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Racconti Erotici Etero

Mi basta scoparti la mente

By 11 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Il rapporto tra Emanuele e Rossella era sempre stato travagliato. Si conoscevano sin dai tempi delle scuole medie. Presi singolarmente erano due bravi ragazzini, poche grane causate ai genitori, pagelle quasi impeccabili, vite sociali e sentimentali all’insegna del ‘pochi ma buoni’. Pochi fidanzati e fidanzate e pochi amici, ma buoni, appunto. Anche troppo.
Viste dall’esterno, certamente due vite piatte le loro, monotone, che, fin dall’adolescenza e sino ai trent’anni suonati, avevano beneficiato di non troppi bassi, dovuti alla loro avversione per qualsivoglia rischio, ma altrettanto scarsi alti, limitati per lo più ad esperienze che, spesso, neanche li soddisfacevano a pieno, ma verso le quali erano portati a fare buon viso a cattivo gioco, per via di un patetico buonismo inculcatogli fin da bambini.
Insieme, però, cambiava tutto. Insieme erano una bomba pronta ad esplodere.
E la cosa era parsa chiara da subito a tutti. Da quando i due ragazzini si ritrovarono nella stessa classe in prima media. Da quando i due mansueti, docili, tranquilli Emanuele e Rossella, appena entravano in contatto, iniziavano ad emanare scintille.
Tutto, a dire il vero, ebbe inizio a causa di Emanuele che, da bambino solitamente più vicino alla santità che alla perdizione, in presenza di Rossella tendeva a trasformarsi completamente. Il che, spesso, si traduceva in piccoli dispetti, in sguardi indagatori, in frasi sussurrate per risultare appena udibili. Cose che lei non riusciva a tollerare, cose che la mandavano fuori dai gangheri. A quell’età, i ragazzini tendono ad essere insopportabili, a scherzare anche in maniera pesante. Rossella, però, riusciva a farsi scivolare addosso ogni affronto da parte di chiunque. Non di Emanuele, però. Quando lui la stuzzicava, per lei era impossibile resistere dal rivolgere improperi al suo compagno di classe o, nei casi più eclatanti, addirittura alzargli le mani. Persino quando Emanuele giocava sul terreno dell’indifferenza a lei dava sui nervi. Avvertiva il bisogno delle sue attenzioni eppure, allo stesso tempo, queste la innervosivano oltremodo. Per Emanuele lo stato d’animo non era troppo diverso. Si rapportava solitamente in maniera gentile con chiunque. Con lei, però, non ci riusciva. La sensazione che gli donava farla imbestialire, mandarla fuori di testa, era per lui una necessità irrinunciabile.
Tutto questo andò avanti per anni. Durante le scuole medie, durante il liceo, persino durante l’università. I due davano l’impressione di non sopportarsi, eppure quella magia, quel magnetismo, li aveva portati a indirizzare le loro vite lungo strade separate ma parallele, seguendo lo stesso identico percorso di studi. Si susseguirono amori, gioie, delusioni, emozioni più o meno intense per ciascuno di loro, ma lo sfondo continuava ad essere per entrambi quel rapporto da inseparabili nemici.
Solo quando il mondo del lavoro li inghiottì, furono costretti a fare a meno di quella deleteria quanto irrinunciabile abitudine.
Cominciarono a incrociarsi sempre meno spesso. Ora lungo la corsia di un supermercato, ora in auto affiancate ferme ad un semaforo rosso, ora in tavoli vicini in una pizzeria di provincia. Quasi sempre, i loro contatti si limitavano ad un cenno con la testa o a qualche sguardo fugace. Quello che entrambi ignoravano, o che sembravano ignorare, però, è l’effetto che quei pochi istanti causava loro. I battiti del cuore che acceleravano rapidamente, un senso di calore che si irradiava dal basso ventre fino ad infiammarne i cervelli, la sensazione di essere costantemente sulle spine.
Il loro ultimo, fortuito, incontro, avvenne in pieno centro, appena fuori da un negozio di bomboniere. Emanuele procedeva a passo spedito lungo il marciapiede. Rossella sbucò dall’esercizio commerciale restando voltata per salutare la proprietaria. L’impatto fu inatteso ed inevitabile e la ragazza, decisamente meno prestante di Emanuele, finì per terra a qualche decina di centimetri dal punto in cui i loro corpi si erano scontrati.
Emanuele, appena resosi conto dell’accaduto, non riuscì a trattenere una grassa risata guardandola seduta sul marciapiede con i capelli arruffati. Con l’aria strafottente che l’accompagnava da quando incontrò Rossella per la prima volta, in un impeto di compassione più che di gentilezza, allungò una mano per aiutarla a rialzarsi. Lei, orgogliosa come sempre, rifiutò con decisione, puntando le braccia sull’asfalto e sollevandosi. ‘Faccio da sola’.
Lui, nel ritrarre la mano, la portò nella tasca dei jeans, non distogliendo lo sguardo da Rossella.
‘Che ci facevi lì dentro?’, le chiese, ‘La secchiona prepara le bomboniere per la seconda laurea?’.
‘Non sono affari tuoi, idiota. E comunque, tu avevi voti più alti dei miei’, replicò piccata la ragazza, mentre muoveva a passo spedito verso il vicino parcheggio coperto.
‘Perché sono più intelligente’, incalzò Emanuele, seguendola.
‘Credici. La secchiona, intanto, fra poche settimane si sposa. Tu cos’hai concluso nella vita?’.
Emanuele riuscì a mascherare l’inaspettata sensazione di smarrimento che lo colse come un pugno allo stomaco, e replicò in modo più cattivo del solito: ‘Ti sei rassegnata a non avermi e ripieghi su qualcun altro, vedo’.
Lei, arrivata nei pressi dell’auto, si sforzò di sfoderare un sorriso di compassione: ‘Per ripiegare dal non avere te, mi sarebbe bastato sposare un criceto sdentato. Invece, sposo l’uomo dei miei sogni, che amo più di me stessa. Per cui, torna a vivere nelle tue patetiche fantasie e lasciami in pace una buona volta’.
Quando Rossella si voltò per aprire lo sportello della sua Smart rosa, Emanuele, senza perdere tempo, si portò dietro di lei, stringendola a sé.
‘Cosa fai?’, gli chiese, dopo un momento di smarrimento.
Emanuele aderì completamente alla schiena e al sedere della ragazza, serrandole le mani sull’addome.
‘Ti mostro che le cazzate che spari potranno convincere chiunque, ma non hanno effetto su di me’.
‘Tutto questo è solo una tua fantasia, piantala’, rispose Rossella, con un tono di voce più flebile rispetto a quello spavaldo utilizzato fino a poco prima.
Emanuele parve non ascoltarla. ‘Lo senti il mio cazzo premuto contro il tuo bel culetto, vero?’.
Rossella non rispose, ma il ragazzo poté percepire, sotto le sue mani, il respiro di lei accelerare sensibilmente. Lei portò le sue mani sopra quelle del suo ex compagno di classe, ma non riuscì a tenergliele bloccate quando lui iniziò a muoverle lentamente, l’una risalendo a cercare i seni, l’altra scivolando verso il bordo dei jeans.
‘Sono eccitato. Da te. E sono certo che tu lo sia ancora di più’.
‘Non è vero’, disse lei, con un filo di voce.
Emanuele, arrivato a sfiorare con le dita il tessuto dei jeans, penetrò appena al di sotto di essi avvertendo, al contatto coi polpastrelli, il pizzo delle mutandine indossate dalla ragazza. Sovrastandola nettamente, poté anche gustarsi la vista delle guance rosso fuoco e della bocca semi-aperta di Rossella, intenta a fissare un punto indefinito davanti a sé. Abbassò anche lui il tono di voce, e riprese a parlare.
‘Quindi, se ora io raggiungessi la tua figa, se le mie dita forzassero le tue cosce, non ti troverei bagnata al pensiero che io ti scopi qui, ora, senza alcun preliminare né rispetto?’.
‘No’ non voglio”, rispose Rossella, affannata, mentre le mani di Emanuele si muovevano, con una lentezza esasperante, verso le zone più sensibili del suo corpo.
‘Vuoi forse negare di avere la figa in fiamme, i capezzoli duri come chiodi, una voglia matta di sentirmi dentro di te, stantuffarti a fondo, lasciarti dilatata e piena del mio sperma?’, continuò il ragazzo, con voce decisa e tanto bassa da risultare poco più che un sussurro.
‘Non’ non’ non voglio”, ripeteva quasi come un mantra Rossella, senza neppure tentare di sottrarsi a quella presa.
Ci vollero solo pochi secondi prima che Emanuele arrivasse a sfiorare i peli pubici e i grossi seni della ragazza, ormai completamente abbandonata tra le sue braccia e col sedere premuto contro un pene che avvertiva lungo e grosso, al massimo dell’erezione.
‘Forse hai ragione’, sussurrò Emanuele, ‘Tu non vuoi tradire l’uomo dei tuoi sogni, facendoti scopare selvaggiamente in un parcheggio dal primo stronzo che ti mette le mani addosso’.
Il respiro di Rossella accelerò ancora di più, mentre ogni tentativo di replica le moriva nella gola.
Emanuele continuò a ruota libera: ‘Non vuoi che ti abbassi i jeans e le mutandine fradicie, che estragga il mio cazzo dai pantaloni, che ti faccia chinare e ti riempia tanto forte da farti male. No, tu sei una santarellina. Non berresti mai il mio sperma imboccando la mia asta, ancora lucida dei tuoi umori. Non ti faresti umiliare in questo modo’.
Il respiro di Rossella si faceva sempre più corto e pesante, mentre il ragazzo continuava imperterrito nella sua azione. ‘Va bene allora, ti accontento. Non scoperò il tuo corpo fremente e voglioso, mi basta scopare la tua mente, a fondo’ penetrarti dentro più di quanto chiunque altro potrà mai fare. Ricorderai sempre questo momento, e come questo stronzo ti fa sentire. Sarò la tua ossessione. La voglia di rivivere questa esperienza resterà annidata nella tua mente e, di tanto in tanto, busserà così forte che non potrai non aprirle le porte della tua coscienza. Per quanto riguarda me, credo mi prenderò un souvenir’, concluse il ragazzo, allungando una mano sul pube di Rossella e strappandole un pelo, prima di sciogliere la sua morsa.
Qualche istante più tardi si allontanò, non celando un ghigno soddisfatto quanto fastidioso, stringendo tra le dita un pelo scuro di media lunghezza, e lasciando Rossella, spossata e stravolta, accasciata contro il fianco della sua Smart rosa, con la ricevuta delle bomboniere per le nozze a far capolino dalla tasca destra dei suoi jeans.

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