Skip to main content
Racconti Erotici Etero

L’ufficio

By 18 Luglio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Lunedì mattina.
I postumi di un lungo week end che si fanno sentire.
Seduto alla sua scrivania, Dago lottava con la voglia di una sigaretta e la voglia di non fare un bel niente. Chiuse gli occhi per un istante ricordando alcuni piacevoli momenti dei giorni precedenti, disteso sulla spiaggia a prendere il sole, belle ragazze in bichini ridottissimi da guardare, quella ragazza conosciuta prima al bar, e poi approfondito la conoscenza a casa.
Riaprì gli occhi e osservando la pila di carte sulla scrivania. Sbuffando iniziò a sfogliare le carte cercando di decidere cosa farne, dividendole in due mucchi: posso provare a farlo, non ho voglia di provare a farlo.
Soddisfatto di questo suo primo sforzo decise che era giunto il momento di farsi un caffé. Digitò due numeri sul telefono chiamando l’interno di Elena, la sua segretaria ‘Elena per favore, mi puoi portare un buon caffé ? Ne ho proprio bisogno.’
Elena lavorava con Dago da 2 anni. Aveva imparato a gestire il suo carattere scostante, ora contagiosamente allegro e spiritoso e poi improvvisamente lunatico e burbero. Aveva imparato ad apprezzare la sua capacità ad organizzare il lavoro degli altri, motivando e creando un gruppo affiatato, distribuendo i meriti anche davanti ai grandi capi, cosa che la rendeva orgogliosa di lavorare per lui, che gli faceva chiudere un occhio quando aveva la netta impressione che non stesse facendo niente, anche perché sapeva risolvere qualunque problema brillantemente in poco tempo.
Lentamente era si era lasciata affascinare da quel uomo, coetaneo, non bello, ma con un carisma particolare. Le cose che più l’avevano affascinata erano i suoi occhi, il movimento delle sue mani ma soprattutto la sua voce.
Anche adesso, solo sentirlo chiederle il caffé, le aveva dato un piccolo brivido.
‘Te lo porto subito!’ aveva risposto dopo essere riuscita a domare quel brivido nello stomaco.
Elena era una bella donna, i capelli neri e mossi, un filo di trucco ad esaltare i lineamenti dolci del viso e un corpo asciutto e ben tornito. Era molto orgogliosa del suo abbondante decollet&egrave che metteva spesso in bella mostra con abbondanti scollature.
Dago aveva spesso lasciato indugiare il suo sguardo sulla sua segretaria, cercando di non farsi sorprendere con scarsi risultati. Spesso si era ritrovato a immaginare scene tipo quelle che si leggono nei giornalini erotici con roccambolesche prestazioni sulle scrivanie dell’ufficio, ma aveva sempre preferito mantenere un certo contegno in ufficio. Non voleva rovinare l’ottimo rapporto che avevano. Questo però, vista anche la buona intimità che avevano raggiunto, chiamiamola pure amicizia e stima, non gli vietava di giocare spesso con le parole sul filo del doppio senso, facendola spesso arrossire.
Senti due colpi alla porta e poi la vide subito aprirsi. Elena entrava con il vassoio in mano con due tazzine di caffé. Spesso si concedevano quei 5 minuti assieme di relax.
Dago la osservò entrare. Adorava vederla camminare sui tacchi che portava spesso, osservava le sue gambe e il dondolare dei suoi fianchi che riteneva molto sensuale e che gli accendeva sempre mille desideri.
Si alzo dalla scrivania andando a sedersi dall’altra parte deve c’erano 2 sedie, mentre Elena appoggiava il vassoio sulla scrivania a portata di entrambi. Anche Elena aveva l’aria di chi aveva passato un week end stancante.
‘Uhm, che hai fatto in questi giorni per avere quest’aria imbronciata ?’
‘Prendendo la propria tazzina e iniziando a mescolare lentamente Elena alzò gli occhi assonnati su Dago ‘Nulla di particolare, più che altro ieri sera i miei vicini hanno festeggiato un compleanno fino a tardi e non mi hanno fatto chiudere occhio.’
Accavallò le gambe tranquilla. La leggera gonna con l’ampio spacco offrì una generosa vista per un tempo sufficiente per Dago per accarezzarle la coscia con gli occhi, prima che lei pudicamente richiudesse lo spacco.
‘Tu invece cosa hai fatto?’ disse Elena portando la tazza alle labbra
‘Le solite cose, sono andato al mare, nuotate, spiaggia e le solite serate con gli amici’ certo non poteva raccontarle della biondina che si era portato a letto sabato sera.
‘mmmm, con quella faccia li, non me la racconti giusta.’ Elena lo fissava da sopra la tazzina sorseggiando il caffé e sorridendo.
‘Mi appello al quinto emendamento’ rispose sorridendo e lasciando intendere che ci fosse stato molto di più. Rimasero per qualche istante a fissarsi nascondendosi dietro le tazzine, osservandosi, quasi studiandosi.
‘Un penny per i tuoi pensieri’ ruppe il silenzio Dago, che si sentiva osservato in maniera strana da Elena quella mattina. Mentre aspettava la risposta della donna, non riuscì ad evitare di lasciare correre lo sguardo sul suo corpo.
Una semplice camicetta gialla, corta, che lasciava intravedere il reggiseno di pizzo e un po’ di pancia. La gonna leggera che seguiva le sue forme, per finire ai suoi piedi, infilati in un paio di sabo dal tacco alto. La sua pelle leggermente abbronzata, dall’aspetto cosi liscio, rendeva il tutto ancora più attraente.
Elena lo osservava mentre appoggiava la tazzina vuota sul vassoio, poi con naturalezza si stiracchio lasciando che Dago osservasse meglio il suo corpo ‘Nulla, ho solo sonno’
Dago decise che era inutile tentare di sapere di più. Parlarono per qualche minuto di lavoro, decidendo quali cose erano più urgenti da fare e poi si lasciarono.

Dago cercava di lavorare, ma adesso aveva un motivo in più per non avere voglia. La sua mente continuava a costruire immagini con il corpo di Elena, La sua camicetta che si apriva, Le sue mani che accarezzavano le gambe della donna, fino a infilarsi sotto la gonna. La cosa che più lo turbava era il fatto che in due anni, nonostante avesse da sempre ritenuto attraente Elena, era la prima volta che si ritrovava a fare di questi pensieri su di lei.
Nella sua mente martellava la curiosità di sapere come poteva essere accarezzarla, il sapore dei suoi baci. Man mano che il tempo passava, nonostante cercasse di concentrarsi sul lavoro, le curiosità continuavano a crescere. Il sapore della sua pelle, la forma dei suoi capezzoli, il sapore dei suoi umori.
Sbuffando e sbottando un ‘Basta!’ ad alta voce cercò di riprendere il controllo. Alzò gli occhi all’orologio appeso alla parete di fronte e vide con piacere che era giunta finalmente l’ora della pausa. ‘Un’ora e mezza, forse passandola nel parco a passeggiare riesco a togliermela dalla testa’ mormorò. Il trillo del telefono sulla sua scrivania lo irretì immediatamente. Chi cavolo lo cercava a quell’ora ? Era tentato di ignorarlo ma quando vide che la chiamata arrivava dalla sala riunioni la cosa lo incuriosì. Alzo il telefono &egrave emise un semplice ‘Pronto ?’
‘Puoi venire un momento in sala riunioni ?’ la voce che non si presentava lo prese alla sprovvista, gli ci volle qualche istante per riconoscere Elena. ‘Va bene ” evitò di chiederle il motivo, il tono era strano. Prese la giacca appesa alla poltrona e a lunghi passi raggiunse la sala riunioni.
Elena era in piedi che dava le spalle all’ingresso. Dago chiuse la porta. Cera qualcosa di strano nell’aria. Rimase vicino alla porta chiudendola alle spalle ‘Che succede ?’
‘Ho visto, sentito come mi guardavi questa mattina’ Elena parlava restando rivolta verso il vetro. Il suo corpo era teso, le braccia conserte. ‘Non posso continuare così!’
Dago non capiva il significato di quello che lei stava dicendo, dove volesse arrivare. Cosa era successo di diverso, di particolare quella mattina ? Cercava di ricordare ma no, non gli sembrava, non era la prima volta che aveva ammirato spudoratamente il bel corpo di Elena. ‘Non puoi continuare ‘ cosa ?’ mormorò non riuscendo proprio a capire cosa le stesse passando per la testa.
Elena si voltò fissandolo per qualche istante poi le dita iniziarono a slacciare la camicetta.
‘Elena ” tentò i dire qualcosa, quasi avesse paura di quello che sta per succedere.
‘Zitto e fermo dove sei!’ il tono non concedeva repliche. Dago si appoggiò alla porta, gli occhi ipnotizzati da quelle dita che non si fermavano. I bottoni si aprirono uno dopo l’altro, la camicetta cadde a terra, lasciando che il solo reggiseno di pizzo coprisse i suoi seni abbondanti. Poi venne il turno della gonna, accompagnata sapientemente lungo i fianchi, a scoprire piano piano il resto della biancheria intima e le calze autoreggenti.
Con gesti studiati, lenti, lasciò cadere a terra anche la biancheria intima e si avvicinò al tavolo delle riunioni.
Il sudore imperlava la fronte di Dago, il corpo teso dall’eccitazione di quello spettacolo inaspettato. Fece per muovere un passo verso quel corpo statuario che finalmente gli si rivelava in tutta la sua bellezza e sensualità.
Elena appoggiò la mano sul telefono. ‘Se ti avvicini urlo nell’interfono e ti accuso di molestie!’ il suo sorriso, quegli occhi sicuri e determinati non lasciavano spazio al dubbio che lo avrebbe fatto.
‘TI ho fatto venire per farti vedere che posso essere molto di più di una semplice segretaria.’
Mentre parlava si sedette sul tavolo, usandolo come il palco di un locale lap dance. Le gambe aperte a mostrare tutta la sua femminilità, le mani che accarezzavano le sue curve, quella pelle che sembrava di velluto.
Dago sentiva la gola secca. Il cervello, sempre pronto e rapido a trovare soluzioni si era preso una lunga pausa distratto dalla vista di quel corpo. Continuava a deglutire il nulla. Le mani, sudate per l’emozione, che avrebbero voluto accarezzarla, toccarla, che si contraevano afferrando il nulla.
I seni, sotto le sue carezze, erano diventati ancora più turgidi e sodi, ed i capezzoli erano diventati scuri e dritti. Lei lo fissava mentre li strizzava e avvicinava alla bocca per renderli lucidi e ancora più provocanti con sapienti tocchi di lingua.
Poi le mani avevano iniziato a scivolare verso le sue cosce, con spietata lentezza.
‘Non immagini quante volte ho sperato che quegli sguardi e quelle battute si trasformassero in qualcosa di più, non puoi immaginare quanto ho aspettato, quanto ti ho aspettato.
Un dito era scivolato tra le labbra, aveva raccolto mostrandogliela un po’ di rugiada che aveva portato alla bocca e succhiato voluttuosamente. ‘Non immagini quanto avrei voluto che mi assaggiassi ”
Le dita poi avevano cominciato a diventare decisamente più audaci, penetrandola, aprendola, facendola gemere ‘
Le era costato un grosso sforzo prendere quella decisione. Non era nella sua indole quel esibizionismo, ma la disperazione a volte porta a prendere drastiche decisioni. E nonostante l’imbarazzo, mischiato al piacere che le sue dita sapevano darle a memoria, la cosa più eccitante era vederlo li, vedere i suoi occhi, leggere la sua sorpresa e al sua eccitazione in ogni movimento, in ogni respiro.
Ascoltando la sua voce venire da lontano si senti pronunciare il suo nome ‘Elena ‘ ‘ con un filo di voce, quelle 5 lettere avevano preso una dolce musicalità come mai prima.
Le gambe si aprirono ancora di più, le dita affondarono più decise. ‘Ripetilo ‘ ancora ‘ ‘
Non aveva mai pronunciato il suo nome con quel tono, con quell’enfasi. I suoi occhi e le sue parole diventarono carezze impudiche che aumentarono il suo piacere. Dovette fare uno sforzo per impedirsi di raggiungere subito il piacere.
Si inginocchiò sul tavolo, il viso appoggiato sul piano, il sedere in bella mostra anche la fessura oramai gonfia e gocciolante. Lo teneva d’occhio tra le sue gambe. Noto con piacere che aveva infilato una mano in tasca e che quella mano non restava ferma.
‘Non ti azzardare a venire!’ le disse senza cambiare tono di voce.
Il suo sguardo cadde su uno dei grossi pennarelli che venivano utilizzati per la lavagna a fogli. Lo raccolse e inizio a strofinarlo tra le labbra. Dago face per muoversi. La mano scatto fulminea verso l’apparecchio telefonico. ‘Lo faccio, non ci provare!’ gli occhi, da carichi di desiderio, fiammeggiarono la sua determinazione. L’uomo si appoggio alla porta, quasi avesse paura che qualcuno potesse entrare da un momento all’altro ‘Perché mi fai questo ?’ mormorò. La disperazione del desiderio di quel corpo trapelava da quel corpo.
‘Te l’ho detto. E’ la punizione per avere pensato a me solo come una segretaria. Sono due anni che vivo aspettando solo un tuo minuscolo cenno.’ Il pennarello riprese a muoversi, scivolò dentro. Gli occhi di Elena tornarono languidi.
‘Io ‘ io ‘ non mischio mai lavoro e piacere, lo sai ” tentava una disperata difesa, anche se sapeva che era molto debole.
‘Balle ‘ il pennarello oramai scivolava avanti e indietro tutto ‘ lo sanno tutti di Rachele, e lei va ancora in giro a vantarsi di quanto &egrave successo’
Lasciando il pennarello al suo posto, la mano era scivolata tra i glutei e le dita avevano iniziato a giocare con il buchino, accarezzandolo, stuzzicandolo, ma soprattutto facendo crollare le ultime deboli difese di Dago.
Elena che si era distratta noto che la mano aveva ripreso a muoversi. L’illuminazione, l’idea.
‘Vai dall’altra parte del tavolo ” l’ordine era sussurrato con voce morbida, ma questo non faceva perdere a quelle parole il valore di un ordine indiscutibile.
Lo segui con lo sguardo, girandosi, aprendosi a lui, ai suoi occhi, al suo desiderio.
‘Tiralo fuori ‘ la voce ora più roca ‘ vieni per me!’
Ipnotizzato, stregato, per la prima volta veramente succube di una donna, Dago eseguiva quegli ordini mentre con gli occhi fissi sulla sua rugiadosa fessura sognava di gustarne il sapore.
Il suo cazzo duro era livido dal desiderio di lei e di sborrare. Chiuso nei pantaloni, stretto nei boxer, era quasi dolente. La mano lo impugno sicura iniziando a muoversi, scoprendo ritmicamente il glande.
Elena di fronte a lui si apriva, martoriava la clitoride, si penetrava ora con due poi con tre dita, in preda ad un urgente bisogno di godere.
Guardava quel uomo, che tanto aveva desiderato, in piedi davanti a lei, con quello scettro di carne che aveva sognato innumerevoli notti, sola nel suo letto. Che voglia di spingersi fino a lui e sentirlo dentro tutto, con forza. Ma il suo piano non prevedeva questo adesso.
Si ascoltò iniziare a gemere, la mano di Dago accelerava sempre di più, si mordeva le labbra cercando di resisterle. Era una battaglia a distanza, e la tensione e il desiderio erano palpabili nell’aria.
Il bacino di Elena inizio a spingere in avanti. ‘Godi ‘ godi per me, con me ”
Incurante del luogo e del posto dove stava per schizzare il suo prezioso seme, Dago si lasciò trasportare da quell’estasi, dai suoi gemiti sempre più forti e intensi. Pochi istanti dopo, mentre lei godeve, lui veniva sul lungo e prezioso tavolo riunioni di mogano della Dickens & Wallace.
‘Allontanati!’
Rosso in viso, le gambe ancora insicure dopo quell’intenso orgasmo, i pantaloni a mezz’asta che ne impacciavano i movimenti, Dago indietreggio fino a trovarsi con le spalle al muro.
Elena intanto si era messa a carponi, gli occhi fissi sull’uomo, sulla sua preda. Felina si muoveva sul tavolo, solo pochi passi. Lentamente avvicinò il viso al piano del tavolo, estrasse la lingua e come una micina inizio a leccare lo sperma di Dago dal tavolo. Finita la sua colazione alzò di nuovo lo sguardo fiera. Scivolò giù dal tavolo, la mano sul telefono.
‘Ora esci!’
Deglutendo, senza trovare le parole per tentare di ribattere, Dago scivolo contro la parete fino alla porta. Un gesto rapido per sistemarsi i pantaloni ed usci richiudendosi subito la porta alle spalle.
Elena corse fino alla porta per chiuderla. Con le spalle appoggiate alla fredda vernice laccata improvvisamente senti le gambe tremare e il cuore martellare all’impazzata. Si lascia scivolare lungo la porta fino a trovarsi seduta per terra. Una mano che passa sul collo, tra i seni, la mente che rivede come un cortometraggio tutto quello che &egrave successo, quasi non fosse stata lei la protagonista.
Poi scoppiò in una liberatoria risata ricordando la faccia di Dago.
Raccolse i vestiti e si rivestì con cura e risistemò la sala riunioni in perfetto ordine.
Quando uscì dalla sala riunioni cercò di non fare caso agli sguardi curiosi che cercavano di capire cosa ci facesse li dentro e soprattutto come mai avesse quell’aria di trionfo stampata sul viso.

Leave a Reply