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Racconti Erotici Etero

Mindwriter

By 13 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Poteva essere una idea piuttosto strana quella di Erik. Un idea forse simile a tante altre mai applicate nella vita comune Gli era nata quasi per scherzo a seguito di una discussione che aveva avuto coi suoi amici, dopo la visione di un film di successo, egli era sicuro che Il pensiero era l’unica fonte di espressione delle potenzialità del suo probabile progetto.

Quasi per scommessa era partito in quarta per la realizzazione di una versione materiale di una speciale agenda. Era talmente concentrato nel suo progetto da escludere chiunque, familiari compresi, alla partecipazione di questa sua idea, d’altra parte col suo carattere estremamente introverso., per anni aveva pensato e risolto i problemi della sua vita da solo, e non era certo giunto il momento ora di informare gli altri dei suoi scopi. Pensandoci bene quello che lui aveva in mente, una forma precisa non l’aveva. Non esisteva neppure una solida base di partenza poteva far affidamento solo sulle sue cognizioni universitarie condite con poca pratica ma, al momento l’unica cosa che i suoi neuroni gli trasmettevano era quello di ‘fare’, non importava come o in che modo, bastava ‘fare’!

Fare: questo verbo così indefinito e poliedrico nella sua immensità di potenziale struttura, formato da sole quattro lettere, ma usato per una miriade di casualità e convenzioni dalla mente umana., nel suo caso l’ottica del ‘fare’ aveva una concezione vicina al limite del la necessità unama del respiro.

Dalla finestra non proprio pulita, i raggi del sole, entrando nel laboratorio e sfiorando a malapena le provette e l’acceleratore era come se risvegliassero quegli strani aggeggi contaminati dalla polvere abituale mai tolta dalla donna delle pulizie. Iasha si rifiutava di tenere il laboratorio in perfetto ordine tenendo alto come bibbia il contratto dei lavoratori stranieri che proibiva a chiunque di ripetere per troppe ore in maniera continua lo stesso lavoro di pulizia in locali esposti alla negligenza altrui.

Ad Erik questo non importava più di tanto, gli era sufficiente qualche caff&egrave e bastava vivere alla giornata, immerso nelle sue ricerche continue, con la sua instancabile voglia di arrivare al punto prefisso.

Iasha per dovuto rispetto, seguitava a lavorare in quella casa, non ne era pienamente soddisfatta, ma con il calare del lavoro nella nazione era costretta ad accontentarsi di quello che aveva trovato. In fondo una leggera pena mista ad un presunto amore materno le impediva di andarsene; in cuor suo Erik era un po’ come se fosse un figlio acquisito. Aveva la stessa età di suo figlio Areen, morto anni addietro nella guerra del Golfo.

Il caff&egrave sul tavolo era quasi freddo, Erik era completamente immerso nelle sue concezioni meccaniche e teoriche che neppure si accorgeva del passare del tempo.

‘No, no, no… non basta! ‘ parlava come se fosse in squadra con altre persone, spesse volte si dimentica di essere solo – La potenza &egrave inferiore al discorso equivalente sul piano tecnico, ci deve essere un bit in più per farlo progredire…’ Il suo pensiero sembrava un discorso verso il Pc acceso situato proprio davanti a lui, Erik guardava lo schermo, a volte perdeva le sue speranza: erano quasi tre anni che provava e riprovava a costruire la Mindwrite, dopo la scommessa fatta l’idea di quello che la sua abilità tecnica e teorica avrebbe potuto fare l’aveva spronato a provare e riprovare più volte per averla. Mindwriter era un ipotetico modello di una potenziale agenda. Non era un agenda di fogli ma neppure un tipo di agenda elettronica, considerando quanto potesse essere influente la negligenza di una ipotetica persona nel dimenticarsi continuamente un’agenda, nel non tenerla con se nei proprio spostamenti giornalieri, magri anche nel non caricarla

Quella doveva essere un agenda particolare, sarebbe stata minima quasi invisibile per gli altri al di fuori del proprietario; era quasi la metà di un pacchetto di cerini e la sua funzione sarebbe stata quella di memorizzare appunti e note attingendo direttamente da cervello del suo proprietario, molto simile a quella che aveva visto nel film.

Lo scopo finale sarebbe stati quello di inserire il Mindwriter sotto la pelle della persona, vicino al cervello nella zona attorno all’orecchio. Sottili fili univano la parte del cervello dove risiedeva la memoria al cuore della macchinetta, potenzialmente il Mindwriter sarebbe stato idoneo per l’inserimento sottopelle ad una persona, quello che mancava era la potenziale spinta di ritorno esterno per l’estrazione della macchinetta con l’annessa memoria immagazzinata.

Aveva provato la sua invenzione su cavie, ma nessuna di loro, dopo il tentativi di estrazione della macchina era rimasta in vita. Ogni volta c’erano sempre stati degli imprevisti di varia natura. Automaticamente l’immagazzinamento dei ricordi che sarebbero potuti venire dal cervello degli animaletti era sempre stato effettuato. Una volta estratta la macchina aveva verificato tramite un collegamento col Pc che dalla scheda di memoria, sull’apposito visore, apparivano varie onde di suoni impercettibili all’orecchio umano.

L’unica imperfezione dell’uso del Mindwriter rimaneva l’estrazione dal corpo in cui essa era contenuta.

Dopo innumerevoli controlli e prove di potenza della macchina, Erik aveva creato un ulteriore prototipo, il quale avrebbe dovuto essere il modello definitivo Certi momenti era quasi stanco, questo non poteva che essere il ‘modello definitivo’, quello finale, e lui ne era testardamente e inconsciamente sicuro.

Ora avrebbe dovuto inserirlo in un corpo umano per verificarne l’effettivo funzionamento.

Nella tazzina il caff&egrave freddo, accanto a lui era l’unica cosa forse non tanto dissimile dal resto che avrebbe potuto tenergli compagnia. Anche quella tazzina ormai era diventata un elemento proprio del laboratorio.

Pensieroso e in silenzio la mente di Erik continuava a contorcersi in astrusi ragionamenti, più pensava e più un leggera emicrania aumentava causandogli un discreto e malevolo mal di testa.

Continuava a chiedersi su quale persona avrebbe potuto provare, ma nessuna di quelle che conosceva si sarebbe prestata per quell’intervento nato da un gioco con possibili ed eventuali risvolti nocivi.

Una malsana, ma netta decisione si faceva largo a piccoli passi nella sua testa, forse l’unica persona adatta a provare il meccanismo non poteva che essere lui. Una piccola dose di rischio accompagnava la sua prospettiva, ma lui stesso era alla fina l’unica persona che credeva nel Mindwriter e sicuramente la sola che avrebbe potuto capire se il funzionamento era coretto oppure no.

Mancava solo la forza di passare dal pensiero all’effettiva decisione e non era facile come avrebbe potuto sembrare.

Sul tavolo, quasi sparsi tra fogli e appunti vari, i piccoli utensili da chirurgo brillavano sotto il sole di marzo, era come se, appoggiato in disordine accanto al Mindwriter, guardassero Erik con aria di sfida, lui li guardava, aveva una strana sensazione; gli pareva che restassero lì, come attendendo una mossa che lui non avrebbe mai fatto.

Un piccolo lampo di pazzia si fece largo tra i pensieri contorti e d’improvviso…’Perché non dovrei provare? ….Ora &egrave a posto, ora funzionerà!’.

Si alzò di scatto dalla sedia, con la mano ghermì il Mindwriter e, davanti allo specchio del laboratorio, con movimenti quasi frenetici, dettati dalla pazzia in coppia con l’audacia, Erik iniziò nell’operazione d’inserimento del Mindwriter sotto la pelle.

Non ci mise molto, per non essere un chirurgo riusciva anche troppo bene a districarsi nella sua anatomia, aveva studiato medicina prima di dedicarsi all’idea di appassionarsi al ‘mestiere’ dell’inventore., L’audacia però non aveva un effetto anestetico , Erik si diresse verso il piccolo frigo che teneva nello studio, prese la bottiglia di Whisky che teneva per brindare l’opera finale e ne tracannò il quantitativo giusto per soffrire di meno ma non perdere l’obiettività delle sue azioni

Con mente lucida si incise e asportò un pezzo di pelle, erano circa quattro centimetri di epidermide esattamente tra il suo collo e ‘orecchio sinistro. L’operazione si rivelò più ardua del previsto, le forze e il coraggio cominciavano a venire meno ma con la caparbia di essere nel giusto, inserì la scatoletta, opportunamente protetta dall’entrata delle sue sostanza organiche nel congegno. Gli sarebbe bastato poi avvicinare il cavo di ‘trasporto memoria’ nella zona adiacente alle sue terminazioni nervose e per finire sarebbe bastato ricucire la pelle; secondo i suoi calcoli mentali quello avrebbe dovuto essere il punto più idoneo del corpo per il funzionamento della sua invenzione.

Dalla piccola ferita il sangue confuso col dolore lo accompagnava nella sua opera, alla fine il Mindwriter era posizionato., qualche goccia di sangue come innaturale decorazione sparsa un pò per terra e nel lavandino e sopra lo specchio, restava come testimone dell’operazione.

Era quasi esausto, aveva perso un po’ troppo sangue doveva mangiare immediatamente perché il suo corpo riformasse il sangue perso.

Un improvvisato panino con gli avanzi del pranzo mal consumato, fu la sua fonte di rifornimento.

Mentre mangiava, sentiva il Mindwriter pulsare dentro sé; si osservò nello specchio la pelle del il suo collo aumentava e diminuiva leggermente a ripetizione regolare la sua grandezza, i fili della cucitura tenevano appena. Sotto la pelle traspariva appena un rosso più tenue del color e della carne.

Erik guardava la sua opera, non si reputava totalmente soddisfatto; aveva un minimo di insicurezza: non sapeva se era riuscito a collegare tutti i cavi, ma., pur essendo incredibilmente stanco era contento.

Immancabilmente dopo l’inserimento del Mindwriter, avrebbe dovuto seguire il collaudo. Di seguito, per evitare la rimozione dell’apparecchio, avrebbe collegato due cavi esterni al terminale del Mindwriter che traspariva sotto la sua chiara pelle.

Con una deducibile fretta si infilò sciarpa e cappotto e uscì all’esterno, avrebbe verificato il funzionamento trasmettendo mentalmente annotazioni e immagini da quello che la strada, a sua volta gli avrebbe trasmesso. Lasciando il tetro laboratorio fu quasi una sorpresa per lui accorgersi che la giornata, ormai verso la fine, era nettamente migliorata: il sole ora era più forte e splendeva generosamente sugli alberi del giardino. Con un occhiata distratta, Erik entrò nella vita ordinaria e normale di tutti i giorni, quella degli ‘altri’.

La città era molto affollata, una miriade di persone circolava indaffarata in maniera similmente frenetica.

‘.. gli altri dicono che sono matto..a me i matti sembrano loro…’ Pensò, osservando come da estraneo quella che in teoria ma non in pratica avrebbe potuto essere anche la sua vita ‘….Questo voglio segnarmelo..’ Pensò, e concentrandosi cercò di trasmettere mentalmente le sua impressioni. Dall’altro lato della strada, un cartellone pubblicitario sfolgorava con un colore quasi accecante reclamizzando l’imminente concerto di un gruppo rock ‘Oh!…A questo concerto ci voglio andare…devo prendere nota…’ e con un altro piccolo sforzo di concentrazione, Erik trasmise mentalmente la data e l’ora del concerto del manifesto.

Camminò ancora, ma non per molto, ogni tanto provava a pensare per trasmettere anche cose di nessuna importanza, dopo poco tempo vide la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio di scarpe e notò che nel punto dove era inserita la macchina si notava un leggero tremolio di luce, quasi impercettibile, Erik si avvicinò al vetro per controllare se la luminescenza era una sua impressione e costatò che il effetti la piccola luce rossa ora non più come al suo inserimento appariva e scompariva. ‘…Probabilmente la memoria sta finendo….devo tornare a casa!’ e con passo svelto si diresse verso la sua ‘stanza delle creazioni’.

Era così che Liza chiamava il suo laboratorio….

Pensando a lei un’altro piccolo movimento mentale partì per il Mindwriter e di conseguenza la piccola luce rossa aumentò ancora di più la sua leggera intermittenza.

Una volta a casa, quasi senza spogliarsi Erik si diresse velocemente nel suo laboratorio e con impazienza cominciò ad attaccare i piccoli cavi esterni sotto la pelle del suo collo, con movimenti decisi riaprì il piccolo taglio precedentemente fatto e inserì nella sua epidermide i cavi collegati al suo computer, invertendo il flusso dall’entrata all’uscita per trasmettere all’esterno i dati, non rimaneva che aspettare.

Dopo pochi minuti sul visore cominciarono ad apparire delle scritte; il suo nome, il copyright, il nome della macchinetta e nella riga seguente il suo primo pensiero: ‘..gli altri dicono che sono matto’a me i matti sembrano loro..’.

Leggendo nel visore la sua prima emozione una gioia immensa si impadronì di lui: era riuscito, finalmente era riuscito!

Dopo così tanto tempo, era riuscito a mettere in pratica il suo prototipo finale, sarebbero bastati pochi giorni per metterlo definitivamente sul mercato. La sua invenzione sarebbe stata una grande novità per l’umanità, milioni e milioni di persone ci si sarebbero avvicinate alle potenzialità del Mindwriter, con il suo uso, certamente sarebbero sparite molte distrazioni e dimenticanze della vita di ogni giorno.

Era estremamente contento; ce l’aveva fatta! Lo avrebbe sbattuto in faccia a chi non credeva nella riuscita del suo progetto..ma prima di tutto c’era una persona con la quale avrebbe voluto condividere la sua riuscita!

Era con Liza che voleva dividere la sua enorme gioia..subito..doveva chiamarla subito!

Alzò il telefono, compose il numero e dopo una breve attesa una voce femminile rispose: era lei!

‘Pronto?’

‘Ciao Liza, sono Erik, tutto bene?’

‘Sì, sì, benissimo, come mai mi chiami ora?’

‘Volevo solo che tu venissi a casa mia, &egrave importante!’

‘Ma Erik, non dovevamo vederci stasera?’

‘Sì, sì, ma &egrave successo qualcosa di nuovo…bellissimo…Dai vieni subito qua, voglio parlarne con te!’

‘Ok, vengo subito!’

Chiusa la comunicazione e uno stato quasi febbrile s’impadronì di lui. Gliel’avrebbe detto, sicuramente gliel’avrebbe detto, gli avrebbe raccontato tutti i progetti che la sua invenzione gli aveva generato. Avrebbe parlato fino alla nausea, lo avrebbe fatto ma……sicuramente non subito. Pensando a Lei gli era scoppiata un’eccitazione incurabile, doveva averla, doveva farla sua .immensa era la sua voglia non sarebbe riuscito ad aspettare più di tanto, dopo mezz’ora, lei arrivò a casa sua.

‘Ciao!…Allora qual &egrave questa grandissima novità?’ dalla porta della stanza il viso fresco di Liza spuntò come una farfalla leggera sulle provette del laboratorio. La sua espressione non era particolarmente stupita, conosceva Erik fin troppo bene, era avviata ad esser stupita da certe sue stranezze, in fondo era anche per questa sua imprevedibile versatilità che lo amava.

Dio com’&egrave bella!… ‘ pensò lui, senza risponderle, la prese per mano, con un espressione a mezza strada tra una grande promessa e verità, e la condusse nella camera.

Altre volte era successo un comportamento simile e lei fraintendendo cosa fosse quella novità con un sorriso malizioso lo seguì fingendo un falso stupore, docilmente si lasciò trascinare, Dio come lo amava!

Questo era uno di quei momenti in cui si sentiva estremamente fortunata ad avere un uomo come lui.

Erik la voleva.

Sdraiandosi sul letto , tenendo le braccia lungo i fianchi chiuse gli occhi, Erik era sempre magico. Scordandosi del mondo aveva incominciato a spogliarla, lei era davvero bella e quando facevano l’amore l’affinità era tale che Liza le sembrava a dir poco meravigliosa.

Con le dita scorse leggermente la pelle di lei, e il suo tocco dava i brividi. I fianchi , il seno, le spalle la sua piccola pancia’tutto era fantastico’La sua riuscita come inventore si stava fondendo con l’amore che portava per Liza. Non aveva più senso trovare una fine, un inizio per amore e scienza il cocktail che si stava formando era sessualmente molto eccitante. Con una provetta fece scorrere dell’acqua sopra il seno dei lei..un sospiro’ L’acqua scendeva disegnando il seno, inturgidendo il capezzolo’avrebbe perso delle ora a guardare il corpo di Liza’l’acqua scorreva , lei lasciva al suo amore campo libero e lui inizio velocemente ma accuratamente a pulire il corpo di Liza dall’acqua che scendeva ..l’acqua si mischiò alla sua saliva e lui cominciò a scendere sul corpo di lei fino ad arrivare sul pube. Le labbra già semidischiuse lo invitavano ad entrare ..e così fu.

La sua lingua si mosse delicatamente verso l’interno della vulva..il respiro di Liza cominciò ad essere più veloce..Erik ascoltava nell’ansimo di lei il piacere che le stava regalando. Con la lingua continuò a ‘succhiare’ la sua ragazza, avido di ciò che lei stava emettendo, la sentiva sospirava, gemere di piacere e la cosalo stava stravolgendo al massimo. Continuava a leccare, insistentemente , senza termine, il suo membro ormai gonfio e pronto premeva sul letto..avrebbe voluto penetrare la ragazza ma era troppo bello per Erik vederla contorcersi sotto le sue sferzate di lingua . Fu lei che con uno sforzo immane riuscì a divincolarsi da lui per poi posizionare il suo fondoschiena direttamente davanti al membro di lui. Non ‘c’era nessun bisogno di inumidire ulteriormente la vulva di lei:’ Dai ..dai..mettimelo dentro..non voglio venire senza” implorò Liza, il suo corpo saturo di umori ondeggiava ormai in attesa del colpo finale, contraeva ed espandeva i muscoli addominali per potenziare io piacere che Erik le aveva regalato.

Con un secco colpo Erik La penetrò. Un gemito uscì da entrambi, e senza ritegno cominciò una cavalcata fantastica.

Un colpo dietro l’altro entrava, usciva per poi ricominciare’avrebbe voluto che non avesse avuto fine..era davvero bello’il piacere ora li avvolgeva entrambi. Avvinghiati , nulla esisteva ora oltre loro!’ ‘..Liza..Liza..sto per..’

A queste parole Liza riuscì in maniera quasi rocambolesca ad afferrare il membro di Erik..lo guardò per un attimo, bello e possente come al solito ma quasi subito dopo lo ingoiò continuando la sua cavalcata con la bocca. Erik le mise due dita nella vagina per continuare l’opera iniziata dopo pochi attimi nello steso momento entrambi ebbero l’i orgasmo.

Un rivolo di sperma uscì dagli angoli delle labbra di Liza..era stato fantastico!

Nell’amplesso, una miriade di informazioni in parte volontarie erano partite dal suo cervello. Erik quasi senza accorgersene, si trovò stordito contemporaneamente da troppi fattori esterni e interni: l’emozione, la vittoria per la costruzione del l’ultimo prototipo di Mindwriter, l’eccitazione sessuale, l’orgasmo e innumerevoli altre emozioni, ma talmente tante da non riuscire ad elencarle.

Causa gli sforzi sostenuti nel rapporto sessuale, la cucitura della pelle di Erik in corrispondenza del taglio che si era fatto poco prima, per il trapianto della macchina, cominciava ad assumere un colore nettamente più acceso della sua pelle rosea e la protuberanza ad ogni pulsazione dava l’impressione di aumentare sempre di più. Dopo un po’ di tempo qualche sottile goccia di sangue sgorgò dai bordi della ferita. Lui, ad occhi chiusi, perso nei suoi post orgasmici, non si accorse di niente. Liza, vedendo le lenzuola tingersi di un tenero rosato, a fianco a se, allarmata lanciò un urlo e all’improvviso Erik ritornò in se stesso e in meno di un secondo si rese conto di quello che stava succedendo.

La pelle vicino all’orecchio era diventata rossa in una maniera oltremodo anormale e il sangue defluiva in minima quantità dal taglio. Il rigonfio ondeggiava a un ritmo serrato, ed era come una specie di bolla sottocutanea, sembrava ingrandirsi sempre di più.

Nella sua mente, erano affluite troppo velocemente eccessive informazioni di varia natura trasmesse dal Mindwriter che, causa dell’intensificarsi del suo livello emotivo, era inspiegabilmente impazzito e, senza nessuna spiegazione il flusso di memoria aveva invertito percorso.

Il Mindwriter stava trasmettendo a ritroso tutte le annotazioni mentali involontariamente trasmesse prima da Erik stavano ritornando nel suo cervello a una velocità spropositata e in ordine sparso.

Il cervello dell’uomo sovraccaricato da troppe informazioni trasmetteva ordini impazziti al resto del corpo: rantoli e urla uscivano improvvisamente e senza motivo da Erik, che, staccatosi violentemente da Liza cominciò a muoversi urlando come un indemoniato. Con le proprie mani iniziò a stracciare i propri capelli e la pelle. Ormai impazzito preda del male fisico e mentale che in brevissimo tempo lo stava distruggendo.

Liza, terrorizzata, dapprima aveva cercato di soccorrerlo, tentando di fermargli i convulsi movimenti, voleva frenarlo, impedirgli di farsi del maleì, per lei, senza un motivo apparente.

Nonostante ogni sforzo che lei cercava di porre a sembrava non esistesse nessun modo per fermarlo.

Alla fine in preda al panico totale, Liza, scappò dall’appartamento seminuda per cercare aiuto. Poteva solamente sperare di trovare qualcuno che l’aiutasse trattenendo Erik dalle sue convulsioni , che in totale confusione, stava distruggendo ogni minima parte del suo corpo con la stessa facilità con la quale avrebbe stracciato un foglio di carta.

Rantolo, sospiri, urla, e ogni altra immaginabile emozione usciva da quello che fino a poche ore prima era Erik Lassel, lo scienziato. Scosse nervose agitavano le membra e ogni volta, e per ogni mossa del suo corpo, schizzi di sangue e brandelli di pelle andavano in tutte le direzioni; sul letto, per terra, perfino sulle pareti.

Alla fine un’urlo immane fu la sua ultima emissione sonora, e poi cadde, senza vita.

Quando Liza tornò trovò uno spettacolo inimmaginabile.

Il laboratorio di Erik pareva un mattatoio; il sangue padrone di quasi tutta la stanza, il fulcro era un corpo umano, che appariva quasi decomposto, immobile sul letto.

Impietrita, paralizzata, perfettamente immobile, con tremenda paura e terrore capì che quello che le si presentava solamente un ora prima era il suo amore, l’uomo che amava., Erik.

Attorno a Lei, le altre persone che l’avevano seguita per aiutarla con schifate espressioni torcevano il naso e voltavano la testa, lo spettacolo era troppo pauroso da essere sopportato.

Liza rimase immobile.

Il suo uomo era morto, , ma nessuna lacrima usciva dai suoi occhi.

Lei lo amava ancora avrebbe voluto tenerlo sempre vicino, sempre con se, importava se Lui era più in vita, lei comunque non l’avrebbe sicuramente lasciato.

Sotto lo sguardo incredulo e terrorizzato degli altri, si avvicinò lentamente al letto, e delicatamente cominciò ad accarezzare il fagotto informe sopra il letto stesso, accompagnando il suo gesto con parole dolci come se parlasse ad un bambino.

Da qualche parte, nella confusione restante di Erik, intravide una piccola scatoletta color metallo. Una piccola luce lampeggiava a fasi alterne. Liza la prese, con un pezzo di camicia la pulì e la raccolse al petto. Girando le spalle alla stanza fece per uscire, fu Iasha a tentare di fermarla.

‘Lasciami!’ In un attimo gli occhi terrorizzati di Iasha di scontrarono con lo sguardo sicuro e deciso di Liza ‘A lui piace molto il mare. Io lo porterò là’

Un silenzio pesante s’inframmise tra le due donne e alla fine Iasha lasciò la presa non riuscì mai a comprenderne il perché, in quel momento si sentiva debole, totalmente debole come non le era capitato mai. Non seppe mai il perché, ma in quegli attimi, pur non sapendo di cosa, una tremenda paura era regina di lei.

Liza uscì dalla camera, semivestita con le mani raccolte e nelle mani la Mindwriter di Erik, camminava lentamente, quasi eterea, pareva un fantasma.

La scatolina pulsava tra le sue mani, Liza la guardava le sembrava di sentire la voce di Erik, le sue parole..non sapeva cosa fosse quel piccolo oggetto, voleva tenerlo, con sé, era come se fosse con Erik

Nessuno osava fermarla, le persone che la vedevano all’istante rimanevano paralizzate come era successo a Iasha.

Con lo sguardo fisso, verso la fine della città Liza procedeva tranquilla, il mare non era lontano, ci sarebbe arrivata sicuramente prima di sera.

Incurante di tutto e di tutti proseguì sicura per la sua strada e dopo l’ultima curva, nessuno la vide più.

gea

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