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L’uomo dei miei sogni

By 5 Giugno 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Matilda sorrise, guardando l’ombra delicata del proprio piede proiettata sul viso di Matteo. L’abbraccio del suo sguardo adorante e colmo di passione la cullava dolcemente e lei si specchiò nei suoi occhi, lasciandosi sedurre dall’immagine di se stessa che Matteo le rimandava.
Gli sfiorò le labbra con le dita e Matteo sentì la tenerezza improvvisa di quella carezza percuotere la sua anima, soggiogata e vinta dal desiderio che attendeva impaziente di dissetarsi.
Matilda chiuse gli occhi e la dolce intimità di un bacio si schiuse sotto il suo piede, il suo cuore cominciò a battere più forte per quell’emozione sconosciuta che poco a poco si faceva strada dentro lei, strappandole lievi gemiti in quell’abbandono, mentre i baci divenivano sempre più avidi e audaci. Sentiva la bocca calda e umida di Matteo succhiarle i piedi come se fossero un frutto proibito di cui intendeva sfamarsi e di cui sembrava non riuscisse mai a saziarsi, e si riscoprì a godere di quel suo indugiare con la lingua lungo la pianta e tra le dita. Senza accorgersene iniziò ad accarezzarsi e ad ansimare mentre lui l’adorava, cogliendo quel piacere di cui il suo amante bramava di dissetarsi.
Allungò il dito bagnato e Matteo lo succhiò, le piaceva il modo in cui lo leccava, come se fosse un cazzo, come se anche lei ne avesse uno e ora lui lo stava succhiando come solo una donna sapeva fare.
“Sei la mia troia”, gli sussurrò, “toccati per me”.
Matteo si sbottonò i pantaloni ed eseguì l’ordine di Matilda, lei cominciò a stuzzicarlo con il piede, strofinandoglielo sulla faccia, godendo della sua eccitazione e del modo in cui lui si sottometteva offrendosi al suo divertimento.
L’idea di avere uno schiavo inizialmente le era parsa troppo bizzarra e quasi disprezzò le fantasie di Matteo, pensare che lui si potesse ridurre così, facendosi umiliare in quel modo… un uomo così non è un uomo, di certo non del tipo a cui era abituata lei. Ma in fondo aveva sempre trovato irritante l’atteggiamento degli uomini che tentavano di soverchiarla e nessuno c’era mai riuscito, perché era sempre stata lei a condurre il gioco e dettare le regole. Forse era proprio questo il problema, ciò che non la convinceva delle fantasie di Matteo era il fatto che potesse ottenere con facilità ciò per cui aveva sempre dovuto lottare.
Aveva infine ceduto, Matilda, aveva dipinto con cura le unghie dei piedi di un rosso scarlatto, immaginando ciò che sarebbe avvenuto quella sera. Indossò un corto ed elegante vestito verde smeraldo e calzò delle decolté nere. Matteo non avrebbe potuto ammirare i suoi piedi finché non fosse stata lei a concederglielo.
L’appuntamento era alle ventuno. Matilda, poco a poco, si calò nella parte che Matteo le aveva implorato di recitare per lui, trovandosi perfettamente a suo agio nel ruolo della donna dominante. Un semplice sguardo, impaziente, perentorio, e Matteo chinò il capo aprendo lo sportello dell’auto per permetterle di salire. Lei entrò con estrema lentezza prolungando quel piccolo gesto di sottomissione, e tutta la serata continuò così, tra allusioni e piccole umiliazioni con cui si divertì a sedurre il suo amante, che si mostrò docile e servile, alimentando la curiosità di Matilda che desiderò spingersi sempre oltre in quel gioco.
Rientrarono tardi, la città era silenziosa, surreale. Una volta giunti davanti alla porta di Matilda, Matteo si stese e le offrì il proprio corpo facendole da zerbino. Matilda indugiò, ma poi accettò di servirsi di lui e salì sul suo petto strusciando i piedi, incurante delle smorfie di dolore che Matteo a stento riusciva a trattenere. Non intendeva farsi impietosire Matilda, avrebbe dato al suo amante ciò che lui le aveva chiesto senza fare sconti, andando anche oltre quel che le aveva raccontato nelle sue fantasie: se doveva essere una dominante lo sarebbe stata fino in fondo.
Matteo raggiunse l’orgasmo molto velocemente, respirando e leccando i piedi di Matilda, mentre lei godeva, strusciandoglieli sulla faccia e infilandoglieli in bocca perché lui li succhiasse. Poi si rimise le scarpe, Matteo aveva giocato a sufficienza con i suoi piedi e Matilda non intendeva compiacere oltre i suoi desideri, era il suo schiavo e uno schiavo deve prima di ogni altra cosa compiacere e soddisfare la Padrona.
Intinse il tacco nel seme caldo di Matteo e gli ordinò di leccarlo, poi lo affondò nella sua nuca e lo spinse giù, con la faccia nel suo stesso sperma. Lui lo leccò, ripulendo il pavimento, mentre Matilda gli girava intorno facendo risuonare il suono dei propri tacchi. Infine si fermò dietro di lui e gli allargò le natiche, stuzzicandolo con un dito.
Lo sentì gemere e provò un po’ di fastidio nel sentirlo cedere anche mentre minacciava di violare il suo culo. Aveva cominciato ad accarezzarlo solo per stuzzicarlo, ma poi decise di andare oltre e fece scivolare dentro il dito per punire la sua arrendevolezza.
Matteo trasalì, ma non oppose alcuna resistenza lasciando che lei lo scopasse. Si eccitò sentendosi in balia della sua Padrona, provando piacere per quel contatto sconosciuto, per il modo in cui il dito di Matilda lo violava e allargò le natiche così da permetterle di andare oltre con gli affondi, facendo scorrere il dito con sempre più foga nel suo culo.
“Toccati ancora, troia! Voglio vederti venire mentre ti scopo”, gli disse godendo del potere che poteva esercitare su di lui.
Lo vide crollare esausto, vinto dal piacere. Matilda si allontanò e si mise seduta sulla poltrona, con le gambe accavallate. Matteo la raggiunse poco dopo, come un cane seguì la sua Padrona e le lecco le scarpe come se volesse esprimerle la propria gratitudine.
Che razza di uomo si può ridurre in questo stato? si chiese ancora, togliendosi le scarpe per poter sentire la lingua di Matteo tra le dita. Forse l’uomo che ho sempre cercato, concluse, infilando la punta del piede nella bocca di Matteo.

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