertente, diventerò il tuo schiavo'.>.

I suoi occhi si illuminarono, sentiva già che il potere le avrebbe fatto accrescere il desiderio, e mi ringraziò per la mia idea e disse: < sono già tutta bagnata fai presto, e se continui con questi tuoi giochetti e fantasie, non si sa mai, un aumento ci potrebbe stare, che ne dici.??>.

Non risposi ma feci un enorme sorriso, capì, e corse dentro l’ascensore.

Mi recai nel mio ufficio in attesa della sua chiamata, però pensai &egrave meglio fare una polizza di assicurazione che mi garantisca il posto di lavoro, presi il mio registratorino portatile, misi una cassettina nuova provai a registrare, questo era la mia assicurazione sulla vita. Infatti pensate, con il giochino che avevo creato, sarebbe rimasto inciso sul nastro la sua minaccia, e se mi avessero licenziato, casualmente sarebbe finita ai giornali e alla polizia. Che bastardo che sono, ma devo anche pensare al mio futuro.

Arrivò la chiamata, misi il viva voce e risposi, con l’accortezza di fare partire il nastro.

Dissi: < mi dica direttore, no sono Elisabetta la responsabile amministrativa, venga subito nell'ufficio del direttore, le devo comunicare una notizia imoportante.>.

Le risposi: < certo signora, sarò subito da lei.>.

Appesi la chiamata, misi il registratore nella tasca della giacca, e andai verso l’ascensore.

Bussai alla porta dell’ufficio ed una voce disse: < avanti Simone, entra pure ti sto aspettando.>.

La voce era un po’ tetra e risultava molto arrogante, per lei non era difficile.

Appena entrato, vidi che era seduta sulla poltrona in pelle del direttore, e disse: < accomodati pure, devo riferirti una cosa importante >.

< dica pure signora ' le dissi-, c'e' qualcosa che non va?>.

Rispose, con fare molto scenografico, per me era il massimo, più che altro per il registratore che portavo nella tasca della giacca.

< caro Simone arriviamo subito al dunque non mi piace perdere tempo, ho voglia di scoparti, di usarti come meglio credo per tutti i miei giochi erotici, voglio che tu sia il mio schiavetto, e se non lo farai,per te vorrà dire il licenziamento e chissa anche una bella denuncia per tentata violenza sessuale'.>, < a io farei violenza sessuale a lei, mi sa che &egrave lei che la fa me'>, mi interruppe: < &egrave la tua parola contro quella della responsabile della ditta, a chi credi che daranno ragione? >, feci la faccia sbigottita, e recitando per il registratore, dissi quasi piagnucolando: < quindi non ho scelta, ho faccio come dice lei, ho sono finito'???>.

Lei, con un ghigno, disse:< hai proprio ragione, non hai alternative, anzi ti dirò di più, ti voglio adesso subito, su questa scrivania del direttore.>.

Spensi il registratore, quello che mi serviva era inciso, poi adesso, avevo voglia di scopare, e non potevo registrare quanto godevo, sarebbe stato controproducente.

Spinse indietro la sedia, e dischiuse le gambe in modo che io vedessi, sotto la sua gonna blu. Aveva gambe bellissime, il mio uccello, era già sull’attenti. Man mano che apriva le gambe riuscivo a vedere sempre di più, ormai avevo capito che portava le autoreggenti, perché si vedeva la fascia elastica di pizzo che faceva risaltare la sua pelle interno coscia bianca.

Non riuscivo a resistere volevo introfularmi fra quelle gambe, ma il gioco doveva essere lungo, perché appena alzato, mi disse di sedermi e guardare mentre si spogliava e aggiunse che mi dovevo masturbare davanti a lei.

Con tutte le cosce in vista e le mutandine di raso blu che si intravedevano, iniziò a togliersi la giacca, inarcando il petto, mettendo così in evidenze le sue enormi tette, -che voglia di una bella spagnola- pensai.

Continuò lo strip con la camicetta, erano interminabili i minuti che ci mise, per slacciare i cinque bottoni della camicia, l’ultimo saltò all’improvviso, e le sue poppe balzarono di fuori, erano veramente enormi ed i capezzoli erano già ritti come dei chiodi. Continuavo a segarmi, il mio pisello era diventato duro come non mai.

Toccò al reggiseno, volò via anche quello e le sue tettone, devo dire non più molto sode, ma sempre molto belle, mi apparsero davanti, la mia mano prese un ritmo velocissimo, volevo che il mio seme caldo si spargesse su quel seno fantastico ed enorme, e così fu.

Mi avvicinai alla sedia, appoggiai il mio matterello fra le sue zinne, e lei le restrinse con le mani e mi fece una spagnola stupenda, regolandomi ogni tanto qualche lappata di lingua sulla mia cappella.

Dopo pochi minuti come un vulcano esplosi, inondando il suo petto con tutta la mia liquida mascolinità. Con le sue mani si spalmò il mio seme su tutto il corpo, mentre la mia lingua inizio ad accarezzare i suoi capezzoli, i miei denti li mordevano e li tiravano, e lei gemeva, godeva, si bagnava. Passai più di dieci minuti a leccargli le tette ed il collo, mentre la sua mano si era infilata nelle mutandine e si stava masturbando.

Adesso toccava a me, adesso dovevo farla godere adesso doveva essere mia, pensai.

Con un gesto misto fra contorsionista e illusionista le sfilai la gonna e le mutandine, la presi per mano e la feci sdraiare sulla scrivania, il contatto della sua schiena calda con il piano freddo, la fece gemere ed inarcare la schiena. Le allargai le gambe ancora fasciate dalle autoreggenti, e mi chinai con la testa sul suo paradiso, e con colpi esperti di lingua iniziai a farla godere.

Infatti la cosa che più mi piace fare alle donne &egrave leccare , passerei ore a leccarle per dargli piacere.

La mia lingua si muoveva su tutto il suo interno coscia, non arrivai subito a destinazione, me la presi con calma volevo portarla all’apice dell’orgasmo solo giocando esternamente, volevo che lei mi pregasse di possederla, in poche parole volevo farla impazzire.

La mi lingua dopo parecchi minuti raggiunse le sue calde labbra intrinse di umori, i suoi occhi erano chiusi era vicina all’orgasmo, la schiena era inarcata, era giunto il momento di farla urlare. Con un colpo secco la mia lingua affondò nella sua vulva, iniziò a roteare dentro, e si riempi di caldi umori’.poi’un grido’un sospiro’il suo corpo si irrigidì’fu un orgasmo lungo’.dopo esausta si accascio sul piano della scrivania, con gli umori che lo imbrattavano.

Rimase distesa per dieci minuti, mentre le mie mani la accarezzavano. Dopo si mise seduta, mi guardò con uno sguardo soddisfatto e disse: < sei stato fantastico, la tua lingua &egrave magica, non ho mai goduto così tanto, -aggiunse-, meriti proprio un premio'>, e io le chiesi: < che premio?>, < te ne accorgerai con la prossima busta paga'.ma ricordarti che stasera &egrave solo l'inizio, dobbiamo ancora scopare, e fare mille altri giochi, ora sono stanca era tanto che non venivo così'.vai, e domani come se niente fosse successo, mi raccomando..>.

Sentivo già l’odore dei soldini extra, ma soprattutto mi accorsi che volevo lei, volevo possederla, scoparla, amarla.

Mi rivesti, le diedi un caldo bacio sulla guancia e la salutai.

Quella sera andai a casa contento in primis per la bella spagola, poi per l’aumento dello stipendio in più avevo sempre la mia polizza di assicurazione.

‘to be continued’

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