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Moana, vacanze in Sicilia.

By 5 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Finalmente arrivarono l’estate e le vacanze. La Sicilia mi aspettava. Dovete sapere che i miei genitori avevano un amico molto intimo di nome Franco che appunto abitava in Sicilia, e spesso ad agosto eravamo suoi ospiti. Franco aveva sposato una donna Etiope, e da lei aveva avuto una figlia di nome Marica, che aveva la mia stessa età e per questo motivo eravamo cresciute insieme, come due sorelle, e l’amore che ci univa era davvero straordinario. Marica era bellissima, aveva la pelle olivastra, quasi nera, un fascino esotico, e i capelli crespi di un africana. Aveva ereditato la bellezza e il calore dell’africa da parte di madre e della Sicilia da parte di padre. Aveva una fila di maschietti che avrebbero fatto di tutto pur di montarla.
Arrivai all’aereoporto di Catania alle cinque di pomeriggio, da sola. Berni mi avrebbe raggiunta in un secondo momento. Marica era lì ad aspettarmi, ci abbracciammo in modo caloroso, poi sentii le sue mani percorrermi la schiena fino ad appoggiarsi sulle natiche. Me le palpò energicamente.
– Accidenti, c’hai sempre un culo divino!
A quel punto gli allontanai le mani per non dare spettacolo, perch&egrave eravamo pur sempre in un aereoporto davanti a migliaia di persone. Poi gli diedi un gran schiaffone sul suo di culo, che era bello morbido, burroso, e ogni volta non riuscivo a resistere alla tentazione di colpirlo con una gran pacca.
– Mai quanto il tuo – le dissi.
Raggiungemmo casa sua in auto. Marica aveva una mano sul volante e con l’altra, quando non era sul cambio, mi accarezzava una gamba. Da sempre quello di accarezzarmi le gambe era il suo passatempo preferito, diceva che farlo la faceva sentire tranquilla, e io la lasciavo fare. Aveva un bel modo di accarezzarmele, leggero e continuo, e quando lo faceva mi sentivo speciale.
Marica ormai abitava da sola; aveva una casetta in una località di mare, una villetta per la precisione, ma piccola, di un piano solo, e se devo essere onesta non era messa granch&egrave bene, nel senso che avrebbe avuto bisogno di una riverniciata, e il giardino era incolto e pieno di cianfrusaglie. Marica non sembrava badarci molto alla cura della casa. Eppure era accogliente, calda. In quella intimità disordinata sembrava esserci una certa armonia che andava al di la del mondo, come se fosse un’altra dimensione.
Marica mi fece entrare e cominciò a spogliarsi. La sua patatina era completamente depilata, e allora mi venne in mente che io la mia l’avevo lasciata incolta. Ormai mi ero affezionata al mio pratino. Quando mi spogliai anche io lei vide il mio folto cespuglietto biondo e mi sorrise. Venne verso di me e mi abbracciò, dicendomi che le ero mancata molto.
– Anche tu amore.
Prima di uscire per raggiungere il mare mi disse che doveva farmi vedere una cosa, e allora mi prese per mano e mi guidò verso la camera da letto. Prese un album fotografico da un cassetto e allora io pensai che volesse mostrarmi le foto della nostra infanzia. Ma non era così. Aveva trovato quelle foto in casa dei suoi genitori. Ci mettemmo sul letto e a quel punto Marica aprì l’album e la prima foto che vidi fu quella di mia madre distesa su un letto, con le cosce oscenamente aperte, come se stesse offrendo il suo corpo a qualcuno. Completamente nuda, con le tette e la fighetta di fuori. Non potevo credere ai miei occhi. Perch&egrave il padre di Marica aveva quella foto? Forse erano stati amanti?
– E questo non &egrave tutto – mi disse, e svoltò la pagina, e trovai la risposta alla mia domanda. Mia madre nella stessa posizione di prima, ma questa volta al suo fianco c’era Franco, il padre di Marica, anche lui nudo, con un cazzo duro e sorprendentemente grosso, e ridevano, come due amanti felici. Nella foto successiva invece, sempre loro due, ma questa volta il cazzo di Franco era piantato nel corpo di mia mamma fino ai suoi grossi coglioni taurini. E ridevano ancora, erano felici.
– Certo che tua mamma era proprio una grandissima zoccola – mi disse Marica.
– Sì lo so, ma non avrei mai immaginato che lei e tuo padre… sì insomma, che lei e tuo padre fossero amanti.
– Accidenti che paroloni che usi! Guarda qui.
Marica girò la pagina e mi mostrò un’altra foto dove c’era anche mio padre. Anche lui era nudo, ma aveva un ruolo passivo. Mentre mia mamma e Franco facevano l’amore lui era lì che guardava, e teneva mia madre per mano, amorevolmente.
– Certo che mia madre sarà stata anche una gran puttana, ma mio padre era un cornuto patentato – dissi e scoppiammo a ridere.
Voltammo pagina e nella foto successiva c’era Franco sdraiato sulla schiena e mia madre sopra, con l’enorme palo di lui piantato nel culo nella sua interezza.
– Comunque tuo padre &egrave un vero toro da monta, non c’e che dire.
– E tua madre &egrave una gran donna.
– Sì lo &egrave.
Quelle fotografie erano davvero belle. Che i miei genitori fossero una coppia cuckold già lo sapevo, come già vi ho raccontato in precedenza, ma non avrei mai immaginato che Franco avesse partecipato ai loro giochi d’amore. Mentre guardavo quelle fotografie mi accorsi che Marica mi stava fissando, quasi rapita da chissà quali pensieri. E allora la guardai anche io e le chiesi se era tutto apposto. E allora mi disse una cosa che mi colpì tantissimo.
– Sei bellissima – mi disse accarezzandomi il viso. – Proprio come tua mamma. Mi picerebbe avere il cazzo per schizzarti in faccia.
– Cosa?! – scoppiai a ridere, invece lei era seria.
– Dico sul serio. Il tuo Berni non sa quanto &egrave fortunato.
Cinque minuti dopo eravamo sulla vespa di Marica, in direzione mare. Non facevo altro che ripensare a quelle foto. Ogni tanto spuntava fuori qualche tassello che mi aiutava a interpretare la vita dei miei. E se devo dirla tutta stava venendo fuori un quadro d’insieme piuttosto appassionante, nel senso che ad ogni tassello che si aggiungeva capivo quanto intensa fosse la loro vita amorosa. Il loro amore era davvero encomiabile. Quante coppie potevano dirsi soddisfatte sessualmente al cento per cento? Davvero poche. E i miei genitori non avevano problemi in questo senso. Più appagati di loro secondo me non c’era nessuno.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/vacanze-in-sicilia-e-nuove-rivelazioni.html Quando ritornammo dal mare era tardi; il tempo di cenare e poi ce ne andammo a letto. Mi svegliai alle nove del mattino, ero sola, mi ero addormentata in perizoma e reggiseno per il gran caldo. Mi alzai dal letto e andai verso la cucina, dove ero sicura di trovare Marica. E invece mi trovai di fronte ad un uomo dalla pelle scura, con un fisico da atleta, un volto un pò rude ma molto maschio. Era nudo e non potetti fare a meno di notare il suo grosso cazzo, che da moscio era grosso quanto il cazzo di Berni in erezione. Spalancai gli occhi e la bocca per la sorpresa di vedermi un toro di quella stazza davanti.
– Dio mio quanto &egrave… grosso – dissi, ed ero incantata di fronte a tutto quel ben di dio, che non riuscivo a guardarlo in faccia. Facevo davvero fatica a togliere gli occhi da quell’enorme attrezzo. Non avevo mai visto una trave di quelle dimensioni, e solo all’idea di sentirmelo entrare dentro mi si cominciarono a bagnare le mutandine. – Ma tu chi sei?
– Sono Rachid, il fidanzato di Marica. Che c’e? – domandò guardandosi tra le gambe. – Non ne hai mai visto uno così?
– A dire il vero no – risposi. – Cavolo che bestia!
– Tu devi essere Moana – Rachid mi si avvicinò, mi annusò i capelli e mi accarezzò un fianco, fino a scendere verso le natiche. Infilò un dito nella sottile linea di stoffa del perizoma che stava in mezzo alle natiche, me la tirò, e poi la lasciò andare e quella con uno scatto si infilò di nuovo in mezzo alle chiappe. – Marica non mi aveva detto che eri una gran gnocca.
– Beh, che dire… – ero imbarazzatissima. – Grazie. Anche tu non sei niente male.
– Se cerchi Marica &egrave fuori a prendere il sole.
E in effetti la trovai fuori, nuda anche lei, su un’amaca che aveva montato in giardino tra due alberi robusti. Non le dissi niente di quello che mi aveva fatto il suo Rachid, ne di quello che mi aveva detto. Non volevo che Marica pensasse a male. Certo che però, nonostante fosse il suo fidanzato, si comportava proprio come se non lo fosse. Se Berni avesse fatto una cosa del genere con un’altra ragazza probabilmente mi sarei incazzata da morire. O forse avevo frainteso io quel gesto? Forse era il suo modo di fare, forse lo faceva con tutte. Forse il fatto che mi aveva detto che ero gnocca era solo un suo modo tutto particolare di essere gentile, e io mi stavo facendo tante pippe mentali. Certo non avevo mai conosciuto un ragazzo così sfrontato. Se ero davvero una sorella per Marica forse gliel’avrei dovuto dire. E allora mi preparai un discorsetto da farle. Le avrei detto chiaramente che il suo fidanzato aveva fatto lo stronzetto con me. Era giusto dirglielo, doveva saperlo. Se ero veramente sua amica dovevo dirglielo, e non potevo tenermelo per me. Doveva sapere che razza di uomo era il suo. Mi ero tanto convinta di questa cosa che stavo cominciando a parlare, ma lei fu più veloce di me.
– Che ne dici se andiamo al mare?
– D’accordo.
Pensai che quella cosa poteva aspettare. E allora raggiungemmo il mare in auto. Guidava Marica, e Rachid era a fianco a lei, e ogni tanto mi lanciava certe occhiate porche che mi facevano sciogliere. Magari era uno stronzo che riempiva la sua fidanzata di corna, ma ci sapeva fare con le ragazze. Era uno di quei ragazzi che ti facevano andare in ebollizione con uno sguardo. E poi se pensavo a quel palo che c’aveva in mezzo alle cosce, in ebollizione ci andava la mia vagina. Rachid era marocchino, in macchina mi disse che faceva il dj e si guadagnava da vivere suonando nelle discoteche.
– Come vi siete conosciuti? – domandai.
– Eravamo in discoteca, io ero lì per una serata – disse Rachid. – Ho visto Marica al bar e ho subito capito che dovevo farmela.
– Che stronzo che sei – continuò Marica. – Tutto qui? Volevi solo scoparmi?
– No, non solo scoparti, volevo proprio aprirti in due.
Marica scoppiò a ridere. Io ero un pò perplessa. Anche perch&egrave sospettavo che Rachid non fosse un uomo molto fedele. E me lo aveva dimostrato quella mattina annusandomi i capelli e giocando col mio perizoma. E se metteva le corna alla mia quasi cuginetta, non mi stava bene. Se in qualche modo da quella relazione ne sarebbe uscita ferita, sarei andata in bestia. Non potevo permettergli di fare del male alla mia Marica. Non potevo.
Arrivammo in un posto di mare che si chiamava La Sporta, un’insenatura della costa disseminata di grotte, poco frequentata e per questo motivo molto tranquilla. Tutt’intorno era pieno di scogli, nessuna traccia di spiaggia. Rachid aveva cominciato a scherzare col mio costume, si divertiva a tirarmi il laccio del pezzo di sopra, che puntualmente cadeva a terra e io rimanevo con le tette di fuori. Questa cosa lo faceva divertire da morire, e Marica non diceva niente per farlo smettere. Ai suoi occhi quel gioco era assolutamente innocente. Per quanto provai a dirgli di smettere, lui continuava a farlo.
– E dai che c’e gente – dissi raccogliendo il costume per l’ennesima volta.
– E che te ne frega – rispose lui. – C’hai queste belle tette, perch&egrave nasconderle?
Era chiaro che quel gioco aveva un doppio fine. Il doppio fine ero io. Rachid ci stava chiaramente provando con me, sotto gli occhi indifferenti della fidanzata, che si stese al sole e chiuse gli occhi quasi per addormentarsi. Rachid mi indicò una grotta in lontananza, per arrivarci c’era una bella nuotata da fare.
– Che ne dici? Ti va di andarci insieme?
– No grazie, credo di aver capito che tipo sei. Mi ci vuoi portare solo per provarci. Ma sappi che io sono impegnata. Con me vai in bianco.
– Ah, ho capito. Non credi di farcela fin laggiù.
– Guarda che ho fatto dieci anni di nuoto. Ci metto poco ad arrivare fin laggiù.
– Ah sì? E fammi vedere.
– E va bene. Ma si va e si torna. Ok?
Ma chi si credeva di essere quel Rachid? Sfidarmi in una gara di nuoto. Gli avrei fatto vedere io. Dieci anni di nuoto non si cancellano facilmente. Mi tuffai in acqua e cominciai a nuotare. Andavo davvero forte, e raggiunsi la grotta in cinque minuti, e lui era ancora in alto mare, il pivello. Non sapeva con chi aveva a che fare. Non solo era un infedele cronico, era pure scarso nel nuoto. Mi guardai attorno, la grotta era davvero suggestiva. Le onde del mare sbattevano su un piccolo scoglio che nascondeva una rientranza di sabbia umida. Un luogo divino per fare l’amore, e chiaramente era quello che voleva Rachid. Voleva scoparmi. Lì eravamo lontani da Marica e avrebbe potuto avermi con tutta la tranquillità. Ma si sbagliava di grosso. Non glieli avrei dati mai e poi mai i miei buchi. Mi distesi sulla sabbia ad aspettare Rachid, e prendermi gioco di lui.
Nella caverna si stava da dio. C’era una frescura paradisiaca e un venticello che mi accarezzava le gambe. Rachid riuscì a raggiungermi. Ero pronta a dirgli: “hai visto, pivello? Non puoi battermi a nuoto”. Ma le parole mi si bloccarono in gola quando lo vidi uscire dall’acqua e entrare nella caverna. Non aveva più il costume e aveva un cazzo durissimo, enorme, svettante verso l’alto, con il glande gonfio e rosso. Era il prototipo di maschio alpha, e adesso stava reclamando ciò che gli spettava di diritto: me.
– Porca troia! – esclamai.
Lui si mise lì davanti a me con i pugni sui fianchi e mi guardò, come a dire: “come vedi sono pronto. E tu?”.
– Non so cosa ti sei messo in testa, ma mi sa che ti stai sbagliato di grosso.
Rachid venne a stendersi su quel piccolo lembo di sabbia dove ero io. Cercai di mostrarmi indifferente a quel suo grosso cazzo, ma non lo ero. Il fatto che fosse lì accanto a me, bello duro, gigantesco, mi fece bagnare non poco. A quel punto Rachid prese il laccio del pezzo di sopra del mio costume e me lo tirò liberandomi le tette.
– Che fai?
I miei tentativi di oppormi erano inconsistenti, così Rachid avvicinò la bocca alle mie tette e cominciò a succhiarmi i capezzoli, ad uno alla volta. Mugolai di piacere, era impossibile resistergli. A quel punto gli permisi anche di slacciarmi il pezzo di sotto. Ormai ero nuda come lui e allargai le cosce, senza pensarci, invitandolo a prendere possesso del mio corpo. E lui non se lo fece ripetere due volte e iniziò a sgrillettarmi con foga, e nel frattempo continuava a succhiarmi le tette.
– Non si può – dissi, ma senza crederci tanto. – Non &egrave bello quuello che stiamo facendo. Non si può fare.
Ma intanto lo lasciai libero di godere del mio corpo. Poi ad un certo punto smise e si alzò in piedi, piantandomi il suo grosso cazzo duro davanti alla faccia e lo usò per schiaffeggiarmi le guance. Dio mio che potenza ragazzi! Lo presi con una mano per tenerlo fermo e dritto e poi avvicinai la bocca per tempestarlo di baci, dalle palle, percorrendo l’asta fino a sopra, solcando le sue dure vene verdi, pulsanti di sangue caldo. Arrivata in cima lo feci scivolare in bocca. Mi stava dentro a stento, cominciai a sbocchinarlo, lui mi teneva una mano dietro la nuca e accompagnava i miei movimenti. Era talmente grosso che ebbi l’impressione di soffocare. Dopo averlo lavorato ben bene con la bocca mi prese un polso e mi fece alzare e mi fece mettere di spalle, con le mani contro la parete della caverna. A quel punto mi si mise dietro, mi prese per i fianchi e il suo palo si infilò in mezzo alle mie cosce. Entrò dentro il mio corpo attraverso la vagina, e quando fu completamente dentro mi abbandonai ad un lamento di piacere che rimbombò sulle pareti della caverna. Me lo sentivo in gola per quanto era grosso. Intanto aveva iniziato a pomparmi. Andava come un treno e ogni tanto mi schiaffeggiava le natiche. Stavo godendo troppo per capire che quanto stavo facendo era un tradimento nei confronti di Marica. E non me l’avrebbbe mai perdonato. Io intanto stavo impazzendo, Rachid era davvero un professionista, uno specializzato nel far godere le donne, e io stavo avendo il privilegio di essere montata da lui. Era inarrestabile, una vera forza della natura. Ad un certo punto ebbi un orgasmo così intenso che mi misi a gridare come una matta, e Rachid mi tappò la bocca con una mano. Mi afflosciai sulla sabbia quasi svenuta dall’intenso piacere. Avevo il fiatone e chiusi gli occhi per qualche istante. Quando li riaprii vidi il grosso cazzo di Rachid davanti alla faccia. Se lo stava menando con l’evidente intenzione di sborrarmi in faccia. Non mi opposi minimamente, e a quel punto il suo abbondante seme mi schizzò sul viso. Ce n’era così tanto che mi riempì tutta e cominciò a colarmi da tutte le parti. Diversi schizzi mi erano finiti pure sui capelli. Il tempo di riprenderci e poi ripartimmo per raggiungere Marica. Avevo fatto una gran cazzata; mi ero fatta scopare dal fidanzato della mia migliore amica, che era quasi una sorella, e io l’avevo tradita. Mentre nuotavo pensavo proprio a quella cosa, e mi tormentavo, e pensavo al fatto che forse avrei dovuto confessargli le mie colpe. Aveva ragione Berni quando mi diceva che ero una gran puttana. Infatti era proprio quello che ero. Anzi, ero la regina delle puttane, che si fa scopare perfino dagli uomini delle amiche.
Arrivammo sulla riva opposta dell’insenatura, dove era rimasta Marica. Rachid si infilò il costume che evidentemente aveva lasciato lì prima di partire per la caverna. Marica, che si era addormentata, riaprì gli occhi accorgendosi di noi e ci chiese dove eravamo stati.
– A fare una nuotata – disse Rachid.
– Una nuotata? – chiese Marica.
– Sì, solo una nuotata – confermai.
Marica richiuse gli occhi e Rachid mi palpò il sedere, facendomi intendere che la prossima volta mi avrebbe fatto il culo. L’idea mi fece venire i brividi. Poi andò a stendersi al sole insieme alla sua fidanzata, e io mi misi a sedere su uno scoglio, scrutando l’orizzonte, e rimuginando su quello che avevo fatto. Dovevo trovare il sistema per dirlo a Marica. Solo allora mi sarei sentita in pace con me stessa.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/rachid.html
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/la-grotta.html Forse non vi ho ancora detto che Marica era una cantante reggae che riscuoteva un certo successo locale. Quando cantava si faceva chiamare Mama Marica, le sue serate, di solito in riva al mare, attiravano un sacco di gente. E quel giorno in cui mi lasciai montare dal suo fidanzato la sera avrebbe cantato in una località balneare lì in zona. Prima di andare l’aiutai a indossare i suoi vestiti di scena. Aveva degli hot pants neri di pelle, abbottonati davanti con dei bottoni bianchi a vista. E di sopra aveva una camicia di canapa abbastanza scollata da mostrare un reggiseno a fascia. Ai piedi aveva dei vertiginosi tacchi a spillo. Mentre l’aiutavo ad abbottonarsi gli hot pants, infilando i bottoni nelle asole, decisi di vuotare il sacco per quanto riguarda la monta di quella mattina.
– Marica, io devo dirti una cosa.
– Spara.
– Non credo di essere stata molto corretta nei tuoi confronti.
– In merito a cosa?
– Stamattina io e Rachid abbiamo fatto una nuotata fino a raggiungere una grotta. Lui era nudo, aveva un erezione, capisci? Ce l’aveva duro per me. E allora non so cosa mi &egrave preso, ma lui ha cominciato a sfilarmi il costume, e io non ho saputo oppormi. Ce l’aveva troppo duro, capisci? Sono una gran troia, lo so. Ma sappi che mi dispiace un casino.
– Ti sei fatta scopare da Rachid?
– Sì, amore mio. Lo so che stai pensando che sono una grandissima troia. Hai ragione, e ti chiedo di perdonarmi. Non succederà più.
Marica mi sorrise bonariamente, intanto avevo finito di abbottonargli gli hot pants e ero passata a sistemargli la camicetta di canapa come voleva lei, aperta davanti.
– Amore, quello che fai con Rachid non me ne frega niente – mi disse.
– Cosa?! Ma &egrave o non &egrave il tuo fidanzato?
– Il mio fidanzato, accidenti Moana, che paroloni. Mica me lo sono comprato. Sì, stiamo insieme, ma questo non vuol dire che il suo cazzo &egrave una proprietà privata. E neppure la mia vagina lo &egrave.
– Insomma, siete una coppia aperta.
– Una coppia aperta? Moana, ma come parli? Sembra di sentir parlare mia nonna. Dai, cerchiamo di non perdere altro tempo. Il concerto inizia tra mezz’ora.
Anche se non voleva accettare quella definizione, Marica e Rachid erano proprio una coppia aperta. Quindi era tutto ok. Non avevo niente da recriminarmi. Ma mi rimaneva ancora un pò di rimorso, perch&egrave con Marica avevo risolto, ma con Berni? Cosa avrei raccontato al mio fidanzato di quella scopata nella caverna con Rachid? Certo, lui ormai era abituato alle mie scappatelle, magari avrebbe fatto una sfuriata di gelosia e sarebbe finita lì. Era sempre stato così comprensivo, e lo sarebbe stato anche questa volta.
Il concerto di Marica, anzi Mama Marica, era in uno stabilimento balneare. Il palco su cui si sarebbe esibita era un piattaforma di legno collocata sulla sabbia, e il gruppo (composto da tre musicisti) era lì ad accordare gli strumenti. C’era un discreto numero di ragazzi che aspettavano che il concerto cominciasse. Diedi un bacio su una guancia a Marica per augurarle buona fortuna, dopodich&egrave ci separammo. Lei sul palco e io tra la folla a ballare. Marica era davvero brava, il genere in verità non era vero e proprio reggae, ma una sua variante, il reggaemuffin, una specie di fusione tra reggae e rap, e Marica andava come un treno, le parole delle sue canzoni uscivano fuori a raffica, come una mitragliatrice. Era inarrestabile.
Mentre ero lì che stavo ballando mi sentii le mani di qualcuno prendermi i fianchi, Conoscevo bene quella presa. Mi venne subito in mente la scopata di quella mattina con Rachid, le sue mani decise e sicure sui miei fianchi. Era lui. Mi voltai a guardarlo e lui mi sorrise. Aveva il cazzo premuto contro il mio culo, e lo spingeva avanti e indietro, come se mi stesse penetrando.
– Ciao bella puledra – mi disse.
– Ehi, ciao – non avevo tanta voglia di continuare quella storia con Rachid. Ci eravamo divertiti, tutto lì, era stato molto bello, ma non era nelle mie intenzioni dare un seguito a quella follia. E allora decisi di rivolgermi a lui senza lasciarmi prendere dalle emozioni, nella speranza che avrebbe capito come stavano le cose. Quello che c’era stato tra noi non poteva avere un seguito, soprattutto perch&egrave io avevo Berni, e non sarebbe stato giusto nei suoi confronti.
– Ti va se facciamo un bagnetto? Magari nudi.
– Ascoltami Rachid – gli dissi allontanandogli le mani dai miei fianchi. – E’ stato davvero bello quello che abbiamo fatto. Devo riconoscere che scopi proprio da dio. Ma non credo che questa cosa debba avere un seguito.
– E dai, solo un bagnetto – continuò. – Un bagnetto innocente.
– E va bene, ma non farti venire strane idee.
E così ci allontanammo dalla folla per raggiungere un pezzetto di spiaggia appartato. Rachid iniziò a spogliarsi e io feci lo stesso. Quando si tolse le mutande mi accorsi che era in erezione. Il suo grosso palo era tutto dritto verso l’alto e reclamava i miei buchi,
– Dì un pò, ma ce l’hai sempre dritto tu?
– Quando sto con te sì. Che posso farci? Mi fai arrapare un casino.
– Che scemo.
Eravamo entrambi nudi e entrammo nell’acqua scura della notte. Nuotammo un pò fino ad arrivare abbastanza distanti dalla riva. Da lì riuscivamo comunque a sentire e vedere il concerto, ma allo stesso tempo eravamo piuttosto lontani da tutti. Rachid mi cinse con le braccia da dietro e cominciò a baciarmi il collo, le sue mani scivolarono sulle mie tette e me le accarezzò con delicatezza. Il suo enorme palo premeva in mezzo alle mie natiche, pronto a entrare, reclamava il buco che ancora non aveva esplorato, il retto.
– Dai, stai buono. Non doveva essere un bagnetto innocente?
Il suo glande gonfio e duro premeva contro il mio orifizio anale, si stava facendo strada dentro non senza difficoltà. D’altronde lui era troppo grosso, e io avevo sì esperienza nel sesso anale, ma non ne avevo mai accolto uno così grosso. E per questo motivo ebbi un sussulto di paura.
– No dai, dico sul serio. E’ troppo grosso. Va a finire che me lo rompi.
– Ti prometto che faccio piano – rispose.
E allora decisi di lasciarglielo fare, e lui iniziò a farsi strada dentro. Cercai di rilassare i muscoli del retto e chiusi gli occhi, e a poco alla volta sentii salirmi su per il culo quel palo enorme. Quando fu tutto dentro praticamente non riuscivo a muovermi, ne a dire una parola. Ero semplicemente paralizzata. E Rachid cominciò a farlo salire e scendere, in principio fece piano come mi aveva promesso, ma dopo un pò cominciò a fare sul serio e a pomparmi il culo di brutto come aveva fatto con la figa.
– Piano, sennò mi sfondi! – dissi, ma Rachid non ne voleva sapere di diminuire il ritmo della cavalcata. Piuttosto, per rendermi l’inculata più piacevole, con una mano raggiunse le mia fighetta e iniziò a sgrillettarmi. A quel punto fui sua. Avrebbe potuto fare di me ciò che voleva. Ci sapeva davvero fare. Iniziai a mugolare di piacere, e senza rendermene conto cominciai a dire un sacco di porcate per incitarlo a sgrillettarmi con più decisione.
– Sono tua – dissi. – Sono la tua cagna. Rompimi il culo, dai. Così.
Rachid mi fece avere un sensazionale orgasmo. E l’intenso piacere mi fece dimenticare di avere il suo grosso cazzo piantato nel culo, fino alle palle, che saliva e scendeva. Ed ero così priva di forze che non riuscivo neppure a tenermi in piedi, e Rachid dovette tenermi su con le sue possenti braccia muscolose. Con le braccia mi teneva su e mi penetrava, spingendo il suo bacino avanti e indietro. Io avevo completamente perso i sensi. C’avevo il culo addormentato, sentivo solo un leggero formicolio, tanto che la prima cosa che pensai fu che me l’avesse rotto. Poi l’orgasmo lo raggiunse anche lui e mi fiottò nel retto. Sentii la sua sborra calda nel mio condotto anale, e a quel punto lo fece venire fuori e mi girai verso di lui, allacciandogli le braccia dietro il collo e cercando la sua bocca. Avevo voglia di baciarlo, e così le nostre lingue si incontrarono. Smisi soltanto quando ad un certo punto mi venne in mente Berni, e allora mi allontanai dalla sua bocca, e dissi che forse era meglio ritornare a riva. Mentre ci rivestivamo provai un pò di amarezza, perch&egrave l’avevo fatto di nuovo, avevo tradito un’altra volta Berni. Ma promisi a me stessa che quella sarebbe stata davvero l’ultima volta. Sapevo benissimo che era una bugia, ma allo stesso tempo sapevo che dovevo impegnarmi, dovevo prendermi l’impegno di smetterla di farmi sbattere a destra e a sinistra, e diventare finalmente una fidanzata seria. Berni non se le meritava tutte quelle corna che gli mettevo.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/08/un-bagnetto-innocente.html Finalmente ci raggiunse il mio Berni, e con lui c’era anche mio fratello Rocco con la sua fidanzata, i quali però decisero di passare qualche giorno da soli in albergo. Quante cose avevo da farmi perdonare da Berni, e non avevo proprio la minima idea su come fare. Di solito, come già vi ho raccontato in precedenza, il momento migliore per confessargli le mie scappatelle era dopo aver fatto l’amore. Ma questa volta sentivo dentro di averla fatta proprio grossa, di aver fatto una cosa imperdonabile. Insomma, di essermi comportata da vera zoccola. Non sarebbero bastate delle semplici scuse dopo una scopata. Per fortuna Rachid era uscito di scena, almeno per un pò. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante farlo incontrare subito con Berni, dopo quello che c’era stato tra di noi.
Quella sera ce ne andammo a ballare. C’era una serata di musica anni 80, qualche cocktail di troppo e io e Marica eravamo su di giri, e cominciammo a prenderci gioco, bonariamente, di Berni. Gli ballavamo intorno in modo provocante, e la cosa lo imbarazzava da morire, e il gioco era proprio quello. Io ero dietro e gli sfregavo le tette contro la schiena, Marica invece stava davanti a Berni e si divertiva a premere il suo culo burroso contro il suo pacco, che ad un certo punto diventò duro da morire e allora Marica scoppiò a ridere.
– Ti si &egrave alzato il paletto – disse.
– Cosa?! – Berni era nel panico. Non voleva confessarlo davanti a me, ma Marica gli aveva fatto raggiungere una fantastica erezione.
– Tesoro, ti sei eccitato? – gli domandai.
– No, ma che dici?! Io…
– Non ti sentire in imbarazzo. E’ normale se ti &egrave venuta un erezione.
A quel punto mi venne l’idea. Mi sarei fatta perdonare le mie scappatelle con l’aiuto di Marica. Qual’e il sogno proibito della maggior parte degli uomini se non quello di fare l’amore con due ragazze? Dopo aver fatto questa cosa, ero certa che Berni mi avrebbe perdonato qualunque cosa. Così quando ritornammo a casa Berni filò subito a letto. Disse che era stanchissimmo, ma io credo che era solo indispettito dalle nostre provocazioni, e quindi voleva starsene un pò da solo. Raggiunsi Marica in bagno, era nuda e si stava pettinando prima di andare a dormire. Decisi di parlarle di quella idea che avevo avuto.
– Hai mai fatto una cosa a tre?
– In verità &egrave un’esperienza che mi manca. Ma perch&egrave me lo chiedi?
– No niente, pensavo che tu, io e Berni…
– Ahhhh, ora ho capito! Cagna che non sei altro. Devi farti perdonare una scappatella, non &egrave cosi’?
– Beh sì, &egrave proprio così.
– Stai tranquilla. Puoi contare su di me.
Marica mi portò nella sua stanza e cercammo tra la sua roba qualcosa di porchissimo da indossare. Decidemmo che per l’occasione avremmo messo su delle calze autoreggenti con le giarrettiere, i tacchi a spillo, perizomi e dei corpetti che ci strizzavano le tette fuori. Tirai un sospiro. Quello che mi apprestavo a fare era qualcosa di nuovo per me e Berni, e speravo che non avrebbe influito negativamente sul nostro rapporto di coppia. Ogni volta che mi apprestavo a fare una trasgressione con il mio fidanzato pensavo sempre a questo. E così andammo verso la camera degli ospiti, dove avremo dormito io e Berni. Lui era sul letto, in mutande, fintamente addormentato, in verità voleva stare solo un pò da solo. Prima di entrare esitai un attimo, poi Marica mi vide indecisa e mi spinse dentro. Berni aprì gli occhi, e quando ci vide tutte e due in tenuta da troieggio si alzò sui gomiti, stupito di quanto stava accadendo. Non riusciva a darsi una spiegazione, eppure era così chiaro; quella sera saremo state sue, pronte a farlo godere, più e più volte. Ma lui non sembrava capirlo. Pensava che fosse un altro scherzo, come quando eravamo a ballare.
– Molto divertente – disse in modo apatico. – Davvero un bello scherzo.
– Questo non &egrave uno scherzo – rispose Marica. – Per stasera tutto ciò che vedi &egrave tuo, e puoi usarlo a tuo piacere.
Avevo il cuore in gola e stavo per dire a Berni che era solo un gioco, e invece Marica mi prese per mano e mi portò verso il letto dove era il mio fidanzato. Salimmo su e a poco alla volta raggiungemmo le sue mutande bianche, che tirammo giù scoprendogli il suo già durissimo cazzo.
– Ma che state facendo? – domandò.
– Io direi che stiamo per sbocchinarti con due bocche – rispose Marica.
A quel punto avvicinammo le nostre bocche al suo cazzo e cominciammo a baciarlo lungo tutta l’asta, ma non appena arrivammo al glande Berni iniziò a schizzare copiosamente. I suoi fiotti di sborra ci saltarono violentemente sulla faccia. Marica si ritrasse di scatto.
– Oddio! – urlò. – Ma che c’hai? Un’idrante?
– Berni &egrave sempre stato molto copioso – dissi.
– Lo vedo, cazzo.
– Scusate, io non volevo…
Marica lo zittì mettendogli un dito sulle labbra. Intanto il cazzo di Berni si era mezzo ammosciato. Adesso avremmo dovuto lavorarlo un pò per farlo rialzare. Marica lo prese subito in bocca e lo iniziò a sbocchinare di brutto. Io glielo tenevo dritto con una mano e lei lavorava con la lingua. Nel frattempo avevo cominciato a baciare il mio Berni sul collo, ma sentivo chiaramente che non era a suo agio.
– Tesoro, ma che state facendo? – mi domandò.
– Amore, &egrave un regalo per te. Non ti piace? Se vuoi smettiamo.
– Certo che mi piace, ma non mi sembra una cosa molto corretta nei tuoi confronti.
– E perch&egrave? Sono anche io a volerlo. Quindi &egrave tutto ok.
Guardai Marica che continuava la sua performance orale con tanto di risucchi e schioppettii della bocca. Era strano vedere un’altra donna che faceva un pompino al mio uomo, ma invece di darmi fastidio mi accorsi che mi eccitava da morire. Marica fu così brava con la bocca che glielo fece indurire di nuovo. A quel punto mi sfilai il perizoma e misi la mia fighetta sulla faccia di Berni, e lui cominciò a leccarmela con passione, come sapeva fare lui. Ma anche Marica volle la sua parte, così ci scambiammo i ruoli, io a leccare il cazzo del mio fidanzato e lei con la figa sulla sua faccia. Con le dita si teneva le labbra di sotto aperte, e Berni a punzecchiarle il clitoride con la lingua.
– Cazzo Berni, quanto sei bravo con la lingua! – disse Marica scoppiando a ridere.
Io intanto stavo facendo un lavoro di bocca degno di nota leccando le palle di Berni, poi risalivo l’asta fino alla cappella, e poi di nuovo giù, con la punta della lingua, fino alle palle. Marica era in procinto di ricevere il suo primo orgasmo. Berni non era uno stallone da monta, per niente, anzi era molto impacciato a letto, ma di bocca lavorava come nessun altro. Ci era proprio nato per far godere le donne a quel modo. E infatti Marica inarcò la schiena e urlò di piacere.
– Fantasticoooo! Sei un grandeee! Dio, come godooo!
Dopo essere venuta Marica allontanò la sua fighetta dalla bocca del mio fidanzato e si accasciò sul letto, col fiatone e un sorriso di appagamento sul viso. Io continuai il mio lavoro di bocca ancora un pò, fino a quando Marica mi prese per il polso e mi fece stendere sul letto. Disse a Berni di mettersi in piedi e lei si mise di fianco a me, nella stessa posizione, e allargammo le cosce oscenamente.
– Adesso basta con il sesso orale – disse. – Ora ci devi fottere.
Berni decise di cominciare con Marica, così prese le sue cosce con le mani e le allargò maggiormente, e col cazzo si fece strada nella sua vagina. Il cazzo le entrò tutto dentro e iniziarono a fare l’amore, proprio lì davanti a me, e io che aspettavo il mio turno, con un dito in bocca e le gambe aperte. Dopo un pò Berni decise di accontentare anche me, e allora uscì dal corpo di Marica e prese me. Aveva già sborrato, quindi adesso andava come un treno. Mi prese con decisione, e Marica ci guardava divertita. Diceva che eravamo molto dolci, e nel frattempo il cazzo di Berni scivolava dentro la mia fighetta ad un ritmo davvero impressionante. Marica mi mise la sua vagina sulla bocca e iniziai a leccargliela. Venimmo tutti e tre insieme e ci accasciammo sul letto esausti.
– Ok porcellini – disse Marica. – Io vi lascio soli. Avrete un sacco di cose di cui parlare.
E così ci lasciò soli. Ora toccava a me. Era il momento giusto per confessargli la scappatella con Rachid. Quando Marica chiuse la porta della stanza cercai le parole adatte per dirglielo, ma Berni fu più veloce di me. Mi disse che doveva confessarmi una cosa.
– Ti sembrerà strano, ma… sono stato con tuo fratello.
– Cosa?! – non avevo parole, e subito pensai ad uno scherzo.
– Siamo andati a bere insieme, e sai… mi mancavi tantissimo. E io avevo voglia di farlo. Farlo con lui era come farlo con te. Mentre facevamo l’amore avevo l’impressione di sentire il tuo odore, il tuo calore, insomma era come se lo stessi facendo con te.
Ero semplicemente scioccata e non avevo la più pallida idea di come comportarmi di fronte a quella rivelazione.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/una-rivelazione-spiazzante.html A quanto pare anche Berni si dava alla pazza gioia. Insomma, anche lui si concedeva qualche scappatella, come facevo io, e lo faceva con gli uomini. A questo punto era chiaro, e doveva essere chiaro prima di tutto a lui, che la nostra relazione stava cambiando forma. Ero pronta ad accettare quel suo “vizietto”, ma lui allora avrebbe dovuto accettare le mie debolezze, e quindi il fatto che certe volte non sapevo resistere alle tentazioni degli altri uomini. Tutto qui. Avevo già in mente un sistema per farglielo capire meglio. La sera dopo infatti andammo ad una dancehall in spiaggia. Le mie intenzioni erano quelle di farmi rimorchiare da qualcuno, proprio sotto gli occhi di Berni. Avevo proprio voglia di vedere come si sarebbe comportato.
Quella sera c’era pure Rachid, ma non avevo voglia di farmi rimorchiare da lui. Piuttosto l’idea era di provare qualche cazzo nuovo. Ci buttammo nella mischia a ballare, e devo dire che non furono in pochi ad avvicinarsi a me col chiaro intento di provarci. D’altronde ero vestita proprio come una troia. Avevo un vestitino nero quasi trasparente, tanto che mi si vedeva il perizoma. Berni aveva insistito affinch&egrave non indossassi quel vestito, ma io avevo ribattuto che non c’era niente di male. Al massimo qualcuno avrebbe provato a rimorchiarmi. E lui aveva fatto scena muta. Iniziava a capire in che verso avevo preso quel suo vizietto di andare con gli uomini.
Mentre ballavo fui circondata da un gruppetto di cinque bei stalloni da monta, veramente di razza se devo dirla tutta. Avevano la pelle olivastra tipica degli uomini del mediterraneo. Erano stati chiaramente attirati dalla mia tenuta da troieggio, e cominciarono a ballarmi intorno, e quando capirono che la cosa non mi dispiaceva cominciarono a prendersi qualche confidenza. Uno di loro infatti allungò una mano sul mio sedere e me lo palpò. Un altro invece mi prese da dietro premendomi la sua erezione in mezzo alle natiche e mi baciò il collo.
– Hai voglia di cazzo, vero? – mi domandò.
– Sì, tanto – gli risposi.
Berni era lì che guardava tutta la scena, poi ad un certo punto mi prese il polso e mi disse che era ora di andare.
– No aspetta – gli dissi. – Adesso viene il bello.
Rimasi lì a ballare con i cinque stalloni, ma più che ballare sembrava che mi stavano scopando davanti a tutti. Infatti a due alla volta mi prendevano, uno davanti e uno dietro, e mi toccavano dappertutto, e io toccavo i loro cazzi duri. Uno di loro mi prese la mano e se la infilò nei pantaloni, e con le dita strinsi il suo grosso membro eretto e lo masturbai un pò. Intanto qualcuno mi aveva messo una mano nelle mutandine e aveva cominciato a sgrillettarmi. Un altro mi aveva infilato un dito nel culo e me lo faceva salire e scendere su per il retto. Stavo seriamente per avere un orgasmo davanti a tutti, e soprattutto davanti a Berni, che se ne stava lì con le braccia incrociate e un espressione davvero indispettita.
– Ti va se andiamo in un posto più appartato? – mi domandò uno degli stalloni.
– Sì, forse &egrave meglio. Qui c’&egrave troppa gente – risposi. – Vi dispiace se viene anche il mio fidanzato?
– Non c’&egrave problema. Se ha voglia di guardare mentre ti scopiamo, per noi va bene.
E così ci allontanammo dalla dancehall e raggiungemmo il parcheggio, dove i cinque stalloni avevano le le loro macchine. Mi caricarono dentro una di queste come un oggetto e mi ritrovai dietro, tra due di loro. Avevano tirato i cazzi fuori e mi presero per i capelli spingendomi sulle loro erezioni. Li presi in bocca ad uno alla volta. Uno di loro aveva cominciato a riprendermi con il telefonino.
– Questa la mettiamo su facebook – disse. – Cazzo, quanto sei puttana.
E intanto io leccavo e succhiavo come un’indemoniata.
– Dov’&egrave il mio Berni? – domandai.
– Stai tranquilla, il cornuto &egrave qui – disse quello che mi stava riprendendo.
E in effetti Berni era seduto davanti, di fianco a quello che guidava, e mi guardava mentre facevo godere i due stalloni. Appena facevo uscire dalla bocca un cazzo subito mi arrivava l’altro dritto in faccia, e io lo prendevo e lo facevo godere tra le mie labbra. Non capivo dove ci stavano portando, perch&egrave non riuscivo a vedere la strada. Praticamente feci tutto il viaggio con la testa in mezzo alle gambe di quei due. Ad un certo punto l’auto si fermò, e i due stalloni si rimisero i cazzi dentro ai pantaloni e mi fecero uscire dalla macchina. Eravamo davanti ad un alberghetto di bassa categoria. Davvero una topaia per turisti squattrinati. Davanti a noi c’era l’altra macchina con gli altri due a bordo.
– Ehi ragazzi, con questa troia stasera abbiamo fatto bingo – urlò uno dei due che stavo sbocchinando in macchina. – Fa certe pompe da paura!
– E c’ha pure un fidanzato cornuto – disse un altro riferendosi a Berni, il quale era lì che non sapeva come comportarsi, ma nonostante questo non mi lasciò sola. Leggevo nei suoi occhi quasi una morbosa curiosità di vedere cosa mi avrebbero fatto. E quindi se ne stesse buono a guardare, quasi come se non fosse lì, quasi come se fosse uno spettatore privo della capacità di poter fare qualcosa.
Uno degli stalloni mi prese in braccio come se fossi un bottino di guerra, e mi fece entrare in albergo, e intanto cantava: “andiam andiam, e noi ce la trombiam!”, e tutti gli altri che ridevano di gusto. Passammo la reception, dove c’era il proprietario di quella topaia, un uomo goffo e rozzo, che ci guardò con un sorriso di approvazione. Sapeva cosa sarebbe successo a breve in camera. Una vera e propria gangbang. Dopo un lungo corridoio c’era la loro stanza. Mi ci fecero entrare e mi lanciarono sul letto, dove atterrai a cosce oscenamente aperte. Berni fu l’ultimo a entrare. Intanto i cinque stalloni cominciarono a spogliarsi e in due minuti erano tutti lì davanti a me, coi cazzi dritti. Io ero ancora vestita e allora mi strapparono letteralmente i vestiti di dosso, e quando fui nuda fui praticamente invasa dai loro cazzi. Me li ritrovai in ogni buco, senza ritegno. Ero ubriaca di cazzi, e quasi persi conoscenza. Non riuscivo a vedere altro che i loro corpi, tutti ammassati su di me. Berni praticamente era scomparso dalla mia vista. Ma ero sicura che era lì a guardare quello che mi stavano combinando. Cazzo ragazzi, la mia prima gang bang! E come pompavano! E mentre mi zompavano da un buco all’altro sentivo le loro voci.
– Che maiala. Deve proprio piacergli tanto il cazzo.
– Dai, fatemi spazio – disse uno di loro. – Sono l’unico che ancora non gliel’ha messo nel culo.
– Cazzo ragazzi, le sto sborrando dentro.
Cominciarono a schizzarmi dappertutto. Due di loro mi vennero in culo e in figa, gli altri tre invece preferirono venirmi in faccia. Ero esausta e non ricordo molto di come andarono le cose. Ma dieci minuti dopo caricarono me e Berni di nuovo in macchina. Io ero nuda, perch&egrave il mio vestitino era tutto strappato. Il perizoma era andato letteralmente perduto. Ci portarono a casa di Marica, dove fui letteralmente scaricata in strada, e poi ripartirono. Berni non disse una parola, e io andai dritta a fare una doccia. Avevo dimostrato al mio fidanzato che ormai era ufficiale, non ero soltanto sua, e che da quel momento in poi tanti altri uomini avrebbero goduto del mio corpo.
Ma la nostra vacanza era terminata e bisognava ritornare a casa, ma con la consapevolezza che qualcosa era cambiato.

Fine.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2015/09/la-mia-prima-gang-bang.html

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