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Mena

“Mi perdoni, padre perché ho peccato”. Mena rise ed entrò in sacrestia: “si dice così, vero?”

Don Marco alzò la testa dal libro e rispose di getto: “solo durante la confessione, non è mica un saluto! Sei passata a confessarti, per caso?”

“Macché, ero di passaggio e volevo vedere come proseguivano i lavori di ristrutturazione”.

Don Marco si alzò in piedi e sorrise, quasi emozionato, indicando delle scale poste vicino alle finestre della struttura.

“I lavori vanno benissimo, spero di poter aprire la chiesa al pubblico tra qualche mese; non era messa così male come sembrava, a volte basta avere fiducia”.

“Vorrà dire fede..”

“È diverso. La fede coinvolge la parte intellettuale del credente. La fiducia invece riguarda la parte emotiva. Proviamo fiducia quando affrontiamo un problema, magari con qualche difficoltà, sapendo che grazie alle nostre qualità e a un pizzico di fortuna ce la caveremo egregiamente. La fiducia è la virtù della speranza”.

Mena si accarezzò i lunghi capelli castani (come faceva sempre quando era in imbarazzo) e gli rispose, evitando di guardarlo negli occhi: “E se proprio non riusciamo ad avere fortuna né successo, che ci resta?”

“Cara Mena, guarda questa chiesa. Vista da fuori, le avresti dato un soldo? Se non ci provi, non saprai mai quali siano le tue qualità”.

“Temo di non avere queste grandi qualità. E nemmeno questa grande fortuna, purtroppo”, mormorò Mena.

“A volte le qualità si inventano, a volte vanno scoperte. La fortuna verrà da sé”.

“E come si scopre una qualità?”

“Dipende, di solito chiedo consiglio a chi ne sa di più di me e dopo.. mi guardo dentro. Mi chiedo: posso fare quello che mi consigliano? Qui entra in gioco la fiducia in sé stessi. E poi, nulla come una difficoltà in apparenza insormontabile aiuta ad aguzzare l’ingegno. È proprio quando non hai niente da perdere che puoi davvero dimostrare quanto vali”.

“Sì, ma..”

Don Marco la fissò con sguardo interrogativo, gli occhi chiari carezzevoli puntati su quelli verdi di Mena: “volevi chiedermi qualcosa in particolare?”

“No..”

“..Però?” aggiunse il prete, ridacchiando.

“Però mi fa piacere chiacchierare con lei, Don”, disse Mena e, sorridendo, aggiunse: “anche se non intendo confessarmi!”

“Chiamami Marco, ti prego. La porta di questo santo luogo è sempre aperta, anche per le pecorelle smarrite e.. sconfessate! Passa quando vuoi, mi farà piacere”. Disse il prete e Mena si chiese se avesse finalmente trovato qualcuno a cui confidare i suoi tormenti. Preferì tuttavia ignorare quell’istinto e si allontanò dopo averlo salutato, leggermente più serena di prima.

Anzi, più fiduciosa.

Lia

Era assolutamente incredibile come Anna riuscisse a rendere intrigante anche un gesto ordinario come portare due cocktail presi dal bancone del bar; doveva avere a che fare con il suo sorriso o con il suo portamento, lo stesso di un cigno nella stagione degli amori.

Ma non poteva essere solo il suo aspetto fisico, in lei c’era qualcosa di indecifrabile, di magnetico.

Una sensazione familiare avvolse Lia: invidia; da sempre era invidiosa di ragazze così affascinanti, eleganti, belle.

Non si sentiva brutta, tutt’altro! Tuttavia, Anna, gli Stivali neri sopra al ginocchio, uno short jeans e un top nero scollato a “v” che le lasciava l’addome scoperto, pareva di un altro livello.

Un addome scolpito, perfetto.

Al suo confronto Lia si sentiva la ragazza della porta accanto.

Accarezzò istintivamente il suo filo di pancetta e sentì l’invidia quasi bruciarle dentro.

Pura lava.

“Hai fame, Lia? Vuoi che ti prenda qualcosa da sgranocchiare?” Disse Anna sedendosi al tavolo e appoggiandoci sopra i due bicchieri.

“No grazie Annina non ho fame, avevo solo un piccolo crampo allo stomaco”.

Lia sorrise ed appoggiò le labbra sulla cannuccia. Il cocktail era delizioso, leggermente fruttato.

Anna la fissava, incuriosita.

Vicino al loro tavolo, una comitiva di turisti ballava mentre il volume della musica in sottofondo diventava più alto.

Quel bel ragazzo moro della comitiva non smetteva di fissarle. Anna sembrava ignorarlo e Lia fece lo stesso, a malincuore.

“Grazie per essere uscita con me nonostante non ci fosse Toni; mi serviva proprio un po’ di compagnia”.

“Come mai Toni è rimasto a casa?” Chiese Lia e notò con dispiacere il bel volto regolare di Anna rabbuiarsi.

“Questa situazione lo sta facendo soffrire molto..”

Anna sembrò esitare un istante, poi aggiunse

“..e non sono certa di poterlo aiutare a uscirne”.

Lia la guardò con tutta la dolcezza dei suoi grandi occhi cerulei. “Mi sembra che tu stia facendo del tuo meglio. Non puoi pretendere l’impossibile”.

“Lia, sono sempre stata convinta di sapere molte cose sugli uomini, forse lui è l’eccezione alla regola. Riesce sempre a sorprendermi. Per questo non riesco a immaginare di perderlo come fidanzato”.

“.. però?” Aggiunse Lia, guardando distrattamente il moro parlottare con il dj del locale.

“Però.. a volte mi sorprende in peggio. In questo momento è apatico come un’ameba. Sai che passa le giornate al PC? Mi preoccupa”.

“E tu diglielo!”

“Sai com’è fatto. È sempre così perentorio. Difficile parlargli di temi così delicati. E poi..”

“Cosa?”

Proprio in quel momento, il ragazzo moro le interruppe avvicinandosi al loro tavolo con un microfono in mano, mentre nel locale la musica cambiava.

Lo guardò meglio: camicia hawaiana sbottonata sul petto, bel corpo atletico, barba ben curata. Il volto regolare sarebbe stato piacevole se non fosse stato per due tatuaggi, una lacrima vicino l’occhio destro e uno smile sorridente vicino l’occhio sinistro che gli conferivano un’espressione da bulletto strafottente.

Un tamarro con gli occhi scuri e la pelle olivastra. Un bel tamarro, però.

Lia lo fissò sfoderando un bel sorrisone e proprio in quel momento il ragazzo iniziò a cantare una nuova canzone in sottofondo, guardando dritto negli occhi di Anna, che sembrò ignorarlo.

“Balla sola con le amiche, eh

Ma quando passo sorride, eh

Le chiedo: “Cosa vuoi da bere?”, eh

Mentre mi bevo ciò che dice, eh

E bevo un altro Cuba Libre, perdo la connessione

Sto come un meteorite verso la collisione

Lei pensa che di Barbie c’ho tutta la collezione

Che voglio solamente scartare la confezione”

Era una scena ridicola, un bulletto che ci provava spudoratamente con Anna, cantando con un marcato accento romano una canzone da tamarri.

Lia pensò che questo approccio non avrebbe funzionato nemmeno con lei, però ammise che in fondo era invidiosa di quelle attenzioni.

Comunque, Anna proseguì a ignorare il suo improvvisato “cantante” finché, con studiata lentezza si alzò e, guardandolo negli occhi, gli prese il microfono dalle mani, proseguendo a rispondergli con il testo della canzone:

“Se mi vieni a cercare

Solo d’estate non vale

Se non mi riprendo, non ti rispondo

Non richiamare

Se ti dico che arrivo e poi non arrivo

Non ti arrabbiare

È colpa del vino, è colpa del mare

D’estate non vale”

Tutti nella stanza rimasero rapiti dalla voce di Anna: limpida, pulita e potente. Niente a che vedere con l’esibizione del ragazzo.

Dovevano avere questo suono le voci delle sirene. Quando il cameriere passò dal loro tavolo ad appoggiare il conto, non lo notò neppure.

Ancora una volta Lia si trovò a fare il paragone con la sua voce roca e bassa, priva di limpidezza, un po’ graffiante.

Alla fine della canzone tutti applaudirono, inclusa Lia che non sapeva se abbracciare o strangolare l’amica.

Il tamarro rimase a sorridere come un ebete, sorpreso da quella performance.

Anna rise e ringraziò tutti per l’applauso, poi restituì sbrigativamente il microfono al ragazzo, guardandolo appena.

A Lia non sfuggì che in quel momento Anna sfiorò appena la mano del ragazzo per poi tornare a sedersi, calma come se non fosse successo nulla e disse: “Lia, vado un attimo in bagno, ci vediamo dopo!”

Lia non le rispose, limitandosi ad annuire lievemente, ancora frastornata dall’esibizione dell’amica che nel frattempo si era allontanata.

Dopo qualche minuto, si sentì quasi in colpa per non averle fatto nemmeno un complimento per l’esibizione e decise di raggiungerla al bagno del locale.

Stava per entrare in bagno quando, dalla porta socchiusa, vide che Anna non era sola.

Il bel moro di prima aveva avuto la stessa idea di Lia e adesso era accanto ad Anna che pareva essersi appena accorto di lui.

“Che ci fai qui? È il bagno delle donne, ti sei perso?”

Lui sorrideva sornione, arrapato, il pantalone aderente con un vistoso bozzo all’altezza del pacco e iniziò a parlarle un po’ sguaiatamente a pochi centimetri dal volto.

“Eddai bella nun poi lancia ‘a pietra e nasconde ‘a mano, si vede che ce piacciamo, perché per comincià nun me dai ‘n bacetto?” Mentre diceva così, il moro le avvolse un braccio intorno al collo allo scopo di tenerla ferma.

Anna lo guardava serafica, come se avesse davanti un bambino petulante che vuole un gelato.

Lia si chiese che avrebbe fatto in quella circostanza; era abbastanza certa che non avrebbe mantenuto quel contegno. Si sarebbe eccitata o spaventata per un approccio così sfrontato? Sua madre non faceva altro che avvisarla su “quello che i cattivi ragazzi vogliono e non hanno paura a prendere” e quello era sicuramente un ragazzaccio.

Fu in quel momento che il moro fece la sua mossa e provò a baciare Anna.

Lei dimostrò un’agilità incredibile nello spostarsi e il ragazzo si ritrovò a baciare i capelli corvini di lei. Sicuramente quel profumo non lo avrebbe aiutato a concentrarsi.

“Dai, fai il bravo, sono fidanzata!” Disse lei, ridendo e i lunghi capelli neri pettinati con la riga laterale ondeggiarono leggermente.

“Tranquilla, io non sono geloso!” Disse lui, soggetto pessimo.

Lei sorrise ancora e, con una calma incredibile, tirò fuori un rossetto rosso e uno specchietto che passò al ragazzo.

“Mi aiuti a metterlo?”

Lui rimase fermo, una bella statuina che teneva in mano lo specchietto da trucco, mentre Anna passava più volte, molto, molto, molto lentamente il rossetto sulle labbra.

Quell’idiota era così distratto da non accorgersi del fatto che lo specchietto era superfluo, visto che il bagno ne aveva già uno!

“Bravo.”

Quando fu soddisfatta, rimise a posto il trucco e disse, in tono improvvisamente suadente: “cosa vuoi che ti faccia?”

Lui rimase spiazzato da quella domanda, così diretta ed evidentemente sognata, ma ebbe la prontezza di rispondere: “una pompa, per iniziare. Poi vedremo.”

E con la mano accennò ad abbassare i pantaloni.

Lia, che fino a quel momento era rimasta assorta a guardare quell’approccio, sobbalzò incredula: vide Anna sorridere, annuire e mordere lievemente il labbro inferiore, per poi ridacchiare.

Ma era fidanzata con suo cugino e.. aveva comunque intenzione di fare “una pompa” a un ragazzo sconosciuto? Doveva intervenire. Non poteva essere quello il suo destino, eterna guardona di amplessi altrui.

Stava per entrare in bagno, quando Anna scansò di nuovo un bacio e disse al ragazzo: “dai, non qui. Potrebbe passare qualcuno e poi adesso devo andare”.

Il ragazzo rimase smarrito.

“Ma.. allora quando?”

Anna tirò fuori un pezzo di carta e una penna e vi scrisse qualcosa sopra. Poi, senza smettere di guardarlo, stampo un piccolo bacio sul foglietto.

“Chiamami domattina”. E fece per uscire.

A quel punto Lia tornò di corsa al tavolo e cercò di mantenere un’espressione impassibile. Una sfida persa in partenza.

“Scusa il ritardo, mi sono rimessa il rossetto”.

“..ah!”

Vide con la coda dell’occhio il moro entrare nel bagno degli uomini.

“Questo locale si sta un po’ spegnendo, che ne dici se usciamo per una passeggiata?” Disse Anna

Lia annuì e uscirono.

Mentre camminavano, Anna iniziò a fissarla, divertita. Sempre sorniona, quella ragazza.

“Guarda che lo so che hai visto tutto”.

“Mi hai vista?”

“No, però me lo hai confermato tu adesso”.

“Mi mandi al manicomio, che faccia tosta. Ti ho appena scoperta a dare il tuo numero a quel tizio per tradire mio cugino e non sei minimamente sconvolta?” Urlò Lia, innervosita da tutta la situazione.

“Lo sai Lia, i tipi come quello li chiamo i “bruti”: hanno diverse sfumature ma un elemento in comune: l’insicurezza. Vogliono solo una cosa e non aspettano. E chi sono io per negargliela?”

“Che intendi?”

“Voleva una pompa? Domattina ne avrà a bizzeffe quando chiamerà il numero della signora Assunta, la titolare del negozio di pompe funebri”.

Lia rimase esterrefatta. Poi, di colpo rasserenata, scoppiò a ridere.

“Gli hai fatto uno scherzetto divertente”.

“I bruti sono arroganti, abituati a fare pesca a strascico. Non c’è soddisfazione nel dargli un semplice due di picche, bisogna farli impazzire prima”.

“Sì, ma sei fidanzata, Anna. Toni non sarebbe comunque contento di questa tua disinvoltura”.

“Andiamo a casa mia, così passeggiando ti spiego”.

“Va bene”. Lia sentì che la preoccupazione stava diventando lentamente curiosità e rimase ad ascoltarla.

“Vedi Lia, ogni tanto mi sono concessa qualche piccola provocazione nel tempo. Niente di troppo disinvolto. Mi piace mettere alla prova gli uomini, farli soffrire un po’. Diciamo che stasera ho esagerato.”

“Ho notato!”

“C’è una ragione. Prima che quel bruto da quattro soldi ci provasse, stavo per dirtela. Di recente ho colto Toni a masturbarsi su dei video porno.”

“A..”

Prima che Lia potesse dire altro, Anna proseguì. “Ti dirò la verità, non mi ha fatto molto piacere questo comportamento di Toni. In questo periodo ho cercato di stargli vicina e di essere la fidanzatina perfetta. Ho ricevuto solo muri e apatia. Stasera volevo solo sentirmi desiderata, giocare, fare abbassare la cresta a quel tipo. Mi spiace se da fuori sembravo un po’..”

“Un po’..?”

“Un po’ troia!” Risero entrambe.

Vabbè, pensò Lia: era un periodo complicato per tutti. Ognuno lo esorcizzava come poteva.

Non intendeva dirlo a Toni; lei era lì per stargli vicino, non per seminare zizzania.

“Dai Lia entra a casa, ci beviamo un bicchiere e poi ti accompagno”.

“Ma non vorrei disturbare tuo padre!”

“Mio padre ha il turno di notte in pronto soccorso, fammi compagnia dai”.

“Non lo invidio, poveretto, allora volentieri!”

Casa di Anna era molto bella e con arredamenti moderni, minimali. Niente crocifissi o immagini sacre, una casa diversa da quella di Lia.

Tutto era perfettamente ordinato, ovunque.

Lia conosceva di vista Luigi, il padre di Anna, che riteneva un soggetto freddo, piuttosto introverso: per quanto diversi, padre e figlia condividevano la mania dell’ordine.

Vide sul tavolo all’ingresso una foto di Anna da ragazzina; indossava un bel costume da nuoto e teneva stretto un trofeo in mano.

“Quello è il mio primo trofeo, l’ho vinto in Brasile!”

“Sei stata in Brasile?”

“Sono stata in tanti posti. Mio padre ama viaggiare e mi ha sempre portata con sé”.

“Beata te, io sono sempre rimasta in Paese. Mia madre è un po’..” Disse malinconicamente Lia.

Anna esitò appena, poi la interruppe: “prima, c’era dell’altro?”

“Cosa?”

“Volevi chiedermi qualcos’altro?”

“Come fai a..” Lia era Sbigottita.

“Ho visto come sorridevi a quel ragazzo, Lia. Puoi avere di meglio, credimi.”

“A volte vorrei la tua stessa sicurezza.”

“Ce l’hai già, devi solo tirarla fuori.

“Come?”

“Taglia 42, giusto?”

“Sì..”

Anna andò un attimo in camera sua, tornò poco dopo con un abito e disse:

“Hai davvero un bel fisico, formoso e con un punto vita ben segnato. Inizia a mostrare un po’ quelle tette, se ce le avessi io così grandi vestirei sempre scollata!”

E le passò l’abito: “vai in bagno e prova questo.”

Lia si cambiò, incuriosita. Era un bell’abito azzurro chiaro, con una scollatura all’americana che metteva in mostra la schiena bianchissima di Lia e le spalline si allacciavano con un nodo dietro la nuca.

Uscì dal bagno, quasi elettrizzata: “Come sto?”

“Divinamente. Girati un attimo. Dietro ti sta perfettamente. Basta camicie, maglie, maglioni e felpe larghe. Gli abiti sono il tuo punto di forza. Fai risaltare le tue proporzioni perfette.”

Lia arrossì e scosse la testa, ma Anna sembrò non farci caso.

“Però!” Aggiunse Anna.

“Però cosa?”

“Manca il trucco. Lascia a fare a me.”

Anna accompagnò Lia in camera sua, facendola accomodare di fronte alla specchiera e iniziò a truccarla; Lia amava quelle attenzioni, si sentiva una bambolina di porcellana nelle mani di una bimba affettuosa.

Probabilmente era una sua impressione ma a Lia parve di sentire il battito dei loro cuori mentre le applicava il mascara nero sulle ciglia e un blush color pesca sugli zigomi.

“Sei diafana, meglio un rossetto nude.”

In effetti le stava davvero bene. Da allora, Lia mantenne quello schema nel truccarsi, salvo piccole modifiche; per la prima volta da anni si sentiva invidiabile e non invidiosa.

Non sapeva che dire, continuava a fissarla e a sorridere, mostrando una chiostra di denti bianchi e perfetti.

“Grazie Anna.. sei stata fenomenale. Una botta di autostima.”

Anna si schermì appena: “hai visto? Ogni tanto fa bene all’ego avere un “truccatore personale”, anche se nel mio caso non riusciva nemmeno a tenere fermo lo specchietto!”

Risero di gusto al pensiero.

Ecco, forse Lia aveva capito cosa ci fosse di speciale in Anna. Era carisma, puro carisma. Ostentava sempre una certa sicurezza e dei modi intensi ma distaccati. Sembrava sapesse sempre cosa stesse facendo ma era anche disposta ad essere vulnerabile. Era questa vulnerabilità a renderla amabile.

“Solo un ultimo trucchetto, rendiamo la tua scollatura un po’ più accentuata” disse Anna e spolverò una pennellata di Fard tra i seni di Lia; in quel momento sentì i capezzoli indurirsi e qualcosa scattare implacabile.

“Ora sì che ci siamo. I maschietti staranno a contendersi i tuoi baci e…”

Stavolta fu il turno di Anna di rimanere sorpresa quando Lia si alzò e la baciò sulla bocca.

Fu un bacio tenero che entrambe gustarono senza fretta, giocando appena con le lingue, mentre i capelli lunghi e neri di Anna si fondevano a quelli corti e biondi di lei.

“Grazie di tutto.” Le sussurrò Lia all’orecchio quando le loro bocche si separarono. Aveva sbavato il trucco ed era ancora più desiderabile in quello stato.

Anna non disse nulla e Lia poté vedere la sorpresa sul suo volto e le sue pupille dilatate per il desiderio.

“Al diavolo”, pensò la bionda e le appoggiò le mani sui fianchi snelli per attirarla a sé e baciarla ancora; la sentì piegare leggermente la testa per permetterle di baciarla meglio e Lia non si fece pregare: la bocca di Anna era piacevolmente carnosa e quando la sua lingua vi si insinuò, lei sentì il sapore dolce e fruttato del cocktail che avevano bevuto prima e quello vellutato del rossetto.

Non ci fu il tempo di dire altro, le loro lingue erano già occupate a entrare e uscire nel più classico dei baci alla francese quando caddero spinte dal richiamo irresistibile del letto di Anna.

Distesa, Lia ebbe un sussulto quando avvertì il ginocchio di Anna appoggiato sulla propria vagina e il suo seno che le carezzava il petto.

Ma che stava facendo? Era ancora vergine ed eccola lì a baciare la fidanzata di suo cugino.

Forse entrambe avrebbero dovuto fermarsi ma le loro mani e le loro bocche non erano dello stesso avviso e Lia iniziò a sfilarsi l’abitino afferrandolo dal basso verso l’alto: formosa quanto bastava, ebbe difficoltà a sfilarsi l’abito senza ancheggiare mentre continuava a baciare e leccare le labbra di Anna, quando d’improvviso la vide con rammarico staccarsi dal bacio e alzarsi.

Anna la guardava sorridendo, due piccole fossette ai lati delle guance: rapidamente aprì la cerniera dello short jeans e lo lasciò cadere sul pavimento, poi tolse il top e rimase in biancheria intima nera.

Con un solo misurato gesto tolse il reggiseno e mostrò a Lia una seconda di seno perfetto, tondo e sodo, una coppa di champagne. Sulla pelle leggermente olivastra spiccavano due capezzoli dritti ed eccitati.

Un fisico tonico, atletico, un sedere piccolo e perfetto.

Dio, se era bella.

Uno spogliarello irresistibile che si concluse quando Anna sfilò il perizoma nero mostrando un pube liscio e un clitoride non troppo pronunciato.

Lia non aveva perso tempo durante quello spettacolino e, un po’ maldestramente, si era seduta sul letto e tolta il vestitino mostrando un intimo ingenuo e, involontariamente, piuttosto sensuale: un reggiseno rosa e delle mutandine bianche con dei motivi a fiori. Sembrava quasi una bambina.

Anna non le staccava gli occhi di dosso.

Una “bambina” che tirò giù le spalline; aprì il reggiseno da dietro e portò le mani su entrambe coppe: dopo alcuni, interminabili, secondi le lasciò cadere e mostrò ad Anna un seno magnifico.

Due tette grosse, piene, disegnavano una curva statuaria somigliante a quella di due globi di carne soda e tonda, gonfi e sodi.

Bocce perfettamente simmetriche e armoniose con il suo corpo a clessidra.

Un vitino da vespa, due fianchi ben pronunciati rispetto alle spalle. Un sedere opulento. Di questo doveva essere fatto il marmo di Canova.

Era molto chiara di pelle ed i capezzoli erano rosa e piccoli, altrettanto chiari: di solito sarebbero stati appena accentuati, in quella circostanza erano due noccioline, gonfie e tese.

“Accidenti..” riuscì a dire Anna, tremendamente eccitata, mentre protese le dita verso quelle meraviglie.

Quella singola parola bastò a privare Lia di ogni complesso, di ogni dubbio sulla bellezza del proprio corpo e a renderla un lago di umori; tolse subito le mutandine già zuppe e mostrò la sua patatina curata e piuttosto carnosa, con un clitoride molto ben visibile e un piccolo ciuffetto di peli biondi sul pube.

Avevano entrambe voglia e non persero tempo, le loro mani cominciarono a toccare i loro corpi.

Era un piacere accarezzare la pelle liscia e tonica di Anna e sentire le sue mani affusolate sul suo proprio corpo burroso.

Quasi senza accorgersene Lia aveva allungato le mani sulle tettine di Anna: scoprì che amava toccarne la curva perfetta tutto intorno, stringendole piano, per poi accarezzarle i capezzolini duri e sensibili.

Anna ansimava, un’espressione di puro piacere sul viso che divenne godimento quando appoggiò avida i palmi sui grossi seni della bionda, le mani aperte per stringerne il più possibile, anche se sembrava non bastarle mai.

“Bellissime..” Disse Anna mentre le impastava delicatamente i seni l’uno con l’altro.

E, detto questo, prese un capezzolo di Lia nella sua bocca e lo circondò con la lingua, piano.

Un capezzolo, poi l’altro, umidi di saliva, sodi come noccioline.

Eccitata, Lia la prese di nuovo per un fianco e la sua bocca scese sulle tettine di Anna, ricambiando il dolce massaggio, guardando i capezzoli della mora ergersi duri come spilli.

Mentre ne succhiava uno, con la mano stringeva l’altro. Forse con troppa foga, visto che le sembrò che il corpo di Anna vibrasse di un misto tra godimento e dolore.

Voleva di nuovo la sua bocca e si distese di nuovo su di lei, seno contro seno, mentre Anna la stringeva a sé e le carezzava la schiena bianca come il latte fino a fermarsi su quel sedere tondo e pieno.

Le inibizioni erano evaporate e a Lia piaceva da morire sentire la lingua di Anna agitarsi dolcemente nella sua bocca: la mora la baciava con tutta la passione che aveva in corpo, strusciandosi su di lei per stimolarla con quei capezzoli di marmo.

La sua fica era già bagnatissima, Lia non sapeva come dirglielo ma aveva disperato bisogno della sua lingua là sotto; formò una “V” con indice e medio e li appoggiò tremanti sulle labbra di lei ma iniziò quasi involontariamente con l’altra mano a condurle la testa verso il basso.

In un’altra circostanza si sarebbe imbarazzata per il gesto un po’ volgare con cui l’aveva “spinta”, ma non le importava: anche Anna ne aveva voglia e si vedeva. Capì al volo e, con un sorrisetto malizioso, scese ad accontentare quella bionda fica grondante.

Si abbassò tra le gambe divaricate della bionda e iniziò a baciarla vicino all’ombelico, per poi scendere verso il basso sfiorando con le labbra il monte di Venere di Lia, proprio sul ciuffetto biondo.

I baci proseguirono sull’inguine e Anna si divertì a soffermarsi lì con alcune leccate sull’interno coscia, sul pube, sull’inguine fino al perineo.

Finalmente sentì la sua lingua insinuarsi tra le piccole labbra della sua fichetta bagnata.

Anna iniziò a muovere la lingua e le labbra intorno a quei punti così delicati e umidi, facendo gemere la bionda ad ogni tocco.

Salì piano con la lingua fino ad arrivare a leccare dolcemente il clitoride, mentre delicatamente inseriva la punta di un dito in quell’insenatura bagnata dal piacere.

Lia si contorceva in estasi e, in balia di quella lingua e di quel dito, inarcò la schiena, spalancò ancor di più le cosce tornite e spinse la nuca di quella diavoletta verso di sé per gustarne appieno ogni leccata. Ogni colpo, una scossa.

Era proprio brava e per un momento Lia fantasticò che potesse avere una lingua così lunga da sverginarla, così dura da riempirle totalmente le pareti vaginali, così morbida da farla impazzire, così bella da volerla solo per sé.

Stava gemendo da un tempo indefinito, quando Anna senza fermarsi allungò una mano per stuzzicare nuovamente i capezzoli di Lia e allo stesso tempo le succhiò il clitoride, dandole il colpo di grazia.

“Aaaaaaaaaaaaaaah! Aaaah! Vengo, vengo, vengo!” urlò Lia, tremante, rumorosa.

L’orgasmo fu squassante, inarrestabile.

Da sempre viveva in una casa in cui doveva controllarsi, masturbarsi senza fare rumore. Per la prima volta ebbe davvero voglia di urlare a tutto mondo quanto stesse impazzendo di piacere. E lo fece.

Anna attenuò piano piano le leccate e le consentì di gustare pienamente il piacere che le aveva dato; a un certo punto si fermò del tutto, mostrando il suo bel sorriso sulle labbra lucide di liquido vaginale. Il trucco, tremendamente sbavato.

Lia chiuse gli occhi, assaporando l’attenuarsi delle scosse di eccitazione, poi li riaprì e guardo Anna, ancora rannicchiata sotto di lei, bellissima. La vide sorridere e leccarsi le labbra sporche poi, con lentezza esasperata, avvicinò le dita bagnate di liquido vaginale alle labbra di Lia che aprì la bocca e le succhiò lentamente, mantenendo il contatto visivo con la bella mora.

Sapore salato, intenso. Leggermente acidulo.
“Ora tocca a me.” Disse Lia, ridendo e pensando che era venuto il momento di fare un passo avanti.

Strinse di nuovo Anna a sé e le ficcò la lingua in bocca, stringendole la nuca con una mano e palpandole il seno con l’altra.

Poi scese tra le sue cosce, le gambe di Anna sulle sue spalle. La pelle della mora era rovente, l’inguine era caldo come lava fusa.

Avvicinò il volto all’interno coscia di Anna e percepì un profumo di femmina misto a quello di un detergente intimo probabilmente costoso.

Era la prima volta che vedeva il sesso di Anna, il morbido monte di Venere totalmente glabro e liscio di una bimba in un corpo da modella.

La dea Venere doveva aver avuto quell’aspetto. Una forma pura, una bellezza nuda e bagnata come un torrente in piena.
Una vagina aperta, umida, a pochi millimetri dalla lingua di Lia che non sapeva bene che pensare e decise di godere e basta.

Aveva già notato che il clitoride di Anna non era pronunciato ma era inaspettatamente sensibile e tremendamente morbido.

Anna si era presa il suo tempo, ma Lia aveva troppa voglia, perciò chiuse gli occhi e per la prima volta in vita sua leccò la fica di un’altra ragazza, gustandone il sapore un po’ salato, così simile al suo.

Eccitata, si gettò con tutta sé stessa a titillare quel bottoncino e a leccare quella fica bagnata e gocciolante.

La lingua di Lia entrò tra le piccole labbra di Anna, ormai zuppe di umori e percorse la fessura di quella fica più volte per il lungo, arrivando fino al clitoride.

Lia sperò che la propria inesperienza fosse compensata dalla forza del desiderio e rimase piacevolmente stupita quando vide Anna sospirare di piacere e bagnarsi a sua volta.

Continuò a leccare le piccole labbra e fece l’azzardo di prenderle delicatamente tra i denti senza stringere, per poi tornare a titillare il clitoride picchiettandolo con la lingua

“Sì, così, ti prego non smettere! Aaaaaah!”

Disse Anna, mentre il suo respiro accelerava sempre di più e quel dolce acidulo miele continuava a sgorgare dalla sua fessurina.

“Hai proprio un buon sapore, diavoletta!” Disse Lia e le parve che le vibrazioni della sua voce si fossero diffuse sulla fichetta di Anna e l’avessero fatta bagnare ancora di più.

Lia scoprì di andare matta per quegli umori e iniziò a risucchiarli avidamente mentre continuava a baciare e leccare quella carne sensibile.

Capì che doveva aumentare il ritmo delle leccate e decise di penetrarla delicatamente con due dita in un lento e ritmico movimento, proprio come aveva fatto Anna a lei.

“Mmm continua non ti fermare, io..”
Lia sentì il clitoride umido di Anna pulsare, un bottoncino gonfio e sensibile, mentre il resto del corpo della sua diavoletta si contorceva in estasi e il suo respiro diventava sempre più corto, fin quasi a trattenere il fiato.

D’improvviso Anna le afferrò la nuca, le spinse il volto con forza sulla sua fica ed ebbe un brivido di piacere e gemette in un liberatorio orgasmo.

Lia la lasciò godere nella sua bocca e strofinare la fica fradicia contro il suo volto finché quel brivido non sembrò scemare, mentre sentiva la bocca impregnata del suo sapore di donna e il suo corpo reagire a quella sorpresa con una colata di miele che le bagnò di nuovo le cosce.
Poco dopo, Anna allentò la presa e Lia poté stendersi accanto a lei ed abbracciare quella demonetta che aveva appena fatto godere con abilità inaspettata.

Si guardarono e fu Anna a parlare per prima: “non dire nulla. Lo so che non sei ancora sazia. Lasciami fare”.

Lia annuì, sorpresa e Anna le accarezzò una guancia prima di darle un bacio sulle labbra.

Ripresero a baciarsi con passione, gustando di nuovo i loro sapori, mentre i loro seni si strusciavano e le loro gambe si intrecciavano.

Stavolta fu Lia a prendere l’iniziativa. La sua mano prese ad accarezzare il culetto perfetto di Anna e a insinuarsi di nuovo nella sua fichetta spalancata, poi salì di nuovo ad accarezzare il clitoride di Anna, quel piccolo e bellissimo bottoncino turgido mentre con il pollice le accarezzava l’ano leggermente sudato.

Allora Anna la strinse e fece sì che le loro gambe si incrociassero in modo che le loro fiche gonfie si sfregassero l’una contro l’altra intensamente.

Così abbracciate seguitarono a baciarsi e a incrociare le loro lingue, mentre le loro fichette si strofinavano ritmicamente e l’odore dei loro umori riempiva l’aria.

Vennero quasi in simultanea e l’orgasmo fu liberatorio; urlarono l’una nella bocca dell’altra, libere da quella tortura così dolce e desiderata.

Quando si ripresero da quell’emozione risero di cuore alla vista dei loro visi stravolti. Sembravano due bambine che, dopo aver provato i trucchi della madre, si erano messe a correre a perdifiato, tutte sudate e con i volti arrossati, il trucco ormai totalmente sbavato.

Rimasero sdraiate sotto le lenzuola, preda di un dolce torpore.

Lia si sentiva piuttosto appagata ma un po’ indecisa e lo disse.

“Cosa abbiamo fatto?”

“Abbiamo vissuto. Forse serviva ad entrambe.”

“Mi hai fatto stare bene, è vero. Ho sempre avuto tanti complessi sul mio corpo, tante paure.”

“Sei bellissima.”

Lia rise.

“Tutti hanno paura. Anche io, ovviamente.” Aggiunse Anna.

“Davvero?” Chiese Lia.

Anna sorrideva, leggermente malinconica e disse: “l’importante è riuscire a convivere con le proprie paure, tenerle a bada. Ad esempio, la mia prima volta avevo così tanta paura della penetrazione che provai solo dolore e imbarazzo. Pero..”

“Però?” Lia pendeva dalle sue labbra.

“Però non mi scoraggiai di certo, capii che le cose migliori si ottengono aspettando, con pazienza. Piano piano.” Anna era sempre così rassicurante, Lia non riusciva a credere che avessero condiviso lo stesso timore e decise di aprirsi a lei: “ti confesso che anche io ho sempre avuto paura di affrontare la mia prima volta. Paura del dolore, paura di essere inadeguata, paura di sbagliare qualcosa. Invece con te è stato tutto così..”

“Spontaneo?”

“Sì. Non avevo mai avuto certe.. pulsioni.”

“Nemmeno io. Però vorrei aiutarti.”

“A fare cosa?”

“A superare almeno una paura.” Disse Anna e frugò in un cassetto del suo comò, da cui tirò fuori, con somma sorpresa di Lia, un pene finto di silicone, nero, non troppo massiccio, di dimensioni realistiche.

“Mi faresti l’onore di essere il tuo primo ragazzo?” Chiese Anna, un’espressione buffa sul volto.

Lia non sapeva che dire: “ma io..”

“Lascia stare quegli sciocchi luoghi comuni sulla verginità e il matrimonio. Idiozie di altri tempi.”

Come faceva quella ragazza a leggerle la mente? Era davvero una diavoletta tentatrice.

Che fare?

“Nel mio caso, avrei voluto che qualcuno mi facesse arrivare preparata ad un coito vero e proprio. Considerala un’esercitazione.” Aggiunse Anna, maliziosa.

“Ma sei sicura che..” Lia era davvero indecisa e considerò di rifiutare quella proposta, tuttavia Anna iniziò, quasi distrattamente, a strofinarle il fallo sui capezzoli.

Lia non riuscì a proseguire la frase e, ancora una volta, avvertì una scossa di piacere risalire dalla sua vagina, gonfia e umida come prima, alla sua mente su cui calò nuovamente un velo di lussuria.

Il cuore le batteva così forte che le parve di riuscire a sentire il battito.

Voleva davvero penetrarla con quel dildo?

Era così che avrebbe perso la verginità?

Anna ricominciò a baciarla, il contatto con la sua lingua le fece di nuovo perdere la testa.

Lia si distese con la schiena appoggiata sulla testiera del letto a gemere, mentre Anna cominciò ad accarezzarle il carnoso monte di Venere con quel dildo.

L’avrebbe davvero usato su di lei?

Le sue mani ovunque, la sua lingua, instancabile. In pochi minuti era di nuovo lubrificata, ricettiva, desiderosa, porca.

“Allora? Lo vuoi fare?” Chiese Anna.

“Ti prego…” Disse Lia, gemendo.

“Cosa?”

“Fallo e basta.”

Fu strano sentire la cappella di quel dildo che premeva dentro di lei. Le sembrò di impazzire. Anna le stava per togliere la verginità e lei l’aveva pregato di farlo.

La bella mora lasciò per alcuni istanti il pene così, a metà strada: il glande dentro, il tronco fuori.

Lia si ritrovò nella paradossale situazione di spingere disperatamente la sua fichetta lucida verso il dildo, cercando di farlo entrare dentro il più possibile. Stava impazzendo? Forse, ma non le importava.

Fu in quel momento che Anna decise di penetrarla, finalmente.

A Lia parve di sentire il suo imene rompersi senza troppi traumi, quasi dolcemente.

“Aaaaah sìììì sei una maledetta troia, sfondami, continua!” Lia non credette alle sue orecchie, quell’iniziazione così strana e delicata l’aveva resa sboccata, desiderosa di cazzo come una cagna in calore. Si sentiva così piena, il cazzo di gomma era finalmente ben piantato dentro di lei, fin quasi alla cervice.

Poche ore prima era una verginella, adesso questo.

Anna sorrise: “Vuoi che smetta?”

“No, ti imploro, continua, sto godendo tantissimo, mmm aaaah.” Disse Lia e nel dirlo artigliò entrambi i grossi seni con le mani, titillandosi disperatamente i capezzoli con tutto il vigore del momento.

A quel punto Anna iniziò a scoparla, ritmicamente, con calma. Dentro e fuori. Piano Piano, come aveva promesso. Allo stesso tempo iniziò con l’indice dell’altra mano a stuzzicare l’ano di Lia, facendola impazzire ancora di più.

Quel cazzo finto era proprio bello duro, con tante vene in rilievo che lo rendevano molto realistico. Ed era ben diretto da una mora spettacolare.

Era anche un grosso cazzo molto spesso. La sua mente ricordò a Lia di quel giorno in cui vide suo padre nudo e in erezione, doveva essere proprio così spesso e duro il suo bastone.

Non ebbe il tempo di pensare ad altro perché ebbe un orgasmo squassante.

Sentiva che la sua fica avrebbe potuto divorare quell’affare per quanto lo stava stringendo forte con le pareti vaginali.

Ebbe appena il tempo di urlare: “vengooo” e iniziò a spruzzare liquido come una fontanella. Uno schizzo che prese in pieno il volto di Anna che iniziò a ridere.

Lia non ci fece troppo caso, era impegnata a gustare l’orgasmo più bello che avesse mai provato, intenso e liberatorio.

Si abbandonò sul letto, distrutta.

Quando si svegliò era mattina inoltrata e per un attimo Lia si chiese se fosse stato un sogno, poi vide che Anna stava dormendo accanto a lei.

Notò una piccola macchia di sangue sulle lenzuola e capì che era davvero diventata una donna. O forse lo era sempre stata, chissà.

Si sentì in colpa per aver “tradito” la fiducia di suo cugino andando a letto con la sua fidanzata, però non era così certa di essere lei la spregiudicata seduttrice.

“Buongiorno” disse Anna, sbadigliando tenuemente.

“Scusa non volevo svegliarti.”

“Non lo hai fatto.”

“Pensi che dovremo parlarne?”

“Forse sì, però direi che prima ci serve una doccia.”

“Hai ragione. Mi sa che dovrai anche fare un bucato. Scusami.”

“Lia, non devi scusarti di nulla. È stato bellissimo.” Disse Anna e le diede un bacetto su una guancia.

“Inizio io a fare la doccia, tu resta a poltrire un altro po’, mio padre tornerà tra un paio di ore.”

“Va bene, grazie!” Disse Lia, quasi timidamente e rimase di nuovo sola nella stanza. Non sapeva che pensare e restò col dubbio che fosse stata Anna a sedurla sottilmente, manipolandola per farci ciò che forse desiderava da tempo.

Non lo sapeva e forse non le importava, ma vide il grosso cazzo finto sopra il comò e lo trovò irresistibile al tatto.

Anna

Alcune serate sono per natura imprevedibili, altre sono già scritte. Anna non credeva nel destino ma sapeva come ottenere quello che voleva.

Pensava di aver ottenuto il suo piccolo premio quotidiano quando aveva mandato in bianco a quel bulletto.

Invece qualcosa in lei l’aveva spinta a volere di più, molto di più. Come se, esausta da quel clima di apatia di Toni, la sua mente la obbligasse a cercare sfogo altrove.

Però, fosse stato per lei, forse avrebbe evitato di baciare Lia e di concludere quell’incontro con del sesso così bello, dolce e imprevedibile.

Ma lei le aveva forzato la mano e c’era qualcosa in quella bionda che la faceva impazzire.

Non aveva mai tradito Toni con un uomo, figuriamoci con una donna. Fino a quel momento, almeno.

E vabbè, avrebbe gestito anche questa. Chissà come. Chissà che avrebbe voluto fare Lia.

Anna entrò nella doccia e si lasciò accarezzare dal piacevole getto caldo d’acqua, così simile a quello schizzo di miele uscito dalla fichetta della sua inaspettata amante.

Si lasciò accarezzare per un po’ dall’acqua, insaponando prima i seni arrossati, poi il culetto tonico e infine il pube sporco di tutto il piacere della sera prima.

Le sembrò di perdere la cognizione del tempo mentre sciacquava via il sapone finché a un certo punto, senza voltarsi, Anna disse: “ce ne hai messo di tempo.”

Lia, nuda, rimase stupita.

“Come..”

E si voltò, nuda e tremendamente bella, per guardare Lia che sorrideva come una monella.

“Ti stavo aspettando. Il lubrificante è nel secondo cassetto del mobile. Prepara il dildo ed entra in doccia, dai”.

Poi Anna si girò nuovamente, appoggiò le mani alla parete della doccia e inarcò il sedere in una perfetta pecorina, in attesa che Lia entrasse e la scopasse come si deve.

Le riflessioni potevano attendere. Prima il piacere.

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