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Racconti Erotici EteroTrio

Messico:una bellissima vacanza di tanto tempo fa

By 23 Ottobre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Mexico
Questa è un racconto vero. Mettetevi comodi perché è lungo e narra di una vacanza fantastica che feci molti anni fa. Fu un misto di tutto, giudicate voi.
Sono passati tanti anni da allora e posso raccontare una mia stupenda ed unica vacanza.
Avevo ventotto anni e stavo completando la specializzazione in cardiologia presso l’ospedale di Brescia. Io sono di Milano, ma per poter concludere la mia educazione universitaria in medicina con la specializzazione di mio interesse mi ero spostato a Brescia.
Brescia mi era piaciuta, una piccola operosa città dove mi ero ben integrato nell’ambiente lavorativo e fuori
Lì avevo conosciuto Franca, una ragazza di Firenze mia collega, della mia stessa età, che era a Brescia per il mio stesso motivo. Era simpatica e carina ed essendo fidanzata con un medico del luogo aveva favorito la mia integrazione nel sociale bresciano.
Avevo, attraverso lei, conosciuta Priscilla, Scilla per gli amici, sua sorella minore che periodicamente da Firenze veniva a trovarla.
Anche la sorella era molto carina, la differenza era che Scilla era un peperino. Alta e magra con occhi di un azzurro profondo e capelli neri tenuti alla” maschiaccio”. Tettine evidenti, piccole, ma aveva un culetto che a guardarlo faceva venire i brividi.
Più che maschiaccio penso che il termine giusto fosse definirla una monella/modella. Era alta e magra.
Pur avendo di già venticinque anni era sempre pronta fare casino ed a provocare. Ci prendevamo spesso in giro e le sue linguacce nei miei confronti non si finivano di contare.
Tra noi c’era un feeling che in un’altra situazione sarebbe diventato qualcosa di intimo
Ci piacevamo sicuramente, ma il fatto che fosse la sorella della mia amica/collega ci bloccava. Franca mi aveva raccontato che Scilla avevo avuto, sino a due anni prima, un fidanzato. Il rapporto non si era chiuso positivamente e da allora lei era cambiata. Non che facesse del male; era diventata un po’ meno responsabile con tanta voglia di divertirsi.
Ciò ricordava un po’ me. Sino a tre anni prima ero stato con una ragazza per cinque anni, poi complice anche il servizio militare che avevo fatto lontano da casa il nostro rapporto si modificò fino ad interrompersi. Non nascondo che all’interruzione contribuì la presenza di un terzo incomodo che durante il mio servizio militare la aiutò a “sopportare” la mia assenza. Così va la vita.
Tornato definitivamente dal militare, che avevo fatto in parallelo a metà dei miei studi universitari per guadagnare tempo, mi resi conto che molte cose tra noi due erano cambiate e dovetti essere io ad interrompere un rapporto che ormai non esisteva più. Solo dopo seppi del terzo incomodo.
Sta di fatto che interruppi il rapporto non perché lo volessi io, ma perché mi ero reso conto che lei non stava bene con me, ma non aveva il coraggio di affrontare la situazione.
Non racconto palle. Sono sempre stato così, diretto: chi non mi ama, non mi merita.
Dopo passai un brutto periodo. Io ero innamorato di lei e ci vollero mesi prima che superassi la crisi dell’abbandono. Si, l’atto l’avevo fatto io, ma di fatto ero stato scaricato.
Dopo quei mesi di sofferenza uscì una diversa persona.
Ero uno sportivo con fisico da sport. Alto un metro e ottantadue con occhi molto belli (così dicono ancora adesso le donne). Carino, ma soprattutto simpatico, sveglio e determinato. I soldi, che ormai guadagnavo da anni, non mi mancavano; il titolo di studio e la mia professione aiutava.
La negativa ’esperienza amorosa mi aveva dato la spinta a rinforzare il mio io verso il lavoro e le donne. Del primo non parlo; parlarono i fatti. Del secondo, diventai un accanito, interessato, cultore del sesso femminile.
Ebbi non più fidanzate, ma tante amiche. Tutte le volte che il lavoro lo permetteva
(le guardie presso il pronto soccorso) uscivo con una e spesso la serata si concludeva nel letto di camera mia.
Ricordo che in quei tempi non si parlava ancora dell’AIDS e che ancora si stava vivendo la grande onda del sessantotto. Giovani, donne e uomini, volevano godersi la vita, oltre che lavorare in una Italia che prosperava.
Scilla era argento vivo. Quando veniva a Brescia era un piacere per tutti, trovava sempre il modo di coinvolgerci nelle sue piacevoli “pazzie”.
Ricordo come fosse ora quel giorno che diede un’impronta alla mia vita.
Venne a Brescia con una sua amica, Laura. Mi bastò vederla per la prima volta per innamorarmene, anche devo confessare che in quel periodo mi innamoravo facilmente di ogni ragazza molto carina che incontravo
Era l’essenza femminile in terra.
Due occhi verde marina in cui potevi perderti. Capelli biondi, mossi, tenuti abbastanza corti. La stessa altezza di Scilla, ma mentre Scilla era molto magra, lei aveva delle aggraziate curve, e come dimenticare le sue leggere efelidi sul viso, da baciare una per una.
La cosa che lei e Scilla avevano in comune era il culetto, spaziale per ambedue.
Mi persi in quegli occhi.
Mancano due/tre mesi alle vacanze estive e si stava cominciando ad organizzarsi.
Negli ultimi anni durante le vacanze estive ero stato alla scoperta di paesi di altri continenti, ma quell’anno mi sarei adeguato alle scelte degli amici. Ricordo che erano orientati verso una vacanza su un’isola greca.
Non so come emerse che Scilla dicesse che lei e Laura avevano in programma, o meglio, avrebbero voluto fare una vacanza in Messico, ma erano un po’ dubbiose per diversi motivi.
L’argomento fu poi accantonato e ci dedicammo ad altro compreso una bella serata in discoteca.
In discoteca stemmo tutti insieme, ai tavoli ed in pista da ballo, anche se feci di tutto per stare vicino a Laura e Scilla, in particolare alla prima. Ridemmo e ci divertimmo.
A fine serata ci recammo tutti presso l’appartamento che Franca condivideva con il fidanzato. Era nel centro di Brescia e molto grande. Lì continuammo a parlare, ridere e bere.
E forse fu il bere la causa del seguito.
Pur piacendomi, sia Laura che Scilla, mai avrei fatto il primo passo per il quieto vivere sociale.
Tornavo dal bagno quando, Scilla ed io, nel poco illuminato corridoio ci scontrammo. Avevamo un po’ bevuto tutti e due ciò amplificò scuse e risate per l’avvenuto contatto.
Ci fermammo un po’ a chiacchierare; da quando era arrivata con l’amica non avevamo avuto modo di stare un po’ da soli come già avvenuto nelle volte precedenti in cui lei mi raccontava della sua vita ed io un po’ della mia, come due amici.
Fu Scilla a tornare sull’argomento vacanze ed io le raccontai cosa stavano organizzando i miei amici quando lei spiazzandomi disse: perché non vieni con noi in Messico? Se ci fossi tu saremmo tranquille e potremmo sicuramente andarci.
Le dissi ridendo, pensavo scherzasse: sei matta? Io con due donne come voi? Non se ne parla. E comunque pensando sempre allo scherzo e con quel sottofondo alcolico in me presente dissi: la cosa non mi convince, ma se mi dai un bacio posso valutare. Ma scherzavo come pensavo scherzasse lei.
Fu un attimo, mi aveva di già stampato le labbra sulle mie con un impeto tale che mi dovetti con una mano appoggiare al muro per non perdere l’equilibrio.
Ehi, sei matta? Così non vale. Fu l’unica cosa che seppi dire più imbarazzato che mai. Fraintese. Si avvicinò nuovamente al mio viso e mi diede un nuovo bacio di quelli che si ricordano tutta la vita.
Il suo corpo contro il mio, quelle impertinenti tettine contro il mio petto. Le sue braccia intorno al mio collo che mi piegavano a lei. Fu un vero bacio da cui emersi confuso più che mai
E a seguire: adesso il bacio te l’ho dato e non puoi tirarti indietro. Andiamo in vacanza insieme in Messico: te, Laura ed io.
Ero tornato ad essere lucido.
No, non si può. I miei amici…un uomo con due donne…non ricordo tutto quello che dissi. Feci un fuoco di sbarramento. Infine pensai di aver trovato la motivazione vincente. E poi è costoso: il viaggio e il resto.
Lei doveva averci già pensato bene, perché smontò le mie osservazioni una ad una facendo riferimento a quanto sapeva delle mie trascorse vacanze. Mi aggrappai al mio no con le mie ultime obiezioni: perché non chiediamo agli altri se sono disponibili a venire? E poi dovrei dormire in una camera da solo, troppo costoso, e poi da solo in camera mi romperei le scatole. Il bello delle vacanze è che si sta con gli amici ventiquattro ore su ventiquattro.
Ascoltate le sue risposte.
No, non possiamo dirlo ad altri perché in più di tre avvengono problemi; non ci si riesce mai mettersi d’accordo su cosa fare, in tre la maggioranza decide. Inoltre ci si muove velocemente ed organizzarsi è facile (era preparatissima) e poi se un altro si aggiunge tutti penseranno che siamo due coppie e questo non lo vogliamo (capii che Laura era di già d’accordo con lei).
Ok dissi: capisco e posso condividere, ma come ti ho detto in camera da solo non ci voglio stare e mi sarebbe troppo costoso.
Il colpo di grazia.
Qual è il problema? Dormiamo tutti insieme in unica camera. Prenderemo sempre le tre letti e divideremmo in parti uguali il costo della camera e tutte le altre spese.
Ma siete due donne ed io salvo il contrario, che ti garantisco non è, sono un uomo. Cosa penseranno gli altri? E poi, poi mi imbarazzo, voi donne avete le vostre abitudini.
Non fare il cretino se non frega a noi degli altri che frega a te e ridendo: faresti solo bella figura e per il resto tu hai una sorella no? Era vero.
Non siamo mica diverse da lei. Siamo tra adulti e tra adulti problemi non ce ne sono.
Mi aveva messo in angolo, non sapevo più cosa dire.
Disse: poi ne parliamo bene anche con Laura.
Tornammo dagli amici e nel rimanente tempo che passammo con loro rimasi sulle nuvole pensando al Messico.
Quando fummo solo noi tre, mi fu estremamente chiaro che Laura e Scilla erano già d’accordo su tutto. Non ebbi la forza, o forse già mi allettava un futuro sconosciuto, per tirarmi indietro. Gettammo giù le basi del viaggio ripromettendoci che nei giorni a venire avremmo chiuso telefonicamente i dettagli
Allora non esistevano i cellulari.
Furono lunghe, costose, interurbane, ma devo dire che Scilla e Laura furono delle bravissime organizzatrici; al giorno fissato ci imbarcammo con i nostri zaini per la nostra avventura in Messico.
Gia lì compresi che la mia sarebbe stata una vacanza che mi avrebbe potuto dormire.
Si presentarono vestite come due gemelline. Shorts corti chiari, scarpe da tennis bianche senza calze, magliette di cotone chiaro che lasciava intravedere i reggiseni ed un maglioncino sulle spalle se l’aria condizionata in aereo avesse dato fastidio.
Erano fisicamente in forma splendida e quella coppia sin da subito attirò in aeroporto gli sguardi ammirati degli altri turisti. Cosa mi aspettava in giro per il Messico con due così?
Sull’aereo, un Boeing 747, avevamo i tre sedili a sinistra; per cavalleria ed opportunità, cedetti a loro il posto al finestrino. Durante i lunghi viaggi in aereo, quel viaggio sarebbe durato circa dieci ore, volevo avere la possibilità di alzarmi e sgranchire le gambe senza dover chiedere il permesso a nessuno per dover passare.
Ero nel posto corridoio.
A quei tempi era possibile fumare in aereo ed io allora fumavo. Per educazione per fumare bisognava andare in coda all’aereo, oltre a fumare era l’occasione per conoscere altri viaggiatori con la tua stessa meta. Le stesse hostess venivano lì a fumare ed il tempo di volo trascorreva, chiacchierando, più velocemente. Io ho sempre faticato a dormire in aereo e trascorrevo con la scusa del fumo molto tempo in coda.
Le mie compagne di viaggio, l’una poggiata all’altra dormivano come angioletti. Come erano carine. Io mi chiedevo se mi fossi cacciato in un guaio o meno.
Il lungo volo terminò ed atterrammo a Città del Messico. In atterraggio si vide dall’alto quanto immensa fosse quella città di cui avevamo letto delle sue contraddizioni. Lo smog, il caldo umido, le favelas messicane, le piramidi in periferia.
Tutto vero.
Prendemmo un taxi e ci facemmo portare ad un hotel che ci era stato consigliato dalla “guida cartacea del Messico”. Non esisteva neanche internet allora.
All’hotel, alla reception, la prima scoperta. Non vi era problema di camere, per loro era bassa stagione, ma non c’erano camere a tre letti. Mi spiego: le camere a tre posti vi erano, ma erano con un letto matrimoniale ed un singolo; e non era un problema solo di quell’hotel, tutti gli hotel del Messico erano organizzati in quel modo.
Ci guardammo negli occhi, non sapevo se ridere o piangere, ma Scilla, con la sua praticità, risolse per tutti. Ok, va bene, disse all’impiegato dell’hotel. Poi rivolta a noi: una soluzione la troviamo.
La camera era ad un piano alto. Era bella e spaziosa con una grande vetrata che permetteva di vedere una fetta della città. Il letto era un king size ed aveva di fianco il letto singolo.
La seconda scoperta di quel giorno fu che mentre davo per scontato che avrei dormito nel singolo mentre le ragazze avrebbero dormito nel matrimoniale. Non furono d’accordo.
Dissero che anche loro volevano dormire, se possibile, nel singolo perché non abituate a dormire nello stesso letto con altre persone.
Lo stallo della situazione, come al solito fu risolto da Scilla che devo riconoscere era la più smart tra noi.
Disse con gli occhi che le sorridevano: la vacanza è cominciata ed iniziamo a divertirci. Poiché cambieremo tante location facciamo così: per ogni notte facciamo un gioco che assegni il posto letto. Matrimoniale o singolo. Tutti d’accordo?
C’era poco da obiettare, fummo d’accordo.
Come possiamo fare?
Il fumare una volta tanto mi aiutò. Proposi: utilizziamo tre fiammiferi, ne accorciamo uno, chi estrae quello corto dorme nel singolo. Ok?
Siii unanime.
Era ancora mattina, ci facemmo una doccia. Riuscimmo a farci le docce senza problemi di alcun tipo. Prima la feci io e poi le ragazze; non comparvero nudità.
Poi uscimmo per organizzare la visita della città e delle piramidi lì vicino nel sito archeologico di Teotihuacan. Nel sito Atzeco, ma c’è chi dice che fosse multietnico, vi sono le due Piramidi del Sole e della Luna, a circa 40 km dalla città. Una faticaccia salirvi dicevano, ma la vista dall’alto sarebbe stata da mozzafiato.
Quando andammo al sito rimasi stupito nel vedere la gente che andava su e giù per le piramidi una dietro l’altra come fosse una gara arrivarci in cima e prima degli altri. Ciò si ripeté in tutti i siti archeologici dove vi fossero piramidi
Le prime che vedemmo erano maestose, ma il luogo risentiva troppo della vicinanza della capitale. Circondato da case e cemento aveva perso sicuramente un po’ del suo fascino.
Ciò non impedì anche a noi di replicare quanto facevano gli altri. Ma quanto erano alti quei gradoni?
Effettivamente come ci avevano anticipato la vista dall’alto fu bellissima. Non mancammo di salire tutte piramide presenti, anche quelle che non erano piramidi ma altro e che avevano gradini da fare; ogni altura da scalare era buona. A fine serata avevamo i muscoli delle gambe doloranti.

In quei giorni a città del Mexico prendemmo anche quello che oggi si chiama City Tour e camminammo anche molto. Vedemmo molti luoghi interessanti della città compreso el Zocalo, la piazza, centro storico della città, dove sotto i portici vendevano piccoli oggetti ricordo per i turisti (miniature della città, cartoline, bambole di pezza fatte a mano, cappelli ….). Quello che mi colpì fu la vista di uomini che seduti ad un tavolino scrivevano su fogli da lettera. Chiesi. Mi spiegarono che scrivevano, facendosi pagare pochi centavos, per coloro che analfabeti volevano mandare una lettera a parenti lontano. Loro suggerivano e lo scrivano scriveva. Che romantico ricordo.
Visitammo il santuario della Vergine di Guadalupe con la parte vecchia e nuova e la sua enorme, ciotolata, piazza dove i pellegrini sciogliendo un voto camminavano in ginocchio sui sassi arrotondati.
Nel santuario fu d’obbligo vedere il quadro della vergine. Erano molto più organizzati di noi adesso. Un tapis roulant a velocità costante e moderata passava sotto la madonna permettendoti di vederla senza che si creasse la coda.
Ebbi la mia prima grande sorpresa culturale. Sino ad allora nei dipinti che avevo visto che raffiguravano Gesù, la Madonna, i Santi e così via, gli stessi erano sempre stati presentati di razza bianca; a Città del Messico, per la prima volta, vidi la Madonna con la pelle scura, se non nera. La spiegazione di ciò con il senno del poi. Chi la dipinse prese a riferimento il proprio colore della pelle che bianco non era.
Fantastico.
Questo particolare mi fu ancor più chiaro, nei miei successivi viaggi in paesi lontani, quando vidi gli stessi personaggi dipinti con la pelle di color nera, non scura, proprio nera.
Vedemmo anche un monastero di cui non ricordo il nome ed altre cose ancora. Furono tre giorni pieni ed interessanti.
Tra le cose meno piacevoli: il caldo pazzesco e lo smog; a confronto Milano è oggi il paradiso terrestre.
Per il nostro viaggio prenotammo a Città del Messico un’auto che avremmo riconsegnato a Merida, nella parte centro meridionale del Messico ad est.
Avremmo attraversato il Messico centralmente fermandoci a Taxco, città delle antiche miniere d’argento, per poi arrivare ad Acapulco sul Pacifico. Di seguito avremmo fatto tutta la costa del Pacifico a sud fino ad arrivare ai confini del Guatamela e nel Chiapas avremmo visitato le piramidi di Palenque per poi giungere nello Yucatan. Lì avremmo visitato le piramidi di Chichén Itzà e Tulum, ed avremmo fatto a Cancun , allora non famosa come oggi, alcuni giorni di soggiorno marino. In tutto volo compreso ventiquattro giorni di vacanza da gestirci. Non male.
Il nostro programma prevedeva di vedere un buon numero di siti archeologici, non tutti per mancanza di tempo, ma anche perché volevamo avere un po’ di relax, ed i siti erano divisi tra Atzechi e Maya..
Indi il percorso prevedeva delle mete certe: Teotihuacan a Città del Mexico, Taxco, Acapulco, Palenque, Chichén Itzà, Tulum e Cancun, il resto si sarebbe aggiunto strada facendo se ne vedevamo l’opportunità
Facemmo tutto quanto in programma grazie all’ausilio della nostra guida cartacea che, a posteriori, potemmo dire perfetta. (la possiedo ancora). Non vi racconto tutto dei posti visitati, ma vi esorto a visitarli. Negli anni ho girato il mondo, ma il Mexico mi è rimasto nel cuore e non solo per la presenza di Laura e Scilla.
Dalla prima sera, In hotel, facemmo l’estrazione per i letti. Per la prima notte estrassi io il più corto, per fortuna, dopo la notte insonne in aereo avevo proprio bisogno di una bella e tranquilla dormita.
Al mattino dopo i primi turbamenti.
Non dormo molto, alle sette ero bello sveglio e riposato, loro dormivano ancora. Nel letto soffrivo. Avevo voglia di alzarmi, ma non volevo svegliarle. Avevo da fare un’impellente pipi.
Le guardavo sperando di vedere un accenno di risveglio. Picche.
Pensai: da queste vacanze non so come ne uscirò, gratificato e felice o frustrato?
Erano parzialmente scoperte ed indossavano delle leggere magliette come parte superiore del pigiama.
Avevano il viso rilassato e davvero sembravano degli angeli. Al di là degli aspetti di cuore non avrei saputo dire chi delle due fosse più bella. Non pensavo al mio futuro, ma mi scoprii orgoglioso di essere lì con loro; mi avevano scelto loro. E poi un pizzico di vanesia: chi mi avesse visto in giro con quelle due giovani bellezze avrebbe avuto una grande invidia.
Non ce la facevo più, mi alzai e portandomi i ricambi andai in bagno. Mi feci la doccia e vestii. Quando mi affacciai alla stanza erano lì che mi aspettavano. Mi tirarono i cuscini dicendomene bonariamente e scherzosamente di tutti i colori perché con i rumori della doccia le avevo svegliate e che se fosse ancora successo mi avrebbero fatto dormire in corridoio. Fu un simpatico inizio di giornata. Dissi che le aspettavo giù per la colazione e di fare pure con calma che mi sarei guardato intorno. Furono brave, dopo mezzora erano alla colazione. Bellissime. Tutte e due con scarpe da tennis, shorts chiari e magliettine di cotone. La loro divisa. Erano affascinanti nella loro semplicità.
Certo il seno di Laura spingeva la maglietta più di quello di Scilla, ma a gambe, culetto ed il resto e nell’insieme erano alla pari.
Se avessi potuto avrei chiuso gli occhi e preso quello che mi fosse capitato.
Passammo tre giorni e tre notti a Città del Messico che furono utilissimi ed interessanti.
Vedemmo luoghi e cose diverse e bellissime, ci abituammo a convivere con quel persistente clima caldo e umido, ma soprattutto cementammo la nostra reciproca conoscenza. Giorno dopo giorno eravamo sempre più affiatati e coesi. Iniziammo a capirci e ad agire al volo e aumentò la nostra familiarità. Non avevo più remore a girare in camera mezzo nudo, cosi anche loro che in camera erano permanentemente coi seni al vento.
Ricordo la considerazione di Scilla in merito: è come essere in topless in spiaggia, qual è il problema? Aveva ragione, nessun problema. Erano solo i miei ormoni a girare vorticosamente alla vista di quelle due ninfe seminude.
A proposito confermo: le tette di Laura, piene ed alla vista sode, erano almeno una terza; quelle di Scilla una seconda, ma con due capezzoli che ti invitavano ad attaccarti.
Uscivano dal bagno dopo la doccia coperte, male, da un piccolo asciugamano mostrando le loro grazie ed io dovevo far finta di nulla. Ma anch’io mi comportavo allo stesso modo.
Nelle successive due notti una volta il letto singolo fu estratto da Scilla ed una volta da me.
La notte che dormii con Laura fu una notte di mezza passione, percepivo il calore del suo corpo a me vicino e dovetti faticare per non allungare una mano per toccarla. Mi addormentai quando l’alba stava per sorgere. Dormii poco e male.
Ci trasferimmo a Taxco. Il viaggio durò alcune ore e fu piacevole. Parlammo di tutto in quelle ore ed il trasferimento non fu faticoso, anzi fu piacevole. Eravamo diventati un bel gruppetto.
Per la cronaca in tutto il viaggio messicano l’autista fui quasi sempre io, ma non mi dispiaceva, mi serviva per essere sveglio ed attento a vedere quello splendido Paese.
A Taxco la situazione letti era come la precedente. Questa volta l’estrazione la facemmo subito per essere pronti per la notte; nel singolo andò Laura.
Nel pomeriggio ci dedicammo alla scoperta ed alla visita delle vecchie, non più operative miniere, da cui estraevano l’argento. Facemmo una interessante visita guidata all’interno e ci parve di incontrare i fantasmi dei vecchi minatori che all’interno della miniera, purtroppo, ci lasciarono oltre i loro sogni la vita; visitammo anche un vecchio, ben conservato, monastero e dopo una un’eccezionale cena nell’unico ristorante, nella piazzetta centrale del paese, tornammo in hotel.
Senza affrettarci ci preparammo per la notte. Laura andò nel suo singolo; io nel matrimoniale alla destra di Scilla. Idealmente ero tra Scilla e Laura.
Con Scilla avevo una maggiore confidenza, la conoscevo da più tempo e potevo stare meno attento a non sconfinare dalla sua parte. Quella notte feci una scoperta: gli ormoni non girano solo a noi uomini, ma anche alle donne; e come se girano.
Nei movimenti di assestamento Scilla ed io ci trovammo faccia a faccia. Pur nella penombra, riuscivo a vedere il suo viso e se io vedevo il suo lei doveva vedere il mio. Dovette vedere il mio sguardo divertito immaginando cosa stessi pensando, ed anch’io colsi il luccichio dei suoi occhi. Fu quasi naturale allungare un braccio per toccarla, prima o poi doveva succedere. La toccai prima sul viso e poi sulla spalla. Lei non si retrasse e lo colsi come un invito. Mi avvinai a lei ed un bacio ci unì ancor prima che i nostri corpi entrassero in contatto.
Fu un lungo bacio dove le nostre lingue recuperarono tutto il tempo perso. Eravamo corpo su corpo, anche se di fianco, e una mia mano era già appoggiata su quel bramato culetto e superando l’ostacolo dell’elastico dei “pantaloncini da notte” stava palpando e scivolando tra i suoi glutei sino ad arrivare da dietro alla sua vagina. Era già eccitata.
Anche lei si stava dando da fare e la sua mano ero nei miei pantaloncini ed impugnava il mio pene che era già duro.
Stemmo un po’ in quella posizione.
Staccò le labbra dalle mie ed a bassa voce mi disse: non facciamoci sentire da Laura. Dissi con gli occhi di sì. In realtà in quel momento era l’ultima cosa a cui pensavo.
Mi volsi per guardare Laura: sembrava dormisse. Non era certamente facile fare l’amore senza fare un po’ di “movimento”. Spostai la mano sul davanti tornando subito alla sua passera. Era piena di umori e il mio dito penetrò con facilità e potei giocare dentro di lei.
Lei mi sussurrò: è tanto che non faccio l’amore. Mi si illuminò una lampadina. Vuoi vedere che abbiamo gli stessi desideri/ impulsi? Le stesse voglie?
La sua mano mi cingeva il pene segandolo e intanto avevamo ripreso il nostro interrotto bacio. Ciò era solo il preludio. Vi era solo un modo di fare per non attirare l’attenzione di Laura.
La feci girare e le calai i pantaloncini che lei provvide a togliersi. Mi tolsi nel silenzio, facendo meno movimenti possibili, i miei.
Mi appoggiai di sotto al suo culetto e con la mano puntai e poggiai il glande all’ingresso della vagina; qualche movimento di assestamento e finalmente entrai in quel caldo paradiso.
Sarei potuto venire all’istante tanto ero eccitato. Mi controllai pensando alla mia squadra del cuore che mi dava così tante delusioni da abbassarmi, al pensiero, l’eccitazione sessuale.
Poi presi a muovermi avanti ed indietro in lei. La mia mano sinistra aveva preso una sua tettina e la stringeva. La sentivo ansimare e controllare i suoi movimenti. Le piaceva. Mi veniva incontro mentre io sprofondavo in lei. Avevo il viso poggiato sulla sua spalla e spostavo solo il bacino per fare l’amore. (maledetta Laura). Le chiesi: prendi la pillola?
Al suo si potei rilassarmi un poco. Il nostro primo amplesso “messicano” non durò molto, quando percepii che stava venendo venni anch’io.
Rimanemmo immobili, silenziosi. “Sentii” il mio uccello ritrarsi e scivolare fuori dalla vagina. Lei si spostò un po’ da me e poi mi disse: ma quanto ne avevi? Mi hai riempito. Si sta sporcando il lenzuolo.
Effettivamente era anche per me un po’ che non facevo sesso e poi lei mi attizzava troppo.
Piano piano si alzò e andò in bagno, quando tornò io feci altrettanto.
Guardai verso Laura: dormiva. Meglio.
Dopo la “pulizia” tornai nel letto e mi addormentai. Mi svegliai come al solito dopo un paio d’ore. Come rinunciare a quella opportunità che mi era stata offerta?
Mi tolsi nuovamente i pantaloncini e mi avvicinai a lei. Il mio pene era già pronto. Dormiva mentre le calai da sotto il lenzuolo i pantaloncini. Le misi il pene tra le cosce a contatto della vagina e mi mossi come per scopare. Aspettavo.
Il contatto la fece svegliare. Che fai? Non senti? Sei pazzo? Dissi: no; è solo che ho ancora voglia di te.
Fu una sua finta opposizione perché in realtà aveva le mie stesse voglie. Mi disse: maiale. Ma si piegò in avanti per consentire la penetrazione. Era bastato provare perché anche lei fosse disponibile.
Ragionai meno questa volta; da quella posizione mi spostai su lei facendolo alla missionaria. Lei, a bassa voce, disse: ma Laura? E io: è tardi sta dormendo.
Mi spinsi in lei tappandole la bocca con la mia, non pago le alzai le ginocchia per penetrarla meglio. Fu una bella scopata che si concluse piacevolmente come la prima. Che piacere venire in una accogliente passera.
Rimasi disteso un po’ su lei mentre la baciavo. Mi piaceva giocare con la sua lingua. Seguì come prima. Prima lei in bagno, poi io. Adesso potevo dormire più rilassato.
Laura? Dormiva.
Al mattino, come al solito, fui io il primo a svegliarmi e ad andare in bagno; al mio rientro in camera le due grazie erano sveglie che mi guardavano.
Ed io, che c’è? Tutto bene? Ho fatto casino?
Scilla: no, no, tutto bene
Laura. No, no, tutto ok. A proposito stanotte ho sentito un po’ di casino nel vostro letto. E’ successo qualcosa? Ma lo chiedeva con un sorriso ironico su quel bel viso
Forse non stava dormendo quella notte.
Nessuno di noi rispose
Mi sentii imbarazzato, ma poi pensai: meglio così.
Quella mattina partimmo per Acapulco dove arrivammo all’ora di pranzo. Prendemmo una camera in hotel e poi, dopo aver fatto un leggero spuntino, girammo per Acapulco.
Ad Acapulco c’era solo una cosa da vedere: il mare, l’oceano Pacifico.
Al pomeriggio eravamo in spiaggia. Era particolare.
La spiaggia era di sabbia e non molto larga. Su di essa si poggiavano diversi bar e ristoranti ed a pochi metri enormi onde si frantumavano sul bagno asciuga. Non era possibile fare il bagno; a pochi metri dalla riva le onde erano altissime e le correnti forti. IL bagno consisteva stare sul bagnasciuga, aspettare l’onda che si infrangeva su esso, buttarsi dentro e farsi scivolare sulla spiaggia. Divertente e doloroso.
Alla sera, li alle 18.00 era già buio, aspettammo il tramonto seduti ad un baretto sulla spiaggia con un buon aperitivo a base di tequila, e poi andammo a cenare nel mitico posto dove i coraggiosi messicani si buttano dalle rocce nel mare.
Quante volte l’avevo visto in televisione, ma vederlo dal vero è unico.
Intanto il ristorante. Avete presente le terrazze liguri? Uguali. Il ristorante occupava tre successive terrazze ad un’altezza di quasi cinquanta metri dal mare ed era a strapiombo di una insenatura in cui si inserivano le onde dell’oceano. Nella terrazza centrale c’era anche la discoteca. Non ricordo cosa mangiammo, sicuramente messicano, ma ricordo bene lo spettacolo che venne offerto. Prima da un punto più basso delle rocce e poi a salire, sino quasi ad arrivare alla nostra altezza, degli impavidi si gettavano nel sottostante mare. Incredibile. Capii come funzionava la cosa, ma io non l’avrei mai fatto.
L’insenatura si riempiva periodicamente all’arrivare di una grande onda, quando l’insenatura era colma, in quel momento, il tuffatore doveva entrare in acqua altrimenti si sarebbe sfracellati sul fondo.
In sintesi: oltre a sapersi tuffare da grande altezza, la persona doveva calcolare i tempi in cui si presumeva arrivasse la grande onda, attendere il giusto tempo che l’insenatura si riempisse, tuffarsi ed entrare quando l’acqua nell’insenatura fosse al colmo.
Complimenti.
Come dicevo i tuffatori erano diversi per abilità e solo uno si buttò dalla massima altezza. Terminato i tuffi solo lui, coperto da un dorato accappatoio, fece il giro di tutti i tavoli del ristorante (non erano molti, saranno stati una trentina) raccogliendo gli apprezzamenti e le mance degli avventori.
Quando arrivò al nostro tavolo lo guardai bene. Non superava i trenta anni e non superava il metro e cinquanta di altezza. Leggermente tondo, ma con un grandissimo coraggio.
La serata proseguì in quella discoteca all’aperto a picco sul mare e verso mezzanotte, stanchi, un po’ brilli da tequila e felici, tornammo in hotel.
Quella notte la sorte mise Laura e me nel matrimoniale. (mi chiesi poi, senza aver risposta, se quella volta la sorte non si chiamasse Scilla; era lei che impugnava i fiammiferi tra cui estrarre…)
Al solito, prima io in bagno poi loro. Io a destra del letto perché da sempre è la mia parte preferita altrimenti non riesco a dormire…. e già dormo poco.
A letto mi portavo dietro l’eccitazione della serata e poi, mi era chiaro che Laura sapesse cosa fosse successo la notte precedente. La presenza di Laura nel letto non mi aiutava e rilassarmi anche se penso che sarebbe stato lo stesso con Scilla.
Scilla dormiva, sentivo il suo regolare respiro ed io non riuscivo a dormire. Mi agitavo nel letto, girandomi da una parte all’altra alla ricerca della posizione migliore, quando Laura mi disse: che hai che non riesci a star fermo? Non riesco a dormire se continui a muoverti.
Cazzo, era colpa sua e mi faceva anche le menate.
Ebbi un colpo di testa: irrazionale, irresponsabile e pericoloso per il proseguo della vacanza. Mi girai bene verso lei. La guardai vedendo che mi guardava. Mi avvicinai a lei, le misi una mano sulle spalle tirandola a me e la baciai.
Col senno del poi: o la va o la spacca; vi giuro non fu così. Fu un atto istintivo, irrazionale.
Per fortuna andò bene. Le sue morbide labbra stettero sulle mie e le nostre lingue si incrociarono. Laura, forse memore della mia notte precedente con Scilla non si fece neanche tante remore di attenzione al rumore che potevamo procurare.
E se non si preoccupava lei
Anche a lei chiesi se prendesse la pillola, al suo si pensai che forse ero un cazzone a pensare alle donne solo come ad angeli puri.
Anche se arrapato mi godetti di lei ogni momento. Quando il mio cazzo entrò in lei fu il completamento della mia ascesa al completo possesso del suo corpo ed al mio paradiso.
Ho iniziato ad accarezzarla e baciarla dappertutto. Le ho leccato e ciucciato i capezzoli e le tette. Poi sono sceso riempendole di baci e leccate il suo piatto pancino sino arrivare alla figa, che aveva le intime labbra in mia attesa Aveva aperto le gambe e sentivo un profumo selvatico uscire dalla sua intimità. Lei mi aveva messo le mani sulla testa per guidarmi sulla sua passera ed io invece mi piegai baciandole l’interno morbide delle cosce. Lei spingeva il bacino verso l’alto invitandomi ad occuparmi della sua passera, ma io insistevo tra le sue gambe nel punto più vicino alla figa ma senza toccarla
Poi visto che mi tirava la testa alla passera le dissi a bassa voce: dillo che vuoi che te la lecchi, dillo.
Quando Il mio angelo disse: leccamela. Capii che era caduto in terra. Era una femmina che voleva sesso.
Io in quelle occasioni ero sempre un po’ bastardo e mi piaceva fare domande imbarazzanti che in altri contesti solitamente non fai.
Da quanto tempo che nessuno te la lecca? Rispondimi.
Tanto.
E che non scopi?
Tanto, ma non farmi queste domande.
Allora ho capito. Vuoi scopare va be.
E la feci contenta. Entrai nella sua figa con la lingua, la leccai e succhiai la clitoride mentre con un dito le carezzavo l’interno. Dopo breve mi spinse la figa in faccia. Era arrivato il suo primo orgasmo, ma non mi fermai. La posizione mi era comoda e continuai ad occuparmi della sua passera con la bocca mentre portai la mano al suo culetto e con un dito gli accarezzai il buchetto per poi delicatamente penetrarlo. Piano, piano. Fu una scossa per lei.
No, no, sì, sì, sì. Mi fai venire ancora. Godeva sempre più la mia Laura ed ansimava di nuovo pronta a godere a, ma volevo godere anch’io. Mi sono sollevato portandole il cazzo alla bocca. Eccitata come era non poteva rifiutarmi il favore. Glielo misi sulla faccia facendole ben sentire la sua rigidità e poi fu catturato dalla sua bocca. Sapeva usarla bene, altro che angelo. Doveva aver avuto un buon maestro e si era applicata bene. Chissà con quanti aveva fatto esperienza mi sorpresi a pensare? Ma che cazzo di stupidi pensieri.
Dopo averlo succhiato in alto e in lungo si dedicò alle mie palle. Quanto ardore ed attenzione ci metteva. La sua lingua non ne tralasciò un centimetro, compreso le palle.
Glielo sottrassi, mi piaceva strusciarmi inginocchiato su lei. Le presi le tette tra le mani e strinsi tra esse il cazzo e quando salivo in alto con la lingua mi leccava la sommità del glande. Poi lasciai a lei le sue tette perché mi stringesse il cazzo per una perfetta spagnola. Che goduria. Me la sono goduta un bel po’cosi. Poi un po’ a malincuore, perché abbandonare la vista di quel viso che mi succhiava il cazzo mi diede dispiacere, mi sono scostato distendendomi su lei. Con il movimento del corpo mi sono infilate tra le gambe divaricandole. Avrei voluto me lo mettesse lei in figa, che libidine, ma ci sarebbe stato una prossina volta, speravo.
Mi stesi su lei spingendole l’uccello dentro e fermandomi dopo pochi centimetri. Era un forno. Le tenevo il cazzo in figa, ma non mi muovevo. Le tenevo la lingua in bocca e stavo fermo. Fu lei a muovere il bacino venendomi incontro per scoparmi.
Allora la aiutai un poco. Le presi una mano e la misi a contatto del mio cazzo che adesso si muoveva di poco, pochi centimetri, limitandosi ad andare avanti ed indietro in quel piccolo percorso. Le dissi, sempre a bassa voce. Toccati con le dita.
Si toccava e limonavamo e allora con reciproco piacere glielo spinsi in fondo e scopammo davvero, ma non doveva godere cosi
Mi sono nuovamente sollevato e glielo fatto succhiare ancora mentre lei continuava a sditalinarsi; poi e l’ho girata e messa a pecorina beandomi della vista del suo bellissimo tondo culetto.
Glielo messo da dietro e l’ho scopata davvero con colpi sempre più forti e profondi Ho pensato la prossima volta le devo fare il culo.
Non potevo reggere molto. Le ho detto masturbati e mi rispose: lo sto già facendo. Allora ho portato al solito le mani alle tette. Gliele ho prese, compresse e strizzate. Quale sensazione al tatto. Le ho detto all’orecchio, pensavo di poterlo fare: vieni, vieni.
Fammi sentire come vieni che voglio venire con te. In quei momenti tutto è permesso e l’esperienza mi diceva che anche epiteti forti vengono accettati ed incrementano l’eccitazione.
Vieni? Sei mia. Dillo.
Vengo, vengo. Sono tua.
Sentii il suo corpo vibrare. Stava venendo e anch’io mi lasciai andare riempendole il ventre del mio seme. Era stato fantastico. Avevo perso un angelo, ma guadagnato una donna.
Mi scostai da lei. Disse: sono tutta bagnata e si alzò per andare in bagno. Io non avevo nessuna intenzione di lavarmi, stavo bene così coperto dai suoi e miei odori. Sentii lo scorrere dell’acqua e tornò al letto. La vidi, nella penombra, nuda; che splendido corpo, che mammelle.
Si distese al mio fianco e sentivo forte il profumo del suo corpo ancora pieno della nostra eccitazione.
Non so come e neanche perché mi piegai sulla sua passera.
Sapeva di pulito. Mi venne voglia di leccarla ancora e di sentire nuovamente il suo intimo sapore. Mi piaceva leccare quella fica; le leccai la passera ed anche quel delizioso buchetto che mi ero promesso di visitare. Le mordicchiavo la clitoride facendola lamentare. Mi girai in un mitico 69 portando il mio sesso alla sua bocca; lei lo prese con una mano, non finiva mai di stupirmi, ed iniziò un delizioso risucchio.
Sapevo come darle piacere. In realtà è più semplice di quanto si possa immaginare.
Le allargai le labbra vaginali e le stuzzicai con le dita, poi mi dedicai alla clitoride; prima lo leccai quasi sfiorandolo poi la leccata divenne intensa e veloce.
Quando la sentii tremare non mi fermai; la volevo far godere nella mia bocca.
Continuai finché non sentii schizzi del suo piacere invadermi la bocca. Aveva goduto. Nonostante il piacere che la sua bocca mi stava dando io non volevo concludere così. Sottrassi l’uccello alla sua bocca da cui sfuggì un no ed un perché?
Mi girai e mi misi tra le sue gambe. Gliele sollevai al petto. Ciò mi permetteva di penetrarla a fondo. Spingevo come se volessi entrare in lei anche con i testicoli. Lei gemeva, Scilla era ormai dimenticata, e quando spingendo a fondo le toccavo il fondo dell’utero non riusciva a trattenere i suoni; la sentivo farfugliare ah, no, ma poi riprendeva a gemere di piacere. Le guardavo il bel viso testimone del suo piacere. La bocca aperta, la fronte corrugata da rughe di piacere, gli occhi spiritati. Volevo farla godere tanto, ma tanto. Ero al capolinea e in breve le venni dentro dichiarandolo in modo scurrile: vengo, ti riempio.
Pesavo con il corpo sulle sue gambe dopo la venuta. Aveva ancora le gambe ripiegate sul petto. Mi tirai indietro lentamente guardando il mio uccello ancora semirigido uscire lentamente portandosi appresso il mio e suo sperma.
Mi sopresi a guardare il tunnel aperto che aveva lasciato la mia uscita. Preso da una sana libidine portai un dito nella vagina sentendola ancora aperta e bagnata ed allora lo ritrassi rientrando con due dita che spinsi delicatamente a fondo. Notai che Laura mi guardava sorpresa forse chiedendosi cosa volessi fare. La vagina era piena del mio sperma e dei suoi umori tanto che uscendo con le dita fui accompagnato da questo gelatinoso liquido. Le mie dita erano pregne di sesso e d’impulso mi sporsi verso il viso di Laura e portai le mie dita, che tenevo unite, alla sua bocca.
Assaggia dissi.
Le spinsi tra le sue labbra che socchiuse permettendo il loro ingresso in bocca, al contatto della lingua. Le dissi: succhia.
Mentre succhiava, con mia libidine, sentii le sue labbra stringermi le dita come stesse facendomi un sontuoso pompino.
Poi le tolsi. erano linde e lucide
Mi spostai dal lei e mi misi dalla mia parte del letto
Laura si alzò nuovamente per tornare in bagno
Io ero stravolto, ma soddisfatto e sazio; a pancia in aria guardai verso Scilla.
Era poggiata su un fianco, la mano che le reggeva la testa rivolta a noi. Si era seguita tutto?
Sorrideva.
Mi chiese: piaciuto?
Le accennai un sì.
A breve Laura tornò sul letto. Mi girai verso lei e carezzandole il seno le diedi un casto bacio sulle labbra. Lei mi si girò di spalle accoccolandosi contro me. Misi una mano intorno al suo fianco accarezzandole un seno, poi…buona notte, crollai addormentato.
La mattina mi svegliai dalla mia parte del letto. Laura e Scilla dormivano. Cantando diedi la sveglia. Vi risparmio gli insulti.
La mattina, durante la colazione, in una occasione in cui Laura non era vicino a noi, Scilla sorridendo, mi chiese: maiale, cosa hai fatto con la mia amica Laura?
La spiazzai. Sei gelosa? Quello che ho fatto con te.
Mi diede un piccolo schiaffo, ma era divertita.
I nostri rapporti erano cambiati; eravamo un trio di amanti.
La tappa successiva sarebbe stato il sito archeologico di Palenque. Decidemmo di fare la strada più lunga, ma più suggestiva. Avremmo costeggiato l’oceano Pacifico scendendo al sud sino ai confini con il Guatemala. Da lì c’era una strada parallela al confine con il Mexico che ci avrebbe portato nella regione chiamata Chiapas dove c’era il sito che volevamo visitare. Era una strada lunga, oltre 1300 Km, difficile e un po’ pericolosa non solo per la strada dissestata. La strada era a due corsie, una per direzione di marcia, e correva nella giungla messicana. Nel percorso non avremmo incontrato paesi, indi speravamo non capitasse qualcosa all’auto. Per darvi un’idea è come fare l’autostrada in Liguria, si viaggia in alto, ogni tanto c’è una piccola strada che porta verso il basso al mare dove solitamente c’è un piccolo paese dove ci si può dormire e rifornirsi. Dalla strada non si vede mai l’oceano.
Ne valse la pena. La giungla verde ed impenetrabile ci affascinò, è anche vero che dopo sei ore di guida vedendo solo il verde delle piante a noi intorno non se ne poteva più. Decidemmo di fermarci in un paesino, giù sull’oceano, che non so se prima o dopo il nostro viaggio divenne conosciuto al mondo, Puerto Escondido. Era un piccolo paese con un’unica strada centrale in cui l’asfalto si interrompeva a metà paese; un unico piccolo hotel, ma c’era il distributore di benzina (per fortuna)
Non avemmo problemi per la disponibilità della camera. Portammo in camera i nostri zaini ed essendo già sera uscimmo per cenare.
Poi facemmo un giretto del paese, era veramente piccolo in dieci minuti l’avevi percorso avanti ed indietro. C’era una lunga spiaggia che costeggiava la strada e vicino alla strada, nella sabbia, erano cresciuti alberi e cespugli che davano una nota verde e di frescura. Sotto un po’ di questi alberi c’era una posada in cui mangiammo.
Sulla spiaggia e nella posada c’eravamo solo noi. Fu bellissimo. Ci dissero che di turisti li se ne vedevano poco. L’avventore fu gentilissimo e a poco prezzo mangiammo del fresco, buon, pescato.
Ci fermammo poi a chiacchierare del giorno trascorso e di quello che avremmo fatto l’indomani.
Era arrivata l’ora del dormire. Arrivati in camera ci apprestavamo alla solita estrazione per il singolo. Scilla aveva già recuperato i fiammiferi, quando io intervenni, dissi: aspetta.
Durante il viaggio mentre guidavo avevo riflettuto sulla nostra situazione. Eravamo un trio di amanti e tutti noi ne eravamo a conoscenza. Nei nostri rapporti non c’era stato amore, ma desiderio e piacere.
Tutti i castelli di amore che mi ero costruito con Laura erano stati spazzati dalla nostra gioventù, dai nostri ormoni, dalla realtà.
Non significava che non potesse esserci un diverso futuro, ma oggi eravamo dei giovani che volevano godersi la vacanza ed il sesso faceva parte di questa.
Scilla mi guardò sorpresa.
Ragazze vi faccio una proposta. Non nascondiamoci dietro un dito. Sappiamo che abbiamo fatto sesso tutti e tre; è inutile nascondere che ci è piaciuto. Correggo a me sicuramente è piaciuto. Il letto è grande, perché non dormiamo insieme? Se poi uno non riesce a dormire se ne va sul lettino. Che ne dite?
La sorpresa non mi parve sconvolgerle. Scilla come al solito fu la prima a parlare: se va bene a Laura, va bene anche a me.
Laura guardando l’amica: si, se va a te, va bene anche a me.
Non sapevo se essere felice o preoccuparmi di ciò. Scherzo ne ero strafelice. Non avevo mai dormito con due ragazze e poi che ragazze.
Nel letto, più tardi, ero eccitato, ma non sapevo come comportarmi. Se toccare e chi
toccare per prima delle due. Non volevo creare problemi. Tra amici….
Stavo a pancia all’aria rimuginando e così mi addormentai. Quella notte andò così.
Al mattino erano nude in giro per la camera ed anch’io mi adeguai. Giocando al calcio non ho mai avuto vergogne di questo tipo. E poi il mio battacchio, pur essendo normale, il suo lavoro lo faceva bene.
Non stupitevi, lo stare nudi fa parte degli sport collettivi, per esempio calcio, rugby; finito il gioco si fa la doccia insieme e si è tutti nudi e ciò è naturale. Se si fa l’amore insieme è naturale essere nudi e vedersi. Certo la prima volta guardi con attenzione, non mostrata, il corpo del partner che fino a quel momento non avevi visto bene, ma passata la curiosità….
Io ero già stato su alcune spiaggi di nudisti e certi imbarazzi con l’altro sesso li avevo ormai superati.
A vederle insieme nude mi sorpresi a coglierne le differenze e le mie preferenze.
Laura capelli sul chiaro, Scilla scuri. Per me indifferente. Le tette di Laura più grandi, che ondeggiavano ai suoi movimenti, attiravano più di quelle di Scilla che da altra parte aveva due capezzoli da paura. Voto pari. Due fisici leggermente diversi: Scilla più slanciata; Laura più curve. Altezza simile. Visi? Ambedue attraenti, più dolce Laura, più viva Scilla. Culo: voto dieci a tutte due.
Inutile continuare. Due gran fighe. La mia preferenza? Chi coio coio.
Con minigonna, scarpe da tennis e camicetta, in giro in coppia facevo voltare i ragazzi e gli adulti.
In costume…lasciamo perdere gli sguardi allupati…
Il giorno successivo ci fu un cambiamento di programma. Decidemmo di fermarci almeno altri due giorni a Puerto Escondido. Era un posto troppo bello per abbandonarlo velocemente. Si stava troppo bene e “spezzare” il viaggio con delle giornate di mare non guastava.
Decidemmo di passare la giornata in spiaggia e a pranzo mangiammo dove avevamo cenato la precedente sera. Ci rosolammo al sole con sommo gaudio anche se eravamo già abbastanza abbronzati sin dalla partenza. Sia loro che io avevamo fatto già dei week end al mare e per il resto l’andare in giro manteneva e migliorava la nostra abbronzatura.
Ma in quei giorni, in costume, le demmo una bella botta.
Io allora avevo un altro fisico e mi potevo permettere di indossare i mitici Speedo, costume da bagno famoso ai quei tempi. Loro indossavano dei due pezzi colorati che coprendole parzialmente ed evidenziando le loro fisiche fattezze sicuramente contribuirono ad alimentarono i sogni dei residenti al mare (di turisti nemmeno l’ombra). Forse quella notte qualche femmina locale avrà goduto di quanto il proprio uomo aveva visto in spiaggia.
Nel tardo pomeriggio accadde un episodio che ricordo con piacere di quel breve soggiorno. Eravamo rientrati in camera, accalorati e sudati, dopo una escursione fatta nel primo pomeriggio nella giungla fatta accompagnati da un “locale che ci volle far vedere i segreti del luogo. Poca roba, ma comunque una passeggiata divertente ed unica. Eravamo in camera soli Laura ed io, Scilla si era attardata ad un negozietto di souvenir e ci avrebbe raggiunto a breve.
Non appena entrati in camera ci spogliammo nudi per fare la doccia; il caldo quella giornata era opprimente e continuavamo a sudare.
Ci recammo insieme in bagno. Laura era davanti a me e nonostante il desiderio della doccia non potei fare a meno di guardare la sua nudità. Era perfetta, le curve giuste e quel culo che sembrava mi parlasse. Mi ritrovai mentalmente e fisicamente eccitato.
La raggiunsi e la tirai a me dandole un bacio; ma lei si schermì. Dai, sono tutta sudata e poi arriva Scilla.
Ma il fatto che fosse sudata non mi dava fastidio, lo ero io anche io, anzi in quel frangente la sua cute, lucida di sudore, mi arrappava ancor più e non desistei dal mio proposito
La bacia infilandole la lingua in bocca e la strinsi a me palpandole il suo bel culetto. Intanto il mio coso si stava rizzando e poiché ero appoggiato al suo grembo anche lei lo percepì. Ci fu un suo cambiamento, si lasciò andare partecipando al bacio e si appoggiò con abbandono a me.
Due minuti dopo era appoggiata con le mani al lavabo ed io dietro a lei avevo già infilato il pene in quella accogliente passera e mentre la tenevo per i fianchi andavo avanti e indietro nella mia accogliente passera.
Mi cadde lo sguardo sullo specchio del lavandino. Vidi riflessa la nostra scopata. Era una visione parziale poiché eravamo troppo vicino allo specchio. Nella mia lascivia volevo vedere il mio uccello entrare in lei e senza dirle nulla, guidandola con le mani, la feci spostare fino ad avere la visione desiderata. Vedevo lateralmente il mio uccello che entrava ed usciva dalla sua vagina come fosse un bastone che andasse su e giù in un buco; nulla di romantico. Anche la vagina vista così non aveva nulla di erotico. Non fosse stato per il piacere che sentivo mi sarei fermato.
Volle renderla partecipe della mia scoperta e glielo dissi. Lei sforzando il collo riuscì a vedere, meno bene di me per la posizione, quello che vedevo io.
Le dissi: l’avevi mai visto?
No.
Neanche io.
Stavamo facendo delle scoperte insieme come fossimo ragazzini ai primi turbamenti.
E visto che c’ero volli soddisfare una mia ulteriore curiosità.
Lei aveva raddrizzata la testa dicendo: dai continua, finiamo, che arriva Scilla.
Io scopavo e pensavo ad altro; pensai che montavamo come montano due cagnetti. Solo per il desiderio sessuale non per altro.
Ma poi tornai a me e a lei.
Lo sai che hai un bel culo? Lo so, non ero fine, ma la nostra familiarità pensavo mi permettesse di farlo.
Si lo so, me lo diceva anche quello stronzo del mio fidanzato.
Toglimi una curiosità da quando non siete più insieme? Da cinque mesi. E da allora? Comprese. No, non ho fatto sesso fino ad adesso.
E allora perché prendi la pillola? (con il senno del poi domanda idiota).
Silenzio di lei e poi: non si sa mai.
Pensai: anche lei come me, una volta lasciata, per una sorta di compensazione vuole fare quello che non avrebbe mai fatto. La mia fortuna è che ero arrivato al momento giusto. Dall’altra parte un po’ di amarezza. Con me non faceva l’amore, ma sesso.
Mi ripresi dedicandomi alla scopata. Guardavo la sua schiena e i suoi capelli e nello specchio potevo vedere le sue tette muoversi ai nostri movimenti. Mi fu naturale, lo faccio spesso durante il sesso perché so che piace, mettere le mani sui globi del culo e con un dito andarle a stuzzicare il foro anale per poi introdurre la prima falange. Mi piace sentire l’anello anale stringermi il dito mentre lo stesso affonda sempre più nel tunnel. Mi piace sentirlo arrendere rilassandosi dopo che per un po’ di volte viene superato. A quel punto metto il secondo dito e la sequenza si ripete fino a che le due dita non sono libere di muoversi come vogliono nel culo (così volendo per un terzo dito). So che piace molto e questa ulteriore piccola penetrazione amplifica il piacere della scopata anticipando l’orgasmo. Per quella volta mi limitai alle due dita, ma lei non avvezza disse: così no.
Ed io, non lo hai mai preso qui? E con le dita andai più a fondo.
No, mai.
E il tuo fidanzato non ci ha mai provato? Si, ma … Approfittai di questa distrazione
per spingere le mie dita più a fondo in quello che era un canale inviolato e dopo averle tenuto ferme per un po’ perché lei si abituasse a questa nuova presenza, mentre la scopavo, con lo stesso tempo e penetrazione le mandavo avanti ed indietro fino a dove riuscivo ad arrivare.
Non disse più no.
O meglio, disse: no, no e poi si, si, così vengo, vengo. Lo sapevo che sarebbe stato questo l’effetto.
La sentii vibrare tutta. Era il suo orgasmo. Le tolsi le dita dal culo e mi mossi velocemente in lei e dopo brevissimo anche io venni nella sua ospitale vagina.
Respirava affannata; doveva essergli piaciuto molto.
Mi staccai da lei uscendo il pene.
Ormai Scilla sarebbe arrivata e comunque soddisfatte le pulsioni erotiche era il momento di farci la doccia, ma qui si confermò quanto pensavo. Il fare lei quello che forse non avrebbe mai fatto.
Senza che le dicessi nulla, si alzò e girò verso me portando lo sguardo a mio uccello ancora rigido, era solo questione di tempo, poi si piegò e lo prese tra le sue carnose labbra e lo fece scivolare nella bocca. Mi fece un pompino che definisco di pulizia. Lo prese in bocca andando giù fino a dove poteva arrivare tre/quattro volte. Poi si alzò e con gli occhi ridenti mi disse: adesso è pulito e si infilò nella doccia. Io senza parole, ma piacevolmente stupito, mi guardavo l’uccello non ancora ammosciato, lindo e lucido.
Scilla ci trovò docciati. Laura sul lettone leggeva una rivista. Io sul singolo leggevo un libro.
Non so se Scilla avesse un sesto senso, ci chiese: vi siete comportati bene?
Fingendoci assorti nella lettura nessuno le rispose.
Quella sera cenammo nella nostra posada e un pò cotti e scottati dal sole e un po’ stanchi della gita (ed io Laura anche del fatto che già avevamo dato, ma non potevamo dirlo a Scilla) quella notte facemmo i bravi. Io dormii nel lettino onde evitare complicazioni
Il giorno successivo tutto sole e mare. Quella sera eravamo in splendida forma e per provare il nuovo cenammo nell’altra posada. Era sempre sulla spiaggia e somigliava all’altra. Si mangiò bene, sempre pescado, ma questa volta la tequila bum bum fece la sua comparsa per la prima volta nel nostro viaggio. Ce lo potevamo permettere, quel giorno ci eravamo riposati e potevamo partire tardi la mattina successiva.
Rientrammo in camera più allegri del solito, ci aggiungo anche più disinibiti del normale.
Ridendo, un po’ cotti di sole e tequila, ci spogliammo insieme nudi come alla ricerca di refrigerio e ci buttammo sul letto. Uno addosso all’altro.
La loro vicinanza, la nostra giovine età, l’alcool e l’euforia furono una miscela esplosiva e giocando nel lettone il mio pene si svegliò. Scilla se ne accorse per prima. Maialino cosa vuoi fare? Parlava con il mio pene e non con me.
Gli diede una carezza e poi prendendolo in giro: sei così carino che meriti un bacino. Perché quel bacino si trasformasse in qualcosa di più ci volle poco.
Laura guardava l’amica con il mio uccello in bocca e viste le circostanze non volle essere messa da parte e spostando, ridendo, l’amica: adesso tocca a me. Cosa volete racconti? Le due facevano a gara per averlo in bocca ed io temendo per l’incolumità di una parte del mio corpo, a me molto cara, intervenni: piano, fate piano; mettetevi d’accordo :una succhia su e l’altra le palle. Poi si fa cambio.
Accettarono il suggerimento e per un po’ le cose andarono lisce.
A me l’alcool fa uno strano effetto, mi ritarda i tempi di eiaculazione; non so a voi? Già ero uno che riusciva a controllare bene il proprio organo, con l’aggiunta dell’alcool poteva stare su quasi a tempo indefinito. Sottinteso se fossi venuto ci sarebbero voluti i giusti tempi per il recupero.

Mi piaceva vedere e sentire le loro lingue e bocche sul cazzo, ma dopo un po’ mi stufai e volli ricambiare per quanto potevo.
M sentivo il maestro dei giochi.
Chiesi a Laura di mettersi a cavalcioni su me con il viso rivolto all’uccello. Piegandosi poteva leccarmi e succhiarmi l’uccello insieme a Scilla ed io avevo a disposizione, di mano e bocca, il suo splendido culetto e potevo dedicarmi a quale delle sue intimità preferissi.
A Scilla chiesi invece di impalarsi sul mio uccello con il viso rivolta a me; al lamento di Laura: ma così non posso prendere il tuo uccello; risposi: se Scilla tiene la schiena un po’ dietro puoi leccarmi le palle e la base e se vuoi puoi anche leccare la sua passera ( di Scilla).
Mi sembrava davvero di essere a scuola.
Il suggerimento fu apprezzato. Non sapevo se fosse la prima volta che facessero l’amore in tre, per me lo era; e anche se Laura per la prima volta leccasse una figa.
Merito dell’alcool? Ognuno fece quanto doveva.
In quella che era ormai una piccola orgia non potevo dimenticarmi del mio primo desiderio, il loro culetto. Forse poteva essere l’occasione giusta.
Lara ed anche tu Scilla, l’avete mai preso dietro.
Un unanime no, con l’aggiunta di Scilla: fa male.
Ed io da “quasi esperto”: non è vero. Se ci aiutiamo e facciamo le cose bene non è vero che fa male. Proviamo?
Il loro silenzio equivalse per me ad un assenso.
Per cominciare prendiamo qualcosa per lubrificare. Ci stavamo organizzando come a scuola.
Cosa possiamo usare? Laura, partecipe, ebbe l’idea. Ho un olio abbronzante che potrebbe fare al caso nostro.
Il culetto di Laura, leggermente più tondo di quello di Scilla ed il suo viso angelico mi attraevano di più per una angelica sodomia e chiesi se potessimo cominciare con il suo culetto.
Facemmo mettere Laura prona con un cuscino sotto la pancia per tenerle il culetto sollevato. Che spettacolo. Per coinvolgerla attivamente feci mettere a Scilla un pò di olio sia nello spacco che direttamente sull’ano di Laura. Fui io a cominciai a stimolare l’ano con il dito ed a penetrare al suo interno senza forzare. Feci fare la stessa cosa a Scilla che avendo le dita più magre penetrò più facilmente ed allora glielo feci spingere più a fondo.
Non era sesso, era un atto scientifico quello che stavamo facendo.
Poi le feci usare due dita facendole ruotare all’interno dell’ano. Quando le tolse si vide il buco leggermente aperto. Dissi: adesso tocca a me. Mi appoggiai sul culetto di Laura attento a non schiacciarla ed Inizia con l’uccello accennando ad una finta penetrazione. Glielo facevo scivolare nella fenditura tra le chiappe allungandole l’attesa alla nuova esperienza. Poi usai ancora un dito per aprire un po’ più il suo forellino. Lo giravo in modo circolare sino a che l’ano non parve pronto ad accogliere l’appoggio del glande. Lo appoggiai e spinsi in modo progressivo. Il glande superò l’anello, al suo ohh mi fermai assaporando quel momento e poi spinsi, spinsi ad arrivare dove potevo. Arrivato a fondo non le diedi pausa. Iniziai a spingere e ritrarmi sino a che sentii il tunnel aperto completamente al mio uccello e Laura che si rilassava dopo la tensione della penetrazione.
Scilla guardava, più curiosa che altro. Sapeva che dopo sarebbe toccato a lei. Per cinque minuti buoni feci conoscenza di quel culetto. Laura aveva portato la mano alla clitoride, non so chi glielo abbia suggerito, e si era abituata alla nuova penetrazione e ne cominciava a godere i frutti. Tanto che quando mi senti uscire, mi disse: rientra un attimo ancora, sto venendo ( grazie alle sue dita) Esaudii la sua richiesta volentieri. Sapevo di non poter venire in lei, c’era Scilla che aspettava lo stesso trattamento.
Poi mi dedicai al culetto di Scilla. Facemmo esattamente come avevamo fatto con Laura solo che al posto ai Scilla desso c’era Laura. Anche nel culetto di Scilla non ebbi difficoltà ad entrarvi.
Io era Zeuss in terra
La stantuffai con gusto con l’obiettivo di darle e di prenderlo piacere.
Mi trattenni un po’ dal venire perché volevo tenerle l’ano aperto per un po’, che si abituasse per il futuro. A lei suggerii io di masturbarsi e solo dopo che venne anche io, per quella prima volta, potei terminare nel culetto di Scilla.
Pensai di riposarmi un po’, ma Laura un po’ invidiosa per non aver provato il seme nel culo si attivò per portare il mio uccello in erezione e messasi in posizione: adesso tocca a me.
Devo dire che Scilla contribuì perché si mise riversa con il viso sotto il culo Laura e mentre inculavo Laura, lei con la linguetta le solleticava e succhiava la figa.
Da quella sera tutte le volte che facevamo sesso davo una bella ripassata ai due sederini per tenerli allenati e per par conditio una volta sborravo in Laura e la volta successiva in Scilla. In alternativa mi veniva concesso di venire contemporaneamente in viso a tutte e due. Anche questo ero uno spettacolo. Vederle a bocca aperta a lingua infuori a cercare di catturare i miei schizzi di sperma
Il nostro rapporto si era approfondito in tutti i sensi. Il sesso era diventato una componente usuale, fissa, gioiosa ed anche divertente della nostra vacanza ed io mi sentivo come un re fortunato.
Dal giorno successivo la mia vanesia o come si chiama si mostrò.
Vi avevo già detto della bellezza dei loro culetti e di come mi piacesse guardarli muoversi nei pantaloncini mentre passeggiavamo. Rallentavo il passo, le facevo sfilare e mi godevo la bella vista. A dire il vero guardavo se anche altri passanti facessero lo stesso e ne colsi più d’uno a copiarmi. Erano dei culetti tondi, alti, prepotenti. Si presentavano allo stesso modo che le ragazze indossassero pantaloncini o le loro mitiche minigonne. Io li preferivo quando indossavano la minigonna perché il pantaloncino li evidenziava facendoli tondi, ma quando indossavano la minigonna avevo l’impressione che quei culetti fossero spinti, compressi, dalla gonna diventassero maggiormente appetibili.
Adesso che avevo profanato quei due, non più vergini culetti, mi sentivo ancor più arrapato nel guardarli e nel vedere altri che li guardavano. Loro non lo sapevano, ma i culi di quelle due belle ragazze erano miei, solo miei e ciò mi inorgogliva.
(La perversione umana).
ll soggiorno a Puerto Escondido era terminato adesso ci aspettava una lunga tratta che ci avrebbe portato a Palenque. Sito Maya.
C’era anche goliardia e malizia tra noi e nel noioso viaggio al sud per accantonare la noia pensai a loro e a quanto stavamo bene insieme. Quel giorno era Laura seduta al mio fianco. Quasi per scherzo le presi una mano portandola sul mio “pacco”. Mi guardò. Che fai? Pensa a guidare. Dai, il viaggio è noioso così mi distraggo un po’.
Scilla da dietro aveva rizzato le antenne.
Si è affacciata tra i sedili: che fate i porcelli? Laura: è lui che è un porco, ma rideva.
Dice che il viaggio è noioso e vuole che gli tenga il coso in mano.
Scilla, sempre pronta, ha ragione …che noia, fallo contento. Anzi tiraglielo fuori che lo voglio vedere alla luce mentre si drizza, ed ironicamente, se si drizza. Si stava andando oltre le mie aspettative.
Laura era in gran sintonia con l’amica e con mia piacevole sorpresa armeggiò con i bottoni del mio pantaloncino e con grazia portò il mio uccello all’aperto e rivolta all’amica: adesso puoi vederlo bene. E io: aspetta, è molle; toccalo bene.
Cogliendo il suggerimento cominciò una lenta sega. Si drizzò, ma sapevo che non poteva succedere di più. Non è facile prestare attenzione alla guida ed eccitarsi. Avevo già fatto una precedente esperienza in merito. Ero con una che in fatto di sesso non si tirava mai indietro. Mentre guidavo in autostrada me lo prese in bocca; divenne rigido, ma nonostante le sue capacità non arrivavo all’orgasmo, c’era un blocco mentale. La guida richiede attenzione alla strada. Arrivavo ad un passo dall’orgasmo poi niente. Dovetti accostare in una piazzola per farle concludere il lavoretto.
Mi sarebbe piaciuto venire in auto grazie alla bocca di Laura e capii dove volevo arrivare. Mi aiutò, non volendo Scilla. Ma riesci a venire così? Prova, non so a segarlo o inventa.
Laura si impegnò. Vedevamo la sua mano impugnare e segare velocemente il mio cazzo. Niente. Cambiò tattica: a volte piano a volte veloce. Niente. Provò ad interessare anche le palle con l’altra mano. Niente. Era delusa ed anche Scilla. Io sornione aspettavo.
Sempre Scilla: prova con la bocca. Silenzio. Laura guarda me e poi Scilla e poi dall’alto vidi la sua chioma chiara nascondermi la vista del mio uccello e sentivo la sua bocca succhiarlo.
Mi piaceva un casino e mi piaceva pensare che sarebbe durato a lungo non riuscendo a venire. Dopo un cinque minuti Scilla: e allora? Viene o no? Laura sollevò il capo e disse: no, non viene. E io continua forse.
Perplessa si piegò nuovamente sul mio uccello e riprese il pompino. Io sapevo cosa fare. Alla prima rientranza della strada accostai. Lei cercò di sollevare il capo. Glielo impedii. Glielo tenni giù dicendo: continua ancora un po’; e dopo pochi ulteriori succhiate e risucchi le venni per la prima volta in bocca. Tenendole la testa giù la obbligai a bere il mio sperma (forse lo avrebbe fatto lo stesso perché non si lamentò della cosa).
Poi ci guardavamo sorridenti ed io guardandola dissi: brava. Laura si rivolse a Scilla: ridi, che la prossima volta tocca a te.
Sono convinto che non le sarebbe spiaciuto.
Approfittarono della sosta per fare cambio posto. Scilla venne al mio fianco
Io avevo soddisfatto la mia libidine e non pensavo al sesso quando Laura mi richiamò alla realtà dicendo: Scilla adesso tocca a te. Scilla disse: va bene
Compresi ehi , no, datemi un attimo; non sono mica Superman .Risero e Scilla disse :va bene dopo.
Avevamo ancora quattro/cinque ore di strada prima della prossima meta e ci fermammo in un chiosco per fare un buon break. Stemmo fermi meno di un’ora poi rilassati e rifocillati rientrammo in macchina e ripartimmo. Non erano passati cinque minuti che la mano di Scilla era dove non doveva essere. Al mio sguardo interrogativo Laura rise. Le stronze si erano messe d’accordo.
Risi anch’io. Se continuate così non ci arrivo alla fine delle vacanze.
Scilla mi aveva di già sbottonato il pantaloncino e lo aveva portato fuori. Lo stava amorevolmente segando per portarlo ad una minima rigidità. Per fortuna a quell’età mi bastava poco per riprendermi. Come fu di dimensioni da lei ritenute soddisfacenti si mise comoda per il suo pompino.
Sapevo che adesso sarei potuto durare tanto, troppo per il suo lavoro di bocca, ma non facevo conto della sua furbizia.
Dopo un quarto d’ora si lamentò: mi si stanno sganasciando le mandibole, ma non vieni? Io sorridevo; che posso farci. Ma lei mi fregò. Abbinò al lavoro di bocca quello di mano. Mi segava alla base dell’uccello mentre mi succhiava la cappella scendendo fino a dove riusciva ad arrivare sotto il glande. Sentii che mi stava fregando. Non potevo resistere alla doppia sollecitazione.
Tre minuti dovetti accostare per non perdere il controllo dell’auto. Non appena fermi, la sua mano lascio l’uccello ed usò solo la bocca per finirmi. Anche a lei misi la mano sulla testa per invitarla ad ingoiare il mio seme. Cosa che fece senza un plissè. Poi sollevò il capo e girandosi verso l’amica aprì la bocca come farle vedere che aveva ingoiato tutto. Che porche.
Pensai: due splendide femmine
Dissi, ragazze adesso possiamo stare tranquilli per un po’. Non era una domanda, ma una constatazione. Anche io avevo dei limiti.
Fu Laura, che ormai era per me una nuova Laura, che sorridendo, con fare ammiccante, disse: poi stasera vediamo e non ti lamentare
Effettivamente non potevo lamentarmi; chi poteva mai pensare che le cose sarebbero evolute in quel modo
Ero partito titubante, con il sogno di diventare il ragazzo di Laura. Ero diventato l’uomo di due strafiche che volevano fare sesso almeno quanto volevo io.
Peccato che allora non ci fossero cellulari o macchinette digitali. Avevamo le nostro reflex Canon, Pentax, Nikon con più obiettivi da usare a seconda delle circostanze e tutto con pellicola. Di quel viaggio mi sono rimaste le foto dei luoghi visitate e qualche foto con noi tre che qualcuno si è gentilmente prestato a farci con la nostra macchina.
Se fossimo stati ad oggi sono sicuro che saremmo tornati con foto e video piccanti dei nostri incontri. Peccato
Arrivati a fondo Messico costeggiammo il confine con il Guatemala., qui facemmo più soste ai posti di blocco della polizia messicana posti a pochi km l’uno dell’altro. Ci spiegarono gentilmente che la zona era sotto “l’attacco” dei guerriglieri della FAR (andatevi a leggere la loro storia) Non vedevamo l’ora di toglierci da quella zona, in altre parole ce la facemmo addosso; saremmo potuti “sparire” tra un posto di blocco e l’altro ed essere usati per riscatti o merce di scambio o peggio ancora
Per fortuna arrivammo a Palenque. Un posto culturalmente eccezionale immerso in una giungla di un verde fantastico.
Ricordo tre piramidi o simili.
-il tempio delle Iscrizioni, dove all’interno, in cima ad una stretta scalinata, c’era la tomba di un re
-il tempio del Leone, in realtà al suo interno aveva una scultura che dicevano fosse un giaguaro, a me non sembrava
-il Tempio del Conte che pare abbia preso il nome da un conte che lo abitò.
A differenza delle precedenti piramidi qui i gradini erano stretti e ripidi. Per aiutarti c’era una catena a cui attaccarsi per la salita e la discesa. In alto guardando verso il basso si avevano brividi da vertigini e si stava attaccati alla parete come delle mosche sul vetro.
Nei nostri tour alle piramidi prendevamo sempre una guida locale. Maledetto che una parlasse l’italiano. Solo inglese o spagnolo. Noi preferivamo il loro strano inglese per noi più comprensibile
Oltre a raccontarci tutto e di più dei templi e di Palenque ci condusse ad una fonte
(pozza sporca d’acqua) nella vicina giungla attraverso un piccolo sentiero. Ci disse che fosse un luogo magico invitandoci a fare il bagno in quella che doveva essere una fonte la cui l’acqua rigenerava. Era acqua salmastra e sporca, dopo un breve consulto visivo tra noi, decidemmo di declinare l’invito. Non volevamo prenderci qualche esotica malattia.
A Scilla, quel giorno, cominciò il ciclo mestruale e preferì tenersi da parte nei giochi erotici. Potei dedicarmi completamente a Laura per due notti mentre Scilla pareva alle prese con i dolori mestruale e non volle unirsi a noi. La settimana successiva fu alla rovescia. Fu Laura ad avere le mestruazioni ed a comportarsi allo stesso modo. Che si fossero messe d’accordo?
Non importa. Potei dedicarmi con sommo gaudio ad una sola di loro. Usai bene e fui usato bene. Ma i miei ricordi vanno sempre ai loro culetti. Alle fine delle vacanze erano così rodati che il mio uccello entrava nel loro forellino posteriore come entrasse nel miele. Era, lo sapete, la mia meta preferita.
Alla pecorina, mani a contenere le tette, il cazzo nel culo che le riempiva del mio seme. Che ricordi.
Tappa successiva la mitica Chichén Itzá nella penisola dello Yucatan dove avremmo concluso il nostro viaggio. Già allora ero uno dei siti archeologici più visitati al mondo, così diceva la nostra inseparabile guida cartacea
C’era una piramide immensa che scalammo con la stessa gioia che hanno i bambini e poi delle altre più piccole. Vi era un tempio che ricordo con raccapriccio perché la nostra guida locale ci fece vedere dove si diceva, su un altare, si facessero sacrifici di sangue sgozzando persone, e non solo i nemici. E’ una storia complicata da spiegare.
Visitammo inoltre un osservatorio astronomico e vedemmo dei grandi pozzi per la raccolta dell’acqua. E la guida parlava, parlava. Parlò per due giorni, tanto durò la nostra visita a quella località, e ci disse così tante cose da intontirci. Ricordo bene altre due cose: il sole ed il caldo di quei giorni, ma quello che ricordo meglio è il campo della pelota. Lo rammento bene non per gli affreschi ed altre scritte o statue o cose simili che lo adornassero, ma per ben altro. Vi dico cosa capimmo della spiegazione della guida. Nel tempo la verificai su dedicati libri, ma la questione è controversa.
Pensate ad un grandissimo campo da calcio circondato da alte mura con degli anelli laterali. In campo due squadre da 20 giocatori ciascuno. A disposizione una sola palla di pezza che doveva entrare in uno degli anelli laterali. La squadra che ci riusciva vinceva. Vi dico quello che ci disse la guida: potevi usare le mani per giocare la palla, ma per farle centrare l’anello dovevi calciarla con i piedi; strano, ma ci sta.
Chi centrava l’anello vinceva ed aveva il premio. Sapete quale era il premio?
La morte.
Ossia chi vinceva era un privilegiato perché poteva raggiungere gli dei.
Ci sembrava fuori di zucca una spiegazione del genere. Gliela facemmo ripetere e ci confrontammo con lui più volte. Insistette che fosse così. Boooh
Degli altri, i perdenti, non sapeva che fine facessero
Terminata la visita al sito partimmo ed arrivammo a Cancun. Il nostro sogno marino dove ci rilassammo, salvo tre brevi escursioni, sino alla partenza dal Messico.
Cancun non era la famosa località di oggi. Era tutto in costruzione. Da una parte il mare caraibico dall’altra una palude salmastra e puzzolente.
Alloggiammo in un ottimo hotel sulla spiaggia.
Gli americani stavano costruendo Cancun. C’era un solo centro commerciale che per entrarci dovevi mettere un piumino. Temperature polare all’interno (gli americani).
Una sola discoteca dove per la prima volta vidi che c’era uno all’ingresso che decideva chi sarebbe potuto entrare e chi no. Mi vien da sorridere, a noi spalancò l’ingresso. Potere delle belle donne.
Per finire, a Cancun, c’era un gran mercato all’aperto gestito dai “locali” che vendevano dagli alimentari ai souvenir. Stop, era tutto qui.
In compenso mare e spiagge favolose, Caraibi.
In quel soggiorno facemmo alcune escursioni. Andammo a visitare Tulum, vi dico dopo. Prima andammo a Playa del Carmen, oggi famosa, allora nessuno la conosceva.
Eravamo in un periodo lontano dal suo attuale sviluppo. Vi era una sola grande piazza in terra battuta che confinava con la spiaggia e tante case basse, tutte bianche, intonacate a gesso; niente altro. Non vi era l’ombra di nuove costruzioni, sembrava di essere in un antico Messico.
In giro poca gente e tante galline.
Dedicammo la giornata al mare; la spiaggia era larga ed il mare bello, meglio che a Cancun. In spiaggia c’eravamo solo noi. A pranzo mangiammo in un ristorantino nella piazza ed al pomeriggio tornammo in spiaggia con l’idea di fermarci li anche la sera. Impossibile. Al tramonto fummo assaliti da milioni di mosquito. Tipi di zanzara diverse dalle nostre, non pungevano per poi grattarti, ma pizzicavano. Erano pizzichi dolorosi e fastidiosi. Fuggimmo e tornammo a Cancun.
Il giorno dopo tornammo a Playa del Carmen perché da lì partiva un traghetto che ti portava all’ Isla Mujeres. Ci dissero che valeva la pena visitarla. Niente archeologia, ma belle spiagge e coste inesplorate.
La visita all’isola fu una perdita di tempo. Una sola strada che la percorreva centralmente e si potevano vedere solo alcuni punti della zona costiera, per questo la costa era inesplorata. Per vedere le spiagge più belle dovevi prendere un motorino o andarci a piedi e noi avevamo affittato un’auto.
In giro neanche un cane. Strutture di supporto? Nessuna. A questo giudizio negativo forse contribuì il fatto che fu l’unica giornata di brutto tempo, nuvole a perdita di vista, che avemmo nelle nostre vacanze.
In quelle prime notti a Cancun dove avevamo deciso di finire la nostra vacanza scopammo come ricci (si dice così) e facemmo nuove esperienze. La prima, impararono ad ingoiarmi tutto l’uccello in bocca.
A forza di tenermelo in bocca si erano specializzate e si erano messe d’impegno per arrivare a prenderlo tutto fino alla gola. Io sono un normodotato,16 cm, e pensavo non fosse impossibile riuscirci, anche perché qualcuna me l’aveva già fatto. A provarci per prima, sull’onda del pompino in auto mentre guidavo, fu Laura. Fece attenzione a farlo scendere lentamente in progressione, ma come prima reazione ebbe un conato di vomito quando le toccò l’ugola. Ma avevo scoperto la sua tenacia e ci riprovò con un diverso metodo. Lo faceva entrare ed uscire subito dalla bocca aumentando di volta in volta la profondità della succhiata. Agì alla rovescia di come fa un sommozzatore che deve tornare alla superficie dopo essersi immerso ad una notevole profondità. Lui fa delle tappe mentre sale, lei faceva delle tappe mentre scendeva. Fagocitava il mio uccello prendendone un pezzo alla volta. Cominciò lentamente, prima solo il glande o poco più, stava ferma come abituandosi alla sua presenza e poi ne prendeva un altro pezzo. Ripeté più volte la medesima sequenza. Ad ogni tappa inspirava aria dal naso per respirare. Scilla ed io seguivamo in silenzio il suo tentativo. Quando, preso dalla cupidigia, portai una mano sul suo capo per spingere velocemente la sua bocca verso il basso Scilla me la tolse dicendomi: lascia fare a lei.
Piano piano vidi il mio uccello sparire completamente e la bocca di Laura poggiarsi sul mio pube. Solo alcuni istanti poi risali. Poi ridiscese questa volta senza fermarsi fino in fondo. Risalì nuovamente. Da quel momento la sua testa non si fermò più. Mi stava facendo un pompino completo “mangiandosi” tutto il mio uccello. Ebbi la voglia di spingere il pube in avanti di scoparla in gola, ma riuscii a trattenermi; l’avrei fatta sicuramente vomitare e si sarebbe fermata ed io stavo già godendo, fisicamente e mentalmente. E pensavo: poi toccherà a Scilla farmelo.
Continuo a succhiarlo sino a quando sentii l’orgasmo montarmi; per una sorte di pudore lo dissi. Continuò indifferente a quanto dissi. Sentii lo stimolo partirmi dalle palle e immaginai il mio sperma uscire e schizzare e poi scivolare nella sua gola. Non mi trattenni. Le misi le mani sulla testa e senza spingere gliela tenni ferma finché non finii di sborrare. Le lasciai il capo quando fii di scaricarmi e lei sollevò il capo senza dirmi nulla, ma mi guardò con uno sguardo da maiala soddisfatta.
Poi girò la testa verso Scilla che era al mio fianco ed aprì la bocca facendoci vedere che non c’era traccia di sperma. Aveva ingoiato tutto, direttamente dalla gola all’intestino
Alla faccia, non mi stancherò di ripeterlo, del mio adorato angelo.
Quella stessa sera, con mio ulteriore gaudio, anche Scilla si cimentò nel pompino “profondo”.
Visto in diretta l’esperienza dell’amica applicò un approccio similare e più friendly giungendo alla stessa conclusione.
Viaggiavano in coppia, quello che faceva l’una lo faceva l’altra, e si aiutavano scambiandosi le esperienze arrivando al medesimo risultato.
La differenza tra le due nel farmi “il pompino profondo” era il colore dei capelli che vedevo dall’alto. Le sensazioni che provavo le stesse
A me piacque, ed anche loro dissero che provavano piacere a farlo perché si sentivano proprietarie assolute del mio uccello ed attraverso esso di me; dal canto mio ritengo che la sensazione fisica del piacere sia la stessa in qualunque parte del corpo si venga e sia solo l’aspetto psicologico a fare la differenza. Indi venivo e vengo con questo ordine di preferenza. Al primo posto il culetto, al secondo la figa, al terzo posto in bocca o in altra parte del corpo (tette o viso).
Mi piaceva vederle contendersi il mio uccello con le loro bocche eccitate.
A volte mi toccava intervenire per evitare che nella contesa mi facessero dei danni, ma mi pareva che lo attendessero per divertirsi di più.
Infilavo il cazzo nella bocca dell’una mentre all’altra dicevo dove appoggiare lingua e bocca. Per stupirle cambiavo sempre. Una volta dicevo di leccarmi le palle, un’altra di succhiarle. A volte le prendevo di sorpresa dicendo a quella libera del mio cazzo di leccare l’amica. A volte suggerivo anche dove, a volte lasciavo a loro la scelta. L’importante è che fossero sempre prese nel “gioco”. Piaceva a tutte e due essere scopate in bocca, sentirsela sformata e rimanere senza il respiro.
Quando insieme mi leccavano l’uccello, spompinandomi, non finivo mai di bearmi di quelle due linguette che toccandosi tra loro si scambiavano saliva e mi succhiavano per bene. Maiale come erano non mi sorprendeva che nel frattempo si masturbassero con le loro gentili manine. Se capitava che il ” colpo ” mi partisse e riempisse la bocca dell’una, in un a tacita condivisione, la fortunata baciava l’altra passandole il mio seme.
Poi soddisfatte facevano in modo che il mio uccello tornasse a disposizione per gli altri loro orifizi.
A Cancun, salvo quei tre giorni di visita a Tulum, playa del Carmen ed all’isla Mujeres, ci dedicammo unicamente al mare, sole, uscite serali per cene messicane, lunghe passeggiate e sesso. Tutte le sere un paio di ore era dedicato al sesso in tre. Sembrava dovessimo recuperare periodi di lunga astinenza e fare quelle esperienze sin allora non avute o osate. Fu come, per un accordo mai sancito, si fosse preso l’impegno tra noi di fare ed osare e che tutto sarebbe poi rimasto tra noi e circoscritto al Messico. Avete presente la festa di addio al nubilato o al celibato, quelle hot? Beh un po’ più lunga, ma con gli stessi riferimenti.
Andammo tre volte in tutto in discoteca; italiani in giro ve ne erano pochi e ancor meno in quella chiassosa discoteca “americana”.
I ragazzi americani stavano in gruppo e pensavano a bere birra e liquori piuttosto che ballare o a stare con le ragazze, e ragazze ve ne erano molte.
Noi latini siamo diversi, se c’è una donna carina in circolazione…altro che bere. Gli australiani sono come gli americani e gli inglesi (forse è un comportamento anglosassone e nordico) l’ho riscontrato nelle mie diverse esperienze.
Meglio così comunque.
Di ragazzi carini ve ne erano molti ed ebbi la tentazione di introdurre un quarto nel nostro gruppetto. Ci avrebbe permesso di fare nuove esperienze, ma avevo dei dubbi oltre che, confesso, una grande gelosia e paura di perdere le mie ragazze.
Dalla cosa più stupida: se ce l’ha più grande del mio e lo preferissero? Se davvero volessero poi estendere l’esperienza con altri e ne venissi tagliato fuori? A quelle più serie: noi ci conoscevamo ormai bene ed eravamo sicuri di noi, potevamo rischiare con altri non conosciuti? E poi per una esperienza in più avremmo rischiato di rovinarci quella che sin allora era stata una splendida vacanza?
Non resi partecipi Laura e Scilla delle mie intenzioni/fantasie; d’altra parte loro non accennarono mai ad estendere il nostro gruppettino. Certo le vedevo guardare i ragazzi più carini e le sentivo commentare tra loro, ma non andarono al di là degli sguardi e dei commenti anche salaci.
I ragazzi americani, tontoloni, le guardavano e si davano di gomito. Si rendevano subito conto che fossero straniere, italiane. Ciò forse dava loro un’ansia da contatto e si limitavano a commentare tra loro. Ripeto: meglio così.
Noi italiani/e siamo riconosciuti alla prima occhiata della nostra provenienza senza che noi si parli. Quante volte mi sono sentito dire all’estero: lei è italiano? A volte chiesi come facessero a capirlo. Mi dicevano: l’abbigliamento, il modo di parlare e gesticolare, come mi muovevo; insomma abbiamo un marchio di fabbrica. Siamo un brand internazionale.
La nostra serata era quasi standard, dopo essere rientrati si faceva la doccia e poi subito nudi al letto. Fuori faceva molto caldo e in camera tenevamo l’aria condizionata a 23, 24 gradi per stare bene. A letto vi era sempre uno/a che dava il via alle danze iniziando a baciare o carezzare la sua vicina o vicino. Da lì partiva il coinvolgimento di tutti e tre. Prima di mollare io avevo sempre due orgasmi, ci pensavano le ragazze a “risollevarlo” dopo il primo . Durante la notte ormai basta, avevo dato molto in quei giorni e di notte dovevo recuperare e non avevo altri stimoli nemmeno psicologici. Quello che desideravo l’avevo avuto. Anche le ragazze mi parevano soddisfatte e sazie e durante la notte dormivano.
Fortuna che quelli furono gli anni in cui ero al mio top fisico ed il mio corpo reagiva prontamente alla provocazione delle ragazze.
A volte non partecipavo attivamente e mi piaceva guardare quelle due splendide vestali fare l’amore. Se ad un certo punto non intervenivo completavano il loro amplesso con il fisting che era diventata una pratica ricorrente tra loro.
Vi erano arrivate per caso e poi lo applicarono sistematicamente
Si copiavano. Laura o viceversa si metteva con l’aiuto del cuscino in posizione ginecologica e la mano dell’altra, dito dopo dito per concludere con il pugno entrava nella passera per poi giocarci dentro fino all’orgasmo della compagna. Ero un piacere vedere l’atto e sentire come la fortunata godesse. A volte accompagnavo l’atto scopando alla pecorina o inculando la penetratrice, ma quello che preferivo era prima limonare con la penetrata e poi metterle in bocca il mio uccello e scoparle la bocca. Lei diceva che pensava fossero due cazzi a penetrarla. Forse l’idea del quarto non era così sbagliata.
Mi succedeva di aspettare l’orgasmo vaginale della fortunata per venirle anch’io in bocca, ma il più delle volte dopo il gioco in bocca tornavo alla passera o al culetto della penetratrice e mi occupavo di lei. Era giusto che anche lei avesse la sua parte di piacere. Così godevamo tutti e tre.
Vi racconto cosa successe la prima volta del fisting. Allora non sapevo nemmeno si chiamasse così
Ci stavamo dedicando a Laura. Mi stava succhiando l’uccello distesa sul letto a gambe aperte perché in mezzo alle cosce c’era Scilla che le leccava la passera e la stava sditalinando. Sarà stata la voglia di farle sentire le dita a fondo che a un certo punto ne aveva quattro dentro. Si rivolse a noi dicendo: guarda Laura hai quattro dita dentro, un altro po’ ci entra tutta la mano. Non fece in tempo di finire di dirlo che disse: quasi, quasi ci provo. Sei d’accordo Laura? Se qui un giorno potrà uscire un bambino la mia mano è più piccola e dovrebbe entrarci.
Io la guardavo stupito senza osare dire nulla. Effettivamente Scilla, come Laura, aveva dita lunghe e magre ed anche la mano ed i polsi erano sottili.
Laura che già aveva piacere dalla dalle dita e lingua di Scilla disse: prova, ma se ti dico basta smetti. Scilla si mise delicatamente d’impegno. Le leccò più volte la passera facendola morire di piacere ed emettere succhi vaginali in abbondanza.
Poi inserì un dito, poi l’altro e pian piano tutte le altre. Tenendo la mano a forma di ‘V’ ha proseguito. Vidi le nocche sparire lentamente alla mia vista. La mano parve risucchiata all’interno della vagina.
Laura era “tirata”, ma salvo qualche profondo respiro non si lamentava.
Quando la mano di Scilla fu tutta all’interno, vedevo solo il polso, chiesi a Laura: cosa senti? Mi sento piena, è una sensazione strana, ma mi piace.
Lentamente Scilla cominciò a muovere la mano ed a ruotare il polso. Fu un attimo, un’apoteosi di piacere investì Laura. Si, si, siii mi piace, godo ed in breve arrivò al primo orgasmo. Scilla la fece chetare e riprendere poi continuò quel massaggio interno. Incredibile, dopo breve Laura venne di nuovo. Io guardavo estasiato.
Ve la faccio breve. Dopo, Laura fece la stessa cosa che le aveva fatto Scilla che ne ebbe il medesimo piacere.
Durante la notte mentre loro dormivano mi chiesi se a quel punto potessero fare a meno di me. Fortuna che non fu così.
Io non provai mai a fare del fisting a loro. Le mie mani sono in proporzione al mio fisico. Troppo grandi per quelle delicate passere. Il tempo smentì questo mia convinzione. Altre si prestarono ed io riuscii ad entrare con la mano nella loro passera.
Si vede che allora non ero ancora abbastanza scafato o forse avevo paura di essere rifiutato.
Vi dico brevemente di Tulum prima di giungere alla conclusione
Sono le rovine di una città Maya costruita su promontorio a picco sul mare e sulla riva del mar caraibico. Di loro ricordo il castello, suggestivo ed impressionante, costruito sul promontorio a picco sul mare; un tempio che aveva numerosi affreschi ed un altro tempio di cui non ricordo il nome, ma similare come struttura ad altri visti precedentemente.
Intorno a Tulum allora c’era il nulla. Chilometri e chilometri disabitati. Fantastico.
E siamo arrivati alla conclusione. Anche le cose belle, purtroppo, finiscono quasi sempre e le nostre vacanze terminarono
Il giorno del rientro in Italia era arrivato e una sorta di tristezza si impadronì di noi. Eravamo consapevoli che era terminata una vacanza unica e difficilmente ripetibile. Avevamo avuto tutto e di più di quello che potevamo pensare all’inizio della nostra avventura: sole, mare, scoperte e cultura, sesso, allegria e divertimento.
Riconsegnammo l’auto a Merida dove prendemmo un “volo” che ci riportò a Città del Messico e da lì un aereo che ci portò in Italia alla Malpensa.
Se per stare in linea con le nostre scoperte nel campo del sesso vi aspettavate del sesso ad alta quota, quello che oggi permette di entrare nel club dei 10.000 (quelli che hanno scopato in aereo) che comunque allora non esisteva, mi spiace deludervi. Fu un viaggio amarcord, ci guardavamo sapendo che la nostra avventura era finita e che ci aspettava la vita di tutti i giorni.
Oggi riflettendo su quella vacanza, utilizzando un termine attuale, posso dire di essere stato il toyboy di Scilla e Laura. Non mi lamento di ciò, ma forse spiega in parte il seguito.
Ci separammo all’aeroporto di Malpensa. Loro presero un autobus che le portava in stazione centrale dove avrebbero preso un treno per Firenze. Io presi un autobus che mi portava direttamente a Brescia. Ci lasciammo con le lacrime agli occhi. Fu davvero molto triste.
La storia tra Laura e me non continuò Avevamo bruciato velocemente troppo tappe; eravamo arrivati ad un piacevolissimo, continuato, sesso senza conoscerci. Cercavo, cercavamo, amore. La mia fu una infatuazione che per fortuna non lasciò strascichi.
A novembre finivo il mio periodo di specializzazione a Brescia e poi sarei rientrato a casa.
In quei tre mesi Scilla non venne a trovare la sorella e non la vidi mai più. La sentii telefonicamente un paio di anni dopo quando il suo nome mi cadde sotto gli occhi mentre sfogliavo la mia rubrica telefonica. La chiamai, ma fu una telefonata di ricordi.
Laura la chiamai quando ero ancora a Brescia. Mi fece piacere sentirla, ma mentre chiacchieravo a telefono con lei, mi resi conto che era una storia, se storia c’è stata, finita. Ci lasciammo con un: ci risentiamo. Non ci sentimmo più.
Anni dopo mi sposai. A conferma di quanto dicevo, con mia moglie:
-niente culo, provato alcune, ma rifiutato. Nonostante le mie attenzioni e precauzioni diceva che le faceva male e poi che non fosse sano
– niente fisting, provato sino alle tre dita in più occasioni, alle sue proteste ho rinunciato
– niente rapporti con la presenza un terzo/a, sono io che non mai provato a proporlo
Per il resto ok anche se le piace poco che le lecchi la figa
Ciò a ricordarmi ed a confermarmi quanto maiali “scopritori” si possa essere fuori di “casa” e quanto “limitati o pudici” nel contesto familiare.

Questa è un racconto reale; sono a disposizione per chi ha corrette curiosità

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